§ 4.1.88 - L.R. 23 aprile 2004, n. 11.
Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio .


Settore:Codici regionali
Regione:Veneto
Materia:4. assetto del territorio
Capitolo:4.1 urbanistica e edilizia
Data:23/04/2004
Numero:11


Sommario
Art. 1.  Oggetto.
Art. 2.  Contenuti e finalità.
Art. 3.  Livelli di pianificazione.
Art. 4.  Valutazione ambientale strategica (VAS)
Art. 5.  Concertazione e partecipazione.
Art. 6.  Accordi tra soggetti pubblici e privati.
Art. 7.  Accordo di programma.
Art. 7 bis.  Disposizioni per favorire la trasparenza e legalità negli accordi.
Art. 8.  Osservatorio della pianificazione territoriale ed urbanistica.
Art. 9.  Cartografia tecnica regionale.
Art. 10.  Quadro conoscitivo e basi informative.
Art. 11.  Parametri per la validazione del quadro conoscitivo.
Art. 11 bis.  Aggiornamento del quadro conoscitivo
Art. 11 ter.  Misure per il coordinamento degli strumenti di pianificazione incidenti sul governo del territorio.
Art. 12.  Il Piano Regolatore Comunale.
Art. 13.  Contenuti del Piano di assetto del territorio (PAT).
Art. 14.  Procedimento di formazione, efficacia e varianti del piano di assetto del territorio.
Art. 14 bis.  Varianti urbanistiche semplificate al piano di assetto del territorio comunale.
Art. 15.  Procedimento di formazione del piano di assetto del territorio mediante procedura concertata tra Comune e Provincia.
Art. 16.  Contenuti, procedimento di formazione e varianti del Piano di assetto del territorio intercomunale (PATI).
Art. 16 bis.  Conformazione e adeguamento dei PAT e dei PATI alle previsioni della pianificazione paesaggistica regionale.
Art. 17.  Contenuti del Piano degli interventi (PI).
Art. 18.  Procedimento di formazione, efficacia e varianti del Piano degli interventi.
Art. 18 bis.  Interventi in diretta attuazione degli strumenti urbanistici generali.
Art. 18 ter.  Varianti allo strumento urbanistico comunale per aree commerciali destinate a medie strutture di vendita
Art. 19.  Piani urbanistici attuativi (PUA).
Art. 20.  Procedimento di formazione, efficacia e varianti del piano urbanistico attuativo.
Art. 21.  Comparto urbanistico.
Art. 22.  Contenuti del piano territoriale di coordinamento provinciale (PTCP).
Art. 23.  Procedimento di formazione, efficacia e varianti del piano territoriale di coordinamento provinciale.
Art. 24.  Contenuti del piano territoriale regionale di coordinamento (PTRC).
Art. 25.  Procedimento di formazione, efficacia e varianti del Piano territoriale regionale di coordinamento.
Art. 26.  Progetti strategici.
Art. 27.  Valutazione tecnica regionale (VTR).
Art. 28.  Intese.
Art. 29.  Misure di salvaguardia.
Art. 30.  Annullamento dei provvedimenti comunali e poteri sostitutivi.
Art. 31.  Dimensionamento e aree per servizi.
Art. 31 bis.  Edifici e attrezzatture di interesse comune per servizi religiosi.
Art. 31 ter.  Realizzazione e pianificazione delle attrezzature di interesse comune per servizi religiosi.
Art. 32.  Dotazioni di aree per servizi nei Piani Urbanistici Attuativi.
Art. 33.  Aree non pianificate.
Art. 34.  Vincoli urbanistici preordinati all'esproprio.
Art. 35.  Perequazione urbanistica.
Art. 36.  Riqualificazione ambientale e credito edilizio.
Art. 37.  Compensazione urbanistica.
Art. 38.  Società di trasformazione urbana.
Art. 39.  Cessione di aree per edilizia residenziale pubblica.
Art. 40.  Centri storici e beni culturali.
Art. 40 bis.  Disposizioni relative a immobili costitutivi della memoria e dell’identità storico-culturale del territorio.
Art. 41.  Zone di tutela e fasce di rispetto.
Art. 42.  Progetti di particolare rilievo.
Art. 42 bis.  Disciplina del mutamento della destinazione d’uso.
Art. 43.  Tutela del territorio agricolo nel Piano Regolatore Comunale.
Art. 44.  Edificabilità.
Art. 44 bis.  Riutilizzo di strutture in zona agricola per finalità di locazione turistica o per finalità di classificazione come dipendenza di albergo diffuso.
Art. 45.  Vincoli.
Art. 45 bis.  Contenuti e finalità
Art. 45 ter.  Competenze della Regione.
Art. 45 quater.  Competenze dei comuni.
Art. 45 quinquies.  Competenze degli enti parco
Art. 45 sexies.  Competenze delle province.
Art. 45 septies.  Osservatorio regionale per il paesaggio.
Art. 45 octies.  Commissione regionale per il paesaggio.
Art. 45 nonies.  Commissioni locali per il paesaggio.
Art. 45 decies.  Disposizioni in materia di zone territoriali omogenee escluse dalla tutela paesaggistica.
Art. 46.  Attività di indirizzo.
Art. 47.  Contributi.
Art. 48.  Disposizioni transitorie.
Art. 48 bis.  Disposizioni finali e transitorie in materia di paesaggio.
Art. 48 ter.  Disposizioni per l’attuazione dell’Intesa concernente l’adozione del Regolamento Edilizio Tipo di cui all’articolo 4, comma 1 sexies del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. [...]
Art. 49.  Abrogazioni.
Art. 50.  Disposizioni sull'applicazione della legge.
Art. 51.  Dichiarazione d'urgenza.


§ 4.1.88 - L.R. 23 aprile 2004, n. 11.

Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio [1].

(B.U. 27 aprile 2004, n. 45).

 

TITOLO I

Principi generali

 

CAPO I

Finalità e livelli di pianificazione

 

Art. 1. Oggetto. [2]

     1. La presente legge, in attuazione dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 “Codice dei beni culturali e del paesaggio ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137” e successive modificazioni e della legge regionale 13 aprile 2001, n. 11 “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle autonomie locali in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112” e successive modificazioni, detta norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio, definendo le competenze di ciascun ente territoriale, le regole per l'uso dei suoli secondo criteri di prevenzione e riduzione o di eliminazione dei rischi, di efficienza ambientale e di riqualificazione territoriale.

 

     Art. 2. Contenuti e finalità.

     1. La presente legge stabilisce criteri, indirizzi, metodi e contenuti degli strumenti di pianificazione, per il raggiungimento delle seguenti finalità:

     a) promozione e realizzazione di uno sviluppo sostenibile e durevole, finalizzato a soddisfare le necessità di crescita e di benessere dei cittadini, senza pregiudizio per la qualità della vita delle generazioni future, nel rispetto delle risorse naturali;

     b) tutela delle identità storico-culturali e della qualità degli insediamenti urbani ed extraurbani, attraverso la riqualificazione e il recupero edilizio ed ambientale degli aggregati esistenti, con particolare riferimento alla salvaguardia e valorizzazione dei centri storici;

     c) tutela del paesaggio rurale, montano e delle aree di importanza naturalistica;

     d) utilizzo di nuove risorse territoriali solo quando non esistano alternative alla riorganizzazione e riqualificazione del tessuto insediativo esistente;

     e) messa in sicurezza degli abitati e del territorio dai rischi sismici e di dissesto idrogeologico;

     f) coordinamento delle dinamiche del territorio regionale con le politiche di sviluppo nazionali ed europee.

     2. Le finalità di cui al comma 1 sono perseguite, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, adeguatezza, ed efficienza, mediante:

     a) la semplificazione dei procedimenti di pianificazione, con riduzione di tempi e con garanzia di trasparenza e partecipazione;

     b) l’adozione e l’utilizzo di un sistema informativo territoriale unificato e accessibile, al fine di disporre di elementi conoscitivi raffrontabili;

     c) il coinvolgimento dei cittadini, delle rappresentanze economico-sociali e delle associazioni individuate ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349 "Istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale" e successive modificazioni, alla formazione degli strumenti di pianificazione e alle scelte che incidono sull'uso delle risorse ambientali;

     d) il riconoscimento in capo ai comuni della responsabilità diretta nella gestione del proprio territorio.

 

     Art. 3. Livelli di pianificazione.

     1. Il governo del territorio si attua attraverso la pianificazione, urbanistica e territoriale del comune, della provincia e della Regione. I diversi livelli di pianificazione sono tra loro coordinati nel rispetto dei principi di sussidiarietà e coerenza; in particolare, ciascun piano indica il complesso delle direttive per la redazione degli strumenti di pianificazione di livello inferiore e determina le prescrizioni e i vincoli automaticamente prevalenti.

     2. I piani di livello sovracomunale stabiliscono i modi e i tempi di adeguamento dei piani di livello comunale, nonché l’eventuale disciplina transitoria da applicarsi fino all’adeguamento.

     3. Ogni piano detta i criteri ed i limiti entro i quali il piano di livello inferiore può modificare il piano di livello sovraordinato senza che sia necessario procedere ad una variante dello stesso.

     4. La pianificazione si articola in:

     a) piano di assetto del territorio comunale (PAT) e piano degli interventi comunali (PI) che costituiscono il piano regolatore comunale, piano di assetto del territorio intercomunale (PATI) e piani urbanistici attuativi (PUA);

     b) piano territoriale di coordinamento provinciale (PTCP);

     c) piano territoriale regionale di coordinamento (PTRC).

     5. Al fine dell’adozione del PTRC, del PTCP, del PAT e del PATI, l’ente territoriale competente elabora un documento preliminare che contiene in particolare:

     a) gli obiettivi generali che s’intendono perseguire con il piano e le scelte strategiche di assetto del territorio anche in relazione alle previsioni degli strumenti di pianificazione di livello sovraordinato;

     b) le indicazioni per lo sviluppo sostenibile e durevole del territorio.

     6. Il PTRC, i PTCP nonché i PAT e i PI sono elaborati nel rispetto della normativa di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 “Codice dei beni culturali e del paesaggio ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137” e successive modificazioni [3].

 

     Art. 4. Valutazione ambientale strategica (VAS) [4]

     1. Al fine di promuovere uno sviluppo sostenibile e durevole ed assicurare un elevato livello di protezione dell’ambiente, i comuni, le province e la Regione, nell’ambito dei procedimenti di formazione degli strumenti di pianificazione territoriale, provvedono alla valutazione ambientale strategica (VAS) degli effetti derivanti dalla attuazione degli stessi ai sensi della direttiva 2001/42/CE del 27 giugno 2001 “Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente”. La Giunta regionale definisce, ai sensi dell’articolo 46, comma 1, lettera a), criteri e modalità di applicazione della VAS, in considerazione dei diversi strumenti di pianificazione e delle diverse tipologie di comuni.

     2. Sono sottoposti alla VAS il piano territoriale regionale di coordinamento, i piani territoriali di coordinamento provinciali, i piani di assetto del territorio comunali e intercomunali.

     3. La VAS evidenzia la congruità delle scelte degli strumenti di pianificazione di cui al comma 2 rispetto agli obiettivi di sostenibilità degli stessi, alle possibili sinergie con gli altri strumenti di pianificazione individuando, altresì, le alternative assunte nella elaborazione del piano, gli impatti potenziali, nonché le misure di mitigazione e/o di compensazione da inserire nel piano.

     4. Sino all’approvazione dei criteri regionali di cui all’articolo 46, comma 1, lettera a), l’ente competente ad approvare gli strumenti di cui al comma 2 valuta la sostenibilità ambientale secondo criteri evidenziati nel piano stesso.

     4 bis. In attuazione di quanto previsto dall’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 “Norme in materia ambientale” ed ai fini della verifica di sostenibilità ambientale di piani e di programmi che determinano l’uso di piccole aree a livello locale e per le modifiche minori dei piani e dei programmi di cui al comma 2 del medesimo articolo 6, la Giunta regionale predispone una scheda contenente le informazioni necessarie per la valutazione degli eventuali impatti significativi sull’ambiente, derivanti dall’attuazione del piano o del programma [5].

     4 ter. La Giunta regionale, previo parere della competente commissione consiliare da rendersi entro trenta giorni decorsi i quali se ne prescinde, definisce i contenuti della scheda di cui al comma 4 bis, nel rispetto dei principi contenuti nell’articolo 12 del decreto legislativo n. 152 del 2006 ed in conformità ai criteri dell’allegato I alla parte seconda del medesimo decreto legislativo, indicando almeno i seguenti elementi:

a) riferimenti identificativi dell’istanza;

b) caratteristiche del piano;

c) caratteristiche dei potenziali effetti sull’ambiente e localizzazione delle aree che ne possono essere interessate;

d) riferimenti normativi [6].

     4 quater. L’autorità procedente, ovvero il proponente dei piani e programmi di cui al comma 4 bis, predispone la scheda con i contenuti di cui al comma 4 ter per:

a) le varianti al PAT o al PI:

1) conseguenti a modifiche o a correzioni della normativa, non sostanziali e di modesta entità;

2) conseguenti alla correzione cartografica dei perimetri degli ambiti dei PUA, nel limite del 10 per cento della superficie;

3) conseguenti alla procedura di sportello unico per le attività produttive di cui alla legge regionale 31 dicembre 2012, n. 55 “Procedure urbanistiche semplificate di sportello unico per le attività produttive e disposizioni in materia urbanistica, di edilizia residenziale pubblica, di mobilità, di noleggio con conducente e di commercio itinerante”;

4) riguardanti la modificazione d’uso di singoli edifici esistenti;

5) previste dall’articolo 7 “Varianti verdi per la riclassificazione di aree edificabili” della legge regionale 16 marzo 2015, n. 4 “Modifiche di leggi regionali e disposizioni in materia di governo del territorio e di aree naturali protette regionali”;

6) conseguenti all’approvazione di opere pubbliche e di impianti di interesse pubblico, nonché al recupero funzionale di ambiti o complessi immobiliari dismessi dal Ministero della Difesa;

b) i PUA e le relative varianti:

1) che abbiano una prevalente destinazione residenziale, la cui superficie di intervento non superi i tre ettari e che non interessino un’area tra quelle indicate dall’articolo 6, comma 2, lettera b), del decreto legislativo n. 152 del 2006;

2) conseguenti ad accordi di programma di cui all’articolo 7, già oggetto di VAS [7].

     4 quinquies. L’autorità procedente, ovvero il proponente, trasmette la scheda di cui al comma 4 bis, debitamente compilata in ogni sua parte, all’autorità regionale competente in materia di VAS. L’autorità regionale si esprime con parere motivato entro quarantacinque giorni dal ricevimento della scheda, nel caso in cui verifichi la non sussistenza di potenziali effetti significativi sull’ambiente derivanti dall’attuazione dei piani o delle varianti di cui al comma 4 quater. Il parere motivato è pubblicato integralmente nel sito istituzionale della Giunta regionale [8].

     4 sexies. Qualora l’autorità regionale competente in materia di VAS, valutati i contenuti della scheda, verifichi l’esistenza di potenziali effetti significativi sull’ambiente derivanti dall’attuazione dei piani o delle varianti di cui al comma 4 quater, si applicano le disposizioni e le procedure di cui al titolo secondo del decreto legislativo n. 152 del 2006 [9].

 

CAPO II

Forme di concertazione e partecipazione nella pianificazione

 

     Art. 5. Concertazione e partecipazione.

     1. I comuni, le province e la Regione nella formazione degli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica, conformano la propria attività al metodo del confronto e della concertazione con gli altri enti pubblici territoriali e con le altre amministrazioni preposte alla cura degli interessi pubblici coinvolti.

     2. L’amministrazione procedente assicura, altresì, il confronto con le associazioni economiche e sociali portatrici di rilevanti interessi sul territorio e di interessi diffusi, nonché con i gestori di servizi pubblici e di uso pubblico invitandoli a concorrere alla definizione degli obiettivi e delle scelte strategiche individuate dagli strumenti di pianificazione.

 

     Art. 6. Accordi tra soggetti pubblici e privati.

     1. I comuni, le province e la Regione, nei limiti delle competenze di cui alla presente legge, possono concludere accordi con soggetti privati per assumere nella pianificazione proposte di progetti ed iniziative di rilevante interesse pubblico.

     2. Gli accordi di cui al comma 1 sono finalizzati alla determinazione di alcune previsioni del contenuto discrezionale degli atti di pianificazione territoriale ed urbanistica, nel rispetto della legislazione e della pianificazione sovraordinata, senza pregiudizio dei diritti dei terzi.

     3. L’accordo costituisce parte integrante dello strumento di pianificazione cui accede ed è soggetto alle medesime forme di pubblicità e di partecipazione. L’accordo è recepito con il provvedimento di adozione dello strumento di pianificazione ed è condizionato alla conferma delle sue previsioni nel piano approvato.

     4. Per quanto non disciplinato dalla presente legge, trovano applicazione le disposizioni di cui all’articolo 11, commi 2 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi” e successive modificazioni.

 

     Art. 7. Accordo di programma.

     1. Per la definizione e la realizzazione di programmi d'intervento o di opere pubbliche o di interesse pubblico, che richiedono l'azione integrata e coordinata di comuni, province, Regione, amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici o privati, può essere promossa la conclusione di accordi di programma ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 "Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali" e successive modificazioni. I rapporti con i privati sono disciplinati da un atto unilaterale d’obbligo o da una convenzione da allegare all’accordo di programma.

     2. Qualora l’accordo di programma comporti varianti agli strumenti urbanistici, lo stesso è approvato ai sensi dell’articolo 34 del decreto legislativo n. 267 del 2000 e successive modificazioni, come specificato e integrato da quanto previsto dai commi 3, 4, 5, 6 e 7.

     3. Verificata la possibilità di un consenso unanime dei soggetti interessati in sede di conferenza di servizi, la proposta di accordo di programma, entro i cinque giorni successivi, è depositata presso la segreteria del comune per dieci giorni. Dell'avvenuto deposito è dato avviso sull'albo pretorio del comune e della provincia interessati e mediante affissione di manifesti. Fino a venti giorni dopo la scadenza del periodo di deposito chiunque può presentare osservazioni.

     4. Entro i trenta giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 3, il comune provvede all'istruttoria delle osservazioni e convoca tutte le amministrazioni e i soggetti pubblici interessati che si esprimono definitivamente sull'accordo, anche sulla base delle osservazioni presentate.

     5. L'accordo di programma è sottoscritto dai rappresentanti delle amministrazioni e dai soggetti pubblici che partecipano all'accordo. Ove l’accordo di programma comporti variante al piano di assetto del territorio (PAT), è necessaria l'adesione della provincia e l'accordo è approvato dal presidente della provincia. Ove comporti variante al piano degli interventi (PI), l’accordo è approvato dal sindaco.

     6. L'adesione del sindaco deve essere ratificata dal consiglio comunale entro trenta giorni dalla sottoscrizione dell’accordo di programma a pena di decadenza. L'accordo di programma acquista efficacia trascorsi quindici giorni dalla sua pubblicazione:

     a) nell’albo pretorio del comune qualora comporti varianti al piano degli interventi (PI);

     b) nel Bollettino Ufficiale della Regione del Veneto (BUR) qualora comporti varianti al piano di assetto del territorio (PAT).

     7. Qualora l'accordo di programma non venga realizzato nei termini previsti l'eventuale variante urbanistica decade.

 

     Art. 7 bis. Disposizioni per favorire la trasparenza e legalità negli accordi. [10]

     1. Con riferimento ai soggetti privati che propongono o partecipano agli accordi di cui agli articoli 6 e 7, di valore superiore a euro 150.000,00, ai fini di prevenire i tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata nel settore edilizio, il comune o l’ente promotore l’accordo acquisiscono l’informazione antimafia di cui all’articolo 84, comma 3, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 “Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136”.

 

CAPO III

Coordinamento e integrazione delle informazioni

 

     Art. 8. Osservatorio della pianificazione territoriale ed urbanistica.

     1. Al fine di diffondere la conoscenza delle dinamiche territoriali del Veneto e di agevolare le valutazioni degli effetti degli strumenti di pianificazione, è istituito presso la Giunta regionale l'osservatorio della pianificazione territoriale ed urbanistica, con la partecipazione di rappresentanti degli enti pubblici e delle categorie professionali interessate.

     2. L’osservatorio, in collaborazione con gli enti locali, raccoglie, gestisce ed elabora le informazioni e i dati forniti dal sistema informativo di cui all’articolo 10, ne promuove la conoscenza e la diffusione, verifica il costante aggiornamento delle banche dati territoriali, collabora con gli enti e le strutture locali competenti per l’elaborazione delle politiche urbanistiche e territoriali. A tali fini l’osservatorio promuove la più ampia collaborazione con l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e con l’ARPAV [11].

     2 bis. L’osservatorio redige una relazione annuale sullo stato del consumo di suolo, nei suoi diversi aspetti quantitativi e qualitativi, sui processi trasformazione territoriale in atto più rilevanti, sull’entità del patrimonio edilizio dismesso, inutilizzato e sottoutilizzato e sulle aree degradate inutilizzate e sottoutilizzate su cui prioritariamente intervenire con programmi di rigenerazione urbana sostenibile. L’osservatorio fornisce, inoltre, alla Giunta regionale i dati necessari per l’attuazione delle misure e delle disposizioni regionali finalizzate a contenere il consumo di suolo e a promuovere i processi di rigenerazione urbana sostenibile [12].

     3. La Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, disciplina la composizione e il funzionamento dell'osservatorio.

 

     Art. 9. Cartografia tecnica regionale.

     1. Tutti gli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica sono redatti su carta tecnica regionale secondo le specifiche tecniche definite dalla Giunta regionale con il provvedimento di cui all’articolo 50, comma 1, lettera a).

     2. La base cartografica degli strumenti urbanistici comunali è aggiornata a cura del comune secondo le specifiche tecniche di cui all'articolo 50, comma 1, lettera a).

 

     Art. 10. Quadro conoscitivo e basi informative.

     1. Il quadro conoscitivo è il sistema integrato delle informazioni e dei dati necessari alla comprensione delle tematiche svolte dagli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica.

     2. Le basi informative che costituiscono il quadro conoscitivo sono parte del sistema informativo comunale, provinciale, regionale e dei soggetti pubblici e privati, ivi compresi i soggetti gestori di impianti di distribuzione di energia, che svolgono funzioni di raccolta, elaborazione e aggiornamento di dati conoscitivi e di informazioni relativi al territorio e all'ambiente; dette basi informative contengono dati ed informazioni finalizzati alla conoscenza sistematica degli aspetti fisici e socio-economici del territorio, della pianificazione territoriale e della programmazione regionale e locale [13].

     2 bis. La Giunta regionale svolge attività di monitoraggio delle previsioni degli strumenti urbanistici comunali e della loro attuazione, anche mediante la rilevazione sistematica di indicatori appositamente individuati. A tal fine:

a) definisce le tipologie, i parametri di valutazione e i valori di riferimento degli indicatori;

b) conclude specifici protocolli d’intesa con gli enti locali definendo le modalità di interscambio dei dati e le forme di integrazione delle reti e dei sistemi informativi [14].

     3. La Giunta regionale individua condizioni e modalità per lo scambio e l'integrazione di dati ed informazioni, nonché per il collegamento dei rispettivi sistemi informativi al fine di creare una rete unificata. A tale scopo ciascuna amministrazione utilizza il proprio sistema informativo, anche connesso in rete con i sistemi informativi delle altre amministrazioni pubbliche.

 

     Art. 11. Parametri per la validazione del quadro conoscitivo. [15]

     1. La Giunta regionale verifica, mediante l’impiego di idonee procedure, gli archivi alfa-numerici dei dati e delle informazioni necessari per la formazione del quadro conoscitivo di cui alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 50, al fine di assegnare un indice complessivo di qualità (ICQ).

     2. La Giunta regionale definisce i parametri di valutazione e stabilisce il valore minimo di accettabilità dell'indice di qualità (IQ) da assegnare ai contenuti del quadro conoscitivo di cui alla lettera f) del comma 1 dell’articolo 50.

 

     Art. 11 bis. Aggiornamento del quadro conoscitivo [16]

1. L’aggiornamento del quadro conoscitivo predisposto dal comune, ai sensi dell’articolo 17, comma 5, lettera f), per il piano degli interventi (PI) e per ogni sua variante è trasmesso alla Giunta regionale ai fini del monitoraggio e dello svolgimento delle attività dell’osservatorio di cui all’articolo 8.

 

     Art. 11 ter. Misure per il coordinamento degli strumenti di pianificazione incidenti sul governo del territorio. [17]

     1. Al fine di garantire il coordinamento tra la pianificazione territoriale, urbanistica, ambientale e paesaggistica di competenza regionale, e quella di competenza di altri enti, la Giunta regionale può convocare, su proposta del dirigente della struttura regionale competente in materia di governo del territorio, una conferenza di servizi istruttoria tra gli enti interessati per verificare se sussistano disposizioni della pianificazione incoerenti o contrastanti tra loro.

     2. Qualora la conferenza di servizi di cui al comma 1 evidenzi la necessità di apportare modifiche alla pianificazione urbanistica e territoriale, il Presidente della Giunta regionale promuove la conclusione di un accordo di programma ai sensi dell’articolo 32 della legge regionale 29 novembre 2001, n. 35 “Nuove norme sulla programmazione”. La variazione degli strumenti di pianificazione comunale e provinciale, conseguente all’accordo di programma, è determinata sulla base delle risultanze della conferenza di servizi e dei pareri espressi in quella sede dai soggetti interessati, autorizzati a norma dei rispettivi ordinamenti, nel rispetto delle gerarchie dei piani e delle competenze dei soggetti in rapporto al livello di pianificazione.

     3. Per ipotesi diverse da quelle di cui al comma 2, la conferenza di servizi può, altresì, segnalare alla Giunta regionale, sulla base degli esiti della verifica effettuata, la necessità di revisioni, integrazioni o precisazioni dei contenuti degli strumenti di pianificazione di competenza del Consiglio regionale.

 

TITOLO II

Strumenti di governo del territorio

 

CAPO I

Pianificazione comunale per il governo del territorio

 

SEZIONE I

Piano regolatore comunale

 

     Art. 12. Il Piano Regolatore Comunale.

     1. La pianificazione urbanistica comunale si esplica mediante il piano regolatore comunale che si articola in disposizioni strutturali, contenute nel piano di assetto del territorio (PAT) ed in disposizioni operative, contenute nel piano degli interventi (PI).

     2. Il piano di assetto del territorio (PAT) è lo strumento di pianificazione che delinea le scelte strategiche di assetto e di sviluppo per il governo del territorio comunale, individuando le specifiche vocazioni e le invarianti di natura geologica, geomorfologica, idrogeologica, paesaggistica, ambientale, storico-monumentale e architettonica, in conformità agli obiettivi ed indirizzi espressi nella pianificazione territoriale di livello superiore ed alle esigenze dalla comunità locale.

     3. Il piano degli interventi (PI) è lo strumento urbanistico che, in coerenza e in attuazione del PAT, individua e disciplina gli interventi di tutela e valorizzazione, di organizzazione e di trasformazione del territorio programmando in modo contestuale la realizzazione di tali interventi, il loro completamento, i servizi connessi e le infrastrutture per la mobilità.

     4. Il piano di assetto del territorio intercomunale (PATI) è lo strumento di pianificazione intercomunale finalizzato a pianificare in modo coordinato scelte strategiche e tematiche relative al territorio di più comuni.

     5. L'approvazione del piano territoriale regionale di coordinamento (PTRC), del piano territoriale di coordinamento provinciale (PTCP) e delle loro varianti comporta l’obbligo per i comuni di adeguarsi adottando apposite varianti al piano di assetto del territorio (PAT) ed al piano degli interventi (PI) entro il termine massimo di un anno.

     6. Le varianti di adeguamento di cui al comma 5:

     a) sviluppano le direttive attraverso opportune analisi ed approfondimenti pianificatori;

     b) attuano le prescrizioni e adattano la individuazione dei vincoli in relazione alla diversa scala di rappresentazione.

 

     Art. 13. Contenuti del Piano di assetto del territorio (PAT).

     1. Il piano di assetto del territorio (PAT), redatto sulla base di previsioni decennali, fissa gli obiettivi e le condizioni di sostenibilità degli interventi e delle trasformazioni ammissibili ed in particolare:

     a) verifica ed acquisisce i dati e le informazioni necessari alla costituzione del quadro conoscitivo territoriale comunale;

     b) disciplina, attribuendo una specifica normativa di tutela, le invarianti di natura geologica, geomorfologica, idrogeologica, paesaggistica, ambientale, storico-monumentale e architettonica, in conformità agli obiettivi ed indirizzi espressi nella pianificazione territoriale di livello superiore;

     c) individua gli ambiti territoriali cui attribuire i corrispondenti obiettivi di tutela, riqualificazione e valorizzazione, nonché le aree idonee per interventi diretti al miglioramento della qualità urbana e territoriale;

     d) recepisce i siti interessati da habitat naturali di interesse comunitario e definisce le misure idonee ad evitare o ridurre gli effetti negativi sugli habitat e sulle specie floristiche e faunistiche;

     e) individua gli ambiti per la formazione dei parchi e delle riserve naturali di interesse comunale;

     f) determina la quantità massima di superficie naturale e seminaturale che può essere interessata da consumo di suolo in applicazione del provvedimento della Giunta regionale di cui all’articolo 4, comma 2, lettera a), della legge regionale recante disposizioni per il contenimento del consumo di suolo e, in coerenza con lo stesso, la aggiorna periodicamente [18];

     g) detta una specifica disciplina di regolamentazione, tutela e salvaguardia con riferimento ai contenuti del piano territoriale di coordinamento provinciale (PTCP) di cui all'articolo 22;

     h) detta una specifica disciplina con riferimento ai centri storici, alle zone di tutela e alle fasce di rispetto e alle zone agricole in conformità a quanto previsto dagli articoli 40, 41 e 43;

     i) assicura il rispetto delle dotazioni minime complessive dei servizi di cui all'articolo 31;

     j) individua le infrastrutture e le attrezzature di maggiore rilevanza e detta i criteri per l'individuazione di ambiti preferenziali di localizzazione delle grandi strutture di vendita e di altre strutture alle stesse assimilate;

     k) determina, per ambiti territoriali omogenei (ATO), i parametri teorici di dimensionamento, le dotazioni di servizi, i limiti e le condizioni per lo sviluppo degli insediamenti, per i mutamenti di destinazione d’uso e per gli interventi di rigenerazione urbana sostenibile, perseguendo l’integrazione delle funzioni e degli usi compatibili, il pieno utilizzo delle potenzialità insediative dei tessuti urbani esistenti e il contenimento del consumo di suolo, anche ai sensi della legge regionale recante disposizioni per il contenimento del consumo di suolo [19];

     l) definisce le linee preferenziali di sviluppo insediativo e le aree di riqualificazione e riconversione;

     m) precisa le modalità di applicazione della perequazione e della compensazione di cui agli articoli 35 e 37;

     n) detta i criteri per gli interventi di miglioramento, di ampliamento o per la dismissione delle attività produttive in zona impropria, nonché i criteri per l'applicazione della procedura dello sportello unico per le attività produttive, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 1998, n. 447 "Regolamento recante norme di semplificazione dei procedimenti di autorizzazione per la realizzazione, l'ampliamento, la ristrutturazione e la riconversione di impianti produttivi, per l'esecuzione di opere interne ai fabbricati, nonché per la determinazione delle aree destinate agli insediamenti produttivi, a norma dell'articolo 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59" e successive modificazioni, in relazione alle specificità territoriali del comune;

     o) individua le aree di urbanizzazione consolidata in cui sono sempre possibili interventi di nuova costruzione o di ampliamento di edifici esistenti attuabili nel rispetto delle norme tecniche di cui al comma 3, lettera c);

     p) individua i contesti territoriali destinati alla realizzazione di programmi complessi;

     q) stabilisce i criteri per l’individuazione dei siti per la localizzazione di reti e servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico di cui al decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259 "Codice delle comunicazioni elettroniche" e successive modificazioni;

     r) elabora la normativa di carattere strutturale in applicazione di leggi regionali di altri settori;

     r bis) indica, anche in relazione agli effetti di cui all’articolo 48, comma 5 bis, quali contenuti del piano regolatore generale sono confermati in quanto compatibili con il PAT; tale compatibilità è valutata, in particolare, con riferimento ai contenuti localizzativi, normativi e alla sostenibilità ambientale delle trasformazioni previste dal piano regolatore generale medesimo [20].

     2. Ai fini della presente legge gli ambiti territoriali omogenei (ATO) in cui il comune suddivide il proprio territorio, vengono individuati per specifici contesti territoriali sulla base di valutazioni di carattere geografico, storico, paesaggistico e insediativo.

     3. Il PAT è formato:

     a) da una relazione tecnica che espone gli esiti delle analisi e delle verifiche territoriali necessarie per la valutazione di sostenibilità ambientale e territoriale;

     b) dagli elaborati grafici che rappresentano le indicazioni progettuali;

     c) dalle norme tecniche che definiscono direttive, prescrizioni e vincoli, anche relativamente ai caratteri architettonici degli edifici di pregio, in correlazione con le indicazioni cartografiche;

     d) da una banca dati alfa-numerica e vettoriale contenente il quadro conoscitivo di cui all'articolo 10 e le informazioni contenute negli elaborati di cui alle lettere a), b) e c).

     4. I comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, così come individuati dal PTCP, possono predisporre il PAT in forma semplificata secondo le modalità definite con atto di indirizzo di cui all’articolo 46, comma 2, lettera g).

 

     Art. 14. Procedimento di formazione, efficacia e varianti del piano di assetto del territorio.

     1. La giunta comunale elabora un documento preliminare con i contenuti di cui all’articolo 3, comma 5 e, a seguito della conclusione della fase di concertazione di cui all'articolo 5, lo trasmette al consiglio comunale ai fini dell'adozione del piano.

     2. Entro otto giorni dall’adozione, il piano è depositato a disposizione del pubblico per trenta giorni consecutivi presso la sede del comune, decorsi i quali chiunque può formulare osservazioni entro i successivi trenta giorni. Dell’avvenuto deposito è data notizia con le modalità di cui all’articolo 32, della legge 18 giugno 2009, n. 69 “Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile”. Il comune può attuare ogni altra forma di pubblicità ritenuta opportuna [21].

     3. Nei trenta giorni successivi allo scadere del termine per proporre osservazioni, il piano adottato è trasmesso alla provincia, unitamente alle osservazioni e alle relative controdeduzioni formulate dal consiglio comunale.

     4. La giunta provinciale approva il piano entro centoventi giorni dal suo ricevimento, trascorsi i quali il piano si intende approvato [22].

     5. Con provvedimento motivato del responsabile del procedimento il termine di cui al comma 4 può essere sospeso, per una sola volta e per non più di novanta giorni, in relazione alla complessità della istruttoria o al fine di acquisire integrazioni documentali. Il termine riprende a decorrere dalla data di ricezione della documentazione integrativa o, comunque, trascorsi novanta giorni dalla sospensione.

     6. La giunta provinciale approva il piano decidendo sulle osservazioni presentate e introducendo d’ufficio le modifiche necessarie ad assicurare:

     a) la compatibilità del piano con il PTRC e con il PTCP;

     b) la coerenza delle scelte di assetto e sviluppo del territorio rispetto al quadro conoscitivo elaborato;

     c) la tutela delle invarianti di natura paesaggistica, ambientale, storico-monumentale e architettonica;

     c bis) l’osservanza del limite quantitativo di cui all’articolo 13, comma 1, lettera f) [23].

     7. Qualora la giunta provinciale rilevi l’incompletezza del quadro conoscitivo, non integrabile ai sensi del comma 5, oppure che il piano necessiti del coordinamento territoriale di cui all’articolo 16 in conformità alle previsioni del PTRC o del PTCP, lo restituisce al comune indicando le necessarie integrazioni al quadro conoscitivo, o l’ambito cui riferire il piano di assetto del territorio intercomunale (PATI).

     8. Il piano diventa efficace quindici giorni dopo la pubblicazione del provvedimento di approvazione nel BUR da effettuarsi a cura della provincia ovvero del comune nel caso in cui lo stesso risulti approvato per decorso del termine ai sensi del comma 4.

     9. Il piano approvato è depositato presso la segreteria del comune a disposizione del pubblico ed ha validità a tempo indeterminato.

     10. Le varianti al piano sono adottate e approvate con le procedure del presente articolo ovvero dell’articolo 15.

     11. L’approvazione del piano e delle sue varianti comporta la decadenza dei piani urbanistici attuativi (PUA) vigenti limitatamente alle parti con esso incompatibili, salvo che i relativi lavori siano iniziati e siano rispettati i termini per la loro ultimazione.

 

     Art. 14 bis. Varianti urbanistiche semplificate al piano di assetto del territorio comunale. [24]

     1. In deroga a quanto previsto dall’articolo 14, il comune adotta e approva, con le procedure dei commi da 2 a 6, le varianti urbanistiche semplificate al piano di assetto del territorio (PAT) che riguardano:

     a) la rettifica di errori cartografici;

     b) le modifiche alle norme tecniche;

     c) le modifiche alla perimetrazione degli ambiti territoriali omogenei (ATO) in misura non superiore al 10 per cento in termini di superficie e trasposizioni tra ATO confinanti di potenzialità edificatorie nel limite massimo del 10 per cento di ogni singola categoria funzionale, finalizzate a mutamenti di destinazione d’uso e ad interventi di rigenerazione urbana sostenibile, perseguendo l’integrazione delle funzioni e degli usi compatibili, il pieno utilizzo delle potenzialità insediative dei tessuti urbani esistenti e il contenimento del consumo del suolo;

     d) l’adeguamento cartografico del PAT al mero recepimento di prescrizioni dei piani urbanistico- territoriali;

     e) l’individuazione degli ambiti urbani di rigenerazione soggetti a programmi di rigenerazione urbana sostenibile ai sensi dell’articolo 7, comma 1, lettera a) della legge regionale 6 giugno 2017, n. 14 “Disposizioni per il contenimento del consumo di suolo e modifiche della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 “Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio”“.

     2. Le varianti di cui al comma 1 non possono incidere sulle scelte strategiche, sulle condizioni di sostenibilità e sulle tutele di cui all’articolo 13, comma 1, lettera b), e non possono comportare modifiche al dimensionamento del piano.

     3. In luogo della concertazione di cui all’articolo 5, il documento preliminare è inviato, anche con modalità elettroniche o su supporto informatico, ai soggetti indicati dal medesimo articolo, ferma restando la facoltà del comune di attivare le forme di partecipazione che ritiene più opportune.

     4. Entro otto giorni dall’adozione, la variante semplificata è depositata e resa pubblica presso la sede del comune per quindici giorni consecutivi, decorsi i quali chiunque può formulare osservazioni entro i successivi quindici giorni. Dell’avvenuto deposito è data notizia con le modalità di cui all’articolo 32, della legge 18 giugno 2009, n. 69 “Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile”. Il comune può attuare ogni altra forma di pubblicità ritenuta opportuna. Nei trenta giorni successivi alla scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni, il consiglio comunale decide sulle stesse, nel rispetto dei limiti e delle condizioni di cui al comma 2, e contestualmente approva la variante semplificata.

     5. Copia integrale della variante semplificata approvata è trasmessa, ai soli fini conoscitivi, all’ente competente all’approvazione del PAT, ed è depositata presso la sede del comune per la libera consultazione.

     6. La variante diventa efficace quindici giorni dopo la sua pubblicazione nel sito informatico del comune.

     7. Il parere di regolarità tecnica dell’atto di approvazione dello strumento urbanistico attesta, tra l’altro, la sussistenza dei requisiti che consentono di avvalersi delle presenti procedure semplificate.

 

     Art. 15. Procedimento di formazione del piano di assetto del territorio mediante procedura concertata tra Comune e Provincia.

     1. Per la formazione del piano di assetto del territorio (PAT) può essere attivata una procedura di pianificazione concertata tra comune, provincia, enti locali e altri soggetti pubblici interessati.

     2. La giunta comunale elabora un documento preliminare con i contenuti di cui all'articolo 3, comma 5, e propone agli enti ed ai soggetti interessati un accordo di pianificazione per la predisposizione dello strumento urbanistico.

     3. Con l’accordo di pianificazione, sottoscritto dai legali rappresentanti degli enti e dei soggetti di cui al comma 1, viene recepito il documento preliminare e si provvede alla disciplina degli obblighi reciproci, definendo le modalità di formazione del quadro conoscitivo, di redazione degli elaborati costituenti il piano e di valutazione delle osservazioni pervenute durante la pubblicazione, nonché il programma dei lavori.

     4. Dopo la sottoscrizione dell’accordo di pianificazione, si procede alla redazione del piano.

     5. Il piano è adottato dal consiglio comunale ed è depositato presso la sede del comune a disposizione del pubblico per trenta giorni consecutivi, decorsi i quali chiunque può formulare osservazioni entro i successivi trenta.

     6. Trascorsi i termini di cui al comma 5, il comune convoca una conferenza di servizi alla quale partecipano gli enti interessati, con un rappresentante autorizzato dal rispettivo organo competente, che si esprimono sul piano e sulle osservazioni pervenute. Qualora si riscontri il consenso del comune e della provincia il piano si intende approvato ed è ratificato dalla giunta provinciale.

     7. Il piano diventa efficace quindici giorni dopo la pubblicazione nel BUR del provvedimento di approvazione e del relativo atto di ratifica della giunta provinciale da effettuarsi a cura della provincia ed ha validità a tempo indeterminato [25].

     8. Le varianti al piano sono adottate e approvate con le procedure del presente articolo, ovvero dell'articolo 14.

 

     Art. 16. Contenuti, procedimento di formazione e varianti del Piano di assetto del territorio intercomunale (PATI).

     1. Il piano di assetto del territorio intercomunale (PATI) è lo strumento di pianificazione finalizzato al coordinamento fra più comuni e può disciplinare in tutto o in parte il territorio dei comuni interessati o affrontare singoli tematismi. La necessità del coordinamento può essere stabilita dai comuni interessati e dal PTCP o dal PTRC a seconda che l'intercomunalità riguardi una o più province.

     2. Il coordinamento di cui al comma 1 ha per oggetto:

     a) ambiti intercomunali omogenei per caratteristiche insediativo-strutturali, geomorfologiche, storico-culturali, ambientali e paesaggistiche;

     b) previsioni la cui incidenza territoriale sia da riferire ad un ambito più esteso di quello comunale.

     2 bis. La pianificazione coordinata tra più comuni è sempre necessaria nel caso di aree da destinare all’insediamento di grandi strutture di vendita, come definite all’articolo 3, comma 1, lettera g) della legge regionale 28 dicembre 2012, n. 50 “Politiche per lo sviluppo del sistema commerciale nella Regione del Veneto”, al di fuori del centro storico, con superficie di vendita superiore a 8.000 metri quadrati nei comuni capoluogo di provincia e con superficie di vendita superiore a 4.000 metri quadrati negli altri comuni. In tali casi la pianificazione coordinata deve comprendere i comuni confinanti con il comune interessato dall’insediamento della grande struttura di vendita [26].

     3. Il PATI ha i medesimi contenuti ed effetti del PAT rispetto al quale:

     a) coordina le scelte strategiche di rilevanza sovracomunale, in funzione delle specifiche vocazioni territoriali;

     b) dispone una disciplina urbanistica o edilizia unitaria per ambiti intercomunali omogenei;

     c) definisce un'equa ripartizione dei vantaggi e degli oneri tra i comuni interessati mediante convenzione.

     4. Il PATI, costituito dai medesimi elaborati di cui all’articolo 13, è adottato dai comuni interessati con la procedura di cui all’articolo 15, comma 2 e seguenti, sulla base di un documento preliminare predisposto e concertato tra gli stessi comuni. Qualora i comuni ricadano nel territorio di più province, alla procedura concertata partecipano le province interessate e la Regione ed è necessario ai fini dell'approvazione anche il loro consenso. In tal caso il piano si intende approvato ed è ratificato da ciascuna provincia competente per territorio.

     5. Le varianti al PATI sono adottate e approvate con le procedure di cui all’articolo 15, comma 2 e seguenti. Qualora le varianti riguardino il territorio di un solo comune e non incidano sui contenuti intercomunali del piano, ovvero si rendano necessarie ai soli fini dell’adeguamento alle prescrizioni del PTRC o del PTCP, o riguardino opere di competenza regionale ai sensi dell’articolo 2, comma 2, lettera a) della legge regionale 7 novembre 2003, n. 27, possono essere approvate anche con le procedure previste all’articolo 14 dal comune nel cui territorio ricade la variante proposta [27].

     6. Il piano ha validità a tempo indeterminato e diviene efficace quindici giorni dopo la pubblicazione del provvedimento di approvazione nel BUR da effettuarsi a cura di ciascuna provincia competente per territorio.

 

     Art. 16 bis. Conformazione e adeguamento dei PAT e dei PATI alle previsioni della pianificazione paesaggistica regionale. [28]

     1. Ai fini dell’adeguamento dei PAT e dei PATI alle previsioni della pianificazione paesaggistica regionale, ai sensi dell’articolo 145, commi 3 e 4, del decreto legislativo n. 42 del 2004, si applica la procedura prevista dall’articolo 15, commi da 1 a 4, integrata dalle disposizioni contenute nel presente articolo.

     2. A seguito dell’adozione del piano da parte del consiglio comunale, il comune convoca una conferenza di servizi ai sensi della legge n. 241 del 1990, cui partecipano un rappresentante della provincia o della Città metropolitana di Venezia, uno della Regione e un rappresentante del Ministero per i beni e le attività culturali (MiBAC) che esprime parere vincolante in ordine ai beni paesaggistici di cui all’articolo 134 del decreto legislativo n. 42 del 2004.

     3. Il piano, modificato sulla base delle risultanze della conferenza, è depositato presso la sede del comune a disposizione del pubblico per trenta giorni consecutivi, decorsi i quali chiunque può formulare osservazioni entro i successivi trenta.

     4. Trascorsi i termini di cui al comma 3, il comune convoca una conferenza di servizi alla quale partecipano gli enti del comma 2 che si esprimono sul piano e sulle osservazioni pervenute. Fermo restando quanto previsto dal comma 6, qualora si riscontri il consenso del comune, della provincia o della Città metropolitana, della regione e del MiBAC, ciascuno per quanto di competenza, il piano è approvato e va ratificato dalla giunta provinciale o della Città metropolitana.

     5. Il piano diventa efficace quindici giorni dopo la pubblicazione nel BUR del provvedimento di approvazione e del relativo atto di ratifica della giunta provinciale o della Città metropolitana, da effettuarsi a cura della provincia o della Città metropolitana, ed ha validità a tempo indeterminato.

     6. Nel caso in cui il MiBAC si esprima in senso negativo, il piano può comunque essere approvato dalla conferenza di servizi e ratificato dalla giunta provinciale o della Città metropolitana; tuttavia non si producono gli effetti di cui all’articolo 143, commi 4 e 5, e articolo 146, comma 5, del decreto legislativo n. 42 del 2004.

 

     Art. 17. Contenuti del Piano degli interventi (PI).

     1. Il piano degli interventi (PI) si rapporta con il bilancio pluriennale comunale, con il programma triennale delle opere pubbliche e con gli altri strumenti comunali settoriali previsti da leggi statali e regionali e si attua attraverso interventi diretti o per mezzo di piani urbanistici attuativi (PUA).

     2. Il PI in coerenza e in attuazione del piano di assetto del territorio (PAT) sulla base del quadro conoscitivo aggiornato provvede a:

     a) suddividere il territorio comunale in zone territoriali omogenee secondo le modalità stabilite con provvedimento della Giunta regionale ai sensi dell'articolo 50, comma 1, lettera b);

     b) individuare le aree in cui gli interventi sono subordinati alla predisposizione di PUA o di comparti urbanistici e dettare criteri e limiti per la modifica dei perimetri da parte dei PUA;

     c) definire i parametri per la individuazione delle varianti ai PUA di cui all'articolo 20, comma 14;

     d) individuare le unità minime di intervento, le destinazioni d'uso e gli indici edilizi;

     e) definire le modalità di intervento sul patrimonio edilizio esistente da salvaguardare;

     f) definire le modalità per l'attuazione degli interventi di trasformazione e di conservazione;

     g) individuare le eventuali trasformazioni da assoggettare ad interventi di valorizzazione e sostenibilità ambientale;

     h) definire e localizzare le opere e i servizi pubblici e di interesse pubblico nonché quelle relative a reti e servizi di comunicazione, di cui al decreto legislativo n. 259 del 2003 e successive modificazioni, da realizzare o riqualificare;

     i) individuare e disciplinare le attività produttive da confermare in zona impropria e gli eventuali ampliamenti, nonché quelle da trasferire a seguito di apposito convenzionamento anche mediante l'eventuale riconoscimento di crediti edilizi di cui all'articolo 36 e l'utilizzo di eventuali compensazioni di cui all'articolo 37;

     j) dettare la specifica disciplina con riferimento ai centri storici, alle fasce di rispetto e alle zone agricole ai sensi degli articoli 40, 41 e 43;

     k) dettare la normativa di carattere operativo derivante da leggi regionali di altri settori con particolare riferimento alle attività commerciali, al piano urbano del traffico, al piano urbano dei parcheggi, al piano per l’inquinamento luminoso, al piano per la classificazione acustica e ai piani pluriennali per la mobilità ciclistica.

     3. Il PI può, altresì, definire minori distanze rispetto a quelle previste dall'articolo 9 del decreto del Ministro per i lavori pubblici 20 aprile 1968, n. 1444 "Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765":

     a) nei casi di gruppi di edifici che formino oggetto di PUA planivolumetrici;

     b) nei casi di interventi disciplinati puntualmente.

     4. In attuazione delle finalità di cui all’articolo 2, comma 1, lettera d), il comune verifica le possibilità di riorganizzazione e riqualificazione del tessuto insediativo esistente, dando atto degli esiti di tale verifica nella relazione programmatica di cui al comma 5, lettera a) [29].

     4 bis. Qualora a seguito della verifica di cui al comma 4 risulti necessario individuare aree nelle quali programmare interventi di nuova urbanizzazione, il comune procede:

     a) alla verifica del rispetto dei limiti del consumo di suolo definiti ai sensi dell’articolo 13, comma 1, lettera f) sulla base dell’aggiornamento dei dati contenuti nel quadro conoscitivo, in presenza del provvedimento della Giunta regionale di cui all’articolo 4, comma 2, lettera a) della legge regionale recante disposizioni per il contenimento del consumo di suolo;

     b) all’attivazione di procedure ad evidenza pubblica, cui possono partecipare i proprietari degli immobili nonché gli operatori pubblici e privati interessati, per valutare proposte di intervento che, conformemente alle strategie definite dal PAT, risultino idonee in relazione ai benefici apportati alla collettività in termini di sostenibilità ambientale, sociale ed economica, di efficienza energetica, di minore consumo di suolo, di soddisfacimento degli standard di qualità urbana, architettonica e paesaggistica. La procedura si conclude con le forme e nei modi previsti dall’articolo 6 e in sede di adozione dello strumento il comune dà atto dell’avvenuto espletamento delle procedure di cui alla presente lettera e degli esiti delle stesse [30].

     5. Il PI è formato da:

     a) una relazione programmatica, che indica i tempi, le priorità operative ed il quadro economico;

     b) gli elaborati grafici che rappresentano le indicazioni progettuali;

     c) le norme tecniche operative;

     d) il prontuario per la qualità architettonica e la mitigazione ambientale;

     e) il registro dei crediti edilizi;

     f) una banca dati alfa-numerica e vettoriale contenente l'aggiornamento del quadro conoscitivo di riferimento nonché le informazioni contenute negli elaborati di cui alle lettere a), b), e c).

 

     Art. 18. Procedimento di formazione, efficacia e varianti del Piano degli interventi.

     1. Il sindaco predispone un documento in cui sono evidenziati, secondo le priorità, le trasformazioni urbanistiche, gli interventi, le opere pubbliche da realizzarsi nonché gli effetti attesi e lo illustra presso la sede del comune nel corso di un apposito consiglio comunale.

     2. Il piano degli interventi è adottato e approvato dal consiglio comunale. L’adozione del piano è preceduta da forme di consultazione, di partecipazione e di concertazione con altri enti pubblici e associazioni economiche e sociali eventualmente interessati.

     3. Entro otto giorni dall’adozione, il piano è depositato a disposizione del pubblico per trenta giorni consecutivi presso la sede del comune decorsi i quali chiunque può formulare osservazioni entro i successivi trenta giorni. Dell'avvenuto deposito è data notizia mediante avviso pubblicato con le modalità di cui all’articolo 32 della legge n. 69 del 2009; il comune può attuare ogni altra forma di divulgazione ritenuta opportuna [31].

     4. Nei sessanta giorni successivi alla scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni il consiglio comunale decide sulle stesse ed approva il piano.

     5. Copia integrale del piano approvato è trasmessa alla provincia ed è depositata presso la sede del comune per la libera consultazione.

     5 bis. Il comune trasmette alla Giunta regionale l’aggiornamento del quadro conoscitivo di cui all’articolo 11 bis dandone atto contestualmente alla pubblicazione nell’albo pretorio; la trasmissione del quadro conoscitivo e del suo aggiornamento è condizione per la pubblicazione del piano [32].

     6. Il piano diventa efficace quindici giorni dopo la sua pubblicazione nell’albo pretorio del comune [33].

     7. Decorsi cinque anni dall’entrata in vigore del piano decadono le previsioni relative alle aree di trasformazione o espansione soggette a strumenti attuativi non approvati, a nuove infrastrutture e ad aree per servizi per le quali non siano stati approvati i relativi progetti esecutivi, nonché i vincoli preordinati all’esproprio di cui all’articolo 34. In tali ipotesi si applica l’articolo 33 fino ad una nuova disciplina urbanistica delle aree, da adottarsi entro il termine di centottanta giorni dalla decadenza, con le procedure previste dai commi da 2 a 6; decorso inutilmente tale termine, si procede in via sostitutiva ai sensi dell’articolo 30 [34].

     7 bis. Per le previsioni relative alle aree di espansione soggette a strumenti attuativi non approvati, gli aventi titolo possono richiedere al comune la proroga del termine quinquennale. La proroga può essere autorizzata previo versamento di un contributo determinato in misura non superiore all’1 per cento del valore delle aree considerato ai fini dell’applicazione dell’IMU. Detto contributo è corrisposto al comune entro il 31 dicembre di ogni anno successivo alla decorrenza del termine quinquennale ed è destinato ad interventi per la rigenerazione urbana sostenibile e per la demolizione. L’omesso o parziale versamento del contributo nei termini prescritti comporta l’immediata decadenza delle previsioni oggetto di proroga e trova applicazione quanto previsto dal comma 7 [35].

     8. Le varianti al piano sono adottate e approvate con le procedure di cui al presente articolo.

     9. L’approvazione del piano e delle sue varianti comporta la decadenza dei piani urbanistici attuativi (PUA) vigenti limitatamente alle parti con esso incompatibili espressamente indicate, salvo che i relativi lavori siano oggetto di convenzione urbanistica già sottoscritta ed efficace.

 

     Art. 18 bis. Interventi in diretta attuazione degli strumenti urbanistici generali. [36]

     1. Sono sempre ammessi in diretta attuazione degli strumenti urbanistici generali, anche in assenza dei piani attuativi dagli stessi richiesti, gli interventi sul patrimonio edilizio esistente di cui alle lettere a), b), c) e d), dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia” e quelli di completamento su parti del territorio già dotate delle principali opere di urbanizzazione primaria e secondaria.

 

     Art. 18 ter. Varianti allo strumento urbanistico comunale per aree commerciali destinate a medie strutture di vendita [37]

     1. Le varianti al piano degli interventi finalizzate all’individuazione di aree commerciali ai sensi e per gli effetti del combinato disposto dell’articolo 18, comma 1, e dell’articolo 21, comma 1, della legge regionale 28 dicembre 2012, n. 50 “Politiche per lo sviluppo del sistema commerciale nella Regione del Veneto”, in deroga a quanto previsto all’articolo 18, comma 8, sono effettuate con le procedure di cui al presente articolo.

     2. La giunta comunale, anche su richiesta dei soggetti interessati, può adottare la variante urbanistica di cui al comma 1 e la deposita per dieci giorni presso la segreteria del comune. Dell’avvenuto deposito è dato avviso sull’albo pretorio del comune, il quale può attuare ogni altra forma di divulgazione ritenuta opportuna; entro i successivi venti giorni chiunque può presentare osservazioni.

     3. Entro trenta giorni dalla scadenza del termine per proporre osservazioni, il consiglio comunale delibera sulla variante, decidendo anche sulle osservazioni presentate.

     3 bis. Ferma restando l’applicazione delle disposizioni regionali finalizzate a limitare il consumo di suolo, nel valutare le proposte di cui al comma 2, il comune assicura in ogni caso la priorità al recupero di edifici esistenti e di ambiti urbanizzati dismessi o inutilizzati [38].

 

SEZIONE II

Attuazione della pianificazione urbanistica

 

     Art. 19. Piani urbanistici attuativi (PUA).

     1. Il piano urbanistico attuativo può essere d'iniziativa pubblica o privata o, congiuntamente, di iniziativa pubblica e privata. Esso definisce l'organizzazione urbanistica, infrastrutturale ed architettonica di un insediamento ed assume, in considerazione degli interventi previsti, i contenuti e l’efficacia:

     a) del piano particolareggiato e dei piani di lottizzazione, di cui agli articoli 13 e 28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 "Legge urbanistica" e successive modificazioni;

     b) del piano per l'edilizia economica e popolare di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167 "Disposizioni per favorire l'acquisizione di aree fabbricabili per l'edilizia economica e popolare" e successive modificazioni;

     c) del piano delle aree da destinare ad insediamenti produttivi di cui all'articolo 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 "Programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica; norme sulla espropriazione per pubblica utilità, modifiche ed integrazioni alla legge 17 agosto 1942, n. 1150; legge 18 aprile 1962, n. 167; legge 29 settembre 1964, n. 847; ed autorizzazione di spesa per interventi straordinari nel settore dell'edilizia residenziale, agevolata e convenzionata." e successive modificazioni;

     d) del piano di recupero di cui all'articolo 28 della legge 5 agosto 1978, n. 457 "Norme per l'edilizia popolare" e successive modificazioni;

     e) del piano ambientale di cui all’articolo 27 della legge regionale 16 agosto 1984, n. 40 "Nuove norme per la istituzione di parchi e riserve naturali regionali" e successive modificazioni;

     f) del programma integrato di cui all’articolo 16 della legge 17 febbraio 1992, n. 179 "Norme per l'edilizia residenziale pubblica" e successive modificazioni; in particolare il programma integrato è lo strumento di attuazione della pianificazione urbanistica per la realizzazione coordinata, tra soggetti pubblici e privati, degli interventi di riqualificazione urbanistica, edilizia ed ambientale. La riqualificazione si attua mediante il riordino degli insediamenti esistenti e il ripristino della qualità ambientale anche attraverso l’ammodernamento delle urbanizzazioni primarie e secondarie e dell’arredo urbano, il riuso di aree dismesse, degradate, inutilizzate, a forte polarizzazione urbana, anche con il completamento dell’edificato.

     2. In funzione degli specifici contenuti, il piano urbanistico attuativo è formato dagli elaborati necessari individuati tra quelli di seguito elencati:

     a) l’estratto del piano di assetto del territorio e del piano degli interventi nonché, qualora attinenti alle tematiche svolte, gli estratti di altri strumenti di pianificazione;

     b) la cartografia dello stato di fatto riportante il perimetro dell’intervento;

     c) la planimetria delle infrastrutture a rete esistenti;

     d) la verifica di compatibilità geologica, geomorfologica e idrogeologica dell’intervento;

     e) i vincoli gravanti sull’area;

     f) l’estratto catastale e l'elenco delle proprietà;

     g) il progetto planivolumetrico e l’eventuale individuazione dei comparti;

     h) l’individuazione delle aree da cedere o vincolare;

     i) lo schema delle opere di urbanizzazione e delle infrastrutture a rete;

     j) la relazione illustrativa che, nel caso dei programmi integrati, precisa la rappresentazione del programma in termini economico-sintetici con particolare riguardo ai benefici derivanti ai soggetti pubblici e agli altri soggetti attuatori, nonché il piano finanziario di attuazione;

     k) le norme di attuazione;

     l) il prontuario per la mitigazione ambientale;

     m) la convenzione o gli atti unilaterali d’obbligo;

     n) il capitolato e il preventivo sommario di spesa.

     3. I PUA sono attuati dagli aventi titolo, anche mediante comparti urbanistici e relativi consorzi ai sensi dell’articolo 21.

     4. Per i PUA di iniziativa privata, l'esecuzione delle opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione, come disciplinata dalla normativa vigente, non ricade nella disciplina degli appalti di lavori pubblici quando le singole opere da realizzare abbiano un valore pari o inferiore alla soglia comunitaria di cui alla direttiva 14 giugno 1993, 93/37/CEE "Direttive del Consiglio che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori" e successive modificazioni.

 

     Art. 20. Procedimento di formazione, efficacia e varianti del piano urbanistico attuativo.

     1. Il piano urbanistico attuativo (PUA) è adottato ed approvato dalla Giunta comunale. Qualora il piano sia di iniziativa privata la Giunta comunale, entro il termine di settantacinque giorni dal ricevimento della proposta corredata dagli elaborati previsti, adotta il piano oppure lo restituisce qualora non conforme alle norme e agli strumenti urbanistici vigenti, indicando le ragioni della non conformità [39].

     2. [Trascorso il termine di cui al comma 1, può essere richiesta alla provincia, con le modalità di cui all’articolo 30, comma 6, la nomina di un commissario ad acta che assuma i conseguenti provvedimenti] [40].

     3. Entro cinque giorni dall'adozione il piano è depositato presso la segreteria del comune per la durata di dieci giorni; dell'avvenuto deposito è data notizia mediante avviso pubblicato con le modalità di cui all’articolo 32 della legge 18 giugno 2009, n. 69 “Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, nonché in materia di processo civile.”. Il comune può attuare ogni altra forma di pubblicità ritenuta opportuna. Nei successivi venti giorni i proprietari degli immobili possono presentare opposizioni mentre chiunque può presentare osservazioni [41].

     4. Entro settantacinque giorni dal decorso del termine di cui al comma 3, la Giunta comunale approva il piano decidendo sulle osservazioni e sulle opposizioni presentate. La Giunta comunale in sede di approvazione del piano dichiara, altresì, la sussistenza delle eventuali disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive contenute nel piano urbanistico attuativo (PUA) al fine di consentire la realizzazione degli interventi mediante denuncia di inizio attività (DIA) ai sensi dell'articolo 22, comma 3, lettera b) del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 e successive modificazioni [42].

     4 bis. I termini previsti dai commi 1, 3 e 4 sono perentori; qualora decorrano inutilmente i termini di cui ai commi 1 e 4 il piano si intende adottato o approvato e le opposizioni e osservazioni eventualmente presentate, respinte [43].

     5. Il piano approvato è depositato presso la segreteria del comune ed il relativo deposito, nel caso di piani urbanistici attuativi di iniziativa pubblica, è notificato a ciascun proprietario degli immobili vincolati dal piano stesso nelle forme degli atti processuali civili o a mezzo di messo comunale, entro quindici giorni dall'avviso dell'avvenuto deposito [44].

     6. I piani urbanistici attuativi di iniziativa privata sono redatti e presentati dagli aventi titolo che rappresentino almeno il 51% del valore degli immobili ricompresi nell’ambito, in base al relativo imponibile catastale e, comunque, che rappresentino almeno il 75% delle aree inserite nell'ambito medesimo. Il piano approvato è depositato ed il relativo deposito è notificato ai proprietari dissenzienti nelle forme previste per gli atti processuali civili o a mezzo di messo comunale. Dopo l’entrata in vigore del piano, l’inutile decorso dei termini previsti per la sua attuazione costituisce titolo per procedere all’espropriazione degli immobili degli aventi titolo dissenzienti secondo le modalità e per gli effetti previsti dall’articolo 21.

     7. Per i programmi integrati può essere seguita la procedura dell’accordo di programma di cui all’articolo 7.

     8. Il piano entra in vigore dieci giorni dopo la pubblicazione nell’albo pretorio del comune del provvedimento di approvazione [45].

     8 bis. Fatte salve le diverse disposizioni dettate dal piano degli interventi (PI) ai sensi dell’articolo 17, comma 2, lettera b), i piani urbanistici attuativi possono prevedere modificazioni delle proprie perimetrazioni entro il limite del 10 per cento in termini di superficie, nonché trasposizioni di zone conseguenti alla definizione esecutiva delle infrastrutture e attrezzature pubbliche previste dal PI, purché nel rispetto della capacità insediativa teorica dello stesso e senza riduzione delle superfici per servizi. Gli strumenti urbanistici attuativi di iniziativa pubblica e quelli attuativi di accordi ai sensi dell’articolo 6 possono, altresì, prevedere la variazione del 15 per cento della densità massima territoriale o fondiaria, dell’indice massimo di copertura territoriale o fondiaria, dell’altezza massima degli edifici e della lunghezza massima delle fronti. Le modificazioni di cui al presente comma non costituiscono variante al PI [46].

     8 ter. Nei comuni che hanno adeguato il proprio strumento urbanistico ai sensi dell’articolo 13, comma 10, della legge regionale 6 giugno 2017, n. 14 “Disposizioni per il contenimento del consumo di suolo e modifiche alla legge regionale 23 aprile 2004, n. 11”, i piani urbanistici attuativi possono prevedere varianti alle previsioni del piano degli interventi, purché in coerenza ed attuazione con gli obiettivi e i criteri generali del PI. In tale caso, il piano urbanistico attuativo è adottato e approvato dal Consiglio comunale con le procedure previste dai commi 3, 4, 5, 6 e 8 [47].

     9. Il piano ha efficacia per dieci anni, rimanendo fermo a tempo indeterminato soltanto l’obbligo di osservare nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti gli allineamenti e le prescrizioni stabiliti nel piano stesso. La costruzione di nuovi edifici e l’ampliamento o il cambio d’uso di quelli esistenti sono ammessi a condizione che gli edifici siano serviti dalle opere di urbanizzazione e che siano rispettate le dotazioni territoriali previste dall’articolo 31 [48].

     10. Decorso il termine stabilito per l'esecuzione del piano, lo stesso diventa inefficace per le parti non attuate.

     11. Entro sessanta giorni dalla scadenza del termine stabilito per l'esecuzione del piano urbanistico attuativo è possibile presentare un nuovo piano per il completamento della parte rimasta inattuata. Prima della scadenza, il comune può prorogare la validità del piano per un periodo non superiore a cinque anni.

     12. L'approvazione del piano comporta la dichiarazione di pubblica utilità per le opere in esso previste per la durata di dieci anni, salvo diverse disposizioni di legge per la singola fattispecie, prorogabile dal comune per un periodo non superiore a cinque anni.

     13. Le varianti al piano sono adottate e approvate con le procedure di cui al presente articolo entro il termine di efficacia del medesimo.

     14. Possono essere approvate varianti sottoscritte dai soli titolari delle aree incluse nella variante, purché le medesime non incidano sui criteri informatori del PUA secondo i parametri definiti dal piano degli interventi.

 

     Art. 21. Comparto urbanistico.

     1. Il comparto urbanistico è costituito dall’insieme degli immobili da trasformare appartenenti a più proprietari o soggetti aventi titolo ad edificare e costituenti una unità minima d'intervento.

     2. La delimitazione dell'ambito territoriale del comparto e i termini per la costituzione del consorzio e per la presentazione di denuncia di inizio di attività, ovvero di un'unica istanza di permesso di costruire, sono stabiliti da un PUA oppure dal piano degli interventi. Il comparto può riguardare tutto o parte di un PUA oppure ricomprendere gli interventi singoli spettanti a più soggetti in attuazione diretta del piano degli interventi (PI).

     3. Il comparto si realizza attraverso la costituzione di un consorzio per la presentazione di un unico titolo abilitativo, previa stipula di una apposita convenzione.

     4. Il consorzio è costituito dai soggetti interessati rappresentanti almeno il 51% del valore degli immobili del comparto sulla base dell’imponibile catastale e, comunque, che rappresentino almeno il 75% delle superfici utili di pavimento esistenti oggetto degli interventi, mediante atto sottoscritto ove, in particolare, sono fissati i criteri per un equo riparto degli oneri e dei benefici secondo quanto stabilito all’articolo 35; dell’avvenuta costituzione è data notizia a tutti i proprietari o aventi titolo compresi nel comparto.

     5. Il consorzio, costituito ai sensi del comma 4, ha titolo per procedere all'occupazione temporanea degli immobili dei dissenzienti per l'esecuzione degli interventi previsti, con diritto di rivalsa delle spese sostenute nei confronti degli aventi titolo, oppure per procedere all'espropriazione degli stessi immobili ai prezzi corrispondenti all'indennità di esproprio.

     6. L'occupazione temporanea o l'espropriazione sono notificate ai proprietari e agli aventi titolo nelle forme degli atti processuali civili o a mezzo di messo comunale.

 

CAPO II

Pianificazione provinciale per il governo del territorio

 

     Art. 22. Contenuti del piano territoriale di coordinamento provinciale (PTCP).

     1. Il piano territoriale di coordinamento provinciale (PTCP) è lo strumento di pianificazione che delinea gli obiettivi e gli elementi fondamentali dell'assetto del territorio provinciale in coerenza con gli indirizzi per lo sviluppo socio-economico provinciale, con riguardo alle prevalenti vocazioni, alle sue caratteristiche geologiche, geomorfologiche, idrogeologiche, paesaggistiche ed ambientali, ed in particolare:

     a) acquisisce, previa verifica, i dati e le informazioni necessarie alla costituzione del quadro conoscitivo territoriale provinciale;

     b) recepisce i siti interessati da habitat naturali e da specie floristiche e faunistiche di interesse comunitario e le relative tutele;

     c) definisce gli aspetti relativi alla difesa del suolo e alla sicurezza degli insediamenti determinando, con particolare riferimento al rischio geologico, idraulico e idrogeologico e alla salvaguardia delle risorse del territorio, le condizioni di fragilità ambientale;

     d) indica gli obiettivi generali, la strategia di tutela e di valorizzazione del patrimonio agro-forestale e dell’agricoltura specializzata in coerenza con gli strumenti di programmazione del settore agricolo e forestale;

     e) detta le norme finalizzate alla prevenzione e difesa dall'inquinamento prescrivendo gli usi espressamente vietati in quanto incompatibili con le esigenze di tutela;

     f) riporta le aree a rischio di incidente rilevante di cui al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 "Attuazione della direttiva 96/82/CE relative al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose", così come individuate e perimetrate dalla Regione ai sensi dell’articolo 75 della legge regionale 13 aprile 2001, n. 11 e successive modificazioni;

     g) riporta i vincoli territoriali previsti da disposizioni di legge;

     h) individua e precisa gli ambiti di tutela per la formazione di parchi e riserve naturali di competenza provinciale nonché le zone umide, i biotopi e le altre aree relitte naturali, le principali aree di risorgiva, da destinare a particolare disciplina ai fini della tutela delle risorse naturali e della salvaguardia del paesaggio;

     i) individua e disciplina i corridoi ecologici al fine di costruire una rete di connessione tra le aree protette, i biotopi e le aree relitte naturali, i fiumi e le risorgive;

     j) perimetra i centri storici, individua le ville venete e i complessi e gli edifici di pregio architettonico, le relative pertinenze e i contesti figurativi;

     k) indica gli obiettivi e gli elementi fondamentali dell'assetto del territorio, i sistemi delle infrastrutture, le attrezzature, gli impianti e gli interventi di interesse pubblico di rilevanza provinciale;

     l) formula i criteri per la valorizzazione dei distretti produttivi di cui alla legge regionale 4 aprile 2003, n. 8 "Disciplina dei distretti produttivi ed interventi di politica industriale locale";

     m) individua, sulla base dei criteri di cui all’articolo 24, comma 1, lettera g), gli ambiti per la pianificazione dei nuovi insediamenti industriali, artigianali, turistico-ricettivi e delle grandi strutture di vendita;

     n) individua gli eventuali ambiti per la pianificazione coordinata tra più comuni ai sensi dell'articolo 16;

     o) individua i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti i cui PAT possono essere redatti in forma semplificata, secondo i criteri indicati dal provvedimento di cui all'articolo 46, comma 2, lettera g).

     2. Il PTCP assume l’efficacia e la valenza di cui all’articolo 57 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 "Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59" e successive modificazioni, alle condizioni previste nel medesimo articolo.

     3. Il PTCP è formato:

     a) da una relazione che espone gli esiti delle analisi e delle verifiche territoriali necessarie per la valutazione di sostenibilità ambientale e territoriale e stabilisce gli indirizzi per lo sviluppo socio-economico nelle materie di competenza provinciale;

     b) dagli elaborati grafici che rappresentano le indicazioni progettuali;

     c) dalle norme tecniche che definiscono direttive, prescrizioni e vincoli;

     d) da una banca dati alfa-numerica e vettoriale contenente il quadro conoscitivo di cui all’articolo 10 e le informazioni contenute negli elaborati di cui alle lettere a), b) e c).

 

     Art. 23. Procedimento di formazione, efficacia e varianti del piano territoriale di coordinamento provinciale.

     1. La giunta provinciale elabora un documento preliminare con i contenuti di cui all’articolo 3, comma 5 e lo trasmette alla Regione, alle province contermini, ai comuni, alle comunità montane, agli enti di gestione delle aree naturali protette interessati e agli enti pubblici ed ai soggetti gestori di servizi pubblici nonché ai gestori di reti e servizi ad uso pubblico aventi rilevanza provinciale.

     2. Per un esame del documento preliminare la provincia assume il metodo della concertazione e della partecipazione di cui all’articolo 5, coinvolgendo anche i soggetti di cui al comma 1.

     3. A seguito della conclusione della fase di concertazione di cui al comma 2 il consiglio provinciale adotta il piano.

     4. Entro venti giorni dall’adozione il piano è depositato presso la segreteria della provincia e dell'avvenuto deposito è data notizia nel BUR e nell’albo pretorio di ogni comune della provincia, dando indicazione delle sedi in cui chiunque può prendere visione degli elaborati, e su almeno due quotidiani a diffusione provinciale. Entro il termine di trenta giorni dalla data di pubblicazione nel BUR dell'avviso di deposito, chiunque ha facoltà di prenderne visione e, nei trenta giorni successivi, può presentare le proprie osservazioni.

     5. Scaduto il termine per la presentazione delle osservazioni, entro i sessanta giorni successivi, la provincia trasmette alla Regione il piano, unitamente alle osservazioni pervenute e alle relative controdeduzioni del consiglio provinciale.

     6. La Giunta regionale, entro centottanta giorni dalla sua trasmissione, si esprime sul piano adottato e, verificata la compatibilità del piano con il PTRC, previo parere della competente commissione consiliare, lo approva anche con riferimento alle osservazioni.

     7. Qualora la Giunta regionale riscontri la non compatibilità con il PTRC, trasmette il piano alla provincia per la sua rielaborazione. Qualora il consiglio provinciale non provveda entro novanta giorni dalla trasmissione del piano, ovvero non introduca nel piano le modifiche necessarie per renderlo compatibile con il PTRC, la Giunta regionale lo restituisce oppure, stralciate le parti non conformi, lo approva.

     8. Il piano approvato è depositato presso la segreteria della provincia e dei comuni a disposizione del pubblico.

     9. Il piano acquista efficacia quindici giorni dopo la pubblicazione del provvedimento di approvazione nel BUR.

     10. Le varianti al piano sono adottate e approvate con le procedure di cui al presente articolo.

     11. Per assicurare la flessibilità del sistema di pianificazione territoriale e urbanistica, i piani di assetto del territorio comunali e intercomunali possono contenere proposte di modificazione al piano territoriale di coordinamento provinciale, purché tali proposte abbiano carattere operativo e non alterino i contenuti sostanziali della pianificazione territoriale. In tal caso la modifica è approvata dal consiglio provinciale ed è trasmessa alla Giunta regionale che, entro sessanta giorni, deve esprimere l'eventuale motivato dissenso in mancanza del quale la variante si intende approvata [49].

 

CAPO III

Pianificazione regionale per il governo del territorio

 

     Art. 24. Contenuti del piano territoriale regionale di coordinamento (PTRC).

     1. Il piano territoriale regionale di coordinamento (PTRC), in coerenza con il programma regionale di sviluppo (PRS) di cui alla legge regionale 29 novembre 2001, n. 35 "Nuove norme sulla programmazione", indica gli obiettivi e le linee principali di organizzazione e di assetto del territorio regionale, nonché le strategie e le azioni volte alla loro realizzazione. In particolare:

     a) acquisisce i dati e le informazioni necessari alla costituzione del quadro conoscitivo territoriale regionale;

     b) indica le zone e i beni da destinare a particolare tutela delle risorse naturali, della salvaguardia e dell’eventuale ripristino degli ambienti fisici, storici e monumentali nonché recepisce i siti interessati da habitat naturali e da specie floristiche e faunistiche di interesse comunitario e le relative tutele;

     c) indica i criteri per la conservazione dei beni culturali, architettonici e archeologici, nonché per la tutela delle identità storico-culturali dei luoghi, disciplinando le forme di tutela, valorizzazione e riqualificazione del territorio in funzione del livello di integrità e rilevanza dei valori paesistici;

     d) indica il sistema delle aree naturali protette di interesse regionale;

     e) definisce lo schema delle reti infrastrutturali e il sistema delle attrezzature e servizi di rilevanza nazionale e regionale;

     f) individua le opere e le iniziative o i programmi di intervento di particolare rilevanza per parti significative del territorio, da definire mediante la redazione di progetti strategici di cui all'articolo 26;

     g) formula i criteri per la individuazione delle aree per insediamenti industriali e artigianali, delle grandi strutture di vendita e degli insediamenti turistico-ricettivi;

     h) individua gli eventuali ambiti per la pianificazione coordinata tra comuni che interessano il territorio di più province ai sensi dell'articolo 16.

     2. I piani regionali di settore approvati dal Consiglio regionale ed i piani di sviluppo delle grandi reti di servizi sono sempre oggetto di coordinamento con il PTRC e lo integrano e modificano qualora non alterino i contenuti essenziali della pianificazione territoriale del PTRC. Al fine di restituire un unico quadro pianificatorio e conoscitivo coerente, si provvede agli aggiornamenti cartografici e normativi al PTRC [50].

 

     Art. 25. Procedimento di formazione, efficacia e varianti del Piano territoriale regionale di coordinamento.

     1. La Giunta regionale elabora un documento preliminare con i contenuti di cui all’articolo 3, comma 5 e lo trasmette alle province, ai comuni, alle comunità montane e agli enti di gestione delle aree naturali protette interessati.

     2. Per un esame del documento preliminare la Giunta regionale assume il metodo della concertazione e della partecipazione di cui all’articolo 5, coinvolgendo anche i soggetti di cui al comma 1.

     3. A seguito della conclusione della fase di concertazione di cui al comma 2 la Giunta regionale adotta il piano.

     4. Entro trenta giorni dall'adozione il piano è depositato presso la segreteria della Giunta regionale e presso le province. Dell'avvenuto deposito è data notizia nel BUR, con indicazione delle sedi in cui chiunque può prendere visione degli elaborati, e sui quotidiani a diffusione regionale.

     5. Entro centoventi giorni dalla pubblicazione dell'avvenuto deposito di cui al comma 4, gli enti locali, le comunità montane, le autonomie funzionali, le organizzazioni e le associazioni economiche e sociali, nonché chiunque ne abbia interesse, possono presentare alla Giunta regionale osservazioni e proposte.

     6. La Giunta regionale, entro i successivi centoventi giorni, trasmette al Consiglio regionale per la sua approvazione il piano adottato con le osservazioni pervenute, corredate del relativo parere e le eventuali proposte di modifica.

     7. Il piano è approvato con provvedimento del Consiglio regionale.

     8. Il piano acquista efficacia quindici giorni dopo la pubblicazione nel BUR del relativo provvedimento di approvazione.

     9. Le varianti al piano sono adottate ed approvate con le procedure di cui al presente articolo. Le varianti che non incidono sulle caratteristiche essenziali e sul disegno generale del piano sono approvate dalla Giunta regionale subordinatamente all’acquisizione del parere della competente commissione consiliare e i termini previsti ai commi 4, 5 e 6 sono ridotti della metà. Le varianti al piano acquistano efficacia ai sensi del comma 8 [51].

     10. Per assicurare la flessibilità del sistema di pianificazione territoriale e urbanistica, i piani di assetto del territorio comunali e intercomunali possono contenere proposte di modificazione al piano territoriale regionale di coordinamento purché tali proposte abbiano carattere meramente operativo e non alterino i contenuti sostanziali della pianificazione territoriale. In tale caso la modifica è approvata dalla Giunta regionale subordinatamente all’acquisizione del parere della competente commissione consiliare e acquista efficacia ai sensi del comma 8.

 

     Art. 26. Progetti strategici.

     1. Il piano territoriale regionale di coordinamento (PTRC) può prevedere che le opere, gli interventi o i programmi di intervento di particolare rilevanza per parti significative del territorio siano definiti mediante appositi progetti strategici.

     1 bis. I progetti strategici possono, altresì, essere individuati e approvati dalla Giunta regionale, previo parere della commissione consiliare competente in materia di pianificazione territoriale, purché siano coerenti con i criteri e gli indirizzi del PTRC [52].

     2. Per l’attuazione dei progetti strategici l’amministrazione, che ha la competenza primaria o prevalente sull’opera o sugli interventi o sui programmi di intervento, promuove la conclusione di un accordo di programma, ai sensi dell'articolo 7, che assicuri il coordinamento delle azioni e determini i tempi, le modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso adempimento.

     2 bis. [La Giunta regionale può approvare con la procedura di cui al comma 2, previo parere della competente commissione consiliare, i progetti strategici previsti nel documento preliminare di PTRC di cui all’articolo 25, comma 1, purché non in contrasto con il PTRC vigente] [53].

     2 ter. [I progetti strategici di cui al comma 7 dell’articolo 42 della legge regionale 14 giugno 2013, n. 11 “Sviluppo e sostenibilità del turismo veneto”, sono di interesse regionale ai sensi dell’articolo 6, comma 2, della legge regionale 16 febbraio 2010, n. 11, “Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2010” qualora comportino variante ai piani urbanistici e territoriali e sono approvati ai sensi dell’articolo 32 della legge regionale 29 novembre 2001, n. 35 “Nuove norme sulla programmazione”] [54].

 

     Art. 27. Valutazione tecnica regionale (VTR). [55]

     1. L’emanazione di provvedimenti del Presidente o della Giunta regionale relativi a strumenti di pianificazione è preceduta da un parere, denominato valutazione tecnica regionale (VTR), espresso dal direttore responsabile della struttura regionale competente in materia urbanistica.

     2. Il direttore di cui al comma 1, convoca un tavolo tecnico da lui stesso presieduto, al quale partecipano i rappresentanti delle strutture regionali competenti nelle seguenti materie:

     a) urbanistica, paesaggio e beni ambientali;

     b) mobilità e infrastrutture;

     c) geologia e difesa del suolo;

     d) politiche agroambientali.

     3. In relazione alle materie e alle problematiche trattate, il direttore di cui al comma 1 può sentire anche i rappresentanti di altre strutture regionali e di altri enti pubblici.

     4. Il parere di cui al comma 1 è espresso dal direttore, sentiti i rappresentanti delle amministrazioni comunali e provinciali interessate, tenuto conto delle posizioni espresse nel tavolo tecnico di cui al comma 2 dai rappresentanti delle strutture regionali di cui ai commi 2 e 3.

     5. Il segretario verbalizzante, nominato tra i funzionari regionali in servizio presso la struttura regionale competente in materia urbanistica, redige, per ogni seduta della riunione di cui al comma 2, il processo verbale che riporta gli argomenti trattati, le posizioni e le motivazioni espresse dai rappresentanti delle strutture regionali e degli enti pubblici invitati a partecipare. Il verbale delle sedute del tavolo tecnico è sottoscritto dal direttore di cui al comma 1 e dal segretario verbalizzante. Al verbale sono allegati pareri e memorie eventualmente depositati nel corso della seduta.

     6. Le funzioni consultive attribuite alla Commissione Tecnica Regionale, sezione urbanistica, dall’articolo 10 della legge regionale 16 agosto 1984, n. 40 “Nuove norme per la istituzione di parchi e riserve naturali regionali” e da altre disposizioni regionali sono sostituite dalla valutazione tecnica regionale (VTR).

 

CAPO IV

Norme particolari su procedimenti

 

     Art. 28. Intese.

     1. I comuni, successivamente al deposito del piano di assetto del territorio (PAT) e del piano degli interventi (PI) adottati, relativamente ad ambiti ed immobili demaniali o di proprietà di enti regionali, devono acquisire, in sede di conferenza dei servizi, l'assenso alle modifiche delle vigenti previsioni ovvero delle destinazioni d'uso proposte con lo strumento urbanistico adottato.

     2. Il comune convoca la conferenza dei servizi individuando i soggetti pubblici da invitare alla conferenza in relazione alle competenze istituzionali e alle materie oggetto di valutazione e determina le modalità di svolgimento della conferenza indicando il termine entro il quale la decisione finale è assunta.

 

     Art. 29. Misure di salvaguardia.

     1. Dalla data dell'adozione degli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale nonché delle relative varianti e fino alla loro entrata in vigore, si applicano le misure di salvaguardia, secondo le modalità della legge 3 novembre 1952, n. 1902 "Misure di salvaguardia in pendenza dell'approvazione dei piani regolatori" e successive modificazioni. Il periodo massimo è di cinque anni, quando lo strumento sia stato trasmesso per l'approvazione entro un anno dall'adozione e, in ogni altro caso, di tre anni.

     2. Dall'adozione del piano territoriale regionale di coordinamento (PTRC) e del piano territoriale di coordinamento provinciale (PTCP), o di loro eventuali varianti e fino alla loro entrata in vigore, e comunque non oltre cinque anni dalla data di adozione, il comune è tenuto a sospendere ogni determinazione sulle domande relative ad interventi di trasformazione edilizia ed urbanistica del territorio che risultino in contrasto con le prescrizioni e i vincoli contenuti nei piani.

     3. Il Presidente della giunta regionale e il Presidente della provincia possono disporre, con provvedimento motivato da notificare al Sindaco e all'interessato, la sospensione dei lavori che siano in contrasto rispettivamente con le prescrizioni del piano territoriale regionale di coordinamento o del piano territoriale di coordinamento provinciale, e siano tali da comprometterne o renderne più onerosa l'attuazione.

 

     Art. 30. Annullamento dei provvedimenti comunali e poteri sostitutivi.

     1. Entro due anni dalla loro adozione le deliberazioni ed i provvedimenti comunali che autorizzano interventi non conformi a prescrizioni degli strumenti urbanistici o dei regolamenti edilizi, o comunque in contrasto con la normativa urbanistico-edilizia vigente al momento della loro adozione, possono essere annullati dalla provincia [56].

     2. Il provvedimento di annullamento è assunto dal presidente della provincia entro dodici mesi dall'accertamento delle violazioni di cui al comma 1 ed è preceduto dalla contestazione delle violazioni stesse al titolare del permesso, al proprietario della costruzione, al progettista e al comune con l'invito a presentare controdeduzioni entro sessanta giorni [57].

     3. In pendenza delle procedure di annullamento il presidente della provincia può ordinare la sospensione dei lavori, con provvedimento da notificare a mezzo di ufficiale giudiziario, nelle forme e con le modalità previste dal codice di procedura civile, ai soggetti di cui al comma 2 e da comunicare al comune. L'ordine di sospensione cessa di avere efficacia se, entro sei mesi dalla sua notificazione, non sia stato emesso il decreto di annullamento di cui al comma 1.

     4. I provvedimenti di sospensione dei lavori e di annullamento vengono resi noti al pubblico mediante l'affissione nell'albo pretorio del comune dei dati relativi agli immobili e alle opere realizzate.

     5. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli interventi edilizi di cui all'articolo 22, comma 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 "Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia" e successive modificazioni non conformi a prescrizioni degli strumenti urbanistici o dei regolamenti edilizi, o comunque in contrasto con la normativa urbanistico-edilizia vigente al momento della scadenza del termine di trenta giorni dalla presentazione della denuncia di inizio attività.

     6. Quando il comune, con riferimento alla formazione o alla variazione degli strumenti di pianificazione urbanistica, non adotti o non compia, entro i termini previsti dalla legge, atti o adempimenti cui è espressamente obbligato, il presidente della provincia esercita i poteri sostitutivi promuovendo d'ufficio, ove possibile, la convocazione dell'organo comunale competente per la deliberazione dell'atto previsto oppure assegnando un termine al comune per il compimento dell'atto o dell'adempimento. Decorso inutilmente il nuovo termine, il presidente della provincia nomina un commissario ad acta. All'atto dell'insediamento il commissario, preliminarmente all'emanazione del provvedimento da adottare in via sostitutiva, accerta se, anteriormente alla data dell’insediamento medesimo, l’amministrazione abbia provveduto ancorché in data successiva al termine assegnato.

     7. Quando la provincia, nella formazione, adozione o variazione degli strumenti territoriali non adotti o non compia, entro i termini previsti, tutti gli atti o adempimenti cui è tenuta, il Presidente della giunta regionale, esercita il potere sostitutivo secondo la disciplina prevista dal comma 6.

     8. Il Presidente della Giunta regionale, nei casi di particolare gravità e previa notifica di un nuovo termine al comune e alla provincia, nomina un commissario ad acta per il compimento dell’atto o dell’adempimento previsto a seguito dell’inerzia della provincia nell’esercizio dei propri poteri sostitutivi nei confronti del comune.

     9. L’ente nei cui confronti è nominato il commissario ad acta assume tutte le spese inerenti all’espletamento dell’incarico conferito al commissario, ivi comprese quelle relative alla difesa processuale degli atti adottati, in quanto all’ente medesimo imputabili.

     10. Qualora il comune nel procedimento di formazione o di variazione degli strumenti di pianificazione urbanistica, non possa deliberare su piani urbanistici in presenza delle condizioni che comportino l’obbligo di astensione previsto dall’articolo 78 del decreto legislativo n. 267 del 2000 e successive modificazioni, il Difensore civico regionale, su istanza del comune interessato, se ritiene sussistano ragioni di interesse pubblico, può nominare un commissario ad acta per adottare il provvedimento in via sostitutiva.

 

TITOLO III

Aree per servizi e vincoli

 

     Art. 31. Dimensionamento e aree per servizi.

     1. Il piano di assetto del territorio (PAT), per garantire adeguati livelli di qualità della vita e degli insediamenti, prevede un’idonea dotazione di aree per servizi in ragione del dimensionamento teorico effettuato sulla base delle diverse destinazioni d’uso.

     2. Le attrezzature e i servizi riguardano in particolare:

     a) l’istruzione;

     b) l’assistenza, i servizi sociali e sanitari;

     c) la pubblica amministrazione, la sicurezza pubblica e la protezione civile;

     d) le attività culturali, associative e politiche;

     e) gli spazi aperti attrezzati a verde per il gioco, la ricreazione, il tempo libero e lo sport, i parchi urbani, le aree boscate pubbliche. I PUA con destinazione residenziale di aree di nuova formazione prevedono, comunque, spazi riservati a parco, gioco e sport nella misura di almeno mq. 3 per abitante teorico da insediare;

     f) gli spazi aperti di libera fruizione per usi collettivi;

     g) i parcheggi, gli spazi di sosta pubblici, le attrezzature per la mobilità e la rete di percorsi ciclo-pedonali urbani ed extraurbani;

     h) gli elementi di riqualificazione urbana;

     h bis) le attrezzature di interesse comune per servizi religiosi, di cui all’articolo 31 bis [58].

     3. Le dotazioni minime di aree per servizi in ragione delle diverse destinazioni d’uso non possono essere inferiori a:

     a) relativamente alla residenza, mq. 30 per abitante teorico;

     b) relativamente all’industria e artigianato, mq. 10 ogni 100 mq. di superficie delle singole zone;

     c) relativamente al commercio e direzionale, mq. 100 ogni 100 mq. di superficie lorda di pavimento;

     d) relativamente al turismo, mq. 15 ogni 100 mc., oppure mq. 10 ogni 100 mq., nel caso di insediamenti all’aperto.

     4. Nei comuni turistici e nelle città d'arte, individuati ai sensi della legge regionale 28 dicembre 1999, n. 62 "Individuazione dei comuni a prevalente economia turistica e delle città d'arte ai fini delle deroghe agli orari di vendita" e successive modificazioni, la dotazione minima di aree per servizi deve essere incrementata in ragione del fabbisogno turistico come determinato dal piano di assetto del territorio (PAT), fermo restando quanto previsto dalla legge regionale 4 novembre 2002, n. 33 "Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo" e successive modificazioni.

     5. Il conseguimento degli standard di cui al comma 3 può essere in parte assicurato mediante forme di convenzionamento con aree di proprietà privata.

     6. Il PAT può aggregare gli standard di cui al comma 3 e ridefinirne le quantità in relazione agli ambiti territoriali omogenei (ATO), alle necessità del contesto in cui l'intervento si colloca, al tipo di intervento e alle esigenze espresse dalla collettività.

     7. Il PAT dimensiona le aree per servizi per i singoli ATO individuati dal piano medesimo in rapporto alle caratteristiche del tessuto insediativo. Il dimensionamento residenziale è effettuato sommando ai residenti insediati gli abitanti teorici ipotizzati dovuti a nuove espansioni, trasformazioni o cambi di destinazione d’uso.

     8. Lo standard per abitante teorico è quantificato in 150 mc. di volume residenziale lordo. Il PAT può rideterminare tale parametro in relazione alle diverse connotazioni del tessuto urbano e degli interventi previsti.

     9. Il PAT determina il fabbisogno di aree per servizi relativamente al settore produttivo, commerciale, direzionale e turistico anche in funzione dei cambi di destinazione d’uso e delle trasformazioni consentite.

     10. Relativamente alle nuove strutture ricettive alberghiere ed extra alberghiere di cui alla legge regionale 4 novembre 2002, n. 33 e successive modificazioni e relativamente a ristrutturazioni ed ampliamenti di strutture esistenti che comportino aumento del numero dei posti letto, è fatto obbligo di realizzare almeno un posto auto per ogni camera. Nei centri storici è ammessa anche la stipula di convenzioni con parcheggi esterni pubblici o privati.

     11. Il valore delle aree e delle opere cedute o vincolate è scomputabile dal contributo di urbanizzazione in sede di rilascio del titolo abilitativo, ammettendosi la compensazione anche tra diverse categorie di opere di urbanizzazione e corrispondenti aree a standard.

 

     Art. 31 bis. Edifici e attrezzatture di interesse comune per servizi religiosi. [59]

     1. La Regione e i comuni del Veneto, ciascuno nell’esercizio delle rispettive competenze, individuano i criteri e le modalità per la realizzazione di attrezzature di interesse comune per servizi religiosi da effettuarsi da parte degli enti istituzionalmente competenti in materia di culto della Chiesa Cattolica, delle confessioni religiose, i cui rapporti con lo Stato siano disciplinati ai sensi dell’articolo 8, terzo comma, della Costituzione, e delle altre confessioni religiose.

     2. Le attrezzature di interesse comune per servizi religiosi riguardano:

a) gli immobili destinati al culto anche se articolati in più edifici, compresa l’area destinata a sagrato;

b) gli immobili destinati all’abitazione dei ministri del culto, del personale di servizio, nonché quelli destinati ad attività di formazione religiosa;

c) gli immobili adibiti, nell’esercizio del ministero pastorale, ad attività educative, culturali, sociali, ricreative e di ristoro, compresi gli immobili e le attrezzature fisse destinate alle attività di oratorio e similari che non abbiano fini di lucro;

d) gli immobili destinati a sedi di associazioni, società o comunità di persone, in qualsiasi forma costituite, le cui finalità statutarie o aggregative siano da ricondurre alla religione, all’esercizio del culto o alla professione religiosa quali sale di preghiera, scuole di religione o centri culturali.

 

     Art. 31 ter. Realizzazione e pianificazione delle attrezzature di interesse comune per servizi religiosi. [60]

     1. Al fine di assicurare una adeguata qualità urbana, lo strumento urbanistico comunale, per le aree e per gli immobili da destinarsi alla realizzazione di attrezzature di interesse comune per servizi religiosi, garantisce:

a) la presenza di strade di collegamento adeguatamente dimensionate o, se assenti o inadeguate, ne prevede l’esecuzione o l’adeguamento con onere a carico dei richiedenti;

b) la presenza di opere di urbanizzazione primaria o, se assenti o inadeguate, ne prevede l’esecuzione o l’adeguamento con onere a carico dei richiedenti;

c) la presenza di distanze adeguate tra le aree o gli edifici da destinare alle diverse confessioni religiose;

d) spazi adeguati da destinare a parcheggio pubblico;

e) la realizzazione di adeguati servizi igienici, nonché l’accessibilità alle strutture da parte di disabili;

f) la conformità e la congruità con le previsioni degli strumenti territoriali sovraordinati ed in particolare con riferimento al loro inserimento nel contesto urbano e paesaggistico.

     2. Lo strumento urbanistico comunale sottopone alla disciplina di cui al comma 1 anche le aree scoperte destinate o utilizzate per il culto, ancorché saltuario.

     3. Per la realizzazione di attrezzature di interesse comune per servizi religiosi nonché per l’attuazione degli impegni di cui al comma 1 il richiedente sottoscrive con il comune una convenzione contenente anche un impegno fideiussorio adeguato a copertura degli impegni assunti. Nella convenzione può, altresì, essere previsto l’impegno ad utilizzare la lingua italiana per tutte le attività svolte nelle attrezzature di interesse comune per servizi religiosi, che non siano strettamente connesse alle pratiche rituali di culto.

     4. Fino all’adeguamento dello strumento urbanistico comunale alle disposizioni di cui al comma 1, le attrezzature di interesse comune per servizi religiosi, previa stipula di apposita convenzione con il comune, sono realizzate:

a) nei comuni dotati di PAT nelle aree per servizi individuate ai sensi dell’articolo 31, comma 2, lettere d) ed f) così come disciplinate dal PI;

b) nei comuni non dotati di PAT nelle zone territoriali omogenee F di cui al decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444.

     5. In deroga al divieto di cui all’articolo 48, comma 1, fino all’approvazione del primo PAT i comuni possono adottare varianti allo strumento urbanistico generale finalizzate all’attuazione di quanto previsto dal comma 1, con le procedure di cui all’articolo 50, commi da 5 a 8 e 16, della legge regionale 27 giugno 1985, n. 61 e successive modificazioni.

     6. Resta ferma la facoltà per i Comuni di indire referendum nel rispetto delle previsioni statutarie e dell’ordinamento statale.

 

     Art. 32. Dotazioni di aree per servizi nei Piani Urbanistici Attuativi.

     1. Il conseguimento dei rapporti di dimensionamento dei piani urbanistici attuativi (PUA) è assicurato mediante la cessione di aree o con vincoli di destinazione d’uso pubblico.

     2. Le aree per servizi devono avere dimensione e caratteristiche idonee alla loro funzione in conformità a quanto previsto dal provvedimento della Giunta regionale di cui all'articolo 46, comma 1, lettera b). Qualora all'interno del PUA tali aree non siano reperibili, o lo siano parzialmente, è consentita la loro monetizzazione ovvero la compensazione ai sensi dell’articolo 37.

     3. I PUA relativi a nuovi insediamenti, ivi comprese le ristrutturazioni urbanistiche e le riconversioni volumetriche, devono contenere almeno la dotazione minima di aree per opere di urbanizzazione primaria, salvo quanto previsto dal comma 2.

     4. Qualora le dimensioni di PUA con destinazione residenziale, turistico-ricettiva e direzionale superino i tre ettari o i 50.000 mc. devono essere reperite dotazioni aggiuntive di aree per servizi di almeno 10 mq. ogni abitante teorico insediabile, salvo quanto previsto al comma 2.

     5. Nel caso in cui il comune accerti che l’intervento attuativo non necessiti, o necessiti parzialmente, delle opere di urbanizzazione, è consentito compensare la mancata realizzazione delle opere di urbanizzazione con la realizzazione di altre opere finalizzate al miglioramento dell’arredo urbano e delle infrastrutture per un importo equivalente.

 

     Art. 33. Aree non pianificate.

     1. Si intendono aree non pianificate quelle per le quali sia intervenuta la decadenza di cui all’articolo 18, comma 7.

     2. Nelle aree non pianificate esterne al perimetro dei centri abitati, fino alla approvazione di un nuovo piano degli interventi o di una sua variante che le riguardi, sono consentiti i soli interventi ammessi per la zona agricola limitatamente alla residenza.

     3. Nelle aree non pianificate interne al perimetro dei centri abitati, fino alla approvazione di un nuovo piano degli interventi o di una sua variante che le riguardi, sono consentiti i soli interventi di cui alle lettere a), b), c), d), dell’articolo 3 del decreto del presidente della repubblica n. 380 del 2001.

 

     Art. 34. Vincoli urbanistici preordinati all'esproprio.

     1. I vincoli preordinati all’esproprio hanno la durata di cinque anni e possono essere reiterati una sola volta e per la stessa durata.

     2. Il piano degli interventi (PI) quantifica le risorse finanziarie occorrenti per le espropriazioni degli immobili vincolati dal piano medesimo, ne stabilisce i criteri e le modalità per provvedervi nonché le modalità di copertura dei relativi oneri finanziari.

     3. Il comune può, anche su proposta dei proprietari interessati, definire forme alternative all'espropriazione. Tali forme seguono i criteri della perequazione di cui all’articolo 35, ovvero possono consistere nella permuta con altri immobili o con quote edificatorie all'interno dei piani urbanistici, oppure nella partecipazione dei proprietari medesimi alla realizzazione delle attrezzature e dei servizi pubblici localizzati dal piano degli interventi su immobili dagli stessi posseduti.

     4. Qualora il comune reiteri il vincolo decaduto ai sensi del comma 1, sono dovuti al proprietario o agli aventi titolo un indennizzo nella misura e con le modalità previste dalla normativa vigente ovvero adeguate forme di compensazione ai sensi dell'articolo 37.

 

TITOLO IV

Norme specifiche

 

     Art. 35. Perequazione urbanistica.

     1. La perequazione urbanistica persegue l’equa distribuzione, tra i proprietari degli immobili interessati dagli interventi, dei diritti edificatori riconosciuti dalla pianificazione urbanistica e degli oneri derivanti dalla realizzazione delle dotazioni territoriali.

     2. Il piano di assetto del territorio (PAT) stabilisce i criteri e le modalità per l’applicazione della perequazione urbanistica.

     3. Il piano degli interventi (PI), i piani urbanistici attuativi (PUA), i comparti urbanistici e gli atti di programmazione negoziata attuano la perequazione disciplinando gli interventi di trasformazione da realizzare unitariamente, assicurando un’equa ripartizione dei diritti edificatori e dei relativi oneri tra tutti i proprietari delle aree e degli edifici interessati dall’intervento, indipendentemente dalle specifiche destinazioni d'uso assegnate alle singole aree.

     4. Ai fini della realizzazione della volumetria complessiva derivante dall’indice di edificabilità attribuito, i piani urbanistici attuativi (PUA), i comparti urbanistici e gli atti di programmazione negoziata, individuano gli eventuali edifici esistenti, le aree ove è concentrata l’edificazione e le aree da cedersi gratuitamente al comune o da asservirsi per la realizzazione di servizi ed infrastrutture, nonché per le compensazioni urbanistiche ai sensi dell'articolo 37.

 

     Art. 36. Riqualificazione ambientale e credito edilizio.

     1. Il comune nell’ambito del piano di assetto del territorio (PAT) individua i criteri per identificare le opere incongrue, gli elementi di degrado, gli interventi di miglioramento della qualità urbana e di riordino della zona agricola, e definisce gli obiettivi di ripristino e di riqualificazione urbanistica, paesaggistica, architettonica, energetica, idraulica e ambientale del territorio che si intendono realizzare e gli indirizzi e le direttive relativi agli interventi da attuare [61].

     2. Il comune con il piano degli interventi (PI) disciplina gli interventi di trasformazione da realizzare per conseguire gli obiettivi di cui al comma 1 ed individua le eventuali opere incongrue, gli elementi di degrado, gli interventi di miglioramento della qualità urbana e di riordino della zona agricola [62].

     3. La demolizione delle opere incongrue, l’eliminazione degli elementi di degrado, o la realizzazione degli interventi di miglioramento della qualità urbana, paesaggistica, architettonica, energetica, idraulica e ambientale di cui al comma 1, e gli interventi di riordino delle zone agricole di cui al comma 5 bis, determinano un credito edilizio [63].

     4. Per credito edilizio si intende una capacità edificatoria riconosciuta a seguito della realizzazione degli interventi di cui al comma 3 ovvero a seguito delle compensazioni di cui all’articolo 37. I crediti edilizi sono annotati nel Registro Comunale Elettronico dei Crediti Edilizi (RECRED) di cui all’articolo 17, comma 5, lettera e), e sono liberamente commerciabili. Il PI individua e disciplina gli ambiti in cui è consentito l’utilizzo dei crediti edilizi, mediante l’attribuzione di indici di edificabilità differenziati, ovvero di previsioni edificatorie localizzate, in funzione degli obiettivi di cui al comma 1, ovvero delle compensazioni di cui all’articolo 37, nel rispetto dei parametri e dei limiti di cui all’articolo 13, comma 1, lettera k) [64].

     5. Salvi i casi in cui sia intervenuta la sanatoria secondo la normativa vigente, le opere, realizzate in violazione di norme di legge o di prescrizioni di strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica ovvero realizzate in assenza o in difformità dai titoli abilitativi, non possono dar luogo al riconoscimento del credito edilizio.

     5 bis. Gli interventi di riordino della zona agricola sono finalizzati alla riqualificazione dell’edificato inutilizzato o incongruo esistente, alla riduzione della dispersione insediativa e alla restituzione all’uso agricolo di suoli impermeabilizzati e di aree occupate da insediamenti dismessi. Il piano regolatore comunale individua, nel rispetto dei limiti definiti ai sensi dell’articolo 13, comma 1, lettera f), gli ambiti e le aree da destinare alla rilocalizzazione e alla ricomposizione insediativa di edifici demoliti per le finalità di cui al presente comma, preferibilmente all’interno delle aree di urbanizzazione consolidata di cui all’articolo 13, comma 1, lettera o), nonché le modalità di riconoscimento del credito edilizio. Sono in ogni caso tutelate e valorizzate le testimonianze del territorio agricolo ed incentivati la loro conservazione e il loro recupero ai fini della promozione del turismo rurale [65].

 

     Art. 37. Compensazione urbanistica.

     1. Con le procedure di cui agli articoli 7, 20 e 21 sono consentite compensazioni che permettano ai proprietari di aree ed edifici oggetto di vincolo preordinato all’esproprio di recuperare adeguata capacità edificatoria, anche nella forma del credito edilizio di cui all'articolo 36, su altre aree e/o edifici, anche di proprietà pubblica, previa cessione all’amministrazione dell’area oggetto di vincolo.

 

     Art. 38. Società di trasformazione urbana.

     1. I comuni, anche con la eventuale partecipazione delle province e della Regione, possono costituire società per azioni per progettare e realizzare interventi di trasformazione urbana, in attuazione degli strumenti urbanistici vigenti, secondo quanto previsto dall'articolo 120 del decreto legislativo n. 267 del 2000 e successive modificazioni.

 

     Art. 39. Cessione di aree per edilizia residenziale pubblica.

     1. Il piano degli interventi (PI) può prescrivere che, nelle aree residenziali soggette a piano urbanistico attuativo, vengano riservate delle quote di superficie o di volume per la realizzazione di edilizia residenziale pubblica anche mediante la perequazione di cui all’articolo 35.

     2. Le modalità di tale riserva o cessione, anche in rapporto alle aree per servizi, sono stabilite dal piano di assetto del territorio (PAT).

     3. Sono tenuti all'adempimento di cui al comma 1 i comuni superiori a 25.000 abitanti nonché quelli dichiarati a forte tensione abitativa con provvedimento della Giunta regionale.

     4. Per i comuni di cui al comma 3, la quantità di superficie o di volume da riservare per l'edilizia residenziale pubblica non può essere inferiore al 20%, né superiore al 40% di quella necessaria a soddisfare il fabbisogno complessivo di edilizia abitativa per la durata del PI; per gli altri comuni tale quantità non può comunque superare il 40% del totale dell'intervento.

     5. Per le finalità di cui al presente articolo la Giunta regionale può prevedere un apposito progetto strategico ai sensi dell'articolo 26.

 

     Art. 40. Centri storici e beni culturali.

     1. Si considerano centri storici gli agglomerati insediativi urbani che conservano nell’organizzazione territoriale, nell’impianto urbanistico o nelle strutture edilizie i segni di una formazione remota e di proprie originarie funzioni economiche, sociali, politiche o culturali.

     2. Costituiscono parte integrante di ciascun centro storico le aree in esso ricomprese o circostanti che, pur non avendo le caratteristiche di cui al comma 1, sono ad esse funzionalmente collegate in quanto interessate da analoghi modi d'uso.

     3. Il piano di assetto del territorio (PAT) determina:

     a) previa analisi dei manufatti e degli spazi liberi esistenti, le categorie in cui gli stessi devono essere raggruppati per le loro caratteristiche tipologiche, attribuendo valori di tutela in funzione degli specifici contesti da tutelare e salvaguardare;

     b) per ogni categoria di cui alla lettera a), gli interventi e le destinazioni d’uso ammissibili;

     c) i margini di flessibilità ammessi dal piano degli interventi (PI).

     4. Il PAT provvede alle determinazioni di cui al comma 3, anche relativamente alle ville individuate nella pubblicazione dell'Istituto regionale per le Ville venete "Ville Venete - Catalogo e Atlante del Veneto" nonché agli edifici ed ai complessi di valore monumentale e testimoniale individuando, altresì, le pertinenze scoperte da tutelare e il contesto figurativo.

     5. Il piano degli interventi (PI) attribuisce a ciascun manufatto la caratteristica tipologica di riferimento tra quelle determinate dal PAT, nonché la corrispondente categoria di intervento edilizio ai sensi del comma 3, lettere a) e b).

 

     Art. 40 bis. Disposizioni relative a immobili costitutivi della memoria e dell’identità storico-culturale del territorio. [66]

     1. Ferma restando la disciplina di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, i comuni individuano gli immobili, anche in stato di abbandono o collabenti, appartenenti a particolari episodi insediativi che si ritengono funzionali alla conservazione della memoria e dell’identità storico-culturale del territorio.

     2. Ai fini del comma 1, il comune, verificata e documentata l’importanza e il significato per la comunità locale degli immobili, predispone una scheda ove sono indicati condizioni e destinazione attuale dell’edificio, eventuale presenza delle opere di urbanizzazione, localizzazione dell’edificio su carta tecnica regionale nonché i limiti di intervento, e provvede, con la procedura di cui all’articolo 18, commi da 2 a 6, all’approvazione di una variante al PI.

     3. L’individuazione dei singoli immobili ai sensi dei commi 1 e 2 può essere effettuata anche su richiesta del proprietario o di altri soggetti interessati, quali università, enti di ricerca od associazioni preposte alla tutela ambientale o storica; in tal caso le spese sostenute per l’analisi sono a carico del soggetto richiedente.

     4. Fermo restando quanto previsto dalle normative regionali e statali in materia di commercio, per gli immobili individuati ai sensi del presente articolo, sono consentite solo le destinazioni d’uso compatibili con la struttura e l’originario aspetto degli immobili e con il contesto urbanistico-paesaggistico dell’area.

     5. Il cambio di destinazione d’uso di tali immobili non è soggetto al pagamento del contributo di costruzione, qualora sia riconosciuto da parte del comune un interesse pubblico, sussistano adeguate opere di urbanizzazione primaria e non vi sia un aumento dei carichi urbanistici.

 

     Art. 41. Zone di tutela e fasce di rispetto.

     1. Le zone di tutela che il piano di assetto del territorio (PAT) individua e disciplina sono:

     a) le aree soggette a dissesto idrogeologico, a pericolo di valanghe ed esondazioni o che presentano caratteristiche geologiche e geomorfologiche tali da non essere idonee a nuovi insediamenti;

     b) le golene, i corsi d'acqua, gli invasi dei bacini naturali e artificiali, nonché le aree a essi adiacenti per una profondità adeguata;

     c) gli arenili e le aree di vegetazione dei litorali marini;

     d) le aree umide, le lagune e relative valli;

     e) le aree di rispetto cimiteriale;

     f) le aree comprese fra gli argini maestri e il corso di acqua dei fiumi e nelle isole fluviali;

     g) una fascia di profondità di almeno:

     1) m. 30 dal ciglio dei fiumi, torrenti, canali, compresi nei territori classificati montani;

     2) m. 100 dall'unghia esterna dell'argine principale per i fiumi, torrenti e canali arginati e canali navigabili;

     3) m. 100 dal limite demaniale dei laghi naturali o artificiali e, nei restanti territori non montani, dalle zone umide e dal limite demaniale dei fiumi, delle loro golene, torrenti e canali;

     4) m. 300 dal piede esterno degli argini maestri, e m. 100 dal limite esterno della zona golenale del fiume Po;

     5) m. 200 dal limite demaniale della spiaggia per le coste marine;

     h) le aree boschive o destinate a rimboschimento nonché le aree già destinate a bosco interessate da incendi;

     i) le aree di interesse storico, ambientale e artistico;

     j) le aree per il rispetto dell'ambiente naturale, della flora e della fauna;

     k) le aree rappresentative dei paesaggi storici del Veneto;

     l) le aree relative ai contesti figurativi delle ville venete.

     2. Il piano degli interventi (PI) può stabilire, limitatamente alle aree urbanizzate e a quelle alle stesse contigue, distanze diverse da quelle previste dal comma 1, lettera g).

     3. Le fasce di rispetto sono finalizzate alla tutela dei beni, infrastrutture e servizi e sono definite e regolate dalle specifiche disposizioni vigenti in materia.

     4. In particolare nelle aree relative ai contesti figurativi delle ville venete, fermo restando quanto disposto dall’articolo 40, non è consentito collocare cartelli pubblicitari o altri mezzi di pubblicità.

     4 bis. Nelle aree di cui al comma 1, lettera e), oggetto di riduzione della zona di rispetto ai sensi dell’articolo 338, comma 5, del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 “Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie” e successive modificazioni, l’attuazione di opere pubbliche o di interventi urbanistici aventi rilevanza pubblica di cui al medesimo comma 5, è consentita dal consiglio comunale, acquisito il parere della competente azienda sanitaria locale, previa valutazione dell’interesse pubblico prevalente e della compatibilità degli interventi con le esigenze di tutela relative agli aspetti igienico-sanitari, ambientali, urbanistici e di tranquillità dei luoghi [67].

     4 ter. Per le costruzioni non oggetto di tutela da parte del PAT e del PI ubicate nelle fasce di rispetto delle strade, come definite sulla base delle vigenti disposizioni statali, sono consentiti gli interventi di cui alle lettere a), b) c) e d) del comma 1 dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 e successive modificazioni, con esclusione della demolizione con ricostruzione in loco. Sono inoltre consentiti gli interventi comportanti la demolizione e la ricostruzione in area agricola adiacente dei medesimi fabbricati purché il nuovo sedime sia posto al di fuori delle suddette fasce o aree di rispetto e a non più di 200 metri dal sedime originario. Il piano degli interventi può altresì consentire, attraverso specifiche schede di intervento, gli ampliamenti dei fabbricati residenziali esistenti nelle fasce di rispetto delle strade, in misura non superiore al 20 per cento del volume esistente, necessari per l’adeguamento alle norme igienico-sanitarie, alle norme di sicurezza e alle norme in materia di eliminazione delle barriere architettoniche, purché tali ampliamenti siano realizzati sul lato opposto a quello fronteggiante la strada e a condizione che non comportino, rispetto alla situazione preesistente, pregiudizi maggiori alle esigenze di tutela della sicurezza della circolazione. Il rilascio del titolo abilitativo all’ampliamento è subordinato all’acquisizione dell’autorizzazione dell’ente proprietario o gestore della strada, ai sensi dell’articolo 21 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 “Nuovo codice della strada” e successive modificazioni, nonché alla sottoscrizione di un atto d’obbligo contenente l’impegno dell’avente titolo a non richiedere maggiori somme a titolo di indennizzo in caso di eventuali lavori di adeguamento, modifica o ampliamento della sede viaria [68].

 

     Art. 42. Progetti di particolare rilievo.

     1. La Giunta regionale, in conformità ai parametri del provvedimento di cui all’articolo 46, comma 1, lettera e), riconosce ai piani ed ai progetti di particolare qualità e rilevanza, che siano rappresentativi della specifica cultura urbanistica e architettonica del Veneto, la possibilità di fregiarsi dello stemma e dello specifico logo della Regione.

 

     Art. 42 bis. Disciplina del mutamento della destinazione d’uso. [69]

1. Ai sensi dell’articolo 23-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, costituisce mutamento rilevante della destinazione d’uso ogni forma di utilizzo dell’immobile o della singola unità immobiliare diversa da quella originaria, ancorché non accompagnata dall’esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l’assegnazione dell’immobile o dell’unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra quelle sotto elencate:

a) residenziale;

b) turistico-ricettiva;

c) produttiva e direzionale;

d) commerciale;

e) rurale.

2. Ai sensi dell’articolo 23-ter, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, la destinazione d’uso dell’immobile o dell’unità immobiliare è quella stabilita dalla documentazione di cui all’articolo 9-bis, comma 1-bis, del medesimo decreto.

3. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 10, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, il mutamento di destinazione d’uso da una all’altra delle categorie di cui al comma 1, realizzato nel rispetto della disciplina dello strumento urbanistico:

a) se connesso ad opere edilizie, è soggetto al titolo edilizio richiesto per le opere;

b) se realizzato senza opere edilizie è soggetto a segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA) di cui all’articolo 22 del decreto del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001;

c) se realizzato senza opere edilizie, all’interno della stessa unità immobiliare e per una superficie lorda di pavimento fino a 250 mq, è soggetto a comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) ai sensi dell’articolo 6-bis, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001.

4. Il mutamento della destinazione d’uso è consentito:

a) previo versamento del contributo relativo al costo di costruzione e alla quota degli oneri di urbanizzazione eventualmente dovuti rispetto all’uso precedente;

b) a condizione che sia garantito il rispetto degli standard previsti dallo strumento urbanistico, salva la possibilità qualora non siano reperibili gli spazi per gli ulteriori eventuali standard necessari a seguito della diversa destinazione d’uso, e il comune lo consenta, di prevederne la monetizzazione. I relativi proventi sono vincolati alla realizzazione dei medesimi standard su aree idonee esistenti nelle adiacenze immediate o su aree agevolmente accessibili con appositi percorsi ciclo pedonali protetti e con il sistema di trasporto pubblico.

 

TITOLO V

Tutela ed edificabilità del territorio agricolo

 

     Art. 43. Tutela del territorio agricolo nel Piano Regolatore Comunale.

     1. Il piano di assetto del territorio (PAT) individua:

     a) gli edifici con valore storico-ambientale e le destinazioni d'uso compatibili;

     b) le tipologie e le caratteristiche costruttive per le nuove edificazioni, le modalità d'intervento per il recupero degli edifici esistenti con particolare attenzione a quelli di cui alla lettera a);

     c) i limiti fisici alla nuova edificazione con riferimento alle caratteristiche paesaggistico-ambientali, tecnico-agronomiche e di integrità fondiaria del territorio.

     2. Il piano degli interventi (PI) individua:

     a) gli ambiti delle aziende agricole esistenti;

     b) gli ambiti in cui non è consentita la nuova edificazione con riferimento ai limiti di cui al comma 1, lettera c);

     c) gli ambiti in cui eventualmente localizzare gli interventi edilizi nel caso in cui siano presenti congiuntamente una frammentazione fondiaria e attività colturali di tipo intensivo quali orti, vivai e serre;

     d) le destinazioni d'uso delle costruzioni esistenti non più funzionali alle esigenze dell'azienda agricola, fermo restando quanto previsto dal PAT per gli edifici con valore storico-ambientale di cui al comma 1, lettera a);

     e) le modalità costruttive per la realizzazione di serre fisse collegate alla produzione e al commercio di piante, ortaggi e di fiori coltivati in maniera intensiva, anche con riferimento alle altezze, ai materiali e alle opere necessarie alla regimazione e raccolta delle acque meteoriche e di quelle derivanti dall'esercizio dell'attività.

 

     Art. 44. Edificabilità.

     1. Nella zona agricola sono ammessi, in attuazione di quanto previsto dal PAT e dal PI, esclusivamente interventi edilizi in funzione dell'attività agricola, siano essi destinati alla residenza che a strutture agricolo-produttive così come definite con provvedimento della Giunta regionale ai sensi dell'articolo 50, comma 1, lettera d), n. 3.

     2. Gli interventi di cui al comma 1 sono consentiti, sulla base di un piano aziendale, esclusivamente all'imprenditore agricolo titolare di un'azienda agricola con i seguenti requisiti minimi:

     a) iscrizione all'anagrafe regionale nell'ambito del Sistema Informativo del Settore Primario (SISP) di cui all'articolo 11 della legge regionale 12 dicembre 2003, n. 40 "Nuove norme per gli interventi in agricoltura" e successive modificazioni;

     b) occupazione di almeno una unità lavorativa a tempo pieno regolarmente iscritta nei ruoli previdenziali agricoli presso l'INPS; tale requisito non è richiesto per le aziende agricole ubicate nelle zone montane di cui alla legge regionale 9 settembre 1999, n. 39 "Modifica della legge regionale 3 luglio 1992, n. 19 "Norme sull'istituzione e il funzionamento delle comunità montane"" e successive modificazioni;

     c) redditività minima definita sulla base dei parametri fissati dalla Giunta regionale ai sensi dell'articolo 50, comma 1, lettera d), n. 1.

     2 bis. Gli interventi di cui al comma 1 sono consentiti agli imprenditori agricoli, in deroga ai requisiti di cui al comma 2, qualora si rendano necessari per l’adeguamento ad obblighi derivanti da normative regionali, statali o comunitarie riguardanti la tutela dell’ambiente, il rispetto dei requisiti igienico-sanitari e l’assicurazione del benessere degli animali [70].

     2 ter. Al fine di garantire la tutela delle differenti realtà socio-economiche e agro-ambientali presenti nel territorio, in deroga ai requisiti di cui al comma 2, gli interventi edilizi destinati a strutture agricolo-produttive di cui al comma 1 sono consentiti, qualora siano realizzati dalle Regole di cui alla legge regionale 19 agosto 1996, n. 26 “Riordino delle Regole”, da fondazioni ed istituti nonché dagli enti pubblici territoriali e da società o enti dagli stessi costituiti o prevalentemente partecipati [71].

     3. Il piano aziendale di cui al comma 2, redatto da un tecnico abilitato del settore secondo i parametri indicati dal provvedimento di cui all'articolo 50, comma 1, lettera d), n. 2, è approvato dallo Sportello unico agricolo (SUA) dell’Agenzia veneta per i pagamenti in agricoltura (AVEPA) di cui alla legge regionale 9 novembre 2001, n. 31 “Istituzione dell’Agenzia veneta per i pagamenti in agricoltura” e contiene in particolare [72]:

     a) la certificazione dei requisiti di cui al comma 2;

     b) la descrizione analitica dei fattori costitutivi l'azienda agricola: numero di occupati, dettaglio delle superfici, delle coltivazioni, degli allevamenti, delle produzioni realizzate, delle attività connesse e dei fabbricati esistenti;

     c) la descrizione dettagliata degli interventi edilizi, residenziali o agricolo-produttivi che si ritengono necessari per l'azienda agricola, con l'indicazione dei tempi e delle fasi della loro realizzazione, nonché la dichiarazione che nell'azienda agricola non sussistono edifici recuperabili ai fini richiesti. Per gli interventi con finalità agricolo-produttive il piano deve dimostrare analiticamente la congruità del loro dimensionamento rispetto alle attività aziendali.

     3 bis. Al fine di garantire l’insediamento di giovani in agricoltura, la Giunta regionale, ai sensi dell’articolo 50, comma 1, lettera d), n. 1, stabilisce parametri agevolati per il calcolo della redditività minima di cui al comma 2, lettera c). Limitatamente alle iniziative finanziabili a valere sulle risorse del vigente Programma di sviluppo rurale riferite all’avviamento di imprese di giovani agricoltori, è consentita la realizzazione di strutture agricolo-produttive in deroga ai requisiti di cui ai commi 2 e 3; per tali interventi, l’approvazione del piano aziendale per lo sviluppo dell’impresa, ai fini della finanziabilità da parte del fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEARS), sostituisce l’approvazione del piano aziendale prevista dal comma 3. La deroga al comma 3 è, altresì, consentita per coloro che sono stati ammessi alle agevolazioni previste per i giovani in agricoltura gestite dall’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) nel caso in cui l’Agenzia veneta per i pagamenti in agricoltura (AVEPA) di cui alla legge regionale 9 novembre 2001, n. 31 “Istituzione dell’Agenzia veneta per i pagamenti in agricoltura” e successive modificazioni certifichi l’esistenza di un piano aziendale che soddisfi le caratteristiche previste al comma 3. La Giunta regionale invia annualmente alla competente commissione consiliare una relazione sul numero e le tipologie degli interventi finanziati ai sensi del presente comma [73].

     3 ter. In deroga al comma 3 è consentita l’installazione:

a) da parte di aziende zootecniche, di strutture di raccolta degli effluenti zootecnici, palabili e non palabili, di volumi tecnici e delle connesse attrezzature, o loro copertura, nonché di strutture di stoccaggio di insilati quali le “trincee silomais”, platee e relativi silos verticali, o loro copertura;

b) da parte delle aziende vitivinicole, di vasi vinari destinati alla produzione e conservazione del vino, previa presentazione di una relazione tecnica asseverata che dimostri la sussistenza del rapporto di connessione, come definito dall’articolo 2135 del codice civile, nonché dei requisiti di cui al comma 2 [74].

     3 quater. Una volta esaurita la finalità per la quale sono stati installati, le strutture e i vasi vinari di cui al comma 3 ter sono rimossi non essendo consentito un loro diverso utilizzo o cambio di destinazione d’uso [75].

     4. Gli interventi di cui al comma 1 sono consentiti:

     a) per l’ampliamento di case di abitazione esistenti, fatto salvo quanto previsto al comma 5, fino a 200 mc. per ogni familiare e/o addetto regolarmente occupato come unità lavoro, documentabile con l’iscrizione agli specifici ruoli previdenziali presso l’INPS, e comunque non oltre 1.200 mc. [76];

     a bis) per usi agrituristici, ai richiedenti aventi titolo ai sensi della normativa vigente, l’ampliamento delle case di abitazione fino a 1.200 mc., comprensivi dell’esistente, anche in aderenza alla parte rustica presente [77];

     b) per nuove case di abitazione, qualora non esistenti nell'azienda agricola, fino ad un limite di 600 mc. per ogni azienda agricola, ampliabili di 100 mc. per ogni familiare e/o addetto regolarmente occupato come unità lavoro, documentabile con l'iscrizione agli specifici ruoli previdenziali presso l'INPS, e comunque non oltre 1200 mc.;

     c) per le strutture agricolo-produttive con il limite della loro funzionalità e congruità rispetto alle attività aziendali, fatte salve eventuali scelte più restrittive del piano di assetto del territorio.

     5. Gli interventi di recupero dei fabbricati esistenti in zona agricola sono disciplinati dal PAT e dal PI ai sensi dell’articolo 43. Sono sempre consentiti, purché eseguiti nel rispetto integrale della tipologia originaria, gli interventi di cui alle lettere a), b), c) e d) dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 "Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia" e successive modificazioni, nonché l’ampliamento di edifici da destinarsi a case di abitazione, fino ad un limite massimo di 800 mc. comprensivi dell’esistente, purché la destinazione abitativa sia consentita dallo strumento urbanistico generale [78].

     5 bis. Al fine di garantire completezza all’offerta turistica nel territorio agricolo è sempre consentita la realizzazione di piscine da parte delle aziende agrituristiche in deroga ai requisiti di cui al comma 2 e, in deroga ai requisiti di cui ai commi 2 e 3, da parte delle attività ricettive a conduzione familiare - bed & breakfast, delle unità abitative ammobiliate ad uso turistico, nonché delle attività ricettive in residenze rurali, di cui rispettivamente alle lettere c), d) e f) del comma 1 dell’articolo 25 della legge regionale 4 novembre 2002, n. 33 “Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo” [79].

     5 ter. I comuni, in deroga a quanto stabilito ai commi 2 e 3, disciplinano nel PI la realizzazione di modesti manufatti realizzati in legno privi di qualsiasi fondazione stabile e pertanto di palese removibilità, necessari per il ricovero di piccoli animali, degli animali da bassa corte, da affezione o di utilizzo esclusivamente familiare, nonché per il ricovero delle attrezzature necessarie alla conduzione del fondo [80].

     5 quater. [In deroga a quanto stabilito dai commi 1, 2 e 3 è consentita la realizzazione degli appostamenti di caccia come disciplinati dalla legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50 “Norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio” e successive modificazioni, dalla legge regionale 24 settembre 2013, n. 23 “Rideterminazione del termine di validità del piano faunistico-venatorio regionale approvato con legge regionale 5 gennaio 2007, n. 1” e successive modificazioni, nonché dai relativi provvedimenti attuativi] [81].

     5 quinquies. È consentita, in deroga a quanto stabilito dai commi 2 e 3, la realizzazione di un massimo di otto box e di recinzioni per il ricovero di equidi non destinati alla produzione alimentare, a condizione che tali strutture non si configurino come allevamento e siano prive di qualsiasi fondazione stabile e pertanto di palese rimovibilità, secondo le caratteristiche tecnico-costruttive stabilite dalla Giunta regionale. Tali strutture devono essere realizzate nel rispetto della vigente normativa edilizia e paesaggistica e delle disposizioni sul benessere animale [82].

     5 sexies. I comuni disciplinano, in deroga a quanto stabilito dal comma 3 e in attuazione di quanto previsto dall’articolo 4 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228 “Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell’articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57”, l’installazione e la rimozione di strutture prefabbricate rimovibili, composte da materiale compatibile con l’ambiente, sino a mq. 20 di superficie coperta [83].

     6. La realizzazione di serre fisse è consentita all'imprenditore agricolo nei limiti di copertura del 50% del fondo di proprietà o disponibilità e nel rispetto delle modalità costruttive di cui all'articolo 43, comma 2, lettera e). Si intendono per serre fisse le strutture stabilmente infisse al suolo e destinate esclusivamente alla protezione e copertura delle colture; le serre fisse volte alla protezione o forzatura delle colture e le serre mobili possono essere installate senza i limiti stabiliti dal presente comma. Le serre mobili destinate ad uso temporaneo sono installate senza il permesso di costruire, sempre che siano realizzate senza opere murarie fuori terra. La Giunta regionale, avvalendosi di una apposita commissione di esperti, individua le caratteristiche tecnologiche che distinguono le diverse tipologie di serre, nonché gli elementi accessori al loro funzionamento; il PI nell’individuazione di cui all’articolo 43, comma 2, lettera e), si attiene alle indicazioni contenute nel provvedimento della Giunta regionale [84].

     6 bis. In attuazione di quanto previsto dall’articolo 6, comma 6, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, sono equiparate alle serre di cui al medesimo articolo 6, comma 1, lettera e), le serre tunnel a campata singola o multipla, sprovviste di opere in muratura, con struttura portante costituita da elementi modulari amovibili e coperture in film plastici rimosse stagionalmente. La Giunta regionale individua le caratteristiche costruttive e le condizioni da rispettare per l’installazione delle serre tunnel di cui al presente comma [85].

     7. I fabbricati per insediamenti di tipo agro-industriale non possono essere ubicati in zona agricola, dovendo il piano degli interventi (PI) individuare a tale scopo specifiche aree nelle zone industriali.

     7 bis. Le società e le cooperative agricole, di trasformazione e/o commercializzazione dei prodotti derivanti dalle aziende dei soci, possono realizzare in zona agricola, impianti per la produzione di energie da fonti rinnovabili e assimilate in deroga al comma 2 [86].

     7 ter. Gli immobili degli allevamenti zootecnici dismessi possono essere utilizzati dalle imprese che svolgono attività agromeccanica, di cui alla legge regionale 7 febbraio 2014, n. 6 “Disposizioni per la qualificazione delle imprese che svolgono attività agromeccanica”, per il ricovero e la manutenzione ordinaria dei propri mezzi per le lavorazioni agricole e per la manutenzione del verde; tale diverso utilizzo non comporta la modifica della destinazione d’uso rurale degli immobili medesimi [87].

     8. La realizzazione di strutture agricolo-produttive destinate ad allevamento, ferma restando la normativa vigente in materia igenico-sanitaria, è consentita previo rilascio di uno specifico parere da parte dell'unità locale socio-sanitaria competente per territorio che attesti la compatibilità ambientale e sanitaria dell'intervento con gli allevamenti esistenti, in conformità ai parametri individuati nel provvedimento della Giunta regionale di cui all'articolo 50, comma 1, lettera d), n. 4.

     9. La realizzazione di allevamenti zootecnico-intensivi è consentita, nel rispetto della disciplina dettata dal provvedimento di cui all'articolo 50, comma 1, lettera d), n. 5. Per allevamento zootecnico-intensivo si intende il complesso delle strutture edilizie e degli impianti a ciò destinati, organizzati anche in forma industriale, non collegati con nesso funzionale ad una azienda agricola.

     10. Non è consentita la nuova edificazione nelle aree boscate e al di sopra dei 1.600 metri., fatta salva per queste ultime aree la realizzazione di malghe, rifugi e bivacchi alpini. Nelle aree di montagna il limite dei 1.600 metri può essere derogato secondo le indicazioni contenute nel provvedimento di cui all'articolo 50, comma 1, lettera d), n. 6 [88].

 

     Art. 44 bis. Riutilizzo di strutture in zona agricola per finalità di locazione turistica o per finalità di classificazione come dipendenza di albergo diffuso. [89]

     1. In deroga all’articolo 44 e nell’osservanza delle disposizioni di seguito indicate, sono utilizzabili per finalità di locazione turistica di cui all’articolo 27 bis della legge regionale 14 giugno 2013, n. 11 “Sviluppo e sostenibilità del turismo veneto”, o per finalità di classificazione come dipendenza di albergo diffuso di cui all’articolo 25 della medesima legge regionale 14 giugno 2013, n. 11, le strutture agricolo-produttive non più utilizzate per esigenze dell’agricoltura e dell’allevamento che siano ubicate nel territorio dei comuni individuati con provvedimento della Giunta regionale nell’ambito dei sistemi turistici di cui all’articolo 11 della legge regionale 14 giugno 2013, n. 11.

     2. La Giunta regionale, con il provvedimento di cui al comma 1:

     a) detta i criteri e le modalità attuative da osservarsi per la realizzazione degli interventi di riqualificazione delle strutture di cui al presente articolo, anche in deroga alle prescrizioni degli strumenti urbanistici e territoriali e dei regolamenti edilizi, incentivando l’utilizzo di innovativi sistemi autonomi di raccolta e smaltimento dei reflui e di produzione di acqua sanitaria ed eventualmente anche di energia per l’utilizzo all’interno della singola struttura, nel rispetto della normativa vigente in materia di tutela della salute e dell’ambiente;

     b) individua i limiti dimensionali massimi di volume o superficie coperta utilizzabile delle strutture di cui al comma 1.

     3. In attuazione del provvedimento della Giunta regionale di cui ai commi 1 e 2, i comuni, su richiesta degli interessati, individuano le strutture di cui al presente articolo esistenti in zona agricola alla data di pubblicazione del medesimo provvedimento giuntale, per le quali sia documentato dagli aventi titolo il venir meno della funzionalità alle esigenze dell’azienda agricola eventualmente esistente e sia dichiarato l’interesse al loro uso per finalità di locazione turistica o per finalità di classificazione come dipendenza di albergo diffuso; entro il 31 gennaio di ogni anno i comuni approvano al riguardo apposita cartografia con relativa scheda tecnica contenente la descrizione dello stato di fatto, la presenza di eventuali opere di urbanizzazione, nonché, nel rispetto delle prescrizioni e dei criteri fissati dalla Giunta regionale, le condizioni e i limiti cui eventualmente subordinare gli interventi da realizzarsi sulle strutture per il loro utilizzo finalizzato alla locazione turistica o per finalità di classificazione come dipendenza di albergo diffuso.

     4. L’utilizzo ai fini di locazione turistica o per finalità di classificazione come dipendenza di albergo diffuso di cui al presente articolo non comporta cambio di destinazione d’uso dell’edificio e, in caso di cessazione dell’attività di locazione turistica o di dipendenza di albergo diffuso, resta ferma l’originaria destinazione della struttura.

     5. Gli interventi di cui al presente articolo non sono soggetti al pagamento del contributo di costruzione qualora sussistano adeguate opere di urbanizzazione primaria e non vi sia un aumento di carichi urbanistici. Tali interventi non sono subordinati all’esistenza delle opere di urbanizzazione infrastrutturale e di reti o al loro adeguamento ove le strutture vengano dotate di autonomi sistemi impiantistici di raccolta e smaltimento dei reflui e di produzione di acqua sanitaria e di energia elettrica, anche di tipo innovativo, nel rispetto comunque della disciplina statale e regionale in materia di prevenzione del rischio di inquinamento e fatti salvi i valori limite di emissione prescritti dalla normativa vigente.

     6. Le strutture di cui al comma 1, in deroga al provvedimento di Giunta regionale di cui all’articolo 4, comma 2, lettera a), della legge regionale 6 giugno 2017, n. 14 “Disposizioni per il contenimento del consumo di suolo e modifiche della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 “Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio””, possono essere ampliate sino ad un massimo di 120 mc, esclusivamente per comprovati motivi igienico-sanitari o nella misura in cui l’ampliamento sia necessario per la realizzazione dei sistemi impiantistici di cui al comma 5 ovvero per la rimozione di barriere architettoniche. Per tali strutture non trova applicazione la legge regionale 8 luglio 2009, n. 14 “Intervento regionale a sostegno del settore edilizio e per favorire l’utilizzo dell’edilizia sostenibile e modifiche della legge regionale 12 luglio 2007, n. 16 in materia di barriere architettoniche.

 

     Art. 45. Vincoli.

     1. All'atto del rilascio del permesso di costruire delle nuove edificazioni ad uso abitativo è istituito, a cura del richiedente, sul fondo di pertinenza un vincolo di non edificazione trascritto presso la conservatoria dei registri immobiliari.

     1 bis. La Giunta regionale, in attuazione all’accordo con il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (MiBACT) di cui agli articoli 135, comma 1 e 143, comma 2, del Codice, nelle more dell’approvazione del piano paesaggistico di cui al comma 1, procede alla ricognizione degli immobili e delle aree dichiarate di notevole interesse pubblico e delle aree tutelate per legge di cui, rispettivamente, agli articoli 136 e 142, comma 1, del Codice [90].

     1 ter. La ricognizione degli immobili e delle aree di cui al comma 1 bis è costituita dalla delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla loro identificazione e consiste nella trasposizione su carta tecnica regionale della perimetrazione degli stessi [91].

     1 quater. La Giunta regionale approva la ricognizione di cui ai commi 1 bis e 1 ter ed il relativo provvedimento è pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione del Veneto e nel sito istituzionale della Giunta regionale [92].

     2. Le abitazioni esistenti mantengono il vincolo di non edificazione sul fondo di pertinenza.

     3. L'ampiezza del fondo di pertinenza di cui al comma 1 è determinato sulla base del provvedimento di cui all'articolo 50, comma 1, lettera d), n. 7.

     4. Le abitazioni e gli edifici destinati a strutture agricolo-produttive determinano un vincolo di destinazione d'uso fino alla eventuale variazione del piano degli interventi (PI).

     5. La demolizione, parziale o totale, delle abitazioni o delle strutture agricolo-produttive, riduce o elimina il vincolo.

     6. Ogni comune si dota di un registro fondiario sul quale trascrivere i dati catastali degli immobili e dei fondi vincolati ai sensi dei commi 1, 2, 3 e 4 e di una planimetria su cui risultano individuate tali aree vincolate ad edifici costruiti nel proprio territorio o in quello dei comuni vicini, qualora il fondo interessato alla costruzione ricada in più di un comune.

 

TITOLO V bis [93]

Paesaggio

 

     Art. 45 bis. Contenuti e finalità [94]

     1. Nel rispetto dei principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione, la Regione, gli enti locali e le altre amministrazioni pubbliche, ciascuna nell'ambito della propria competenza, contribuiscono alla tutela, alla valorizzazione e alla gestione del paesaggio, in attuazione del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 “Codice dei beni culturali e del paesaggio ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137” e successive modificazioni, di seguito denominato “Codice”.

     2. Il presente titolo disciplina le competenze regionali in materia di paesaggio ed in particolare detta norme per la delega delle funzioni amministrative relative a:

a) il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, ai sensi dell'articolo 146 del Codice;

b) l'accertamento della compatibilità paesaggistica dei lavori eseguiti in assenza o in difformità dall'autorizzazione, ai sensi dell'articolo 167, commi 4 e 5, del Codice;

c) l'adozione dei provvedimenti cautelari e sanzionatori ai sensi degli articoli 167, commi 1, 2, 3 e 5, e 168 del Codice, in caso di interventi non sanabili eseguiti in assenza o in difformità dalla prescritta autorizzazione.

 

     Art. 45 ter. Competenze della Regione. [95]

     1. La Regione approva il piano paesaggistico, ovvero un piano urbanistico-territoriale con specifica considerazione dei valori paesaggistici, secondo le modalità e con i contenuti di cui agli articoli 135 e 143 del Codice. Il piano paesaggistico è adottato e approvato con le procedure di cui all'articolo 25 e può essere formato anche per singoli ambiti territoriali considerati prioritari per la pianificazione paesaggistica.

     1 bis. La Giunta regionale, in attuazione all’accordo con il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (MiBACT) di cui agli articoli 135, comma 1 e 143, comma 2, del Codice, nelle more dell’approvazione del piano paesaggistico di cui al comma 1, procede alla ricognizione degli immobili e delle aree dichiarate di notevole interesse pubblico e delle aree tutelate per legge di cui, rispettivamente, agli articoli 136 e 142, comma 1, del Codice [96].

     1 ter. La ricognizione degli immobili e delle aree di cui al comma 1 bis è costituita dalla delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla loro identificazione e consiste nella trasposizione su carta tecnica regionale della perimetrazione degli stessi [97].

     1 quater. La Giunta regionale approva la ricognizione di cui ai commi 1 bis e 1 ter ed il relativo provvedimento è pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione del Veneto e nel sito istituzionale della Giunta regionale [98].

     2. Sono di competenza della Giunta regionale le funzioni amministrative di cui all'articolo 45 bis, comma 2, in relazione alle seguenti opere o lavori:

a) di competenza dello Stato o della Regione;

b) di enti o aziende concessionari pubblici o dipendenti dallo Stato o dalla Regione;

c) in esecuzione di progetti soggetti a parere di un organo tecnico-consultivo regionale, anche decentrato;

d) di trasformazione urbanistico-edilizia di rilevante impatto paesaggistico, individuati sulla base di criteri contenuti in un apposito atto di indirizzo predisposto dalla Giunta regionale ai sensi del comma 6, lettera g).

     3. Per opere o lavori diversi da quelli di cui al comma 2, le funzioni di cui all'articolo 45 bis, comma 2, sono delegate a comuni, enti parco e province che, riconosciuti idonei ai sensi dell'articolo 146, comma 6, del Codice, sono inseriti in un apposito elenco istituito presso la Giunta regionale, di seguito denominato “Elenco degli enti idonei”.

     4. L'Elenco degli enti idonei è tenuto dal dirigente della struttura regionale competente in materia di paesaggio; l'Elenco ed ogni suo successivo aggiornamento sono pubblicati sul sito istituzionale della Regione del Veneto ed acquistano efficacia dalla data di pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione del Veneto. Gli enti di cui al comma 3 comunicano alla Giunta regionale ogni mutamento che incida sul possesso dei requisiti tecnico-scientifici ed organizzativi per l'esercizio delle funzioni delegate.

     5. La Giunta regionale esercita, ai sensi dell'articolo 155, comma 2, del Codice, la vigilanza nei confronti degli enti delegati all'esercizio delle funzioni di cui al presente titolo ed è competente all'esercizio delle funzioni di cui all'articolo 45 bis, comma 2, nel caso in cui l'ente parco o la provincia, che agisce in via sostitutiva, non siano inseriti nell'Elenco degli enti idonei.

     6. Sono altresì di competenza della Giunta regionale:

a) l'espressione del parere regionale sulla dichiarazione di notevole interesse pubblico di iniziativa ministeriale, ai sensi dell'articolo 138, comma 3, del Codice;

b) la dichiarazione di notevole interesse pubblico e le relative integrazioni, ai sensi degli articoli 140 e 141 bis del Codice;

c) l'individuazione dei beni ritenuti irrilevanti ai fini paesaggistici, secondo le modalità di cui all'articolo 142, comma 3, del Codice, previo parere della commissione consiliare competente;

d) la nomina di un commissario ad acta, ai sensi dell'articolo 146, comma 10, del Codice, nel caso in cui gli enti competenti al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica non vi provvedano entro i termini; le relative spese sono a carico dell'ente commissariato ai sensi dell'articolo 30;

e) la redazione di atti di indirizzo ai fini dell'accertamento della compatibilità paesaggistica e della applicazione delle sanzioni amministrative di cui all'articolo 167 del Codice;

f) la redazione di atti di indirizzo per l'istituzione e il funzionamento delle commissioni locali per il paesaggio di cui all'articolo 45 nonies;

g) la redazione degli atti di indirizzo finalizzati all'individuazione delle opere e lavori di trasformazione urbanistico-edilizia di rilevante impatto paesaggistico di cui al comma 2 lettera d), con riferimento alle caratteristiche dimensionali, tipologiche, localizzative e al contesto paesaggistico-ambientale degli interventi;

h) la promozione di iniziative per il recupero di aree interessate da degrado paesaggistico, ivi compresi gli interventi di rimozione dei manufatti che determinano una significativa compromissione dei valori paesaggistici tutelati, nonché le modalità di finanziamento delle stesse. A tal fine la Giunta regionale, su segnalazione degli enti territoriali competenti nonché dei soggetti portatori di interessi diffusi, sentita la competente commissione consiliare, adotta un programma biennale degli interventi di interesse regionale per il recupero e la valorizzazione del paesaggio veneto. Restano ferme le disposizioni di cui all'articolo 4, comma 1 bis, della legge regionale 5 novembre 2004, n. 21 “Disposizioni in materia di condono edilizio”;

i) la promozione di attività di formazione e aggiornamento in materia paesaggistica;

i bis) la promozione della formazione dei Parchi agro-paesaggistici-sovracomunali, per la tutela e valorizzazione del territorio rurale, del paesaggio e delle attività agricole, anche con la partecipazione dei produttori locali e degli abitanti delle aree interessate. I parchi hanno le seguenti finalità:

1) l’arresto della dispersione insediativa e il conseguente contenimento del consumo di suolo;

2) la formazione di una rete ecologica estesa a scala territoriale e la salvaguardia della biodiversità;

3) la progressiva riconversione dell’agricoltura verso la multiproduttività, favorendo la sicurezza alimentare, le filiere corte, l’agricoltura biologica e quella che recupera le tradizioni locali e che preserva la biodiversità;

4) il ritorno alla terra con il recupero dei terreni abbandonati o sottoutilizzati e la creazione di nuove economie connesse all’agricoltura;

5) la tutela dei beni storici e culturali presenti nel territorio rurale, lo sviluppo dei valori paesaggistici e della qualità dell’abitare, la diffusione dei principi della bioarchitettura, la creazione di itinerari culturali;

6) la bellezza e il decoro del paesaggio [99].

 

     Art. 45 quater. Competenze dei comuni. [100]

     1. Per opere o lavori non di competenza della Giunta regionale ai sensi dell'articolo 45 ter, comma 2, i comuni inseriti nell'Elenco degli enti idonei sono delegati ad esercitare le funzioni di cui all'articolo 45 bis, comma 2.

 

     Art. 45 quinquies. Competenze degli enti parco [101]

     1. Nelle aree ricadenti all'interno del perimetro dei parchi regionali e nei territori di protezione esterna dei parchi, con esclusione del Parco naturale regionale delle Dolomiti d'Ampezzo di cui alla legge regionale 22 marzo 1990, n. 21 “Norme per l'istituzione del Parco delle Dolomiti d'Ampezzo” e successive modificazioni, per opere o lavori non di competenza della Giunta regionale ai sensi dell'articolo 45 ter, comma 2, gli enti parco inseriti nell'Elenco degli enti idonei sono delegati ad esercitare le funzioni di cui all'articolo 45 bis, comma 2.

     2. Al Consiglio dell'ente Parco regionale dei Colli Euganei di cui all'articolo 18 della legge regionale 10 ottobre 1989, n. 38 “Norme per l'istituzione del Parco regionale dei Colli Euganei” e successive modificazioni è delegato il rilascio del parere di cui all'articolo 3, comma 3, della legge 29 novembre 1971, n. 1097 “Norme per la tutela delle bellezze naturali ed ambientali e per le attività estrattive nel territorio dei Colli Euganei”.

     3. Nelle aree ricadenti all'interno del perimetro dei parchi nazionali e nelle aree di protezione esterna agli stessi, le funzioni di cui all'articolo 45 bis, comma 2, anche per le opere o lavori realizzati direttamente o indirettamente dagli enti parco nazionali, sono delegate ai predetti enti, successivamente alla stipula di una convenzione o di un accordo interistituzionale con la Regione e lo Stato che ne determini le modalità d'esercizio.

 

     Art. 45 sexies. Competenze delle province. [102]

     1. Le province inserite nell'Elenco degli enti idonei sono delegate all'esercizio delle funzioni di cui all'articolo 45 bis, comma 2:

a) nei casi di cui all'articolo 31 della legge regionale 13 settembre 2001, n. 27 “Disposizioni di riordino e semplificazione normativa - Collegato alla legge finanziaria 2001” e successive modificazioni e di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d bis), della legge regionale 21 novembre 2008, n. 21 “Disciplina degli impianti a fune adibiti a servizio pubblico di trasporto, delle piste e dei sistemi di innevamento programmato e della sicurezza nella pratica degli sport sulla neve” e successive modificazioni, nonché in ogni altro caso previsto da specifiche disposizioni di legge;

b) in sostituzione dei comuni non inseriti nell'Elenco degli enti idonei.

 

     Art. 45 septies. Osservatorio regionale per il paesaggio. [103]

     1. Ai sensi dell'articolo 133 del Codice è istituito, presso la competente struttura della Giunta regionale, l'Osservatorio regionale per il paesaggio.

     2. L'Osservatorio regionale per il paesaggio predispone studi, raccoglie dati e formula proposte per la determinazione degli obiettivi di qualità del paesaggio.

     2 bis. L’Osservatorio regionale per il paesaggio coordina la Rete regionale degli Osservatori locali di cui al comma 2 ter che si riconoscono nei principi in materia di paesaggio stabiliti dalla Convenzione europea del paesaggio e dal Codice. Le modalità di adesione degli Osservatori locali per il paesaggio alla Rete regionale sono disciplinate dalla Giunta regionale [104].

     2 ter. Gli Osservatori locali per il paesaggio sono forme organizzative costituite da soggetti pubblici e privati, finalizzate a rilevare e monitorare lo stato delle pressioni sul territorio nonché a favorire la partecipazione delle popolazioni alle politiche e alle azioni di tutela e valorizzazione del paesaggio. Gli Osservatori locali concorrono altresì a dare concreta applicazione ai principi enunciati nella Convenzione europea del paesaggio [105].

     2 quater. L’Osservatorio regionale, in collaborazione con gli Osservatori locali valuta i caratteri del paesaggio locale, le dinamiche e le pressioni che li modificano, accerta i degradi in atto, con lo scopo di aumentare e diffondere la conoscenza dei paesaggi del Veneto [106].

     2 quinquies. Gli Osservatori locali, per il perseguimento degli obiettivi di tutela e valorizzazione del paesaggio veneto, al fine di poter acquisire contributi e servizi da parte di soggetti pubblici e privati, possono costituirsi in forma associativa [107].

     3. L'Osservatorio regionale per il paesaggio collabora con l'Osservatorio nazionale per la qualità del paesaggio con i comuni, le comunità montane, gli enti parco, le province e con il Ministero per i beni e le attività culturali ai fini della conservazione e valorizzazione del paesaggio.

 

     Art. 45 octies. Commissione regionale per il paesaggio. [108]

     1. In attuazione dell'articolo 137 del Codice è istituita, presso la Giunta regionale, la Commissione regionale per il paesaggio.

     2. La Commissione regionale per il paesaggio è composta da:

a) il dirigente della struttura della Giunta regionale competente in materia di paesaggio, con funzione di presidente, o un suo delegato;

b) un funzionario della struttura della Giunta regionale competente in materia di paesaggio;

c) il direttore regionale del ministero per i beni e le attività culturali;

d) il soprintendente per i beni architettonici e per il paesaggio competente per territorio;

e) il soprintendente per i beni archeologici competente per territorio;

f) due esperti in materia di paesaggio designati dalla Giunta regionale tra soggetti di qualificata, pluriennale e documentata professionalità ed esperienza nella materia della tutela del paesaggio, di norma scelti nell'ambito delle terne proposte dalle università aventi sede in regione, dalle fondazioni aventi per statuto finalità di promozione e tutela del patrimonio culturale e dalle associazioni portatrici di interessi diffusi individuate ai sensi delle vigenti disposizioni di legge in materia di ambiente e danno ambientale;

g) un rappresentante del competente comando regionale del Corpo forestale dello Stato, nei casi in cui la proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico riguardi boschi, foreste, filari, alberate o alberi monumentali.

     3. La Commissione regionale per il paesaggio è nominata dal Presidente della Giunta regionale, sulla base delle designazioni pervenute, dura in carica per l'intera legislatura e scade il centoventesimo giorno successivo all'insediamento della Giunta regionale.

     4. La Commissione regionale per il paesaggio, ai sensi dell'articolo 138, del Codice:

a) propone la dichiarazione di notevole interesse pubblico paesaggistico, di cui all'articolo 140 del Codice, specificando le prescrizioni, le misure e i criteri di gestione degli ambiti individuati e i relativi interventi di valorizzazione;

b) propone l'integrazione delle dichiarazioni di notevole interesse pubblico di cui all'articolo 141 bis del Codice, di competenza regionale;

c) comunica alla Giunta regionale, entro quindici giorni dalla richiesta, la propria valutazione ai fini dell'espressione del parere di cui all'articolo 138, comma 3, del Codice.

 

     Art. 45 nonies. Commissioni locali per il paesaggio. [109]

     1. I comuni, gli enti parco regionali e le province possono istituire, preferibilmente in forma associata, la Commissione locale per il paesaggio, di cui all'articolo 148 del Codice, con il compito di esprimere pareri nell'ambito dei procedimenti autorizzatori, ai sensi all'articolo 146, commi 6 e 7, del Codice. Per i comuni con popolazione inferiore a cinquemila abitanti la Commissione può essere istituita esclusivamente in forma associata.

     2. Ogni Commissione locale per il paesaggio è composta da un minimo di tre ad un massimo di cinque membri in possesso di qualificata, pluriennale e documentata professionalità ed esperienza nella materia della tutela del paesaggio.

     3. Gli enti di cui al comma 1, stabiliscono composizione, modalità di funzionamento e durata della Commissione locale per il paesaggio, nel rispetto degli indirizzi forniti dalla Giunta regionale ai sensi dell'articolo 45 ter, comma 6, lettera f).

 

     Art. 45 decies. Disposizioni in materia di zone territoriali omogenee escluse dalla tutela paesaggistica. [110]

     1. Nei comuni dotati, alla data del 6 settembre 1985, di strumenti urbanistici generali contenenti denominazioni di zone territoriali omogenee non coincidenti con quelle indicate dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, sono assimilate alle aree escluse dalla tutela ai sensi dell'articolo 142, comma 2, quelle aree che, alla suddetta data del 6 settembre 1985, risultino:

a) comprese in zone urbanizzate con le caratteristiche insediative e funzionali delle zone A e B, previa verifica della loro corrispondenza ai parametri quantitativi di cui all'articolo 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444;

b) a destinazione pubblica, quali strade, piazze ed aree a verde, purché incluse nel territorio urbanizzato individuato ai sensi dell'articolo 142, comma 2, del Codice e ai sensi della lettera a).

     2. In sede di formazione o di aggiornamento del quadro conoscitivo di cui all'articolo 10, i comuni verificano ed eventualmente aggiornano i dati relativi ai vincoli con i contenuti di cui al comma 1.

     3. La Giunta regionale disciplina, sentita la competente commissione consiliare, il procedimento e le modalità di elaborazione dei dati di cui al comma 2, nonché la loro acquisizione da parte dell'Osservatorio regionale per il paesaggio di cui all'articolo 48 septies.

 

TITOLO VI

Norme finali

 

     Art. 46. Attività di indirizzo.

     1. La Giunta regionale entro un anno dall'applicazione degli articoli da 1 a 49, ai sensi dell'articolo 50, comma 1, sentita la conferenza Regione-Autonomie locali di cui alla legge regionale 3 giugno 1997, n. 20 "Riordino delle funzioni amministrative e principi in materia di attribuzione e di delega agli enti locali" e successive modificazioni e la competente commissione consiliare, con appositi provvedimenti disciplina:

     a) le verifiche di sostenibilità e di compatibilità necessarie per la redazione degli strumenti territoriali ed urbanistici con particolare riferimento alla direttiva comunitaria n. 2001/42/CE in materia di valutazione ambientale strategica (VAS), nonché le specifiche tecniche per la definizione dell’indice di riequilibrio ecologico;

     b) il dimensionamento dei piani e degli standard di aree per servizi;

     c) i criteri per l'omogenea applicazione della perequazione, dei crediti edilizi e della compensazione di cui agli articoli 35, 36 e 37;

     d) i criteri per la predisposizione dei programmi integrati di riqualificazione urbanistica edilizia ed ambientale con particolare riferimento alle modalità di valutazione economica di cui all'articolo 19, comma 1, lettera f);

     e) le modalità di attribuzione dello stemma e dello specifico logo della Regione ai progetti di particolare rilievo di cui all'articolo 42;

     f) i criteri per la operatività delle società di trasformazione urbana di cui all'articolo 38.

     2. La Giunta regionale entro centottanta giorni dall'applicazione degli articoli da 1 a 49, ai sensi dell'articolo 50, comma 1, adotta appositi atti di indirizzo e coordinamento che riguardano:

     a) le modalità di adeguamento dei piani urbanistici comunali alle previsioni degli strumenti di livello superiore;

     b) i sussidi operativi per l’edificabilità nei centri storici e nelle zone sottoposte a vincolo paesaggistico;

     c) l'elaborazione da parte dei comuni dei criteri per l'applicazione della procedura dello sportello unico di cui all'articolo 13, comma 1, lettera n);

     d) i prontuari del verde per il corretto inserimento ed impiego della vegetazione nelle opere di arredo urbano e di mitigazione ambientale;

     e) le specifiche tecniche per la predisposizione della mappa dei rischi;

     f) il prontuario delle distanze di rispetto;

     g) i criteri per la redazione del piano di assetto del territorio (PAT) in forma semplificata, relativamente ai comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, così come individuati dal piano territoriale di coordinamento provinciale ai sensi dell'articolo 22, comma 1, lettera o);

     g bis) la metodologia per la definizione dei bilanci energetici in ambito comunale ed intercomunale e i sussidi operativi per la messa a punto delle misure e delle azioni di governo del territorio finalizzate al contenimento dei consumi energetici degli insediamenti, al miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici e delle strutture pubbliche e private, alla razionalizzazione delle reti di produzione e distribuzione di energia in ambito urbano, in accordo con il piano energetico regionale e con le disposizioni statali e regionali in materia [111].

 

     Art. 47. Contributi.

     1. Al fine di assicurare l’adeguamento degli strumenti urbanistici generali comunali alla nuova disciplina introdotta dalla presente legge, in particolare per la formazione del quadro conoscitivo, per la pianificazione concertata, per la formazione di piani di assetto del territorio intercomunali (PATI), per la costituzione di uffici per la gestione in forma associata dei piani, per incentivare l’istituto del credito edilizio e del restauro ambientale di cui all’articolo 36, nonché per lo svolgimento di ogni altro adempimento previsto dalla presente legge, la Giunta regionale può erogare appositi contributi.

     2. I contributi sono erogati con le modalità e i criteri stabiliti dalla Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, e sono assegnati prioritariamente ai comuni con minore dimensione demografica e a quelli che partecipano alla redazione dei PATI.

     3. Agli oneri derivanti dall’applicazione del presente articolo, quantificati in euro 500.000,00 per ciascuno degli esercizi 2004, 2005 e 2006, si fa fronte mediante apposito accantonamento previsto sull’u.p.b. U0185 “Fondo speciale per le spese correnti”, partita n. 5 "Interventi in materia di urbanistica" da allocarsi sull’u.p.b. U0085 “Studi, ricerche ed indagini al servizio del territorio” del bilancio di previsione 2004 e del bilancio pluriennale per il triennio 2004 - 2006.

 

     Art. 48. Disposizioni transitorie.

     1. Gli strumenti urbanistici e loro varianti adottati prima che siano applicabili gli articoli da 1 a 49, ai sensi dell'articolo 50, comma 1, sono approvati ai sensi della legge regionale 27 giugno 1985, n. 61 "Norme per l'assetto e l'uso del territorio" e successive modificazioni e della legge regionale 1 giugno 1999, n. 23 "Programmi integrati di riqualificazione urbanistica, edilizia ed ambientale in attuazione dell'articolo 16 della legge 17 febbraio 1992, n. 179" e successive modificazioni, fermo restando quanto previsto dall'articolo 50, comma 3. Fino all'approvazione del primo piano di assetto del territorio (PAT), il comune non può adottare varianti allo strumento urbanistico generale vigente salvo quelle finalizzate, o comunque strettamente funzionali, alla realizzazione di opere pubbliche e di impianti di interesse pubblico, al recupero funzionale dei complessi immobiliari dismessi dal Ministero della difesa di cui all’articolo 1, comma 259, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)”, all’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici pubblici e privati, con le procedure di cui all’articolo 50, comma 3, della legge regionale 27 giugno 1985, n. 61 e successive modificazioni nonché quelle disciplinate dall’articolo 50, commi da 4 a 8 e 16, della legge regionale 27 giugno 1985, n. 61 e successive modificazioni; con le medesime procedure possono essere altresì adottate le varianti allo strumento urbanistico generale vigente finalizzate a dare attuazione all’articolo 5 della legge regionale 9 marzo 2007, n. 4 “Iniziative ed interventi regionali a favore dell’edilizia sostenibile” nonché quelle necessarie per l’installazione di pannelli solari e fotovoltaici. Con le procedure dei commi da 5 a 8 e 16 del predetto articolo 50, possono essere adottate le varianti allo strumento urbanistico generale finalizzate a dotare di infrastrutture di trasporto, che non determinino volumetria, aree contigue ad altre già destinate dalla pianificazione urbanistica e territoriale, vigente al 30 ottobre 2005, ad attività produttive nel settore della logistica [112].

     1 bis. In deroga al divieto previsto dal comma 1, e comunque fino all’approvazione del primo PAT, possono essere adottate e approvate, ai sensi della normativa di cui al comma 1, le varianti allo strumento urbanistico generale di cui all’articolo 50, commi 3, 4 e 9, della legge regionale 27 giugno 1985, n. 61 e successive modificazioni, le varianti conseguenti all’approvazione di programmi integrati ai sensi della legge 1° giugno 1999, n. 23 e successive modificazioni, nonché quelle conseguenti all'approvazione di accordi di programma ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 "Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali" e successive modificazioni, qualora adottate entro il 28 febbraio 2005; entro la medesima data continua ad applicarsi l’articolo 1, commi da 2 a 6, della legge regionale 27 dicembre 2002, n. 35 e successive modificazioni [113].

     1 ter. In deroga al divieto previsto dal comma 1, fino all’approvazione del primo PAT, sono consentite,anche in assenza dei requisiti di cui al comma 9 dell’articolo 50 della legge regionale 27 giugno 1985, n. 61 e successive modificazioni e con le procedure dei commi 10, 11, 12, 13 e 14 del medesimo articolo 50, le varianti allo strumento urbanistico generale finalizzate all’adeguamento al piano territoriale regionale di coordinamento (PTRC), ai piani territoriali di coordinamento provinciale (PTCP), ai piani di assetto del territorio intercomunale (PATI) aventi ad oggetto i singoli tematismi di cui al comma 1, dell’articolo 16, riferiti agli ambiti e previsioni di cui al comma 2, lettere a) e b) del medesimo articolo 16 limitatamente a temi di interesse pubblico o di pubblica utilità, ai piani di area ed ai piani ambientali di cui all’articolo 9 della legge regionale 16 agosto 1984, n. 40 [114].

     1 quater. Fino all’approvazione del primo PAT continua ad applicarsi l’articolo 11 e terzultimo comma dell’articolo 27 della legge regionale 27 giugno 1985, n. 61 e successive modificazioni [115].

     2. I piani di area vigenti sono parte integrante del piano territoriale regionale di coordinamento (PTRC) e possono essere modificati con le procedure di cui all’articolo 25. Con le medesime procedure sono approvati i piani di area adottati prima dell'entrata in vigore della legge regionale 27 dicembre 2002, n. 35 "Modifica della legge regionale 9 maggio 2002, n. 10 “Rideterminazione del termine previsto dell'articolo 58, comma 2, della legge regionale 13 aprile 2001, n. 11 "Conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle autonomie locali in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112"” e disposizioni transitorie in materia urbanistica" e successive modificazioni, e possono essere adottati e approvati solo i seguenti piani di area:

     a) Garda-Baldo;

     b) Corridoio metropolitano Padova-Venezia;

     c) Grandi Valli Veronesi;

     d) Medio Corso del Piave;

     e) Valle del Biois e di Gares;

     f) Prealpi Vittoriesi e Alta Marca.

     3. L'edificazione in zona agricola continua ad essere disciplinata dalla legge regionale 5 marzo 1985, n. 24 "Tutela ed edificabilità delle zone agricole" e successive modificazioni ivi comprese le modifiche contenute nell'articolo 1, comma 8, lettere a) e b) della legge regionale 27 dicembre 2002, n. 35, e successive modificazioni, fino all'approvazione del primo PAT e del primo PI e, comunque, per non più di un anno decorrente dall'applicazione degli articoli da 1 a 49. Decorso tale termine, fatti salvi i procedimenti autorizzatori in corso per i quali continua ad applicarsi la legge regionale 5 marzo 1985, n. 24, si applica la normativa di cui agli articoli 43, 44 e 45 [116].

     4. Fino all’approvazione dei piani territoriali di coordinamento provinciali (PTCP) e, comunque, non oltre centottanta giorni dalla loro trasmissione in Regione per l’approvazione nonché ulteriori novanta giorni per organizzare il passaggio delle competenze alle province, i piani di assetto del territorio (PAT) sono approvati dalla Giunta regionale sentita la provincia. In sede di prima applicazione, per l’acquisizione del parere della competente commissione consiliare, il suddetto termine di centottanta giorni è sospeso, con decorrenza dalla trasmissione in Consiglio regionale del piano territoriale di coordinamento provinciale (PTCP), per una sola volta e per non più di centoventi giorni, trascorsi i quali si prescinde dal parere della commissione consiliare [117].

     4 bis. Scaduti i termini di cui al comma 4, la provincia può concordare con la Regione un ulteriore periodo di tempo durante il quale la Giunta regionale continua ad approvare i PAT, in particolare con riferimento ai procedimenti in corso [118].

     5. I piani regolatori generali vigenti mantengono efficacia fino all'approvazione del primo PAT [119].

     5 bis. A seguito dell'approvazione del primo piano di assetto del territorio (PAT), il piano regolatore generale vigente, per le parti compatibili con il PAT, diventa il piano degli interventi [120].

     5 ter. Le disposizioni di cui al comma 5 bis non trovano applicazione nel caso di approvazione di PATI che disciplinano solo in parte il territorio dei comuni interessati o affrontano singoli tematismi ai sensi dell'articolo 16, comma 1 [121].

     5 quater. Dall'approvazione del primo PAT decorre, per il piano degli interventi di cui al comma 5 bis, il termine di decadenza di cui all'articolo 18, comma 7, ferma restando la specifica disciplina per i vincoli preordinati all'esproprio prevista dalla normativa vigente [122].

     6. Successivamente all'applicazione degli articoli da 1 a 49, viene meno l’obbligo di redigere il piano pluriennale di attuazione di cui all’articolo 13 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 "Norme per la edificabilità dei suoli".

     7. Fino all'approvazione dei PTCP i comuni di cui all'articolo 13, comma 4, sono individuati con provvedimento del consiglio provinciale entro centottanta giorni dall'applicazione degli articoli da 1 a 49.

     7 bis. L’articolo 27 si applica a decorrere dal 28 febbraio 2005. Fino a tale data la Commissione tecnica regionale, sezione urbanistica, e il comitato tecnico regionale continuano ad esercitare le rispettive funzioni consultive loro attribuite dalla vigente legislazione regionale ai sensi delle leggi regionali 16 agosto 1984, n. 42 e successive modificazioni e 1° settembre 1993, n. 47 e successive modificazioni [123].

     7 bis 1. In deroga al divieto previsto dal comma 1, fino all’approvazione del primo PAT, e comunque non oltre il 30 giugno 2006, possono essere adottate le varianti allo strumento urbanistico generale disciplinate dall’articolo 50, commi da 9 a 16 della legge regionale 27 giugno 1985, n. 61 e successive modificazioni ed è necessario il parere favorevole della provincia da rendersi entro sessanta giorni dalla richiesta, trascorsi i quali, se ne prescinde [124].

     7 bis 2. [In deroga al divieto previsto dal comma 1, fino all’approvazione del primo PAT, sono consentite varianti allo strumento urbanistico generale conseguenti alla procedura dello sportello unico per le attività produttive di cui all’articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 1998, n. 447 e successive modificazioni, finalizzate alla ristrutturazione, riconversione, cessazione, riattivazione, ampliamento e trasferimento di attività produttive esistenti, ivi comprese le attività commerciali ed artigiane, le attività turistiche ed alberghiere e i servizi resi dalle banche, considerate non più compatibili con il contesto insediativo in cui ricadono, previo parere della provincia da rendersi entro sessanta giorni dalla richiesta, trascorsi i quali se ne prescinde. La partecipazione regionale alla conferenza di servizi è preceduta dalla valutazione tecnica regionale di cui all’articolo 27. Nel caso di trasferimento di attività, con le medesime modalità e procedure può essere riclassificata l’area su cui insiste l’attività da trasferire ed essere previsto l’utilizzo dei crediti edilizi di cui al comma 4 dell’articolo 36 in aree appositamente identificate. Qualora l’attività produttiva esistente sia ubicata in zona impropria, l’ampliamento è consentito fino ad un massimo di 1.500 mq. e comunque nel limite dell’80 per cento della superficie coperta esistente. Sono di competenza esclusivamente comunale e non necessitano del parere regionale in sede di conferenza di servizi, le varianti al piano regolatore generale di cui all’articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 447 del 1998 e successive modificazioni che interessano:

a) ampliamenti delle attività realizzati mediante mutamento di destinazione d’uso di manufatti esistenti, purché non comportino modifiche della sagoma e/o del volume;

b) ampliamenti che si rendano indispensabili per adeguare le attività ad obblighi derivanti da normative regionali, statali o comunitarie, fino ad un massimo del 50 per cento e comunque non oltre i 100 mq. di superficie coperta;

c) modifiche ai dati stereometrici di progetti già approvati ai sensi dell’articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 447 del 1998 e successive modificazioni, ferme restando le quantità volumetriche e/o di superficie coperta approvate;

d) esecuzione di strutture di servizi e/o impianti tecnologici e/o opere non quantificabili in termini di volume e superficie] [125].

     7 bis 3. In deroga al comma 3, fino all’approvazione del primo PAT e del primo PI e, comunque non oltre il 30 giugno 2006, nelle zone agricole sono consentiti esclusivamente gli interventi di ampliamento ai sensi dell’articolo 4 della legge regionale 5 marzo 1985, n. 24 e successive modificazioni ad eccezione delle zone agricole dei territori classificati montani, ai sensi dell’articolo 1 della legge regionale 18 gennaio 1994, n. 2 “Provvedimenti per il consolidamento e lo sviluppo dell’agricoltura di montagna e per la tutela e la valorizzazione dei territori montani.”, dove sono consentiti tutti gli interventi di edificazione previsti dalla legge regionale 5 marzo 1985, n. 24 e successive modificazioni, ivi comprese le modifiche contenute nell’articolo 1, comma 8, lettere a) e b) della legge regionale 27 dicembre 2002, n. 35, e successive modificazioni. Decorso il termine suindicato si applica la normativa di cui agli articoli 43, 44 e 45, fatti salvi i procedimenti autorizzatori in corso per i quali continua ad applicarsi la legge regionale 5 marzo 1985, n. 24 e successive modificazioni [126].

     7 bis 4. Le varianti allo strumento urbanistico generale, adottate entro il 28 febbraio 2005 ai sensi del comma 1 bis, da trasmettersi in Regione ai fini della loro approvazione, devono essere inviate, a pena di decadenza, entro il 30 giugno 2006; successivamente a tale data le varianti pervenute sono restituite al comune [127].

     7 ter. Decorso il termine di cui al comma 7 bis 3, fermi restando gli interventi consentiti ai sensi del comma 5 dell’articolo 44, nelle more dell’approvazione del primo PAT e PI:

a) nelle sottozone classificate E1, E2, E3 dal vigente piano regolatore generale comunale sono consentiti, nel rispetto delle previsioni e prescrizioni dello stesso:

1) gli interventi previsti dal vigente strumento urbanistico comunale finalizzati alla tutela del patrimonio storico, ambientale e rurale ai sensi degli articoli 10 e 12 della legge regionale 5 marzo 1985, n. 24;

2) per le costruzioni esistenti non più funzionali alle esigenze del fondo individuate e disciplinate dallo strumento urbanistico vigente, gli interventi in esso previsti;

3) gli interventi edilizi, compresa la nuova edificazione, in funzione dell'attività agricola destinati a strutture agricolo-produttive con le modalità di cui agli articoli 44 e 45;

b) nelle sottozone classificate E2 e E3 dal vigente piano regolatore generale comunale è, altresì, consentita la realizzazione di nuovi edifici residenziali da destinare ad abitazione principale nel limite di 600 mc., fermo restando quanto previsto ai commi 2 e 3 dell'articolo 44 [128];

c) nelle sottozone classificate E4 - centri rurali - dal vigente piano regolatore generale comunale sono consentiti tutti gli interventi previsti dallo strumento urbanistico generale vigente;

d) oltre agli interventi ammessi per ciascuna tipologia di sottozona ai sensi delle lettere a), b) e c), nelle zone agricole dei territori montani di cui all'articolo 1 della legge regionale 18 gennaio 1994, n. 2 “Provvedimenti per il consolidamento e lo sviluppo dell'agricoltura di montagna e per la tutela e la valorizzazione dei territori montani” sono consentiti, altresì, gli interventi finalizzati al mutamento di destinazione d'uso residenziale nei limiti di 300 mc., a condizione che l'edificio sia dichiarato non più funzionale alle esigenze del fondo, sulla base di un'analisi agronomica redatta da un tecnico abilitato e certificata dall'ispettorato regionale dell'agricoltura, e che le eventuali opere necessarie per l'allacciamento alle reti tecnologiche e per l'accessibilità viaria siano a carico del richiedente [129];

e) per le costruzioni non oggetto di tutela da parte del vigente piano regolatore generale ubicate nelle zone di protezione delle strade di cui al DM 1° aprile 1968, n. 1404 e in quelle di rispetto al nastro stradale e alle zone umide vincolate come inedificabili dagli strumenti urbanistici generali, sono consentiti gli interventi di cui alla lettera d) del comma 1 dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica  n. 380 del 2001, compresa la demolizione e la ricostruzione in loco oppure in area agricola adiacente, sempre che non comportino l’avanzamento dell’edificio esistente sul fronte stradale o sul bene da tutelare. [130]

     7 quater. Per i programmi integrati di riqualificazione urbanistica, edilizia ed ambientale trasmessi entro il 30 giugno 2006, il termine di cui all'articolo 5, comma 2, della legge regionale 1° giugno 1999, n. 23 è prorogato di ulteriori centoventi giorni. [131]

     7 quinquies. In deroga al divieto di cui al comma 1 e fino all’approvazione del primo PAT e del primo PI, i comuni possono adottare varianti allo strumento urbanistico generale che abbiano ad oggetto la realizzazione di interventi di edilizia residenziale pubblica, su aree o immobili di proprietà di enti pubblici, con le procedure di cui all’articolo 50, comma 3, della legge regionale 27 giugno 1985, n. 61 e successive modificazioni e ferme restando le attribuzioni e le competenze individuate dall’articolo 50 comma 3 [132].

     7 sexies. Fino al primo PAT e PI sono sempre ammessi gli interventi di cui all’articolo 18 bis [133].

     7 septies. In deroga al divieto di cui al comma 1 fino all’approvazione del primo PAT sono consentite, con le procedure di cui all’articolo 50, commi da 5 a 8 e 16 della legge regionale 27 giugno 1985, n. 61, le varianti allo strumento urbanistico generale finalizzate a dettare una nuova disciplina per le aree nelle quali è decaduto un vincolo preordinato all’esproprio, ai sensi dell’articolo 9, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 "Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità" e successive modificazioni, nonché per le aree che sono oggetto di una specifica disciplina da parte dello strumento urbanistico generale in connessione alla localizzazione dell’opera pubblica, qualora detta opera sia stata realizzata altrove o il relativo vincolo decaduto [134].

     7 octies. In deroga al divieto previsto dal comma 1, e comunque fino all’approvazione del primo PAT, possono essere adottate, con le procedure di cui all’articolo 50, commi 6, 7 e 8 della legge regionale 27 giugno 1985, n. 61, e successive modificazioni, le varianti allo strumento urbanistico generale finalizzate all’insediamento, esclusivamente all’interno del centro storico, di medie o grandi strutture di vendita, come definite dall’articolo 3, comma 1, lettere e) e g) della legge regionale 28 dicembre 2012, n. 50 “Politiche per lo sviluppo del sistema commerciale nella Regione del Veneto” [135].

 

     Art. 48 bis. Disposizioni finali e transitorie in materia di paesaggio. [136]

     1. Gli enti competenti in via sostitutiva concludono i procedimenti relativi al rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche anche nel caso in cui l'ente sostituito sia inserito nell'Elenco degli enti idonei dopo l'avvio dei procedimenti medesimi.

     2. Nelle more della costituzione della Commissione regionale per il paesaggio di cui all'articolo 45 octies continuano ad esercitare le funzioni le commissioni di cui all'articolo 5 della legge regionale 31 ottobre 1994, n. 63 “Norme per la subdelega delle funzioni concernenti la materia dei beni ambientali.”.

 

     Art. 48 ter. Disposizioni per l’attuazione dell’Intesa concernente l’adozione del Regolamento Edilizio Tipo di cui all’articolo 4, comma 1 sexies del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380. [137]

     1. I Comuni, al fine di recepire quanto disposto dall’Intesa sancita tra il Governo, le Regioni ed i Comuni, ai sensi dell’articolo 8, comma 6 della legge 5 giugno 2003, n. 131, adeguano i regolamenti edilizi allo schema di Regolamento Edilizio Tipo e ai relativi allegati, ai sensi dell’articolo 4, comma 1 sexies, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001.

     2. Le nuove definizioni aventi incidenza urbanistica, incompatibili con quelle contenute nei regolamenti edilizi e nelle norme tecniche degli strumenti urbanistici vigenti, trovano applicazione a far data dall’efficacia della variante di cui al comma 4.
3. I Comuni utilizzano in ogni caso le nuove definizioni ai fini della determinazione dei parametri e dei coefficienti necessari per l’approvazione della variante al cui al comma 4.

     4. I Comuni, con apposita variante, adeguano gli strumenti urbanistici comunali alle nuove definizioni uniformi aventi incidenza urbanistica nei tempi e con le procedure previsti, rispettivamente, dall’articolo 13, comma 10 e dall’articolo 14 della legge regionale 6 giugno 2017, n. 14 “Disposizioni per il contenimento del consumo di suolo e modifiche alla legge regionale 23 aprile 2004, n. 11”.

 

     Art. 49. Abrogazioni.

     1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 48, sono o restano abrogate le seguenti leggi o disposizioni di leggi regionali [138]:

     a) l’articolo 3, punto 4), primo alinea, della legge regionale 1 settembre 1972, n. 12 "Norme per l'esercizio delle funzioni amministrative trasferite alla regione con i D.P.R. 14 gennaio 1972, dal n. 1 al n. 6, e 15 gennaio 1972, dal n. 7 al n. 11" e successive modificazioni;

     b) la legge regionale 31 maggio 1980, n. 80 "Norme per la conservazione e il ripristino dei centri storici nel Veneto" e successive modificazioni;

     c) gli articoli 23, 24 e 26 della legge regionale 16 agosto 1984, n. 42 e successive modificazioni;

     d) la legge regionale 5 marzo 1985, n. 24 e successive modificazioni;

     e) gli articoli dall’1 al 75, l’articolo 98, gli articoli dal 101 al 109, gli articoli dal 114 al 121 e l’articolo 126 della legge regionale 27 giugno 1985, n. 61 e successive modificazioni;

     f) la legge regionale 1 settembre 1993, n. 47 e successive modificazioni;

     g) la legge regionale 4 maggio 1998, n. 21 "Modifiche alla legge regionale 27 giugno 1985, n. 61 "Norme per l'assetto e l'uso del territorio" e disposizioni in materia di base informative territoriali" e successive modificazioni;

     h) la legge regionale 1 giugno 1999, n. 23 e successive modificazioni;

     i) gli articoli 58, 59 e 60 della legge regionale 13 aprile 2001, n. 11 e successive modificazioni;

     i bis) gli articoli 61, 62, 63 e 64 della legge regionale 13 aprile 2001, n. 11 e successive modificazioni; l'articolo 1 della legge regionale 29 ottobre 2003, n. 26 “Modifica della legge regionale 13 aprile 2001, n. 11 “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle autonomie locali in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112” e della legge regionale 9 maggio 2002, n. 10 “Rideterminazione del termine previsto dall'articolo 58, comma 2, della legge regionale 13 aprile 2001, n. 11 “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle autonomie locali in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112” [139];

     l) la legge regionale 9 maggio 2002, n. 10 e successive modificazioni;

     m) la legge regionale 27 dicembre 2002, n. 35 e successive modificazioni;

     n) l'articolo 11 della legge regionale 1 agosto 2003, n. 16 "Disposizioni di riordino e semplificazione normativa - collegato alla legge finanziaria 2003 in materia di mobilità, viabilità, edilizia residenziale, urbanistica ed edilizia" e successive modificazioni;

     n bis) la legge regionale 31 ottobre 1994, n. 63 “Norme per la subdelega delle funzioni concernenti la materia dei beni ambientali” e successive modificazioni, fermo restando quanto stabilito dall'articolo 48 bis; l'articolo 1 della legge regionale 16 agosto 2002, n. 29 “Disposizioni di riordino e semplificazione normativa - collegato alla legge finanziaria 2002 in materia di beni ambientali ed edilizia residenziale pubblica”; l'articolo 28, comma 1, della legge regionale 13 settembre 2001, n. 27 “Disposizioni di riordino e semplificazione normativa - collegato alla legge finanziaria 2001” [140];

     n ter) l'articolo 6, commi 1, 2, 3 e 4, della legge regionale 10 agosto 2006, n. 18 “Disposizioni di riordino e semplificazione normativa - collegato alla legge finanziaria 2006 in materia di urbanistica, cartografia, pianificazione territoriale e paesaggistica, aree naturali protette, edilizia residenziale pubblica, viabilità, mobilità e trasporti a fune”;

     n quater) gli articoli 2 e 3 della legge regionale 10 dicembre 1973, n. 27 “Modifiche ed integrazioni alle leggi regionali 21 gennaio 1972, n. 7 e 1 settembre 1972, n. 12, in materia di urbanistica e lavori pubblici.” [141].

 

     Art. 50. Disposizioni sull'applicazione della legge.

     1. Gli articoli da 1 a 49 si applicano successivamente all'adozione e alla pubblicazione nel BUR da parte della Giunta regionale di tutti i seguenti provvedimenti:

     a) le specifiche tecniche per la formazione e l'aggiornamento delle banche dati di cui agli articoli 13, 17 e 22 nonché per la redazione degli strumenti urbanistici generali su carta tecnica regionale e per l'aggiornamento della relativa base cartografica da parte dei comuni di cui all'articolo 9;

     b) i criteri per la suddivisione del territorio comunale in zone territoriali omogenee;

     c) la metodologia per il calcolo, nel piano di assetto del territorio (PAT), del limite quantitativo massimo della zona agricola trasformabile in zone con destinazioni diverse da quella agricola definendo, con riferimento ai singoli contesti territoriali, la media regionale del rapporto tra la superficie agricola utilizzata (SAU) e la superficie territoriale comunale (STC);

     d) le specificazioni relative all’edificabilità nelle zone agricole ed in particolare:

     1) la definizione dei parametri di redditività minima delle imprese agricole sulla base di quanto stabilito dalla Giunta regionale ai sensi dell'articolo 18 della legge regionale 12 dicembre 2003, n. 40 e successive modificazioni;

     2) i parametri per la redazione e per la valutazione della congruità del piano aziendale di cui all'articolo 44, comma 3;

     3) la definizione di strutture agricolo-produttive;

     4) i parametri per la valutazione di compatibilità ambientale e sanitaria dei nuovi allevamenti rispetto a quelli esistenti;

     5) le modalità di realizzazione degli allevamenti zootecnici intensivi e la definizione delle distanze sulla base del tipo e dimensione dell'allevamento rispetto alla qualità e quantità di inquinamento prodotto;

     6) le deroghe, per le aree di montagna, al divieto di edificare sopra i 1.300 metri di cui all'articolo 44, comma 10;

     7) i parametri per la determinazione dell'ampiezza del fondo di pertinenza da vincolare ai sensi dell'articolo 45;

     e) i criteri per una omogenea elaborazione del piano territoriale di coordinamento provinciale (PTCP);

     f) i contenuti essenziali del quadro conoscitivo, della relazione illustrativa, delle norme tecniche del piano di assetto del territorio e del piano degli interventi;

     g) le specifiche tecniche per la rappresentazione dei piani, comprensive delle tavole di progetto;

     h) la definizione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria.

     2. Entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge la Giunta regionale adotta i provvedimenti di cui al comma 1 previo parere della competente commissione consiliare, che si esprime entro trenta giorni dal ricevimento degli stessi, trascorsi i quali si prescinde dal parere.

     3. Fino all'applicazione degli articoli da 1 a 49 le funzioni amministrative relative all'approvazione degli strumenti urbanistici generali e loro varianti continuano ad essere esercitate dalla Regione; a tal fine, ferme restando le attribuzioni della competente commissione consiliare ai sensi del punto 4) dell'articolo 3 della legge regionale 1 settembre 1972, n. 12, e successive modificazioni, i poteri attribuiti dalla legge regionale 27 giugno 1985, n. 61 e successive modificazioni, al presidente della provincia sono esercitati dal Presidente della giunta regionale e quelli attribuiti alla giunta e al consiglio provinciale sono esercitati dalla Giunta regionale [142].

     4. Fino all'applicazione degli articoli da 1 a 49, continuano ad applicarsi l'articolo 1, commi 2 e seguenti, della legge regionale 27 dicembre 2002, n. 35 e successive modificazioni con le modifiche di cui al comma 7, e l'articolo 11 della legge regionale 1 agosto 2003, n. 16.

     5. Decorso il termine di cui al comma 2 senza che la Giunta regionale abbia adottato e pubblicato nel BUR tutti i provvedimenti di cui al comma 1 e fino alla loro adozione e pubblicazione, è abrogato il comma 3, restano fermi il comma 4 e la disciplina urbanistica regionale vigente al momento della entrata in vigore della presente legge e le attribuzioni regionali di cui all'articolo 50 della legge regionale 27 giugno 1985, n. 61 sono da riferirsi alla provincia.

     6. I piani territoriali provinciali già adottati e trasmessi alla Regione alla data di entrata in vigore della presente legge sono inviati alle province per la loro rielaborazione; da tale data decadono le norme di salvaguardia. La Giunta regionale provvede alla costituzione di un ufficio per il coordinamento delle province nella predisposizione dei nuovi piani territoriali di coordinamento provinciale (PTCP) nonché per la coerente elaborazione del provvedimento di cui al comma 1, lettera e).

     7. L'articolo 1 della legge regionale 27 dicembre 2002, n. 35 è così modificato:

     a) alla fine del comma 5 è aggiunta la seguente frase: "Resta fermo, previa sottoscrizione dell'accordo, quanto consentito dal comma 3; in tale caso l'ampliamento non può essere superiore al 100% della superficie coperta esistente e, comunque, non può interessare una superficie superiore a mq. 1.500";

     b) la lettera c) del comma 8 è abrogata.

     8. L'ultimo comma dell'articolo 23 della legge regionale 27 giugno 1985, n. 61 è così sostituito:

     "Il piano regolatore generale può, altresì, definire minori distanze rispetto a quelle previste dall'articolo 9 del decreto del Ministro per i lavori pubblici n. 1444 del 1968:

     a) nei casi di gruppi di edifici che formino oggetto di piani urbanistici attuativi planivolumetrici;

     b) nei casi di interventi disciplinati puntualmente;

     c) nelle zone territoriali omogenee B e C1 qualora, fermo restando per le nuove costruzioni il rispetto delle distanze dal confine previste dal piano regolatore generale che comunque non possono essere inferiori a cinque metri, gli edifici esistenti antistanti a quelli da costruire siano stati realizzati legittimamente ad una distanza dal confine inferiore [143].".

     9. Ai fini dell'applicazione di quanto previsto dalla lettera c) dell'ultimo comma dell'articolo 23 della legge regionale 27 giugno 1985, n. 61 come modificato dal comma 8, il comune può approvare varianti al piano regolatore generale con la procedura dell'articolo 50, commi 6, 7 e 8 della legge regionale 27 giugno 1985, n. 61, avuto riguardo alle particolari connotazioni urbanistiche ed edilizie dei luoghi.

 

     Art. 51. Dichiarazione d'urgenza.

     1. La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell'articolo 44 dello Statuto ed entra in vigore il giorno successivo alla data della sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione del Veneto.


[1] Titolo così modificato dall'art. 1 della L.R. 26 maggio 2011, n. 10.

[2] Articolo così sostituito dall'art. 2 della L.R. 26 maggio 2011, n. 10.

[3] Comma così sostituito dall'art. 3 della L.R. 26 maggio 2011, n. 10.

[4] Articolo abrogato dall'art. 25 della L.R. 27 maggio 2024, n. 12. Rubrica così sostituita dall'art. 2 della L.R. 25 luglio 2019, n. 29.

[5] Comma aggiunto dall'art. 2 della L.R. 25 luglio 2019, n. 29.

[6] Comma aggiunto dall'art. 2 della L.R. 25 luglio 2019, n. 29.

[7] Comma aggiunto dall'art. 2 della L.R. 25 luglio 2019, n. 29.

[8] Comma aggiunto dall'art. 2 della L.R. 25 luglio 2019, n. 29.

[9] Comma aggiunto dall'art. 2 della L.R. 25 luglio 2019, n. 29.

[10] Articolo inserito dall'art. 3 della L.R. 25 luglio 2019, n. 29.

[11] Comma così sostituito dall'art. 17 della L.R. 6 giugno 2017, n. 14.

[12] Comma inserito dall'art. 17 della L.R. 6 giugno 2017, n. 14.

[13] Comma così sostituito dall’art. 20 della L.R. 25 febbraio 2005, n. 8.

[14] Comma inserito dall'art. 18 della L.R. 6 giugno 2017, n. 14.

[15] Articolo così sostituito dall’art. 21 della L.R. 25 febbraio 2005, n. 8.

[16] Articolo inserito dall'art. 1 della L.R. 23 dicembre 2010, n. 30 e così modificato dall'art. 19 della L.R. 6 giugno 2017, n. 14.

[17] Articolo inserito dall'art. 63 della L.R. 30 dicembre 2016, n. 30.

[18] Lettera così sostituita dall'art. 20 della L.R. 6 giugno 2017, n. 14, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 28. Il testo previgente reca: "f) determina il limite quantitativo massimo della zona agricola trasformabile in zone con destinazione diversa da quella agricola, avendo riguardo al rapporto tra la superficie agricola utilizzata (SAU) e la superficie territoriale comunale (STC), secondo le modalità indicate nel provvedimento di cui all’articolo 50, comma 1, lett. c); tale limite può essere derogato previa autorizzazione della Giunta regionale, sentita la provincia interessata, per interventi di rilievo sovracomunale;"

[19] Lettera così sostituita dall'art. 20 della L.R. 6 giugno 2017, n. 14.

[20] Lettera aggiunta dall'art. 20 della L.R. 6 giugno 2017, n. 14.

[21] Comma così sostituito dall'art. 15 della L.R. 20 aprile 2018, n. 15.

[22] Comma già modificato dall'art. 1 della L.R. 26 giugno 2008, n. 4 e così ulteriormente modificato dall'art. 4 della L.R. 25 luglio 2019, n. 29.

[23] Lettera aggiunta dall'art. 21 della L.R. 6 giugno 2017, n. 14, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 28.

[24] Articolo inserito dall'art. 5 della L.R. 25 luglio 2019, n. 29 e così sostituito dall'art. 3 della L.R. 30 giugno 2021 n. 19.

[25] Comma così modificato dall'art. 2 della L.R. 26 giugno 2008, n. 4.

[26] Comma aggiunto dall'art. 57 della L.R. 29 dicembre 2017, n. 45.

[27] Comma così sostituito dall'art. 63 della L.R. 30 dicembre 2016, n. 30.

[28] Articolo inserito dall'art. 6 della L.R. 25 luglio 2019, n. 29.

[29] Comma così sostituito dall'art. 22 della L.R. 6 giugno 2017, n. 14.

[30] Comma aggiunto dall'art. 22 della L.R. 6 giugno 2017, n. 14, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 28.

[31] Comma così modificato dall'art. 7 della L.R. 25 luglio 2019, n. 29.

[32] Comma aggiunto dall'art. 23 della L.R. 6 giugno 2017, n. 14.

[33] Comma così sostituito dall'art. 1 della L.R. 9 ottobre 2009, n. 26.

[34] Comma così sostituito dall'art. 23 della L.R. 6 giugno 2017, n. 14.

[35] Comma aggiunto dall'art. 23 della L.R. 6 giugno 2017, n. 14.

[36] Articolo inserito dall'art. 20 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 11.

[37] Articolo inserito dall'art. 3 della L.R. 16 marzo 2015, n. 4.

[38] Comma aggiunto dall'art. 24 della L.R. 6 giugno 2017, n. 14.

[39] Comma così sostituito, da ultimo, dall'art. 16 della L.R. 20 aprile 2018, n. 15.

[40] Comma abrogato dall'art. 11 della L.R. 8 luglio 2011, n. 13.

[41] Comma così modificato dall'art. 16 della L.R. 20 aprile 2018, n. 15.

[42] Comma sostituito dall'art. 2 della L.R. 23 dicembre 2010, n. 30, già modificato dall'art. 11 della L.R. 8 luglio 2011, n. 13 e così ulteriormente modificato dall'art. 16 della L.R. 20 aprile 2018, n. 15.

[43] Comma aggiunto dall'art. 11 della L.R. 8 luglio 2011, n. 13.

[44] Comma così modificato dall'art. 6 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 11.

[45] Comma così modificato dall'art. 6 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 11.

[46] Comma inserito dall'art. 8 della L.R. 25 luglio 2019, n. 29.

[47] Comma inserito dall'art. 4 della L.R. 30 giugno 2021 n. 19.

[48] Comma così modificato dall'art. 8 della L.R. 25 luglio 2019, n. 29.

[49] Comma così modificato dall'art. 9 della L.R. 25 luglio 2019, n. 29.

[50] Comma così sostituito dall'art. 2 della L.R. 9 ottobre 2009, n. 26.

[51] Comma così sostituito dall’art. 3 della L.R. 2 dicembre 2005, n. 23.

[52] Comma aggiunto dall'art. 10 della L.R. 25 luglio 2019, n. 29, con la decorrenza ivi prevista.

[53] Comma aggiunto dall'art. 3 della L.R. 26 giugno 2008, n. 4 e abrogato dall'art. 10 della L.R. 25 luglio 2019, n. 29.

[54] Comma inserito dall'art. 15 della L.R. 29 novembre 2013, n. 32, modificato dall'art. 17 della L.R. 20 aprile 2018, n. 15 e abrogato dall'art. 1 della L.R. 18 maggio 2021, n. 10.

[55] Articolo così sostituito dall'art. 18 della L.R. 20 aprile 2018, n. 15.

[56] Comma così modificato dall'art. 6 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 11.

[57] Comma così modificato dall'art. 6 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 11.

[58] Lettera aggiunta dall'art. 1 della L.R. 12 aprile 2016, n. 12.

[59] Articolo inserito dall'art. 2 della L.R. 12 aprile 2016, n. 12.

[60] Articolo inserito dall'art. 2 della L.R. 12 aprile 2016, n. 12. La Corte costituzionale, con sentenza 7 aprile 2017, n. 67, ha dichiarato l'illegittimità della disposizione di modifica nella parte in cui, nell’introdurre il comma 3 del presente articolo, dispone che «Nella convenzione può, altresì, essere previsto l’impegno ad utilizzare la lingua italiana per tutte le attività svolte nelle attrezzature di interesse comune per servizi religiosi, che non siano strettamente connesse alle pratiche rituali di culto».

[61] Comma così sostituito dall'art. 16 della L.R. 4 aprile 2019, n. 14.

[62] Comma così sostituito dall'art. 16 della L.R. 4 aprile 2019, n. 14.

[63] Comma così sostituito dall'art. 25 della L.R. 6 giugno 2017, n. 14.

[64] Comma così sostituito dall'art. 25 della L.R. 6 giugno 2017, n. 14.

[65] Comma aggiunto dall'art. 25 della L.R. 6 giugno 2017, n. 14, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 28.

[66] Articolo inserito dall'art. 11 della L.R. 25 luglio 2019, n. 29. La Corte costituzionale, con sentenza 25 novembre 2020, n. 247, ha dichiarato l'illegittimità del presente articolo, limitatamente alla previsione dell’esonero dal contributo di costruzione di cui all’art. 16, comma 4, lettera d-ter, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, nelle ipotesi di cambio di destinazione d’uso con aumento di valore degli immobili costitutivi della memoria e dell’identità storico-culturale del territorio disciplinati dal presente articolo.

[67] Comma aggiunto dall'art. 4 della L.R. 16 marzo 2015, n. 4 e così sostituito dall'art. 63 della L.R. 30 dicembre 2016, n. 30.

[68] Comma aggiunto dall'art. 63 della L.R. 30 dicembre 2016, n. 30.

[69] Articolo inserito dall'art. 5 della L.R. 30 giugno 2021 n. 19.

[70] Comma aggiunto dall'art. 5 della L.R. 26 giugno 2008, n. 4.

[71] Comma aggiunto dall'art. 5 della L.R. 26 giugno 2008, n. 4.

[72] Alinea così modificato dall'art. 12 della L.R. 25 luglio 2019, n. 29.

[73] Comma aggiunto dall'art. 5 della L.R. 26 giugno 2008, n. 4 e così sostituito dall'art. 1 della L.R. 30 dicembre 2016, n. 33.

[74] Comma inserito dall'art. 12 della L.R. 25 luglio 2019, n. 29.

[75] Comma inserito dall'art. 12 della L.R. 25 luglio 2019, n. 29.

[76] Lettera così sostituita dall'art. 5 della L.R. 26 giugno 2008, n. 4.

[77] Lettera aggiunta dall'art. 5 della L.R. 26 giugno 2008, n. 4.

[78] Comma già sostituito dall'art. 5 della L.R. 26 giugno 2008, n. 4, modificato dall'art. 3 della L.R. 23 dicembre 2010, n. 30 e così ulteriormente sostituito dall'art. 34 della L.R. 5 aprile 2013, n. 3.

[79] Comma aggiunto dall'art. 5 della L.R. 26 giugno 2008, n. 4.

[80] Comma aggiunto dall'art. 5 della L.R. 26 giugno 2008, n. 4.

[81] Comma aggiunto dall'art. 5 della L.R. 16 marzo 2015, n. 4 e abrogato dall'art. 2 della L.R. 1 dicembre 2015, n. 20.

[82] Comma inserito dall'art. 63 della L.R. 30 dicembre 2016, n. 30 e così sostituito dall'art. 12 della L.R. 25 luglio 2019, n. 29.

[83] Comma inserito dall'art. 12 della L.R. 25 luglio 2019, n. 29.

[84] Comma così modificato dall'art. 5 della L.R. 26 giugno 2008, n. 4.

[85] Comma inserito dall'art. 10 della L.R. 31 dicembre 2012, n. 55.

[86] Comma aggiunto dall'art. 5 della L.R. 26 giugno 2008, n. 4.

[87] Comma inserito dall'art. 12 della L.R. 25 luglio 2019, n. 29.

[88] Comma così modificato dall'art. 15 della L.R. 26 giugno 2008, n. 4.

[89] Articolo inserito dall'art. 13 della L.R. 25 luglio 2019, n. 29.

[90] Comma inserito dall'art. 63 della L.R. 30 dicembre 2016, n. 30.

[91] Comma inserito dall'art. 63 della L.R. 30 dicembre 2016, n. 30.

[92] Comma inserito dall'art. 63 della L.R. 30 dicembre 2016, n. 30.

[93] Titolo inserito dall'art. 4 della L.R. 26 maggio 2011, n. 10.

[94] Articolo inserito dall'art. 4 della L.R. 26 maggio 2011, n. 10.

[95] Articolo inserito dall'art. 5 della L.R. 26 maggio 2011, n. 10.

[96] Comma inserito dall'art. 63 della L.R. 30 dicembre 2016, n. 30. La Corte costituzionale, con sentenza 30 marzo 2018, n. 66, ha dichiarato l'illegittimità della disposizione di modifica.

[97] Comma inserito dall'art. 63 della L.R. 30 dicembre 2016, n. 30. La Corte costituzionale, con sentenza 30 marzo 2018, n. 66, ha dichiarato l'illegittimità della disposizione di modifica.

[98] Comma inserito dall'art. 63 della L.R. 30 dicembre 2016, n. 30. La Corte costituzionale, con sentenza 30 marzo 2018, n. 66, ha dichiarato l'illegittimità della disposizione di modifica.

[99] Lettera aggiunta dall'art. 26 della L.R. 6 giugno 2017, n. 14.

[100] Articolo inserito dall'art. 6 della L.R. 26 maggio 2011, n. 10.

[101] Articolo inserito dall'art. 7 della L.R. 26 maggio 2011, n. 10.

[102] Articolo inserito dall'art. 8 della L.R. 26 maggio 2011, n. 10.

[103] Articolo inserito dall'art. 9 della L.R. 26 maggio 2011, n. 10.

[104] Comma inserito dall'art. 63 della L.R. 30 dicembre 2016, n. 30.

[105] Comma inserito dall'art. 63 della L.R. 30 dicembre 2016, n. 30.

[106] Comma inserito dall'art. 63 della L.R. 30 dicembre 2016, n. 30.

[107] Comma inserito dall'art. 63 della L.R. 30 dicembre 2016, n. 30.

[108] Articolo inserito dall'art. 10 della L.R. 26 maggio 2011, n. 10.

[109] Articolo inserito dall'art. 11 della L.R. 26 maggio 2011, n. 10.

[110] Articolo inserito dall'art. 12 della L.R. 26 maggio 2011, n. 10. La Corte costituzionale, con sentenza 23 marzo 2012, n. 66, ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 12, L.R. 10/2011.

[111] Lettera aggiunta dall'art. 27 della L.R. 6 giugno 2017, n. 14.

[112] Comma già modificato dall’art. 2 della L.R. 2 dicembre 2005, n. 23 e così ulteriormente modificato dall'art. 7 della L.R. 26 giugno 2008, n. 4.

[113] Comma aggiunto dall’art. 1 della L.R. 21 ottobre 2004, n. 20.

[114] Comma aggiunto dall’art. 1 della L.R. 21 ottobre 2004, n. 20, sostituito dall’art. 2 della L.R. 2 dicembre 2005, n. 23 e così modificato dall'art. 7 della L.R. 26 giugno 2008, n. 4.

[115] Comma aggiunto dall’art. 1 della L.R. 21 ottobre 2004, n. 20 e così modificato dall’art. 24 della L.R. 25 febbraio 2005, n. 8.

[116] Comma così modificato dall’art. 1 della L.R. 21 ottobre 2004, n. 20.

[117] Comma modificato dall’art. 1 della L.R. 21 ottobre 2004, n. 20 e così sostituito dall'art. 3 della L.R. 9 ottobre 2009, n. 26.

[118] L'originario comma 4 è stato così sostituito dagli attuali commi 4 e 4 bis per effetto dell'art. 3 della L.R. 9 ottobre 2009, n. 26.

[119] Comma così sostituito dall'art. 4 della L.R. 23 dicembre 2010, n. 30.

[120] Comma inserito dall'art. 4 della L.R. 23 dicembre 2010, n. 30.

[121] Comma inserito dall'art. 4 della L.R. 23 dicembre 2010, n. 30.

[122] Comma inserito dall'art. 4 della L.R. 23 dicembre 2010, n. 30.

[123] Comma aggiunto dall’art. 3 della L.R. 21 ottobre 2004, n. 20.

[124] Comma aggiunto dall’art. 2 della L.R. 2 dicembre 2005, n. 23. La disposizione di modifica è stata abrogata dall'art. 8 della L.R. 31 dicembre 2012, n. 55.

[125] Comma aggiunto dall’art. 2 della L.R. 2 dicembre 2005, n. 23, modificato dall'art. 2 della L.R. 10 agosto 2006, n. 18, sostituito dall'art. 7 della L.R. 26 giugno 2008, n. 4 e abrogato dall'art. 8 della L.R. 31 dicembre 2012, n. 55, fatto salvo quanto ivi previsto.

[126] Comma aggiunto dall’art. 2 della L.R. 2 dicembre 2005, n. 23. La disposizione di modifica è stata abrogata dall'art. 8 della L.R. 31 dicembre 2012, n. 55.

[127] Comma aggiunto dall’art. 2 della L.R. 2 dicembre 2005, n. 23. La disposizione di modifica è stata abrogata dall'art. 8 della L.R. 31 dicembre 2012, n. 55.

[128] Lettera così sostituita dall'art. 4 della L.R. 23 dicembre 2010, n. 30.

[129] Lettera così modificata dall'art. 4 della L.R. 23 dicembre 2010, n. 30.

[130] Comma aggiunto dall'art. 1 della L.R. 10 agosto 2006, n. 18 e così sostituito dall'art. 7 della L.R. 26 giugno 2008, n. 4.

[131] Comma aggiunto dall'art. 8 della L.R. 10 agosto 2006, n. 18.

[132] Comma aggiunto dall'art. 7 della L.R. 26 giugno 2008, n. 4.

[133] Comma aggiunto dall'art. 20 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 11.

[134] Comma aggiunto dall'art. 11 della L.R. 31 dicembre 2012, n. 55.

[135] Comma aggiunto dall'art. 16 della L.R. 29 novembre 2013, n. 32.

[136] Articolo inserito dall'art. 14 della L.R. 26 maggio 2011, n. 10.

[137] Articolo inserito dall'art. 19 della L.R. 20 aprile 2018, n. 15. Per la modifica dei termini di cui al presente articolo, vedi l'art. 17 della L.R. 4 aprile 2019, n. 14.

[138] Alinea così modificato dall’art. 2 della L.R. 21 ottobre 2004, n. 20.

[139] Lettera inserita dall'art. 13 della L.R. 26 maggio 2011, n. 10.

[140] Lettera inserita dall'art. 13 della L.R. 26 maggio 2011, n. 10.

[141] Lettera inserita dall'art. 13 della L.R. 26 maggio 2011, n. 10.

[142] Per un'interpretazione autentica del presente comma, vedi l'art. 13 della L.R. 26 giugno 2008, n. 4.

[143] La Corte costituzionale, con sentenza 16 giugno 2005, n. 232 ha dichiarato l’illegittimità della presente lettera.