§ 5.1.159 - L.R. 9 aprile 2015, n. 11.
Testo unico in materia di Sanità e Servizi sociali.


Settore:Codici regionali
Regione:Umbria
Materia:5. servizi sociali
Capitolo:5.1 assistenza sanitaria
Data:09/04/2015
Numero:11


Sommario
Art. 1.  Oggetto.
Art. 2.  Finalità.
Art. 3.  Ordinamento del Servizio sanitario regionale.
Art. 4.  Assetto istituzionale.
Art. 5.  Competenze della Regione.
Art. 6.  Competenze del Comune.
Art. 7.  Poteri del sindaco.
Art. 8.  Conferenza dei sindaci.
Art. 9.  Funzioni del Consiglio delle autonomie locali nell'ordinamento sanitario regionale.
Art. 10.  Università.
Art. 11.  Livelli e strumenti di pianificazione e programmazione.
Art. 12.  Piano sanitario regionale.
Art. 13.  Procedimento di approvazione del Piano sanitario regionale.
Art. 14.  Piano attuativo.
Art. 15.  Programma delle attività territoriali.
Art. 16.  Relazioni sanitarie.
Art. 17.  Principi generali per la gestione dei servizi sanitari da parte delle aziende sanitarie regionali.
Art. 18.  Istituzione delle aziende unità sanitarie locali.
Art. 19.  Organizzazione delle Aziende unità sanitarie locali.
Art. 20.  Aziende ospedaliere.
Art. 21.  Aziende ospedaliero-universitarie.
Art. 22.  Atto aziendale.
Art. 23.  Servizi gestiti in forma associata e aggregata.
Art. 24.  Organi delle aziende sanitarie regionali.
Art. 25.  Direttore generale: poteri e competenze.
Art. 26.  Direttore generale: nomina e rapporto di lavoro.
Art. 27.  Elenco regionale dei candidati idonei alla nomina di Direttore generale delle aziende e degli enti del Servizio sanitario regionale.
Art. 28.  Valutazione dell'attività del Direttore generale.
Art. 29.  Relazione sanitaria aziendale annuale.
Art. 30.  Decadenza e revoca del Direttore generale.
Art. 31.  Direttore generale dell'azienda ospedaliero-universitaria: ulteriori disposizioni.
Art. 31 bis.  (Intese e pareri con l'Università degli Studi di Perugia)
Art. 32.  Collegio di direzione.
Art. 33.  Collegio sindacale.
Art. 34.  Organo di indirizzo delle aziende ospedaliero-universitarie.
Art. 35.  Consiglio dei sanitari.
Art. 36.  Direttore amministrativo, Direttore sanitario e Coordinatore dei servizi sociali.
Art. 36 bis.  (Elenchi regionali dei soggetti idonei alla nomina di Direttore amministrativo e di Direttore sanitario delle Aziende sanitarie locali, delle Aziende ospedaliere e delle Aziende [...]
Art. 37.  Dipartimento.
Art. 38.  Distretto.
Art. 39.  Direttore di Distretto.
Art. 40.  Comitato dei sindaci di Distretto.
Art. 41.  Presidi ospedalieri.
Art. 42.  Dipartimento di prevenzione.
Art. 43.  Direttore del dipartimento di prevenzione.
Art. 44.  Coordinamento delle macroaree del dipartimento di prevenzione.
Art. 45.  Organico e ruoli nominativi.
Art. 45 bis.  (Designazioni componente regionale nelle commissioni esaminatrici per i ruoli della dirigenza del S.S.R.)
Art. 46.  Personale in stato di quiescenza. Disciplina degli incarichi.
Art. 47.  Compensi ai componenti le commissioni e sottocommissioni esaminatrici dei concorsi e delle selezioni per l'assunzione del personale delle aziende sanitarie regionali.
Art. 47 bis.  Misure di razionalizzazione della spesa sanitaria.
Art. 47 ter.  Procedure attuative del Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 marzo 2015.
Art. 48.  Incarichi di direzione.
Art. 49.  Esclusività del rapporto di lavoro.
Art. 50.  Indennità.
Art. 51.  Istituzione della figura professionale di operatore socio-sanitario.
Art. 52.  Formazione.
Art. 53.  Contesti operativi e relazionali.
Art. 54.  Requisiti di accesso.
Art. 55.  Organizzazione didattica.
Art. 56.  Materie di insegnamento e tirocinio.
Art. 57.  Esame finale e rilascio dell'attestato.
Art. 58.  Titoli pregressi.
Art. 58 bis.  (Crediti formativi)
Art. 58 ter.  (Regolamentazione)
Art. 58 quater.  (Istituzione della figura professionale dell'Assistente di studio odontoiatrico)
Art. 58 quinquies.  (Contratti di formazione specialistica aggiuntivi regionali)
Art. 59.  Determinazione del fabbisogno finanziario del Servizio sanitario regionale.
Art. 60.  Finanziamento del Servizio sanitario regionale.
Art. 61.  Contabilità e controlli.
Art. 62.  Attività programmatica.
Art. 63.  Bilancio pluriennale di previsione.
Art. 64.  Bilancio preventivo economico annuale.
Art. 65.  Approvazione dei documenti economici previsionali.
Art. 66.  Contabilità economica generale.
Art. 67.  Contabilità analitica.
Art. 68.  Libri obbligatori.
Art. 69.  Tutela della contabilità e conservazione delle scritture contabili.
Art. 70.  Fonti di finanziamento.
Art. 71.  Finanziamento dei servizi socio-assistenziali.
Art. 72.  Servizio di tesoreria.
Art. 73.  Servizio di cassa.
Art. 74.  Classificazione del patrimonio.
Art. 75.  Bilancio d'esercizio.
Art. 76.  Principi e criteri per la redazione del bilancio d'esercizio.
Art. 77.  Risultato economico della gestione.
Art. 78.  Approvazione e pubblicazione del bilancio di esercizio.
Art. 79.  Attività contrattuale.
Art. 80.  Contabilità di magazzino.
Art. 81.  Controllo interno di gestione.
Art. 82.  Controllo regionale sulla gestione.
Art. 83.  Controllo della Regione.
Art. 83 bis.  (Comitato Regionale di Valutazione (C.RE.VA.))
Art. 83 ter.  (Attività Ispettiva e di vigilanza)
Art. 84.  Contributi in conto capitale.
Art. 85.  Disposizioni sul patrimonio sanitario.
Art. 86.  Convenzioni tra Regione e Aziende sanitarie regionali.
Art. 87.  Piano del patrimonio delle aziende sanitarie.
Art. 88.  Autorizzazione all'alienazione.
Art. 88 bis.  Autorizzazione all'acquisizione e alla sottoscrizione di contratti atipici.
Art. 89.  Inventario generale del patrimonio.
Art. 90.  Consegnatari dei beni patrimoniali.
Art. 91.  Dichiarazione di fuori uso e di scarico.
Art. 91 bis.  Promozione e coordinamento dell'utilizzo del patrimonio mobiliare dismesso dalle strutture sanitarie e socio-sanitarie.
Art. 92.  Remunerazione degli erogatori di prestazioni sanitarie.
Art. 93.  Addebito delle prestazioni ai terzi responsabili.
Art. 94.  Sistema informativo sanitario regionale.
Art. 95.  Informazione e partecipazione dei cittadini.
Art. 96.  Partecipazione alla programmazione.
Art. 97.  Diritti degli utenti.
Art. 98.  Modalità di tutela dei diritti.
Art. 99.  Ricorso al Difensore civico.
Art. 100.  Istituzione dell'Anagrafe sanitaria regionale.
Art. 101.  Osservatorio epidemiologico regionale.
Art. 102.  Istituzione dei registri regionali di popolazione e di patologia.
Art. 103.  (Comitato Etico regionale dell'Umbria)
Art. 104.  Gestione del trasporto sanitario.
Art. 105.  Diritto di accesso alla assistenza sanitaria e ospedaliera.
Art. 106.  Servizi sanitari per soggetti provenienti da paesi extracomunitari e loro familiari.
Art. 107.  Interventi di assistenza sanitaria in favore di Paesi extracomunitari in gravi difficoltà assistenziali sanitarie.
Art. 108.  Accesso a trattamenti terapeutici per i cittadini consumatori di sostanze psicoattive o in stato di dipendenza.
Art. 109.  Commissioni mediche per accertamenti sanitari.
Art. 110.  Funzioni esercitate dalle Aziende sanitarie in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità. Indennizzi per soggetti danneggiati.
Art. 111.  Costituzione delle commissioni mediche.
Art. 112.  Composizione delle commissioni.
Art. 113.  Disciplina delle commissioni.
Art. 114.  Compensi.
Art. 115.  Funzioni per la concessione di provvidenze economiche in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità.
Art. 116.  Benefici aggiuntivi.
Art. 117.  Autorizzazioni sanitarie.
Art. 118.  Accreditamento istituzionale.
Art. 119. - 129. 
Art. 130.  Nulla osta - Domanda e Autorità competente.
Art. 131.  Commissione per la radioprotezione.
Art. 132.  Rilascio nulla-osta.
Art. 133.  Prescrizioni nel nulla-osta.
Art. 134.  Aggiornamento, variazioni, modifiche.
Art. 135.  Cessazione, revoca, sospensione.
Art. 136.  Vigilanza.
Art. 137.  Organizzazione dell'assistenza ai nefropatici cronici.
Art. 138.  Dialisi domiciliare.
Art. 139.  Dialisi ambulatoriale ed assistenza limitata.
Art. 140.  Consulenza telefonica.
Art. 141.  Responsabilità.
Art. 142.  Corsi di addestramento.
Art. 143.  Contributi spese telefoniche.
Art. 144.  Doveri del paziente nell'esercizio della dialisi domiciliare.
Art. 145.  Norme di indirizzo per i corsi.
Art. 146.  Programma di ospedalizzazione domiciliare.
Art. 147.  Promozione e coordinamento.
Art. 148.  Richiesta ed autorizzazione.
Art. 149.  Trattamento domiciliare.
Art. 150.  Convenzioni.
Art. 151.  Promozione donazione del sangue.
Art. 152.  Rinvio al piano sanitario regionale.
Art. 153.  Struttura regionale di coordinamento.
Art. 154.  Volontariato.
Art. 155.  Convenzioni.
Art. 156.  Azioni volte a limitare l'infezione da H.I.V. e altre infezioni virali sangue correlate e il fenomeno dell'abbandono di siringhe usate.
Art. 157.  Acquisto ed installazione di distributori.
Art. 158.  Localizzazione dei siti e gestione dei distributori.
Art. 159.  Raccolta e distribuzione delle siringhe usate.
Art. 160.  Conferenza regionale permanente.
Art. 161.  Relazione annuale.
Art. 161 bis.  (Oggetto e finalità)
Art. 161 ter.  (Rete integrata regionale)
Art. 161 quater.  (Livelli di assistenza)
Art. 161 quinquies.  (Personale)
Art. 161 sexies.  (Formazione e informazione)
Art. 161 septies.  (Centro di coordinamento regionale)
Art. 161 octies.  (Carta dei servizi)
Art. 162.  Promozione dell'educazione e tutela dei soggetti che praticano attività motorie e sportive.
Art. 163.  Destinatari degli interventi.
Art. 164.  Funzioni della Regione.
Art. 165.  Funzioni delle Aziende USL.
Art. 166.  Attuazione degli interventi.
Art. 167.  Libretto sanitario sportivo.
Art. 168.  Tutela sanitaria degli atleti disabili.
Art. 169.  Controllo anti-doping.
Art. 170.  Commissione medica regionale per i ricorsi.
Art. 171.  Adempimenti delle società sportive.
Art. 172.  Attivazione di un Servizio di assistenza odontoiatrica, protesica ed ortesica.
Art. 173.  Erogazione dell'assistenza odontoiatrica, protesica ed ortesica.
Art. 174.  Oneri per gli utenti.
Art. 175.  Gestione finanziaria del Servizio di assistenza odontoiatrica protesica ed ortesica.
Art. 176.  Contributi per l'attivazione del Servizio di assistenza odontoiatrica, protesica ed ortesica.
Art. 177.  Campo di applicazione.
Art. 178.  Compiti della Regione.
Art. 179.  Compiti delle Aziende USL.
Art. 180.  Obiettivi del Servizio PSAL.
Art. 181.  Compiti del Servizio PSAL.
Art. 182.  Articolazione del Servizio PSAL.
Art. 183.  Attività di controllo e vigilanza.
Art. 184.  (Principi, oggetto, finalità)
Art. 184 bis.  (Funzioni dei comuni)
Art. 184 ter.  (Attività funebre, autorizzazione e divieti)
Art. 184 quater.  (Incompatibilità e deroghe)
Art. 184 quinquies.  (Trasporto funebre)
Art. 185.  (Periodo di osservazione e trasferimento della salma e del cadavere)
Art. 185 bis.  (Strutture obitoriali)
Art. 185 ter.  (Strutture destinate al commiato)
Art. 186.  Cimiteri.
Art. 186 bis.  (Diritto di sepoltura)
Art. 186 ter.  (Loculi aerati)
Art. 186 quater.  (Impianti crematori)
Art. 186 quinquies.  (Cremazione)
Art. 186 sexies.  (Destinazione e dispersione delle ceneri)
Art. 186 septies.  (Sanzioni)
Art. 186 octies.  (Regolamento regionale)
Art. 187.  Oggetto e definizioni.
Art. 188.  Classificazione delle piscine.
Art. 189.  Tipologie di vasche.
Art. 190.  Utenti.
Art. 191.  Parere igienico-sanitario.
Art. 192.  Inizio attività.
Art. 193.  Comunicazioni periodiche delle attività stagionali.
Art. 194.  Dotazione di personale.
Art. 195.  Requisiti strutturali.
Art. 196.  Documentazione.
Art. 197.  Controlli.
Art. 198.  Controlli interni.
Art. 199.  Controlli esterni.
Art. 200.  Corsi di formazione ed aggiornamento.
Art. 201.  Primo soccorso.
Art. 202.  Regolamento interno.
Art. 203.  Requisiti igienico-sanitari e ambientali.
Art. 204.  Sanzioni amministrative.
Art. 205.  Norme regolamentari.
Art. 206.  Oggetto e finalità.
Art. 207.  Definizioni.
Art. 208.  Competenze della Regione.
Art. 209.  Competenze dei comuni.
Art. 210.  Competenze delle aziende unità sanitarie locali.
Art. 211.  Piano degli interventi di prevenzione del randagismo degli animali di affezione e programma annuale.
Art. 212.  Elenco delle associazioni di volontariato per la protezione degli animali.
Art. 213.  Interventi Assistiti con gli Animali - IAA.
Art. 214.  Responsabilità e doveri del proprietario e del detentore.
Art. 215.  Furto, smarrimento e ritrovamento di animali di affezione.
Art. 216.  Soppressione eutanasica.
Art. 217.  Trasporto di animali di affezione.
Art. 218.  Detenzione degli animali di affezione.
Art. 219.  Identificazione e registrazione all'anagrafe regionale degli animali di affezione.
Art. 219 bis.  Controllo del randagismo, affidamento e adozione.
Art. 219 ter.  Canili.
Art. 219 quater.  Colonie e oasi feline.
Art. 219 quater bis.  Convenzioni con le associazioni di volontariato protezionistiche.
Art. 219 quinquies.  Medicina veterinaria.
Art. 219 sexies.  Cani morsicatori e a rischio di aggressività.
Art. 219 septies.  Sanzioni.
Art. 220.  Disposizioni generali.
Art. 221.  Derattizzazione.
Art. 222.  Sanzioni amministrative.
Art. 223.  Applicazione delle sanzioni amministrative.
Art. 224.  Compiti del Sindaco e bonifica delle aree.
Art. 225.  Compiti del medico veterinario.
Art. 226.  Analisi di laboratorio.
Art. 227.  Competenze dei Comuni.
Art. 228.  Competenze della Regione.
Art. 229.  Finalità.
Art. 230.  Protocolli, elenchi e repertori farmaceutici per il corretto uso del farmaco.
Art. 231.  Informazioni sui farmaci e vigilanza sulla pubblicità.
Art. 232.  Diritto all'assistenza e livelli delle prestazioni.
Art. 233.  Farmaci non inclusi nel prontuario farmaceutico.
Art. 234.  Erogazione dell'assistenza da parte delle farmacie.
Art. 235.  Impiego dei farmaci nelle strutture delle Aziende sanitarie regionali.
Art. 236.  Organizzazione del servizio farmaceutico.
Art. 237.  Norme per le sostanze stupefacenti.
Art. 238.  Controlli di qualità.
Art. 239.  Norme inerenti le farmacie.
Art. 240.  Concorsi per le farmacie private.
Art. 241.  Apertura e chiusura delle farmacie e dispensari farmaceutici.
Art. 242.  Orari di servizio e turni.
Art. 243.  Vigilanza.
Art. 244.  Provvidenze per le farmacie rurali.
Art. 245.  Interventi a favore delle farmacie rurali particolarmente disagiate.
Art. 246.  Regolamento dei rapporti finanziari.
Art. 247.  Contributi a favore dei mutilati ed invalidi di guerra e categorie assimilate per cure climatiche, soggiorni terapeutici e cure termali.
Art. 248.  Definizioni.
Art. 249.  Prestazioni.
Art. 250.  Beneficiari.
Art. 251.  Contributi per cure climatiche e soggiorni terapeutici.
Art. 252.  Contributi per cure termali.
Art. 253.  Contributi di accompagnamento.
Art. 254.  Provvedimenti di attuazione.
Art. 255.  Finalità.
Art. 256.  Compiti della Regione.
Art. 257.  Azioni di formazione.
Art. 258.  Azioni di informazione e ricerca.
Art. 259.  Azioni di assistenza medico-legale e psicologica.
Art. 260.  Sportelli anti-mobbing.
Art. 261.  Osservatorio regionale sul mobbing.
Art. 262.  Attività di controllo.
Art. 263.  Realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.
Art. 264.  Destinatari delle prestazioni sociali.
Art. 265.  Il comune.
Art. 266.  Ambito territoriale integrato.
Art. 267.  La provincia.
Art. 268.  La Regione.
Art. 268 bis.  Zone sociali.
Art. 269.  Aziende pubbliche di servizi alla persona e persone giuridiche di diritto privato.
Art. 270.  Piano sociale regionale.
Art. 271.  Conferenza di Zona.
Art. 271 bis.  Tavolo zonale di concertazione.
Art. 271 ter.  Tavoli di coprogettazione.
Art. 272.  Piano sociale di zona.
Art. 273.  Procedimento per l'adozione del Piano sociale di zona.
Art. 274.  Attuazione del Piano sociale di zona e coprogettazione.
Art. 275.  Concertazione.
Art. 276.  Piano operativo.
Art. 277.  Rapporti fra Regione ed enti locali e partecipazione.
Art. 278.  Promozione dell'economia sociale.
Art. 279.  Organizzazioni di utilità sociale.
Art. 280.  Riconoscimento e valorizzazione della funzione sociale, educativa e formativa delle parrocchie mediante gli oratori.
Art. 281.  Prestazioni socio sanitarie.
Art. 282.  Zone sociali.
Art. 283.  Conferenza di zona.
Art. 284.  Uffici della cittadinanza.
Art. 285.  Articolazione delle attività sociali.
Art. 286.  Azioni per la promozione ed il sostegno della sussidiarietà orizzontale.
Art. 287.  Azioni per la qualità.
Art. 288.  Azioni di promozione.
Art. 289.  Servizi per le responsabilità familiari.
Art. 290.  Interventi e servizi socio assistenziali.
Art. 291.  Interventi e servizi per la formazione permanente delle persone anziane.
Art. 292.  Interventi e servizi per la cultura, la prevenzione ed il benessere durante l'invecchiamento.
Art. 293.  Interventi e servizi per la cultura, il tempo libero, l'impegno e il volontariato civile delle persone anziane.
Art. 294.  Interventi ed azioni per l'implementazione delle nuove tecnologie.
Art. 295.  Diritti sociali di cittadinanza.
Art. 296.  (Riconoscimento e valorizzazione della famiglia)
Art. 297.  Strumenti per le politiche di sostegno alle famiglie.
Art. 298.  Servizi ed azioni generali e sostegno alla funzione educativa e di cura dei soggetti in età minore.
Art. 298 bis.  (Interventi a sostegno della natalità)
Art. 298 ter.  (Fondo regionale di solidarietà a favore dei figli orfani di entrambi i genitori)
Art. 299.  Assistenza socio-sanitaria e sanitaria alla famiglia.
Art. 300.  Interventi per le famiglie vulnerabili.
Art. 300 bis.  (Sostegno alle famiglie numerose)
Art. 301.  Interventi per la famiglia in condizione di grave disagio.
Art. 302.  Interventi per favorire l'accesso alla casa delle famiglie.
Art. 303.  Diritto allo studio.
Art. 304.  Interventi per l'inserimento e reinserimento lavorativo.
Art. 305.  Sostegno all'adozione e all'affidamento familiare.
Art. 306.  Riconoscimento del lavoro di cura familiare.
Art. 306 bis.  (Riconoscimento del lavoro di cura familiare e caregiver familiare)
Art. 307.  Sostegno e qualificazione dell'attività di assistenza familiare domiciliare.
Art. 308.  Formazione per le persone che prestano attività di assistenza familiare.
Art. 309.  Selezione del personale straniero che presta attività di assistenza familiare.
Art. 310.  Promozione dell'incontro tra domanda e offerta di lavoro.
Art. 311.  Attività di informazione e assistenza.
Art. 312.  Interventi di sostegno economico a favore dei soggetti che si avvalgono del personale addetto alle attività di assistenza familiare.
Art. 312 bis.  (Centri per la famiglia)
Art. 312 ter.  (Fattore famiglia)
Art. 312 quater.  (Dipartimento per la famiglia e Distretto famiglia)
Art. 312 quinquies.  (Piano triennale degli interventi per la famiglia)
Art. 312 sexies.  (Valutazione d'impatto familiare)
Art. 313.  Fondo regionale di emergenza per le famiglie delle vittime di incidenti mortali del lavoro.
Art. 314.  Contributo in caso di morte del lavoratore per incidente sul lavoro.
Art. 315.  Comitato regionale per il Fondo emergenza incidenti del lavoro.
Art. 316.  Funzioni del Comitato regionale per il Fondo emergenza incidenti del lavoro.
Art. 317.  Fondo regionale per la non autosufficienza.
Art. 318.  Diritto alle prestazioni.
Art. 319.  Accesso unico alle prestazioni e presa in carico della persona non autosufficiente.
Art. 320.  Accertamento e valutazione della non autosufficienza.
Art. 321.  Costituzione del Fondo regionale per la non autosufficienza.
Art. 322.  Partecipazione delle formazioni sociali e delle organizzazioni sindacali nella costruzione e gestione del Fondo regionale per la non autosufficienza.
Art. 323.  Fondo per le prestazioni socio-sanitarie e sociali.
Art. 324.  Programma assistenziale personalizzato.
Art. 325.  Patto per la cura e il benessere.
Art. 326.  Piano regionale integrato per la non autosufficienza.
Art. 327.  Livelli e strumenti della programmazione.
Art. 328.  Prestito sociale d'onore.
Art. 329.  Fondo per l'accesso al prestito sociale d'onore.
Art. 330.  Requisiti per l'accesso.
Art. 331.  Modalità per l'erogazione del prestito.
Art. 332.  Erogazione di contributi.
Art. 333.  Modalità di erogazione dei contributi.
Art. 334.  Misure per l'insediamento dei nomadi nel contesto sociale.
Art. 335.  Realizzazione dei campi di sosta e delle aree di transito.
Art. 336.  Piano annuale ed erogazione dei contributi.
Art. 337.  Inserimento scolastico e professionale.
Art. 338.  Promozione delle attività artigiane e delle forme associative tipiche della cultura nomade.
Art. 339.  Associazioni "Banche del tempo".
Art. 340.  Coordinamento dei tempi della città.
Art. 341.  Associazionismo familiare.
Art. 341 bis.  (Elenco regionale degli organismi di rappresentanza delle famiglie)
Art. 342.  Affidamento e gestione dei servizi.
Art. 343.  Affidamento e inserimento lavorativo di persone svantaggiate.
Art. 344.  Autorizzazione al funzionamento dei servizi residenziali, semiresidenziali, diurni e domiciliari.
Art. 345.  Accreditamento.
Art. 346.  Accordi contrattuali.
Art. 347.  Accesso e compartecipazione al costo dei servizi.
Art. 348.  Valorizzazione delle risorse umane.
Art. 349.  Formazione.
Art. 350.  Conoscenza e valutazione.
Art. 351.  Ricerca e valutazione per la programmazione sociale.
Art. 352.  Osservatorio regionale sulla condizione delle persone con disabilità.
Art. 353.  Forum regionale welfare.
Art. 354.  Vigilanza e controllo.
Art. 355.  Sanzioni amministrative.
Art. 356.  Risorse finanziarie.
Art. 357.  Fondo sociale regionale.
Art. 358.  Norme regolamentari.
Art. 359.  Disposizioni fino all'effettivo esercizio dell'ATI.
Art. 360.  Disposizioni generali.
Art. 361.  Designazione e nomina dei Garanti.
Art. 362.  Incompatibilità dei Garanti.
Art. 363.  Funzioni del Garante per l'infanzia e l'adolescenza.
Art. 364.  Funzioni del Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale.
Art. 365.  Trattamento economico dei Garanti, decadenza dall'incarico, sostituzione e revoca.
Art. 366.  Ufficio dei Garanti e rapporti tra autorità di garanzia.
Art. 367.  Conferenza regionale per l'infanzia e l'adolescenza.
Art. 368.  Centro per la promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza.
Art. 369.  Finalità.
Art. 370.  Organizzazioni di volontariato.
Art. 371.  Registro regionale delle organizzazioni di volontariato.
Art. 372.  Requisiti per l'iscrizione nel registro regionale delle organizzazioni di volontariato.
Art. 373.  Domanda di iscrizione nel registro regionale delle organizzazioni di volontariato.
Art. 374.  Iscrizione nel registro regionale delle organizzazioni di volontariato.
Art. 375.  Variazioni al registro regionale delle organizzazioni di volontariato.
Art. 376.  Relazioni annuali.
Art. 377.  Revisione periodica del registro delle organizzazioni di volontariato.
Art. 378.  Inadempienze, provvedimenti e cancellazione.
Art. 379.  Nomine regionali nel Comitato di gestione del fondo speciale per il volontariato.
Art. 380.  Partecipazione del volontariato alla programmazione regionale.
Art. 381.  Conferenze annuali e attività di informazione.
Art. 382.  Convenzioni con le organizzazioni di volontariato.
Art. 383.  Modalità per lo svolgimento delle prestazioni delle organizzazioni di volontariato.
Art. 384.  Sedi e attrezzature.
Art. 385.  Formazione ed aggiornamento del volontariato.
Art. 386.  Volontariato dei singoli cittadini.
Art. 387.  Associazioni di promozione sociale.
Art. 388.  Registro regionale delle associazioni di promozione sociale.
Art. 389.  Iscrizione nel registro delle associazioni di promozione sociale.
Art. 390.  Incompatibilità.
Art. 391.  Promozione e sostegno alle associazioni di promozione sociale.
Art. 392.  Osservatorio regionale dell'associazionismo.
Art. 393.  Conferenza regionale dell'associazionismo.
Art. 394.  Partecipazione delle associazioni di promozione sociale alla programmazione regionale.
Art. 395.  Convenzioni.
Art. 396.  Formazione professionale.
Art. 397.  Cooperative sociali.
Art. 398.  Albo regionale delle cooperative sociali.
Art. 399.  Commissione regionale per la cooperazione sociale.
Art. 400.  Compiti della Commissione.
Art. 401.  Promozione e sostegno alla cooperazione sociale.
Art. 402.  Raccordo e integrazione tra la programmazione regionale e la cooperazione sociale.
Art. 403.  Affidamenti e convenzioni.
Art. 404.  Determinazione dei corrispettivi.
Art. 405.  Qualità della cooperazione sociale.
Art. 406.  Clausole valutative.
Art. 407.  Clausole valutative.
Art. 408.  Norma finanziaria.
Art. 409.  Norme transitorie.
Art. 410.  Abrogazioni.


§ 5.1.159 - L.R. 9 aprile 2015, n. 11. [1]

Testo unico in materia di Sanità e Servizi sociali.

(B.U. 15 aprile 2015, n. 21 - S.O. n. 1)

 

CAPO I

Oggetto e finalità

 

Art. 1. Oggetto.

1. Il presente testo unico, ai sensi dell'articolo 40 dello Statuto regionale e in attuazione della legge regionale 16 settembre 2011, n. 8 (Semplificazione amministrativa e normativa dell'ordinamento regionale e degli Enti locali territoriali), riunisce le disposizioni di legge regionali in materia di Sanità e Servizi sociali.

 

     Art. 2. Finalità.

1. Il presente testo unico persegue, in particolare, le seguenti finalità:

a) la tutela della salute quale diritto fondamentale della persona e della comunità;

b) la salvaguardia dei livelli uniformi ed essenziali di tutela della salute;

c) la realizzazione della piena eguaglianza degli assistiti nel godimento delle prestazioni che realizzano il diritto alla salute;

d) la promozione della salute, la prevenzione, la cura e la riabilitazione degli assistiti;

e) l'esercizio della funzione sociale, la programmazione, l'organizzazione e la gestione delle attività e dei servizi sociali;

f) la creazione di una rete di opportunità e di garanzie orientate allo sviluppo umano e al benessere della comunità, al sostegno dei progetti di vita delle persone e delle famiglie, all'esercizio della cittadinanza attiva;

g) la presa in carico unitaria delle problematiche delle persone e delle famiglie;

h) la realizzazione dell'universalità degli interventi diretti alla generalità della popolazione e dell'omogeneità nel territorio dei livelli di assistenza sociale.

 

PARTE I

Sanità

Titolo I

Norme sul servizio sanitario regionale

Capo I

Disposizioni generali

 

     Art. 3. Ordinamento del Servizio sanitario regionale.

1. L'ordinamento del Servizio sanitario regionale è costituito dal complesso di funzioni, attività e strutture che, in coerenza con quanto previsto dall'articolo 32 della Costituzione e con i principi contenuti nel decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517 (Disciplina dei rapporti fra servizio sanitario nazionale ed università a norma dell'articolo 6 della L. 30 novembre 1998, n. 419) ed in attuazione dell'articolo 13 dello Statuto regionale, è volto a garantire la tutela della salute come diritto fondamentale della persona e della comunità.

2. Costituiscono obiettivi del Servizio sanitario regionale la promozione della salute, la prevenzione, la cura e la riabilitazione, al fine di assicurare ai cittadini i livelli uniformi ed essenziali di tutela della salute e assistenza sanitaria indicati dalla programmazione nazionale, nonché eventuali ulteriori livelli integrativi di assistenza sanitaria indicati dalla programmazione regionale anche in rapporto alle risorse messe a disposizione.

3. Nell'organizzazione e nel funzionamento, il Servizio sanitario regionale si informa al principio della centralità della persona, della comunità e della valorizzazione del ruolo e responsabilità degli operatori sanitari per la promozione della qualità. A tal fine privilegia:

a) i modelli organizzativi che, favorendo la costituzione e lo sviluppo di reti interstrutturali e interaziendali anche con altre istituzioni, contribuiscono allo sviluppo dei livelli di salute mediante il coordinamento e l'integrazione dei servizi sanitari e socio-sanitari;

b) l'adozione di percorsi assistenziali integrati come metodologia di lavoro corrente per la gestione delle patologie prevalenti, a garanzia della continuità della presa in carico del bisogno di cura individuale, dalla fase di acuzie e sub-acuzie a quella riabilitativa e di gestione della cronicità.

4. Il Servizio sanitario regionale opera al fine di garantire agli assistiti la piena eguaglianza nel godimento delle prestazioni che realizzano il diritto alla salute.

5. Il Servizio sanitario regionale appartiene alla comunità e le strutture che ne fanno parte operano garantendo forme di partecipazione degli utenti e delle loro organizzazioni, in particolare, nelle fasi di programmazione e valutazione dei servizi.

 

Titolo II

Soggetti del servizio sanitario regionale

Capo I

Competenze della regione e dei comuni

 

     Art. 4. Assetto istituzionale.

1. Sono soggetti istituzionali del Servizio sanitario regionale la Regione e i comuni.

2. I compiti di gestione dei servizi sanitari sono esercitati dalle aziende sanitarie regionali distinte in aziende unità sanitarie locali, aziende ospedaliere e aziende ospedaliero-universitarie.

3. Alla determinazione ed al perseguimento delle finalità del Servizio sanitario regionale concorrono l'Università degli Studi di Perugia e l'Istituto zooprofilattico sperimentale dell'Umbria e delle Marche di cui alla legge regionale 20 novembre 2013, n. 28 (Ratifica dell'accordo tra la Regione Umbria e la Regione Marche concernente il riordino dell'Istituto zooprofilattico sperimentale dell'Umbria e delle Marche), nonché gli enti sanitari e assistenziali pubblici e organismi privati accreditati operanti nel territorio regionale.

 

     Art. 5. Competenze della Regione.

1. Spettano alla Regione le funzioni di pianificazione, programmazione, indirizzo, coordinamento, monitoraggio e controllo, verifica e valutazione delle attività svolte nell'ambito del Servizio sanitario regionale, nonché le altre funzioni ad essa demandate dalla normativa statale.

2. La Giunta regionale, con propri atti, definisce modalità e criteri per regolare la produzione e l'erogazione dei servizi sanitari da parte degli operatori pubblici e privati nel territorio regionale.

3. La Giunta regionale, al fine di assicurare la coerenza della gestione dei servizi sanitari rispetto agli obiettivi della programmazione e garantire omogeneità di interventi e di prestazioni su tutto il territorio regionale, nonché l'uso ottimale delle risorse finanziarie e l'efficienza delle strutture sanitarie, adotta direttive vincolanti per le aziende sanitarie regionali, informandone contestualmente l'Assemblea Legislativa.

4. La Giunta regionale, anche attraverso il sistema integrato in rete delle strutture erogatrici di prestazioni sanitarie, fornisce alle aziende sanitarie regionali supporti tecnico-scientifici sotto forma di linee-guida, protocolli e altre norme di buona pratica professionale finalizzate anche al perseguimento della appropriatezza.

5. La Giunta regionale svolge attività di indirizzo tecnico, promozione e supporto nei confronti delle aziende sanitarie regionali, anche in relazione al controllo di gestione, ai controlli interni ed alla valutazione di qualità, quantità e costi delle prestazioni sanitarie.

6. La Giunta regionale acquisisce le informazioni epidemiologiche necessarie al processo di programmazione, indirizzo, valutazione e verifica dell'efficacia degli interventi, mediante l'osservatorio epidemiologico regionale di cui all'articolo 101.

7. La Giunta regionale verifica annualmente lo stato di realizzazione dei piani attuativi delle aziende sanitarie regionali di cui all'articolo 14 anche in base alla relazione di cui all'articolo 29 trasmessa dai direttori generali.

8. La Giunta regionale, a completamento di ogni ciclo di programmazione sanitaria regionale, predispone la relazione di cui all'articolo 16, comma 1, finalizzata alla valutazione del Servizio sanitario regionale.

9. L'Assemblea Legislativa approva il Piano sanitario regionale di cui all'articolo 12.

 

     Art. 6. Competenze del Comune.

1. Il Comune partecipa alla realizzazione degli obiettivi del Servizio sanitario regionale concorrendo alla programmazione sanitaria regionale.

2. Il Comune in particolare tutela i cittadini nel loro diritto alla promozione ed alla difesa della salute e svolge le funzioni relative alla tutela dell'ambiente di vita avvalendosi dei servizi dei dipartimenti di prevenzione di cui all'articolo 42 e dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente di cui alla legge regionale 6 marzo 1998, n. 9 [Norme sulla istituzione e disciplina dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (A.R.P.A.)].

3. Il Comune può, altresì, presentare alle unità sanitarie locali osservazioni e proposte per la salvaguardia dei diritti e della dignità dei propri cittadini, nonché per il miglioramento delle condizioni di erogazione delle prestazioni sanitarie e contribuisce al perseguimento di obiettivi di integrazione tra i servizi socio-assistenziali e quelli sanitari.

4. Il Comune, previa verifica di compatibilità con la programmazione regionale da parte della Giunta regionale, può concordare con l'azienda unità sanitaria locale particolari forme di assistenza sanitaria che integrino i livelli stabiliti dalla Regione, purché i relativi costi siano sostenuti interamente dal comune stesso.

 

     Art. 7. Poteri del sindaco.

1. Il sindaco, nell'esercizio delle funzioni che gli competono quale autorità sanitaria locale si avvale dei servizi dell'azienda unità sanitaria locale di riferimento facendone preventivamente richiesta al Direttore generale dell'azienda medesima.

2. Qualora sussistono motivate ragioni di urgenza il sindaco si avvale dei servizi di cui sopra rivolgendosi direttamente ai responsabili dei servizi medesimi, informandone contemporaneamente il Direttore generale dell'azienda territorialmente competente.

 

     Art. 8. Conferenza dei sindaci.

1. In ciascuna delle aziende unità sanitarie locali di cui all'art. 18 è costituita la Conferenza dei sindaci, organo di rappresentanza dei Comuni per l'espressione delle esigenze sanitarie del territorio di competenza.

2. La Conferenza dei sindaci svolge le sue funzioni tramite il Consiglio di rappresentanza composto da quattro membri e dal presidente della Conferenza stessa. Nel Consiglio di rappresentanza sono comunque presenti i sindaci dei due Comuni con maggior numero di abitanti.

3. La Conferenza dei sindaci approva, entro sessanta giorni dall'insediamento, il regolamento per il proprio funzionamento recante anche la disciplina per la nomina del presidente e del Consiglio di rappresentanza di cui al comma 2. Il regolamento stabilisce i criteri di rappresentanza in relazione alla rispettiva consistenza demografica.

4. La Conferenza dei sindaci, nell'ambito della programmazione regionale e delle risorse definite, contribuisce a delineare le linee di indirizzo e di attività delle unità sanitarie locali nonché a definire la programmazione e le modalità di integrazione della risposta ai bisogni di salute che richiedono unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale.

5. La Conferenza dei sindaci garantisce la concertazione e la cooperazione tra le aziende unità sanitarie locali e gli enti locali, anche attraverso la partecipazione dei cittadini, in forma singola o associati, ai processi di formazione degli atti regionali di programmazione in materia di assistenza sanitaria e alla verifica dell'efficacia ed efficienza degli interventi realizzati.

6. La Conferenza dei sindaci esercita le seguenti funzioni:

a) formula, nell'ambito della programmazione regionale, indirizzi per l'impostazione programmatica del Piano attuativo di cui all'articolo 14 e delle attività delle unità sanitarie locali;

b) esprime, con le modalità ed i termini previsti dall'articolo 16 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), parere sul piano attuativo della unità sanitaria locale dell'articolo 14;

c) esprime, con le modalità ed i termini previsti dall'articolo 16 della L. 241/1990, parere sui progetti relativi al bilancio pluriennale e i relativi aggiornamenti e al bilancio preventivo economico dell'unità sanitaria locale di riferimento ai sensi dell'articolo 65;

d) esercita l'intesa prevista all'articolo 38, comma 7, sulla definizione dell'articolazione del territorio afferente all'azienda unità sanitaria locale, in distretti sanitari;

e) verifica l'andamento generale dell'attività dell'azienda unità sanitaria locale ed esprime il parere alla Giunta regionale, sull'efficacia, efficienza e funzionalità dei servizi sanitari e socio-sanitari al fine della valutazione annuale dei direttori generali da parte della stessa Giunta;

f) esprime parere sul progetto di Piano sanitario regionale di cui all'articolo 12;

g) esprime alla Giunta regionale parere sulla proposta in ordine alla localizzazione della sede legale dell'unità sanitaria locale;

h) esercita l'intesa con il Direttore generale della unità sanitaria locale per la nomina del coordinatore dei servizi sociali di cui all'articolo 36.

 

     Art. 9. Funzioni del Consiglio delle autonomie locali nell'ordinamento sanitario regionale.

1. Le competenze e le funzioni della Conferenza permanente per la programmazione sanitaria e socio - sanitaria regionale, di seguito Conferenza permanente, già istituita con legge regionale 27 marzo 2000, n. 29 (Prime disposizioni di recepimento del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, concernente: "Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell'art. 1 della legge 30 novembre 1998, n. 419", d'integrazione e modificazione del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502) sono attribuite al Consiglio delle autonomie locali (CAL) di cui alla legge regionale 16 dicembre 2008, n. 20 (Disciplina del Consiglio delle Autonomie Locali).

2. La composizione del CAL è integrata, qualora non presenti tra i componenti del Consiglio medesimo, dai Presidenti delle Conferenze dei sindaci delle aziende unità sanitarie locali regionali.

3. Il CAL, come eventualmente integrato ai sensi del comma 2, esprime pareri nei confronti della Giunta regionale:

a) sul progetto di Piano sanitario regionale, di cui all'articolo 12, sui disegni di legge e sulle proposte di regolamento in materia sanitaria;

b) sugli schemi di atti relativi all'integrazione socio-sanitaria;

c) sugli indirizzi emanati dalla Giunta regionale per l'elaborazione dei piani attuativi di cui all'articolo 14.

4. Sono attribuite al CAL, limitatamente alle aziende ospedaliere e alle aziende ospedaliere universitarie le funzioni di cui all'articolo 8, comma 6, lettere a), b), c) ed e).

 

Capo II

Competenze dell'università

 

     Art. 10. Università.

1. Il rapporto tra le università e la Regione è regolato, in particolare, da protocolli di intesa ai sensi della normativa vigente.

2. La Giunta regionale stipula protocolli d'intesa con l'Università degli Studi di Perugia per la partecipazione della stessa al processo di programmazione sanitaria e, in particolare, per la regolamentazione dell'apporto universitario delle attività di didattica e ricerca alle attività assistenziali del Servizio sanitario regionale nel rispetto delle specifiche finalità istituzionali.

3. I protocolli d'intesa vincolano l'atto aziendale delle aziende ospedaliero-universitarie ed i conseguenti accordi attuativi aziendali, definendo, nel rispetto del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517 (Disciplina dei rapporti fra Servizio sanitario nazionale ed università, a norma dell'articolo 6 della L. 30 novembre 1998, n. 419), in particolare:

a) per le attività assistenziali, i criteri per la costituzione delle strutture organizzative;

b) in relazione alle attività didattiche, i criteri per definire gli apporti reciproci rispetto ai fabbisogni formativi del Servizio sanitario regionale, per l'individuazione delle scuole e dei corsi di formazione nonché per la ripartizione degli oneri;

c) le tipologie di ricerche da assegnare ai dipartimenti assistenziali integrati ed i criteri di ripartizione dei relativi oneri e di utilizzo dei risultati conseguiti;

d) i livelli di compartecipazione della Regione e dell'Università ai risultati di gestione.

4. Per la predisposizione dei protocolli di intesa tra Regione e Università degli Studi di Perugia è costituita, su designazione degli enti stessi, un'apposita commissione paritetica con funzione di supporto tecnico.

La commissione è disciplinata e nominata dalla Giunta regionale con proprio atto. I componenti della stessa non percepiscono alcun compenso.

 

Titolo III

Pianificazione e programmazione del servizio sanitario regionale

Capo I

Pianificazione e programmazione

 

     Art. 11. Livelli e strumenti di pianificazione e programmazione.

1. La pianificazione e la programmazione sanitaria della Regione assicurano, in coerenza con i principi di cui al D.Lgs. 502/1992, lo sviluppo dei servizi di prevenzione, dei servizi ospedalieri in rete, dei servizi sanitari territoriali e la loro integrazione con i servizi di assistenza sociale.

2. Sono strumenti della pianificazione sanitaria a livello regionale:

a) il Piano sanitario regionale di cui all'articolo 12 ed i relativi strumenti di attuazione;

b) il Piano regionale della prevenzione.

3. Sono strumenti della programmazione sanitaria a livello regionale il documento regionale annuale di programmazione di cui all'articolo 14 della legge regionale 28 febbraio 2000, n. 13 (Disposizioni sulla partecipazione della Regione Umbria alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione Europea - Disciplina dell'attività internazionale della Regione) e le disposizioni collegate alla manovra di bilancio regionale.

4. Sono strumenti della pianificazione sanitaria a livello locale i piani attuativi delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere di cui all'articolo 14.

5. Sono strumenti della programmazione sanitaria a livello locale:

a) i programmi annuali di attività dei dipartimenti, delle strutture e dei servizi, i progetti operativi annuali;

b) il programma delle attività territoriali di distretto previsto dall'articolo 3-quater, comma 3 del D.Lgs. 502/1992 e dall'articolo 4, comma 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 febbraio 2001, di cui all'articolo 15.

6. Sono strumenti di valutazione e di monitoraggio della programmazione socio-sanitaria regionale:

a) la relazione sanitaria regionale di cui all'articolo 16;

b) la relazione sanitaria aziendale di cui all'articolo 29.

 

Capo II

Piano sanitario regionale, piano attuativo e programma delle attività territoriali

 

     Art. 12. Piano sanitario regionale.

1. Il Piano sanitario regionale, elaborato in coerenza con il Piano sanitario nazionale, è lo strumento con il quale la Regione definisce gli obiettivi di salute e di politica sanitaria regionale ed adegua l'organizzazione dei servizi sanitari e socio-sanitari in relazione ai bisogni assistenziali della popolazione attraverso idonei indicatori dello stato di salute della popolazione medesima.

2. Il Piano sanitario regionale, di durata triennale, definisce i livelli uniformi ed essenziali di assistenza da assicurare su tutto il territorio regionale e contiene le disposizioni generali per la formazione dei piani attuativi di cui all'art. 14.

3. Il Piano sanitario regionale assicura il raccordo con il Piano sociale regionale di cui all'articolo 270, nonché l'integrazione con il Piano regionale integrato per la non autosufficienza di cui all'articolo 326.

4. Il Piano sanitario regionale prevede metodologie e strumentazioni atte a consentire il monitoraggio e la verifica d'attuazione dei programmi e dei progetti ivi contenuti.

5. Il piano, nel rispetto dei contenuti e degli indirizzi del Piano sanitario nazionale e della programmazione economica, contiene in particolare:

a) le modalità per il conseguimento degli obiettivi da realizzare nel triennio con riferimento a quelli previsti all'art. 2 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale);

b) la previsione dei fondi predisposti per l'attuazione del piano e gli indirizzi per la loro ripartizione;

c) gli indirizzi per realizzare nel territorio regionale l'equilibrata e coordinata organizzazione dei servizi;

d) le indicazioni per la formazione e l'aggiornamento professionale del personale;

e) le procedure e le modalità per le verifiche periodiche sullo stato di attuazione del piano.

6. Il piano individua le forme ed i modi di partecipazione delle associazioni di volontariato alla realizzazione degli obiettivi previsti.

 

     Art. 13. Procedimento di approvazione del Piano sanitario regionale.

1. Lo schema di proposta del Piano sanitario regionale è adottato dalla Giunta regionale ai fini dell'acquisizione dei pareri di cui ai commi 2 e 3 e degli adempimenti di concertazione sociale e istituzionale di cui al comma 4.

2. Lo schema di proposta del Piano sanitario regionale è inviato, per l'acquisizione dei relativi pareri, al CAL di cui all'articolo 9, alle Conferenze dei sindaci di cui all'articolo 8 e all'Università degli Studi di Perugia. Qualora tali pareri non vengano resi entro sessanta giorni dal ricevimento della richiesta, gli stessi si intendono espressi in senso favorevole.

3. Lo schema di proposta del Piano sanitario regionale, corredato del parere espresso dall'Università degli Studi di Perugia ovvero dell'attestazione della mancata espressione del parere nei termini indicati, viene trasmesso al Ministero della Salute per acquisire il parere relativo alla coerenza dello stesso con gli indirizzi del Piano sanitario nazionale ai sensi dell'articolo 1, comma 14 del D.Lgs. 502/1992.

4. Lo schema di proposta del Piano sanitario regionale è sottoposto dalla Giunta regionale all'esame del tavolo di concertazione e partenariato istituzionale e sociale di cui all'articolo 5 della L.R. n. 13/2000.

5. La Giunta regionale, entro sessanta giorni dal ricevimento dell'ultimo dei pareri di cui al presente articolo, adotta la proposta di Piano sanitario regionale da trasmettere all'Assemblea Legislativa corredata dei pareri stessi, unitamente alla documentazione acquisita in sede di concertazione.

6. L'Assemblea Legislativa approva il Piano sanitario regionale. L'aggiornamento del Piano sanitario regionale, avviene, di norma, con il Documento annuale di programmazione regionale e con le disposizioni collegate alla manovra di bilancio regionale.

7. Fino all'approvazione del nuovo Piano sanitario regionale vigono le disposizioni del Piano precedente.

 

     Art. 14. Piano attuativo.

1. Il Piano attuativo è lo strumento di pianificazione mediante il quale le aziende sanitarie regionali regolano le proprie attività, in attuazione delle linee di indirizzo della programmazione regionale.

2. Il Piano attuativo definisce, in rapporto agli obiettivi determinati ed ai livelli uniformi ed essenziali di assistenza, la programmazione delle attività da svolgere e individua le modalità operative ed organizzative per il perseguimento degli obiettivi stessi.

3. Il Direttore generale di cui all'articolo 25 elabora il progetto di Piano attuativo con il supporto del Collegio di direzione di cui all'articolo 32, sulla base delle disposizioni della programmazione regionale sanitaria e, limitatamente alle aziende unità sanitarie locali, anche sulla base della programmazione regionale socio-sanitaria.

4. Il progetto di Piano attuativo di cui al comma 3 tiene conto anche delle proposte delle Conferenze dei sindaci di cui all'articolo 8, del CAL di cui all'articolo 9, nonché dei soggetti di cui all'articolo 96, comma 2.

5. Il progetto di Piano attuativo viene trasmesso al Consiglio dei sanitari di cui all'articolo 35 per l'acquisizione del relativo parere.

6. Il progetto di Piano attuativo viene adottato dal Direttore generale di cui all'articolo 25 e trasmesso alla Conferenza dei sindaci di cui all'articolo 8 per le aziende unità sanitarie locali e al CAL di cui all'articolo 9 per le aziende ospedaliere, al fine dell'acquisizione dei relativi pareri.

7. Il Direttore generale rielabora il Piano attuativo, sulla base dei pareri acquisiti, e lo trasmette alla Giunta regionale, unitamente agli stessi. La Giunta regionale, ai sensi dell'articolo 83, entro quaranta giorni verifica la conformità del Piano attuativo alla programmazione regionale sanitaria e socio-sanitaria. In caso di mancata conformità, la Giunta regionale rinvia la proposta di Piano attuativo al Direttore generale il quale è tenuto a predisporre una nuova proposta che tenga conto dei rilievi espressi.

8. Il Piano attuativo è efficace con l'approvazione della Giunta regionale.

9. Il Piano attuativo ha la durata del Piano sanitario regionale di cui all'articolo 12 ed è aggiornato annualmente.

10. Gli aggiornamenti del Piano attuativo si realizzano attraverso i programmi annuali di attività dei dipartimenti, delle strutture e dei servizi, mediante i progetti operativi e, limitatamente alle aziende unità sanitarie locali, mediante il programma delle attività territoriali di cui all'articolo 15. Nell'ambito di tali programmi sono definiti gli standard quantitativi e qualitativi, gli indicatori di verifica di cui all'articolo 17, comma 5 e le risorse necessarie che tengono conto delle metodiche di budget.

 

     Art. 15. Programma delle attività territoriali.

1. Il Programma delle Attività Territoriali, di seguito denominato PAT, i cui contenuti sono fissati all'articolo 3-quater, commi 2 e 3 del D.Lgs. 502/1992, è lo strumento programmatorio del distretto in cui sono definiti i bisogni prioritari e gli interventi di natura sanitaria e socio-sanitaria necessari per affrontarli.

2. Il PAT è basato sulla intersettorialità degli interventi cui concorrono le diverse strutture operative e contiene:

a) la localizzazione dei servizi e delle strutture afferenti al distretto;

b) la determinazione delle risorse per l'integrazione socio-sanitaria e delle quote rispettivamente a carico dell'unità sanitaria locale e dei comuni.

3. Il PAT si inserisce nel sistema programmatorio socio-sanitario e si coordina con quanto previsto dal Piano sociale di Zona di cui all'art. 272 relativamente agli interventi sociali. Costituisce parte integrante del PAT il Programma operativo del Piano regionale integrato per la non autosufficienza di cui all'articolo 326.

4. Il PAT, sulla base delle risorse assegnate e previo parere del Comitato dei sindaci di distretto di cui all'articolo 40, è proposto dal Direttore del distretto di cui all'articolo 39, e approvato dal Direttore generale di cui all'articolo 25 d'intesa, limitatamente alle attività sociosanitarie, con il Comitato medesimo e tenuto conto delle priorità stabilite a livello regionale e locale.

5. Il PAT è aggiornato con cadenza annuale sulla base del processo di valutazione di cui all'articolo 17, comma 6 in raccordo con il budget di distretto.

 

     Art. 16. Relazioni sanitarie.

1. Per il miglioramento della qualità del Servizio sanitario regionale, e al fine di definire le strategie dei successivi Piani sanitari regionali, la Giunta regionale predispone, al completamento di ogni ciclo di pianificazione sanitaria regionale, la relazione sanitaria sui risultati raggiunti in rapporto agli obiettivi definiti dal Piano sanitario regionale, sulla base di un apposito sistema di indicatori individuati dalla Giunta stessa.

2. La relazione di cui al comma 1 è trasmessa alla Conferenza dei sindaci per il parere di cui all'articolo 8, comma 6, lettera e) per le aziende unità sanitarie locali e al CAL per le aziende ospedaliere ai sensi dell'articolo 9, comma 4.

3. La relazione di cui al comma 1, unitamente ai pareri di cui al comma 2, è trasmessa all'Assemblea Legislativa.

4. La Giunta regionale trasmette annualmente al Ministero della Salute, ai sensi dell'articolo 1, comma 4 del D.Lgs. 502/1992, una relazione sullo stato di attuazione della programmazione regionale, sui risultati di gestione raggiunti in merito agli obiettivi di salute e sulla spesa prevista per l'anno successivo.

 

Titolo IV

Organizzazione del servizio sanitario regionale

Capo I

Istituzione e compiti delle aziende sanitarie regionali

 

     Art. 17. Principi generali per la gestione dei servizi sanitari da parte delle aziende sanitarie regionali.

1. Le aziende sanitarie regionali pianificano le attività ed i servizi sulla base di percorsi assistenziali in grado di assicurare la continuità delle cure attraverso un modello integrato tra servizi territoriali e servizi ospedalieri.

2. Le aziende sanitarie regionali devono garantire il coordinamento delle prestazioni correlate alle condizioni di salute del singolo attraverso l'integrazione degli operatori, con l'obiettivo di dare una risposta appropriata sia in termini di qualità che di compatibilità con le risorse disponibili.

3. La Giunta regionale definisce, con proprio atto, un sistema di indicatori per verificare gli standard organizzativi, l'appropriatezza, la qualità ed i risultati conseguiti dal percorso assistenziale.

4. La Giunta regionale con regolamento disciplina l'organizzazione e il funzionamento del nucleo tecnico per il controllo di gestione ed il controllo di qualità al fine di monitorare la spesa e valutare i servizi erogati dalle strutture sanitarie pubbliche e private.

5. Le aziende sanitarie regionali definiscono gli standard di responsabilità sociale, intesi come gli impegni che l'azienda sanitaria stessa intende garantire nella propria organizzazione dei servizi e delle attività, in relazione agli aspetti organizzativi, strutturali e comportamentali con l'obiettivo dell'umanizzazione delle cure e del perseguimento dei valori sottesi.

6. Le aziende sanitarie regionali sviluppano un processo di valutazione circa la conformità dell'insieme delle proprie strutture ed attività agli standard di responsabilità sociale definiti al comma 5. In tale processo valutativo deve essere garantita la partecipazione attiva degli operatori e dei responsabili aziendali unitamente a quella degli utenti e delle loro associazioni di rappresentanza. Al termine del processo di valutazione l'azienda definisce un piano di miglioramento aziendale rispetto alle criticità rilevate che va assunto quale elemento strategico della propria pianificazione generale.

 

     Art. 18. Istituzione delle aziende unità sanitarie locali.

1. In ciascuno degli ambiti territoriali individuati nella tabella Allegato A), che forma parte integrante e sostanziale del presente testo unico, è confermata l'istituzione di una unità sanitaria locale, già istituita ai sensi dell'articolo 6 della L.R. n. 18/2012.

2. La sede legale delle aziende unità sanitarie locali è stabilita dalla Giunta regionale con proprio atto, acquisito il parere della competente Conferenza dei sindaci di cui all'articolo 8, entro trenta giorni dal ricevimento, da parte della Conferenza stessa, della proposta della Giunta regionale. In caso di inerzia provvede comunque la Giunta regionale.

3. Le unità sanitarie locali di cui al comma 1 sono costituite in aziende dotate di personalità giuridica pubblica e godono di autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale, tecnica ed imprenditoriale.

4. L'organizzazione e il funzionamento delle unità sanitarie locali sono disciplinati con l'atto aziendale di diritto privato di cui all'articolo 22.

 

     Art. 19. Organizzazione delle Aziende unità sanitarie locali.

1. Le aziende unità sanitarie locali, nell'ambito della programmazione sanitaria regionale, organizzano i propri servizi e l'attività di competenza attenendosi ai seguenti criteri:

a) autonomia organizzativa dei livelli decisionali, al fine della efficienza operativa;

b) articolazione dei servizi idonea a garantire l'erogazione e l'acquisizione delle prestazioni individuate nel Piano sanitario regionale di cui all'articolo 12 sulla base dei livelli essenziali di assistenza, attraverso la definizione di percorsi assistenziali integrati;

c) strutturazione in forma dipartimentale anche a valenza interaziendale, per aree omogenee, sulla base delle disposizioni del presente Testo unico e della programmazione regionale;

d) istituzione, in attuazione della legge 10 agosto 2000, n. 251 (Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica), del Servizio infermieristico, tecnico-sanitario, riabilitativo, ostetrico e della prevenzione (SITRO) come struttura di staff della direzione aziendale dotato di autonomia tecnico organizzativa e gestionale, che può essere articolato anche su base dipartimentale per la promozione, l'attuazione e lo sviluppo di modelli di organizzazione ed innovazione dei processi assistenziali;

e) decentramento decisionale verso i dipartimenti, i distretti e le strutture al fine di favorire la più ampia partecipazione e l'apporto delle professionalità del Servizio sanitario regionale ai processi organizzativi e operativi;

f) coordinamento tra attività sanitarie ed attività sociali;

g) coordinamento tra servizi ospedalieri e servizi territoriali distrettuali, sia domiciliari che semiresidenziali e riabilitativi;

h) garanzia della presa in carico del cittadino-utente al momento dell'accesso ai servizi con procedure semplificate;

i) pieno coinvolgimento e responsabilizzazione dei medici di medicina generale e pediatri di libera scelta nella programmazione del percorso assistenziale e nella sua attivazione e monitoraggio.

2. Ciascuna unità sanitaria locale esercita la propria autonomia organizzativa mediante l'atto aziendale di diritto privato di cui all'articolo 22.

 

Capo II

Aziende ospedaliere ed aziende ospedaliero universitarie

 

     Art. 20. Aziende ospedaliere.

1. Gli ospedali costituiti in azienda ospedaliera hanno personalità giuridica pubblica e godono di autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale, tecnica e imprenditoriale.

2. Sono aziende ospedaliere del Servizio sanitario regionale di rilievo nazionale di alta specialità: l'Azienda Ospedaliera di Perugia Santa Maria della Misericordia e l'Azienda Ospedaliera S. Maria di Terni.

3. Le aziende ospedaliere, nell'ambito della programmazione sanitaria regionale, organizzano i propri servizi e l'attività di competenza, attenendosi ai seguenti criteri:

a) autonomia organizzativa dei livelli decisionali, al fine dell'efficienza operativa;

b) strutturazione in forma dipartimentale anche a valenza interaziendale, per aree omogenee, sulla base delle disposizioni della presente legge e della programmazione regionale;

c) istituzione, in attuazione della L. 251/2000, del Servizio infermieristico, tecnico sanitario, riabilitativo, ostetrico (SITRO), come struttura di staff della direzione aziendale dotata di autonomia tecnico organizzativa e gestionale, che può essere articolato anche su base dipartimentale, per la promozione, l'attuazione e lo sviluppo di modelli di organizzazione ed innovazione dei processi assistenziali;

d) decentramento decisionale verso i dipartimenti e le strutture al fine di favorire la più ampia partecipazione e l'apporto delle professionalità del Servizio sanitario regionale ai processi organizzativi e operativi.

4. Ciascuna azienda ospedaliera esercita la propria autonomia organizzativa mediante l'atto aziendale di diritto privato di cui all'articolo 22.

 

     Art. 21. Aziende ospedaliero-universitarie.

1. In attuazione del D.Lgs. 517/1999 possono essere costituite le aziende ospedaliero-universitarie di cui all'articolo 2, comma 2, lettera b) dello stesso decreto legislativo.

2. Le modalità di costituzione della Azienda ospedaliero-universitaria di Perugia e della Azienda ospedaliero-universitaria di Terni sono disciplinate dal comma 3.

3. La costituzione, l'attivazione, l'organizzazione e il funzionamento delle aziende ospedaliero-universitarie di cui al comma 2 sono disciplinate dal protocollo d'intesa previsto dal D.Lgs. 517/1999 e dall'articolo 10 del presente testo unico; in particolare, le aziende ospedaliero-universitarie sono costituite in seguito alla sottoscrizione dei protocolli attutivi, stipulati rispettivamente dai direttori generali o soggetti ad essi equiparati delle aziende ospedaliere di cui all'articolo 20 e dal Rettore dell'Università degli Studi di Perugia.

4. I protocolli attutivi di cui al comma 3 disciplinano in particolare l'atto aziendale ed il regolamento di organizzazione e funzionamento delle aziende ospedaliero-universitarie di cui al comma 2 nonché la ripartizione paritetica dei risultati economici della gestione, come risultante da bilancio consuntivo annuale.

5. Le aziende ospedaliero-universitarie di cui al comma 2 sono dotate di personalità giuridica pubblica e sono formalmente costituite con decreto del Presidente della Giunta regionale, su conforme deliberazione della Giunta regionale, che prende atto della avvenuta sottoscrizione dei protocolli attuativi di cui al comma 3. La formale costituzione decorre dal giorno successivo alla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione del decreto del Presidente della Giunta regionale.

6. La concreta attivazione dell'Azienda ospedaliero-universitaria di Perugia e dell'Azienda ospedaliero-universitaria di Terni avviene con la costituzione degli organi, al termine dell'espletamento delle relative procedure.

7. A far data dalla costituzione dell'Azienda ospedaliero-universitaria di Perugia, con decreto del Presidente della Giunta regionale, su conforme deliberazione della Giunta regionale, è soppressa l'Azienda Ospedaliera di Perugia Santa Maria della Misericordia. A far data dalla costituzione dell'Azienda ospedaliero-universitaria di Terni, con decreto del Presidente della Giunta regionale, su conforme deliberazione della Giunta regionale, è soppressa l'Azienda ospedaliera S. Maria di Terni.

 

Capo III

Atto aziendale e servizi gestiti in forma associata

 

     Art. 22. Atto aziendale.

1. L'organizzazione e il funzionamento delle aziende unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere sono disciplinate dall'atto aziendale di cui all'articolo 3, comma 1-bis del D.Lgs. 502/1992. L'atto aziendale contiene, in particolare:

a) l'individuazione delle strutture operative dotate di autonomia gestionale o tecnico professionale, soggette a rendicontazione analitica e le competenze dei relativi responsabili. L'atto aziendale attribuisce ai responsabili delle diverse strutture in cui si articola l'azienda poteri gestionali e competenze decisionali comprese quelle che impegnano l'azienda verso l'esterno. L'incarico di direzione di struttura vale anche come delega per il relativo esercizio;

b) l'individuazione dei distretti quale articolazione territoriale e organizzativa dell'azienda unità sanitaria locale;

c) le modalità di costituzione e di funzionamento dei dipartimenti e delle strutture secondo quanto previsto all'articolo 37, comma 5;

d) le modalità ed i criteri per l'attribuzione ai dirigenti dei compiti e degli incarichi e per la verifica dei risultati degli stessi;

e) le modalità di partecipazione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta alla gestione e programmazione aziendale dei servizi sanitari;

f) la disciplina dell'attribuzione ai dirigenti di cui all'articolo 15-bis, comma 1 del D.Lgs. 502/1992 dei compiti per l'attuazione degli obiettivi definiti dalla programmazione aziendale, entro i limiti economici e secondo le modalità operative definite in sede di assegnazione degli obiettivi stessi;

g) il numero degli incarichi e delle strutture, nonché le modalità ed i criteri per l'attribuzione degli stessi e la verifica di risultato, secondo quanto previsto all'articolo 15-ter del D.Lgs. 502/1992;

h) la previsione dell'adozione di un Codice etico cui devono uniformarsi sia il personale dell'azienda che le associazioni che intendono svolgere le loro attività nelle strutture organizzative aziendali.

2. L'atto aziendale e le sue modifiche ed integrazioni sono adottati dal Direttore generale sulla base degli indirizzi della programmazione regionale ed in conformità con i principi ed i criteri di cui alla presente legge, sentito il Collegio di direzione di cui all'articolo 32 acquisito il parere del Consiglio dei sanitari di cui all'articolo 35.

3. L'atto aziendale, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 83 è trasmesso alla Giunta.

4. A seguito dell'adozione dell'atto aziendale i direttori generali provvedono ad adeguare allo stesso i contenuti del regolamento aziendale, previsto all'articolo 25, comma 2, lettera f).

 

     Art. 23. Servizi gestiti in forma associata e aggregata.

1. Ciascuna azienda sanitaria regionale può gestire, per conto delle altre, attività di interesse comune, anche di carattere sanitario, previa stipula di apposito accordo e può, altresì, consorziarsi per la disciplina e per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive attività gestionali ed amministrative di interesse comune.

2. I direttori generali delle aziende sanitarie regionali definiscono programmi pluriennali per l'acquisizione, in forma centralizzata di beni e servizi e dispongono, i piani di acquisto annuali di beni e servizi occorrenti per il funzionamento delle aziende sanitarie regionali in funzione degli obiettivi fissati nel programma pluriennale.

3. La Giunta regionale dispone, con propria deliberazione, l'assetto organizzativo, le modalità di gestione e l'individuazione delle attività tecnico-amministrative e sanitarie in cui si esplica la gestione in comune prevista al comma 1.

4. La Giunta regionale emana indirizzi riguardo alla predisposizione di piani aziendali integrati per migliorare l'efficienza energetica delle strutture sanitarie.

 

Titolo V

Funzioni gestionali

Capo I

Organi delle aziende sanitarie regionali

 

     Art. 24. Organi delle aziende sanitarie regionali.

1. Sono organi delle aziende unità sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e delle aziende ospedaliero-universitarie:

a) il Direttore generale;

b) il Collegio di direzione;

c) il Collegio sindacale.

2. È altresì organo delle aziende ospedaliero-universitarie l'Organo di indirizzo istituito quale organo unico delle aziende ospedaliere-universitarie costituite nella Regione.

 

     Art. 25. Direttore generale: poteri e competenze.

1. Il Direttore generale ha la rappresentanza dell'azienda sanitaria regionale ed è responsabile della sua gestione. Il Direttore generale, al fine di garantire il corretto, efficace ed efficiente funzionamento dell'organizzazione da esso diretta, attribuisce, tramite l'atto aziendale di cui all'articolo 22 i poteri di gestione ad esso riconosciuti dalle vigenti disposizioni ai diversi livelli gestionali. Il Direttore generale con le proprie scelte di organizzazione assicura un'adeguata distribuzione delle potestà decisionali e mantiene presso la direzione aziendale le funzioni di programmazione, di gestione strategica e di decisione generale.

2. Sono comunque riservati al Direttore generale i seguenti atti:

a) la nomina del Direttore amministrativo e del Direttore sanitario di cui all'articolo 36;

b) la nomina, ove ricorrano le condizioni previste dall'articolo 3, comma 3, del D.Lgs. 502/1992, del coordinatore dei servizi sociali di cui all'articolo 36;

c) la nomina di figure dirigenziali altamente qualificate e con funzioni coadiuvanti in relazione ad obiettivi specificamente individuati e la conseguente stipula di contratti di diritto privato;

d) la sospensione e la decadenza del direttore amministrativo, del direttore sanitario, delle figure dirigenziali di cui alla lettera c) e del coordinatore dei servizi sociali; la decadenza del coordinatore dei servizi sociali è disposta d'intesa con la conferenza dei sindaci;

e) la nomina dei componenti del collegio sindacale;

f) l'adozione del regolamento di organizzazione dell'azienda sanitaria regionale, sentito il Direttore amministrativo, il Direttore sanitario e il Coordinatore dei servizi sociali ove nominato, nonché per le aziende ospedaliero-universitarie d'intesa con il Rettore dell'Università;

g) gli atti di bilancio;

h) la predisposizione dei piani attuativi di cui all'articolo 14.

3. Al Direttore generale compete la verifica dei rendimenti e dei risultati aziendali, nonché la valutazione dell'efficacia e dell'economicità dell'azione amministrativa, in applicazione dei principi generali enunciati all'articolo 17.

4. Il Direttore generale promuove con azioni positive pari opportunità fra i sessi nell'organizzazione aziendale. Il rapporto sulla situazione del personale, previsto dall'articolo 46 del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 (Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell'articolo 6 della legge 28 novembre 2005, n. 246), è redatto almeno ogni due anni e trasmesso, ai soggetti individuati al comma 2 dello stesso articolo 46 del D.Lgs. 198/2006 ed al Presidente della Giunta regionale.

5. Il Direttore generale convoca, almeno una volta all'anno, apposita conferenza dei servizi ai sensi dell'articolo 14 del D.Lgs. 502/1992 per verificare l'andamento degli stessi e per individuare ulteriori interventi tesi al miglioramento delle prestazioni.

6. Sono attribuite al Direttore generale delle aziende unità sanitarie locali le funzioni di Commissario liquidatore delle soppresse unità sanitarie locali, già ricomprese nell'ambito territoriale di rispettiva competenza.

 

     Art. 26. Direttore generale: nomina e rapporto di lavoro.

1. Il Direttore generale delle Aziende sanitarie regionali è nominato dal Presidente della Giunta regionale, su conforme deliberazione della Giunta stessa, con le modalità previste dall'articolo 2 del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171 (Attuazione della delega di cui all'articolo 11, comma 1, lettera p), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di dirigenza sanitaria) e nel rispetto del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39 (Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell'articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190).

1-bis. Al fine di dare attuazione all'articolo 2, comma 1 del d.lgs. 171/2016, la Giunta regionale definisce con propria deliberazione le modalità ed i criteri per la nomina da parte del Presidente della Regione della Commissione regionale incaricata di effettuare la valutazione dei candidati da inserire nella rosa relativa ad ogni Azienda sanitaria regionale, nel rispetto di quanto contenuto nel citato comma. La Commissione è composta da tre esperti che non si trovino in situazioni di conflitto d'interessi. Per la partecipazione alla Commissione si applica quanto disposto dall'articolo 8 del d.lgs. 171/2016.

2. Il rapporto di lavoro del Direttore generale è esclusivo.

3. L'efficacia della nomina è subordinata alla stipula di apposito contratto di diritto privato tra il Presidente della Giunta regionale ed il Direttore generale, di durata non inferiore a tre anni e non superiore a cinque anni. La durata degli incarichi di direzione generale è di norma la stessa per tutte le aziende sanitarie regionali. Il contratto è redatto in osservanza delle norme del libro V, Titolo III del codice civile, secondo uno schema tipo adottato dalla Giunta regionale con proprio atto.

4. Il rilievo di eventuali incompatibilità, di cui al D.Lgs. 39/2013, è contestato, in qualunque momento, dalla Giunta regionale al Direttore generale il quale, entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, provvede a rimuoverne le cause, dandone notizia alla Giunta stessa; decorso tale termine senza che le cause siano state rimosse, il Direttore generale è dichiarato decaduto.

5. [Abrogato].

6. [Abrogato].

7. La Giunta regionale può modificare, per motivate esigenze organizzative e gestionali, la sede di assegnazione degli incarichi già conferiti a direttori generali di aziende sanitarie regionali. La mobilità interaziendale non comporta ulteriori variazioni al contratto originario, fatta salva la sede di assegnazione riportata nell'atto di accettazione. La mancata accettazione della variazione di sede comporta la risoluzione del contratto.

8. [Abrogato].

9. Ai fini della nomina del Direttore generale delle aziende sanitarie regionali non si applicano le disposizioni di cui alla legge regionale 21 marzo 1995, n. 11 (Disciplina delle nomine di competenza regionale e della proroga degli organi amministrativi).

 

     Art. 27. Elenco regionale dei candidati idonei alla nomina di Direttore generale delle aziende e degli enti del Servizio sanitario regionale.

[Abrogato]

 

     Art. 28. Valutazione dell'attività del Direttore generale.

1. La Giunta regionale, con proprio atto, disciplina le modalità e i criteri per la valutazione annuale dell'attività del Direttore generale in riferimento alla garanzia dei livelli essenziali di assistenza, in termini di efficacia e di efficienza, dei risultati di gestione conseguiti in riferimento agli indirizzi e agli obiettivi fissati nel Piano sanitario regionale di cui all'articolo 12 nel nel Documento di Economia e Finanza Regionale (DEFR) e negli altri atti di indirizzo emanati dalla Regione. Il mancato rispetto da parte del Direttore generale della normativa vigente in materia di contenimento della spesa per beni e servizi ai sensi dell'articolo 2 del decreto legge 18 settembre 2001, n. 347 (Interventi urgenti in materia di spesa sanitaria), converito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, costituisce oggetto di valutazione ai sensi del presente comma.

2. La Giunta regionale per i procedimenti di cui al presente articolo si avvale del supporto tecnico delle proprie strutture anche attraverso l'organismo indipendente di valutazione di cui all'articolo 99, comma 2 della L.R. 13/2000.

3. Le strutture di valutazione di cui al comma 2 provvedono a:

a) svolgere funzioni istruttorie per individuare gli obiettivi di mandato da assegnare ai direttori generali nonché i profili di valutazione degli stessi;

b) predisporre, ai fini delle verifiche annuali e di fine mandato, una relazione istruttoria sui risultati di gestione conseguiti dai direttori generali con riguardo agli obiettivi assegnati.

4. La Giunta regionale ai fini della valutazione dell'attività del Direttore generale acquisisce la relazione di cui all'articolo 29.

5. All'esito della verifica di cui al presente articolo la Giunta regionale dispone, con provvedimento motivato, la conferma dell'incarico o la risoluzione del contratto.

 

     Art. 29. Relazione sanitaria aziendale annuale.

1. La relazione sanitaria aziendale è il documento che attesta i risultati raggiunti annualmente dai direttori generali delle aziende unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere in attuazione del piano attuativo di cui all'articolo 14, in considerazione degli obiettivi e degli indicatori di valutazione, previamente definiti dalla Giunta regionale.

2. La relazione sanitaria aziendale è predisposta dai direttori con il supporto del Collegio di direzione di cui all'art. 32, previa acquisizione del parere del Consiglio dei sanitari. La relazione viene trasmessa alla Giunta regionale entro il 30 giugno dell'anno successivo a quello di riferimento.

3. La Giunta regionale sulla base della relazione di cui al comma 1 verifica i risultati aziendali conseguiti e il raggiungimento degli obiettivi assegnati al Direttore e acquisisce, per le aziende unità sanitarie locali, il parere di cui all'articolo 8, comma 6, lettera e) e, per le aziende ospedaliere, nonché per le aziende ospedaliero-universitarie, il parere di cui dell'articolo 9, comma 4.

4. La Giunta regionale sulla base della relazione aziendale, predispone con cadenza annuale una relazione di monitoraggio e valutazione sull'attività dei direttori generali e sullo stato di attuazione della programmazione regionale. La relazione viene trasmessa all'Assemblea Legislativa unitamente ai pareri di cui al comma 3.

 

     Art. 30. Decadenza e revoca del Direttore generale.

1. La Giunta regionale può dichiarare la decadenza e la revoca del Direttore generale. La pronuncia della decadenza e della revoca comportano la risoluzione del contratto dello stesso.

2. Costituiscono causa di decadenza e revoca del Direttore generale nel rispetto dei principi di cui ai commi 3 e 4 dell'articolo 2 del d.lgs. 171/2016, oltre a quanto previsto dai commi 5 e 6 dello stesso articolo:

a) l'insorgenza di un grave disavanzo d'esercizio tale da costituire pregiudizio all'equilibrio economico dell'azienda sanitaria regionale;

b) il mancato rispetto delle direttive vincolanti emanate dalla Regione;

c) la mancata realizzazione degli obiettivi contenuti negli atti di programmazione regionale, allorché gli stessi prevedano espressamente tale sanzione in caso di inadempienza;

d) l'esito negativo della valutazione di cui all'art. 28;

e) la mancata rimozione delle incompatibilità di cui all'art. 26;

f) la grave violazione dei principi di buon andamento e di imparzialità dell'amministrazione o altri gravi motivi anche su segnalazione della Commissione consiliare competente in materia di sanità.

3. In caso di vacanza dell'ufficio o nei casi di assenza o impedimento del Direttore generale si applica quanto previsto dal comma 6 dell'articolo 3 del D.Lgs. 502/1992.

4. La Giunta regionale in caso di decadenza e di revoca del Direttore generale procede alla sua sostituzione ai sensi dell'articolo 2 del d.lgs. 171/2016.

 

     Art. 31. Direttore generale dell'azienda ospedaliero-universitaria: ulteriori disposizioni.

1. Il Direttore generale dell'Azienda ospedaliero-universitaria, nominato dal Presidente della Giunta regionale previa deliberazione della Giunta stessa, d'intesa con il Rettore dell'Università degli Studi di Perugia, è scelto tra gli iscritti nell'elenco nazionale di cui all'articolo 1 del d.lgs. 171/2016, con le procedure e le modalità previste dall'articolo 6 del medesimo d.lgs. 171/2016 e dall'articolo 4, comma 2 del d.lgs. 517/1999, nonché dal d.lgs. 39/2013.

2. Le procedure di verifica dei risultati, di conferma, di decadenza e di revoca del Direttore generale dell'azienda ospedaliero-universitaria sono disciplinate dai protocolli d'intesa tra la Regione e l'Università degli Studi di Perugia, sulla base dei principi di cui all'articolo 2 del d.lgs. 171/2016.

 

     Art. 31 bis. (Intese e pareri con l'Università degli Studi di Perugia)

1. La nomina del direttore generale delle aziende ospedaliero - universitarie di cui all'articolo 21 avviene previa intesa con il Rettore dell'Università degli Studi di Perugia nel rispetto di quanto previsto all'articolo 31, comma 1.

2. Ove i rapporti delle Aziende ospedaliere di Perugia e di Terni con l'Università degli Studi di Perugia siano regolati da atto convenzionale, la nomina del direttore generale delle Aziende medesime avviene previo parere del Rettore della stessa Università.

 

     Art. 32. Collegio di direzione.

1. Presso ogni azienda sanitaria regionale è istituito il Collegio di direzione. Il Collegio di direzione, in particolare:

a) concorre al governo delle attività cliniche;

b) partecipa alla pianificazione delle attività, incluse la ricerca, la didattica ed i programmi di formazione;

c) indica le soluzioni organizzative per l'attuazione dell'attività libero-professionale intramuraria.

2. Il Collegio di direzione concorre, inoltre, allo sviluppo organizzativo e gestionale delle aziende, con particolare riferimento all'individuazione di indicatori di risultato clinico-assistenziale e di efficienza, nonché dei requisiti di appropriatezza e di qualità delle prestazioni. Partecipa, altresì, alla valutazione interna dei risultati conseguiti in relazione agli obiettivi prefissati ed è consultato obbligatoriamente dal direttore generale su tutte le questioni attinenti al governo delle attività cliniche.

3. Nelle aziende ospedaliero universitarie il Collegio di direzione partecipa alla pianificazione delle attività di ricerca e didattica.

4. La Giunta regionale definisce, con direttiva vincolante, la composizione e il funzionamento del Collegio di direzione, in modo da garantire la partecipazione di tutte le figure professionali presenti nell'azienda, prevedendo la partecipazione del Direttore sanitario e del Direttore amministrativo di cui all'articolo 36, dei Direttori di dipartimento di cui all'articolo 37 e dei Direttori di presidio di cui all'articolo 41 tenendo conto delle peculiarità delle aziende unità sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e ospedaliero-universitarie.

5. La composizione del Collegio di direzione nelle aziende unità sanitarie locali è integrata con la partecipazione dei Direttori dei distretti di cui all'articolo 39 afferenti alle stesse.

6. Le modalità di funzionamento, la convocazione periodica, nonché le forme e le modalità delle relazioni tra il Collegio di direzione e gli organi dell'azienda sanitaria regionale sono disciplinate nell'atto aziendale di cui all'articolo 22.

7. Ai componenti del Collegio di direzione non spetta alcun emolumento, compenso, indennità o rimborso spese.

 

     Art. 33. Collegio sindacale.

1. Il Collegio sindacale è istituito presso ogni azienda sanitaria regionale, con compiti di vigilanza sulla regolarità amministrativa e contabile, così come previsto dall'articolo 3-ter del D.Lgs. 502/1992.

2. Il Collegio sindacale, nominato dal Direttore generale dell'azienda sanitaria regionale, dura in carica tre anni ed è composto da tre membri, di cui uno designato dal Presidente della Giunta regionale previa deliberazione dell'Assemblea legislativa, uno designato dal Ministro dell'Economia e delle Finanze e uno dal Ministro della Salute.

3. Presso le aziende ospedaliero universitarie, di cui all'articolo 21 è istituito il Collegio sindacale con le attribuzioni di cui all'articolo 4, comma 3 del D.Lgs. 517/1999. Il Collegio sindacale dura in carica tre anni ed è composto da tre membri, di cui uno designato dal Presidente della Giunta regionale previa deliberazione dell'Assemblea legislativa, uno dal Ministro dell'Economia e delle Finanze e uno dal Ministro della Salute.

 

     Art. 34. Organo di indirizzo delle aziende ospedaliero-universitarie.

1. L'organo di indirizzo di cui all'articolo 24, comma 2, è unico, per le due aziende ospedaliero-universitarie costituite ai sensi dell'articolo 21.

2. L'organo di indirizzo è composto da cinque membri, nominati con decreto del Presidente della Giunta regionale, così individuati:

a) un membro, con funzioni di Presidente, designato dalla Giunta regionale d'intesa con il Rettore dell'Università degli Studi di Perugia;

b) il responsabile della struttura universitaria di coordinamento;

c) un membro designato dal Rettore in rappresentanza dell'Università degli Studi di Perugia;

d) due membri designati dalla Giunta regionale.

3. I componenti dell'organo di indirizzo sono scelti tra persone di notoria e riconosciuta indipendenza, esperte in materia di organizzazione e programmazione dei servizi sanitari; durano in carica quattro anni e possono essere riconfermati una sola volta. Non possono far parte dell'organo di indirizzo né i dipendenti delle aziende né i componenti della Facoltà di Medicina e Chirurgia. Non possono essere, altresì indicati quali membri dell'organo d'indirizzo coloro che già godono del trattamento di quiescenza.

4. L'organo di indirizzo determina, nell'ambito delle risorse assegnate dallo Stato e dalla Regione, le linee di indirizzo dell'attività delle aziende ospedaliero-universitarie al fine di determinare la coerenza della programmazione generale dell'attività assistenziale delle aziende ospedaliero-universitarie con la programmazione didattica e scientifica dell'università e ne verifica la corretta attuazione d'intesa con le direzioni generali delle aziende ospedaliero-universitarie.

5. L'organo di indirizzo verifica il raggiungimento degli obiettivi di didattica e di ricerca e vigila sul perseguimento degli stessi in coerenza ed integrazione con le attività assistenziali e di cura delle aziende ospedaliero universitarie di cui all'articolo 21.

6. L'organo di indirizzo esprime parere:

a) sugli atti di programmazione aziendale in riferimento alle attività e alle strutture essenziali all'integrazione dell'assistenza, della didattica e della ricerca;

b) sull'istituzione, la modifica o la disattivazione di dipartimenti interaziendali, essenziali allo svolgimento delle attività di didattica e di ricerca. I predetti pareri si intendono favorevoli se non espressi entro trenta giorni dalla richiesta.

7. L'organo di indirizzo verifica la corretta attuazione, da parte delle aziende ospedaliero universitarie, della programmazione regionale e del protocollo d'intesa, riferendo trimestralmente alla Giunta regionale e all'Università degli Studi di Perugia.

8. L'organo di indirizzo si dota di un regolamento interno ed è assistito da una segreteria.

9. L'organo di indirizzo si riunisce di norma una volta al mese. Il Presidente convoca l'organo di indirizzo, lo presiede e ne fissa l'ordine del giorno.

10. Possono partecipare alle sedute dell'organo d'indirizzo, senza diritto di voto, il Presidente della Giunta regionale ed il Rettore dell'Università degli Studi di Perugia o loro delegati per singole sedute o specifici argomenti all'ordine del giorno. I direttori generali delle aziende ospedaliero-universitarie, partecipano ai lavori dell'Organo di indirizzo senza diritto di voto.

11. Ai componenti dell'organo di indirizzo non spetta alcun compenso.

 

Capo II

Organismi tecnico-consultivi presso le aziende sanitarie regionali

 

     Art. 35. Consiglio dei sanitari.

1. Il Consiglio dei sanitari è organismo elettivo delle aziende unità sanitarie locali con funzioni di consulenza tecnico-sanitaria ed è presieduto dal Direttore sanitario di cui all'articolo 36.

2. Il Consiglio dei sanitari esprime parere:

a) sull'atto aziendale di cui all'articolo 22, sui piani attuativi aziendali di cui all'articolo 14 e sui programmi annuali di attività delle aziende unità sanitarie locali;

b) sulle materie individuate dall'atto aziendale di cui all'articolo 22.

3. Il Consiglio dei sanitari può, altresì, essere chiamato ad esprimere il proprio parere a seguito di formale richiesta del Direttore generale di cui all'articolo 25 o del Direttore sanitario di cui all'articolo 36.

4. I pareri di cui al comma 2, lettere a) e b) sono obbligatori.

5. Il Consiglio dei sanitari è tenuto a rendere il parere entro trenta giorni dal ricevimento dei provvedimenti o delle richieste, decorsi i quali il parere si intende favorevole. Il Direttore generale è tenuto a motivare i provvedimenti assunti in difformità dal parere reso dal Consiglio dei sanitari.

6. Il Consiglio dei sanitari dura in carica cinque anni.

7. La Giunta regionale definisce, con direttiva vincolante e nel rispetto di quanto stabilito dall'articolo 3, comma 12 del D.Lgs. 502/1992, la composizione, le modalità di elezione e di funzionamento del Consiglio dei sanitari.

8. Ai componenti del Consiglio dei sanitari non spetta alcun compenso.

 

Capo III

Direttore amministrativo, direttore sanitario e coordinatore dei servizi sociali

 

     Art. 36. Direttore amministrativo, Direttore sanitario e Coordinatore dei servizi sociali.

1. Il Direttore amministrativo e il Direttore sanitario coadiuvano il Direttore generale di cui all'articolo 25 nell'esercizio delle sue funzioni; i requisiti e le funzioni loro attribuite sono disciplinate dagli articoli 3, comma 7 e 3-bis, comma 9 del d.lgs. 502/1992. Non possono essere nominati coloro che godono già del trattamento di quiescenza.

2. I rapporti di lavoro del Direttore sanitario e del Direttore amministrativo sono esclusivi e sono regolati da contratti di diritto privato.

3. L'incarico di Direttore amministrativo delle aziende sanitarie regionali è conferito, ai sensi dell'articolo 3 del d.lgs. 171/2016, dal Direttore generale dell'Azienda ad un soggetto iscritto nell'Elenco regionale di idonei di cui all'articolo 36-bis, ovvero in altro elenco regionale degli idonei a Direttore amministrativo appositamente costituito ai sensi del citato articolo 3 del d.lgs. 171/2016, in possesso di laurea magistrale o diploma di laurea del vecchio ordinamento in discipline giuridiche o economiche che non abbia compiuto il sessantacinquesimo anno di età e che abbia svolto per almeno cinque anni una qualificata attività di direzione tecnica o amministrativa in enti o in strutture sanitarie pubbliche o private di media o grande dimensione.

4. L'incarico di Direttore sanitario delle aziende sanitarie regionali è conferito, ai sensi dell'articolo 3 del d.lgs. 171/2016, dal Direttore generale dell'Azienda ad un medico iscritto nell'Elenco regionale di idonei di cui all'articolo 36-bis, ovvero in altro elenco regionale degli idonei a Direttore sanitario appositamente costituito ai sensi del citato articolo 3 del d.lgs. 171/2016, che non abbia compiuto il sessantacinquesimo anno di età, che abbia svolto per almeno cinque anni una qualificata attività di direzione tecnico-sanitaria in enti o in strutture sanitarie pubbliche o private di media o grande dimensione.

4-bis. Per la nomina del Direttore sanitario e del Direttore amministrativo si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 2 del d.lgs. 171/2016. I provvedimenti di nomina del Direttore sanitario e del Direttore amministrativo, nonché i relativi curricula sono pubblicati sul sito istituzionale dell'Azienda.

4-ter. Ai fini dell'inserimento negli elenchi di idonei alla nomina di Direttore amministrativo e di Direttore sanitario di cui all'articolo 36-bis ed in analogia a quanto previsto per i Direttori generali, ai candidati è richiesto il possesso dell'attestato di formazione manageriale in materia di sanità pubblica e di organizzazione e gestione sanitaria e relativo al profilo da ricoprire, ai sensi dell'articolo 3-bis, comma 9 del d.lgs. 502/1992 e dell'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 484 (Regolamento recante la determinazione dei requisiti per l'accesso alla direzione sanitaria aziendale e dei requisiti e dei criteri per l'accesso al secondo livello dirigenziale per il personale del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale).

5. [Abrogato].

6. Per la direzione e il coordinamento delle attività socio-sanitarie e sociali di competenza ed ove ricorrano le condizioni previste dall'articolo 3, comma 3 del D.Lgs. 502/1992, il Direttore generale nomina il Coordinatore dei servizi sociali. L'incarico di Coordinatore dei servizi sociali è attribuito a soggetti in possesso di laurea magistrale o diploma di laurea del vecchio ordinamento e che abbiano svolto una qualificata attività di direzione in ambito sociale, socio-sanitario o sanitario e che non abbiano compiuto il sessantacinquesimo anno d'età.

 

     Art. 36 bis. (Elenchi regionali dei soggetti idonei alla nomina di Direttore amministrativo e di Direttore sanitario delle Aziende sanitarie locali, delle Aziende ospedaliere e delle Aziende ospedaliero-universitarie del Servizio sanitario regionale)

1. Sono istituiti, ai sensi e nel rispetto dell'articolo 3 del d.lgs. 171/2016, gli Elenchi regionali dei soggetti idonei alla nomina di Direttore amministrativo e di Direttore sanitario delle Aziende sanitarie locali, delle Aziende ospedaliere e delle Aziende ospedaliero-universitarie del Servizio sanitario regionale, aggiornati con cadenza biennale.

2. A seguito dell'emanazione dell'Accordo sancito in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano previsto dall'articolo 3, comma 1, del d.lgs. 171/2016, la Giunta regionale, al fine di adeguare gli Elenchi di cui al comma 1 a quanto previsto dall'Accordo medesimo, dispone l'aggiornamento degli stessi Elenchi anche prima della scadenza del biennio.

3. Fino all'emanazione dell'Accordo, la Giunta regionale, con proprio atto, disciplina, nel rispetto dell'articolo 3 del d.lgs. 171/2016, le modalità per l'inserimento negli Elenchi di cui al comma 1, nonché i contenuti degli avvisi pubblici finalizzati alla costituzione degli Elenchi medesimi ed al loro aggiornamento.

 

Titolo VI

Articolazione ed organizzazione delle aziende sanitarie regionali

Capo I

Dipartimenti e distretti sanitari

 

     Art. 37. Dipartimento.

1. L'organizzazione dipartimentale è il modello ordinario di gestione operativa di tutte le attività delle aziende sanitarie regionali.

2. Il dipartimento è un'organizzazione integrata di più strutture operative omogenee, affini o complementari che perseguono comuni finalità e sono tra loro interdipendenti pur mantenendo autonomia e responsabilità professionale.

3. Il Direttore di dipartimento è nominato dal Direttore generale di cui all'art. 25 ai sensi dell'articolo 17-bis del D.Lgs. 502/1992.

4. Per l'azienda ospedaliero-universitaria la nomina del Direttore di dipartimento è effettuata dal Direttore generale dell'azienda medesima d'intesa con il Rettore dell'Università degli Studi di Perugia ai sensi del D.Lgs. 517/1999.

5. Le strutture operative che costituiscono i dipartimenti sanitari sono aggregate al fine di garantire risposte assistenziali integrate, tempestive ed efficaci sulla base di regole condivise di comportamento assistenziale, etico e medico-legale.

6. I dipartimenti sanitari, in collaborazione con i distretti sanitari di cui all'articolo 38 per quanto concerne le attività territoriali, perseguono la gestione integrata e complessiva dei percorsi di cura, garantendo la presa in carico e la continuità assistenziale, lo sviluppo di comportamenti clinico-assistenziali basati sull'evidenza, la misurazione degli esiti, la gestione del rischio clinico, l'adozione di linee-guida e protocolli diagnostico-terapeutici, la formazione continua, il coinvolgimento e l'informazione del paziente, nonché il coordinamento e l'integrazione delle attività amministrative.

7. L'organizzazione dei dipartimenti è caratterizzata da:

a) attribuzione di risorse e conseguente responsabilità di gestione del Direttore di dipartimento connessa con il loro utilizzo;

b) attribuzione al Direttore di dipartimento di poteri e responsabilità di gestione in ordine alla razionale e corretta programmazione delle attività;

c) condivisione di spazi, professionalità, risorse e tecnologie;

d) appartenenza delle strutture operative ad un unico dipartimento.

8. La Giunta regionale approva direttive vincolanti per fissare i requisiti minimi, i criteri operativi e organizzativi per l'istituzione ed il funzionamento dei dipartimenti.

9. La Giunta regionale può istituire su propria iniziativa Dipartimenti interaziendali, regolandone il funzionamento sulla base del presente articolo.

 

     Art. 38. Distretto.

1. Il Distretto è l'articolazione territoriale ed organizzativa della unità sanitaria locale per lo svolgimento delle attività finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, alle cure e alla riabilitazione, tramite la gestione integrata delle risorse della unità sanitaria locale e degli enti locali.

2. Il Distretto ha una dimensione territoriale tale da garantire un'ampia presenza di servizi territoriali e di operatori, in modo da caratterizzarsi come soggetto di negoziazione con la direzione dell'unità sanitaria locale e di interlocuzione con il sistema del governo locale. Il Distretto si articola in centri di salute che rappresentano il punto di contatto e di accesso unico del cittadino per tutte le prestazioni sanitarie e sociali che afferiscono al sistema primario delle cure.

3. Al Distretto sono attribuite risorse definite in rapporto agli obiettivi di salute della popolazione di riferimento; il distretto, nell'ambito delle risorse assegnate, è dotato di autonomia tecnico-gestionale ed economico-finanziaria, con contabilità separata all'interno del bilancio della unità sanitaria locale.

4. Il Distretto:

a) gestisce e coordina i servizi ubicati nel territorio di competenza, destinati all'assistenza sanitaria di base e specialistica di primo livello, assicura l'integrazione degli accessi, dei luoghi e delle attività chiamati a soddisfare i bisogni di salute che richiedono unitariamente l'erogazione di prestazioni sanitarie e l'erogazione delle prestazioni sanitarie a rilevanza sociale e le prestazioni sociali a rilevanza sanitaria se delegate dai comuni;

b) organizza l'accesso dei cittadini alle prestazioni e servizi erogati dalle strutture operative a gestione diretta del distretto, nonché dagli ambulatori e dalle strutture ospedaliere e territoriali accreditate;

c) assicura, anche attraverso i medici di medicina generale, pediatri di libera scelta e medici di continuità assistenziale, un efficace orientamento e controllo della domanda socio-sanitaria attraverso la realizzazione di percorsi sanitari integrati, promuovendo la continuità terapeutica tra i diversi luoghi di trattamento indirizzando e coordinando il ricorso all'assistenza ospedaliera;

d) favorisce e promuove soluzioni organizzative finalizzate al potenziamento delle cure primarie, anche mediante la valorizzazione delle forme di aggregazioni funzionali e territoriali dei medici di medicina generale, dei pediatri di libera scelta e dei medici di continuità assistenziale, che assicurano la presa in carico della persona e la continuità assistenziale.

5. Il Distretto assicura, inoltre:

a) le attività ed i servizi per la tutela della salute mentale;

b) l'attività ed i servizi per la prevenzione e la cura delle tossicodipendenze;

c) l'attività ed i servizi per la tutela della salute dell'infanzia, della donna e della famiglia, comprensivi dei servizi consultoriali;

d) le attività di cure primarie, comprensive dell'attività specialistica ambulatoriale;

e) le attività di riabilitazione territoriale;

f) le attività socio-sanitarie e socio-assistenziali;

g) le attività ed i servizi rivolti a disabili e anziani;

h) le attività ed i servizi di assistenza domiciliare integrata;

i) l'attività e i servizi per le patologie da HIV;

l) le attività ed i servizi di cure palliative per le patologie in fase terminale;

m) le attività e servizi di cure intermedie.

6. Nel Distretto trovano collocazione funzionale le articolazioni organizzative del dipartimento di salute mentale, del dipartimento dipendenze e del dipartimento di prevenzione, con riferimento ai servizi alla persona.

7. L'ambito territoriale di ciascun Distretto è definito dal Direttore generale dell'azienda unità sanitaria locale, d'intesa con la conferenza dei sindaci di cui all'articolo 8, in base ai criteri stabiliti dalla Giunta regionale, con proprio atto, per l'articolazione delle unità sanitarie locali in distretti, in armonia con quanto previsto dalla normativa nazionale e nel rispetto degli articoli 265 e 268-bis.

8. La Giunta regionale adotta, con proprio atto, linee di indirizzo per la massima integrazione dei servizi sanitari erogati dal distretto e il loro coordinamento e integrazione con gli interventi sociali e promuove l'istituzione di case della comunità in cui i diversi servizi trovano una sede comune e un luogo di coordinamento funzionale.

 

     Art. 39. Direttore di Distretto.

1. L'incarico di Direttore di Distretto, quale struttura Complessa, è attribuito dal Direttore generale di cui all'articolo 25 ad un dirigente sanitario del SSN che abbia maturato una specifica esperienza nei servizi territoriali e un'adeguata formazione nella loro organizzazione oppure a un medico convenzionato, ai sensi dell'articolo 8, comma 1 del D.Lgs. 502/1992, da almeno dieci anni, con contestuale congelamento di un corrispondente posto di organico della dirigenza sanitaria. Il conferimento dell'incarico di Direttore di Distretto è effettuato mediante procedure pubbliche di selezione, secondo quanto previsto dalla normativa vigente.

2. Il rapporto di lavoro del Direttore di Distretto è esclusivo. L'atto aziendale di cui all'art. 22 definisce le caratteristiche dell'incarico, la durata e i motivi di revoca.

3. Il Direttore di Distretto realizza le indicazioni della direzione aziendale, gestisce le risorse assegnate al distretto, in modo da garantire l'accesso della popolazione alle strutture e ai servizi, l'integrazione tra i servizi e la continuità assistenziale. Il Direttore del distretto, propone il programma delle attività territoriali di cui all'articolo 15, supporta la direzione generale nei rapporti con il Comitato dei sindaci di distretto di cui all'art. 40.

4. Il Direttore di Distretto si avvale di un ufficio di coordinamento delle attività distrettuali, composto dai responsabili dei servizi distrettuali, dai Direttori dei dipartimenti territoriali e da rappresentanti delle figure professionali operanti nei servizi stessi. Sono membri di diritto di tale ufficio un rappresentante dei medici di medicina generale, uno dei pediatri di libera scelta e uno degli specialisti ambulatoriali convenzionati operanti nel distretto.

5. Il Direttore di Distretto si avvale inoltre di un responsabile per le attività amministrative, di un responsabile del servizio infermieristico e di un responsabile del servizio sociale distrettuale.

6. Il Direttore di Distretto convoca, almeno una volta l'anno, apposita conferenza dei servizi, aperta ai cittadini ed alle loro associazioni, per verificare l'andamento degli interventi attuati e per proporre azioni di miglioramento tese al raggiungimento degli obiettivi di salute definiti dalla programmazione distrettuale.

 

     Art. 40. Comitato dei sindaci di Distretto.

1. A livello distrettuale è istituito il Comitato dei sindaci di Distretto composto da tutti i sindaci dei comuni facenti parte del distretto.

2. Il Comitato dei sindaci di Distretto concorre al processo di programmazione e verifica del raggiungimento dei risultati di salute definiti dal PAT di cui all'art. 15 anche mediante il coinvolgimento delle organizzazioni dei cittadini e dei soggetti impegnati in ambito socio-sanitario.

 

     Art. 41. Presidi ospedalieri.

1. Gli ospedali non costituiti in aziende ospedaliere, dislocati in una unica unità sanitaria locale, sono accorpati in un unico presidio.

2. Sono comunque costituiti in presidio ospedaliero autonomo gli ospedali sede di dipartimento per l'emergenza ed urgenza.

3. Ai presidi ospedalieri è attribuita autonomia economico finanziaria, con contabilità analitica separata all'interno del bilancio dell'unità sanitaria locale.

4. Al presidio ospedaliero sono preposti un dirigente medico ed un dirigente amministrativo come previsto all'articolo 4, comma 9 del D.Lgs. 502/1992, tra i quali il Direttore generale dell'aziende della unità sanitaria locale individua il Direttore del presidio ospedaliero responsabile della gestione complessiva.

5. Sulla base di specifici indirizzi della Giunta regionale le unità sanitarie locali procedono alla riorganizzazione dei presidi ospedalieri secondo una logica di rete e di integrazione con le attività territoriali di distretto. La definizione della suddetta rete dei presidi ospedalieri e dei distretti deve garantire il percorso assistenziale dell'utente preso in carico.

 

Capo II

Dipartimento di prevenzione

 

     Art. 42. Dipartimento di prevenzione.

1. Il dipartimento di prevenzione, nel rispetto dei principi contenuti nell'art. 7-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, è struttura operativa dell'unità sanitaria locale che trova collocazione funzionale nel distretto di cui all'art. 38 quale macrostruttura organizzativa. Il dipartimento di prevenzione eroga le prestazioni proprie del livello di assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro perseguendo obiettivi di promozione della salute, prevenzione delle malattie e delle disabilità, miglioramento della qualità della vita dei singoli e della collettività, attraverso interventi che possono superare i confini del settore sanitario e coinvolgere l'intera società civile.

2. Il dipartimento di prevenzione opera nell'ambito del piano attuativo di cui all'art. 14 ha autonomia organizzativa e contabile ed è organizzato in centri di costo e di responsabilità.

3. Il dipartimento di prevenzione è costituito dalle seguenti macroaree intese come aree di aggregazione funzionale dei servizi afferenti a ciascuna di esse quali:

a) macroarea di sanità pubblica;

b) macroarea della prevenzione nei luoghi di lavoro;

c) macroarea della sanità pubblica veterinaria;

d) macroarea della sicurezza alimentare.

4. L'articolazione in macroaree è integrata dalla presenza di un'area professionale della prevenzione, in seno alla quale confluiscono tecnici della prevenzione e assistenti sanitari.

5. Costituiscono obiettivi dell'area professionale della prevenzione di cui al comma 4:

a) lo sviluppo di autonomia professionale e organizzativa, con piena assunzione di responsabilità rispetto al raggiungimento degli obiettivi negoziati in seno alla programmazione di budget con i responsabili delle quattro macroaree;

b) il potenziamento dell'integrazione operativa nella attuazione degli obiettivi condivisi;

c) la responsabilizzazione nella fase di valutazione degli esiti dei processi di prevenzione attivati nel corso dell'anno.

6. Le macroaree di cui al comma 3 hanno il compito di:

a) recuperare risorse attraverso il potenziamento del livello di aggregazione tra servizi affini mediante la definizione di obiettivi comuni e integrati;

b) favorire l'azione di governo nei confronti del sistema delle diverse istituzioni e forze sociali, che svolgono la funzione di portatori di interesse rispetto ai principali determinanti di salute, attraverso una evoluzione del mandato dei servizi che vi confluiscono.

7. Alla macroarea sanità pubblica afferiscono i seguenti servizi:

a) il Servizio igiene e sanità pubblica;

b) il Servizio epidemiologia;

c) il Centro screening.

8. Alla macroarea della prevenzione nei luoghi di lavoro, afferisce il Servizio di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro.

9. Alla macroarea sanità pubblica veterinaria afferiscono i seguenti servizi:

a) il Servizio veterinario di sanità animale;

b) il Servizio veterinario di igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche.

10. Alla macroarea sicurezza alimentare afferiscono i seguenti servizi:

a) il Servizio di igiene degli alimenti di origine animale;

b) il Servizio di igiene degli alimenti e della nutrizione.

11. La Giunta regionale con direttive vincolanti individua le procedure tecniche ed amministrative per l'accreditamento dei servizi del Dipartimento di prevenzione da parte di un ente certificatore riconosciuto in ambito comunitario.

12. Ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 106 (Riorganizzazione degli enti vigilati dal Ministero della salute, a norma dell'art. 2 della legge 4 novembre 2010, n. 183), la Regione Umbria, d'intesa con la Regione Marche, provvede a definire le modalità di raccordo funzionale tra i Dipartimenti di prevenzione e l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell'Umbria e delle Marche.

13. Il raccordo funzionale tra i Dipartimenti di prevenzione e l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente dell'Umbria è disciplinato dall'articolo 4 della L.R. n. 9/1998.

 

     Art. 43. Direttore del dipartimento di prevenzione.

1. Il Direttore del dipartimento di prevenzione è nominato dal Direttore generale di cui all'art. 25 tra i direttori di struttura complessa del dipartimento con almeno cinque anni di anzianità di funzione e risponde alla direzione aziendale del perseguimento degli obiettivi aziendali, dell'assetto organizzativo e della gestione in relazione alle risorse assegnate ai sensi dell'articolo 7-quater del D.Lgs. 502/1992.

2. Spettano al Direttore del dipartimento di prevenzione le seguenti funzioni:

a) stabilire con la direzione aziendale, nell'ambito della programmazione di budget, le risorse necessarie alla realizzazione degli obiettivi di salute da raggiungere e/o consolidare, con particolare attenzione allo sviluppo di processi integrati;

b) garantire la corretta programmazione e gestione delle risorse assegnate per la realizzazione degli obiettivi attribuiti, anche attraverso i piani di attività integrati, negoziati con i coordinatori delle quattro macroaree di cui all'art. 44;

c) rappresentare il dipartimento nei rapporti con la direzione aziendale;

d) promuovere l'attuazione di percorsi di qualità, sia in seno ai singoli servizi che nelle macroaree anche attraverso lo sviluppo e il mantenimento di adeguati percorsi formativi;

e) assicurare il monitoraggio delle attività negoziate anche attraverso la manutenzione costante dei sistemi informativi attivi su scala regionale;

f) garantire l'integrazione del dipartimento con le altre macrostrutture aziendali nonché con i portatori d'interesse, anche attraverso la lettura per la direzione aziendale del contesto epidemiologico;

g) valutare dal punto di vista quantitativo e qualitativo l'attività delle macroaree.

 

     Art. 44. Coordinamento delle macroaree del dipartimento di prevenzione.

1. Per ciascuna delle quattro macroaree il Direttore generale dell'azienda unità sanitaria locale, sentito il Direttore del dipartimento di cui all'articolo 43, nomina un coordinatore scelto tra i dirigenti dei servizi che afferiscono alle stesse.

2. Al coordinatore spettano i seguenti compiti:

a) la definizione di piani di attività integrati in occasione della predisposizione della proposta di budget per il dipartimento di prevenzione;

b) la negoziazione dei piani di cui alla lettera a) con l'area professionale della prevenzione;

c) la valutazione dei risultati dei processi integrati al fine di garantire una programmazione inserita in un percorso virtuoso di qualità.

 

Titolo VII

Personale del servizio sanitario regionale

Capo I

Personale dipendente del S.s.r.

 

     Art. 45. Organico e ruoli nominativi.

1. Il personale dipendente del Servizio sanitario regionale è iscritto nei ruoli nominativi costituiti e gestiti, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, dalle singole aziende sanitarie regionali cui è conferita la competenza della gestione giuridica ed economica del personale dipendente. Per ciascun dipendente sono indicati il cognome e il nome, la data di nascita, il codice fiscale, la data di assunzione e la data di conseguimento della qualifica di appartenenza. La Giunta regionale, entro il 30 giugno di ogni anno, provvede alla pubblicazione degli elenchi nominativi trasmessi dalle singole aziende sanitarie regionali. Gli elenchi pubblicati assumono funzioni meramente ricognitiva e costituiscono la base conoscitiva e statistica per le finalità della programmazione regionale.

2. Prima della trasmissione alla Giunta regionale le aziende sanitarie regionali devono portare a conoscenza del personale dipendente, mediante adeguate forme di pubblicizzazione, gli elenchi di cui al comma 1. Eventuali istanze di correzione possono essere avanzate dai dipendenti interessati, entro 15 giorni dalla pubblicizzazione degli elenchi, all'azienda di appartenenza nelle forme da essa stabilite.

3. La copertura dei posti vacanti in organico riferiti alle posizioni funzionali apicali è sottoposta alla preventiva autorizzazione della Giunta regionale. È, altresì, sottoposta alla preventiva autorizzazione della Giunta regionale, la copertura dei posti di dirigente del ruolo amministrativo.

3-bis. La Giunta regionale stabilisce periodicamente con proprio atto, per ogni singola azienda sanitaria, anche al fine del rispetto di quanto stabilito dall'articolo 47-bis, per i profili e posizioni funzionali del ruolo amministrativo, ad esclusione dei posti di dirigente, la percentuale dei posti vacanti che può essere coperta nel periodo preso in esame.

 

     Art. 45 bis. (Designazioni componente regionale nelle commissioni esaminatrici per i ruoli della dirigenza del S.S.R.)

1. Al fine della designazione dei direttori di struttura complessa quali componenti nelle commissioni esaminatrici dei concorsi per titoli ed esami di cui all'articolo 24 del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 483 (Regolamento recante la disciplina concorsuale per il personale dirigenziale del Servizio sanitario nazionale) per l'individuazione del componente di spettanza regionale di cui all'articolo 25 del d.p.r. medesimo, si procede al sorteggio con le modalità di cui all'articolo 6 del decreto.

2. Con deliberazione della Giunta regionale si procede alla nomina della commissione di sorteggio che è composta di tre membri. E' presieduta dal Direttore regionale della Direzione regionale competente o suo delegato e uno degli altri due componenti svolge le funzioni di segretario. La partecipazione alla commissione è a titolo gratuito. Con la medesima deliberazione sono anche definite le modalità che assicurino la trasparenza delle procedure.

 

     Art. 46. Personale in stato di quiescenza. Disciplina degli incarichi.

1. Al personale dipendente delle Aziende sanitarie regionali in stato di quiescenza possono essere conferiti incarichi nei limiti e nel rispetto delle disposizioni vigenti ed in particolare di quelle contenute nel decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).

 

     Art. 47. Compensi ai componenti le commissioni e sottocommissioni esaminatrici dei concorsi e delle selezioni per l'assunzione del personale delle aziende sanitarie regionali.

1. La disciplina dei compensi è stabilita dalle Aziende sanitarie regionali con atto del Direttore generale, nel rispetto della normativa nazionale e regionale in materia.

 

     Art. 47 bis. Misure di razionalizzazione della spesa sanitaria.

1. Gli enti del Servizio sanitario regionale (SSR) applicano le disposizioni di principio di cui agli articoli 6 e 9 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.

2. La Giunta regionale definisce le direttive per assicurare le finalità di cui al comma 1 e procede annualmente alla verifica del rispetto da parte degli enti del SSR delle condizioni e dei limiti ivi recati.

 

     Art. 47 ter. Procedure attuative del Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 marzo 2015. [2]

1. Le aziende sanitarie regionali danno attuazione ai commi 6, 7, 8 e 9 dell'articolo 4 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 (Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, con le procedure di cui al Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 marzo 2015 (Disciplina delle procedure concorsuali riservate per l'assunzione di personale precario del comparto sanità), anche con riferimento ai dirigenti del ruolo professionale, tecnico e amministrativo del Servizio sanitario regionale, nel rispetto della programmazione del fabbisogno e nel limite massimo del cinquanta per cento delle risorse finanziarie occupazionali di ciascuna azienda relative allo stesso anno.

 

Capo II

Incarichi di direzione di struttura nelle aziende sanitarie regionali

 

     Art. 48. Incarichi di direzione.

1. La Giunta regionale, con proprio atto, disciplina i criteri e le procedure per l'attribuzione degli incarichi di direzione di struttura semplice o di struttura complessa nel rispetto dei principi fissati dall'articolo 15, commi 7, 7-bis, 7-ter, 7-quater, 7-quinquies del D.Lgs. 502/1992, nonché delle disposizioni della contrattazione collettiva, tenendo conto delle linee di indirizzo definite in sede di Conferenza delle Regioni e delle Province autonome.

1-bis. La non esclusività del rapporto non preclude la direzione di strutture semplici e complesse ai sensi dell'articolo 15-quater, comma 4 del D.Lgs. 502/1992.

 

     Art. 49. Esclusività del rapporto di lavoro.

     [Abrogato]

 

     Art. 50. Indennità.

1. L'indennità di esclusività del rapporto di lavoro prevista dai contratti collettivi nazionali di lavoro della dirigenza medica e veterinaria del Servizio sanitario nazionale e della dirigenza sanitaria è erogata unicamente al personale con rapporto di lavoro esclusivo.

 

Titolo VIII

Formazione in sanità

Capo I

Operatore socio sanitario

 

     Art. 51. Istituzione della figura professionale di operatore socio-sanitario.

1. È istituita la figura professionale dell'operatore socio-sanitario.

2. L'operatore socio-sanitario, a seguito dell'attestato di qualifica conseguito al termine di specifica formazione professionale, svolge attività indirizzata a:

a) soddisfare i bisogni primari della persona, nell'àmbito delle proprie aree di competenza, in un contesto sia sociale che sanitario;

b) favorire il benessere e l'autonomia dell'utente.

 

     Art. 52. Formazione.

1. La Giunta regionale provvede alla programmazione dei corsi e alle attività didattico-formative relative all'acquisizione della qualifica di operatore socio-sanitario.

2. La Giunta regionale determina, altresì, con il piano annuale di formazione degli operatori della sanità, in attuazione del Piano sanitario regionale, l'attivazione dei corsi in base al fabbisogno annuale.

3. I corsi sono gestiti dalle aziende sanitarie locali ed ospedaliere o da organismi accreditati, con comprovata esperienza nel settore, secondo quanto previsto dalla vigente normativa ed in particolare dall'articolo 5 della legge 21 dicembre 1978, n. 845 (Legge-quadro in materia di formazione professionale), dal D.Lgs. 502/1992 e dalla legge regionale 21 ottobre 1981, n. 69 (Norme sul sistema formativo regionale).

 

     Art. 53. Contesti operativi e relazionali.

1. L'operatore socio-sanitario svolge la sua attività:

a) in tutti i servizi del settore sociale e sanitario, di tipo residenziale e semiresidenziale, in ambito ospedaliero e al domicilio dell'utente;

b) in collaborazione con gli altri operatori professionali preposti all'assistenza sanitaria e a quella sociale, secondo il criterio del lavoro multiprofessionale.

2. In particolare gli operatori socio-sanitari esplicano:

a) assistenza diretta ed aiuto domestico, alberghiero;

b) intervento igienico-sanitario e di carattere sociale;

c) supporto gestionale, organizzativo e formativo.

 

     Art. 54. Requisiti di accesso.

1. Per l'accesso al corso di formazione di operatore socio-sanitario è richiesto il diploma di scuola dell'obbligo ed il compimento del diciassettesimo anno di età alla data di iscrizione al corso.

 

     Art. 55. Organizzazione didattica.

1. La didattica è strutturata per moduli didattici e per aree disciplinari e comprende:

a) un modulo di base;

b) un modulo professionalizzante.

2. I corsi di formazione per operatore socio-sanitario hanno durata non inferiore a diciotto mesi, per un numero di ore non inferiore a mille.

3. In aggiunta al corso di qualificazione di base, la Giunta regionale attiva moduli di formazione Integrativa, miranti a specifiche utenze e specifici contesti operativi.

4. La Giunta regionale, ai sensi dell'articolo 1, comma 8 del decreto-legge 12 novembre 2001, n. 402 (Disposizioni urgenti in materia di personale sanitario), convertito, con modificazioni, dalla legge 8 gennaio 2002, n. 1, programma corsi di formazione complementare in assistenza sanitaria per operatori socio-sanitari.

 

     Art. 56. Materie di insegnamento e tirocinio.

1. Le materie di insegnamento, relative al moduli didattici di cui all'articolo 55 sono articolate nelle seguenti aree disciplinari:

a) socio-culturale, istituzionale e legislativa;

b) psicologica e sociale;

c) igienico-sanitaria;

d) tecnico-operativa.

2. Tutti i corsi comprendono un tirocinio guidato presso le strutture ed i servizi nel cui ambito è prevista la figura dell'operatore socio-sanitario.

 

     Art. 57. Esame finale e rilascio dell'attestato.

1. Al termine del corso gli allievi sono sottoposti ad una prova teorica e ad una prova pratica da parte di un'apposita commissione d'esame costituita dalla Giunta regionale.

2. La frequenza ai corsi è obbligatoria e non sono ammessi alle prove di valutazione finale coloro che hanno superato il tetto massimo di assenze indicato nel provvedimento regionale di attivazione del corso.

3. Il provvedimento regionale di attivazione del corso fissa il numero dei partecipanti.

4. All'allievo che supera la prova è rilasciato dalla Regione attestato di qualifica valido, ai sensi della normativa vigente, nelle strutture, attività e servizi sanitari, socio-sanitari e socio-assistenziali.

 

     Art. 58. Titoli pregressi.

1. La Regione quantifica il credito formativo da attribuirsi a titoli e servizi pregressi, in relazione all'acquisizione dell'attestato di qualifica relativo alla figura professionale di operatore socio-sanitario, prevedendo misure compensative in tutti i casi in cui la formazione pregressa risulti insufficiente, per la parte sanitaria o per quella sociale, rispetto a quella prevista dal presente Titolo.

2. La frequenza, con esito positivo, di corsi autorizzati dalla Regione per la formazione di operatori che svolgono la loro attività nel campo sociale, assistenziale e sanitario, ed espletati prima del 15 agosto 2002, è valutata ai fini dell'applicazione del comma 1.

 

     Art. 58 bis. (Crediti formativi)

1. A seguito della revisione dei percorsi dell'istruzione professionale di cui all'Intesa del 21 dicembre 2017, sancita in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, recante»Intesa ai sensi dell'articolo 3, comma 3 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 61, sullo schema di regolamento recante «Revisione dei percorsi dell'istruzione professionale nel rispetto dell'articolo 117 della Costituzione, nonché raccordo con i percorsi dell'istruzione e formazione professionale, a norma dell'articolo 1, commi 180 e 181, lettera d), della legge 13 luglio 2015, n. 107»«, ai soggetti che conseguono il diploma di»Servizi per la Sanità e l'assistenza sociale«sono riconosciuti crediti formativi ai fini dell'acquisizione dell'attestato di qualifica di operatore socio-sanitario.

 

     Art. 58 ter. (Regolamentazione)

1. La Giunta regionale disciplina, con proprio regolamento, le modalità relative alla formazione professionale della figura di operatore socio-sanitario di cui agli articoli 52, 53, 54, 55, 56, 57, 58 e 58-bis della l.r. 11/2015.

 

CAPO I-BIS

ASSISTENTE DI STUDIO ODONTOIATRICO

 

     Art. 58 quater. (Istituzione della figura professionale dell'Assistente di studio odontoiatrico)

1. Ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 9 febbraio 2018 (Individuazione del profilo professionale dell'Assistente di studio odontoiatrico) è istituita la figura professionale dell'assistente di studio odontoiatrico.

2. L'assistente di studio odontoiatrico, a seguito dell'attestato di qualifica conseguito al termine di specifica formazione professionale, svolge attività finalizzata all'assistenza dell'odontoiatra e dei professionisti sanitari del settore durante la prestazione clinica, alla predisposizione dell'ambiente e dello strumentario, all'accoglimento dei clienti ed alla gestione della segreteria e dei rapporti con i fornitori.

3. La Giunta regionale con proprio regolamento, nel rispetto dell'Accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano concernente l'individuazione del profilo professionale dell'assistente di studio odontoiatrico, recepito con il d.p.c.m. 9 febbraio 2018, specifica le competenze e le attività dell'assistente di studio odontoiatrico e disciplina il percorso formativo per l'acquisizione della relativa qualifica. Con il medesimo regolamento viene disciplinata la procedura di accreditamento delle strutture che svolgono i relativi corsi di formazione.

 

CAPO I-TER

FORMAZIONE IN AMBITO SANITARIO

 

     Art. 58 quinquies. (Contratti di formazione specialistica aggiuntivi regionali)

1. La Regione, nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili e destinate per la formazione in sanità e nel rispetto del fabbisogno dei medici specialistici da formare, riserva una parte delle stesse a posti aggiuntivi di formazione, di cui al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368 (Attuazione della direttiva 93/16/CE in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli e delle direttive 97/50/CE, 98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE che modificano la direttiva 93/16/CE), presso le scuole di specializzazione universitarie dell'Università degli Studi di Perugia.

2. Al fine di favorire la permanenza dei professionisti in formazione nelle strutture e negli enti del Servizio Sanitario regionale, il medico specializzando assegnatario di un posto aggiuntivo regionale di cui al comma 1, sottoscrive apposite clausole predisposte dalla Giunta regionale al contratto di formazione specialistica di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 6 luglio 2007 (Definizione schema tipo del contratto di formazione specialistica dei medici), che viene conseguentemente adeguato sulla base di quanto previsto dal presente articolo.

 

Titolo IX

Indirizzi e criteri di finanziamento - Sistema informativo sanitario regionale - Controlli

Capo I

Determinazione del fabbisogno e finanziamento del servizio sanitario regionale

 

     Art. 59. Determinazione del fabbisogno finanziario del Servizio sanitario regionale.

1. La Giunta regionale, in sede di elaborazione del D.A.P., procede alla stima del fabbisogno finanziario del Servizio sanitario regionale necessario ad assicurare, per il triennio successivo, i livelli uniformi ed essenziali di assistenza in condizioni di efficienza ed appropriatezza, tenuto conto degli obiettivi di crescita programmati, dell'evoluzione della domanda di salute, dell'andamento dei costi dei fattori produttivi, del programma degli investimenti.

2. La Giunta regionale procede annualmente a:

a) ripartire le risorse disponibili da destinare al Servizio sanitario regionale;

b) emanare direttive per la formazione dei bilanci da parte delle aziende sanitarie regionali e degli enti del Servizio sanitario regionale;

c) individuare, anche in corso di esercizio di bilancio, le misure da porre in essere per assicurare l'equilibrio tra fabbisogno e risorse.

 

     Art. 60. Finanziamento del Servizio sanitario regionale.

1. La Regione indirizza la gestione economico-finanziaria del Servizio sanitario regionale verso l'obiettivo della massima efficienza ed efficacia, verificando la rispondenza dei risultati di gestione rispetto agli obiettivi programmatici, nell'ambito delle compatibilità economiche generali.

2. La Giunta regionale determina annualmente i costi standard e i fabbisogni standard del Servizio sanitario regionale, tenendo conto, anche delle macroaree dei livelli essenziali di assistenza.

3. La Giunta regionale determina altresì le risorse che, al netto della quota direttamente gestita dalla Regione, sono destinate alle aziende sanitarie regionali e procede alla definizione del fabbisogno standard delle aziende unità sanitarie locali sulla base del costo standard regionale e dei seguenti criteri:

a) popolazione residente nel proprio ambito territoriale, ponderata secondo parametri di natura epidemiologica e demografica e tenendo conto di carenze strutturali presenti in alcune aree territoriali e atte ad incidere sui costi delle prestazioni;

b) quote per funzioni assistenziali da garantire sulla base degli obiettivi della programmazione regionale.

4. Il finanziamento delle aziende ospedaliere e delle aziende ospedaliero-universitarie a valere sulle risorse ordinarie destinate al fabbisogno standard regionale avviene mediante:

a) una quota per i servizi da garantire su mandato, sulla base degli obiettivi della programmazione regionale e per specifiche funzioni assistenziali;

b) una quota per esigenze di didattica e ricerca scientifica.

5. La Giunta regionale determina, per le strutture che erogano assistenza ospedaliera e ambulatoriale a carico del Servizio sanitario regionale, il finanziamento destinato alle funzioni assistenziali di cui al comma 4, in base al costo standard di produzione del programma di assistenza e determina altresì la remunerazione delle altre attività assistenziali, in base a quanto previsto dall'art. 92.

 

     Art. 61. Contabilità e controlli.

1. Alla contabilità ed ai controlli delle aziende sanitarie regionali si applicano le disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio previste dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42) e dai relativi decreti attuativi, nel rispetto dei principi di cui al D.Lgs. 502/1992.

 

Capo II

Attività programmatica e documenti previsionali

 

     Art. 62. Attività programmatica.

1. Costituiscono strumenti dell'attività programmatica delle aziende sanitarie regionali:

a) il bilancio pluriennale di previsione;

b) il bilancio preventivo economico annuale.

 

     Art. 63. Bilancio pluriennale di previsione.

1. Le scelte compiute e le priorità individuate con i documenti di programmazione sanitaria di cui all'art. 11 sono tradotte in termini contabili nel bilancio pluriennale di previsione.

2. Il bilancio pluriennale di previsione ha come riferimento temporale quello dei documenti di cui all'art. 11; le previsioni in esso contenute sono suddivise per anno, sono strutturate secondo gli schemi nazionali vigenti e sono annualmente aggiornate.

     Art. 64. Bilancio preventivo economico annuale.

1. Il bilancio preventivo economico annuale deve essere predisposto in coerenza con la programmazione sanitaria e con la programmazione economico-finanziaria della Regione.

2. Il bilancio preventivo economico annuale deve essere redatto secondo le disposizioni di cui all'art. 25 del D.Lgs. 118/2011 e dei relativi decreti attuativi.

3. Costituiscono parte integrante del bilancio preventivo economico annuale i documenti predisposti dalle Aziende sanitarie regionali ai sensi dell'articolo 128 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione della direttiva 2004/17/CE e della direttiva 2004/18/CE).

4. È fatto obbligo alle Aziende sanitarie di redigere la previsione dei costi e dei ricavi in situazione di pareggio ai sensi del decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012). L'equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione dovranno essere assicurati nel bilancio preventivo economico annuale, nelle rendicontazioni periodiche infra-annuali e nel bilancio di esercizio. In caso di mancato raggiungimento dell'equilibrio economico da parte delle Aziende sanitarie si applica la normativa vigente.

5. Al bilancio preventivo economico annuale sono allegati i budget riferiti ai vari centri di risorsa ed alle specifiche aree di attività. I dirigenti sono responsabili del budget loro assegnato.

 

     Art. 65. Approvazione dei documenti economici previsionali.

1. La Giunta regionale determina gli indirizzi vincolanti per la predisposizione dei bilanci di previsione.

2. Il bilancio preventivo economico annuale e il bilancio pluriennale di previsione sono corredati dalla relazione del Collegio Sindacale.

3. Il bilancio pluriennale di previsione e il bilancio preventivo economico annuale sono approvati con provvedimento del direttore generale entro il 10 novembre dell'anno precedente a quello di riferimento del bilancio preventivo economico annuale.

4. I documenti di cui al comma 3 sono soggetti ai controlli previsti dall'art. 83. A tale fine i documenti stessi sono trasmessi alla Giunta regionale entro 10 giorni dall'adozione.

5. Il direttore generale trasmette alla Conferenza dei Sindaci il bilancio pluriennale e il bilancio preventivo economico annuale per il parere di competenza e ne dispone la pubblicazione ai sensi della normativa vigente in materia. Il bilancio preventivo economico annuale è altresì pubblicato per esteso nel sito istituzionale della Regione.

 

     Art. 66. Contabilità economica generale.

1. Le Aziende sanitarie regionali rilevano i fatti di gestione con contabilità economico-patrimoniale, ai sensi del D.Lgs. 118/2011 e relativi decreti attuativi.

2. Le Aziende sanitarie regionali adottano il piano dei conti deliberato dalla Giunta regionale secondo le disposizioni di cui all'art. 27 del D.Lgs. 118/2011.

 

     Art. 67. Contabilità analitica.

1. I fatti attinenti ai centri di costo ed alle specifiche aree di attività sono rilevati con contabilità analitica intesa a fornire, per ciascun oggetto di rilevazione ed a supporto dei controlli di cui agli articoli 81 e 82, ogni elemento conoscitivo utile a valutare i risultati conseguiti in termini di economicità, efficacia ed efficienza della gestione.

2. I risultati delle analisi dei costi, dei rendimenti e dei risultati per centro di costo e responsabilità sono pubblicati annualmente dalle Aziende sanitarie regionali sul proprio sito istituzionale.

 

     Art. 68. Libri obbligatori.

1. Le Aziende sanitarie regionali devono tenere:

a) il libro giornale;

b) il libro degli inventari;

c) il mastro della contabilità;

d) il partitario dei creditori;

e) il partitario dei debitori;

f) il libro delle deliberazioni del direttore generale;

g) il libro delle sedute e delle deliberazioni del collegio sindacale;

h) il registro della contabilità di magazzino.

2. I libri di cui al comma 1 devono essere numerati, vidimati e bollati, ove previsto, secondo le disposizioni vigenti.

3. È fatto inoltre obbligo di contabilizzare separatamente i proventi e gli oneri derivanti dall'attività libero professionale intramuraria.

 

     Art. 69. Tutela della contabilità e conservazione delle scritture contabili.

1. In materia di tenuta della contabilità e di conservazione delle scritture contabili si applicano le norme contenute negli articoli dal 2214 al 2220 del codice civile.

2. Il direttore generale adotta, con formale deliberazione, un regolamento per la contabilità, l'amministrazione dei beni e l'attività contrattuale, uniformandosi agli standard previsti dal Percorso Attuativo della Certificabilità (P.A.C.), di cui al il D.M. 1° marzo 2013, o, in assenza, ai principi del presente Titolo, del codice civile e delle disposizioni normative vigenti.

 

Capo III

Mezzi finanziari

 

     Art. 70. Fonti di finanziamento.

1. Costituiscono fonti di finanziamento delle Aziende sanitarie regionali:

a) le risorse destinate, ai sensi dell'art. 60, alle aziende sanitarie dalla Regione a titolo di fabbisogno standard;

b) i ricavi ed i proventi derivanti da prestazioni sanitarie rese a soggetti pubblici e privati, compresi quelli di competenza relativi all'attività libero professionale ed ai servizi a pagamento, quelli provenienti da contratti e convenzioni nonché le quote di partecipazione alla spesa eventualmente poste a carico degli assistiti;

c) i contributi di soggetti pubblici e privati;

d) i proventi derivanti dalla gestione dei beni del patrimonio, ivi compresi quelli provenienti da lasciti, donazioni ed altri atti di liberalità ricevuti;

e) i concorsi, i rimborsi, i recuperi ed altri introiti diversi ed eventuali.

2. L'accettazione di lasciti e donazioni deve essere preventivamente autorizzata dalla Giunta regionale.

3. Le Aziende sanitarie regionali, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 3, commi da 16 a 21, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004)), possono ricorrere, previa autorizzazione della Giunta regionale, all'assunzione di mutui o di altre forme di indebitamento, di durata non superiore a venti anni, fino a raggiungere, con l'ammontare complessivo delle rate di ammortamento, comprensive di capitale ed interesse, il 15 per cento delle entrate proprie correnti o dei ricavi netti e proventi di esercizio previsti nel bilancio preventivo economico dell'anno in corso, con esclusione delle quote assegnate a titolo di fabbisogno sanitario standard e delle sopravvenienze, insussistenze e plusvalenze attive.

4. Il collegio sindacale dell'azienda sanitaria verifica, preliminarmente all'adozione degli atti conseguenti, la compatibilità economico-finanziaria della proposta di indebitamento di cui al comma 3.

5. Per far fronte a temporanee esigenze di cassa, le Aziende sanitarie regionali possono attivare anticipazioni con il proprio tesoriere nella misura massima di un dodicesimo dell'ammontare annuo delle entrate previste nel bilancio preventivo economico dell'esercizio in corso, con esclusione di quelle relative ai conti d'ordine.

6. L'atto di indebitamento adottato al di fuori di quanto previsto ai commi 3 e 4 è nullo.

 

     Art. 71. Finanziamento dei servizi socio-assistenziali.

1. Gli oneri per la realizzazione di servizi socio-assistenziali delegati dagli Enti locali sono a totale carico degli stessi, ivi compresi quelli relativi al personale e con specifica contabilizzazione.

2. L'Azienda USL, allo scopo di assicurare il passaggio nella gestione di tali servizi delegati, stipula apposita convenzione che disciplini le clausole che regolano contenuti, quantità e modalità di svolgimento dei servizi da realizzare e le scadenze nell'erogazione dei finanziamenti da parte dell'ente delegante.

3. La gestione dei servizi socio-assistenziali è rilevata con contabilità economica separata con apposito bilancio.

 

Capo IV

Servizio di tesoreria e di cassa

 

     Art. 72. Servizio di tesoreria.

1. Le Aziende sanitarie regionali affidano il proprio servizio di tesoreria ad una o più banche con le procedure previste dalla vigente normativa nazionale e comunitaria.

2. I criteri selettivi, le modalità di gestione del servizio di tesoreria, nonché la durata sono disciplinati con apposito capitolato approvato dal direttore generale, da allegare alla convenzione di tesoreria per farne parte integrante e sostanziale.

3. Il Collegio sindacale effettua verifiche trimestrali periodiche di tesoreria ed esegue la riconciliazione tra gli estratti del conto corrente di tesoreria ed i movimenti nel corrispondente conto della contabilità generale.

 

     Art. 73. Servizio di cassa.

1. Le somme riscosse direttamente dalle strutture delle Aziende sanitarie regionali devono essere versate al tesoriere entro il termine e con le modalità stabilite dal regolamento interno di contabilità di cui all'art. 69, comma 2.

2. Per il pagamento di minute spese di gestione i direttori generali delle Aziende sanitarie possono disporre, a carico del conto di tesoreria, anticipazioni di fondi a dipendenti appositamente individuati, nei limiti e con le modalità stabiliti dallo stesso regolamento di cui all'art. 69, comma 2 e nel rispetto della normativa vigente.

3. L'imputazione al conto economico delle spese sostenute e documentate è effettuata in sede di presentazione dei rendiconti che deve avvenire con cadenza almeno trimestrale. I rendiconti sono controllati ed approvati dal responsabile del servizio economico-finanziario.

 

     Art. 74. Classificazione del patrimonio.

1. Le attività e le passività patrimoniali delle Aziende sanitarie regionali sono classificate secondo il piano dei conti dello stato patrimoniale, tenuto conto dell'esigenza di standardizzazione delle procedure contabili e dei debiti informativi previsti dall'art. 27 del D.Lgs. 118/2011.

 

Capo V

Il bilancio d'esercizio

 

     Art. 75. Bilancio d'esercizio.

1. Il bilancio d'esercizio delle Aziende sanitarie regionali contiene l'esposizione chiara, veritiera e corretta dei risultati della gestione, è redatto con riferimento all'anno solare e, come previsto dal D.Lgs. 118/2011 e relativi decreti attuativi, si compone dello Stato Patrimoniale, del Conto Economico, del Rendiconto Finanziario e della Nota Integrativa ed è corredato da una Relazione sulla Gestione sottoscritta dal Direttore Generale.

2. Il bilancio di esercizio è redatto in conformità al D.Lgs. 118/2011 secondo gli schemi ivi previsti, nel rispetto della normativa nazionale vigente.

3. Il bilancio di esercizio, come previsto dal comma 1, è corredato dalla relazione sulla Gestione del Direttore Generale che, oltre a contenere il modello di rilevazione dei costi per Livelli di Assistenza (Mod. L.A.) per l'esercizio in chiusura e per l'esercizio precedente, riporta anche un'analisi dei costi sostenuti per l'erogazione dei servizi sanitari e il Conto Economico di ogni singolo presidio.

4. Al bilancio di esercizio delle aziende unità sanitarie locali è unito il rendiconto della gestione dei servizi socio-assistenziali di cui all'art. 71.

 

     Art. 76. Principi e criteri per la redazione del bilancio d'esercizio.

1. Nella redazione del bilancio d'esercizio delle Aziende sanitarie regionali si applicano gli articoli da 2423 a 2428 del codice civile, fatto salvo quanto diversamente disposto dal D.Lgs. 118/2011.

 

     Art. 77. Risultato economico della gestione.

1. L'eventuale risultato positivo di esercizio, ai sensi dell'art. 30 del D.Lgs. 118/2011, è portato a ripiano delle eventuali perdite d'esercizio precedenti. L'eventuale eccedenza è accantonata a riserva ovvero è resa disponibile per il ripiano delle perdite del S.S.R.. Resta fermo quanto stabilito a livello nazionale in ordine ai risparmi di gestione conseguiti dai singoli S.S.R..

 

     Art. 78. Approvazione e pubblicazione del bilancio di esercizio.

1. Il bilancio d'esercizio è adottato dal direttore generale entro il 30 aprile dell'anno successivo a quello di riferimento ed è corredato dalla Relazione del Collegio Sindacale. Il bilancio d'esercizio è sottoposto al controllo di cui all'art. 83.

2. Il direttore generale dispone la pubblicazione del bilancio d'esercizio per esteso nel sito istituzionale aziendale. Il bilancio d'esercizio è altresì pubblicato per esteso nel sito istituzionale della Regione.

 

Capo VI

Attività contrattuale

 

     Art. 79. Attività contrattuale.

1. L'attività contrattuale è esercitata nel rispetto della normativa nazionale e comunitaria vigente.

 

     Art. 80. Contabilità di magazzino.

1. Le Aziende sanitarie regionali devono tenere la contabilità di magazzino relativamente ai materiali sanitari, prodotti farmaceutici ed agli altri beni di consumo allo scopo di pervenire, attraverso idonee rilevazioni, alla determinazione dei valori, delle quantità e delle qualità dei beni esistenti all'inizio e alla fine dell'esercizio, nonché alla determinazione dei consumi dei centri di costo anche per periodi inferiori all'anno, uniformandosi agli standard previsti dal Percorso Attuativo della Certificabilità (P.A.C.).

2. Le registrazioni delle operazioni di carico e scarico devono essere eseguite in conformità a quanto previsto dalla normativa vigente, nonché dai singoli regolamenti aziendali.

3. La valutazione dei beni in carico e in discarico è effettuata in base a quanto previsto dalla normativa vigente e dal regolamento aziendale in materia.

 

Capo VII

Controllo di gestione

 

     Art. 81. Controllo interno di gestione.

1. Il direttore generale attua il controllo di gestione per verificare mediante la valutazione comparativa dei costi, dei rendimenti e dei risultati, il grado di economicità, di efficacia e di efficienza raggiunto dall'Azienda sanitaria regionale nell'azione di conseguimento dei rispettivi fini istituzionali.

2. Le finalità di cui al comma 1 vengono perseguite avvalendosi di un'apposita struttura organizzativa che opera stabilmente per la gestione del sistema di programmazione e controllo e dipende in via diretta ed esclusiva dal direttore generale.

3. La struttura di cui al comma 2:

a) individua le procedure, i parametri e gli indicatori atti a valutare: la capacità dell'ente di acquisire i fattori operativi per la fornitura dei servizi assegnati alla sua competenza funzionale, l'efficienza nell'impiego delle risorse e la produttività dei fattori anzidetti;

b) redige il rapporto annuale finale che attua il sistematico confronto fra le scelte dei documenti programmatici e i dati di consuntivo.

 

     Art. 82. Controllo regionale sulla gestione.

1. La Giunta regionale esercita il controllo sulla gestione delle Aziende sanitarie regionali al fine di verificare il risultato di gestione conseguito in termini di buon andamento e di conseguimento dell'equilibrio economico. La valutazione viene effettuata in relazione all'attività svolta a garanzia dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, in termini di efficacia e di efficienza, nonché in riferimento agli indirizzi e agli obiettivi fissati dalla programmazione regionale.

2. La Giunta regionale persegue le finalità di cui al comma 1, oltre che mediante il controllo su documenti programmatici e di bilancio, ai sensi dell'art. 83, anche avvalendosi delle verifiche svolte dall'organismo di valutazione di cui all'art. 28, comma 2 organizzando altresì analisi su efficienza, appropriatezza ed erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza.

 

Capo VIII

Controlli

 

     Art. 83. Controllo della Regione.

1. La Giunta regionale esercita il controllo sulle aziende sanitarie regionali anche ai sensi dell'articolo 4, comma 8 della legge 30 dicembre 1991, n. 412 (Disposizioni in materia di finanza pubblica), mediante:

a) la valutazione della conformità e congruità, rispetto alle indicazioni del piano sanitario regionale di cui all'articolo 12, alle direttive vincolanti regionali e alle risorse assegnate, dei seguenti atti:

1) bilancio preventivo annuale e relative variazioni;

2) bilancio pluriennale di previsione;

3) bilancio di esercizio;

4) istituzione di nuovi servizi;

5) proposta di copertura delle perdite e per il riequilibrio della situazione economica;

6) dotazione organica complessiva del personale e il piano triennale dei fabbisogni del personale;

7) deliberazioni di programmi di spesa pluriennali, con esclusivo riferimento alle spese di investimento. Non sono considerati impegni pluriennali quelli riferiti a spese il cui impegno non ecceda i dodici mesi;

8) atto aziendale di cui all'articolo 22;

9) piano attuativo di cui all'articolo 14;

b) l'attività ispettiva, di vigilanza e di controllo ai sensi della legge 26 aprile 1982, n. 181 [Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1982)];

c) la nomina, previa diffida a provvedere entro il termine di trenta giorni, di commissari ad acta per i provvedimenti non adottati entro i termini stabiliti e le modalità prescritte per legge e per atti amministrativi di programmazione generale.

2. Sono soggetti, altresì, al controllo della Giunta regionale i provvedimenti di acquisizione, a qualsiasi titolo, da parte delle aziende sanitarie regionali di attrezzature sanitarie. La Giunta regionale, con proprio atto, emana linee guida per l'individuazione delle tipologie di attrezzature sanitarie soggette al controllo nonché degli ambiti della valutazione di congruità.

3. Il termine per l'esercizio del controllo sugli atti delle aziende sanitarie regionali è di quaranta giorni dal ricevimento dell'atto ed è interrotto, per una sola volta, a seguito di richiesta di chiarimenti o integrazione della documentazione. Il termine ricomincia a decorrere dal giorno successivo alla produzione dei chiarimenti richiesti o alla presentazione dei documenti integrativi.

4. Nel caso di mancata pronuncia della Giunta regionale entro il termine di cui al comma 3, l'atto soggetto a controllo si intende approvato.

5. Il termine per l'esercizio del controllo è sospeso dal 1 al 31 agosto e dal 23 dicembre al 6 gennaio di ciascun anno, fatte salve le ipotesi di particolare necessità ed urgenza.

6. Le modalità per l'esercizio del controllo sugli atti delle aziende sanitarie regionali sono disciplinate dal Reg. reg. 17 gennaio 2006, n. 1 (Modalità di esercizio del controllo regionale sugli atti delle aziende sanitarie).

7. Il controllo sulle deliberazioni del Consiglio di amministrazione dell'Istituto zooprofilattico dell'Umbria e delle Marche, previsto dall'articolo 18 dell'Accordo tra la Regione Umbria e la Regione Marche, ratificato con L.R. 20 novembre 2013, n. 28 è esercitato dalla Giunta regionale con le modalità di cui al presente articolo.

8. Gli atti ed i provvedimenti assunti dal Direttore generale per le aziende sanitarie regionali e dal Consiglio d'amministrazione per l'Istituto zooprofilattico sperimentale dell'Umbria e delle Marche sono pubblicati nel sito istituzionale dell'azienda sanitaria regionale o dell'Istituto stesso, secondo le modalità e i limiti previsti dall'ordinamento vigente in materia di pubblicità degli atti. Gli atti non soggetti a controllo sono esecutivi dal giorno della loro pubblicazione nel sito istituzionale, salvo diversa espressa disposizione. L'esecutività degli atti di cui al comma 1, lettera a), è subordinata all'esito positivo del controllo regionale ovvero alla mancata pronuncia della Giunta regionale entro il termine di cui al comma 3.

 

     Art. 83 bis. (Comitato Regionale di Valutazione (C.RE.VA.))

1. È istituito il Comitato regionale di valutazione, di seguito denominato C.RE.VA., organismo nominato dalla Giunta regionale per il supporto nella valutazione delle politiche in ambito socio sanitario, al fine di assicurare la sostenibilità economica del servizio sanitario regionale con l'erogazione di servizi socio assistenziali di qualità alla cittadinanza.

2. Il C.RE.VA. supporta la Giunta regionale nella disamina e nell'analisi dei piani di assunzione del personale delle Aziende sanitarie regionali, al fine di verificarne la coerenza con la normativa nazionale, regionale, nonché con gli atti di programmazione regionale.

3. Il C.RE.VA. supporta, altresì, la Giunta regionale nel processo di approvazione dei Piani degli investimenti delle Aziende sanitarie regionali, esaminando la loro compatibilità rispetto alle risorse disponibili o rispetto ad eventuali finanziamenti specificamente dedicati.

4. La composizione del C.RE.VA. ed il suo ruolo di supporto, che può esplicarsi in tutti quegli ambiti in cui vi sia l'esigenza di verificare la sostenibilità economica di azioni attuative della programmazione regionale, anche in relazione ad eventuali limiti di spesa o di risorse assegnate, sono stabiliti dalla Giunta regionale con proprio atto.

5. La partecipazione al C.RE.VA. è a titolo gratuito e ai componenti non sono corrisposti gettoni, compensi, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati.

 

     Art. 83 ter. (Attività Ispettiva e di vigilanza)

1. È istituito l'organismo regionale per l'attività ispettiva e di vigilanza sulle aziende sanitarie, sugli enti pubblici e privati autorizzati che afferiscono al settore sanitario, socio sanitario e sociale. La struttura ispettiva opera direttamente in collegamento funzionale con la Direzione regionale competente in materia di Salute.

2. La struttura ispettiva è presieduta dal Direttore regionale competente in materia di Salute ed è composta da soggetti appartenenti al Servizio Sanitario Regionale e da esperti esterni. La partecipazione è a titolo gratuito.

3. Alla struttura ispettiva sono attribuite funzioni ispettive e di vigilanza ordinarie e straordinarie, di carattere amministrativo, contabile, tecnico-scientifico e funzionale rispetto agli enti che operano in ambito sanitario, socio sanitario e sociale nella Regione Umbria.

4. La struttura ispettiva è attivata dal Direttore regionale competente in materia di Salute.

5. La struttura ispettiva opera in collegamento con i collegi dei revisori dei conti o collegi sindacali degli enti di cui al comma 1.

6. La Giunta regionale, con proprio atto, disciplina l'attività e l'organizzazione della struttura ispettiva.

 

Capo IX

Patrimonio delle aziende sanitarie regionali

 

     Art. 84. Contributi in conto capitale.

1. La Regione, in coerenza con gli obiettivi definiti nel Piano sanitario regionale (PSR), concede contributi in conto capitale alle Aziende sanitarie regionali per la realizzazione di investimenti.

 

     Art. 85. Disposizioni sul patrimonio sanitario.

1. Al fine di ottimizzare la valorizzazione patrimoniale delle strutture ospedaliere dismesse o da dismettere, la proprietà delle stesse è trasferita al patrimonio regionale, ferma restando la destinazione sanitaria dei proventi nel rispetto di quanto previsto dall'art. 29, comma 1 lettera c) del D.Lgs. 118/2011 con le modalità di cui al successivo articolo 86.

2. Le Aziende sanitarie regionali, in deroga al comma 1 possono essere autorizzate dalla Regione, previa presentazione di un piano di valorizzazione, a mantenere la proprietà delle strutture ospedaliere dismesse o da dismettere, ai fini della loro alienazione da parte delle Aziende sanitarie stesse. Il piano di valorizzazione dovrà indicare l'eventuale porzione della struttura ospedaliera, che si intende non alienare, fermo restando che la stessa dovrà essere riutilizzata per fini sanitari. L'autorizzazione regionale fissa il termine entro il quale la procedura di alienazione deve essere conclusa.

3. La Regione può trasferire alle Aziende sanitarie regionali le strutture ospedaliere dismesse e già acquisite al patrimonio regionale per le quali non sono state attivate procedure di valorizzazione. Il trasferimento dei beni avviene a titolo gratuito con decreto del Presidente della Giunta regionale che costituisce titolo per la trascrizione immobiliare e ne disciplina i termini per l'alienazione.

4. Le risorse derivanti dalla valorizzazione di cui al comma 1, vengono messe a disposizione delle Aziende sanitarie regionali alle quali i beni immobili appartenevano, con le modalità e nei termini della convenzione di cui all'articolo 86.

5. Per strutture ospedaliere dismesse si intendono quelle che hanno cessato la destinazione sanitaria dopo il 1° gennaio 2000.

6. Per strutture ospedaliere da dismettere si intendono quelle che, a seguito dell'inizio dei lavori per la costruzione di nuovi plessi ospedalieri, cesseranno la loro destinazione.

 

     Art. 86. Convenzioni tra Regione e Aziende sanitarie regionali.

1. Le modalità del trasferimento dei beni immobili di cui all'articolo 85, nonché dell'assegnazione delle risorse derivanti dalla valorizzazione degli stessi a favore delle Aziende sanitarie regionali sono disciplinati da apposita convenzione tra la Regione e la singola Azienda sanitaria regionale da stipularsi prima del trasferimento del bene.

2. Le risorse derivanti dalla valorizzazione dei beni immobili saranno destinate, in via preferenziale, ai servizi sanitari del territorio in cui i beni sono collocati, nel rispetto della programmazione sanitaria regionale e di quanto previsto dall'art. 29, comma 1 lettera c) del D.Lgs. 118/2011.

3. Il trasferimento in proprietà alla Regione dei beni immobili di cui al comma 1 dell'articolo 85 è attuato con decreto del Presidente della Giunta regionale che ne disciplina i termini e costituisce titolo per la trascrizione immobiliare.

 

     Art. 87. Piano del patrimonio delle aziende sanitarie.

1. Le aziende sanitarie redigono il Piano triennale del patrimonio, nel quale individuano:

a) i beni destinati o da destinare all'erogazione di servizi e a sede degli uffici;

b) i beni utilizzati per finalità di pubblico interesse da enti pubblici o privati senza scopo di lucro, in virtù di accordi di programma o convenzioni;

c) i beni destinati o da destinare alla produzione di reddito con l'indicazione dei proventi conseguiti o conseguibili nonché delle azioni che si intendono intraprendere per ottimizzare la redditività degli stessi;

d) i beni di cui alla lettera a) destinati a sede di uffici o servizi, dei quali si prevede la dismissione dall'uso, nel triennio, con la indicazione delle ipotesi di riutilizzo;

e) i beni che si intendono alienare nel triennio, ivi compresi quelli destinati a sede di uffici o servizi, di cui si prevede la dismissione dall'uso, indicando i tempi di alienazione e la destinazione dei proventi;

e-bis) i beni immobili che si intendono acquisire nel triennio per il perseguimento dei fini istituzionali.

2. I beni di cui al comma 1, lettera e), già facenti parte del patrimonio dei comuni, con vincolo di destinazione sanitaria ai sensi della legge 833/1978, ed aventi interesse storico o culturale, ovvero caratterizzati da un ruolo strategico nell'ambito degli strumenti urbanistici, possono essere ceduti direttamente al comune in cui gli stessi insistono, al valore di stima del bene, quando lo stesso ne faccia formale richiesta, entro sei mesi dall'approvazione del Piano di cui al comma 4.

3. Il Piano di cui al comma 1 adottato dall'organo aziendale competente, è trasmesso entro trenta giorni alla Giunta regionale, che può formulare osservazioni. Il Piano è definitivamente approvato dall'organo aziendale competente adeguandosi alle eventuali osservazioni e rilievi formulati dalla Giunta regionale entro sessanta giorni dal ricevimento degli stessi.

4. Il Piano, definitivamente approvato, viene trasmesso alla Giunta regionale e diventa efficace con la comunicazione da parte della stessa, della avvenuta presa d'atto.

5. La Giunta regionale comunica tempestivamente all'Assemblea Legislativa il piano corredato della relativa presa d'atto.

6. Il Piano viene aggiornato con cadenza almeno triennale ed in ogni caso entro sei mesi dalla nomina del Direttore generale.

 

     Art. 88. Autorizzazione all'alienazione.

1. L'autorizzazione all'atto di alienazione dei beni immobili già prevista nel piano del patrimonio definitivamente approvato, ai sensi dell'articolo 87 è finalizzata alla verifica:

a) della coerenza dell'atto proposto con le previsioni del piano;

b) della scelta della procedura ritenuta più idonea;

c) della congruità del prezzo definito da apposita perizia di stima.

 

     Art. 88 bis. Autorizzazione all'acquisizione e alla sottoscrizione di contratti atipici.

1. L'acquisizione di beni immobili già prevista nel Piano triennale del patrimonio deve essere preventivamente autorizzata dalla Giunta regionale allo scopo di verificare la conformità delle operazioni patrimoniali con la programmazione regionale.

2. Sono altresì soggetti all'autorizzazione da parte della Giunta regionale i contratti atipici relativi ai beni immobili, nel rispetto della normativa nazionale vigente.

 

     Art. 89. Inventario generale del patrimonio.

1. L'inventario generale del patrimonio comprende le attività e le passività patrimoniali di cui all'articolo 74 ed è redatto dalle Aziende sanitarie regionali all'inizio della propria attività e al termine di ogni esercizio.

2. L'inventario iniziale è approvato con deliberazione del direttore generale, nella quale sono indicati e motivati i criteri di valutazione adottati per l'attribuzione dei valori.

 

     Art. 90. Consegnatari dei beni patrimoniali.

1. I direttori generali delle Aziende sanitarie regionali individuano, con propria deliberazione, i consegnatari responsabili dei beni patrimoniali, stabilendo i registri e le scritture da tenere nonché le modalità di resa dei conti.

2. I consegnatari sono personalmente responsabili dei beni ricevuti in consegna fino alla loro formale discarica.

 

     Art. 91. Dichiarazione di fuori uso e di scarico.

1. I beni mobili a disposizione delle Aziende sanitarie regionali non più idonei all'uso loro assegnato per vetustà o che per qualsiasi altra ragione divenissero inservibili, sono dichiarati fuori uso e cancellati dal relativo inventario con deliberazione del direttore generale, sulla base di una motivata proposta del competente ufficio.

 

     Art. 91 bis. Promozione e coordinamento dell'utilizzo del patrimonio mobiliare dismesso dalle strutture sanitarie e socio-sanitarie.

1. La Regione promuove e coordina, per fini umanitari o per altri scopi comunque non lucrativi, la cessione e l'utilizzo, in Italia e all'estero, del patrimonio mobiliare dismesso dalle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private operanti sul territorio regionale, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 107, comma 2, lettera d) e commi 3 e 4 e nel rispetto della legge 11 agosto 2014, n. 125 (Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo).

2. L'attività di promozione e coordinamento di cui al comma 1 avviene nel rispetto dell'autonomia patrimoniale, gestionale e contabile delle aziende sanitarie regionali e con riferimento ai beni mobili dichiarati fuori uso dalle stesse e cancellati dal relativo inventario ai sensi dell'articolo 91.

3. Ai fini del comma 1, la Giunta regionale, con proprio atto, definisce le necessarie indicazioni operative, nel rispetto dei seguenti criteri:

a) l'adesione delle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private di cui al comma 1 all'attività di promozione e coordinamento della Regione avviene su base volontaria;

b) il bene messo a disposizione deve essere funzionante e libero da vincoli, secondo quanto previsto dalle procedure di contabilità generale;

c) la cessione del bene, ai fini previsti dal presente articolo, deve avvenire a titolo gratuito;

d) possono presentare richiesta per la cessione o l'utilizzo dei beni dismessi gli enti pubblici, le organizzazioni e gli enti non governativi riconosciuti a livello nazionale, gli enti ecclesiastici riconosciuti, le organizzazioni del terzo settore iscritte nei registri regionali, le rappresentanze diplomatiche in Italia ed all'estero, la Croce rossa italiana e i soggetti di cui all'articolo 26 della L. 125/2014, fatta salva l'eventualità che il destinatario ultimo del bene non coincida con il richiedente.

4. La Giunta regionale, con l'atto di cui al comma 3, definisce, altresì, le modalità di vigilanza e controllo sull'effettivo utilizzo del bene per le finalità previste dal presente articolo.

5. I soggetti richiedenti di cui al comma 3, lettera d), provvedono in proprio al trasporto dalla struttura in cui si trova il bene alla destinazione finale, senza alcun onere per l'amministrazione regionale e per l'ente che cede il bene.

6. All'attuazione del presente articolo si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio regionale.

 

Capo X

Disposizioni per la remunerazione degli erogatori di prestazioni sanitarie

 

     Art. 92. Remunerazione degli erogatori di prestazioni sanitarie.

1. La Regione assicura i livelli uniformi ed essenziali di assistenza avvalendosi dei presidi direttamente gestiti dalle aziende unità sanitarie locali, dalle aziende ospedaliere e dalle aziende ospedaliero-universitarie, nonché dai soggetti privati accreditati ai sensi dell'articolo 8-quater del D.Lgs. 502/1992, nel rispetto degli accordi e dei contratti di cui all'articolo 8-quinquies del D.Lgs. 502/1992.

2. Le prestazioni erogate all'assistito nell'ambito dei livelli uniformi ed essenziali di assistenza sono finanziariamente a carico dell'azienda unità sanitaria locale di residenza del cittadino; l'erogatore privato o pubblico, diverso dall'azienda unità sanitaria locale di residenza, che ha provveduto all'erogazione è remunerato nella misura conseguente all'applicazione del sistema tariffario e dei criteri definiti dalla Regione con deliberazione della Giunta regionale.

3. La Giunta regionale, in relazione all'attuazione della programmazione regionale e tenuto conto delle risorse disponibili, definisce annualmente i volumi programmati di attività corrispondenti al fabbisogno di prestazioni del Servizio sanitario regionale, articolati per tipologie assistenziali, determinando i criteri di remunerazione delle stesse prestazioni con indicazione dell'ammontare globale predefinito di finanziamento e le misure di abbattimento delle tariffe al superamento dei volumi programmati. Tali volumi programmati possono, a seguito di accordi stipulati con altre Regioni, essere previsti anche per le prestazioni rese a cittadini residenti fuori dal territorio regionale. Le aziende sanitarie regionali definiscono annualmente mediante gli accordi di cui al comma 1 i volumi finanziari derivanti dai flussi di mobilità interaziendale.

4. La Giunta regionale con propri atti disciplina le modalità e le procedure per regolare il sistema dei rapporti tra gli erogatori di prestazioni sanitarie, anche in relazione alle disposizioni emanate a livello nazionale circa le modalità di compensazione della mobilità sanitaria interregionale.

 

     Art. 93. Addebito delle prestazioni ai terzi responsabili.

1. Quando le prestazioni sanitarie erogate siano determinate da fatto comportante presumibile responsabilità di terzi, le aziende sanitarie regionali esercitano il diritto di rivalersi dei costi delle prestazioni sanitarie rese nell'ambito del Servizio sanitario regionale sui terzi responsabili dei danni, applicando le tariffe vigenti, salvo quanto disposto dalla normativa statale in materia.

 

Capo XI

Sistema informativo sanitario regionale

 

     Art. 94. Sistema informativo sanitario regionale.

1. Il Sistema informativo sanitario regionale è unitario a livello regionale e comprende dati e informazioni prodotte dai sistemi informativi delle aziende sanitarie e dei soggetti erogatori pubblici e privati accreditati della Regione.

2. Il Sistema informativo sanitario regionale:

a) acquisisce i dati e le informazioni per il monitoraggio, la valutazione e la programmazione regionale;

b) diffonde la telemedicina e l'integrazione delle tecnologie biomedicali;

c) fornisce i servizi al cittadino nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali) e dal Reg. reg. 12 maggio 2006, n. 4 (Trattamento dei dati personali, sensibili e giudiziari di competenza della Giunta regionale, delle aziende sanitarie, degli enti ed agenzie regionali e degli enti vigilati dalla Regione).

3. Per le finalità di cui al comma 2 il Sistema informativo sanitario regionale:

a) assicura la compatibilità del Sistema informativo sanitario regionale con il Nuovo Sistema Informativo Sanitario nazionale (NSIS);

b) assicura l'interconnessione e l'interoperabilità dei sistemi informativi delle aziende sanitarie regionali, delle strutture accreditate, delle farmacie, dei medici di medicina generale, dei pediatri di libera scelta e dei professionisti convenzionati con il Sistema sanitario regionale;

c) consente l'integrazione delle informazioni relative alle attività svolte, ai servizi forniti e ai percorsi di cura garantiti ai cittadini.

4. La Giunta regionale con appositi atti:

a) definisce sulla base degli standard nazionali e internazionali, i requisiti minimi strutturali dei sistemi informativi delle aziende sanitarie regionali e degli enti e soggetti del Servizio sanitario regionale;

b) stabilisce i livelli di informatizzazione per la definizione dei percorsi clinici e organizzativi finalizzati alla continuità di cura e la rilevazione epidemiologica;

c) rileva con progetti specifici interaziendali e in riferimento al singolo cittadino lo stato di salute e le prestazioni erogate, finalizzate alla realizzazione del fascicolo sanitario elettronico;

d) attiva sistemi di valutazione e controllo sui livelli di completezza e qualità dei sistemi informativi, sull'adesione agli standard e alle direttive nazionali e regionali.

 

Titolo X

Partecipazione, diritti degli utenti e forme di tutela

Capo I

Partecipazione

 

     Art. 95. Informazione e partecipazione dei cittadini.

1. Mediante la partecipazione i cittadini, le formazioni sociali esistenti sul territorio, gli operatori sanitari contribuiscono a migliorare l'organizzazione dei servizi e a dare impulso all'attività programmata; inoltre controllano l'efficacia e la rispondenza dell'attività medesima rispetto alle finalità perseguite dal Servizio sanitario regionale.

2. Le aziende sanitarie regionali adottano strumenti idonei per l'informazione, per la partecipazione, per la comunicazione e per la trasparenza finalizzati alla conoscibilità degli obiettivi, delle attività e dei servizi erogati dalle stesse. A tal fine, le aziende sanitarie regionali garantiscono uno spazio adeguato all'informazione e all'acquisizione delle valutazioni da parte dei destinatari delle prestazioni, assicurando il coinvolgimento delle organizzazioni dei cittadini e dei malati.

3. I rapporti con le associazioni dei consumatori e utenti e le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, le cui attività concorrano con le finalità del servizio sanitario regionale, possono essere disciplinati da apposite convenzioni e protocolli di intesa, in conformità con quanto disposto dalle normative nazionali e regionali vigenti, al fine di porre in atto azioni in grado di aumentare il livello di coinvolgimento e di partecipazione, nella prospettiva dell'empowerment del cittadino.

4. Ciascuna azienda sanitaria regionale adotta la carta dei servizi e ne assicura adeguata pubblicità mediante pubblicazione sul sito web istituzionale, nonché in tutte le strutture in cui si svolgono le attività di servizio all'utenza.

5. Ciascuna azienda sanitaria regionale introduce forme di valutazione della qualità, dell'efficienza, dell'efficacia e dell'equità del sistema sanitario coinvolgendo direttamente i cittadini attraverso lo strumento degli audit civici.

 

     Art. 96. Partecipazione alla programmazione.

1. Ai sensi dell'articolo 14 del D.Lgs. 502/1992, la Regione promuove le più ampie forme di concertazione-partenariato istituzionale e sociale ai fini della predisposizione delle proposte di atti di pianificazione e programmazione regionale.

2. La Giunta regionale promuove forme di partecipazione e consultazione al processo di programmazione sociosanitaria in ambito regionale e locale, anche mediante il tavolo di concertazione e partenariato istituzionale e sociale di cui all'articolo 5 della legge regionale 28 febbraio 2000, n. 13 (Disciplina generale della programmazione, del bilancio, dell'ordinamento contabile e dei controlli interni della Regione dell'Umbria), con i cittadini e le loro organizzazioni, con le organizzazioni sindacali, con gli organismi di volontariato, di promozione sociale, di cooperazione sociale e con gli altri soggetti del Terzo settore.

3. Le aziende sanitarie regionali assicurano la partecipazione dei soggetti di cui al comma 2 al processo di pianificazione e programmazione sanitaria e sociosanitaria in ambito locale.

 

Capo II

Diritti degli utenti

 

     Art. 97. Diritti degli utenti.

1. L'attività degli organi e degli operatori delle aziende sanitarie regionali è finalizzata ad assicurare prestazioni adeguate ai bisogni dell'utente.

2. Gli operatori delle aziende sanitarie regionali nell'ambito dei servizi e dei presidi devono tenere comportamenti che non inducano in stato di soggezione l'utente, rispettando le sue convinzioni secondo i principi della dignità umana.

 

     Art. 98. Modalità di tutela dei diritti.

1. Le osservazioni, le richieste e le proposte in ordine al funzionamento dei servizi possono essere avanzate dagli utenti all'Ufficio relazioni con il pubblico (U.R.P.) dell'azienda sanitaria ed agli organi dell'azienda medesima.

2. L'U.R.P. fornisce agli interessati una risposta motivata sulle osservazioni, richieste e proposte di cui al comma 1.

3. L'U.R.P. segnala al Direttore generale eventuali disfunzioni informandone l'utente che le ha denunciate.

4. Qualora l'U.R.P. corredi la segnalazione con una proposta per la migliore organizzazione di un servizio, il Direttore generale è tenuto a pronunciarsi in merito alla stessa.

 

     Art. 99. Ricorso al Difensore civico.

1. Gli utenti che hanno avanzato osservazioni, richieste e proposte con la modalità di cui all'art. 98, comma 1 e non ritengano esaurienti le risposte ricevute, possono richiedere l'intervento del Difensore civico regionale di cui alla legge regionale 27 novembre 2007 n. 30 (Nuova disciplina del difensore civico regionale. Abrogazione della legge regionale 30 novembre 1995 n. 45).

2. Il Difensore civico, valutato il fondamento dell'istanza, invita il Direttore generale dell'Azienda sanitaria a fornire tutte le informazioni e i chiarimenti ritenuti necessari, nei termini di cui alla L.R. n. 30/2007.

3. Il Difensore civico segnala le irregolarità ed i disservizi accertati al Presidente della Giunta regionale.

4. Qualora, nell'esercizio delle sue funzioni, il Difensore civico venga a conoscenza di fatti che possano costituire reato, ne fa rapporto all'Autorità giudiziaria e, nel caso di fatti che possano comportare responsabilità contabile o amministrativa, li segnala alla Corte dei Conti.

 

Titolo XI

Anagrafe sanitaria, osservatorio epidemiologico, registri di popolazione e di patologia e comitato etico delle aziende sanitarie dell'Umbria

Capo I

Anagrafe sanitaria regionale

 

     Art. 100. Istituzione dell'Anagrafe sanitaria regionale.

1. È istituita l'Anagrafe sanitaria regionale quale anagrafica di riferimento del Servizio sanitario regionale, al fine di permettere l'identificazione univoca all'interno della Regione, degli assistiti, degli assistibili e dei soggetti che abbiano avuto almeno un accesso ad una struttura sanitaria regionale.

2. L'Anagrafe di cui al comma 1 ha la finalità di:

a) gestire in maniera corretta il processo di erogazione delle prestazioni ai cittadini attraverso la condivisione dei dati individuali tra le aziende sanitarie regionali;

b) garantire la funzionalità di servizi avanzati;

c) assicurare un efficace controllo della spesa.

3. La Giunta regionale disciplina, con proprio regolamento, le modalità di raccolta e trattamento dei dati anagrafici e sanitari dei soggetti di cui al comma 1 nel rispetto e con le modalità stabilite dalle disposizioni vigenti, in modo da garantire la tutela della riservatezza dei dati personali.

 

Capo II

Osservatorio epidemiologico regionale

 

     Art. 101. Osservatorio epidemiologico regionale.

1. Nell'ambito della competente direzione della Giunta regionale è istituito l'Osservatorio epidemiologico regionale, di seguito denominato Osservatorio, con funzione di osservazione epidemiologica.

2. L'Osservatorio rappresenta una componente fondamentale per orientare l'azione di governo della Giunta regionale e l'attività di pianificazione delle aziende sanitarie regionali, sia nella scelta delle modalità assistenziali, che per effettuare una adeguata valutazione del soddisfacimento dei bisogni di salute emergenti nella popolazione.

3. L'Osservatorio epidemiologico regionale opera nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione di dati personali) ed ha il compito di:

a) promuovere l'istituzione, ai vari livelli del Servizio sanitario regionale, di strumenti di osservazione epidemiologica secondo una metodologia di rilevazione programmata finalizzata a produrre statistiche sanitarie omogenee;

b) raccogliere dai vari livelli del Servizio sanitario regionale dati che riguardano lo stato di salute e la diffusione di malattie nella popolazione;

c) elaborare i dati provenienti dalle aziende sanitarie regionali finalizzati a produrre statistiche sanitarie correnti;

d) fornire le informazioni alle direzioni generali delle aziende sanitarie regionali, finalizzate alla valutazione e al controllo di qualità delle prestazioni sanitarie;

e) acquisire informazioni di interesse epidemiologico da fonti internazionali, nazionali e regionali, finalizzate anche ad individuare i fattori responsabili della patogenesi delle malattie e le condizioni individuali e ambientali che predispongono all'insorgenza delle stesse;

f) programmare e attuare indagini volte ad approfondire la conoscenza dei fenomeni di interesse sanitario per il miglioramento degli interventi sanitari;

g) partecipare all'Assemblea Legislativa, alla conferenza dei sindaci, alla struttura di valutazione di cui all'articolo 28 nonché ai cittadini ed alle loro associazioni i risultati delle informazioni raccolte.

4. L'Osservatorio, di cui al comma 1, attiva collaborazioni e collegamenti funzionali con i servizi epidemiologici delle aziende sanitarie regionali, dell'Istituto zooprofilattico sperimentale dell'Umbria e delle Marche e dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente, con gli osservatori epidemiologici istituiti dalle altre regioni, con il laboratorio epidemiologico dell'Istituto superiore di sanità e con altri enti e istituzioni interessate.

 

Capo III

Registri regionali di popolazione e di patologia

 

     Art. 102. Istituzione dei registri regionali di popolazione e di patologia.

1. In applicazione del D.Lgs. 196/2003, ai sensi degli articoli 20 e 154, comma 1, lettera g) sono istituiti a livello regionale i seguenti registri di popolazione e di patologia:

a) Registro tumori;

b) Registro mesoteliomi;

c) Registro dialisi e trapianto;

d) Registro trapianti d'organo;

e) Registro malattie rare;

f) Registro malformazioni congenite;

g) Registro screening oncologici;

h) Registro diagnosi anatomo-patologiche;

i) Registro sclerosi laterale amiotrofica (SLA);

l) Registro mortalità;

l bis) Registro degli impianti protesici mammari.

2. I registri di popolazione e di patologia di cui al comma 1 raccolgono dati anagrafici e sanitari relativi a persone affette dalle malattie ivi individuate a fini di studio e ricerca scientifica in campo medico, biomedico ed epidemiologico nel rispetto della normativa vigente in materia di protezione dei dati personali.

3. Con regolamento regionale, adottato in conformità al parere espresso dal Garante per la protezione dei dati personali, ai sensi degli articoli 20 e 154, comma 1, lettera g), del D.Lgs. 196/2003 sono previsti i tipi di dati sensibili, le operazioni eseguibili, le specifiche finalità perseguite da ciascuno dei registri di cui al comma 1, i soggetti che possono avere accesso ai registri e i dati che possono conoscere e le misure per la custodia e la sicurezza dei dati.

4. Le previsioni del regolamento di cui al comma 3 devono in ogni caso informarsi al principio di necessità di cui all'articolo 3 del D.Lgs. 196/2003.

 

Capo IV

Comitato Etico regionale dell'Umbria

 

     Art. 103. (Comitato Etico regionale dell'Umbria)

1. Il Comitato Etico regionale dell'Umbria (CER Umbria) garantisce la tutela dei diritti, della sicurezza e del benessere dei soggetti che partecipano a protocolli di ricerca clinica e fornisce pubblica garanzia di tale tutela.

2. Il CER Umbria svolge i compiti di cui alla normativa vigente ed esprime pareri in autonomia relativamente a:

a) sperimentazioni di farmaci, dispositivi medici, tecniche e metodiche invasive e non, studi osservazionali e/o non interventistici, usi terapeutici di medicinali sottoposti a sperimentazione clinica, da attuare nelle strutture del Servizio sanitario regionale;

b) aspetti etici riguardanti le attività scientifiche ed assistenziali svolte nelle strutture sanitarie regionali.

3. Il CER Umbria è istituito presso un'Azienda sanitaria individuata quale capofila dalla Giunta regionale, con proprio provvedimento, definendone la composizione e il funzionamento in applicazione delle normative nazionali ed europee in materia. Per la composizione si richiamano per quanto compatibili le disposizioni di cui all'articolo 2, comma 4 della legge 11 gennaio 2018, n. 3 (Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali nonché disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della salute).

4. Il CER Umbria si avvale di una segreteria tecnico scientifica, qualificata ai sensi della normativa vigente, nella quale opera personale messo a disposizione dall'Azienda capofila per le attività del CER medesimo. L'Azienda è autorizzata a svolgere le procedure di reclutamento per dotare la segreteria tecnico scientifica di un numero adeguato di personale. Gli oneri relativi al personale che opera nella segreteria tecnico scientifica gravano sui fondi di cui al comma 6.

5. La Giunta regionale, con propria deliberazione, disciplina:

a) le tariffe a carico degli sponsor, per ottenere il parere del Comitato per le sperimentazioni cliniche, da versare all'Azienda capofila, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 2, comma 5 della l. 3/2018;

b) l'importo del gettone di presenza e l'eventuale rimborso delle spese di viaggio per la partecipazione a riunioni.

6. La Giunta regionale, con propria deliberazione, disciplina altresì le modalità di utilizzo dei fondi, da parte dell'Azienda sanitaria capofila, necessari al funzionamento del CER Umbria e della qualificata segreteria tecnico-scientifica così come di eventuali quote eccedenti.

 

Titolo XII

Intervento e trasporto sanitario

Capo I

Trasporto sanitario

 

     Art. 104. Gestione del trasporto sanitario.

1. Il trasporto sanitario costituisce attività di interesse generale improntata al rispetto dei principi di universalità, solidarietà, economicità ed appropriatezza.

2. Il trasporto sanitario può essere svolto da soggetti pubblici o privati autorizzati secondo la normativa regionale vigente. Il trasporto sanitario effettuato per conto e a carico del servizio sanitario regionale è affidato a soggetti pubblici o privati accreditati secondo la normativa regionale vigente.

3. Per trasporto sanitario, ai fini dell'applicazione dei commi 5, 6 e 7, si intende:

a) il trasporto sanitario in emergenza urgenza gestito dalla centrale operativa territoriale 118 ed eseguito sul luogo dell'improvvisa insorgenza di una patologia o di un infortunio verso le strutture sanitarie di riferimento. Tale tipologia di intervento può essere eseguita, su specifica indicazione della centrale 118, anche mediante l'utilizzo di altri mezzi di intervento sanitario rapido alternativi alle autoambulanze, quali l'elicottero e il natante da trasporto/soccorso nelle acque interne;

b) il trasporto sanitario di pazienti non gestito dalla centrale operativa territoriale 118, rientrante nei livelli essenziali di assistenza.

4. Il personale sanitario ed il personale volontario devono essere adeguatamente formati in base alla tipologia del servizio di trasporto sanitario, seguendo specifici corsi di formazione.

5. Ai sensi dell'articolo 57 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 (Codice del Terzo settore, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettera b, della legge 6 giugno 2016, n. 106), i servizi di trasporto sanitario di emergenza e urgenza di cui al comma 3, lettera a), sono in via prioritaria oggetto di affidamento in convenzione alle organizzazioni di volontariato, iscritte da almeno sei mesi nel Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, di seguito RUNTS, aderenti ad una rete associativa ed accreditate ai sensi della normativa regionale in materia, nel caso in cui l'affidamento diretto garantisca l'espletamento del servizio di interesse generale, secondo criteri di efficienza, economicità, trasparenza e non discriminazione.

Alle predette convenzioni si applicano le disposizioni dell'articolo 56 del D.Lgs. 117/2017.

6. Qualora il trasporto di cui al comma 3, lettera a), non possa essere assicurato secondo quanto stabilito al comma 5, le Aziende Sanitarie affidano tale servizio mediante una selezione pubblica in base alla normativa vigente.

7. Ai sensi dell'articolo 56 del D.Lgs. 117/2017, i servizi di trasporto sanitario di cui al comma 3, lettera b), possono essere oggetto di convenzioni con le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale, iscritte da almeno sei mesi nel RUNTS, per lo svolgimento in favore di terzi di attività o servizi sociali di interesse, se più favorevoli rispetto al mercato, nel rispetto dei principi di imparzialità, pubblicità, trasparenza, partecipazione, parità di trattamento e mediante procedure comparative.

8. L'amministrazione regionale e le Aziende Sanitarie possono anche prevedere forme di co-programmazione e co-progettazione e accreditamento nell'ambito del trasporto sanitario con gli enti del Terzo settore, nel rispetto dei principi della L. 241/1990 e della legge regionale 6 marzo 2023, n. 2 (Disposizioni in materia di amministrazione condivisa).

9. La Giunta regionale fissa con regolamento i requisiti ed il procedimento per il rilascio dell'autorizzazione e dell'accreditamento all'esercizio del trasporto sanitario.

 

Titolo XIII

Diritto di accesso all'assistenza sanitaria

Capo I

Diritto d'accesso all'assistenza sanitaria

 

     Art. 105. Diritto di accesso alla assistenza sanitaria e ospedaliera.

1. I cittadini appartenenti ad uno degli Stati membri della Unione Europea presenti nel territorio dell'Umbria, hanno diritto di accedere all'assistenza sanitaria nel rispetto della normativa europea e statale.

2. La Regione garantisce altresì l'assistenza ospedaliera all'estero, secondo le disposizioni vigenti, ai cittadini italiani residenti in Umbria iscritti nell'elenco degli assistiti.

3. I cittadini residenti nella Regione Umbria possono ottenere il rimborso delle spese di viaggio e di soggiorno in Italia per sottoporsi a interventi di trapianto di organi, alle condizioni e secondo le modalità stabilite dal presente comma. Il rimborso riguarda le spese di viaggio e di soggiorno sostenute per l'effettuazione dell'intervento di trapianto, degli esami preliminari, clinici ed immunologici, dei controlli e degli eventuali interventi successivi. Il rimborso, previo parere favorevole del Centro regionale di riferimento per i trapianti, istituito ai sensi dell'art. 11 del D.P.R. 16 giugno 1977, n. 409, è disposto e liquidato dall'Azienda USL nel cui ambito è ricompreso il Comune di residenza del richiedente. Le spese di soggiorno sono altresì rimborsate per l'accompagnatore del richiedente secondo le modalità definite ai sensi del presente comma. L'ammissibilità delle spese di viaggio e di soggiorno, nonché i termini per il rimborso sono definite con atto della Giunta regionale.

4. Gli apolidi, i rifugiati e i profughi possono beneficiare degli interventi per l'accesso ai servizi sanitari ove non usufruiscano di più favorevoli o di analoghi benefici in forza della normativa europea, statale e regionale.

 

     Art. 106. Servizi sanitari per soggetti provenienti da paesi extracomunitari e loro familiari.

1. La Regione, nell'ambito ed in attuazione della normativa statale e regionale in materia, assicura ai soggetti provenienti da Paesi extracomunitari e loro familiari, l'accesso ai servizi sanitari.

2. Sono destinatari degli interventi per l'accesso ai servizi sanitari, di cui al comma 1, i cittadini provenienti da Paesi extracomunitari e loro familiari, sia in caso di immigrazione definitiva che in caso di permanenza limitata finalizzata al rientro, che risiedano o dimorino nel territorio della Regione Umbria secondo la normativa vigente.

 

     Art. 107. Interventi di assistenza sanitaria in favore di Paesi extracomunitari in gravi difficoltà assistenziali sanitarie.

1. La Regione detta norme finalizzate all'attuazione di interventi sanitari, destinati a Paesi extracomunitari che versano in gravi difficoltà assistenziali sanitarie per contingenti ragioni politiche, militari ed economiche, assicurando, mediante azioni mirate e coordinate volte sia alle cause che agli effetti, il contributo del Servizio sanitario regionale.

2. Gli interventi di cui al comma 1 consistono in:

a) erogazione da parte delle Aziende sanitarie di prestazioni di alta specializzazione rivolte a cittadini extracomunitari provenienti da Paesi in gravi difficoltà assistenziali sanitarie per contingenti ragioni politiche, militari ed economiche;

b) assistenza sanitaria per motivi umanitari a cittadini di origine umbra residenti in Paesi extracomunitari in particolare stato di bisogno;

c) interventi sanitari nei Paesi d'origine ai sensi dell'articolo 32, comma 15, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), valorizzando le risorse umane disponibili nell'area d'intervento anche attraverso programmi di formazione del personale tecnico-sanitario da effettuarsi presso la Regione o nel paese oggetto dell'intervento stesso;

d) invio, nei Paesi oggetto dell'intervento, del patrimonio mobiliare dismesso di cui all'articolo 91-bis, con particolare riferimento alle attrezzature medico-chirurgiche, anche tramite i soggetti di cui all'articolo 26 della L. 125/2014.

3. Gli interventi di cui al comma 2, lettere c) e d) sono realizzati nel rispetto di quanto previsto dalla L. 125/2014.

4. La struttura competente della Giunta regionale individua i beni mobili e le attrezzature medico chirurgiche di cui al comma 2, lettera d).

 

     Art. 108. Accesso a trattamenti terapeutici per i cittadini consumatori di sostanze psicoattive o in stato di dipendenza.

1. La Regione, nel rispetto dell'articolo 13 dello Statuto regionale, contribuisce alla tutela della salute dei cittadini consumatori di sostanze psicoattive o in stato di dipendenza al fine di favorire l'inclusione sociale e il recupero psicofisico, nel rispetto della dignità e della libertà della persona, della qualità e dell'appropriatezza delle cure in rapporto a specifiche esigenze e bisogni di salute.

2. L'accesso a trattamenti terapeutici appropriati per problematiche relative al consumo di sostanze psicoattive o allo stato di dipendenza avviene in presenza di accertato bisogno, diagnosticato e certificato esclusivamente da parte dei servizi pubblici dedicati delle Aziende unità sanitarie locali.

3. Le persone sottoposte a sanzioni per consumo di sostanze illegali, comminate ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), accedono a trattamenti terapeutici appropriati solo in caso di accertato bisogno, certificato esclusivamente da parte dei servizi pubblici dedicati delle Aziende unità sanitarie locali.

4. La certificazione di cui al comma 1 è esentata dall'esplicitazione delle metodiche di accertamento.

 

Capo II

Modalità di esercizio delle funzioni concernenti il riconoscimento della invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità

 

     Art. 109. Commissioni mediche per accertamenti sanitari.

1. Il presente Capo disciplina la composizione e le modalità di funzionamento delle commissioni mediche incaricate di effettuare gli accertamenti sanitari relativi al riconoscimento degli stati di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, di cui alle leggi 27 maggio 1970, n. 382 (Disposizioni in materia di assistenza ai ciechi civili), 26 maggio 1970, n. 381 (Aumento del contributo ordinario dello Stato a favore dell'Ente nazionale per la protezione e l'assistenza ai sordomuti e delle misure dell'assegno di assistenza ai sordomuti), 15 ottobre 1990, n. 295 (Modifiche ed integrazioni all'articolo 3 del d.l. 30 maggio 1988, n. 173, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 luglio 1988, n. 291, in materia di revisione delle categorie delle minorazioni e malattie invalidanti) e 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), per tutti i soggetti aspiranti ad ottenere la pensione, l'assegno o l'indennità di invalidità civile ovvero altri benefici previsti dalla vigente legislazione.

2. Il presente Capo disciplina, altresì, le funzioni e i compiti riservati alla Regione in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità.

 

     Art. 110. Funzioni esercitate dalle Aziende sanitarie in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità. Indennizzi per soggetti danneggiati.

1. Gli accertamenti sanitari in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità di cui all'articolo 109, in conformità al principio di separazione del procedimento di accertamento sanitario dal procedimento per la concessione delle provvidenze economiche di cui all'articolo 11 della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica), sono svolti dalle Aziende unità sanitarie locali tramite le commissioni mediche operanti presso di esse, composte come previsto dall'articolo 112.

2. Sono trasferite alle Aziende unità sanitarie locali le funzioni in materia di indennizzi a favore di soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati, di cui alla legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati), nonché a causa di vaccinazione antipoliomielitica non obbligatoria, di cui all'articolo 3, comma 3, della legge 14 ottobre 1999, n. 362 "Disposizioni urgenti in materia sanitaria". I fondi per l'esercizio delle funzioni di cui al precedente periodo sono ripartiti tra le Aziende unità sanitarie locali, sulla base delle comunicazioni trimestrali contenenti l'ammontare degli importi dovuti per l'erogazione degli indennizzi ai soggetti aventi diritto e residenti nell'Azienda territorialmente competente. La Giunta regionale con propria deliberazione stabilisce le modalità di attuazione del presente comma anche al fine di omogeneizzare le procedure e la modulistica su tutto il territorio regionale.

 

     Art. 111. Costituzione delle commissioni mediche.

1. Ciascuna Azienda unità sanitaria locale, sulla base del numero delle domande da evadere e tenendo conto dei tempi di accertamento fissati dall'articolo 113, commi 3 e 4, costituisce una o più commissioni mediche incaricate di effettuare gli accertamenti sanitari relativi al riconoscimento dello stato di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità.

2. Le commissioni mediche, di cui al comma 1, operano nell'ambito territoriale di competenza dell'Azienda unità sanitaria locale che le ha costituite, così come individuato nella tabella Allegato A (Ambiti territoriali delle Unità Sanitarie Locali) di cui all'articolo 18.

 

     Art. 112. Composizione delle commissioni.

1. Ciascuna commissione è presieduta da un medico specialista in medicina legale scelto tra i medici dipendenti convenzionati dell'Azienda USL. Nel caso di comprovata impossibilità a reperire specialisti in medicina legale possono essere nominati medici che svolgono, da almeno cinque anni, attività in servizi di medicina legale ovvero, in subordine, che siano stati membri, per almeno un quinquennio negli ultimi dieci anni, di commissioni mediche incaricate degli accertamenti di cui al presente Capo.

2. Le commissioni, oltreché dal presidente, sono composte:

a) per gli accertamenti di invalidità civile, da due medici dipendenti dell'Azienda USL o convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, di cui uno scelto prioritariamente tra gli specialisti in medicina del lavoro;

b) per gli accertamenti sanitari relativi alle condizioni visive, in conformità a quanto stabilito dalla l. 382/1970, da due medici dipendenti dell'Azienda USL o convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, uno dei quali scelto tra gli specialisti in oftalmologia;

c) per gli accertamenti sanitari relativi alla sordità civile, in conformità a quanto stabilito dalla l. 381/1970, da due medici dipendenti dell'Azienda USL o convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, uno dei quali scelto tra gli specialisti in otorinolaringoiatria;

c-bis) per gli accertamenti sanitari relativi alle minorazioni di cui all'articolo 3, comma 1 della l. 104/1992, da due medici dipendenti dell'Azienda USL o convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, uno dei quali scelto tra gli specialisti in psichiatria, nonché da un operatore sociale e da un esperto dell'area specialistica riferita al caso da esaminare, in servizio presso le Aziende USL.

3. Alle sedute delle Commissioni partecipa un sanitario in rappresentanza, rispettivamente, dell'Associazione nazionale dei mutilati ed invalidi civili (ANMIC), dell'Unione italiana ciechi (UIC), dell'Ente nazionale per la protezione e l'assistenza ai sordomuti (ENS) e dell'Associazione nazionale delle famiglie dei fanciulli ed adulti subnormali (ANFFAS), ogni qualvolta le Commissioni devono pronunciarsi su invalidi appartenenti alle rispettive categorie. In sede di accertamento sanitario, la persona interessata può farsi assistere dal proprio medico di fiducia.

4. Le funzioni di segretario sono esercitate da un dipendente dell'Azienda USL appartenente ai profili professionali degli assistenti amministrativi o del personale amministrativo laureato.

5. Per ciascun membro effettivo delle commissioni mediche, ivi compreso il segretario, è nominato, con le stesse modalità, un membro supplente che partecipa alle riunioni solo in caso di assenza o di impedimento del titolare.

6. Alle nomine di cui al comma 2 provvede il direttore generale dell'Azienda USL con proprio atto motivato.

7. [Abrogato].

8. [Abrogato].

9. Ciascuna commissione è integrata da un medico dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, designato dallo stesso ente, ai sensi dell'articolo 20, comma 1 del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini) convertito, con modificazioni, nella legge 3 agosto 2009, n. 102.

 

     Art. 113. Disciplina delle commissioni.

1. Le commissioni mediche assumono decisioni valide con la presenza di almeno tre componenti, uno dei quali deve essere il presidente. Alla formazione del numero legale concorre il sanitario designato in rappresentanza delle associazioni.

2. Le commissioni mediche hanno la durata di cinque anni ed i loro membri, nei limiti della disponibilità degli organici aziendali, non possono essere riconfermati.

3. Le commissioni provvedono ad effettuare gli accertamenti di cui al presente Capo, entro il termine di sessanta giorni dalla data di ricevimento della istanza.

4. In relazione a specifiche patologie, caratterizzate da esiti non stabilizzati il termine di cui al comma 3 può essere differito sulla base di convalidati criteri medico legali. Resta fermo che i benefici eventualmente riconosciuti hanno comunque decorrenza dalla data di presentazione della domanda.

 

     Art. 114. Compensi.

1. La disciplina dei compensi è stabilita dalle Aziende USL con atto del Direttore generale, nel rispetto della normativa nazionale e regionale in materia.

 

     Art. 115. Funzioni per la concessione di provvidenze economiche in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità.

1. Ai sensi dell'articolo 20 del d.l. n. 78/2009, a decorrere dal 1° gennaio 2010, le attività relative all'esercizio delle funzioni per la concessione delle provvidenze economiche nei procedimenti in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità sono affidate all'INPS che le esercita con la massima efficienza e trasparenza.

2. La Regione stipula con l'INPS apposita convenzione che regola gli aspetti tecnico procedurali dei flussi informativi necessari per la gestione del procedimento di cui al comma 1.

3. La convenzione di cui al comma 2 definisce, in particolare, le modalità concernenti:

a) le procedure e lo scambio reciproco di dati, anche attraverso cooperazione applicativa, tra sistema informativo INPS e sistemi informatici della Regione, in ordine alle fasi del procedimento di cui al comma 1;

b) gli standard di sicurezza di trasmissione dei dati personali;

c) lo svolgimento, da parte dell'INPS, dell'attività istruttoria e di concessione delle provvidenze economiche;

d) la gestione amministrativa delle provvidenze economiche, compresi i relativi controlli di permanenza del diritto anche nella fase transitoria;

e) la tutela della privacy;

f) lo svolgimento di attività di monitoraggio e verifica delle attività previste dalla convenzione.

 

     Art. 116. Benefici aggiuntivi.

1. Sono riservati alla Regione le funzioni e i compiti amministrativi relativi alla determinazione, per tutto il territorio regionale, di eventuali benefici aggiuntivi ai sensi dell'articolo 130, comma 2 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni e agli Enti locali in attuazione del Capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59).

 

Titolo XIV

Autorizzazione, accreditamento, rilascio di nulla osta

Capo I

Autorizzazione ed accreditamento delle strutture sanitarie

 

     Art. 117. Autorizzazioni sanitarie.

1. La Giunta regionale disciplina, con norme regolamentari, le modalità e i termini per la richiesta e il rilascio dell'autorizzazione alla realizzazione di strutture sanitarie e socio-sanitarie e all'esercizio di attività sanitarie e socio-sanitarie di cui all'articolo 8-ter del D.Lgs. 502/1992 da parte di strutture pubbliche e private, nel rispetto del decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997 (Approvazione dell'atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l'esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private).

1-bis. Le norme regolamentari di cui al comma 1, nel rispetto dei criteri di semplificazione amministrativa, trasparenza e pubblicità, dovranno garantire la sicurezza delle attività sanitarie erogate nelle strutture pubbliche e private e promuovere la qualità delle strutture sanitarie e dei processi di cura.

1-ter. La Giunta regionale, con le norme regolamentari di cui al comma 1, disciplina inoltre:

a) le modalità e i termini per la richiesta e il rilascio dell'autorizzazione all'esercizio di attività sanitarie da parte degli studi odontoiatrici, medici e di altre professioni sanitarie, ove attrezzati per erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale, ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità o che comportino un rischio per la sicurezza del paziente, nonché per le strutture esclusivamente dedicate ad attività diagnostiche, svolte anche a favore di soggetti terzi, e per l'erogazione di cure domiciliari, di cui al comma 2 dell'articolo 8-ter del D.Lgs. n. 502/1992, nel rispetto dei requisiti minimi strutturali, tecnologici ed organizzativi richiesti per l'esercizio dell'attività;

b) [abrogata].

2. La Giunta regionale stabilisce con norme regolamentari, nel rispetto dei requisiti minimi previsti dal D.P.R. 14 gennaio 1997, i requisiti aggiuntivi finalizzati a garantire la sicurezza delle strutture nelle quali vengono erogate le prestazioni.

3. Le strutture già autorizzate ed in esercizio ai sensi dell'articolo 8-ter del D.Lgs. 502/1992 si adeguano ai requisiti aggiuntivi di cui al comma 2 nei tempi e con le modalità stabilite dalle norme regolamentari di cui allo stesso comma.

4. La verifica del possesso e del mantenimento dei suddetti requisiti viene effettuata dalla Giunta regionale che può avvalersi delle apposite strutture delle aziende unità sanitarie locali.

 

     Art. 118. Accreditamento istituzionale.

1. L'accreditamento istituzionale, di cui all'articolo 8-quater del D.Lgs. 502/1992, è rilasciato dalla Giunta regionale alle strutture sanitarie e socio-sanitarie autorizzate, pubbliche o private e ai professionisti che ne facciano richiesta, nonché alle organizzazioni pubbliche e private autorizzate per l'erogazione di cure domiciliari, e siano in possesso di requisiti ulteriori di qualificazione oltre a quelli previsti per l'autorizzazione.

2. L'accreditamento istituzionale di cui al comma 1 è rilasciato secondo quanto stabilito da norme regolamentari e dalle altre norme regionali di riferimento, nel rispetto dei seguenti criteri:

a) coerenza con le scelte della programmazione regionale, sulla base della domanda di salute espressa dalla popolazione di riferimento e del livello di offerta esistente per le varie tipologie di prestazioni;

b) adeguatezza qualitativa e quantitativa delle dotazioni strumentali tecnologiche ed organizzative;

c) equilibrio tra volume di prestazioni erogabili e potenzialità della struttura;

d) congruità delle professionalità presenti con la tipologia delle prestazioni erogabili;

e) presenza di un sistema informativo connesso con quello del Servizio sanitario regionale e conforme alle specifiche regionali;

f) presenza di un idoneo sistema per il controllo ed il miglioramento continuo della qualità;

g) verifica positiva dell'attività svolta e dei risultati raggiunti.

 

Capo II

Autorizzazione e vigilanza sulle strutture sanitarie private di diagnostica di laboratorio

 

     Art. 119. - 129.

     [Abrogati]

 

Capo III

Rilascio del nulla osta all'impiego di sorgenti di radiazioni ionizzanti comportanti esposizioni a scopo medico

 

     Art. 130. Nulla osta - Domanda e Autorità competente.

1. L'impiego di sorgenti di radiazioni ionizzanti comportanti esposizioni a scopo medico, in attuazione all'articolo 29, comma 2 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 (Attuazione delle direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 2006/117/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti, 2009/71/Euratom in materia di sicurezza nucleare degli impianti nucleari e 2011/70/Euratom in materia di gestione sicura del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi derivanti da attività civili), è soggetto a nulla osta preventivo, fatte salve le esenzioni previste dalla normativa vigente.

2. L'Autorità competente all'adozione dei provvedimenti previsti dal presente Capo, di seguito denominata "Autorità", è il responsabile del Servizio della Direzione regionale competente cui sono attribuite le relative funzioni.

3. La domanda di nulla osta è presentata alla Direzione regionale competente e contiene i dati e gli elementi relativi al tipo di pratica che si intende svolgere, alle caratteristiche delle macchine radiogene e al tipo e alle quantità di materie radioattive che si intendono impiegare, alle modalità di produzione e smaltimento di rifiuti, all'eventuale riciclo o riutilizzazione dei materiali, all'identificazione dei rischi per la popolazione e per i lavoratori ammessi all'esercizio della pratica.

4. La domanda è corredata dalla documentazione redatta e firmata, per la parte di propria competenza, dall'esperto qualificato di cui all'articolo 77 del D.Lgs. 230/1995.

5. Le modalità di cui ai commi 3 e 4 si osservano anche per le domande relative alla modifica del nulla osta.

 

     Art. 131. Commissione per la radioprotezione.

1. È istituita, presso la Direzione regionale competente, la Commissione per la radioprotezione, di seguito denominata "Commissione", organismo tecnico consultivo ai sensi dell'articolo 29, comma 2, del D.Lgs. 230/1995, a cui sono attribuiti i seguenti compiti:

a) esprimere parere tecnico obbligatorio preventivo sulle istanze ai fini del rilascio del nulla osta per le attività comportanti esposizione a radiazioni ionizzanti a scopo medico di categoria B;

b) assicurare il supporto tecnico all'Autorità ai fini del parere per il rilascio del nulla osta di categoria A, ai sensi dell'articolo 28 del D.Lgs. 230/1995;

c) esprimere parere tecnico sulle istanze per il rilascio del nulla osta di categoria B, per scopi diversi da quello medico, su eventuale richiesta del Prefetto, ai sensi dell'articolo 29, comma 2 secondo periodo del D.Lgs. 230/1995.

2. La Commissione è presieduta dal dirigente del Servizio regionale competente o da un suo delegato, ed è composta da:

a) un fisico esperto in fisica medica, come definito ai sensi del decreto legislativo 26 maggio 2000, n. 187, articolo 2, comma 1, lettera i);

b) un esperto qualificato iscritto all'elenco di cui all'articolo 78 del D.Lgs. 230/1995, con abilitazione almeno di secondo grado;

c) un medico specialista in medicina nucleare o in radioterapia o, in caso di non disponibilità di tali specialisti, in radiodiagnostica;

d) un medico specialista in medicina del lavoro, preferibilmente in possesso della qualifica di medico autorizzato di cui all'articolo 88 del D.Lgs. 230/1995;

e) un rappresentante dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (A.R.P.A.);

f) un rappresentante della Direzione territoriale del lavoro;

g) un rappresentante del Comando provinciale dei vigili del fuoco.

3. La Commissione è integrata da un rappresentante della Prefettura presso la quale è istruita la pratica di cui all'articolo 29, comma 2, secondo periodo del D.Lgs. 230/1995.

4. La Commissione dura in carica tre anni ed è costituita con decreto del Presidente della Giunta regionale, sulla base delle designazioni effettuate dalla Giunta regionale, con riferimento ai membri di cui alle lettere a), b), c), d) del comma 2 e dagli organismi previsti dalle lettere e), f), g) del comma 2 e dal comma 3.

5. La Commissione, una volta insediata, approva il regolamento organizzativo che disciplina, in particolare, la periodicità delle riunioni, le modalità di valutazione tecnica delle richieste di parere, il numero minimo di partecipanti ai fini della valida espressione dei pareri. La Direzione regionale competente assicura il supporto organizzativo alla Commissione.

6. La disciplina dei compensi ai componenti della Commissione per la radioprotezione, estranei alla Amministrazione regionale, è stabilita dalla Giunta regionale con proprio atto, nel rispetto della normativa nazionale e regionale vigente.

 

     Art. 132. Rilascio nulla-osta.

1. L'Autorità provvede sulle istanze per il rilascio del nulla osta e relative modifiche, acquisito il parere della Commissione di cui all'articolo 131, entro novanta giorni dal ricevimento della istanza e comunica immediatamente all'interessato l'esito del procedimento. Copia dei provvedimenti viene inviata all'Azienda U.S.L. competente per territorio, al Comando provinciale dei vigili del fuoco, alla Direzione territoriale del lavoro, all'A.R.P.A. e all'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (A.N.P.A.).

2. La Commissione esprime il proprio parere entro sessanta giorni dalla data della richiesta da parte della Autorità. Qualora siano necessari ulteriori documenti o elementi conoscitivi, i termini di cui al comma 1 e al presente comma sono interrotti per una sola volta e ricominciano a decorrere dall'inizio, a partire dalla data di ricevimento dei documenti e/o degli elementi conoscitivi richiesti.

3. Nel caso di cui alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 131, il parere della Commissione deve essere espresso entro novanta giorni dalla richiesta e immediatamente comunicato al Prefetto, ferma restando la possibilità di interruzione del termine di cui al comma 2.

 

     Art. 133. Prescrizioni nel nulla-osta.

1. Nel nulla osta sono inserite eventuali specifiche prescrizioni tecniche relative:

a) alle fasi di costruzione, di prova e di esercizio, alla gestione dei rifiuti radioattivi, al riciclo dei materiali, alla cessazione dell'attività e alla disattivazione degli impianti, compresa l'eventuale copertura finanziaria per la disattivazione medesima;

b) al valore massimo di dose derivante dall'attività per gli individui dei gruppi di riferimento della popolazione ad essa interessata, tenendo conto dell'esposizione esterna e dell'esposizione interna;

c) allo smaltimento di materie radioattive nell'ambiente;

d) agli aspetti della radioprotezione del paziente.

 

     Art. 134. Aggiornamento, variazioni, modifiche.

1. Ogni sette anni, a decorrere dalla data di rilascio, il titolare del nulla osta ha l'obbligo di inoltrare all'Autorità, che la trasmette per il parere alla Commissione, una relazione tecnica, sottoscritta, per la parte di propria competenza, dall'esperto qualificato di cui all'articolo 77 del D.Lgs. 230/1995, relativa alla gestione radioprotezionistica dell'attività con l'aggiornamento della documentazione originariamente prodotta.

2. Le variazioni nello svolgimento dell'attività che non comportino modifiche del provvedimento autorizzativo o delle prescrizioni tecniche in esso contenute sono soggette a preventiva comunicazione all'Autorità. Il titolare del nulla osta può adottare le variazioni qualora, entro sessanta giorni dalla richiesta, l'Autorità non abbia comunicato l'avvio del procedimento di modifica del nulla osta.

3. Il nulla osta può essere modificato dall'Autorità competente nei seguenti casi:

a) ove ritenuto necessario, a seguito del parere della Commissione sulla relazione tecnica di cui al comma 1;

b) su richiesta del titolare del nulla osta, in caso di variazioni che comportino modifiche all'oggetto del provvedimento o alle prescrizioni tecniche;

c) su richiesta degli organi di vigilanza individuati al comma 1 dell'articolo 136.

 

     Art. 135. Cessazione, revoca, sospensione.

1. La comunicazione di cessazione dell'attività oggetto del nulla-osta deve essere trasmessa, almeno trenta giorni prima della data di cessazione, all'Autorità e, in copia, ai soggetti di cui al comma 1 dell'articolo 132.

2. Alla comunicazione deve essere allegata una relazione sottoscritta, per gli aspetti di propria competenza, dall'esperto qualificato, di cui all'articolo 77 del D.Lgs. 230/1995, che attesti, in particolare, il rispetto delle eventuali prescrizioni contenute nel nulla osta, inerenti la disattivazione dell'attività.

3. Al termine delle operazioni di cessazione dell'attività l'esercente trasmette all'Autorità una relazione, sottoscritta dall'esperto qualificato per gli aspetti di propria competenza, che attesti l'assenza di vincoli di natura radiologica nelle installazioni in cui l'attività è stata effettuata.

4. L'Autorità provvede, entro trenta giorni dalla data di ricevimento della comunicazione di cui al comma 3, sentito il parere della Commissione, alla revoca del nulla osta, disponendo l'adozione di eventuali ulteriori prescrizioni.

5. L'Autorità procede alla sospensione o alla revoca del nulla osta nei casi e con le modalità previste dall'articolo 35 del D.Lgs. 230/1995.

6. Copia della revoca e della sospensione del nulla osta è inviata ai soggetti di cui al comma 1 dell'art. 132.

 

     Art. 136. Vigilanza.

1. Le funzioni di vigilanza sul possesso del nulla osta e sul rispetto, da parte del titolare, delle prescrizioni inserite nel nulla osta sono esercitate dagli organismi di cui all'articolo 59, comma 2 del D.Lgs. 230/1995 nonché dall'A.R.P.A., quest'ultima per quanto attiene gli aspetti ambientali. Detti organismi comunicano all'Autorità competente le violazioni rilevate, ai fini dell'adozione dei provvedimenti di cui all'articolo 135.

 

Titolo XV

Promozione e tutela della salute

Capo I

Regolamentazione del servizio di assistenza dei nefropatici cronici

 

     Art. 137. Organizzazione dell'assistenza ai nefropatici cronici.

1. La Regione istituisce il servizio dialisi per l'assistenza dei nefropatici cronici per i quali non sia necessario procedere a ricovero ospedaliero secondo le modalità di cui al presente Capo e può concedere, nelle fattispecie e nei limiti previsti dalla disposizioni vigenti in materia, contributi per trapianti renali.

2. L'assistenza di cui al comma 1 consiste:

a) nel trattamento conservativo medico, affidato ai servizi dialisi, fatti salvi gli oneri incombenti sugli enti gestori dell'assicurazione contro le malattie;

b) nella consulenza per il trattamento dietetico, affidato ai servizi dialisi;

c) nell'assistenza per l'adeguamento dell'attività lavorativa al grado di invalidità che spetta ai servizi competenti delle Aziende U.S.L.;

d) nei trattamenti dialitici, domiciliari o ambulatoriali ad assistenza limitata secondo le norme di cui agli articoli 138 e 139;

e) nella consulenza telefonica per il paziente in trattamento dialitico domiciliare e per il suo assistente, di cui all'articolo 140;

f) nel trasporto dal domicilio al servizio di trattamento dialitico;

g) nell'addestramento del personale di assistenza al trattamento dialitico secondo le norme previste all'articolo 142.

 

     Art. 138. Dialisi domiciliare.

1. Per trattamento dialitico domiciliare si intende una tecnica affidata, nella sua condotta operativa, direttamente al paziente, che la effettua senza la presenza di personale sanitario o con l'ausilio di un familiare o terzo da lui designato, entrambi addestrati dal servizio dialitico ospedaliero.

 

     Art. 139. Dialisi ambulatoriale ed assistenza limitata.

1. Per trattamento dialitico ambulatoriale ad assistenza limitata si intende una tecnica affidata ad un operatore sanitario che assiste nell'ambito dei servizi ospedalieri ed extraospedalieri anche più pazienti contemporaneamente.

 

     Art. 140. Consulenza telefonica.

1. L'Azienda sanitaria organizza presso il servizio dialitico la consulenza telefonica, per il paziente in trattamento domiciliare e per il suo assistente, nelle ore concordate per l'effettuazione della dialisi.

2. Il paziente ed il suo assistente debbono segnalare qualsiasi situazione che, a loro giudizio, si discosti dal normale svolgimento del trattamento dialitico e, in caso di incidente, debbono immediatamente collegarsi con il servizio.

3. Attraverso la consulenza telefonica il medico del servizio dialisi consiglia la soluzione più opportuna, assicura, in caso di necessità, il pronto intervento tecnico del servizio stesso e decide il ricovero di urgenza.

4. Il servizio dialisi non risponde alle conseguenze derivanti da irreperibilità o mancata disponibilità nel caso di collegamenti telefonici per trattamenti dialitici effettuati in orari non concordati.

 

     Art. 141. Responsabilità.

1. I servizi dialisi autorizzati dagli atti di programmazione regionale hanno la responsabilità tecnica dell'assistenza dei pazienti in dialisi domiciliare ed ambulatoriale ad assistenza limitata.

2. Il personale di altri presidi utilizzato per tale assistenza dipende funzionalmente dai servizi dialisi.

3. L'Azienda USL assicura i collegamenti con i servizi dialisi sia per effettuare il trattamento dialitico sia per gli interventi conservativi medici e dietetici.

 

     Art. 142. Corsi di addestramento.

1. Il paziente, il suo assistente e l'operatore di cui all'articolo 139 vengono messi in grado di attendere al trattamento dialitico domiciliare e ambulatoriale ad assistenza limitata attraverso la frequenza di corsi appositi autorizzati dalla Giunta regionale presso i servizi dialisi ai quali gli interessati sono obbligati a partecipare se intendono avvalersi del servizio.

 

     Art. 143. Contributi spese telefoniche.

1. La Giunta regionale può concedere ai nefropatici non abbienti un contributo per l'installazione dell'apparecchio telefonico a domicilio.

 

     Art. 144. Doveri del paziente nell'esercizio della dialisi domiciliare.

1. Le sedute di dialisi devono avvenire nei giorni e nelle ore concordate con il servizio dialisi. Qualsiasi seduta di dialisi in ore e giorni diversi da quelli fissati deve essere concordata oppure, in caso di emergenza, tempestivamente segnalata. Il servizio dialisi non risponde delle conseguenze di una mancata reperibilità degli operatori sanitari se la dialisi viene eseguita in orari non concordati.

2. Il paziente deve condurre il trattamento secondo le regole apprese durante il corso accettando inoltre eventuali variazioni ritenute necessarie dai medici responsabili del programma o imposte dagli sviluppi del programma stesso. Non sono consentite variazioni se non preventivamente concordate con il servizio dialisi.

3. Il paziente deve dare tempestivamente segnalazioni di qualsiasi situazione anormale o di incidente di qualsiasi entità al servizio dialisi che impartirà le opportune istruzioni.

 

     Art. 145. Norme di indirizzo per i corsi.

1. La Giunta regionale con proprio regolamento disciplina la durata, il contenuto, lo svolgimento dei corsi e la nomina dei docenti, stabilisce i requisiti per l'ammissione, la composizione delle commissioni giudicatrici le modalità relative alla distribuzione, uso delle apparecchiature e dei materiali, nonché le garanzie assicurative.

 

Capo II

Istituzione del servizio di ospedalizzazione a domicilio per pazienti oncologici terminali

 

     Art. 146. Programma di ospedalizzazione domiciliare.

1. Al fine di assicurare un'assistenza domiciliare qualificata ai pazienti oncologici terminali, la Giunta regionale, sentite le Aziende sanitarie regionali, predispone un programma di ospedalizzazione domiciliare che ha validità per la durata del Piano sanitario regionale di cui costituisce parte integrante.

2. Il programma contiene l'indicazione delle forme di erogazione dell'assistenza, le modalità per la determinazione della riduzione effettiva della spesa nella struttura, le procedure per garantire l'intervento domiciliare nella misura della riduzione della spesa effettivamente conseguita.

 

     Art. 147. Promozione e coordinamento.

1. La Giunta regionale promuove e coordina il servizio per il trattamento a domicilio dei pazienti colpiti da neoplasia in fase terminale, nelle Aziende sanitarie regionali, nei casi in cui è possibile la sostituzione delle cure da effettuare in costanza di ricovero con cure presso il domicilio.

 

     Art. 148. Richiesta ed autorizzazione.

1. Ciascuna ospedalizzazione domiciliare di pazienti oncologici terminali viene attivata su richiesta del paziente o della famiglia con il parere del medico di medicina generale e previa autorizzazione del presidio ospedaliero pubblico presso il quale il paziente è in cura.

 

     Art. 149. Trattamento domiciliare.

1. Il trattamento a domicilio ha luogo mediante l'impiego, da parte delle Aziende sanitarie regionali competenti per territorio, di personale specializzato con particolare riferimento alle specifiche esperienze di terapia del dolore, già maturate nelle singole aziende sanitarie.

2. Il programma di ospedalizzazione domiciliare di cui all'art. 146 può essere attuato, su richiesta dei pazienti o delle famiglie, anche presso residenze collettive o case alloggio a favore di quei soggetti affetti da malattia oncologica con gravi limitazioni dell'autosufficienza o terminali, che non possono essere accolti nell'ambito familiare.

3. Il trattamento domiciliare può essere attuato anche con il concorso di organizzazioni di volontariato, di cui al presente Testo unico, all'uopo convenzionate.

 

     Art. 150. Convenzioni.

1. La Giunta regionale predispone uno schema di convenzione tipo da stipularsi da parte delle Aziende sanitarie regionali con le organizzazioni di volontariato di cui all'art. 149, comma 3.

2. La convenzione disciplina in particolare modalità e termini del concorso delle organizzazioni di volontariato alla operatività del servizio, le modalità e la misura del contributo pubblico, le forme di controllo delle Aziende sanitarie regionali sulle modalità di eventuale utilizzazione presso il domicilio di farmaci, compresi quelli autorizzati per il solo uso ospedaliero, come previsto dal comma 1, dell'art. 6 del D.P.R. 20 ottobre 1992.

 

Capo III

Norme per la razionalizzazione dei servizi trasfusionali e la promozione della donazione del sangue

 

     Art. 151. Promozione donazione del sangue.

1. Il presente Capo contiene disposizioni per la promozione e la razionalizzazione della attività di donazione volontaria del sangue, riconoscendo la funzione civica, sociale e solidaristica delle associazioni aventi come fine istituzionale tale attività.

 

     Art. 152. Rinvio al piano sanitario regionale.

1. Il piano sanitario regionale, nel rispetto delle disposizioni statali in materia, determina criteri ed indirizzi per l'organizzazione, il funzionamento e il coordinamento dei servizi inerenti la raccolta, preparazione, conservazione del sangue umano per uso trasfusionale, prevedendo a tale scopo la creazione di un sistema regionale trasfusionale unitario (S.T.U.).

 

     Art. 153. Struttura regionale di coordinamento.

1. Il Centro Regionale Sangue, istituito con deliberazione della Giunta regionale, in attuazione della legge 21 ottobre 2005, n. 219 (Nuova disciplina delle attività trasfusionali e della produzione nazionale degli emoderivati) e dell'Accordo Stato Regioni del 13 ottobre 2011, è la Struttura Regionale di Coordinamento (SRC) della Regione.

2. La SRC è la struttura tecnico-organizzativa che garantisce lo svolgimento delle attività di supporto alla programmazione regionale in materia di attività trasfusionali e di coordinamento e controllo tecnico-scientifico della rete trasfusionale regionale, in sinergia con il Centro Nazionale Sangue. Sono inoltre affidate a tale struttura le attività di coordinamento del sistema sangue regionale in tutti gli ambiti definiti dalla normativa vigente in materia di attività trasfusionali, al fine di garantire il costante perseguimento degli obiettivi di sistema, rendere omogenei i livelli di qualità, sicurezza, standardizzazione e contribuire al perseguimento dell'appropriatezza in medicina trasfusionale su tutto il territorio della Regione.

3. La Giunta regionale stabilisce, con proprio atto, la composizione e le modalità di funzionamento della SRC.

 

     Art. 154. Volontariato.

1. La Regione riconosce che l'attività di propaganda e l'organizzazione dei donatori da parte delle associazioni del volontariato costituiscono momenti fondamentali ed insostituibili per garantire ai presidi sanitari delle aziende sanitarie della Regione il soddisfacimento delle esigenze di sangue e dei relativi derivati.

2. Allo scopo di ottenere un incremento delle unità-sangue donate, la Regione, in attuazione dell'articolo 6, comma 1, lettera b) della L. 219/2005 e sulla base di quanto definito nel relativo Accordo attuativo stipulato in sede di Conferenza Stato-Regioni il 20 marzo 2008, ed in particolare dello schema tipo per la stipula di convenzioni, garantisce il rimborso dei costi dell'attività associativa nonché della eventuale attività di raccolta all'Associazione Volontari Italiani del Sangue (AVIS) regionale e alle altre associazioni esistenti e costituite nella Regione, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 ottobre 2005, n. 219 (Nuova disciplina delle attività trasfusionali e della produzione nazionale degli emoderivati).

 

     Art. 155. Convenzioni.

1. Il concorso delle associazioni di volontariato alle attività dei servizi delle aziende sanitarie dell'Umbria per la raccolta, preparazione, conservazione e distribuzione del sangue è regolato, nel rispetto delle disposizioni nazionali e regionali vigenti, mediante convenzione, da stipulare tra ciascuna aziende sanitarie e le associazioni operanti nel territorio di competenza.

2. La convenzione deve prevedere la costituzione e la disciplina di funzionamento di un Comitato paritetico composto di un pari numero di rappresentanti delle aziende sanitarie e delle associazioni, per la verifica dell'attuazione della stessa e la partecipazione alle sedute del Comitato del responsabile del servizio trasfusionale dell'azienda sanitaria.

 

Capo IV

Norme human immunodeficiency virus (h.i.v.) per la limitazione dell'infezione da e del fenomeno dell'abbandono delle siringhe usate

 

     Art. 156. Azioni volte a limitare l'infezione da H.I.V. e altre infezioni virali sangue correlate e il fenomeno dell'abbandono di siringhe usate.

1. La Regione, al fine del raggiungimento degli obiettivi di tutela della salute dei cittadini e di creazione di un moderno ed integrale sistema di sicurezza sociale previsto dall'art. 13 dello Statuto, promuove azioni volte a limitare l'infezione da H.I.V. e altre infezioni virali sangue correlate e il fenomeno dell'abbandono di siringhe usate.

 

     Art. 157. Acquisto ed installazione di distributori.

1. Per il raggiungimento delle finalità di cui all'art. 156, le Aziende USL d'intesa con i Comuni interessati, provvedono all'acquisto ed alla installazione nel proprio territorio di distributori scambiatori automatici di siringhe monouso e di distributori automatici di profilattici.

2. L'installazione dei distributori di cui al comma 1 è inoltre disposta, d'intesa con le autorità competenti, negli Istituti di prevenzione e pena, nelle Caserme, negli Istituti di scuola media superiore e nelle Università, salvaguardando le esigenze di riservatezza dei soggetti utilizzatori.

3. Per gli interventi programmati nei confronti delle realtà scolastiche, l'intesa di cui al comma 2 dovrà prevedere metodologie, procedure anche finanziarie e di informazione capaci di determinare le più ampie convergenze tra le autorità scolastiche, le famiglie e gli studenti.

 

     Art. 158. Localizzazione dei siti e gestione dei distributori.

1. I Comuni interessati provvedono alla gestione dei distributori di cui all'art. 157 mediante le farmacie comunali, siano esse associate in aziende che direttamente gestite.

2. I Comuni interessati che non dispongono di farmacie comunali operanti sul territorio, possono convenzionarsi con le altre farmacie aperte al pubblico per garantire il servizio.

3. Nell'espletamento dei compiti di cui al comma 1 i Comuni si avvalgono della collaborazione dei servizi di assistenza per la tossicodipendenza presso le Aziende USL di cui all'art. 27 della legge 26 giugno 1990, n. 162 (Aggiornamento, modifiche ed integrazioni della L. 22 dicembre 1975, n. 685, recante disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza).

 

     Art. 159. Raccolta e distribuzione delle siringhe usate.

1. I Comuni e le Aziende USL usufruiscono delle strutture abilitate allo smaltimento dei rifiuti speciali e/o tossici per la raccolta e la distribuzione delle siringhe usate.

 

     Art. 160. Conferenza regionale permanente.

1. È istituita la "Conferenza regionale permanente per le tossicodipendenze da droga, sostanze stupefacenti o psicotrope", con compiti di informazione, consultazione, studio e raccordo delle attività di prevenzione, cura e recupero socio-sanitario, svolte in tutto il territorio della Regione in materia di tossicodipendenza.

2. La Conferenza è presieduta dal Presidente della Giunta regionale o da un suo delegato.

3. La Conferenza si compone:

a) di un rappresentante per ogni Azienda USL;

b) di un rappresentante per ogni Comune con popolazione superiore ai 30.000 abitanti e di tre rappresentanti degli altri Comuni, designati dall'A.N.C.I.;

c) di un rappresentante per Provincia;

d) di cinque rappresentanti scelti dalla Giunta regionale, sulla base di oggettivi criteri di rappresentatività con particolare riguardo alla consistenza ed alla territorialità, fra quelli designati dalle Associazioni di cui all'art. 371;

e) di tre rappresentanti designati dalle Comunità terapeutiche;

f) di dieci rappresentanti, degli studenti eletti negli organismi rappresentativi degli Istituti superiori e universitari, designati dai rispettivi organi collegiali e scelti dalla Giunta regionale sulla base di oggettivi criteri di rappresentatività con particolare riguardo alla loro consistenza ed alla territorialità.

4. La nomina dei componenti la Conferenza è effettuata con decreto del Presidente della Giunta regionale.

5. Alla Conferenza sono invitati i responsabili dei competenti uffici delle amministrazioni statali interessate alla prevenzione ed al recupero dalle tossicodipendenze.

6. La Conferenza dura in carica cinque anni ed ai componenti non spetta alcun compenso.

7. La Conferenza adotta un regolamento interno con cui disciplina il proprio funzionamento.

 

     Art. 161. Relazione annuale.

1. La Giunta regionale presenta all'Assemblea Legislativa entro il 30 aprile di ciascun anno, una relazione circa lo stato di applicazione del presente Capo.

 

Capo IV-bis

(Disposizioni relative alla presa in carico delle persone con disturbi della nutrizione e dell'alimentazione)

 

     Art. 161 bis. (Oggetto e finalità)

1. Il presente Capo, nel rispetto della normativa nazionale, disciplina la presa in carico delle persone con disturbi della nutrizione e dell'alimentazione, di seguito indicati come "DNA", ed ha la finalità di garantire precocità di diagnosi, prevenzione dei comportamenti a rischio, omogeneità di trattamento, continuità assistenziale, anche post acuzie, equità di accesso, appropriatezza e qualità della cura, attraverso una rete integrata, che opera secondo un modello multidimensionale e multiprofessionale, prevedendo l'associazione del trattamento psichiatrico/psicoterapeutico con quello nutrizionale.

2. La Regione promuove in particolare:

a) il miglioramento dell'integrazione dei servizi della rete, per dare risposte alle persone con DNA e alle loro famiglie, nel rispetto dei corretti tempi di cura, nonché la continuità del trattamento ritenuto necessario dall'equipe multidisciplinare;

b) l'attivazione di strategie adeguate per ridurre le probabilità di cronicizzazione;

c) la divulgazione, tra gli operatori sanitari, la popolazione, in particolar modo giovanile, le famiglie, le società sportive e le scuole, di informazioni in merito ai corretti stili di vita e ai servizi offerti dalla rete ed ai percorsi per accedervi;

d) la stretta integrazione con le associazioni attive nell'ambito del supporto e sostegno alle persone con DNA e ai loro famigliari, che svolgono attività sul tema e collaborano in sinergia con i servizi dedicati favorendo l'intercettazione precoce della patologia, anche attraverso l'uso di sistemi tecnologici e applicazioni innovative, e fornendo supporto e sostegno alle famiglie.

 

     Art. 161 ter. (Rete integrata regionale)

1. La Giunta regionale, attraverso una rete integrata, organizza i servizi diretti alla diagnosi, alla valutazione multidimensionale e alla definizione dei piani terapeutici personalizzati per la presa in carico e la cura delle persone con DNA.

2. La Rete integrata regionale per la presa in carico delle persone con DNA, di seguito indicata come "Rete", si articola nelle seguenti componenti, che operano in maniera sinergica, con il monitoraggio costante del grado di raggiungimento degli obiettivi:

a) medici di medicina generale e pediatri di libera scelta;

b) servizi ambulatoriali specialistici per i DNA;

c) servizi ospedalieri e servizi di riabilitazione pubblici e privati convenzionati;

d) strutture residenziali;

e) strutture semiresidenziali;

f) centri di salute mentale.

3. L'organizzazione della Rete è diretta ad assicurare:

a) i migliori risultati in termini di appropriatezza ed efficacia degli interventi diagnostici, terapeutici e riabilitativi;

b) il coinvolgimento attivo delle persone con DNA e delle loro famiglie;

c) la predisposizione ed attuazione di progetti assistenziali individuali, calibrati sulle esigenze delle singole persone con DNA;

d) la condivisione di percorsi terapeutici comuni;

e) la costituzione di equipe di diagnosi e cura con competenze in area psichiatrica, psicoterapica e internistico-nutrizionale, composte da psichiatri, neuropsichiatri infantili, psicologi e/o psicoterapeuti, nutrizionisti, dietisti, medici dietologi, medici internisti, endocrinologi, infermieri, educatori professionali, tecnici della riabilitazione psichiatrica e fisioterapisti, affiancati, per casi specifici, da professionisti di altre discipline.

4. La Giunta regionale, con propria deliberazione, disciplina criteri e modalità di funzionamento della Rete, nonché i requisiti e i criteri di individuazione dei componenti e le modalità di intervento dei componenti medesimi.

 

     Art. 161 quater. (Livelli di assistenza)

1. Alle persone con DNA sono assicurati i livelli di assistenza previsti dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 gennaio 2017 (Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502).

2. Per il triage, la valutazione ed il trattamento in pronto soccorso delle persone con DNA, si fa riferimento alle specifiche raccomandazioni del Ministero della Salute.

3. La Giunta regionale definisce percorsi per la transizione, concordata tra relative equipe, dai servizi per i minori ai servizi per gli adulti.

4. Gli interventi di prevenzione sono attivati nei centri e servizi dedicati ai DNA, nel rispetto delle direttive ministeriali, del Piano nazionale e regionale di prevenzione e delle linee di indirizzo regionali.

 

     Art. 161 quinquies. (Personale)

1. La Giunta regionale garantisce un'adeguata dotazione di personale alla Rete, per un approccio multidimensionale, interdisciplinare, multiprofessionale integrato della presa in carico delle persone con DNA.

2. Presso i servizi ambulatoriali specialistici per i DNA devono operare, in particolare, psichiatri, neuropsichiatri infantili, psicologi e/o psicoterapeuti, medici internisti, medici dietologi, endocrinologi, dietisti, fisioterapisti, educatori professionali, tecnici della riabilitazione psichiatrica, infermieri e assistenti sociali, nonché personale amministrativo.

 

     Art. 161 sexies. (Formazione e informazione)

1. La Giunta regionale approva programmi di formazione specifica rivolti a tutti gli operatori impegnati nel percorso di prevenzione, diagnosi, presa in carico e cura delle persone con DNA.

2. I programmi di formazione per i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta sono diretti ad assicurare il riconoscimento dei segnali di allarme per DNA e la diagnosi precoce, nonché la conoscenza della Rete.

3. La Giunta regionale, inoltre, promuove campagne di sensibilizzazione ed informazione riguardo i DNA, anche attraverso i canali istituzionali della Regione e delle aziende sanitarie regionali, coinvolgendo i soggetti della Rete e le associazioni attive nell'ambito del supporto e sostegno alle persone con DNA e ai loro famigliari, in particolare in occasione della Giornata nazionale del fiocchetto lilla dedicata ai disturbi del comportamento alimentare di cui alla Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri dell'8 maggio 2018 (Indizione della "Giornata nazionale del fiocchetto lilla dedicata ai disturbi del comportamento alimentare").

 

     Art. 161 septies. (Centro di coordinamento regionale)

1. Presso la Direzione regionale Salute e Welfare è istituito un gruppo di lavoro tecnico, denominato "Centro di coordinamento regionale", con compiti consultivi e propositivi nei confronti della Giunta regionale in materia di DNA.

2. Il Centro di coordinamento svolge, in particolare, le seguenti funzioni:

a) predispone e propone alla Giunta regionale le linee di indirizzo in materia di DNA;

b) collabora con le associazioni attive nell'ambito del supporto e sostegno alle persone con DNA e ai loro famigliari, anche allo scopo di fornire informazioni sugli interventi adottati.

3. La Giunta regionale, con propria deliberazione, disciplina criteri e modalità di funzionamento del Centro di coordinamento e provvede all'individuazione e alla nomina dei suoi componenti i quali vi partecipano a titolo gratuito.

 

     Art. 161 octies. (Carta dei servizi)

1. La Carta dei servizi delle aziende sanitarie regionali contiene, con riferimento ai DNA:

a) la descrizione della tipologia dell'offerta rivolta a bambini, adolescenti e/o adulti;

b) le informazioni sull'operatività dei servizi, sulle modalità di accesso e di comunicazione, sulle interazioni tra le componenti della Rete, sull'attività svolta e sulle modalità di sostegno;

c) le indicazioni e i suggerimenti per il miglioramento della qualità dei servizi offerti;

d) i riferimenti dei siti web istituzionali attraverso i quali è veicolata una corretta informazione.

 

Capo V

Tutela sanitaria delle attività sportive

 

     Art. 162. Promozione dell'educazione e tutela dei soggetti che praticano attività motorie e sportive.

1. La Regione, nell'ambito della programmazione sanitaria, provvede alla promozione dell'educazione e della tutela di coloro che praticano attività motorie e sportive di tipo agonistico e non agonistico quali validi strumenti di prevenzione, di mantenimento e recupero della salute.

 

     Art. 163. Destinatari degli interventi.

1. Sono sottoposti al controllo sanitario per la certificazione di idoneità all'esercizio delle attività sportive gli atleti che praticano l'attività sportiva in forma agonistica ai sensi del decreto ministeriale 18 febbraio 1982 e per l'attività sportiva non agonistica ai sensi del decreto ministeriale 24 aprile 2013.

2. Ai sensi del decreto 24 aprile 2013 del Ministro della sanità, sono sottoposti al controllo sanitario per la certificazione di idoneità all'esercizio delle attività sportive in forma non agonistica:

a) gli alunni che svolgono attività fisico-sportive organizzate dagli organi scolastici nell'ambito delle attività parascolastiche;

b) coloro che svolgono attività organizzate dal CONI o da società sportive affiliate alle federazioni sportive nazionali o dagli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI e che non siano qualificati atleti agonisti ai sensi del decreto 18 febbraio 1982 del Ministro della sanità;

c) coloro che partecipano ai giochi sportivi studenteschi nelle fasi precedenti a quelle nazionali.

 

     Art. 164. Funzioni della Regione.

1. La Regione, nella materia regolata dal presente Capo, esercita le funzioni di programmazione, di indirizzo e coordinamento, di controllo e di vigilanza previste all'art. 5 ed inoltre:

a) istituisce il libretto sanitario sportivo dell'atleta di cui all'art. 167;

b) nomina i componenti della Commissione medica regionale per i ricorsi avverso i giudizi di non idoneità nella pratica sportiva agonistica di cui all'art. 170.

 

     Art. 165. Funzioni delle Aziende USL.

1. Le Aziende USL nell'esercizio delle competenze loro attribuite dal D.Lgs. 502/1992, nell'ambito della programmazione sanitaria regionale, operano per il perseguimento delle finalità di cui all'articolo 162 assicurando in particolare:

a) promozione dell'attività fisica rivolta a tutta la popolazione nelle diverse fasce di età con l'obiettivo di favorire uno stile di vita sano e di migliorare lo stato di salute;

b) l'accertamento anche periodico e la certificazione di idoneità psicofisica alle attività sportive svolte in forma agonistica;

c) l'accertamento, anche periodico, e la certificazione di idoneità generica alle attività sportive svolte in forma non agonistica comprese quelle nell'ambito scolastico;

d) l'attività di supporto clinico strumentale per programmi terapeutico-riabilitativi per la popolazione in generale e, in particolare, in favore delle persone disabili;

e) l'organizzazione dei servizi di pronto soccorso, di assistenza e di controllo medico in occasione di manifestazioni o competizioni sportive di particolare rilevanza;

f) lo svolgimento di attività didattiche e di ricerca in campo medico sportivo, in collaborazione con la Federazione medici sportivi italiani (F.M.S.I.) e l'Università degli studi di Perugia.

2. Le Aziende USL attuano, mediante i competenti servizi di igiene e prevenzione dei Dipartimenti igiene e prevenzione, i compiti di vigilanza nei confronti dei centri privati e degli specialisti che operano nel campo della medicina sportiva, secondo le direttive della Giunta regionale.

 

     Art. 166. Attuazione degli interventi.

1. Agli accertamenti diagnostici, alle visite mediche di selezione e di controllo periodico, al rilascio della certificazione di idoneità all'attività sportiva agonistica provvedono, sulla base di piani annuali preventivi delle prestazioni, i servizi di medicina dello sport pubblici o privati accreditati, ai sensi dell'art. 118.

2. Di norma, si procede all'accreditamento dei soggetti interessati, sia pubblici sia privati, in possesso dei requisiti di legge, nel rispetto del criterio del loro analogo utilizzo.

3. Sono altresì autorizzati al rilascio della certificazione di idoneità all'attività sportiva agonistica specialisti in medicina dello sport operanti presso strutture sanitarie non accreditate o ambulatori medici privati ai sensi dell'art. 117. La struttura sanitaria o l'ambulatorio medico devono essere, inoltre, in possesso dei requisiti di organizzazione, struttura ed attrezzatura determinati dalla Giunta regionale in riferimento a quelli generali e specifici previsti per le strutture accreditate che svolgono attività analoghe.

4. Le certificazioni di cui all'art. 163, comma 2, redatte in conformità al decreto 24 aprile 2013 del Ministro della sanità e successive modificazioni, sono rilasciate anche dai medici di medicina generale e dagli specialisti pediatri di libera scelta convenzionati con le Aziende USL. In caso di dubbio sull'idoneità del soggetto i medici hanno facoltà di stabilire e richiedere interventi di consulenza e/o accertamenti sanitari presso i Servizi di medicina dello sport pubblici accreditati.

5. Ai soggetti riconosciuti idonei all'attività sportiva agonistica viene rilasciato un certificato di idoneità predisposto in triplice copia, conforme agli schemi approvati con decreto ministeriale 18 febbraio 1982, su modello unico regionale.

6. Una copia del certificato di idoneità è consegnata all'interessato o alla società, un'altra è inviata alla Azienda USL di appartenenza dell'utente. Una copia, unitamente alla documentazione sanitaria relativa agli accertamenti effettuati, deve essere conservata presso la struttura sanitaria che l'ha rilasciata per almeno cinque anni e tenuta a disposizione per legittima richiesta.

7. Qualora l'interessato richieda il rilascio della certificazione di idoneità all'attività sportiva agonistica ai medici specialisti autorizzati ai sensi del presente articolo, nessun onere può essere posto a carico del Servizio sanitario regionale.

 

     Art. 167. Libretto sanitario sportivo.

1. La Regione istituisce in collaborazione con il CONI il libretto sanitario sportivo personale, ad uso medico sportivo, valevole dieci anni, sul quale il medico certificante l'idoneità alla pratica sportiva agonistica deve annotare:

a) le generalità dell'atleta;

b) lo sport o gli sport praticati;

c) la società sportiva di appartenenza;

d) la data della visita di idoneità;

e) gli accertamenti eseguiti;

f) l'esito finale della visita;

g) le visite di controllo;

h) la data dell'effettuazione dell'ultimo richiamo della vaccinazione antitetanica. Il libretto sanitario sportivo è rilasciato dall'Azienda USL competente, secondo un modello approvato dalla Giunta regionale ed è strettamente personale.

2. Le visite per l'idoneità alla pratica sportiva devono essere effettuate previa esibizione del libretto sanitario, da restituire al completamento della visita medico-sportiva con le annotazioni contenute nel certificato di cui al comma 6 dell'art. 166.

 

     Art. 168. Tutela sanitaria degli atleti disabili.

1. La richiesta di certificazione per l'espletamento di attività sportive da parte di atleti disabili deve essere corredata da certificazione o cartella clinica che attesti l'eziologia della disabilità.

2. La certificazione di idoneità deve fare riferimento alle attività sportive per gli atleti disabili secondo le norme ed i regolamenti della Federazione italiana sport disabili.

3. L'accertamento per gli atleti disabili comporta, ai sensi del decreto 4 marzo 1993 del Ministro della sanità, un giudizio altamente individualizzato, con analisi ed apprezzamento delle condizioni di invalidità del soggetto e delle caratteristiche biomeccaniche e di impegno funzionale dell'attività sportiva da svolgere.

 

     Art. 169. Controllo anti-doping.

1. I controlli anti-doping sono svolti dal Servizio sanitario regionale nel rispetto di quanto previsto dalla legge 26 ottobre 1971, n. 1099 (Tutela sanitaria delle attività sportive), del decreto 5 luglio 1975 del Ministro della sanità e dalla legge 14 dicembre 2000, n. 376 (Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping).

2. Gli oneri finanziari relativi agli accertamenti sono a carico di chi richiede il controllo.

 

     Art. 170. Commissione medica regionale per i ricorsi.

1. Ai soggetti non riconosciuti idonei all'espletamento dell'attività sportiva agonistica viene rilasciato certificato di non idoneità in conformità al decreto 18 febbraio 1982 del Ministro della sanità.

2. In caso di esito negativo degli accertamenti sanitari volti a valutare l'idoneità all'attività sportiva agonistica e non agonistica, gli interessati possono, entro trenta giorni, proporre istanza di revisione alla commissione sanitaria prevista dall'art. 6 del decreto 18 febbraio 1982 del Ministro della sanità e nominata dal Presidente della Giunta regionale, previa deliberazione della stessa. La commissione dovrà pronunciarsi entro i successivi trenta giorni dal ricevimento dell'istanza.

3. La commissione dura in carica cinque anni ed è composta da:

a) un medico specialista in medicina dello sport che svolge anche le funzioni di presidente;

b) un medico specialista in medicina interna o in materie equivalenti;

c) un medico specialista in cardiologia;

d) un medico specialista in ortopedia;

e) un medico specialista in medicina legale e delle assicurazioni. I componenti della commissione possono essere riconfermati.

4. Le funzioni di segretario sono svolte da un funzionario regionale della Direzione regionale competente.

5. Per ciascun componente effettivo è nominato un supplente che partecipa alle sedute in caso di assenza o impedimento del componente effettivo.

6. Le sedute della commissione sono valide con la presenza di tutti i componenti o degli eventuali sostituti.

7. La disciplina dei compensi ai componenti della Commissione medica regionale per i ricorsi, estranei alla Amministrazione regionale, che grava sul bilancio regionale, è stabilita dalla Giunta regionale con proprio atto, nel rispetto della normativa nazionale e regionale vigente.

 

     Art. 171. Adempimenti delle società sportive.

1. Le società sportive sono tenute, sotto la propria responsabilità, a subordinare il tesseramento e la partecipazione degli atleti alle attività sportive, agonistiche e non, alla presentazione di certificazione di idoneità sportiva prevista del presente capo, conservando agli atti la relativa documentazione e verificandone la scadenza e la validità giuridica.

2. Le Società sportive dilettantistiche e professionistiche si dotano di defibrillatori semi automatici ai sensi del D.M. 24 aprile 2013.

3. Gli enti organizzatori di manifestazioni sportive sono tenuti ad assicurare a proprie spese, per i partecipanti alle competizioni, i servizi di assistenza, controllo medico e di pronto soccorso previsti dal regolamento delle federazioni sportive nazionali ed internazionali. Gli enti organizzatori sono tenuti a comunicare alle Aziende USL il calendario delle manifestazioni, perché possano essere predisposti eventuali controlli e il supporto assistenziale.

 

Capo VI

Istituzione nelle aziende Usl della regione del servizio di assistenza odontoiatrica protesica ed ortesica

 

     Art. 172. Attivazione di un Servizio di assistenza odontoiatrica, protesica ed ortesica.

1. In ogni distretto sanitario delle Aziende USL della Regione è attivato un Servizio di assistenza odontoiatrica, protesica ed ortesica (di seguito denominato Servizio) allo scopo di tutelare e migliorare la salute dei cittadini, di contenere i costi per gli utenti per prestazioni sanitarie e sociali, dando priorità alle fasce più deboli della popolazione, individuate con regolamento regionale, al fine di realizzare altresì un effettivo regime di libera scelta tra servizio pubblico, anche integrato da strutture odontoiatriche private accreditate, e strutture private nel mantenimento di elevati standards qualitativi.

2. Le strutture odontoiatriche private accreditate di cui all'articolo 173, comma 1, lettera b), garantiscono all'utente parità di trattamento e di accesso.

 

     Art. 173. Erogazione dell'assistenza odontoiatrica, protesica ed ortesica.

1. Le prestazioni di assistenza odontoiatrica, protesica ed ortesica di cui al presente Capo sono erogate nell'ambito del territorio regionale:

a) dal Servizio attivato nei distretti sanitari delle Aziende USL;

b) dalle strutture odontoiatriche private accreditate, previa stipula di specifici contratti con l'Azienda USL territorialmente competente.

2. La Giunta regionale, con direttiva vincolante, assunta ai sensi dell'art. 5, comma 3, indica gli standards organizzativi, gestionali e dimensionali cui le Aziende USL devono attenersi per l'attivazione del Servizio.

3. La direttiva di cui al comma 2 dispone, in particolare, che:

a) le dotazioni tecnologiche e le attrezzature dei gabinetti odontoiatrici per l'attivazione del Servizio, sono conformi a quanto previsto dall'Allegato C al decreto del Presidente della Repubblica del 28 luglio 2000, n. 271 (Regolamento di esecuzione dell'accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici specialisti ambulatoriali interni);

b) il Servizio è articolato in più gabinetti odontoiatrici nell'ambito del territorio di ciascun distretto sanitario, tenuto conto delle dimensioni ed articolazioni territoriali del distretto stesso;

c) le Aziende USL, nel rispetto di quanto disposto dall'articolo 8-quinquies del D.Lgs. 502/1992, impiegano medici chirurghi dentisti ed odontoiatri dipendenti e specialisti ambulatoriali convenzionati e che le attività infermieristiche sono assicurate dal personale dipendente della Azienda USL;

d) le Aziende USL nello stipulare i contratti ai sensi del comma 1, lettera b), prevedono l'applicazione da parte delle strutture odontoiatriche private accreditate del nomenclatore tariffario di cui al comma 4;

e) la gestione finanziaria del Servizio è separata dal Fondo sanitario regionale.

4. La Giunta regionale, con proprio atto, predispone l'elenco di tutte le prestazioni necessarie ad assicurare l'assistenza odontoiatrica, protesica ed ortesica ed il relativo tariffario, comprensivo altresì dei costi dei materiali (di seguito denominato nomenclatore tariffario), tenendo conto anche del tariffario regionale per prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale.

 

     Art. 174. Oneri per gli utenti.

1. È a totale carico degli assistiti la tariffa delle prestazioni previste dalla presente Capo nei limiti delle previsioni del nomenclatore tariffario di cui all'articolo 173, comma 4.

2. Gli assistiti sono tenuti ad anticipare almeno il trenta per cento della spesa risultante da un preventivo appositamente predisposto dal Servizio o dalle strutture odontoiatriche private accreditate di cui all'articolo 173, comma 1, lettera b) ed a versare la quota rimanente dopo l'erogazione delle prestazioni.

3. Restano salvi i diritti degli assistiti esentati dalla spesa sanitaria, ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001 (Definizione dei livelli essenziali di assistenza) e dei provvedimenti relativi adottati dalla Giunta regionale.

 

     Art. 175. Gestione finanziaria del Servizio di assistenza odontoiatrica protesica ed ortesica.

1. Gli oneri derivanti alle Aziende USL per il Servizio di cui al presente capo sono finanziati attraverso uno speciale Fondo, distinto in spese correnti e spese di investimento, alimentato con le entrate derivanti dalle prestazioni effettuate, restando escluso l'utilizzo di risorse del Fondo sanitario regionale.

 

     Art. 176. Contributi per l'attivazione del Servizio di assistenza odontoiatrica, protesica ed ortesica.

1. Per lo svolgimento del Servizio di assistenza odontoiatrica, protesica ed ortesica la Giunta regionale eroga alle Aziende USL contributi sulla base di criteri e modalità stabilite con proprio atto, per attrezzare gabinetti odontoiatrici idonei.

 

Titolo XVI

Norme in materia di prevenzione

Capo I

Prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro

 

     Art. 177. Campo di applicazione.

1. Il presente capo fissa i principi relativi alla programmazione, organizzazione e gestione delle attività per la prevenzione e la tutela della salute nei luoghi di lavoro, in conformità a quanto previsto in particolare dagli articoli 14, 20 e 21 della legge 833/1978, e dagli articoli 7, 10, 11, 13 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123), in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro), in armonia con la programmazione regionale sanitaria e con le linee di indirizzo nazionali.

2. In relazione a quanto stabilito dall'art. 20, ultimo comma, della legge 833/1978, la Regione e le Aziende USL realizzano per quanto di competenza le attività di prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro condividendo i piani di attività con le istituzioni e gli enti presenti nel Comitato Regionale di Coordinamento per la Salute e la Sicurezza nei Luoghi di Lavoro previsto dal D.P.C.M. 21 dicembre 2007.

 

     Art. 178. Compiti della Regione.

1. La Regione promuove la prevenzione e la tutela della salute nei luoghi di lavoro:

a) delineando strategie ed obiettivi programmatici nell'ambito del Piano Regionale della Prevenzione;

b) promuovendo l'integrazione delle politiche volte a tutelare la salute nei luoghi di lavoro attraverso il Comitato Regionale di Coordinamento per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro di cui all'articolo 7 del D.Lgs. 81/2008.

 

     Art. 179. Compiti delle Aziende USL.

1. Presso ciascuna Azienda USL è istituito, in seno alla macro-area della prevenzione nei luoghi di lavoro del Dipartimento di Prevenzione, il Servizio di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro (di seguito Servizio PSAL).

 

     Art. 180. Obiettivi del Servizio PSAL.

1. Al Servizio PSAL compete:

a) garantire le attività di prevenzione e vigilanza in materia di tutela della salute e del benessere dei lavoratori di ogni genere e provenienza, in attuazione di quanto previsto dall'art. 9 della legge 20 maggio 1970, n. 300 [Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento (Statuto dei Lavoratori)] e dall'art. 13 del D.Lgs. 81/2008;

b) garantire lo sviluppo integrato di tutte le attività che competono al Servizio in materia di prevenzione nei luoghi di lavoro ed il raggiungimento degli obiettivi definiti in sede di programmazione regionale e di Aziende USL, in base alla L. 833/1978 ed al D.Lgs. 81/2008;

c) fornire alla pubblica amministrazione, alle associazioni imprenditoriali, dei lavoratori e alla società civile supporto consultivo in materia di salute e sicurezza del lavoro ai sensi dell'art. 10 del D.Lgs. 81/2008;

d) sostenere l'applicazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, anche attraverso attività di informazione, assistenza e coordinamento, finalizzate alla prevenzione dei fattori di rischio e alla rimozione degli elementi di nocività in particolare nei confronti della piccola impresa ai sensi dell'art. 10 del D.Lgs. 81/2008;

e) favorire la partecipazione delle parti sociali e delle loro rappresentanze al processo di prevenzione, attraverso la periodica informazione sulle attività svolte e sui risultati ottenuti, anche per il tramite del Comitato Regionale di Coordinamento per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro;

f) monitorare i danni da lavoro e le condizioni di rischio lavorativo.

2. Le attività di cui al comma 1 possono essere svolte anche in integrazione con gli altri Servizi del Dipartimento di Prevenzione e della Azienda USL qualora tale modalità di lavoro determini vantaggio per la collettività.

 

     Art. 181. Compiti del Servizio PSAL.

1. Il Servizio PSAL raggiunge gli obiettivi di cui all'art. 180 attraverso le seguenti attività:

a) vigilanza e controllo tecnico e amministrativo, anche in riferimento agli aspetti organizzativi del lavoro;

b) emissione di provvedimenti amministrativi o sanzionatori conseguenti alle inosservanze rilevate in corso di vigilanza o finalizzati a prevenire situazioni di rischio per la salute e sicurezza dei lavoratori;

c) effettuazione di accertamenti sanitari sui lavoratori, laddove previsto dalla normativa nazionale vigente;

d) controllo delle condizioni di lavoro anche attraverso interventi di igiene industriale e di valutazione dello stato di salute dei lavoratori;

e) indagine di infortunio sul lavoro e di malattia professionale di iniziativa o su delega dell'autorità giudiziaria;

f) produzione periodica di informazioni sulle attività svolte e sui risultati ottenuti;

g) emissione di pareri tecnico preventivi, laddove previsto dalle disposizioni vigenti o su richiesta degli enti pubblici territoriali, su progetti di insediamenti destinati alla produzione di beni e servizi o su modifiche degli stessi, su processi di lavoro ed attività soggetti ad istruttoria amministrativa o autorizzazione da parte della pubblica amministrazione;

h) verifica degli impianti di esclusiva competenza Azienda USL, previsti dalla normativa vigente;

i) raccolta e elaborazione dei dati relativi ai danni correlati al lavoro, provenienti dai sistemi informativi istituzionali;

j) realizzazione di interventi di assistenza con il fine di migliorare l'organizzazione del sistema di tutela delle aziende, in particolare nella piccola impresa, anche attraverso iniziative o atti di indirizzo destinati ai datori di lavoro, ai servizi di prevenzione e protezione, ai medici competenti ed ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza aziendali, territoriali e di sito produttivo.

 

     Art. 182. Articolazione del Servizio PSAL.

1. Ciascuna Azienda USL organizza all'interno della pianta organica del Dipartimento di Prevenzione il Servizio PSAL, diretto da personale medico con specializzazione in medicina del lavoro o titolo di servizio equiparato, articolato in Unità Operative (UO), integrate per lo sviluppo dei programmi di attività del servizio, così definite:

a) UO di medicina del lavoro ed epidemiologia occupazionale;

b) UO di igiene del lavoro e tossicologia industriale;

c) UO di sicurezza dei luoghi di lavoro, degli impianti e delle attrezzature.

 

     Art. 183. Attività di controllo e vigilanza.

1. Le attività di controllo e vigilanza nei luoghi di lavoro vengono esercitate ai sensi dell'art. 21 della legge 833/1978 e dell'art. 13 del D.Lgs. 81/2008 anche da personale dei Servizi PSAL delle Aziende USL munito di qualifica di Ufficiale di Polizia Giudiziaria acquisita attraverso nomina prefettizia.

2. Il Presidente della Giunta regionale, ai fini della proposta dei nominativi degli operatori cui dovrà essere attribuita la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria ai sensi dell'art. 21, terzo comma, della legge 833/1978, si avvale dei criteri formulati con deliberazione della Giunta regionale.

 

Capo II

Norme in materia di attività funerarie e cimiteriali

 

     Art. 184. (Principi, oggetto, finalità)

1. La Regione, nel rispetto della dignità delle scelte personali in materia di disposizione del proprio corpo nell'evenienza del decesso e del diritto di ognuno di poter scegliere liberamente la forma di sepoltura, disciplina i servizi e le funzioni funerarie, cimiteriali e di polizia mortuaria, con la finalità di tutelare l'interesse degli utenti dei servizi medesimi e di improntare le attività pubbliche a principi di trasparenza, di evidenza scientifica, efficienza ed efficacia delle prestazioni.

2. La Regione, nel rispetto delle convinzioni di ogni persona e dei diversi usi funerari propri di ciascuna comunità, promuove, senza oneri aggiuntivi a carico dell'amministrazione, l'informazione su forme di sepoltura di minore impatto per l'ambiente, con particolare riferimento alla tumulazione nei loculi aerati e, anche in collaborazione con le associazioni

cremazioniste, alla cremazione.

3. Al fine di assicurare un trattamento adeguato, rispettoso e uniforme sull'intero territorio regionale della persona defunta, e a garanzia dei diritti essenziali della popolazione e della tutela delle condizioni igienico-sanitarie, la Regione esercita compiti di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo nelle materie disciplinate dal presente Capo, improntando la propria attività ai principi di efficacia e di efficienza della vigilanza sanitaria.

4. La Giunta regionale elabora linee di indirizzo per la formazione e l'aggiornamento professionale degli operatori che esercitano l'attività funebre.

5. La Regione, ai sensi dell'articolo 341 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 (Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie) con decreto del Presidente della Giunta regionale, previa deliberazione della Giunta stessa, può autorizzare la tumulazione di cadavere e dei resti mortali di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b) del decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 2003, n. 254 (Regolamento recante disciplina della gestione dei rifiuti sanitari a norma dell'articolo 24 della l. 31 luglio 2002, n. 179), in località differenti dal cimitero quando concorrano giustificati motivi di speciali onoranze.

6. Con la presente legge è istituito l'elenco regionale delle imprese autorizzate ad esercitare l'attività funebre e di trasporto funebre, di seguito denominate imprese, di cui all'articolo 184-ter, comma 2, che operano nel territorio regionale. L'elenco è gestito dalla struttura regionale competente.

 

     Art. 184 bis. (Funzioni dei comuni)

1. Al fine di assicurare la sepoltura o la cremazione dei cadaveri, i comuni singoli o associati, di seguito denominati comuni, provvedono alla realizzazione dei cimiteri e degli impianti crematori. I comuni inoltre svolgono tutte le funzioni previste dalla normativa statale vigente in materia e, in particolare, adottano il regolamento per la polizia mortuaria e per i servizi e le funzioni funerarie e cimiteriali in coerenza con le disposizioni regionali vigenti in materia.

2. Il regolamento comunale di cui al comma 1 prevede, in particolare:

a) le condizioni e le modalità di localizzazione e di esercizio dei cimiteri e degli impianti crematori, nonché le modalità di utilizzo dei servizi cimiteriali, necroscopici e di polizia mortuaria;

b) le condizioni e le modalità di trasferimento e di trasporto delle salme e dei cadaveri;

c) le prescrizioni e le modalità attuative relative alla cremazione, all'affidamento delle urne cinerarie e alla dispersione delle ceneri.

3. I comuni assicurano altresì spazi pubblici idonei allo svolgimento di riti funebri, anche per culti diversi da quello cattolico, nel rispetto della volontà del defunto e degli aventi titolo di cui al comma 4, e provvedono ad informare adeguatamente i cittadini sui servizi funerari e cimiteriali forniti, con particolare riguardo alle differenti forme di sepoltura e ai relativi profili economici.

4. Ai fini del presente Capo per aventi titolo si intendono il coniuge, la parte dell'unione civile e il convivente di fatto secondo quanto previsto dalla legge 20 maggio 2016, n. 76 (Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze) o, in mancanza, il parente più prossimo individuato ai sensi degli articoli 74, 75, 76 e 77 del codice civile e, in caso di concorrenza di più parenti dello stesso grado, la maggioranza assoluta di essi, di seguito denominati aventi titolo.

5. Ai fini dell'inserimento nell'Elenco regionale di cui all'articolo 184, comma 6, ogni Comune detiene, aggiorna e pubblicizza adeguatamente, anche nel proprio sito istituzionale, l'elenco comunale delle imprese autorizzate ad esercitare l'attività funebre e di trasporto funebre che operano nel territorio comunale. Detto elenco deve essere trasmesso, entro il 31 gennaio di ogni anno con riferimento all'anno precedente, alla struttura regionale competente.

 

     Art. 184 ter. (Attività funebre, autorizzazione e divieti)

1. Per attività funebre si intende una attività imprenditoriale che comprende ed assicura, in forma congiunta, almeno le seguenti prestazioni:

a) disbrigo, su mandato degli aventi titolo, delle pratiche amministrative inerenti il decesso;

b) fornitura di casse mortuarie e di altri articoli funebri in occasione di un funerale;

c) trasporto di cadavere, resti mortali, ceneri e ossa umane;

d) cura, composizione e vestizione di salme e di cadaveri.

2. L'attività funebre di cui al comma 1 è consentita esclusivamente ad imprese munite di apposita autorizzazione all'esercizio, valevole per l'intero territorio regionale, rilasciata dal Comune in cui ha sede legale l'impresa stessa, sulla base del possesso dei requisiti strutturali, gestionali, professionali e formativi previsti dal regolamento regionale di cui all'articolo 186-octies, comma 1, lettera b).

3. Le imprese devono essere in possesso continuativo di risorse umane, strumentali e finanziarie idonee e adeguate, devono avvalersi di personale adeguatamente formato e devono garantire la trasparenza e la conoscibilità della propria struttura, delle proprie attività nonché dei servizi offerti e delle relative tariffe.

4. Il conferimento dell'incarico alle imprese per il disbrigo delle pratiche amministrative, la vendita delle casse ed articoli funebri e ogni altra attività connessa al funerale può svolgersi unicamente nella sede autorizzata o, eccezionalmente su richiesta degli interessati, presso altro luogo purché non all'interno di strutture sanitarie e socio assistenziali di ricovero e cura, pubbliche e private, di strutture obitoriali e di cimiteri.

5. Nello svolgimento dell'attività funebre, fatta salva la promozione commerciale e da ricorrenza mediante oggettistica di valore trascurabile, è vietato proporre, direttamente o indirettamente, provvigioni, offerte, regali o vantaggi di qualsiasi natura per ottenere informazioni tese a consentire la realizzazione di uno o più servizi funerari.

 

     Art. 184 quater. (Incompatibilità e deroghe)

1. L'attività funebre di cui all'articolo 184-ter, comma 1, è incompatibile con la gestione di cimiteri, servizi cimiteriali e servizio di pubbliche affissioni, nonché con la gestione delle strutture obitoriali di cui all'articolo 185-bis. Sussiste altresì incompatibilità tra la gestione dei cimiteri e l'attività commerciale marmorea e lapidea interna ed esterna al cimitero.

2. Per le imprese autorizzate ad esercitare attività funebre con sede legale in comuni con popolazione complessiva inferiore a duemila abitanti è ammessa deroga alle disposizioni di cui al comma 1.

 

     Art. 184 quinquies. (Trasporto funebre)

1. Per trasporto funebre si intende ogni trasferimento di cadavere, resti mortali, ceneri e ossa umane dal luogo del decesso o di accertamento dello stesso o di rinvenimento, fino al luogo di sepoltura o di cremazione.

2. Lo spostamento dal reparto ove è avvenuto il decesso alla struttura interna con funzione di servizio obitoriale, del corpo di una persona deceduta in una struttura sanitaria o socio-sanitaria, non costituisce trasporto funebre ed è svolto unicamente da personale della struttura medesima che a nessun titolo può essere collegato alle imprese.

3. L'attività di trasporto funebre è svolta esclusivamente da imprese autorizzate dal Comune, nel rispetto del regolamento regionale di cui all'articolo 186-octies, comma 1, lettera b).

4. Ogni trasporto funebre deve essere autorizzato dal Comune a seguito di richiesta inoltrata, anche tramite l'impresa incaricata, dagli aventi titolo.

 

     Art. 185. (Periodo di osservazione e trasferimento della salma e del cadavere)

1. Nel periodo di osservazione, di cui al Capo II del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285 (Approvazione del regolamento di polizia mortuaria), la salma deve essere mantenuta in condizioni tali da non ostacolare eventuali manifestazioni di vita e durante il quale viene assicurata adeguata sorveglianza anche attraverso apparecchiature di rilevazione e di segnalazione a distanza. Durante tale periodo la salma non può essere sottoposta a trattamenti conservativi, a conservazione in cella frigorifera, ad autopsia o chiusa in cassa. Il periodo di osservazione termina con l'accertamento della morte da parte del medico necroscopo che contestualmente rilascia il certificato necroscopico.

2. L'osservazione della salma può essere svolta, conformemente alla scelta degli aventi titolo, presso:

a) il domicilio del defunto;

b) le strutture obitoriali di cui all'articolo 185-bis, comma 1, lettera a), ad eccezione del caso in cui risultino mancanti posti disponibili;

c) le strutture obitoriali comunali di cui all'articolo 185-bis, comma 1, lettera b);

d) la casa funeraria di cui all'articolo 185-ter, comma 2.

3. Durante il periodo di osservazione, su richiesta degli aventi titolo, per lo svolgimento delle onoranze funebri è consentito il trasferimento della salma dal luogo ove è depositata all'abitazione di residenza, o altro domicilio indicato, alle strutture obitoriali di cui all'articolo 185-bis, nel rispetto di quanto previsto al comma 2, lettera b), e alle strutture destinate al commiato di cui all'articolo 185-ter. Detto trasferimento, fermo restando il rilascio da parte del Comune ove è avvenuto il decesso dell'autorizzazione al trasporto e dell'autorizzazione alla sepoltura o alla cremazione, è consentito nel territorio del medesimo Comune ove è avvenuto il decesso o in altro Comune di destinazione, purché situato all'interno del territorio regionale.

4. Ai fini del trasferimento di cui al comma 3, escluso il sospetto che la morte sia dovuta a reato o che sia avvenuta in seguito a malattia infettiva diffusiva o che alla persona, ancora in vita, siano stati somministrati nuclidi radioattivi, il medico che constata il decesso, dopo aver certificato che la morte è avvenuta per cause naturali, attesta che nulla osta all'eventuale trasferimento della salma per la continuazione del periodo di osservazione, a condizione che esso avvenga senza pregiudizio per la salute pubblica. L'attestazione di nulla osta è titolo valido e sufficiente per il trasferimento della salma durante il periodo di osservazione, purché il suo completamento avvenga entro ventiquattro ore dalla constatazione del decesso.

5. Il trasferimento della salma, su mandato scritto degli aventi titolo, può essere effettuato esclusivamente dall'impresa incaricata alla sua esecuzione. Dell'avvenuto trasferimento nonché del giorno e dell'ora di arrivo della salma presso la sede prescelta dagli aventi titolo, è data tempestiva comunicazione, anche per via telematica, al Comune in cui è avvenuto

il decesso, al Comune ove è destinata la salma, nonché all'Azienda unità sanitaria locale competente per territorio in relazione al luogo di destinazione della stessa, al fine dell'accertamento di morte e della relativa certificazione necroscopica.

6. Dopo l'accertamento della morte è consentito, su richiesta degli aventi titolo, e previo nulla osta del medico necroscopo, il trasferimento del cadavere ai fini della veglia funebre, anche a cassa aperta, dal luogo ove è depositato al luogo prescelto per le onoranze, per essere ivi esposto, purché tale trasferimento venga effettuato all'interno del territorio regionale, con le stesse modalità previste al comma 5, e sia portato a termine entro le ventiquattro ore dalla constatazione del decesso.

Il nulla osta è titolo valido e sufficiente per il trasferimento del defunto in altro luogo prescelto, ed è rilasciato dal medico in tempi tali da non limitare il diritto dei dolenti al trasferimento medesimo.

 

     Art. 185 bis. (Strutture obitoriali)

1. Sono strutture obitoriali:

a) i locali all'interno della struttura ospedaliera pubblica o privata accreditata, nonché della struttura sanitaria o socio-sanitaria, che, salvo quanto previsto dall'articolo 185, commi 2, lettera b), e 3, ricevono le persone decedute all'interno delle strutture medesime;

b) i depositi di osservazione e gli obitori comunali che ricevono le persone decedute nella pubblica via o in luogo pubblico ovvero, se richiesto dagli aventi titolo, decedute in abitazioni.

2. Presso le strutture obitoriali di cui al comma 1 è assicurato lo svolgimento delle seguenti funzioni:

a) il mantenimento in osservazione della salma;

b) il riscontro diagnostico;

c) le autopsie giudiziarie;

d) il deposito di cadaveri per un tempo indefinito a disposizione dell'autorità giudiziaria o per il riconoscimento di ignoti;

e) le iniezioni conservative e i trattamenti di tanatocosmesi.

3. I comuni istituiscono i depositi di osservazione e gli obitori di cui al comma 1, lettera b) esclusivamente nell'ambito del cimitero o, mediante convenzione, presso le strutture ospedaliere pubbliche o private accreditate ovvero presso le altre strutture sanitarie o socio-sanitarie. La convenzione regolamenta anche le modalità di accoglimento delle persone decedute in abitazioni di cui al comma 1, lettera b).

 

     Art. 185 ter. (Strutture destinate al commiato)

1. Ai fini del presente Capo sono strutture destinate al commiato la casa funeraria e la sala del commiato.

2. La casa funeraria è una struttura privata in possesso dei requisiti minimi strutturali e impiantistici richiesti dal decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997 (Approvazione dell'atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l'esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private) per l'esercizio dei servizi mortuari delle strutture sanitarie pubbliche e private, gestita, nel rispetto di quanto previsto dal regolamento regionale di cui all'articolo 186-octies, comma 1, lettera b), da imprese autorizzate ai sensi dell'articolo 184-ter, comma 2, ove, a richiesta degli aventi titolo, in apposite sale attrezzate è consentito lo svolgimento di:

a) accoglimento e osservazione della salma durante il periodo di osservazione;

b) composizione e vestizione del defunto ed esecuzione dei trattamenti di tanatocosmesi consentiti dalla normativa vigente per la preparazione del cadavere;

c) esposizione, eventualmente anche durante il periodo di osservazione, della salma, e custodia del cadavere prima della chiusura della cassa;

d) celebrazione delle attività di commemorazione e di commiato del defunto;

e) sosta del feretro sigillato in attesa del suo trasporto per essere destinato alla sepoltura o alla cremazione.

3. La realizzazione e l'esercizio della casa funeraria sono autorizzati dai comuni, mediante i titoli abilitativi previsti dalla normativa vigente, in coerenza con quanto previsto dal presente articolo e con le modalità di utilizzo previste nel proprio regolamento di polizia mortuaria e per i servizi e le funzioni funerarie e cimiteriali, fermo restando il rispetto della distanza minima di metri centocinquanta dalle strutture sanitarie pubbliche e private, dai cimiteri e dagli impianti crematori.

4. I soggetti esercenti regolamentano le procedure di corretta gestione delle attività svolte dal personale all'interno della casa funeraria e, nel rispetto di quanto previsto dal regolamento regionale di cui all'articolo 186-octies, comma 1, lettera e), redigono una Carta dei Servizi messa a disposizione degli utenti, anche per via telematica, che fornisce informazioni sul soggetto esercente, sulle caratteristiche della struttura, sull'espletamento dei servizi forniti, sulle modalità di contatto con il soggetto esercente stesso, sulle tariffe praticate e sulla qualità dei servizi medesimi.

5. Le case funerarie non possono essere collocate all'interno di strutture sanitarie, socio-sanitarie e nei cimiteri, nonché convenzionate con strutture sanitarie pubbliche e private per lo svolgimento dei servizi mortuari.

6. La sala del commiato è una struttura, gestita nel rispetto di quanto previsto dal regolamento regionale di cui all'articolo 186-octies, comma 1, lettera b), collocata all'interno della casa funeraria o dei cimiteri o degli impianti crematori, ma comunque al di fuori delle strutture ospedaliere pubbliche o private accreditate ovvero delle altre strutture sanitarie o socio-sanitarie, destinata, a richiesta degli aventi titolo, a ricevere e tenere in custodia il feretro sigillato per brevi periodi, nonché ad esporre il feretro stesso per la celebrazione di riti di commemorazione e di dignitoso commiato.

 

     Art. 186. Cimiteri.

1. Ogni Comune, ai sensi dell'articolo 337 del r.d. 1265/1934, deve avere un cimitero con almeno un reparto a sistema di inumazione. La costruzione, l'ampliamento e la ristrutturazione dei cimiteri sono disposte dai comuni.

2. I comuni, nella pianificazione dei cimiteri, tengono conto del fabbisogno di sepolture per il numero corrispondente ad almeno tre turni di rotazione per le inumazioni, e a due turni di rotazione per le tumulazioni. Inoltre, nell'ambito della pianificazione urbanistica e territoriale, prevedono aree cimiteriali in grado di rispondere alle necessità di sepoltura

nell'arco dei trenta anni successivi all'adozione degli strumenti urbanistici, tenuto conto degli obblighi di cui all'articolo 186-bis e con la finalità di favorire il ricorso alle forme di sepoltura di minor impatto sull'ambiente di cui all'articolo 184, comma 2. I progetti di ristrutturazione e ampliamento dei cimiteri esistenti e di costruzione dei nuovi sono adottati dai comuni previa acquisizione del parere igienico-sanitario dell'Azienda unità sanitaria locale competente per territorio e devono essere preceduti da uno studio tecnico delle località, con particolare riguardo all'ubicazione, l'orografia, l'estensione dell'area e la natura fisico-chimica del terreno, nonché la profondità e la direzione della falda idrica.

3. Ferme le incompatibilità e le deroghe di cui all'articolo 184-quater, i comuni, laddove non intendano esercitare la gestione diretta, possono procedere all'affidamento della gestione dei cimiteri, nel rispetto della normativa vigente.

4. In ogni cimitero deve essere assicurato un servizio di custodia. Il responsabile del servizio conserva per ogni cadavere tutti i titoli autorizzatori che accompagnano il cadavere stesso e annota su apposito registro i dati riguardanti ogni cadavere inumato, tumulato o cremato, nonché le relative variazioni.

5. I cimiteri devono essere delimitati da idonea recinzione e devono essere isolati dall'abitato mediante la zona di rispetto la cui ampiezza è individuata, secondo quanto previsto dal regolamento regionale di cui all'articolo 186-octies, comma 1, lettera g), considerando:

a) la necessità di parcheggi e di servizi per i frequentatori;

b) la necessità di ampliamento in relazione al numero di abitanti, nonché in relazione a quanto previsto al comma 2;

c) la presenza di servizi ed impianti tecnologici all'interno del cimitero con le relative distanze di tutela;

d) il rispetto delle attività di culto.

6. In ogni cimitero sono presenti almeno:

a) un campo di inumazione;

b) un campo di inumazione speciale;

c) una camera mortuaria;

d) un ossario comune;

e) un cinerario comune.

7. I comuni possono concedere a privati e ad associazioni ed enti privi di scopo di lucro l'uso di aree pubbliche all'interno del cimitero per sepolture private, individuali, familiari e collettive, nel rispetto dei requisiti tecnici e igienicosanitari. Possono inoltre autorizzare la costruzione di cappelle private fuori dal cimitero, purché dotate di un'area di rispetto.

8. Con il regolamento regionale di cui all'articolo 186-octies, comma 1, lettera h), sono definiti i requisiti e le caratteristiche per la costruzione di nuovi cimiteri e strutture cimiteriali, nonché i criteri e gli eventuali tempi di adeguamento per l'ampliamento e la ristrutturazione di quelli esistenti. Con il regolamento regionale di cui al medesimo articolo 186-octies, comma 1, lettera i), sono definite inoltre le caratteristiche dei campi di inumazione, dei loculi, delle sepolture private, delle cappelle private fuori dal cimitero, nonché le modalità di tenuta dei registri cimiteriali.

 

     Art. 186 bis. (Diritto di sepoltura)

1. Nei cimiteri devono essere ricevuti:

a) i cadaveri, i resti mortali, le ossa e le ceneri delle persone morte nel territorio del Comune, qualunque ne fosse in vita la residenza;

b) i cadaveri, i resti mortali, le ossa e le ceneri delle persone decedute fuori del Comune, ma aventi in esso, in vita, la residenza;

c) i cadaveri, i resti mortali, le ossa e le ceneri delle persone già residenti nel Comune che hanno stabilito la propria residenza presso strutture socio-sanitarie situate fuori del Comune;

d) i cadaveri, i resti mortali, le ossa e le ceneri delle persone non residenti in vita nel Comune e morte fuori di esso, ma aventi diritto a sepoltura privata esistente nel cimitero del Comune stesso;

e) i prodotti del concepimento e i prodotti abortivi, nonché i feti e le parti anatomiche riconoscibili.

2. Ogni feretro è inumato in fossa distinta o tumulato in loculo distinto, fatto salvo il caso di madre e neonato morti in concomitanza con il parto.

 

     Art. 186 ter. (Loculi aerati)

1. Al fine di favorire la riduzione scheletrica in tempi brevi dei cadaveri tumulati, i comuni, nel rispetto di quanto previsto dal regolamento regionale di cui all'articolo 186-octies, comma 1, lettera j), possono prevedere, all'interno dei piani regolatori cimiteriali, la realizzazione di loculi aerati, a condizione che la loro costruzione sia eseguita in maniera da non rappresentare un rischio per la salute pubblica.

2. La realizzazione di loculi aerati, singoli o a batteria, è ammessa, sia per manufatti di nuova costruzione sia in caso di ristrutturazione di quelli esistenti, adottando soluzioni tecniche e costruttive conformi alle disposizioni normative vigenti in materia urbanistica e ambientale. La conformità dei progetti di costruzione dei loculi aerati ai requisiti indicati dalle disposizioni vigenti e alle relative norme igienico-sanitarie, deve essere specificamente certificata dal progettista.

3. In caso di tumulazione aerata, vista la diminuzione del tempo di scheletrizzazione del cadavere, la estumulazione ordinaria può essere effettuata dopo dieci anni dalla prima tumulazione del feretro. I comuni possono conseguentemente prevedere la riduzione del relativo periodo di concessione fino ad un minimo di dieci anni, rinnovabili su richiesta degli aventi titolo.

 

     Art. 186 quater. (Impianti crematori)

1. La titolarità ad impiantare i crematori è in capo esclusivamente ai comuni. Gli impianti crematori, al fine di assicurare prestazioni di qualità, sono costruiti e gestiti nel rispetto dei requisiti strutturali, gestionali e professionali previsti dal regolamento regionale di cui all'articolo 186-octies, comma 1, lettera d), nonché secondo criteri di sicurezza, efficienza, efficacia, continuità del servizio, uguaglianza e imparzialità del trattamento, accessibilità, ecosostenibilità e tracciabilità delle diverse fasi della cremazione.

2. Gli impianti crematori operano altresì nel rispetto della normativa vigente in materia di salvaguardia della salute, di tutela ambientale, di tutela e sicurezza sui luoghi di lavoro, di prevenzione e protezione antincendi, nonché di superamento ed eliminazione delle barriere architettoniche.

3. Ferme le incompatibilità e le deroghe di cui all'articolo 184-quater, i comuni, laddove non intendano esercitare la gestione diretta, possono procedere all'affidamento della gestione dell'impianto crematorio, nel rispetto della normativa vigente.

4. Ogni impianto crematorio è dotato di una Carta dei Servizi, predisposta nel rispetto di quanto previsto dal regolamento regionale di cui all'articolo 186-octies, comma 1, lettera e), quale strumento che fornisce informazioni sul soggetto gestore, sulle caratteristiche della struttura crematoria, sull'espletamento dei servizi, sulle modalità di contatto con il soggetto gestore stesso, sulle tariffe praticate e sulla qualità dei servizi medesimi. La Carta è messa a disposizione degli utenti ed è facilmente consultabile anche in formato digitale tramite il sito istituzionale del Comune ovvero quello del soggetto gestore.

5. Al fine di assicurare la salvaguardia della salute pubblica, dell'incolumità e la sicurezza di operatori e utenti, nonché la tutela dell'ambiente da fonti di inquinamento, il funzionamento e le emissioni degli impianti crematori sono soggetti al controllo e alla vigilanza dei comuni.

 

     Art. 186 quinquies. (Cremazione)

1. Per cremazione si intende il procedimento di sepoltura consistente nella riduzione in cenere di un cadavere o dei suoi resti eseguita mediante appositi forni crematori all'interno dei quali viene collocato un singolo ed intero feretro sigillato.

2. L'autorizzazione alla cremazione, nel rispetto della legge 30 marzo 2001, n. 130 (Disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri), è rilasciata dall'Ufficiale dello stato civile del Comune di decesso, su istanza degli aventi titolo, corredata dal certificato del medico necroscopo ovvero dal nulla osta dell'autorità giudiziaria, nel rispetto della volontà espressa dal defunto o dagli aventi titolo secondo le modalità di cui all'articolo 3, comma 1, lettere a) e b) della stessa l. 130/2001.

3. La cremazione è, di norma, a titolo oneroso, secondo le tariffe fissate dal Comune titolare dell'impianto nel rispetto delle tariffe massime definite dalle vigenti disposizioni ministeriali, fatta eccezione per i casi di indigenza accertata del defunto di cui all'articolo 5, comma 1, della l. 130/2001.

4. La cremazione, nel rispetto delle modalità di cui al comma 1, deve essere eseguita da personale appositamente autorizzato dai comuni, e le ceneri derivanti dalla cremazione di ciascun singolo cadavere devono essere raccolte in apposita urna cineraria di materiale resistente e, tranne nel caso della successiva dispersione, tale da poter essere chiusa con saldatura anche a freddo o a mezzo di collanti di sicura e duratura presa. L'urna, sigillata da parte del personale dell'impianto crematorio per evitare eventuali profanazioni, reca all'esterno il nome, il cognome, la data di nascita e di morte del defunto.

5. In ogni urna possono essere collocate le ceneri di un solo cadavere o dei suoi resti. È vietato conservare le ceneri di più cadaveri in una unica urna, fatto salvo il caso di madre e neonato morti in concomitanza con il parto.

6. Presso l'impianto crematorio deve essere tenuto un apposito registro contenente le generalità dei cadaveri o dei resti cremati, la data, la causa e il luogo di morte e la data di cremazione, la destinazione dell'urna e delle ceneri, gli eventuali assegnatari e gli estremi dell'autorizzazione. Nel caso di affidamento della gestione dell'impianto, il gestore è responsabile della compilazione del registro e dell'esattezza dei dati riportati.

7. Nel rispetto di quanto previsto dal Capo XVII del d.p.r. 285/1990, può essere autorizzata la cremazione postuma di cadavere preventivamente inumato o tumulato, nonché, ai sensi degli articoli 3 del d.p.r. 254/2003 e 7 del d.p.r. 285/1990, la cremazione di parti anatomiche riconoscibili, di feti, di prodotti abortivi e prodotti del concepimento, e di resti mortali. Inoltre i comuni, previo consenso degli aventi titolo, possono disporre la cremazione delle ossa raccolte nell'ossario comune o ad esso destinate. Per la cremazione dei resti mortali, secondo quanto stabilito dall'articolo 3, comma 6 del d.p.r. 254/2003, non sono necessari il certificato e il nulla osta di cui al comma 2.

8. Non può essere autorizzata la cremazione di cadavere portatore di stimolatore o defibrillatore cardiaco che possono arrecare danno all'impianto di cremazione, se non previo espianto dei medesimi da effettuarsi da parte del medico necroscopo incaricato o altro medico dipendente del Servizio sanitario regionale, appositamente incaricato ed autorizzato, con le modalità indicate nei protocolli operativi delle Aziende unità sanitarie locali, alle quali spetta altresì lo smaltimento dei relativi rifiuti.

9. L'Ufficiale dello stato civile, in caso di comprovata necessità, previo assenso degli aventi titolo o, in caso di loro irreperibilità dopo trenta giorni dalla pubblicazione nell'albo pretorio del Comune di uno specifico avviso, può autorizzare la cremazione dei cadaveri inumati da almeno dieci anni e di quelli tumulati da almeno venti anni.

 

     Art. 186 sexies. (Destinazione e dispersione delle ceneri)

1. Le ceneri derivanti dalla cremazione, raccolte in apposita urna cineraria sigillata, su richiesta degli aventi titolo possono essere, alternativamente, tumulate, inumate o conservate in cimitero, nell'edificio di cui al comma 2, o sversate in maniera indistinta nel cinerario comune del cimitero medesimo.

2. Nel cimitero dove è situato l'impianto crematorio deve essere predisposto un edificio per accogliere le urne le cui caratteristiche edilizie sono stabilite dai regolamenti comunali. È altresì ammessa la collocazione dell'urna all'interno di loculi o tombe assieme a feretri di congiunti ivi tumulati.

3. Ogni cimitero deve essere dotato del cinerario comune per la raccolta e la conservazione in perpetuo e collettiva delle ceneri provenienti dalla cremazione dei cadaveri per le quali sia stata espressa la volontà del defunto di scegliere tale forma di dispersione dopo la cremazione oppure per le quali gli aventi titolo non abbiano provveduto ad altra destinazione.

4. Ai sensi di quanto previsto dall'articolo 3, comma 1, lettera e), della l. 130/2001, le urne di cui al comma 1 possono essere altresì affidate agli aventi titolo per la loro conservazione in ambito privato o per la dispersione con le modalità di cui ai commi 5 e 6.

5. La dispersione delle ceneri è autorizzata dall'Ufficiale dello stato civile sulla base di espressa volontà del defunto e, nel rispetto di quanto stabilito dall'articolo 3, comma 1, lettere c) e d) della l. 130/2001, non può dare luogo ad attività aventi fini di lucro. Inoltre è consentita, sempre nel rispetto della volontà del defunto e con le modalità previste dalle disposizioni statali, nei seguenti luoghi:

a) in aree a ciò appositamente destinate all'interno dei cimiteri;

b) in natura, tenendo presente che la dispersione in mare, nei laghi, nei fiumi ed altri corsi d'acqua è consentita nei tratti liberi da natanti e manufatti;

c) in aree private, al di fuori dei centri abitati, all'aperto, con il consenso dei proprietari.

6. La dispersione delle ceneri inoltre deve, in ogni caso, essere eseguita in modo tale da non arrecare alcun danno e disturbo a soggetti terzi eventualmente presenti e deve avvenire nel rispetto delle norme vigenti in materia di disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano di cui all'articolo 94 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), nonché in materia di zone di elevata diversità floristico-vegetazionale e aree di particolare interesse naturalistico ambientale di cui all'articolo 83 della legge regionale 21 gennaio 2015, n. 1 (Testo unico governo del territorio e materie correlate).

 

     Art. 186 septies. (Sanzioni)

1. Ferme restando le funzioni di vigilanza sugli aspetti igienico-sanitari da parte delle Aziende unità sanitarie locali, i comuni provvedono alla vigilanza sul rispetto delle prescrizioni di cui al presente Capo e all'irrogazione delle relative sanzioni, introitandone i relativi proventi.

2. Ferme restando le vigenti disposizioni sanzionatorie penali e amministrative previste dalla normativa statale, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria:

a) da euro 4.000,00 a euro 6.000,00 chiunque intraprenda l'attività funebre e di trasporto funebre, ovvero la gestione di una casa funeraria, senza essere in possesso dell'autorizzazione rilasciata dal Comune ai sensi degli articoli 184-ter, comma 2, e 185-ter, comma 2; b) da euro 600,00 ad euro 1.000,00 chiunque effettui un trasporto funebre senza l'autorizzazione di cui all'articolo 184-quinquies, comma 4; c) da euro 2.000,00 a euro 8.000,00 chiunque eserciti attività funebre e di trasporto funebre ovvero di gestione delle strutture destinate al commiato, in violazione dei requisiti definiti dal regolamento regionale di cui all'articolo 186-octies, comma 1, lettera b), ovvero gestisca un impianto crematorio in violazione dei requisiti definiti dal regolamento regionale di cui al medesimo articolo 186-octies, comma 1, lettera d); d) da euro 500,00 a euro 1.000,00 chiunque ometta di dotarsi della Carta dei Servizi di cui agli articoli 185-ter, comma 4, e 186-quater, comma 4, ovvero violi i requisiti definiti dal regolamento regionale di cui all'articolo 186-octies, comma 1, lettera e), in relazione alla Carta dei Servizi medesima;

e) da euro 3.000,00 a euro 8.000,00 chiunque violi le disposizioni di cui agli articoli 184-ter, commi 4 e 5, e 184-quater, comma 1;

f) da euro 700,00 a euro 2.000,00 chiunque violi le disposizioni di cui all'articolo 185, commi 1, 5 e 6;

g) da euro 4.000,00 a euro 8.000,00 chiunque realizzi ed eserciti una casa funeraria senza essere in possesso dei titoli abilitativi di cui all'articolo 185-ter, comma 3;

h) da euro 3.000,00 a euro 7.000,00 chiunque proceda alla cremazione senza essere in possesso della autorizzazione di cui all'articolo 186-quinquies, comma 4;

i) da euro 1.000,00 a euro 3.000,00 chiunque violi le disposizioni relative alle modalità afferenti la cremazione di cui all'articolo 186-quinquies, commi 4, 5 e 6;

j) da euro 500,00 a euro 2.000,00 chiunque violi le disposizioni relative alla dispersione delle ceneri di cui all'articolo 186-sexies, commi 5 e 6.

 

     Art. 186 octies. (Regolamento regionale)

1. La Giunta regionale, con proprio regolamento, individua e definisce:

a) gli aspetti attuativi afferenti alle funzioni e ai compiti dei comuni e delle Aziende unità sanitarie locali nell'ambito delle materie disciplinate dal presente Capo;

b) i requisiti strutturali, gestionali, professionali e formativi per l'esercizio dell'attività funebre e di trasporto funebre, nonché per l'esercizio delle strutture destinate al commiato di cui all'articolo 185-ter;

c) le modalità di tenuta dell'Elenco regionale di cui all'articolo 184, comma 6, nonché i tempi e i criteri per l'inserimento nello stesso delle imprese di cui allo stesso articolo 184, comma 6;

d) i requisiti strutturali, gestionali e professionali per il funzionamento degli impianti crematori;

e) i contenuti nonché le modalità di tenuta della Carta dei Servizi di cui agli articoli 185-ter, comma 4, e 186-quater, comma 4;

f) le modalità e i tempi di adeguamento ai requisiti previsti alle lettere b), d), ed e), nonché ai requisiti delle strutture destinate al commiato di cui all'articolo 185-ter, per le imprese e per i soggetti gestori di impianti crematori, in esercizio, privi dei requisiti medesimi;

g) l'ampiezza minima e massima delle aree di rispetto di cui all'articolo 186, comma 5;

h) i requisiti e le caratteristiche per la costruzione di nuovi cimiteri e strutture cimiteriali, nonché i criteri e i tempi di adeguamento per l'ampliamento e la ristrutturazione di quelli esistenti, di cui all'articolo 186, comma 8;

i) le caratteristiche dei campi di inumazione, dei loculi, delle sepolture private, delle cappelle private fuori dal cimitero, nonché le modalità di tenuta dei registri cimiteriali, di cui all'articolo 186, comma 8;

j) le caratteristiche dei loculi aerati di cui all'articolo 186-ter, comma 1.

2. A decorrere dall'adozione del regolamento regionale di cui al comma 1 è istituito il Sistema regionale per la formazione e l'aggiornamento professionale degli operatori delle imprese. Gli oneri derivanti sono a carico dei fruitori.

3. La Giunta regionale, sentite le imprese e le associazioni di categoria, con propria deliberazione, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione, disciplina i contenuti e le modalità attuative del Sistema regionale di cui al comma 2.

 

Capo III

Disciplina in materia di requisiti igienico-sanitari delle piscine ad uso natatorio

 

     Art. 187. Oggetto e definizioni.

1. Il presente Capo detta disposizioni in materia di requisiti igienico-sanitari relativi alla struttura e alla manutenzione delle piscine ad uso natatorio e alla qualità delle acque e detta disposizioni in materia di vigilanza.

2. Le disposizioni del presente Capo si applicano esclusivamente alle piscine classificate nelle categorie A, classe A/1, A/2, A/3, A/4 e B, classe B/1, di cui all'articolo 188, ed aventi tipologie di vasche a), b), c), d), e) ed f) di cui all'articolo 189.

3. Sono escluse dalle disposizioni del presente Capo le piscine classificate nella categoria B, classe B/2, e nella categoria C di cui all'articolo 188.

4. Si definisce piscina un complesso attrezzato per la balneazione che comporta la presenza di uno o più bacini artificiali utilizzati per attività ricreative, formative, sportive e terapeutiche esercitate nell'acqua contenuta nei bacini stessi.

5. Parti essenziali costituenti il complesso sono:

a) sezione vasche;

b) sezione servizi;

c) sezione impianti tecnici;

d) sezione pubblico;

e) sezione attività accessorie.

 

     Art. 188. Classificazione delle piscine.

1. Le piscine, ai fini igienico-sanitari, sono classificate in base ai seguenti criteri: destinazione, caratteristiche ambientali e strutturali, tipo di utilizzazione.

2. Le piscine in base alla loro destinazione si distinguono nelle categorie A, B e C, a loro volta suddivise in classi.

3. Alla categoria A appartengono le piscine pubbliche o private destinate ad una utenza pubblica.

4. La categoria A è suddivisa nelle seguenti classi:

a) A/1 piscine pubbliche o private aperte al pubblico;

b) A/2 piscine ad uso collettivo inserite in strutture ricettive alberghiere, extralberghiere, all'aria aperta e agrituristiche, a disposizione esclusiva degli alloggiati, nonché inserite in altre strutture adibite ad uso collettivo quali collegi, convitti, scuole, università, comunità, palestre, circoli e associazioni, a disposizione dei soli ospiti, studenti, clienti o soci;

c) A/3 impianti finalizzati al gioco acquatico;

d) A/4 strutture complesse comprendenti piscine rientranti in più di una delle classi di cui alle lettere a), b) e c).

5. Alla categoria B appartengono le piscine costituenti parti comuni dell'edificio ai sensi dell'articolo 1117 del codice civile e destinate agli abitanti del condominio stesso e le piscine di pertinenza di abitazioni private facenti parte di edificio o complesso residenziale destinate agli abitanti dell'edificio o complesso stessi e non comprese tra quelle classificate A/2 del comma 4.

6. La categoria B è suddivisa nelle seguenti classi:

a) B/1 piscine facenti parte di condomini o di pertinenza di abitazioni private facenti parte di edificio o complesso residenziale costituiti da più di quattro unità abitative;

b) B/2 piscine facenti parte di condomini o di pertinenza di abitazioni private facenti parte di edificio o complesso residenziale costituiti da non più di quattro unità abitative.

7. Alla categoria C appartengono le piscine destinate ad usi speciali collocate all'interno di strutture di cura, di riabilitazione e termale.

8. In base alle caratteristiche ambientali e strutturali le piscine si distinguono in:

a) scoperte se costituite da complessi con uno o più bacini artificiali non confinati entro strutture chiuse permanenti;

b) coperte se costituite da complessi con uno o più bacini artificiali confinati entro strutture chiuse permanenti;

c) di tipo misto se costituite da complessi con uno o più bacini artificiali scoperti e coperti utilizzabili anche contemporaneamente;

d) di tipo convertibile se costituite da complessi con uno o più bacini artificiali nei quali gli spazi destinati alle attività possono essere aperti o chiusi in relazione alle condizioni atmosferiche.

 

     Art. 189. Tipologie di vasche.

1. In base alla loro utilizzazione si individuano nelle categorie di piscine di cui all'articolo 188 i seguenti tipi di vasche:

a) agonistiche, per nuotatori e di addestramento al nuoto, aventi requisiti che consentono l'esercizio delle attività natatorie in conformità al genere ed al livello di prestazioni per le quali è destinata la piscina, nel rispetto delle norme della Federazione Italiana Nuoto (FIN) e della Federation Internationale de Natation Amateur (FINA);

b) per tuffi ed attività subacquee, aventi requisiti che consentono l'esercizio delle attività in conformità al genere ed al livello di prestazioni per le quali è destinata la piscina, nel rispetto delle norme della FIN e della FINA;

c) ricreative, aventi requisiti morfologici e funzionali che le rendono idonee per il gioco e la balneazione;

d) per bambini, aventi requisiti morfologici e funzionali, quali la profondità massima di sessanta centimetri, che le rendono idonee per la balneazione dei bambini;

e) polifunzionali, aventi caratteristiche morfologiche e funzionali che consentono l'uso contemporaneo del bacino per attività differenti o che posseggono requisiti di convertibilità che le rendono idonee ad usi diversi;

f) ricreative attrezzate, caratterizzate dalla prevalenza di attrezzature accessorie quali acquascivoli, sistemi di formazione di onde, fondi mobili;

g) per usi riabilitativi, aventi requisiti morfologici e funzionali nonché dotazione di attrezzature specifiche per l'esercizio esclusivo di attività riabilitative e rieducative sotto il controllo sanitario specialistico;

h) per usi curativi e termali, nelle quali l'acqua viene utilizzata come mezzo terapeutico in relazione alle sue caratteristiche fisico-chimiche intrinseche e/o alle modalità con cui viene in contatto dei bagnanti e nelle quali l'esercizio delle attività di balneazione viene effettuato sotto il controllo sanitario specialistico.

 

     Art. 190. Utenti.

1. Gli utenti delle piscine si distinguono in:

a) frequentatori: utenti presenti all'interno dell'impianto natatorio;

b) bagnanti: utenti che si trovano all'interno della sezione vasche delimitata sul posto.

2. Il numero massimo di frequentatori e di bagnanti ammissibili è determinato, con le norme regolamentari, in relazione alle diverse categorie di piscine.

 

     Art. 191. Parere igienico-sanitario.

1. Per la costruzione di nuovi impianti natatori o per la ristrutturazione e/o ampliamento di impianti esistenti che comportano variazioni distributive e/o funzionali è necessario acquisire il preventivo parere igienico-sanitario dell'Azienda USL competente.

 

     Art. 192. Inizio attività.

1. L'inizio dell'attività delle piscine di nuova costruzione appartenenti alle classi A/1 ed A/4 è subordinato alla comunicazione alla Azienda USL competente al fine dell'acquisizione del parere igienico-sanitario successivo alla realizzazione dell'impianto.

2. L'inizio dell'attività delle piscine appartenenti alle classi A/2, A/3 e B/1 è subordinato alla comunicazione alla Azienda USL competente.

 

     Art. 193. Comunicazioni periodiche delle attività stagionali.

1. I titolari degli impianti realizzati per le attività stagionali, trenta giorni prima dell'attivazione dell'impianto, comunicano alla Azienda USL competente la riapertura della struttura e le eventuali variazioni degli impianti e/o del responsabile della piscina, nonché la chiusura della struttura, qualora debba verificarsi l'interruzione dell'attività.

 

     Art. 194. Dotazione di personale.

1. Il titolare dell'impianto nomina il responsabile della piscina o dichiara formalmente di assumerne personalmente le funzioni al fine di garantire l'igiene, la sicurezza e la funzionalità delle piscine.

2. Il responsabile della piscina assicura:

a) il corretto funzionamento della struttura sotto ogni aspetto gestionale, tecnologico e organizzativo;

b) il rispetto dei requisiti igienico-sanitari e ambientali previsti dall'Accordo del 16 gennaio 2003 tra Ministro della Salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, di seguito denominato Accordo Stato-Regioni 16 gennaio 2003;

c) la corretta esecuzione delle procedure di autocontrollo;

d) le operazioni di pulizia quotidiana.

3. Per le piscine di classe B/1, salvo diversa formale designazione, il responsabile della piscina è l'amministratore; in mancanza di amministratore o di responsabile designato rispondono i proprietari nei modi e limiti stabiliti dalle leggi vigenti in materia.

4. Il responsabile della piscina individua le seguenti figure:

a) assistente bagnanti;

b) addetto agli impianti tecnologici.

5. L'assistente bagnanti di cui al comma 4, lettera a), abilitato alle operazioni di salvataggio e di primo soccorso ai sensi della normativa vigente, vigila, ai fini della sicurezza, sulle attività che si svolgono in vasca e negli spazi perimetrali intorno alla vasca. In ogni piscina con bagnanti è assicurata la presenza di assistenti bagnanti durante tutto l'orario di funzionamento della piscina, fatti salvi i casi previsti al comma 6.

6. I responsabili delle piscine classificate A/2 e B/1 possono derogare dall'obbligo della presenza di assistente bagnanti secondo le disposizioni previste dalle norme regolamentari di cui all'articolo 205.

7. L'addetto agli impianti tecnologici di cui al comma 4, lettera b) garantisce il corretto funzionamento degli impianti ai fini del rispetto dei requisiti igienico-sanitari e ambientali di cui all'Accordo Stato-Regioni 16 gennaio 2003.

 

     Art. 195. Requisiti strutturali.

1. I requisiti strutturali delle parti essenziali del complesso di cui all'articolo 187 comma 5, devono:

a) garantire che la potenzialità degli impianti di trattamento dell'acqua sia proporzionata al volume dell'acqua delle vasche e al carico inquinante dovuto all'utilizzazione delle stesse;

b) garantire che l'attività natatoria, nelle varie forme previste per le diverse categorie e gruppi di piscine e tipi di vasche, possa svolgersi nel rispetto delle esigenze di sicurezza e di sorveglianza degli utenti;

c) garantire che la fruizione da parte degli utenti e la pulizia ordinaria e straordinaria degli spogliatoi, delle docce e dei servizi igienici e di tutte le aree accessorie e di disimpegno possa avvenire in modo regolare e col minimo rischio per la sicurezza degli utenti;

d) garantire che la localizzazione e l'installazione degli impianti, nonché la loro gestione, siano tali da assicurare condizioni di sicurezza e di facile accessibilità;

e) garantire la fruibilità da parte dei portatori di handicap, secondo la normativa vigente.

 

     Art. 196. Documentazione.

1. Il responsabile della piscina tiene a disposizione della Azienda USL competente, incaricata dei controlli esterni, la seguente documentazione:

a) il documento di valutazione del rischio in cui è considerata ogni fase che potrebbe rivelarsi critica nella gestione dell'attività. Il documento tiene conto dei seguenti principi:

1) l'analisi dei potenziali pericoli igienico-sanitari per la piscina;

2) l'individuazione dei punti o delle fasi in cui possono verificarsi i pericoli di cui alla lettera a), numero 1) e la definizione delle relative misure preventive da adottare;

3) l'individuazione dei punti critici e definizione dei limiti degli stessi;

4) la definizione del sistema di monitoraggio;

5) l'individuazione delle azioni correttive;

6) le verifiche periodiche delle attività di gestione ed autocontrollo ed eventuali aggiornamenti, anche in relazione al variare delle condizioni iniziali, delle analisi dei rischi, dei punti critici, e delle procedure in materia di controllo e sorveglianza;

b) il registro dei requisiti tecnico-funzionali;

c) il registro dei controlli dell'acqua in vasca;

d) la documentazione relativa alla normativa antinfortunistica;

e) la documentazione relativa alla certificazione degli impianti;

f) la copia dei brevetti degli assistenti bagnanti;

g) l'attestazione di eventuali corsi di aggiornamento e formazione del personale operante presso l'impianto di balneazione.

2. La documentazione di cui al comma 1 è a disposizione della Azienda USL competente per un periodo di almeno due anni.

 

     Art. 197. Controlli.

1. I controlli per la verifica del corretto funzionamento del complesso sono distinti in controlli interni, eseguiti a cura del responsabile della piscina, e controlli esterni di competenza dell'Azienda USL.

2. Per le piscine di proprietà pubblica o privata destinate ad una utenza pubblica di cui alla categoria A dell'articolo 188, comma 3, sono fatti salvi i controlli delle commissioni comunali e provinciali di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo di cui al regolamento per l'esecuzione del Testo Unico delle leggi di Pubblica Sicurezza regio-decreto 6 maggio 1940, n. 635, come modificato dal decreto del Presidente della Repubblica 28 maggio 2001, n. 311.

 

     Art. 198. Controlli interni.

1. Il responsabile della piscina garantisce la corretta gestione sotto il profilo igienico-sanitario di tutti gli elementi funzionali del complesso che concorrono alla sicurezza della piscina.

2. I controlli interni sono eseguiti secondo le norme regolamentari di cui all'art. 205, lettera f), con attività di gestione e di auto-controllo indicate nella documentazione di cui all'articolo 196.

3. Il responsabile della piscina, qualora a seguito dei controlli interni riscontri valori dei parametri microbiologici e chimico-fisici non conformi ai valori stabiliti dall'Accordo Stato-Regioni 16 gennaio 2003 provvede al ripristino delle condizioni ottimali.

4. Il responsabile della piscina comunica alla Azienda USL competente per territorio la non conformità di cui al comma 3 non risanabile rapidamente; indica altresì i provvedimenti che intende adottare al fine del ripristino delle condizioni ottimali.

 

     Art. 199. Controlli esterni.

1. I controlli ed i relativi prelievi sono effettuati dalla Azienda USL competente, sulla base di appositi piani di controllo e di vigilanza e secondo modalità e frequenza che tengono conto della tipologia degli impianti esistenti all'interno degli specifici ambiti territoriali, con particolare riferimento ai punti critici evidenziati nel documento di valutazione del rischio di cui all'articolo 196, comma 1, lettera a) e di autocontrollo di cui all'articolo 198 predisposti dal responsabile dell'impianto.
2. L'Azienda USL competente qualora accerti la non conformità dell'impianto ai requisiti prescritti dall'Accordo Stato-Regioni 16 gennaio 2003, adotta i necessari provvedimenti finalizzati al ripristino della salubrità.

 

     Art. 200. Corsi di formazione ed aggiornamento.

1. La Regione, tramite le Aziende USL, dispone l'organizzazione di corsi di formazione ed aggiornamento, finalizzati all'acquisizione della necessaria conoscenza sanitaria in materia di igiene delle piscine, per i responsabili delle piscine, per gli assistenti bagnanti e per gli addetti agli impianti tecnologici. I corsi non sostituiscono quelli specifici di qualificazione professionale riconosciuti dalla normativa nazionale.

 

     Art. 201. Primo soccorso.

1. Le piscine sono dotate di un sistema organizzato di primo soccorso di facile accesso per lo svolgimento delle relative operazioni.

2. Le piscine appartenenti alla classe A/1, sono dotate di un locale adibito esclusivamente a primo soccorso.

3. Il locale di primo soccorso, di cui al comma 2, è dotato di idonei materiali ed attrezzature di primo soccorso utilizzati dall'assistente bagnanti di cui all'articolo 194, comma 4, lettera a), in attesa dell'intervento del personale dei servizi pubblici di emergenza. Il locale è dotato, altresì, di telefono fisso e al suo interno è esposto un elenco contenente i numeri telefonici del servizio sanitario di emergenza.

4. Le piscine appartenenti alle classi A/2 e B/1 sono dotate, in un locale di facile accesso, di telefono fisso e elenco contenente i numeri telefonici del servizio sanitario di emergenza.

 

     Art. 202. Regolamento interno.

1. Il responsabile della piscina adotta un regolamento interno per la disciplina del rapporto con gli utenti, in riferimento agli aspetti igienico-sanitari. In particolare il regolamento determina elementi comportamentali e di igiene personale che contribuiscono a mantenere idonee le condizioni nell'impianto natatorio, nonché il numero massimo di frequentatori e di bagnanti.

 

     Art. 203. Requisiti igienico-sanitari e ambientali.

1. Le piscine di cui all'articolo 187, comma 2, rispettano i requisiti igienico-sanitari e ambientali relativi alle caratteristiche delle acque utilizzate, alle sostanze da impiegare per il trattamento dell'acqua, ai punti di prelievo, ai requisiti termoigrometrici, di ventilazione, illuminotecnici e acustici stabiliti dalla tabella A all'allegato 1 dell'Accordo Stato-Regioni 16 gennaio 2003.

2. I requisiti igienico-sanitari relativi alle caratteristiche delle acque utilizzate, di cui all'allegato 1 e alla tabella A del citato Accordo Stato-Regioni, sono applicati anche alle piscine classificate B/2.

 

     Art. 204. Sanzioni amministrative.

1. I comuni esercitano le funzioni amministrative relativamente all'applicazione delle sanzioni per le violazioni delle norme di cui al presente Capo, sulla base dell'accertamento delle violazioni effettuato dalla Azienda USL competente.

2. La violazione del numero massimo di frequentatori e di bagnanti ammissibili di cui all'articolo 190 comporta la chiusura dell'attività balneare per un massimo di cinque giorni.

3. La violazione delle disposizioni sulle comunicazioni di cui agli articoli 192 ed 193 comporta l'applicazione della sanzione amministrativa da euro 500,00 a euro 2.400,00.

4. La violazione delle disposizioni sui compiti del responsabile della piscina di cui all'articolo 194, comma 2, lettere a) e d), e comma 4 comporta l'applicazione della sanzione amministrativa da euro 300,00 a euro 3.000,00.

5. La violazione dei requisiti strutturali di cui all'articolo 195 comporta l'applicazione della sanzione amministrativa da euro 300,00 a euro 3.000,00.

6. La violazione delle disposizioni di cui all'articolo 196 comporta l'applicazione della sanzione amministrativa da euro 800,00 a euro 4.000,00.

7. La violazione delle disposizioni di cui all'articolo 198 comporta l'applicazione della sanzione amministrativa da euro 800,00 a euro 4.500,00.

8. La violazione delle disposizioni di cui all'articolo 201 comporta l'applicazione della sanzione amministrativa da euro 500,00 a euro 3.500,00.

9. La violazione dei requisiti igienico-sanitari e ambientali, di cui all'articolo 203, comma 1, ove non venga provveduto tempestivamente al ripristino dei requisiti stessi, comporta l'applicazione della sanzione amministrativa da euro 500,00 a euro 5.000,00.

10. La recidiva delle violazioni di cui ai commi 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 9 comporta la chiusura dell'attività balneare fino al ripristino delle condizioni la cui violazione ha comportato l'applicazione delle sanzioni di cui al presente articolo.

 

     Art. 205. Norme regolamentari.

1. La Regione, al fine di assicurare le esigenze unitarie, stabilisce con norme regolamentari:

a) il numero massimo dei frequentatori e dei bagnanti di cui all'articolo 190;

b) le modalità di comunicazione di inizio delle attività alla Azienda USL competente di cui all'articolo 192;

c) le figure professionali dell'assistente bagnanti e dell'addetto agli impianti tecnologici di cui all'articolo 194, comma 4, nonché eventuali deroghe di cui allo stesso articolo 194, comma 6;

d) i requisiti strutturali di cui all'articolo 195;

e) le modalità ed i criteri per la tenuta della documentazione di cui all'articolo 196;

f) le modalità ed i criteri per i controlli interni di cui all'articolo 198;

g) le modalità ed i criteri per i controlli esterni delle ASL di cui all'articolo 199;

h) i materiali e le attrezzature di primo soccorso di cui all'articolo 201, comma 3;

i) le disposizioni tecniche da inserire nel regolamento interno di cui all'articolo 202.

 

Capo IV

Benessere animale, tutela degli animali di affezione, prevenzione e controllo del randagismo

 

     Art. 206. Oggetto e finalità.

1. La Regione, con il presente Capo, nell'esercizio delle proprie competenze ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione e in attuazione della legge 14 agosto 1991, n. 281 (Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo) nonché delle ulteriori disposizioni vigenti in materia:

a) promuove il benessere degli animali;

b) promuove e disciplina la tutela degli animali di affezione;

c) adotta i provvedimenti e le misure necessarie a contrastare il randagismo e favorire l'adozione, promuovendo in particolare il possesso responsabile degli animali di affezione e il controllo delle nascite;

d) promuove tutti gli interventi atti a superare la filosofia del ricovero permanente degli animali di affezione, favorendo azioni volte all'affidamento e all'adozione, nel rispetto delle disposizioni previste dal presente Capo.

2. La Regione riconosce agli animali da affezione lo status di essere senziente e come tale il diritto alla dignità e al rispetto delle proprie esigenze fisiologiche ed etologiche.

3. La Regione tutela le condizioni di vita degli animali d'affezione e promuove la corretta relazione uomo-animali-ambiente impostata sul rispetto di ogni essere vivente, al fine di garantire forme di convivenza rispettose del benessere degli animali e dell'uomo.

4. La Regione riconosce, promuove e valorizza il ruolo sociale degli animali di affezione nella vita della collettività e del singolo individuo. Favorisce, altresì, l'integrazione animale-uomo anche promuovendo, nel rispetto delle norme igieniche e di sicurezza, l'accesso degli animali di affezione ai luoghi pubblici o aperti al pubblico, ai mezzi di trasporto pubblici, alle strutture ricettive e sanitarie. La Giunta regionale stabilisce, con proprio atto, le misure di promozione dell'accesso.

5. La Regione promuove, inoltre, l'impiego degli animali di affezione per gli Interventi Assistiti con gli Animali (IAA) di cui all'articolo 213 e per il sostegno alla disabilità, tutelandone il rispetto e il benessere sia fisico che etologico.

 

     Art. 207. Definizioni.

1. Ai fini del presente Capo si intende per:

a) animale di affezione: ogni animale tenuto o destinato ad essere tenuto dall'uomo per compagnia senza fini produttivi o alimentari, compresi gli animali che svolgono attività utili all'uomo, come il cane per disabili, gli animali per gli IAA, per la riabilitazione e impiegati nella pubblicità. Gli animali selvatici in libertà non sono considerati animali di affezione;

b) cane o gatto vagante: cane o gatto segnalato libero nel territorio senza mezzi di contenzione;

c) cane abbandonato: cane vagante per il quale è possibile risalire al proprietario o al detentore;

d) cane randagio: cane vagante non identificato e comunque non riconducibile ad un proprietario o ad un detentore;

e) cane a rischio di aggressività: cane che, dopo valutazione comportamentale da parte del servizio veterinario delle aziende unità sanitarie locali, di seguito denominato servizio veterinario, eventualmente coadiuvato da un medico veterinario esperto in comportamento animale, viene dichiarato a rischio elevato per l'incolumità pubblica e degli altri animali;

f) proprietario: qualunque persona fisica o giuridica responsabile di un animale di affezione che, in tale qualità, ha provveduto a registrarlo all'anagrafe regionale degli animali di affezione di cui all'articolo 219 o che comunque lo detiene stabilmente;

g) detentore: qualunque persona fisica o giuridica che detiene temporaneamente, a qualsiasi titolo, anche su incarico del proprietario, un animale di affezione e ne assume la responsabilità per il relativo periodo;

h) gatto libero: gatto vagante nel territorio non riconducibile ad un proprietario o ad un detentore;

i) colonia felina: gruppo di almeno cinque gatti adulti, di entrambi i sessi, in età riproduttiva, che vive in libertà, legato stabilmente con un territorio e con l'uomo. La colonia felina è individuata in aree pubbliche o aperte al pubblico di centri abitati ed è accudita ed alimentata, al di fuori di una proprietà privata, da associazioni di volontariato per la protezione degli animali, di seguito denominate associazioni di volontariato, o da singoli cittadini, individuati quali responsabili della colonia stessa;

j) gattile sanitario: struttura sanitaria di ricovero temporaneo, ubicata all'interno dei canili sanitari e dei canili privati convenzionati adibiti a canile sanitario, dove sono somministrate cure ed è assicurata degenza o osservazione sanitaria a gatti liberi, appartenenti o non a colonie feline, recuperati per motivi sanitari, in attesa di essere reimmessi nel territorio o nel gruppo a cui appartengono;

k) oasi felina: struttura pubblica, gestita dai comuni singoli o associati direttamente o mediante convenzioni, o privata convenzionata con comuni singoli o associati, recintata, ad ingresso controllato, nella quale vengono ospitati i gatti che non possono essere immessi nel territorio per problematiche sanitarie e/o etologiche;

l) detenzione per finalità ludico sportive: detenzione, per finalità connesse alla cinofilia o all'attività venatoria, senza scopo di lucro, nella medesima struttura, di un numero di cani superiore a dieci, appartenenti a diversi proprietari;

m) canile sanitario: struttura sanitaria pubblica, gestita dai comuni singoli o associati direttamente o mediante convenzioni, provvista di ambulatorio per gli interventi sanitari ed adibita al ricovero temporaneo dei cani randagi catturati, ovvero dal momento della cattura fino ad un massimo di sessanta giorni e comunque fino alla sterilizzazione da parte del servizio veterinario;

n) canile rifugio: struttura pubblica, gestita da comuni singoli o associati direttamente o mediante convenzioni, adibita a ricovero dei cani randagi catturati che hanno superato il periodo di ricovero temporaneo di sessanta giorni presso il canile sanitario, comunque finalizzata all'adozione degli animali;

o) canile privato convenzionato: struttura privata convenzionata adibita a canile sanitario e/o a canile rifugio, destinata al ricovero di cani randagi catturati nel territorio comunale, che può ospitare anche cani e gatti di privati;

p) detenzione personale a scopo amatoriale con finalità non economiche: detenzione di uno o più animali di affezione a scopo amatoriale da parte di un unico proprietario o comunque di un nucleo familiare;

q) detenzione con finalità economiche: detenzione di animale di affezione finalizzata ad attività economica, quale:

1) allevamento di cani e di gatti, in numero pari o superiore a cinque fattrici o trenta cuccioli per anno;

2) negozi di vendita di animali;

3) pensioni per animali;

4) attività di toelettatura;

5) centri di addestramento.

 

     Art. 208. Competenze della Regione.

1. La Giunta regionale provvede, in particolare:

a) a stabilire i criteri per la costruzione, il risanamento e la corretta gestione dei canili sanitari e dei canili rifugio;

b) ad adottare il piano triennale degli interventi di prevenzione del randagismo degli animali di affezione di cui all'articolo 211;

c) ad approvare il programma annuale degli interventi, attuativo del piano di cui alla lettera b);

d) a garantire l'implementazione e lo sviluppo dell'anagrafe regionale informatizzata degli animali di affezione, nonché l'accesso alla stessa da parte dei comuni singoli o associati e dei soggetti competenti al controllo, ai sensi della normativa vigente;

e) a stabilire le tariffe minime per il mantenimento giornaliero dei cani nei canili di cui all'articolo 219-ter e dei gatti nelle oasi feline di cui all'articolo 219-quater, idonee a garantire le condizioni di benessere degli animali stessi;

f) ad emanare linee di indirizzo al servizio veterinario sui criteri per il rilascio ai veterinari liberi professionisti dell'autorizzazione all'iscrizione degli animali da affezione nell'anagrafe di cui alla lettera d);

g) a promuovere l'adozione degli animali ospitati nei canili rifugio e nei canili privati convenzionati adibiti a canile rifugio anche mediante convenzioni con l'Università degli Studi di Perugia e campagne di sensibilizzazione da realizzare in collaborazione con i comuni singoli o associati, con il servizio veterinario e con le associazioni di volontariato;

h) a stabilire i tassi di affidamento annuale che devono essere rispettati dai canili rifugio e dai canili privati convenzionati adibiti a canile rifugio secondo il criterio per cui i tassi medesimi devono essere inversamente proporzionali alle percentuali di affidamento delle singole strutture, calcolate sulla base dei dati dell'anno precedente;

i) a stabilire i criteri e le modalità per il riparto dei contributi, tra i comuni singoli o associati, per la realizzazione degli interventi di loro competenza;

j) a istituire un numero unico per le emergenze veterinarie e di pronto soccorso.

 

     Art. 209. Competenze dei comuni.

1. I comuni, singoli o associati, provvedono in particolare:

a) ad attuare piani di controllo delle nascite attraverso la sterilizzazione;

b) alla costruzione dei canili sanitari e dei canili rifugio e alla ristrutturazione di quelli esistenti, nel rispetto del piano di cui all'articolo 211;

c) all'individuazione, in assenza delle strutture di cui alla lettera b), di strutture di ricovero, pubbliche o private, preposte alla funzione di canile sanitario e di canile rifugio;

d) a gestire i canili sanitari, i canili rifugio e le oasi feline, direttamente o mediante convenzioni con le associazioni di volontariato di cui all'articolo 219-ter, comma 1, lettera a), o con soggetti privati che garantiscono la presenza, nella struttura, di volontari delle associazioni medesime preposti alla gestione delle adozioni e degli affidamenti dei cani e dei gatti;

e) a rispettare i tassi di affidamento, secondo quanto stabilito dalla Giunta regionale ai sensi dell'articolo 208, comma 1, lettera h), nella gestione diretta dei canili rifugio di cui alla lettera d);

f) a promuovere, organizzare e partecipare a campagne di sensibilizzazione per incentivare le adozioni dei cani ricoverati presso i canili rifugio e i canili privati convenzionati adibiti a canile rifugio, in collaborazione con la Regione, con il servizio veterinario e con le associazioni di volontariato;

g) ad eseguire, tramite il servizio veterinario, gli adempimenti di identificazione e registrazione dei cani randagi rinvenuti sul proprio territorio, ai sensi dell'articolo 219, comma 6;

h) a collocare presso un canile rifugio o un canile privato convenzionato adibito a canile rifugio i cani vaganti rinvenuti o catturati sul proprio territorio, ai sensi dell'articolo 219-bis, comma 1;

i) ad assicurare ricovero, custodia, identificazione, sterilizzazione, mantenimento e assistenza sanitaria dei gatti ospitati nelle oasi feline del proprio territorio;

j) a censire, d'intesa e in collaborazione con il servizio veterinario, le colonie feline e ad autorizzarne la gestione da parte di privati cittadini o di associazioni di volontariato che ne facciano richiesta, vigilando sul rispetto delle condizioni igienico-sanitarie degli animali e sul controllo delle nascite;

k) a garantire la raccolta e lo smaltimento delle carcasse degli animali, non identificati o comunque non riconducibili ad un proprietario o ad un detentore, deceduti sul territorio di competenza, anche attraverso la stipula di convenzioni con soggetti autorizzati.

2. Nella gestione dei canili rifugio mediante le convenzioni di cui al comma 1, lettera d), i Comuni devono adottare idonee misure affinché vengano rispettati i tassi di affidamento, secondo quanto stabilito dalla Giunta regionale ai sensi dell'articolo 208, comma 1, lettera h, individuando il mancato rispetto dei tassi medesimi come inadempienze alle convenzioni stipulate, anche prevedendo l'eventuale risoluzione delle stesse.

3. Per incentivare l'adozione dei cani ospitati nei canili rifugio e dei gatti ospitati nelle oasi feline i Comuni, anche con le risorse messe a disposizione dalla Regione, prevedono la corresponsione di agevolazioni a rimborso di spese medico-veterinarie o alimentari eventualmente sostenute. Al di fuori di tali modalità non possono essere elargiti incentivi di natura economica o in denaro per promuovere l'adozione medesima. La Giunta regionale, con proprio atto, provvede a disciplinare quanto previsto dal presente comma.

 

     Art. 210. Competenze delle aziende unità sanitarie locali.

1. Le aziende unità sanitarie locali provvedono, in particolare:

a) all'inserimento di apposito microchip in ogni animale di affezione di cui all'articolo 219 e all'iscrizione dell'animale stesso all'anagrafe regionale di cui al medesimo articolo 219;

b) all'aggiornamento dell'anagrafe regionale informatizzata degli animali d'affezione di cui alla lettera a);

c) alla cattura di cani vaganti;

d) all'affidamento temporaneo dei cani randagi catturati, ai sensi dell'articolo 219-bis, comma 3, nonché all'osservazione, profilassi e assistenza sanitaria dei cani in affidamento temporaneo ai sensi dello stesso articolo 219-bis, comma 4;

e) ai controlli pre e post affido eseguiti a campione anche attraverso la collaborazione con le associazioni di volontariato ai sensi dell'articolo 219-bis, comma 11, nonché al controllo, alla profilassi e all'assistenza sanitaria sugli animali custoditi nei canili sanitari e nei canili privati convenzionati adibiti a canile sanitario;

f) alla identificazione e sterilizzazione dei cani randagi catturati sul territorio, nonché all'identificazione, sterilizzazione e cura dei gatti appartenenti alle colonie feline;

g) a partecipare ad iniziative di informazione e promozione sulle materie di cui al presente Capo, anche in collaborazione con la Regione, i comuni singoli o associati e le associazioni di volontariato;

h) a collaborare con i comuni singoli o associati nel censimento delle colonie feline, anche attraverso il coinvolgimento delle associazioni di volontariato;

i) alla soppressione dei cani randagi e dei gatti, qualora ricorrano le condizioni di cui all'articolo 216;

j) all'esame ed alla valutazione dei cani morsicatori o a rischio di aggressività;

k) al servizio di reperibilità e pronto soccorso veterinario per animali di affezione feriti o incidentati, anche in convenzione con l'Università degli Studi di Perugia;

l) all'erogazione delle prestazioni di primo e di secondo livello di cui all'articolo 219-quinquies;

m) alla collaborazione nella redazione e nell'attuazione del Piano e del programma di cui all'articolo 211;

m-bis) all'irrogazione delle sanzioni amministrative di cui all'articolo 219-septies.

2. Le funzioni e le attività di cui al presente articolo sono svolte da apposita unità organizzativa delle aziende unità sanitarie locali.

 

     Art. 211. Piano degli interventi di prevenzione del randagismo degli animali di affezione e programma annuale.

1. La Giunta regionale, sentite le aziende unità sanitarie locali, adotta il piano degli interventi di prevenzione del randagismo degli animali di affezione, di seguito denominato piano.

2. Il piano stabilisce, in particolare:

a) i criteri per gli interventi di costruzione, risanamento e corretta gestione dei canili sanitari e dei canili rifugio;

b) le iniziative di informazione, sensibilizzazione ed educazione, da svolgere anche in ambito scolastico, al fine di promuovere una maggiore consapevolezza del rapporto fra uomo, animali e ambiente;

c) i corsi di aggiornamento sul benessere degli animali rivolti ai medici veterinari, al personale di vigilanza delle aziende unità sanitarie locali e alle guardie zoofile;

d) la determinazione delle tariffe per le prestazioni previste dal presente Capo.

3. Il piano è approvato dall'Assemblea legislativa ed ha validità triennale.

4. La Giunta regionale, in attuazione del piano, entro il 30 aprile di ogni anno adotta il programma annuale degli interventi di prevenzione del randagismo degli animali di affezione, di seguito denominato programma, elaborato in collaborazione con le aziende unità sanitarie locali, sentiti gli Ordini Provinciali dei Medici Veterinari e le associazioni di volontariato iscritte all'Elenco di cui all'articolo 212.

 

     Art. 212. Elenco delle associazioni di volontariato per la protezione degli animali.

1. Presso la struttura regionale competente in materia di Sanità veterinaria è istituto l'Elenco delle associazioni di volontariato per la protezione degli animali, di seguito denominato elenco.

2. La struttura di cui al comma 1 è preposta alla tenuta dell'elenco, nel quale possono essere inserite, su apposita richiesta, tutte le associazioni di volontariato, ferma restando la possibilità di iscrizione al registro regionale delle organizzazioni di volontariato di cui all'articolo 371.

3. Con apposito atto della Giunta regionale sono disciplinate le modalità di tenuta dell'elenco nonché i criteri per l'inserimento nello stesso delle associazioni di volontariato di cui al comma 1.

 

     Art. 213. Interventi Assistiti con gli Animali - IAA.

1. La Regione, nel rispetto della normativa e delle disposizioni vigenti, promuove la conoscenza e l'utilizzo degli Interventi Assistiti con gli Animali (IAA), a valenza terapeutica, riabilitativa, educativa e ludico-ricreativa, nei seguenti ambiti di intervento: Terapia Assistita con gli Animali (TAA), Educazione Assistita con gli Animali (EAA) e Attività Assistita con gli Animali (AAA).

2. La Giunta regionale, con proprio atto, provvede ad attuare quanto previsto al comma 1.

 

     Art. 214. Responsabilità e doveri del proprietario e del detentore.

1. Chiunque sia proprietario o detentore di un animale di affezione è responsabile della sua salute e del suo benessere e deve provvedere alla sua idonea sistemazione, fornendogli adeguate cure e attenzioni, tenuto conto dei bisogni fisiologici ed etologici con riguardo alla specie, alla razza, all'età e al sesso.

2. Il proprietario e il detentore, fermi restando i divieti previsti dalla normativa vigente in materia, non possono:

a) detenere animali che non si possono adattare alla cattività;

b) detenere animali in numero o in condizioni tali da causare problemi di natura igienica o sanitaria ovvero da recare pregiudizio al benessere degli animali stessi;

c) usare animali come premio o regalo per giochi, feste, sagre, lotterie, sottoscrizioni o altre attività;

d) organizzare spettacoli, gare e rappresentazioni pubbliche o private che comportano maltrattamenti per gli animali;

e) utilizzare animali nella pratica dell'accattonaggio;

f) utilizzare animali di età inferiore a quattro mesi nelle mostre, nelle fiere espositive e nelle altre manifestazioni espositive;

g) esporre gli animali nei negozi a fini di vendita;

h) vendere o cedere cani non identificati e registrati, nonché cani di età inferiore ai sessanta giorni, fatti salvi i casi in cui i cuccioli devono essere allontanati dalla madre per motivi sanitari certificati da un medico veterinario del servizio veterinario o da un medico veterinario libero-professionista autorizzato ad accedere all'anagrafe regionale informatizzata degli animali di affezione;

i) utilizzare a scopo di sperimentazione gli animali di affezione che vivono in libertà o abbandonati;

j) selezionare, incrociare e addestrare cani per esaltarne l'aggressività;

k) abbandonare gli animali di affezione e lasciare gli stessi all'interno di un'abitazione senza alcuna vigilanza o forma di custodia e accudimento giornaliero adeguato a garantirne il benessere psico-fisico;

l) lasciare gli animali di affezione liberi o incustoditi.

3. Il proprietario e il detentore, ai fini della riproduzione di un animale di affezione, devono tenere conto delle caratteristiche fisiologiche e comportamentali del proprio animale tutelandone la salute e il benessere.

4. Il proprietario e il detentore devono denunciare le cucciolate al servizio veterinario entro venti giorni dall'evento, anche al fine di consentire il monitoraggio del successivo collocamento delle stesse.

 

Capo V

 

     Art. 215. Furto, smarrimento e ritrovamento di animali di affezione.

1. Il proprietario o il detentore dell'animale di affezione, ferme le disposizioni di cui all'articolo 219, comma 7, deve comunicare, entro tre giorni, l'eventuale furto o smarrimento dell'animale al servizio veterinario. La comunicazione deve specificare i dati del proprietario o del detentore, i dati identificativi dell'animale, il luogo e il giorno della scomparsa e qualsiasi altro elemento utile al ritrovamento dell'animale stesso. In caso di furto, alla comunicazione deve essere altresì allegata copia della relativa denuncia presentata all'autorità competente.

2. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 189, comma 9-bis, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), chiunque trovi un animale ferito o lo ferisca involontariamente è tenuto a prestargli soccorso o a provvedere affinché gli venga prestato soccorso.

3. Chiunque rinvenga uno o più cani vaganti sul territorio regionale è tenuto a comunicarne la presenza immediatamente al comune o al servizio veterinario, fornendo le indicazioni necessarie al prelevamento. Il servizio veterinario provvede alla cattura dei cani vaganti rinvenuti.

 

     Art. 216. Soppressione eutanasica.

1. La soppressione degli animali di affezione deve essere effettuata da medici veterinari esclusivamente con metodi incruenti che non arrechino sofferenza all'animale, preceduta da analgesia ed anestesia profonda, su animali affetti da una malattia inguaribile senza possibilità di miglioramento con alcuna terapia chirurgica o farmacologia. Lo stato di sofferenza dell'animale deve essere documentato da indagini cliniche complete di certificazione medico veterinaria. Tale documentazione, corredata da dichiarazione di avvenuta soppressione, deve essere conservata dal proprietario o dal detentore e dal medico veterinario per almeno due anni dalla data della soppressione. Il medico veterinario deve comunque evitare ogni forma di accanimento terapeutico.

2. La soppressione eutanasica deve essere riportata nel registro degli animali soppressi, tenuto dal servizio veterinario, con l'indicazione della diagnosi e del motivo della soppressione.

3. Qualora la soppressione eutanasica è effettuata da medici veterinari liberi professionisti, gli stessi sono tenuti a trasmettere copia della documentazione di cui al comma 1 al servizio veterinario.

4. Fermo quanto previsto dalle disposizioni penali vigenti, è vietata la soppressione volontaria di animali d'affezione sani o affetti da malattie curabili di cui si è proprietari o detentori.

 

     Art. 217. Trasporto di animali di affezione.

1. Il trasporto degli animali, fermo restando il rispetto delle disposizioni normative vigenti, deve avvenire in modo adeguato alla specie e deve essere evitata ogni condizione che possa esporre i soggetti trasportati a lesioni o sofferenze. I mezzi di trasporto devono avere caratteristiche tali da proteggere gli animali da intemperie o lesioni e consentire altresì l'ispezione e la cura degli stessi. La ventilazione e la cubatura d'aria devono essere adeguate alle condizioni di trasporto ed alle specie animali trasportate.

2. È consentito il trasporto di animali d'affezione sui mezzi di trasporto pubblici all'interno di idonei trasportini. I cani senza trasportino devono essere condotti al guinzaglio e con la museruola al seguito.

 

     Art. 218. Detenzione degli animali di affezione.

1. Nel caso di detenzione personale a scopo amatoriale con finalità non economiche, i cani che vivono in civili abitazioni non devono essere confinati permanentemente in locali o terrazze, né mantenuti in condizioni d'isolamento. Ai cani deve essere garantito adeguato movimento giornaliero.

2. Le strutture adibite alla detenzione dei cani per finalità ludico sportive devono essere costruite tenendo conto delle caratteristiche e dei bisogni dell'animale e sottoposte alle autorizzazioni ai sensi della normativa vigente. I recinti e i box devono essere confortevoli e mantenuti in buone condizioni igienico-sanitarie.

3. Le strutture adibite alla detenzione degli animali di affezione per finalità economiche devono essere costruite tenendo conto delle caratteristiche etologiche specie specifiche e dei bisogni dell'animale e sottoposte alle autorizzazioni ai sensi della normativa vigente. I recinti e i box devono essere mantenuti in buone condizioni igienico-sanitarie. La detenzione in gabbie deve essere limitata e legata a particolari esigenze eccezionali.

4. La Giunta regionale, con proprio atto, per la detenzione degli animali di affezione, stabilisce i requisiti dei recinti, dei box e delle gabbie e le modalità di detenzione degli animali ivi ospitati.

5. È vietata la detenzione dei cani alla catena.

 

     Art. 219. Identificazione e registrazione all'anagrafe regionale degli animali di affezione.

1. Il proprietario di un cane è tenuto a registrarlo all'anagrafe regionale informatizzata, collocata nel Sistema Informativo Veterinario ed Alimenti (SIVA) e connessa con l'Anagrafe nazionale, entro sessanta giorni di vita dell'animale o entro dieci giorni dal possesso nel caso di animale non registrato. In ogni caso è obbligatoria la registrazione prima della cessione, effettuata a qualunque titolo.

2. Il cane è identificato mediante inserimento sottocutaneo nella regione del collo, dietro il padiglione auricolare sinistro, di un microchip conforme alle norme ISO.

3. L'applicazione del microchip deve essere effettuata esclusivamente dal servizio veterinario o da medici veterinari liberi professionisti, anche non operanti presso una struttura veterinaria, autorizzati ad accedere all'anagrafe di cui al comma 1, secondo le modalità stabilite dalla Giunta regionale, con proprio atto. Con il medesimo atto sono inoltre stabilite le modalità per l'attuazione delle altre disposizioni previste dal presente articolo.

4. I veterinari che provvedono all'applicazione del microchip devono contestualmente effettuare la registrazione del cane identificato, nell'anagrafe regionale. Il certificato di iscrizione deve accompagnare il cane in tutti i trasferimenti di proprietà.
5. I medici veterinari di cui al comma 3 devono in ogni caso verificare la presenza del microchip identificativo del cane. Nel caso di mancanza o di illeggibilità dello stesso, il proprietario o il detentore devono essere informati degli obblighi di legge e il medico veterinario libero professionista autorizzato ne deve dare comunicazione al servizio veterinario. L'omessa comunicazione al servizio veterinario comporta la revoca dell'autorizzazione di cui al comma 3.

6. I comuni, nel caso di cani randagi rinvenuti sul proprio territorio, provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo tramite il servizio veterinario.

7. Il proprietario o il detentore del cane registrato all'anagrafe regionale deve comunicare al servizio veterinario:

a) lo smarrimento del cane, nei termini e con le modalità di cui all'articolo 215, comma 1;

b) il furto del cane, nei termini e con le modalità di cui all'articolo 215, comma 1;

c) la cessione del cane a titolo oneroso o gratuito, comunicando contestualmente le generalità e l'indirizzo del nuovo proprietario, entro dieci giorni;

d) la morte del cane, entro dieci giorni;

e) la variazione di residenza, entro dieci giorni.

8. Il proprietario di gatti può provvedere, secondo quanto previsto al comma 3, alla identificazione degli stessi, mediante inoculazione sottocutanea di un microchip conforme alle norme ISO e contestuale registrazione all'anagrafe regionale.

9. L'identificazione e iscrizione nell'anagrafe regionale di un gatto, ai sensi dell'Accordo del 24 gennaio 2013 tra il Governo, le regioni e le Province Autonomedi Trento e Bolzano, le Province, i Comuni e le Comunità montane in materia di identificazione e registrazione degli animali da affezione, è obbligatoria nel caso di vendita o cessione dell'animale.

10. Il servizio veterinario o il medico veterinario libero professionista autorizzato, effettuati gli adempimenti di cui al presente articolo, rilascia al proprietario il documento di identità dell'animale, conforme alle indicazioni per il modello di identificazione e registrazione del cane e del gatto ai sensi dell'Accordo di cui al comma 9, che attesta anche l'avvenuta iscrizione all'anagrafe regionale e gli interventi di profilassi e sanità veterinaria.

11. Salvo quanto previsto all'articolo 219-quinquies, comma 5, al proprietario del cane o del gatto è addebitato il costo dell'apposizione del microchip. Le persone disabili sono esonerate da tale costo in caso di microchippatura di cani effettuata presso il servizio veterinario.

12 I cani non possono essere intestati a soggetti che non hanno compiuto il diciottesimo anno di età o a persone che abbiano riportato condanne definitive per i reati di cui al Libro II, Titolo IX bis e di cui all'articolo 727 del codice penale.

13. I comuni devono dotare la propria polizia locale di almeno un dispositivo di lettura di microchip conforme alle norme ISO, al fine dell'effettuazione dei controlli di prevenzione del randagismo.

 

     Art. 219 bis. Controllo del randagismo, affidamento e adozione.

1. Il Sindaco è responsabile dei cani vaganti rinvenuti o catturati sul territorio del comune e, dopo il periodo di osservazione nel canile sanitario ovvero qualora non ricorrano le condizioni di cui al comma 2, ha l'obbligo di collocarli presso un canile rifugio o un canile privato convenzionato adibito a canile rifugio. La collocazione presso il canile privato convenzionato può avvenire solo qualora non sia presente un canile rifugio ovvero non sia possibile il ricovero presso quest'ultimo. Il Sindaco è altresì responsabile delle colonie feline di cui all'articolo 219-quater.

2. Fermi i casi di maltrattamento o abbandono previsti dal codice penale, i cani vaganti catturati, laddove identificati, devono essere restituiti al proprietario o al detentore. Le spese di cattura e di custodia sono, in ogni caso, a carico di questi ultimi.

3. I cani randagi catturati sono identificati ai sensi dell'articolo 219 e introdotti nei canili sanitari dove sono effettuate la profilassi e l'assistenza sanitarie. Il servizio veterinario, in alternativa all'immissione nei canili sanitari e previa motivazione, può disporre, in particolare se si tratta di cuccioli, l'affidamento temporaneo del cane stesso al soggetto che lo ha rinvenuto, a privati cittadini che ne facciano richiesta o ad un'associazione di volontariato di protezione animali iscritta nel registro di cui all'articolo 371. Gli affidatari devono garantirne adeguata sistemazione e buon trattamento.

4. Il servizio veterinario provvede all'osservazione, alla profilassi e all'assistenza sanitaria dell'animale affidato temporaneamente, presso il canile sanitario dove l'affidatario si deve impegnare a portarlo, previo accordo con il servizio veterinario, o presso la struttura dell'associazione di volontariato.

5. Qualora i cani randagi di cui al comma 3 non siano reclamati entro il termine di sessanta giorni dalla cattura o dal rinvenimento, e venga accertato il buon trattamento, l'affidamento temporaneo diventa definitivo.

6. I cani vengono sterilizzati prima dell'adozione, quale affidamento definitivo, o del loro trasferimento nei canili rifugio o nei canili privati convenzionati adibiti a canile rifugio, ad esclusione dei cuccioli che devono essere obbligatoriamente sterilizzati in età idonea, anche successivamente all'affidamento.

7. Fermo quanto previsto dalla normativa statale vigente, i cani, ivi compresi quelli vaganti, randagi e quelli ospitati presso i canili di cui all'articolo 219-ter, e i gatti, ivi compresi quelli vaganti, liberi, di colonia e quelli ospitati presso le oasi feline, non possono essere destinati alla sperimentazione, né soppressi salvo quanto previsto dall'articolo 216.

8. Al fine di favorire e promuovere l'adozione di cani, i canili rifugio e i canili privati convenzionati adibiti a canile rifugio devono consentire l'accesso alle associazioni di volontariato, secondo procedure concordate tra i Comuni, i gestori dei canili e le associazioni medesime, e devono prevedere giornalmente regolari orari di apertura al pubblico delle strutture non inferiori alle due ore al giorno, per consentire un agevole accesso ai soggetti interessati.

9. Allo scopo di garantire il benessere dei cani, sia in caso di affidamento che di adozione di norma non possono essere consegnati più di due animali nel periodo temporale di un anno per ciascun richiedente. Tale limite non si applica nel caso di associazioni di volontariato iscritte nel Registro di cui all'articolo 371.

10. Il richiedente, sia ai fini dell'affidamento che dell'adozione, deve possedere la maggiore età, garantire il buon trattamento dell'animale ed inoltre deve sottoscrivere apposita richiesta di affidamento o adozione contenente, tra l'altro, l'impegno ad acconsentire al controllo, da parte del servizio veterinario, sull'animale affidato. Il richiedente inoltre, sia nel caso di privati che di associazioni di volontariato, deve essere l'affidatario effettivo dell'animale. Di norma non sono ammesse deleghe, neanche per il tramite delle associazioni di volontariato medesime. Le deleghe non sono comunque consentite se non viene garantita da parte del richiedente la tracciabilità dell'animale affidato.

11. Il servizio veterinario, anche in collaborazione con le associazioni di volontariato, sia in caso di affidamento che di adozione, provvede ad effettuare i necessari controlli pre e post affido, eseguiti a campione, sull'animale affidato o adottato.

12. È vietato l'affidamento o l'adozione di cani, gatti e altri animali d'affezione a chi ha riportato condanne definitive per maltrattamento, uccisione di animali o provvedimento di sequestro e/o confisca di animali da parte dell'autorità competente.

 

     Art. 219 ter. Canili.

1. L'accoglienza dei cani, ai fini della lotta al randagismo, si effettua nelle seguenti strutture, che devono essere sottoposte alle autorizzazioni ai sensi della normativa vigente e devono garantire il mantenimento nel tempo dei requisiti previsti e degli standard di benessere animale:

a) canili sanitari e canili rifugio, gestiti dai comuni singoli o associati direttamente o mediante la stipula di apposite convenzioni con le associazioni di volontariato iscritte al Registro di cui all'art. 371 o con i soggetti privati di cui all'articolo 209, comma 1, lettera d);

b) canili privati convenzionati con comuni singoli o associati.

2. I canili di cui al comma 1 devono essere in possesso dei seguenti requisiti:

a) idonea distanza da abitazioni e centri abitati;

b) approvvigionamento idrico;

c) scarichi conformi alla normativa vigente;

d) ricoveri individuali o per più animali, costituiti almeno da una zona riparata, facilmente lavabile e disinfettabile;

d bis) un ambulatorio o medicheria;

e) un locale adibito allo stoccaggio e alla preparazione dei mangimi, nonché spogliatoi, docce e servizi igienici per il personale adibito alla cura degli animali, nel rispetto della normativa vigente in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro;

f) apertura al pubblico per le adozioni secondo quanto previsto dall'articolo 219-bis, comma 8.

3. I canili sanitari ed i canili privati convenzionati adibiti a canile sanitario devono inoltre possedere i seguenti locali:

a) un ambulatorio per primi interventi di pronto soccorso e per la profilassi sanitaria;

b) un locale per l'isolamento ed il controllo di eventuali malattie infettive;

c) un reparto riservato esclusivamente alla custodia dei cani soggetti ad osservazione sanitaria;

d) un reparto adibito esclusivamente ai cani in custodia temporanea;

e) un reparto riservato esclusivamente alla custodia dei cuccioli e delle femmine in allattamento.

4. I canili rifugio e i canili privati convenzionati adibiti a canile rifugio devono garantire la quotidiana assistenza di un medico veterinario libero professionista in qualità di direttore sanitario e, all'occorrenza, di un medico veterinario esperto in medicina comportamentale.

5. Il controllo, la profilassi e l'assistenza sanitaria nei canili sanitari e nei canili privati convenzionati adibiti a canile sanitario sono assicurati dal servizio veterinario.

6. I canili sanitari e i canili privati convenzionati adibiti a canile sanitario devono essere, fisicamente e funzionalmente, separati dalle altre strutture dove vengono detenuti i cani.

7. Nei canili rifugio e nei canili privati convenzionati adibiti a canile rifugio possono essere tenuti in custodia, a pagamento, animali di affezione di privati.

8. Le strutture di cui al comma 1 devono registrare su supporto informatico, gli ingressi, le uscite e i decessi degli animali attraverso l'utilizzo del SIVA.

9. La Giunta regionale, con proprio atto, stabilisce i requisiti strutturali, tecnici e gestionali delle strutture di cui al comma 1, nonché le modalità e i tempi di adeguamento per quelle non in possesso dei requisiti medesimi.

 

     Art. 219 quater. Colonie e oasi feline.

1. La Regione promuove la tutela dei gatti che vivono in libertà favorendone il mantenimento nel loro habitat naturale. Il servizio veterinario può provvedere al ricovero temporaneo dei gatti solamente per motivi di cura, anche a seguito di intervento di soccorso o di recupero per malattie debilitanti o per decorso post-operatorio.

2. Il comune tutela i gatti presenti sul territorio di propria competenza e, previo parere del servizio veterinario, ne dispone il trasferimento in luoghi ritenuti più idonei e di maggior garanzia in termini di sopravvivenza e benessere.

3. Il comune, in collaborazione con il servizio veterinario, provvede a censire le colonie feline.

4. I gatti della colonia felina sono identificati, sterilizzati e curati dal servizio veterinario che, salvo quanto previsto al comma 6 ovvero salva la necessità di ricoverarli nei gattili sanitari per i motivi di cui al comma 1, li ricolloca nel territorio o nel gruppo cui appartengono.

5. I soggetti privati e le associazioni di volontariato iscritte all'elenco di cui all'articolo 212 possono gestire a proprie spese le colonie feline, previo accordo con il comune e con il servizio veterinario, al fine di curare la salute e le condizioni di benessere dei gatti.

6. Il comune, d'intesa con il servizio veterinario, può disporre l'allontanamento dei gatti dalla colonia felina ove si renda necessario per la loro tutela o per gravi motivazioni sanitarie, trasferendoli nelle oasi feline o individuando altra idonea collocazione.

7. Le oasi feline, gestite dai comuni singoli o associati direttamente o mediante convenzioni con le associazioni di volontariato iscritte al Registro di cui all'articolo 371 o con i soggetti privati di cui all'articolo 209, comma 1, lettera d), devono essere adeguate alle esigenze etologiche e fisiologiche dei gatti ospitati e devono consentire, al fine di agevolare e promuovere le adozioni, l'ingresso al pubblico e il libero accesso alle associazioni di volontariato secondo procedure concordate tra i Comuni, i gestori delle oasi e le associazioni medesime. Nelle oasi feline sono assicurati ricovero, custodia, identificazione, sterilizzazione, mantenimento e assistenza sanitaria dei gatti ospitati.

 

     Art. 219 quater bis. Convenzioni con le associazioni di volontariato protezionistiche.

1. Le convenzioni con le associazioni di volontariato di protezione animali di cui all'articolo 219-ter, comma 1, lettera a) e 219-quater, comma 7, sono predisposte nel rispetto del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 (Codice del Terzo Settore, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106) e delle linee guida emanate, al riguardo, dall'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC).

 

     Art. 219 quinquies. Medicina veterinaria.

1. Gli interventi di medicina veterinaria erogati agli animali di affezione consistono in prestazioni di primo livello e di secondo livello.

2. Le prestazioni di primo livello, erogate dal servizio veterinario o da medici veterinari liberi professionisti consistono, in particolare, nei seguenti interventi:

a) inoculazione del microchip e iscrizione nell'anagrafe regionale;

b) profilassi vaccinale;

c) profilassi e cura di endo ed ectoparassitosi;

d) profilassi e cura di malattie zoonotiche;

e) prevenzione e controllo delle nascite attraverso la sterilizzazione;

f) interventi clinici e chirurgici di base e di primo soccorso.

3. Le prestazioni di secondo livello consistono in interventi complessi, anche urgenti, e sono erogate, previa stipulazione di protocollo d'intesa con la Regione, dall'Ospedale Veterinario Universitario Didattico dell'Università degli Studi di Perugia o da strutture private autorizzate per lo svolgimento di tali attività.

4. Il servizio veterinario organizza servizi di pronto intervento, notturno e festivo, per garantire l'erogazione delle prestazioni veterinarie nei confronti di cani e gatti vaganti. Le spese per le prestazioni erogate a cani o gatti riconducibili ad un proprietario o ad un detentore sono, in ogni caso, a carico di questi ultimi.

5. La Regione assicura l'erogazione di prestazioni veterinarie gratuite, compresa la microchippatura e la sterilizzazione, ai cani e ai gatti di proprietà di soggetti in situazione di svantaggio economico e di persone disabili, e ai cani e gatti impiegati negli IAA. La Giunta regionale, con proprio atto, provvede a disciplinare quanto previsto dal presente comma.

6. Nell'ambito di ciascuna azienda unità sanitaria locale deve essere sempre assicurata la presenza di un canile sanitario dotato di un ambulatorio veterinario in grado di erogare le prestazioni di primo livello di cui al comma 2.

 

     Art. 219 sexies. Cani morsicatori e a rischio di aggressività.

1. Fermo quanto stabilito dagli articoli 86 e 87 del decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954, n. 320 (Regolamento di polizia veterinaria), a seguito di morsicatura o aggressione il servizio veterinario attiva un percorso mirato all'accertamento delle condizioni psicofisiche dell'animale e della corretta gestione da parte del proprietario.

2. I medici veterinari liberi professionisti informano i proprietari di cani in merito alla disponibilità di percorsi formativi e, nell'interesse della salute pubblica, segnalano al servizio veterinario la presenza, tra i loro assistiti, di cani che richiedono una valutazione comportamentale, in quanto impegnativi per la corretta gestione ai fini della tutela dell'incolumità pubblica.

3. Il servizio veterinario in caso di rilevazione di rischio elevato per l'incolumità pubblica e degli altri animali, stabilisce le misure di prevenzione e la necessità di una valutazione comportamentale e di un eventuale trattamento da parte di medici veterinari esperti in comportamento animale con spese a carico del proprietario.

4. Il servizio veterinario tiene un registro aggiornato dei cani valutati a rischio di aggressività ai sensi del comma 3.

5. I proprietari dei cani inseriti nel registro di cui al comma 4 devono stipulare una polizza di assicurazione di responsabilità civile per danni contro terzi causati dal proprio cane, ed inoltre devono applicare agli stessi guinzaglio e museruola quando si trovano in aree urbane e nei luoghi aperti al pubblico.

6. Qualora, al termine del trattamento comportamentale, il servizio veterinario accerti l'incapacità di gestione del cane da parte del proprietario, il comune provvede al sequestro ed alla confisca del cane.

7. Il proprietario può rinunciare alla custodia del cane valutato a rischio elevato. Lo stesso deve sostenere le spese di mantenimento e del trattamento comportamentale, fino all'eventuale cambiamento di proprietà.

8. Qualora un cane venga valutato come irrecuperabile, lo stesso può essere mantenuto, a spese del proprietario, presso un'associazione iscritta all'elenco di cui all'articolo 212 ovvero ceduto all'associazione medesima.

 

     Art. 219 septies. Sanzioni.

1. Fatte salve le ipotesi di responsabilità penale, ai contravventori del presente Capo, si applicano le seguenti sanzioni:

a) da euro 150,00 a euro 900,00 per chi viola le disposizioni di cui agli articoli 214, comma 2, lettere a), b), c), e), f), g), h) e l) e 4 e 218, comma 5 e all'articolo 214, comma 4, per le cucciolate;

b) da euro 3.000,00 a euro 18.000,00 per chi viola le disposizioni di cui agli articoli 214, comma 2, lettere i) e j), e 219-bis, comma 7;

c) da euro 25,00 a euro 150,00 per ogni animale, per chi viola le disposizioni di cui all'articolo 217, commi 1 e 2;

d) da euro 50,00 a euro 300,00 per chi viola le disposizioni di cui agli articoli 216, commi 1, 2 e 3 e 219, comma 7;

e) da euro 100,00 a euro 600,00 per chi viola le disposizioni di cui all'articolo 219, comma 1 e 219-sexies, comma 5;

f) da euro 250,00 a euro 1.300,00 per chi viola le disposizioni di cui agli articoli 218, commi 2 e 3 e 219-ter, comma 1;

g) da euro 1.000,00 a euro 6.000,00 per chi viola le disposizioni di cui all'articolo 216, comma 4.

1-bis. All'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal comma 1 provvede l'azienda unità sanitaria locale nel cui territorio sono state rilevate le violazioni, con le modalità di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale).

2. I proventi delle sanzioni amministrative di cui al presente articolo sono acquisiti al bilancio regionale con vincolo di destinazione per gli interventi previsti nel presente Capo.

 

Capo VI

Divieto di detenzione e utilizzazione di esche avvelenate

 

     Art. 220. Disposizioni generali.

1. È fatto divieto, ai fini della tutela della salute umana, dell'igiene pubblica e dell'ambiente, fatte salve le disposizioni di cui alla legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), di preparare, detenere, utilizzare ed abbandonare esche o bocconi avvelenati contenenti sostanze velenose o nocive.

2. Il divieto si applica a qualsiasi sostanza ingeribile preparata idonea a causare intossicazioni, lesioni o comunque sofferenze all'animale che la ingerisce, ad esclusione delle attività di derattizzazione di cui all'articolo 221.

 

     Art. 221. Derattizzazione.

1. Le attività di derattizzazione possono essere praticate esclusivamente con prodotti a ciò specificamente destinati ed utilizzati tal quali, nel rispetto comunque delle prescrizioni fornite dal produttore.

2. Le attività di derattizzazione riguardanti locali, fabbricati, abitazioni, depositi, opifici e cantieri di lavoro, sono subordinate a comunicazione al Comune e all'Azienda USL da parte dei proprietari o degli altri aventi diritto almeno 15 giorni prima. Nella comunicazione devono essere indicate durata del trattamento, sostanze o principi attivi utilizzati nonché le aree interessate.

3. Al di fuori dei luoghi di cui al comma 2, previo parere dell'Azienda USL, il Comune può autorizzare eventuali interventi di derattizzazione indicando nell'atto di autorizzazione la durata del trattamento e la sostanza da utilizzare. Le aree interessate da tali attività sono segnalate con apposita tabellazione contenente l'indicazione della presenza del ratticida e gli elementi identificativi del responsabile del trattamento.

4. I Comuni sono tenuti alla costituzione e alla custodia di un registro dei trattamenti di derattizzazione in corso sul territorio comunale, sia da parte di enti pubblici che di privati. I soggetti responsabili dei trattamenti comunicano preventivamente al Comune i tempi del trattamento e il principio attivo utilizzato, usando la scheda apposita.

 

     Art. 222. Sanzioni amministrative.

1. Fatta salva l'applicazione delle diverse sanzioni previste dalla normativa vigente, chiunque violi le disposizioni di cui agli articoli 220 e 221 è soggetto ad una sanzione amministrativa da euro 103,00 ad euro 620,00. Si applicano nei confronti degli autori della violazione il sequestro e la confisca previsti dagli articoli 13, 18 e 20 della legge 689/1981.

2. In caso di violazione delle disposizioni di cui all'articolo 220 da parte di soggetti titolari di autorizzazioni, licenze o concessioni regionali o provinciali inerenti attività faunistiche, agro-silvo-pastorali o di raccolta di prodotti spontanei del bosco, è prevista la sanzione accessoria della sospensione per un anno dell'autorizzazione, delle stesse; la reiterazione degli atti vietati dall'articolo 220 dà luogo alla revoca dell'autorizzazione, del tesserino, della licenza o della concessione. Le sanzioni accessorie previste al presente articolo sono obbligatorie.

3. Qualora il responsabile delle violazioni delle disposizioni di cui all'art. 220 rivesta la qualifica di guardia giurata volontaria di cui all'articolo 35 della legge regionale 17 maggio 1994, n. 14, (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio) o di guardia ecologica volontaria di cui all'art. 7 della legge regionale 22 febbraio 1994, n. 4, (Istituzione del Servizio volontario di vigilanza ecologica), la sanzione amministrativa pecuniaria viene raddoppiata ed è prevista la revoca definitiva del decreto o della nomina di guardia particolare giurata o di guardia volontaria.

3-bis. I proventi delle sanzioni amministrative di cui ai commi 1 e 3 sono acquisiti al bilancio regionale con vincolo di destinazione per gli interventi previsti nel presente Capo.

 

     Art. 223. Applicazione delle sanzioni amministrative.

1. All'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie provvede il comune nel cui territorio sono avvenute le violazioni, con le modalità di cui alla legge 689/1981.

2. Al fine dell'applicazione delle sanzioni accessorie di cui all'articolo 222, commi 2 e 3, il comune trasmette copia dell'ordinanza-ingiunzione all'ente o all'autorità che ha rilasciato l'autorizzazione, il tesserino, la licenza, la concessione o che ha emanato l'atto di nomina, entro sessanta giorni dalla data di scadenza del termine per proporre opposizione all'ordinanza-ingiunzione o, se questa è proposta, dal passaggio in giudicato della sentenza che decide sull'opposizione stessa. L'ente o l'autorità provvedono, nei successivi sessanta giorni, alla sospensione o alla revoca dei relativi provvedimenti.

 

     Art. 224. Compiti del Sindaco e bonifica delle aree.

1. Il sindaco, a seguito di accertamenti di violazioni del divieto di cui all'articolo 220 effettuati dagli organi di vigilanza competenti, ovvero sulla base delle denunce o delle segnalazioni degli interessati o dei medici veterinari, ai sensi dell'articolo 225 dà immediate disposizioni per l'apertura di un'indagine da effettuare in collaborazione con le altre Autorità competenti adottando, se necessario, i primi provvedimenti urgenti finalizzati alla prevenzione dell'avvelenamento di ulteriori animali e alla tutela della salute pubblica e dell'ambiente, ai sensi dell'art. 50 del D.Lgs. 267/2000.

2. Il sindaco provvede, altresì, ad attivare, qualora i risultati delle analisi eseguite dai laboratori dell'Istituto zooprofilattico sperimentale per l'Umbria e le Marche o da altri istituti competenti, confermino la violazione di cui all'art. 220, in collaborazione con l'Azienda Unità Sanitaria Locale territorialmente competente, tutte le iniziative necessarie alla bonifica dell'area interessata.

3. Il sindaco, entro 48 ore dall'accertamento della violazione dell'art. 220, provvede, in particolare, ad individuare le modalità di bonifica del terreno e del luogo interessato dall'avvelenamento, a delimitare l'area perimetrale o dei punti di accesso prevedendone la segnalazione con apposita cartellonistica, nonché ad intensificare i controlli da parte delle Autorità preposte. A tali attività, sotto il coordinamento della polizia comunale, possono collaborare le guardie giurate volontarie di cui all'articolo 35 della legge regionale 14/1994, le guardie ecologiche volontarie di cui all'art. 7 della legge regionale 4/1994, nonché i proprietari o conduttori dei fondi interessati.

4. Le attività di bonifica e di delimitazione delle aree o degli accessi non devono comunque comportare l'interruzione delle attività faunistiche, agro-silvo-pastorali e di raccolta dei prodotti spontanei del bosco.

 

     Art. 225. Compiti del medico veterinario.

1. Il medico veterinario che, sulla base di una sintomatologia conclamata, emette diagnosi di sospetto avvelenamento di un esemplare di specie animale domestica o selvatica, ne dà immediata comunicazione al sindaco e al servizio veterinario territorialmente competente.

2. Il medico veterinario, nei casi di cui al comma 1, o direttamente o tramite l'Azienda USL, dovrà altresì inviare l'animale o qualsiasi campione utile per l'identificazione dell'eventuale veleno, alla struttura indicata all'articolo 226, secondo le modalità in questo stabilite.

3. L'inosservanza degli obblighi di cui alla presente disposizione comporta l'applicazione di una sanzione amministrativa da euro 100,00 a euro 600,00. In caso di recidiva il Comune invia gli atti all'Ordine dei Medici Veterinari competente per l'accertamento di eventuali illeciti disciplinari.

 

     Art. 226. Analisi di laboratorio.

1. La Giunta regionale, per le finalità di cui al presente capo, assicura l'attivazione dei laboratori dell'Istituto zooprofilattico sperimentale per l'Umbria e le Marche in grado di esaminare i campioni tissutali e di contenuto gastrico degli animali uccisi o eventuali parti di esche con possibilità di ricerca almeno dei seguenti veleni:

a) Stricnina;

b) Fosfuro di zinco;

c) Organofosforici-carbammati;

d) Metaldeide;

e) Anticoagulanti;

f) Arsenico;

g) Cloralosio;

h) Crimidina;

i) Cianuri;

j) Erbicidi triazinici;

k) Clorati;

l) Paraquat;

m) DNOC;

n) Imidaclopride.

2. Le modalità di accesso a tale servizio da parte dei medici veterinari e delle Aziende Unità Sanitarie Locali, le modalità e i termini delle analisi, gli obblighi di comunicazione, alle Aziende Unità Sanitarie Locali ed al Sindaco, la copertura delle spese, comprese quelle di spedizione, nonché le caratteristiche delle schede di cui all'art. 221, comma 4 e all'art. 225, comma 1, sono individuate dalla Giunta regionale con proprio atto.

 

     Art. 227. Competenze dei Comuni.

1. I Comuni mettono in atto tutte le misure necessarie a prevenire e contrastare il fenomeno degli avvelenamenti di animali, nel rispetto di quanto stabilito dalla Giunta regionale con l'atto di cui all'articolo 228, comma 1, lettera a).

 

     Art. 228. Competenze della Regione.

1. Per le finalità di cui all'articolo 220 la Giunta regionale con proprio atto:

a) stabilisce le misure per prevenire e monitorare il fenomeno degli avvelenamenti di animali, indicando compiti e responsabilità, nonché coordinando i flussi informativi;

b) aggiorna ogni due anni la lista dei prodotti velenosi che a causa del loro uso oltre che per la finalità loro propria, anche per la preparazione di esche o bocconi avvelenati, devono essere sottoposti a regime controllato mediante utilizzazione di appositi registri.

 

Titolo XVII

Norme in materia di assistenza farmaceutica

Capo I

Corretto uso del farmaco ed assistenza farmaceutica

 

     Art. 229. Finalità.

1. Il presente capo disciplina l'esercizio delle funzioni da parte delle Aziende sanitarie regionali - e della Regione in materia di assistenza farmaceutica e vigilanza sulle farmacie ai fini del corretto uso del farmaco, nei limiti dei principi fissati dalle vigenti leggi statali e con riferimento alle norme sull'organizzazione del Servizio sanitario regionale di cui al presente Testo unico.

2. Con il presente capo inoltre, la Regione dà attuazione agli adempimenti previsti negli articoli 28, 29, 30, 31 e 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, così come integrati decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219 [Attuazione della direttiva 2001/83/CE (e successive direttive di modifica) relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonché della direttiva 2003/94/CE].

 

     Art. 230. Protocolli, elenchi e repertori farmaceutici per il corretto uso del farmaco.

1. Le Aziende sanitarie regionali allo scopo di assicurare l'uso corretto dei farmaci, curano la diffusione nelle proprie strutture e tra i medici dipendenti e convenzionati, di protocolli e repertori farmacoterapeutici, che siano predisposti dall'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA).

2. Le Aziende sanitarie regionali per l'impiego dei farmaci e del restante materiale sanitario nei presidi ospedalieri ed ambulatoriali a diretta gestione, adottano elenchi e repertori terapeutici predisposti ed aggiornati periodicamente sulla base del prontuario farmaceutico nazionale.

3. È in ogni caso garantito il diritto del medico curante alla piena responsabilità della condotta terapeutica.

 

     Art. 231. Informazioni sui farmaci e vigilanza sulla pubblicità.

1. Le Aziende sanitarie regionali curano l'informazione scientifica degli operatori e la educazione sanitaria della popolazione nell'ambito dei programmi e con le modalità previste dall'art. 31, quinto comma della L. 833/1978 e dal decreto legislativo 219/2006.

2. A tale scopo la Giunta predispone appositi programmi che costituiscono parte del Piano formativo di cui alla legge regionale 21 ottobre 1981, n. 69 (Norme sul sistema formativo regionale), nei quali sono comprese le iniziative di qualificazione degli operatori nonché quelle di aggiornamento professionale dei medici, da espletarsi sulla base degli accordi collettivi nazionali stipulati ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. 502/1992.

3. In attuazione delle normative emanate in materia dal Ministero della salute e dall'AIFA, la Giunta regionale detta disposizioni per la vigilanza sulle attività di informazione svolte dalle imprese farmaceutiche.

 

Capo II

Sulle modalità per l'erogazione dell'assistenza farmaceutica

 

     Art. 232. Diritto all'assistenza e livelli delle prestazioni.

1. I cittadini iscritti negli elenchi degli assistibili formati presso le Aziende USL, hanno diritto ad usufruire dell'assistenza farmaceutica in forma diretta, secondo i livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e senza limitazioni territoriali all'interno della Regione.

2. L'assistenza farmaceutica è erogata nei limiti e secondo le indicazioni fissate dal prontuario farmaceutico nazionale. Salvi gli oneri previsti dalle disposizioni statali e regionali in materia di compartecipazione, l'assistenza è erogata esclusivamente in forma diretta.

 

     Art. 233. Farmaci non inclusi nel prontuario farmaceutico.

1. Il Servizio sanitario regionale non può corrispondere alcun rimborso per farmaci non inclusi nel Prontuario farmaceutico nazionale o non erogabili presso i presidi delle Aziende sanitarie regionali.

 

     Art. 234. Erogazione dell'assistenza da parte delle farmacie.

1. Le Aziende USL erogano l'assistenza farmaceutica per mezzo delle farmacie pubbliche e private convenzionate con le modalità stabilite negli accordi collettivi nazionali stipulati ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. 502/1992.

2. I rapporti conseguenti sono regolati nelle forme previste dai citati accordi.

3. Le Aziende USL esercitano la vigilanza sulla corretta applicazione della convenzione attraverso la struttura competente, individuata ai sensi dell'articolo 236.

 

     Art. 235. Impiego dei farmaci nelle strutture delle Aziende sanitarie regionali.

1. L'assistenza farmaceutica è garantita inoltre mediante l'impiego diretto dei farmaci nei presidi ospedalieri ed ambulatoriali delle Aziende sanitarie regionali, ai sensi dell'art. 28 della L. 833/1978.

2. Impieghi diretti dei farmaci possono essere previsti anche relativamente a terapie di lunga durata e a programmi farmacoterapeutici inclusi nei progetti del Piano sanitario regionale.

 

Capo III

Organizzazione del servizio farmaceutico

 

     Art. 236. Organizzazione del servizio farmaceutico.

1. Ciascuna Azienda sanitaria regionale istituisce un servizio cui viene attribuita la responsabilità organizzativa delle attività concernenti l'assistenza farmaceutica che, inoltre, limitatamente alle Aziende USL, effettua la vigilanza sulle farmacie e sulla corretta applicazione dell'accordo nazionale unico per l'assistenza farmaceutica stipulato ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. 502/1992.

2. A tale servizio viene preposto un farmacista dipendente di livello apicale o di livello immediatamente inferiore.

3. Lo stesso servizio predispone gli ordinativi per l'acquisto dei farmaci da parte dell'Azienda sanitaria regionale.

4. La conservazione dei farmaci nell'ambito dei reparti di ricovero e cura è affidata al personale infermieristico a ciò abilitato ai sensi della vigente legislazione statale sotto la vigilanza del direttore della farmacia interna.

5. Ugualmente si procederà, di norma, negli altri presidi, ferme restando le responsabilità del farmacista o, in mancanza, del medico responsabile del presidio.

 

     Art. 237. Norme per le sostanze stupefacenti.

1. All'emissione degli ordinativi per procedere all'acquisto degli stupefacenti e delle altre sostanze ad azione psicotropa, nelle forme di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), provvede il direttore della farmacia interna di ogni singolo presidio sanitario; per i presidi sprovvisti di farmacia interna provvede il direttore di farmacia di altro presidio della stessa Azienda sanitaria regionale individuato dal Direttore generale.

2. Le funzioni relative alla vigilanza sugli acquisti degli stupefacenti e delle sostanze psicotrope sono di competenza del responsabile del servizio di cui all'art. 236.

 

     Art. 238. Controlli di qualità.

1. La Regione promuove intese per mettere a disposizione dell'Istituto superiore di sanità i servizi competenti delle Aziende sanitarie per l'esecuzione di controlli di qualità sui farmaci, sui prodotti galenici e sul restante materiale sanitario, che siano distribuiti presso le farmacie pubbliche e private convenzionate, o che siano impiegati nei presidi a diretta gestione.

 

Capo IV

Norme inerenti le farmacie

 

     Art. 239. Norme inerenti le farmacie.

1. I comuni, sentiti le aziende unità sanitarie locali e l'Ordine provinciale dei farmacisti competente per territorio, identificano le zone nelle quali collocare le nuove farmacie.

2. Ferme restando le disposizioni di cui al comma 1, sono di competenza dei comuni, nel rispetto della normativa vigente, le funzioni amministrative in materia di:

a) revisione o conferma delle zone esistenti;

b) trasferimento delle farmacie;

c) decentramento delle farmacie;

d) istituzione dei dispensari farmaceutici di cui all'articolo 1 della legge 8 marzo 1968, n. 221 (Provvidenze a favore dei farmacisti rurali) come modificato dalla legge 8 novembre 1991, n. 362.

3. I comuni trasmettono alla Regione i provvedimenti concernenti le funzioni di cui ai commi 1 e 2.

 

     Art. 240. Concorsi per le farmacie private.

1. Il conferimento delle sedi farmaceutiche vacanti o di nuova istituzione che risultino disponibili per l'esercizio privato ha luogo mediante concorso regionale da espletarsi nei tempi e con le modalità previsti dalla normativa vigente.

 

     Art. 241. Apertura e chiusura delle farmacie e dispensari farmaceutici.

1. L'autorizzazione all'apertura e all'esercizio delle farmacie nonché l'apertura dei dispensari farmaceutici sono disposte dall'Azienda USL competente per territorio con l'osservanza delle disposizioni vigenti.

2. Compete ugualmente alle Aziende USL il provvedimento di chiusura temporanea delle farmacie, nonché quello di decadenza dell'autorizzazione all'esercizio farmaceutico nei casi previsti dalle leggi vigenti.

2-bis. L'azienda unità sanitaria locale competente per territorio è individuata, ai sensi dell'articolo 112-quater, comma 3, del D.Lgs. 219/2006, quale autorità competente al rilascio delle autorizzazioni a fornire medicinali a distanza al pubblico, alle farmacie e agli esercizi commerciali di cui all'articolo 5, comma 1, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.

 

     Art. 242. Orari di servizio e turni.

1. Le Aziende USL con riferimento al territorio complessivo delle medesime, stabiliscono i turni per il regolare esercizio delle farmacie. A tale scopo la Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare adotta un provvedimento che disciplina le modalità di apertura, di chiusura, le festività e le ferie annuali delle farmacie aperte al pubblico.

 

     Art. 243. Vigilanza.

1. Le funzioni ispettive, di vigilanza e di controllo sul servizio farmaceutico sono esercitate dalle Aziende USL.

2. La commissione per le ispezioni ordinarie e straordinarie alle farmacie, di cui all'art. 127 del R.D. 27 luglio 1934, n. 1265 (Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie), è composta da:

a) un farmacista dipendente dell'Azienda USL;

b) un medico con rapporto di lavoro a tempo pieno, dipendente dell'Azienda USL;

c) un farmacista prescelto in una terna fornita dall'Ordine dei farmacisti della Provincia in cui ha sede l'Azienda USL.

3. Svolge le funzioni di segretario un collaboratore amministrativo o un assistente amministrativo, dipendente dell'Azienda USL.

4. La commissione è nominata dal Direttore generale dell'Azienda USL, che individua anche il componente incaricato di svolgere le funzioni di Presidente, e dura in carica per 3 anni. Per ogni membro e per il segretario sono nominati i relativi supplenti con gli stessi criteri di nomina dei componenti effettivi.

5. Copia del verbale delle ispezioni effettuate dalla medesima commissione è tempestivamente trasmessa alla struttura competente individuata ai sensi dell'articolo 236 che ha l'obbligo di proporre al Direttore generale o al Sindaco, secondo le specifiche competenze, l'adozione dei provvedimenti necessari ad assicurare il corretto esercizio del servizio farmaceutico.

 

     Art. 244. Provvidenze per le farmacie rurali.

1. I provvedimenti relativi alla corresponsione delle indennità dovute ai titolari di farmacie rurali e ai gestori di dispensari farmaceutici, secondo la vigente normativa, statale e regionale, nonché quelli relativi alle determinazioni dell'indennità di avviamento e dell'importo del rilievo degli arredi, provviste e dotazioni di cui all'art. 110 del R.D. 1265/1934, sono adottati dalla Azienda USL territorialmente competente.

1-bis. In caso di trasferimento di titolarità di farmacia in data successiva alla scadenza del termine per la presentazione delle istanze per la corresponsione dell'indennità di residenza, fissato al 31 marzo di ogni anno dispari, il nuovo titolare della farmacia potrà presentare l'istanza a proprio favore entro sessanta giorni dall'autorizzazione all'apertura della farmacia. L'indennità verrà corrisposta in maniera proporzionale al periodo di effettiva titolarità.

1-ter. In caso di apertura di una nuova farmacia avvenuta in data successiva al 31 marzo di ogni anno dispari, il titolare può presentare l'istanza entro il 31 marzo dell'anno successivo, fermo restando che l'erogazione dell'indennità sarà limitata a tale anno.

 

     Art. 245. Interventi a favore delle farmacie rurali particolarmente disagiate.

1. Le Aziende USL erogano una indennità annua lorda per disagiato servizio ai titolari e direttori responsabili di farmacie rurali, ubicate in comuni o frazioni o centri abitati con popolazione inferiore ai 5000 abitanti, il cui volume d'affari dell'anno precedente, risultante dalle distinte contabili riepilogative mensili di cui al D.P.R. 8 luglio 1998, n. 371 (Regolamento recante norme concernenti l'accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con le farmacie pubbliche e private), non superi l'importo complessivo di euro 154.937,00.

2. L'indennità annua lorda per disagiato servizio di cui al comma 1 è erogata nella seguente misura:

a) euro 6.000,00 annui lordi per i titolari e direttori responsabili di farmacie rurali con volume d'affari, risultante dalle distinte contabili riepilogative dell'anno precedente, compreso fino a 105.000,00 euro;

b) euro 4.000,00 annue lorde per i titolari e direttori responsabili di farmacie rurali con volume d'affari, risultante dalle distinte contabili riepilogative dell'anno precedente, compreso tra 105.000,01 e 130.000,00;

c) euro 2.000,00 annue lorde per i titolari e direttori responsabili di farmacie rurali con volume di affari, risultante dalle distinte contabili riepilogative dell'anno precedente, compreso tra 130.000,01 e 155.000,00.

3. Le indennità di cui al comma 2 sono concesse ferme restando le provvidenze previste dalla legge 8 marzo 1968, n. 221 e dalla legge 5 marzo 1973, n. 40 (Norme interpretative dell'articolo 2 della legge 8 marzo 1968, n. 221, recante provvedimenti a favore dei farmacisti rurali).

4. Gli aspiranti alle indennità previste dal comma 2 devono presentare all'Azienda USL competente per territorio, entro il 30 giugno di ciascun anno, apposita domanda corredata da una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà e dalla copia del documento di riconoscimento in corso di validità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 (Disposizioni legislative in materia di documentazione amministrativa Testo A) attestante la residenza del titolare e del direttore responsabile della farmacia rurale. La consistenza della popolazione residente nel comune, frazione e centro abitato in cui è ubicata la farmacia, al 31 dicembre dell'anno precedente, viene richiesta d'ufficio al comune interessato.

5. Le indennità di cui al comma 2 sono erogate dalle Aziende USL nel cui territorio sono ubicate le farmacie rurali interessate, entro il 30 settembre di ciascun anno, previa verifica delle distinte contabili riepilogative pagate alle stesse farmacie nell'anno precedente. Le indennità sono corrisposte unicamente ai titolari e direttori responsabili di farmacie rurali che siano risultate aperte al pubblico per l'intero anno solare cui il volume di affari si riferisce e sono rivalutate annualmente in base al tasso d'inflazione programmato dal Governo.

 

     Art. 246. Regolamento dei rapporti finanziari.

1. I rapporti tra le Aziende USL e le farmacie convenzionate, pubbliche e private, sono regolati nelle forme e con le modalità previste dall'accordo nazionale unico di cui all'art. 8, comma 2 del D.Lgs. 502/1992.

2. Le Aziende USL della Regione assicurano il servizio di verifica contabile delle distinte secondo le norme della convenzione unica nazionale, e di controllo contabile e tecnico delle ricette mediche.

3. L'Azienda USL può svolgere il servizio di cui al comma 2 attraverso i propri uffici oppure tramite convenzione con un'altra Azienda USL che sia dotata delle strutture necessarie per l'effettuazione di tali servizi.

 

Titolo XVIII

Contributi a favore dei mutilati ed invalidi di guerra e categorie assimilate per cure climatiche, soggiorni terapeutici e cure termali

Capo I

Contributi a favore dei mutilati ed invalidi di guerra e categorie assimilate per cure climatiche, soggiorni terapeutici e cure termali

 

     Art. 247. Contributi a favore dei mutilati ed invalidi di guerra e categorie assimilate per cure climatiche, soggiorni terapeutici e cure termali.

1. La Regione eroga contributi a favore di mutilati, invalidi di guerra e categorie assimilate finalizzati a favorire la fruizione delle seguenti prestazioni sanitarie:

a) cure climatiche;

b) soggiorni terapeutici;

c) cure termali.

 

     Art. 248. Definizioni.

1. Per cure climatiche si intendono quelle per le quali il clima rappresenta un fattore terapeutico atto a prevenire la riacutizzazione o le complicanze dell'infermità, nonché le patologie ad essa connesse, in base alla quale è stata riconosciuta l'invalidità.

2. Per soggiorni terapeutici si intendono quelli che hanno finalità convalescenziale, in località marine, montane, lacustri e collinari, al fine di consolidare i risultati ottenuti con recenti ricoveri o prolungate cure ambulatoriali, ovvero di prevenire aggravamenti di dette infermità cronicizzati e suscettibili di complicanze per le condizioni climatiche sfavorevoli della località di abituale dimora.

3. Per cure termali si intendono quelle che utilizzano acque termali e loro derivati, aventi riconosciuta efficacia terapeutica, per la tutela globale della salute nella fase di prevenzione, terapia e riabilitazione delle patologie per il cui trattamento è assicurata l'erogazione delle cure stesse, a carico del Servizio sanitario nazionale.

 

     Art. 249. Prestazioni.

1. Le cure climatiche sono concesse su apposita prescrizione di un medico del Servizio sanitario nazionale.

2. I soggiorni terapeutici sono prescritti nell'àmbito di progetti curativi e riabilitativi redatti dalla Azienda U.S.L. competente, che provvede ad attestare l'idoneità delle modalità e delle strutture individuate per il soggiorno stesso.

3. Le cure climatiche e i soggiorni terapeutici sono concessi in regime di assistenza indiretta e per un periodo massimo di ventuno giorni per anno.

4. Le cure termali sono erogate con le modalità previste dall'articolo 36 della legge 833/1978.

 

     Art. 250. Beneficiari.

1. Sono ammessi ai benefici previsti dalla presente legge:

a) i mutilati ed invalidi di guerra, di cui agli articoli 2 e 3 del D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915 (Testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra) e successive modificazioni ed integrazioni e al D.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834 (Definitivo riordinamento delle pensioni di guerra, in attuazione della delega prevista dall'art. 1 della legge 23 settembre 1981, n. 533);

b) coloro che sono in possesso di pensione ascrivibile ad una categoria compresa fra la prima, con o senza assegni di superinvalidità, e l'ottava, di cui alla tabella A allegata al D.P.R. 915/1978;

c) i mutilati e invalidi per cause di guerra, di cui agli articoli 8 e 9 del D.P.R. n. 915/1978 ed al D.P.R. n. 834/1981;

d) coloro che sono in possesso del verbale di visita della Commissione medica di pensione di guerra, in attesa del decreto di concessione della pensione, dal quale risulti l'attribuzione di una categoria fra quelle indicate alla lettera b) e dal quale risulti che l'infermità è dipendente da causa di servizio o di guerra;

e) i mutilati ed invalidi per servizio, di cui alla legge 26 gennaio 1980, n. 9 (Adeguamento delle pensioni dei mutilati ed invalidi per servizio alla nuova normativa prevista per le pensioni di guerra dalla L. 29 novembre 1977, numero 875, e dal D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915);

f) i mutilati ed invalidi per servizio ordinario in possesso di pensione privilegiata ascrivibile ad una categoria compresa fra la prima, con o senza assegni di superinvalidità, e l'ottava, di cui alla tabella A allegata al D.P.R. 915/1978, alla quale si fa riferimento anche per gli invalidi per servizio;

g) coloro che, in attesa di ottenere il decreto di concessione della pensione, sono in possesso del verbale della Commissione medico-ospedaliera che ha riconosciuto la dipendenza da causa di servizio di ferite, lesioni od infermità, attribuendo una delle categorie di pensione di cui alla tabella A allegata al D.P.R. 915/1978;

h) coloro ai quali è stato riconosciuto l'equo indennizzo per infermità contratta in servizio ascrivibile ad una delle categorie di cui alla tabella A allegata al D.P.R. 915/1978;

i) gli ex deportati politici nei campi di sterminio nazisti che, ai sensi dell'articolo 1 della legge 18 novembre 1980, n. 791 (Istituzione di un assegno vitalizio a favore degli ex deportati nei campi di sterminio nazista K.Z.), sono equiparati agli invalidi di guerra.

 

     Art. 251. Contributi per cure climatiche e soggiorni terapeutici.

1. Agli invalidi ammessi alle cure climatiche ed ai soggiorni terapeutici è concesso, da parte delle Aziende USL, per un periodo non superiore a quello stabilito al comma 3 dell'articolo 249, un contributo giornaliero, comprensivo delle spese di viaggio, di euro 30,99 per ogni giorno di effettiva permanenza nella località di cura.

 

     Art. 252. Contributi per cure termali.

1. Agli invalidi ammessi alle cure termali è concesso da parte delle Aziende USL un contributo, comprensivo delle spese di viaggio e residenza, riferito ad un solo ciclo di cure termali per la durata massima di quindici giorni, nella misura di euro 30,99 al giorno.

 

     Art. 253. Contributi di accompagnamento.

1. Agli invalidi ammessi alle cure climatiche, ai soggiorni terapeutici ed alle cure termali, di cui agli articoli 251 e 252, per i quali risulta comprovata la assoluta incapacità di provvedere alle normali esigenze della vita quotidiana, è concesso un contributo di accompagnamento nella misura di euro 30,99 al giorno.

 

     Art. 254. Provvedimenti di attuazione.

1. La Giunta regionale, con norme regolamentari disciplina le ulteriori modalità ed i termini per la erogazione dei contributi previsti dal presente Capo.

2. La Regione adegua ogni due anni l'importo giornaliero di cui al comma 1, in base agli indici ISTAT.

 

Titolo XIX

Tutela della salute psicofisica della persona sul luogo di lavoro e prevenzione e contrasto dei fenomeni di mobbing

Capo I

Tutela della salute psicofisica della persona sul luogo di lavoro e prevenzione e contrasto dei fenomeni di mobbing

 

     Art. 255. Finalità.

1. La Regione Umbria, in attuazione degli articoli 1, 2, 3, 4, 32 e 41 della Costituzione italiana, nel rispetto della normativa statale vigente e dell'ordinamento comunitario, tenuto conto di quanto disposto dall'articolo 28, comma 1 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123), in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, al fine di tutelare l'integrità psico-fisica della persona sul luogo di lavoro, promuove azioni ed iniziative volte a prevenire e contrastare l'insorgenza e la diffusione di fenomeni di molestie morali, persecuzioni e violenze psicologiche sui luoghi di lavoro, di seguito denominate mobbing ed inquadrabili nel contesto dei cosiddetti rischi psico-sociali, che sono causa di stress lavoro correlato.

 

     Art. 256. Compiti della Regione.

1. Per le finalità di cui all'articolo 255 la Regione promuove, in collaborazione con le parti sociali interessate, con l'Osservatorio regionale sul mobbing di cui all'articolo 261 e con le Aziende USL locali, azioni di prevenzione, formazione, informazione, ricerca ed assistenza medico-legale e psicologica.

 

     Art. 257. Azioni di formazione.

1. La Regione promuove corsi di formazione professionale sul fenomeno mobbing, rivolti, in particolare, ai seguenti soggetti:

a) operatori dei Servizi di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro (Servizio PSAL) e dei Centri di salute mentale;

b) operatori dell'Ispettorato del lavoro;

c) operatori degli Istituti di previdenza;

d) operatori delle associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro;

e) operatori degli sportelli anti-mobbing di cui all'articolo 260;

f) responsabili della gestione del personale nel settore pubblico e privato.

 

     Art. 258. Azioni di informazione e ricerca.

1. La Regione promuove:

a) l'elaborazione e diffusione di studi e ricerche sul mobbing, anche attraverso l'Osservatorio regionale sul mobbing di cui all'articolo 261 e l'Agenzia umbra ricerche (AUR);

b) la realizzazione di strumenti permanenti di documentazione e informazione;

c) l'attivazione di corsi post-laurea nelle materie oggetto del presente Capo.

 

     Art. 259. Azioni di assistenza medico-legale e psicologica.

1. La Regione concede incentivi alla realizzazione di supporti e terapie psicologiche di sostegno e riabilitazione per il lavoratore vittima del mobbing ed i suoi familiari, secondo criteri e modalità da stabiliti con proprio atto dalla Giunta regionale.

 

     Art. 260. Sportelli anti-mobbing.

1. La Regione promuove l'istituzione presso le Aziende USL di appositi sportelli anti-mobbing, funzionalmente collegati ai Servizi PSAL con il compito di:

a) fornire una prima consulenza in ordine ai diritti del lavoratore;

b) orientare il lavoratore presso gli uffici della Azienda USL;

c) segnalare, con il consenso del lavoratore, i casi di presunto mobbing al Servizio PSAL;

d) svolgere funzioni di mediazione nei conflitti interpersonali da cui sono scaturite o possono scaturire azioni di mobbing cosiddetto emozionale. Nella sua attività, lo sportello anti-mobbing viene supportato da uno psicologo del Servizio PSA.

 

     Art. 261. Osservatorio regionale sul mobbing.

1. È istituito l'Osservatorio regionale sul mobbing con sede presso l'Assessorato competente in materia di lavoro.

2. La partecipazione all'Osservatorio è a titolo gratuito. L'Osservatorio è composto da:

a) l'assessore regionale alle politiche attive del lavoro, o suo delegato, che lo presiede;

a bis) i responsabili dei Servizi PSAL delle Aziende USL;

b) un membro designato dal Comitato regionale di coordinamento per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro di cui all'articolo 7 del D.Lgs. 81/2008;

c) il dirigente regionale del Servizio competente della Direzione Salute e Coesione sociale, o suo delegato;

d) un rappresentante designato dalla direzione regionale del lavoro;

e) un rappresentante designato congiuntamente dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori presenti nella Commissione tripartita ex art. 6 del decreto legislativo 23 Dicembre 1997, n. 469 (Conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro, a norma dell'articolo 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59);

f) un rappresentante designato congiuntamente dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro presenti nella commissione tripartita di cui alla lett. e);

g) la consigliera regionale di parità;

h) un sociologo e uno psicologo individuati dalla Direzione regionale Salute e Coesione sociale, a cura del direttore della stessa;

i) un avvocato esperto di diritto del lavoro, da individuare nell'ambito dell'Ufficio legale della Regione.

3. L'Osservatorio è costituito con decreto del Presidente della Giunta regionale e il suo funzionamento è disciplinato da apposito regolamento interno. Le funzioni di segreteria sono svolte dalla struttura dell'assessorato competente in materia di lavoro.

4. L'Osservatorio svolge i seguenti compiti:

a) formula proposte alla Giunta regionale in ordine alle azioni e interventi di cui al presente Capo;

b) svolge attività di consulenza nei confronti degli organi regionali, nonché degli enti pubblici, delle associazioni ed enti privati e delle aziende sanitarie che adottino progetti o sviluppino iniziative a sostegno delle finalità del presente Capo, in particolare si raccorda con i comitati paritetici sul fenomeno del mobbing o organismi analoghi eventualmente previsti dai contratti collettivi di lavoro;

c) realizza il monitoraggio e le analisi del fenomeno del mobbing, anche avvalendosi degli enti strumentali della Regione;

d) promuove studi, ricerche, campagne di sensibilizzazione e di informazione in raccordo con i soggetti destinatari del presente Capo;

e) promuove protocolli d'intesa e collaborazioni con gli organismi di vigilanza al fine di contrastare il fenomeno del mobbing anche nell'ambito dello svolgimento delle loro attività istituzionali.

 

     Art. 262. Attività di controllo.

1. Il Servizio PSAL, sulla base delle segnalazioni ricevute o nell'ambito della sua attività istituzionale, effettua apposite ispezioni nel luogo di lavoro per accertare l'esistenza di azioni di mobbing e l'eventuale stato di malattia del lavoratore.

2. Presso ogni Servizio PSAL è istituito un collegio medico con il compito di confermare lo stato di malattia del lavoratore e di accertare la connessione tra stato di malattia ed azioni di mobbing. La partecipazione al collegio è a titolo gratuito.

3. Il collegio è composto da:

a) un medico specialista in medicina del lavoro del Servizio PSAL;

b) un medico specialista in medicina legale;

f) uno psicologo o uno psichiatra.

 

PARTE II

Servizi sociali

Titolo I

Sistema integrato di interventi e servizi sociali

Capo I

Disciplina per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali

 

     Art. 263. Realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.

1. Il presente titolo, in armonia con i principi della legge 8 novembre 2000, n. 328 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali), nonché con i principi del diritto internazionale e del diritto comunitario in materia di diritti sociali della persona, disciplina la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.

2. In particolare il presente titolo disciplina l'esercizio della funzione sociale, la programmazione, l'organizzazione e la gestione delle attività e dei servizi sociali nella Regione in zone territoriali adeguate nonché la loro integrazione con le politiche ed il sistema dei servizi sanitari e dei servizi educativi, dell'ambiente, dell'avviamento al lavoro e del reinserimento nelle attività lavorative, dei servizi del tempo libero, dei trasporti e delle comunicazioni e, in genere, tutte le politiche ed i settori di intervento rilevanti per le politiche sociali. Definisce, altresì, gli indirizzi per l'organizzazione del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali, per l'affermazione dei diritti e dei doveri sociali di cittadinanza e della responsabilità dei soggetti istituzionali e sociali per la costruzione di una comunità solidale.

3. Il sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali è finalizzato a realizzare una rete di opportunità e di garanzie orientate allo sviluppo umano e al benessere della comunità, al sostegno dei progetti di vita delle persone e delle famiglie, all'esercizio di una cittadinanza attiva.

4. L'ordinamento dei servizi sociali si informa, in via prioritaria, ai seguenti principi:

a) universalità degli interventi diretti alla generalità della popolazione ed omogeneità nel territorio dei livelli essenziali di assistenza sociale di seguito denominati LIVEAS;

b) presa in carico unitaria delle problematiche delle persone e delle famiglie;

c) centralità dell'azione promozionale volta a sviluppare l'autonomia sociale dei singoli e della comunità;

d) preferenza e valorizzazione della scelta della domiciliarità nella risposta ai bisogni e nel rispetto del generale diritto di libera scelta degli utenti;

e) esclusione della monetizzazione dei servizi ove non finalizzata ad una più efficace risposta al bisogno;

f) attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale intesa quale partecipazione dei cittadini e delle loro organizzazioni alla funzione sociale, ai sensi dell'articolo 118, comma 4 della Costituzione;

g) valorizzazione e sostegno delle reti sociali primarie, in primo luogo le famiglie, quale ambito di relazioni significative per la crescita, lo sviluppo e la cura della persona;

h) promozione delle solidarietà e della coesione sociale;

i) sviluppo delle reti comunicative, quale fattore di integrazione e di autogoverno dei soggetti.

5. I destinatari delle prestazioni sociali sono riconosciuti e sostenuti dalla Regione, dagli enti dalla stessa dipendenti e dagli enti locali, nell'ambito della funzione sociale, anche quali portatori di risorse ed elementi attivi nella programmazione, progettazione, realizzazione e valutazione del sistema dei servizi e degli interventi sociali.

 

     Art. 264. Destinatari delle prestazioni sociali.

1. Sono destinatarie delle prestazioni sociali di cui al presente titolo tutte le persone residenti o domiciliate o aventi stabile dimora nel territorio regionale e le loro famiglie. Le prestazioni sociali si estendono, altresì, alle persone occasionalmente o temporaneamente presenti in Umbria allorché si trovino in condizioni di difficoltà tali da non consentire l'intervento da parte dei servizi della Regione o dello Stato di appartenenza, salvo rivalsa in base alla normativa vigente.

 

Capo II

Soggetti istituzionali

 

     Art. 265. Il comune.

1. Il comune è titolare delle funzioni in materia di politiche sociali e svolge le attività di cui all'articolo 6 della legge 8 novembre 2000, n. 328 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali).

2. I comuni esercitano le funzioni in materia di politiche sociali ai sensi della legge regionale 2 aprile 2015, n. 10 (Riordino delle funzioni amministrative regionali, di area vasta, delle forme associative di Comuni e comunali - Conseguenti modificazioni normative) nelle forme previste dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali) e prevalentemente con la forma associativa della convenzione di cui all'articolo 30 del medesimo D.Lgs. I comuni associati, nelle forme previste dal D.Lgs. 267/2000, esercitano le funzioni sociali e provvedono all'erogazione degli interventi e dei servizi sociali tramite le Zone sociali di cui all'articolo 268-bis.

3. La convenzione di cui al comma 2 deve stabilire, in coerenza con lo svolgimento delle funzioni in materia di politiche sociali di cui al medesimo comma 2, i fini, la durata, le forme di consultazione degli enti contraenti, i loro rapporti finanziari ed i reciproci obblighi e garanzie. La convenzione deve inoltre stabilire le modalità e i criteri per l'assegnazione del personale qualora in carico agli ATI nel rispetto della normativa statale e regionale.

4. La convenzione deve altresì prevedere, ai sensi dell'articolo 30, comma 4 del D.Lgs. 267/2000, la delega di funzioni da parte degli enti partecipanti all'accordo, a favore di uno di essi, denominato Comune capofila, che opera in luogo e per conto degli enti deleganti.

5. La convenzione deve inoltre stabilire le modalità di approvazione degli atti di programmazione e dei regolamenti sociali zonali, nel rispetto delle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 267/2000.

 

     Art. 266. Ambito territoriale integrato.

     [Abrogato]

 

     Art. 267. La provincia.

     [Abrogato]

 

     Art. 268. La Regione.

1. La Regione esercita le funzioni di programmazione, coordinamento e indirizzo degli interventi sociali, nonché di verifica dell'attuazione a livello territoriale. Disciplina l'integrazione degli interventi sociali e provvede, in particolare, all'integrazione socio sanitaria in coerenza con gli obiettivi del Piano sanitario regionale, nonché al coordinamento delle politiche dell'istruzione, della formazione, del lavoro e delle politiche sociali abitative.

2. La Regione, in particolare:

a) ripartisce le risorse del Fondo sociale regionale, del Fondo nazionale per le politiche sociali e degli altri Fondi nazionali del settore sociale;

b) effettua il controllo delle risorse di cui alla lettera a);

c) vigila sulla effettiva realizzazione dei LIVEAS di cui all'articolo 263, comma 4, lettera a) e di cui al comma 3;

d) verifica l'attuazione del Piano sociale regionale con riferimento agli obiettivi, alle priorità, allo stato dei servizi, alla qualità degli interventi ed ai progetti sperimentali e dei Piani sociali di zona;

e) adotta atti di indirizzo e di coordinamento nella materia oggetto del presente titolo, per salvaguardare esigenze di carattere unitario nel territorio regionale;

f) riconosce il ruolo delle persone anziane nella comunità sociale e ne promuove la partecipazione alla vita sociale, civile, economica e culturale favorendo la costruzione di percorsi per l'autonomia e il benessere nell'ambito dei propri e abituali contesti di vita; valorizza altresì le esperienze formative, cognitive, professionali ed umane accumulate dalle persone anziane nel corso della vita, nonché il loro patrimonio di relazioni personali;

g) promuove e valorizza l'invecchiamento attivo sostenendo politiche a favore delle persone anziane riconoscendone il ruolo attivo nella società attraverso un impegno utile e gratificante capace di renderle protagoniste del proprio futuro;

h) contrasta i fenomeni di esclusione e di discriminazione sostenendo azioni che garantiscono un invecchiamento sano e dignitoso e rimuovono gli ostacoli ad una piena inclusione sociale;

i) adotta atti di indirizzo affinché, attraverso la programmazione regionale di settore, si definiscano le azioni a tutela della promozione e della valorizzazione dell'invecchiamento attivo.

3. La Regione definisce, nei limiti delle risorse disponibili, gli ulteriori LIVEAS di cui all'articolo 270, comma 4, lettera g) rispetto a quelli individuati dalla legislazione statale. Garantisce, comunque, un sistema unitario di offerta di servizi e prestazioni sociali nelle aree di intervento di cui all'articolo 295, comma 2.

4. La Regione promuove periodicamente, e comunque almeno una volta all'anno, incontri partecipativi con i soggetti sociali che concorrono alla realizzazione delle finalità di cui al presente titolo.

 

     Art. 268 bis. Zone sociali.

1. Le Zone sociali sono articolazioni territoriali corrispondenti ai distretti sanitari di cui all'articolo 22, individuate dal Piano sociale regionale di cui all'articolo 270. Le Zone sociali, tramite il comune capofila, esercitano, in particolare, le seguenti funzioni:

a) definiscono gli obiettivi da perseguire per garantire la gestione secondo criteri di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza, uniformità e appropriatezza nel sistema di offerta ed equità per l'accesso alle prestazioni e ne verificano il raggiungimento;

b) provvedono all'erogazione degli interventi e dei servizi sociali;

c) provvedono al rilascio dell'accreditamento e istituiscono l'elenco delle strutture accreditate;

d) garantiscono l'unitarietà degli interventi e degli adempimenti amministrativi, la territorializzazione di un sistema di servizi a rete, l'operatività del sistema degli uffici della cittadinanza organizzati nelle Zone sociali;

e) curano le attività di monitoraggio, di verifica e di valutazione dei servizi e degli interventi nonché la rilevazione dei dati e delle informazioni utili alla pianificazione sociale;

f) garantiscono l'integrazione dei servizi di assistenza sociale con quelli sanitari e la attuano mediante accordi di programma con l'azienda unità sanitaria locale competente.

2. Presso il Comune capofila della Zona sociale è attivata una apposita struttura preposta alla pianificazione sociale del territorio, denominata "Ufficio di piano". Il Comune capofila della Zona sociale nomina il responsabile sociale di zona, designato dalla Conferenza di zona.

3. Le funzioni di cui al comma 1 sono svolte da personale messo a disposizione dai comuni della Zona sociale, previo accordo con le organizzazioni sindacali, ferma restando la permanenza della titolarità del rapporto di lavoro con il comune di appartenenza. Le funzioni di responsabilità tecnica e di coordinamento della rete territoriale dei servizi sociali sono assicurate da personale con profilo professionale e competenze tecnico professionali in materia sociale.

4. La Zona sociale, tramite il Comune capofila, trasmette alla Giunta regionale entro il 31 marzo di ciascun anno una relazione sulle attività svolte.

5. La Zona sociale, tramite il Comune capofila, definisce con regolamento le modalità e i criteri per il proprio funzionamento, sulla base degli indirizzi stabiliti dalla Giunta regionale che tengono conto dei principi di differenziazione ed adeguatezza e della autonomia organizzativa dei comuni.

6. Le attività socio sanitarie integrate, individuate dal Piano attuativo locale (PAL) e dal Programma attuativo territoriale (PAT) di cui al D.Lgs. 502/1992, sono svolte da personale con adeguate competenze tecnico professionali in materia sociale a disposizione della Zona sociale e da personale dipendente dalle aziende unità sanitarie locali.

7. Il coordinamento politico e istituzionale della Zona sociale è effettuato dalla Conferenza di zona di cui all'articolo 271.

8. Nell'ambito della Zona sociale sono istituiti:

a) il Tavolo zonale di concertazione di cui all'articolo 271-bis;

b) i Tavoli zonali di coprogettazione di cui all'articolo 271-ter.

 

     Art. 269. Aziende pubbliche di servizi alla persona e persone giuridiche di diritto privato.

1. Le aziende pubbliche di servizi alla persona e le persone giuridiche di diritto privato di cui alla legge regionale 28 novembre 2014, n. 25 (Riordino e trasformazione delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB) e disciplina delle aziende pubbliche di servizi alla persona (ASP) - Ulteriori modificazioni della legge regionale 28 dicembre 2009, n. 26 (Disciplina per la realizzazione del Sistema Integrato di Interventi e Servizi Sociali) - Ulteriori modificazioni della legge regionale 16 settembre 2011, n. 8 (Semplificazione amministrativa e normativa dell'ordinamento regionale e degli Enti locali territoriali)) sono inserite nel sistema pubblico di programmazione, progettazione e attuazione dei servizi e degli interventi sociali.

2. Le funzioni dei soggetti di cui al comma 1 si realizzano, prevalentemente, attraverso la produzione e l'offerta dei servizi e interventi sociali, socio sanitari e socio educativi.

 

Capo III

Programmazione

 

     Art. 270. Piano sociale regionale.

1. Il Piano sociale regionale è lo strumento di governo del sistema dei servizi e delle attività sociali mediante il quale la Regione definisce gli indirizzi, gli obiettivi, le priorità sociali, la soglia territoriale ottimale per la programmazione e la gestione degli interventi sociali ed i criteri per la relativa attuazione.

2. Il Piano sociale regionale individua i principali fattori di sviluppo e di rischio come elementi di orientamento per gli interventi di area sociale nelle materie di competenza regionale.

3. Il Piano sociale regionale si integra con il Piano sanitario regionale, in particolare per le prestazioni socio sanitarie di cui all'articolo 281; esso stabilisce le modalità e gli strumenti per l'integrazione con le altre politiche del welfare e con le altre politiche e piani di settore.

4. Il Piano sociale regionale in particolare definisce:

a) la dotazione essenziale ed unitaria del sistema di offerta dei servizi sociali territoriali;

b) le tipologie di servizio con particolare riferimento ai servizi sociali innovativi;

c) gli indirizzi per l'organizzazione del sistema regionale dei servizi sociali;

d) le modalità di verifica sullo stato dei servizi e la qualità degli interventi mediante un apposito sistema di indicatori;

e) i criteri e le modalità per l'individuazione dei rappresentanti all'interno del Tavolo zonale di concertazione di cui all'articolo 271-bis;

f) gli standard di figura e di percorso formativo per gli operatori impegnati nelle attività e nei servizi sociali di cui alla presente legge;

g) gli ulteriori LIVEAS di cui all'articolo 268, comma 3.

5. Il Piano sociale regionale individua il rapporto fra uffici della cittadinanza e popolazione residente che deve essere assicurato su tutto il territorio regionale.

6. Il Piano sociale regionale è adottato dalla Giunta regionale previo espletamento delle procedure di concertazione di cui alla normativa vigente ed è trasmesso all'Assemblea Legislativa per l'approvazione. Eventuali modifiche ed adeguamenti del Piano sociale regionale sono adottati dalla Giunta regionale e trasmessi all'Assemblea Legislativa. Il Piano ha validità triennale ed esplica i suoi effetti fino all'approvazione del successivo.

7. Nel Piano sociale di cui al comma 1 è inserita altresì la programmazione degli interventi coordinati a favore delle persone anziane, negli ambiti della protezione e promozione sociale, della formazione permanente, della cultura e del turismo sociale, dell'impegno civile, del volontariato in ruoli di cittadinanza attiva responsabile e solidale, dello sport e tempo libero per il mantenimento del benessere durante l'invecchiamento, anche attraverso il confronto e la partecipazione con le forze sociali e del terzo settore. La programmazione degli interventi coordinati si attua anche mediante gli accordi di cui agli articoli 273 e 279.

8. La Giunta regionale adotta atti indirizzo per la definizione delle azioni e degli interventi a favore delle persone anziane affinché, attraverso la programmazione regionale di settore, si definiscano le azioni di cui agli articoli 291, 293 e 294.

9. Per persone anziane di cui al comma 7 si intendono coloro che hanno compiuto sessantacinque anni di età e per invecchiamento attivo, di cui al medesimo comma 7, si intende il processo volto ad ottimizzare le opportunità concernenti la salute, la sicurezza e la partecipazione alle attività sociali allo scopo di migliorare la qualità della vita.

 

     Art. 271. Conferenza di Zona.

1. La Conferenza di Zona costituisce il soggetto di coordinamento politico e istituzionale della Zona sociale ed è composta da tutti i sindaci dei comuni il cui territorio ricade all'interno della Zona sociale o da loro assessori delegati.

2. La Conferenza di Zona delibera validamente con la presenza di sindaci o loro assessori delegati che rappresentano almeno la maggioranza dei comuni e la maggioranza dei residenti nella Zona sociale.

3. Le deliberazioni della Conferenza di Zona si intendono approvate se ottengono voti favorevoli che corrispondono ad almeno la metà più uno dei comuni presenti e ad almeno la maggioranza assoluta dei residenti negli stessi. Il coordinamento dei lavori della Conferenza di Zona è affidato ad un componente individuato dalla Conferenza stessa.

4. La Conferenza di Zona adotta i regolamenti sociali zonali e il Piano sociale di zona; gli stessi sono approvati nel rispetto delle disposizioni di cui al D.Lgs. 267/2000, con le modalità stabilite nella convenzione di cui all'articolo 265.

5. La Conferenza di Zona si dota di un regolamento per il proprio funzionamento.

 

     Art. 271 bis. Tavolo zonale di concertazione.

1. Il Tavolo zonale di concertazione costituisce un organismo partecipativo di cui fanno parte le aziende unità sanitarie locali, gli enti pubblici operanti nel territorio con funzioni a rilevanza sociale, le aziende dei servizi alla persona (ASP) e le persone giuridiche di diritto privato di cui alla L.R. 25/2014, i soggetti di cui all'articolo 1, comma 4 della L. 328/2000 e le organizzazioni del mondo del lavoro presenti e maggiormente rappresentative a livello della singola Zona sociale.

2. Il Tavolo zonale di concertazione contribuisce:

a) alla definizione degli indirizzi per la programmazione sociale di zona;

b) alla valutazione della realizzazione del Piano sociale di zona.

3. La Zona sociale, tramite il Comune capofila, costituisce il Tavolo zonale di concertazione secondo i criteri e le modalità stabilite dal Piano sociale regionale di cui all'articolo 270.

4. Le modalità di funzionamento e la durata del Tavolo zonale di concertazione sono definite dal regolamento sociale zonale tenuto conto del Piano sociale di zona di cui all'articolo 272.

 

     Art. 271 ter. Tavoli di coprogettazione.

1. I Tavoli zonali di coprogettazione costituiscono organismi partecipativi di cui fanno parte le aziende pubbliche di servizi alla persona e le persone giuridiche di diritto privato di cui alla L.R. n. 25/2014 e i soggetti di cui all'articolo 1, commi 4 e 5 della L. 328/2000.

2. I Tavoli zonali di coprogettazione consentono la partecipazione alla progettazione dei servizi e degli interventi e alla valutazione della loro realizzazione anche mediante sottoscrizione degli accordi procedimentali di cui all'articolo 279, comma 4.

3. Le modalità di funzionamento e la durata dei Tavoli zonali di coprogettazione sono definite dal regolamento sociale zonale, tenuto conto del Piano sociale di zona di cui all'articolo 272.

 

     Art. 272. Piano sociale di zona.

1. Il Piano sociale di zona è lo strumento mediante il quale la Zona sociale programma gli interventi e i servizi sociali e stabilisce i criteri per l'erogazione dei servizi sociali e per la loro attuazione.

2. Il Piano sociale di zona contiene, in particolare:

a) lo stato di attuazione del precedente Piano;

b) gli obiettivi strategici e le priorità d'intervento;

c) le modalità organizzative dei servizi, delle prestazioni e degli interventi;

d) le risorse umane, finanziarie e strumentali da utilizzare;

e) la determinazione delle quote di risorse di cui alla lettera d) poste a carico delle Zone sociali tenendo conto del numero degli abitanti, delle caratteristiche di età degli stessi e delle caratteristiche economiche e geomorfologiche dei territori;

f) le modalità di integrazione e di coordinamento delle attività socio assistenziali con quelle sanitarie, educative, della formazione e con gli altri strumenti di programmazione territoriali.

3. L'Ufficio di piano della Zona sociale, con il coinvolgimento del Tavolo zonale di concertazione, elabora, sulla base del Piano sociale regionale, la proposta di Piano sociale di zona e a tal fine:

a) effettua la rilevazione dei bisogni del territorio;

b) tiene conto, ai fini dell'integrazione socio sanitaria:

1) del Piano regionale integrato per la non autosufficienza (PRINA) di cui all'articolo 326;

2) del Piano attuativo delle aziende sanitarie regionali di cui all'articolo 14;

3) del Programma delle Attività Territoriali (PAT) di distretto di cui all'articolo 15.

4. Il Piano sociale di zona, per le attività socio sanitarie integrate, costituisce parte integrante del PAT.

5. Il Piano sociale di zona ha durata triennale.

 

     Art. 273. Procedimento per l'adozione del Piano sociale di zona.

1. L'ufficio di Piano della zona sociale trasmette alla Giunta regionale il Piano sociale di zona per l'acquisizione del relativo parere, da rendersi con le modalità ed i termini previsti dall'articolo 16 della L. 241/1990. Tale parere tiene conto della coerenza del Piano stesso con la programmazione regionale.

2. Il Piano sociale di zona è adottato dalla Conferenza di zona di cui all'articolo 271, mediante accordo di programma sottoscritto dai comuni della Zona sociale, ai sensi dell'articolo 19, comma 2 della L. 328/2000. Con tale accordo le parti si impegnano a concorrere al perseguimento degli obiettivi del Piano sociale di Zona.

3. Le aziende pubbliche di servizi alla persona e le persone giuridiche di diritto privato di cui alla L.R. 25/2014 e i soggetti di cui all'articolo 1, commi 4 e 5 della L. 328/2000 sono invitati dall'Ufficio di piano a partecipare all'attuazione del Piano sociale di Zona.

 

     Art. 274. Attuazione del Piano sociale di zona e coprogettazione.

     [Abrogato]

 

     Art. 275. Concertazione.

     [Abrogato]

 

     Art. 276. Piano operativo.

1. La Giunta regionale approva ogni anno, d'intesa con le Zone sociali dopo l'approvazione della legge finanziaria regionale, un piano operativo che integri le diverse politiche e risorse regionali relative agli interventi e ai servizi a tutela della promozione e della valorizzazione dell'invecchiamento attivo che tenga conto sia di quelli aventi rilevanza regionale sia di quelli a rilevanza territoriale, al fine di coordinare e armonizzare le diverse azioni. Il piano operativo viene approvato previo confronto con le istituzioni, le forze sociali e il terzo settore.

 

Capo IV

Partecipazione, promozione e valorizzazione degli organismi aventi funzione sociale, educativa e formativa

 

     Art. 277. Rapporti fra Regione ed enti locali e partecipazione.

1. La Giunta regionale, al fine di garantire un efficace sistema di relazioni istituzionali fra Regione e comuni nella elaborazione della programmazione sociale, promuove appositi incontri anche attraverso le loro associazioni.

2. I comuni, nell'ambito delle proprie attività istituzionali, garantiscono ai minori i diritti di manifestazione del pensiero, adottando le opportune forme di partecipazione delle bambine e dei bambini su questioni che interessano la loro condizione di vita, con particolare riferimento alla organizzazione sociale urbana.

 

     Art. 278. Promozione dell'economia sociale.

1. La Regione, in collaborazione con gli enti locali e con le organizzazioni rappresentative del mondo del lavoro, dell'imprenditoria e dei soggetti non profit operanti nel sistema dei servizi e degli interventi sociali, promuove la costituzione di reti locali deputate allo sviluppo dell'economia sociale.

2. Per economia sociale si intendono le azioni e le relazioni di soggetti che svolgono attività imprenditoriali non profit e profit operanti sul mercato con l'offerta di beni e servizi relazionali.

3. Per le finalità di cui al comma 1 la Regione può concedere incentivi ed agevolazioni fiscali nel rispetto della normativa vigente; può altresì promuovere e stipulare gli accordi di cui all'articolo 2, comma 203 della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) e, in genere, ogni altro accordo pubblico/privato previsto dalla normativa vigente.

 

     Art. 279. Organizzazioni di utilità sociale.

1. La Regione riconosce lo svolgimento della pubblica funzione sociale da parte delle cooperative sociali, delle associazioni di promozione sociale, del volontariato e delle altre organizzazioni senza finalità di profitto di cui all'articolo 1, comma 4, della L. 328/2000, e promuove la costruzione di un sistema di responsabilità pubbliche, anche non statuali, condivise fra soggetti istituzionali e soggetti sociali, comprese le famiglie.

2. Le organizzazioni di cui al comma 1 concorrono alla individuazione dei bisogni, alla programmazione ed alla progettazione del sistema dei servizi e degli interventi sociali, alla realizzazione degli obiettivi ed alla gestione delle attività sociali. Il concorso di tali organizzazioni avviene in forme differenziate, articolate in armonia alle rispettive specificità, secondo le modalità stabilite dal Piano sociale regionale.

3. Possono concorrere alla gestione dei servizi e degli interventi di cui alla presente legge anche i soggetti di cui all'articolo 1, commi 4 e 5, della L. 328/2000.

4. Le Zone sociali, tramite il Comune capofila, ai sensi dell'articolo 3, comma 5 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali) favoriscono l'impegno dei soggetti di cui all'articolo 1, commi 4 e 5, della L. 328/2000 anche mediante gli accordi procedimentali di cui all'articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) attraverso i quali realizzare forme di collaborazione pubblico/privato senza finalità di profitto, nell'esercizio della funzione sociale.

 

     Art. 280. Riconoscimento e valorizzazione della funzione sociale, educativa e formativa delle parrocchie mediante gli oratori.

1. La Regione riconosce e valorizza la funzione sociale, educativa e formativa svolta dalle parrocchie e dagli istituti religiosi cattolici attraverso gli oratori, nell'ambito del percorso formativo rivolto ai soggetti in età minore, agli adolescenti e ai giovani.

2. La Regione riconosce la titolarità delle diocesi dell'Umbria e degli istituti religiosi cattolici che svolgono attività oratoriale ad essere consultati nella fase di elaborazione delle linee di programmazione, organizzazione e gestione del sistema integrato degli interventi e servizi sociali, con particolare riguardo alle tematiche riferite ai soggetti in età minore, agli adolescenti e ai giovani.

3. Il riconoscimento di cui ai commi l e 2 è esteso alle attività oratoriali o similari svolte da altri enti di culto riconosciuti dallo Stato.

4. Per le finalità di cui al presente articolo, le diocesi umbre, gli istituti religiosi cattolici e le organizzazioni che rappresentano gli altri enti di culto riconosciuti dallo Stato, possono sottoscrivere con i comuni associati nell'ambito territoriale l'accordo di programma che regola il piano di zona, ai sensi dell'art. 19, commi 2 e 3 della legge 8 novembre 2000, n. 328, nel quale vengono individuate le priorità previste al comma 5 e le modalità della loro attuazione.

5. Per il raggiungimento delle finalità di cui al presente articolo, sono finanziabili i progetti previsti nel sistema integrato regionale di interventi e servizi sociali ed educativi, rivolti ai soggetti in età minore, agli adolescenti e ai giovani, concernenti:

a) realizzazione di attività di promozione e sostegno per lo svolgimento delle funzioni sociali ed educative;

b) allestimento di centri ricreativi e sportivi, ivi compreso l'acquisto di attrezzature e materiali;

c) realizzazione di percorsi di recupero a favore di soggetti a rischio di emarginazione sociale, di devianza in ambito minorile, di disabilità;

d) manutenzione straordinaria e riadattamento di immobili adibiti ed utilizzati come luogo di incontro per adolescenti e giovani;

e) percorsi di formazione sociale, al fine di valorizzare tutte le risorse e le competenze presenti sul territorio e supportare le attività di oratorio e quelle similari.

 

Titolo II

Gestione delle prestazioni sociali

Capo I

Prestazioni socio sanitarie e zone sociali

 

     Art. 281. Prestazioni socio sanitarie.

1. Le prestazioni socio sanitarie sono distinte, ai sensi dell'articolo 3-septies del D.Lgs. 502/1992 e sue successive modificazioni e integrazioni, in:

a) prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, intese quali attività finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite e acquisite;

b) prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, ovvero tutte le attività del sistema sociale che hanno l'obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità o di emarginazione condizionanti lo stato di salute;

c) prestazioni socio sanitarie ad elevata integrazione sanitaria che sono caratterizzate da particolare rilevanza terapeutica e intensità della componente sanitaria e che attengono prevalentemente alle aree materno-infantile, anziani, handicap, patologie psichiatriche e dipendenze da droga, alcool e farmaci, patologie per infezioni da Human Immunodeficiency Virus (HIV) e patologie in fase terminale, inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronico degenerative.

2. La Giunta regionale, con proprio atto, predispone un quadro di riferimento per l'integrazione delle attività socio sanitarie provvedendo tra l'altro all'analisi dei costi.

3. I costi relativi alle componenti sanitaria e sociale all'interno delle attività socio sanitarie sono stabiliti dalla Giunta regionale che tiene conto dell'analisi dei costi di cui al comma 2, previa acquisizione del parere obbligatorio del Consiglio delle Autonomie locali e dei Direttori generali delle Aziende USL. È fatto salvo quanto previsto dalla normativa nazionale in materia dei LIVEAS.

 

     Art. 282. Zone sociali.

     [Abrogato]

 

     Art. 283. Conferenza di zona.

     [Abrogato]

 

     Art. 284. Uffici della cittadinanza.

1. All'interno della Zona sociale sono istituiti gli uffici della cittadinanza, ai sensi dell'articolo 268-bis, comma 1, lettera d) e dell'articolo 270, comma 5, quali uffici territoriali di servizio sociale pubblico ed universalistico finalizzati, in via esclusiva, a garantire l'accesso al sistema territoriale dei servizi e al contatto con l'utenza. Gli uffici di cittadinanza attuano gli interventi mediante la presa in carico delle persone e delle famiglie, con l'impiego di équipe interprofessionali territoriali, per soddisfare ogni domanda di intervento e di partecipazione sociale.

 

Titolo III

Azioni, interventi e servizi sociali

Capo I

Azioni, interventi e servizi sociali

 

     Art. 285. Articolazione delle attività sociali.

1. Le attività sociali si articolano in azioni sociali, interventi e servizi sociali.

2. Le azioni sociali si articolano in:

a) azioni per la promozione e sostegno della sussidiarietà orizzontale;

b) azioni per la qualità;

c) azioni di promozione;

d) azioni di comunicazione;

e) azioni di mutualità.

3. Gli interventi e servizi sociali si articolano in:

a) servizi di prossimità;

b) servizi per le responsabilità familiari;

c) interventi e servizi socio assistenziali;

d) interventi e servizi per la formazione permanente delle persone anziane;

e) interventi e servizi per la cultura ed il benessere durante l'invecchiamento;

f) interventi e servizi per la cultura, il tempo libero, l'impegno e il volontariato civile delle persone anziane;

g) interventi ed azioni per l'implementazione delle nuove tecnologie per favorire l'accesso a servizi e interventi a favore delle persone anziane.

 

Capo II

Azioni sociali

 

     Art. 286. Azioni per la promozione ed il sostegno della sussidiarietà orizzontale.

1. I comuni, singoli o in forma associata, favoriscono la partecipazione dei cittadini e delle formazioni sociali ed il loro contributo al sistema locale dei servizi e degli interventi sociali attraverso lo svolgimento di attività di interesse generale, anche mediante forme di collaborazione ai sensi della normativa vigente.

2. Le funzioni sociali di cui al comma 1 sono svolte dalle Zone sociali mediante azioni finalizzate a sostenere e a favorire l'autonoma iniziativa dei privati nell'esercizio della stessa funzione sociale.

3. Le azioni di facilitazione dei privati di cui al comma 2 consistono nella messa a disposizione di informazioni, nella instaurazione di flussi di comunicazione, nel coordinamento dei servizi e degli interventi pubblici con quelli privati e in ogni altra forma di collaborazione che comunque non comporti l'attribuzione di somme di denaro o di altri beni da parte di amministrazioni pubbliche.

4. Le azioni di sostegno di cui al comma 2 sono finalizzate a rendere adeguato l'impegno di soggetti privati senza finalità di profitto nella funzione sociale e a responsabilizzare tali soggetti nella realizzazione del sistema dei servizi alla persona; esse consistono nella messa a disposizione da parte di soggetti pubblici, alle organizzazioni private senza finalità di profitto, di benefici economici a fronte del loro impegno a partecipare ai processi di coprogettazione dei servizi e degli interventi e dalla loro realizzazione, nell'ambito della programmazione sociale locale mediante la stipula degli accordi procedimentali di cui all'articolo 279, comma 4 che stabiliscono le modalità di collaborazione e la realizzazione dei servizi e degli interventi di qualità, coprogettati. L'entità dei contributi economici non può superare quanto necessario al fine della compensazione degli oneri che il partner privato assume ai sensi della decisione 20 dicembre 2011 n. 2012/21/UE (Decisione della Commissione riguardante l'applicazione delle disposizioni dell'articolo 106, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti di Stato sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico, concessi a determinate imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale)".

5. L'individuazione dei soggetti privati senza finalità di profitto, per la stipula degli accordi procedimentali di cui al comma 4, avviene nel processo di costruzione del Piano sociale di zona, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 1 della L. 241/1990 attraverso procedure non competitive ad evidenza pubblica.

6. Dai benefici economici di cui al comma 4 è esclusa la corresponsione, sotto qualsiasi forma, di altre utilità economiche riconducibili ai corrispettivi per la fornitura di servizi o beni.

7. La Giunta regionale con proprio atto disciplina le modalità per la concessione dei benefici economici di cui al comma 4.

 

     Art. 287. Azioni per la qualità.

1. I comuni, singoli o in forma associata, promuovono azioni positive, a carattere sociale, educativo e culturale, per ricostruire e sviluppare i legami di condivisione e di appartenenza alla comunità.

2. Tali azioni sono dirette:

a) a migliorare la qualità delle relazioni interpersonali e della vita quotidiana anche favorendo lo sviluppo di armoniche relazioni intergenerazionali e di genere;

b) a migliorare la qualità dei contesti urbani e di vita quotidiana, anche promuovendo politiche di conciliazione, la cultura ed il tempo libero delle persone e delle famiglie;

c) a sostenere le persone e le famiglie, le competenze, i legami solidali ed affettivi presenti al loro interno adattando le politiche sociali alle loro diversità;

d) a ridurre le situazioni di rischio sociale con particolare riferimento ai bambini e alle bambine, agli uomini ed alle donne, agli adolescenti e agli anziani.

3. Le finalità di cui al comma 1 sono perseguite mediante l'integrazione progettuale delle risorse formali e informali nonché con programmi intersettoriali diretti alle aree sociali specifiche: infanzia, adolescenti e giovani, famiglie e donne, popolazione anziana.

 

     Art. 288. Azioni di promozione.

1. Le Zone sociali, anche con l'apporto delle organizzazioni di volontariato e di utilità sociale, incentivano le attività sociali di promozione. Tali attività comprendono i servizi di comunicazione, di mutualità e di prossimità.

2. Le azioni di comunicazione assolvono a funzioni di promozione della partecipazione attiva dei cittadini e delle loro organizzazioni all'esercizio della funzione sociale nei momenti della programmazione, della progettazione e della realizzazione degli interventi e dei servizi sociali, oltre che ad una funzione di informazione, conoscenza e sostegno sociale diretta a far acquisire ai singoli soggetti consapevolezza, autonomia e responsabilità per l'esercizio dei diritti di cittadinanza.

3. Le azioni di mutualità favoriscono lo scambio di prestazioni e di tempo fra persone e gruppi sociali che intendono autorganizzarsi per la realizzazione di determinati servizi. Le Zone sociali al fine di sostenere le reti di mutualità fra i cittadini possono promuovere la costituzione di centri di riferimento con il compito di raccogliere e gestire le disponibilità dirette ad impieghi sociali.

4. I servizi di prossimità sono forniti a livello locale alle persone e alle famiglie e sono orientati alle nuove esigenze derivanti dalla trasformazione delle strutture demografiche, familiari e dei modi di vita. I servizi di prossimità possono essere realizzati con il coinvolgimento attivo dei soggetti sociali, dei cittadini e delle famiglie e si articolano in tre aree:

a) servizi alle persone anziane attinenti a bisogni di cura e di socializzazione;

b) servizi di supporto alle famiglie, atti a semplificare la vita quotidiana della famiglia nello svolgimento di propri compiti educativi e di cura;

c) servizi a struttura comunitaria, rivolti a bisogni sociali collettivi e riferiti all'intero ciclo di vita.

 

Capo III

Servizi e interventi sociali

 

     Art. 289. Servizi per le responsabilità familiari.

1. La Regione individua con il Piano sociale regionale i servizi socio educativi di supporto alle responsabilità e ai compiti educativi e di cura della famiglia. La Regione inoltre sostiene e promuove azioni che consentano la piena realizzazione di una maternità e paternità responsabile. I servizi per le responsabilità familiari si articolano in due aree:

a) servizi socio educativi per l'infanzia, l'adolescenza e i giovani;

b) servizi socio assistenziali per giovani e adulti bisognosi di supporti assistenziali.

 

     Art. 290. Interventi e servizi socio assistenziali.

1. I servizi socio assistenziali hanno natura solidaristica e sono rivolti a persone e famiglie, con particolare riferimento ai soggetti vulnerabili e maggiormente esposti a rischio di esclusione. Essi consistono in azioni di sostegno, prestazioni e attività sociali ad integrazione e/o sostituzione delle funzioni della rete sociale primaria.

2. I servizi socio assistenziali, in particolare, comprendono:

a) i servizi domiciliari di supporto familiare;

b) i servizi comunitari;

c) i servizi per l'alloggio;

d) i servizi semi residenziali;

e) i servizi residenziali;

f) i servizi e gli interventi di accoglienza e sostegno sociale;

g) i servizi per la tutela sociale dei minori.

3. La gestione dei servizi di cui al presente articolo è affidata a soggetti pubblici, soggetti privati e soggetti di privato sociale.

 

     Art. 291. Interventi e servizi per la formazione permanente delle persone anziane.

1. La Regione promuove la partecipazione delle persone anziane a processi educativi, alle attività ricreative e alla formazione lungo tutto l'arco della vita, rendendole così protagoniste del proprio futuro. La Regione, in particolare:

a) incentiva la mutua formazione inter e intra generazionale tra appartenenti a culture differenti, riconoscendo e promuovendo il valore della differenza di genere;

b) sostiene le attività delle università della terza età, comunque denominate;

c) valorizza le esperienze professionali acquisite e le metodologie didattiche, nonché il ruolo attivo delle persone anziane nella trasmissione dei saperi alle nuove generazioni durante l'orientamento o i percorsi di prima formazione, anche con il concorso delle imprese e delle organizzazioni sindacali.

2. La Regione per le azioni di cui al comma 1 può promuovere e sostenere protocolli operativi con le scuole di ogni ordine e grado per la realizzazione di progetti che prevedono la messa a disposizione da parte della persone anziane del proprio tempo, per tramandare alle giovani generazioni i mestieri, i talenti e le esperienze.

3. La Regione sostiene azioni volte a rendere le persone anziane capaci di affrontare le problematiche e le criticità connesse alla modernità e, in particolare, percorsi formativi finalizzati a:

a) progettare un invecchiamento attivo, con particolare attenzione ai temi dell'impegno civile e della cittadinanza attiva;

b) ridurre il divario nell'accesso reale alle tecnologie - digital divide e la disparità nell'acquisizione di risorse e conoscenze della rete informatica, nonché delle capacità necessarie a partecipare alla società dell'informazione;

c) promuovere stili di consumo intelligenti ed ecocompatibili e gestire efficacemente il risparmio;

d) perseguire la sicurezza stradale e domestica;

e) facilitare la comprensione del tempo presente in tutti i suoi aspetti attraverso la proposta di occasioni e strumenti di approfondimento culturale.

 

     Art. 292. Interventi e servizi per la cultura, la prevenzione ed il benessere durante l'invecchiamento.

1. La Regione, al fine di prevenire processi invalidanti fisici e psicologici, promuove azioni tese al mantenimento del benessere durante l'invecchiamento della persona anziana, sostenendo la diffusione di corretti stili di vita e l'educazione motoria e fisica. A tal fine può promuovere protocolli operativi tra enti locali territoriali, aziende sanitarie locali e associazioni di volontariato e di promozione sociale.

2. La Regione promuove, inoltre, politiche di sostegno alla persona anziana nel suo abituale contesto familiare e territoriale agevolando una vita di relazione attiva, al fine di prevenire i fenomeni di isolamento sociale e limitare l'ospedalizzazione e l'inserimento in strutture assistenziali residenziali. A tale scopo, la Regione sostiene, in un'ottica intergenerazionale e interculturale, la diffusione sul territorio di centri sociali e di spazi e di luoghi di incontro, socializzazione e partecipazione.

3. Per il benessere della persona anziana e per contrastare la solitudine sono favoriti gli strumenti di prossimità e di socialità, nonché gli strumenti che garantiscono e facilitano l'acquisizione di informazioni sui servizi presenti nel territorio regionale, nonché sugli interventi e sulle azioni sociali promossi.

 

     Art. 293. Interventi e servizi per la cultura, il tempo libero, l'impegno e il volontariato civile delle persone anziane.

1. La Regione, riconoscendo il ruolo centrale degli enti locali territoriali e del terzo settore, favorisce la partecipazione delle persone anziane ad attività culturali, ricreative e sportive, anche per sviluppare relazioni solidali, positive e continuative tra le persone e senso di appartenenza alla comunità.

2. La Regione, al fine di valorizzare l'impiego delle persone anziane in attività socialmente utili ne favorisce la partecipazione alla vita della comunità locale, anche attraverso l'impegno civile nel volontariato e nell'associazionismo o in ruoli di cittadinanza attiva, responsabile e solidale.

3. Il volontariato civile delle persone anziane costituisce una forma di promozione dell'invecchiamento attivo attraverso la realizzazione di progetti sociali, utili alla comunità.

4. I progetti sociali di cui al comma 3 possono essere promossi dagli enti locali territoriali e sono realizzati dai soggetti del terzo settore. Tali progetti, sono inseriti nella programmazione sociale territoriale.

5. Alle persone anziane che operano nei progetti di cui al comma 3 può essere riconosciuto, per il tramite delle associazioni di volontariato iscritte nel Registro regionale di cui agli articoli 371 e 388 un rimborso per le spese sostenute, nonché crediti sociali fruibili in servizi regolati dagli enti locali territoriali promotori dei progetti.

6. La Regione sostiene progetti sperimentali o convenzioni tra enti pubblici e soggetti del terzo settore tesi a sviluppare il volontariato civile degli anziani.

7. L'impegno civile delle persone anziane si realizza, in particolare, attraverso le seguenti azioni:

a) accompagnamento con mezzi pubblici per l'accesso a prestazioni socio assistenziali e socio sanitarie;

b) supporto nei percorsi formativi di collegamento fra la scuola e il mondo del lavoro, anche in relazione alle iniziative promosse dalle imprese e dalle organizzazioni sindacali;

c) attività ausiliari di vigilanza presso scuole e mense;

d) sorveglianza durante mostre e manifestazioni giovanili;

e) animazione, custodia e vigilanza di musei, biblioteche, mostre, sale di ritrovo dei quartieri, aree sportive e centri sociali sportivi, ricreativi e culturali;

f) conduzione di appezzamenti di terreno di proprietà o di uso pubblico;

g) iniziative volte a far conoscere e perpetuare le tradizioni di artigianato locale;

h) assistenza, anche domiciliare, a minori, anziani e disabili a supporto degli operatori dei servizi sociali;

f) assistenza sociale e culturale negli ospedali e nelle carceri;

g) attività di prevenzione del disagio giovanile e delle dipendenze;

h) interventi di carattere ecologico, stagionale o straordinario, nel territorio umbro;

i) campagne e progetti di solidarietà sociale.

8. I comuni possono affidare a persone anziane, singole o associate, la gestione gratuita di terreni comunali nei quali svolgere attività di giardinaggio, orticoltura e in generale la cura dell'ambiente naturale. I soggetti interessati all'affidamento si impegnano a gestire gratuitamente terreni comunali nel rispetto delle regole stabilite dal comune competente per territorio. I comuni stabiliscono, inoltre, le modalità e i criteri per l'affidamento della gestione di terreno pubblico. I comuni possono revocare l'affidamento per sopravvenute esigenze pubbliche e, con adeguato preavviso, qualora l'assegnatario non rispetti le regole stabilite dal comune stesso.

 

     Art. 294. Interventi ed azioni per l'implementazione delle nuove tecnologie.

1. La Regione, al fine di consentire una fruizione più immediata e una maggiore diffusione dei servizi offerti alle persone anziane, sostiene la diffusione e l'implementazione di strumenti tecnologicamente avanzati, quali card informatizzate, portali telematici e piattaforme tecnologiche.

2. La Regione, per le finalità di cui al comma 1, promuove la stipula di accordi e convenzioni con gli enti locali territoriali e con i soggetti del terzo settore tesi ad agevolare, anche economicamente, l'utilizzo degli strumenti di cui al comma 1.

 

     Art. 295. Diritti sociali di cittadinanza.

1. I servizi e gli interventi sociali di cui alla presente legge garantiscono il raggiungimento dei LIVEAS stabiliti dalle norme statali mediante:

a) misure di contrasto della povertà e di sostegno al reddito e servizi di accompagnamento, con particolare riferimento alle persone senza fissa dimora;

b) misure economiche per favorire la vita autonoma e la permanenza a domicilio di persone totalmente dipendenti o incapaci di compiere gli atti propri della vita quotidiana;

c) interventi a favore di minori in situazioni di disagio tramite il sostegno al nucleo familiare di origine e l'inserimento presso famiglie, persone e strutture comunitarie di accoglienza di tipo familiare e per la promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza;

d) misure per il sostegno delle responsabilità familiari, per favorire l'armonizzazione del tempo di lavoro e di cura familiare;

e) misure di sostegno alle donne in difficoltà per assicurare i benefici disposti dal regio decreto-legge 8 maggio 1927, n. 798, convertito dalla legge 6 dicembre 1928, n. 2838 (Norme sull'assistenza degli illegittimi, abbandonati o esposti all'abbandono), del testo unico delle leggi sulla protezione ed assistenza della maternità ed infanzia di cui al R.D. 24 dicembre 1934, n. 2316 e loro successive modificazioni, integrazioni e norme attuative;

f) interventi per la piena integrazione delle persone disabili; realizzazione, per i soggetti di cui all'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), dei centri socio riabilitativi e delle comunità-alloggio di cui all'articolo 10 della stessa L. 104/1992 e dei servizi di comunità e di accoglienza per quelli privi di sostegno familiare, nonché erogazione delle prestazioni di sostituzione temporanea delle famiglie;

g) interventi per le persone anziane e disabili per favorire la permanenza a domicilio, per l'inserimento presso famiglie, persone e strutture comunitarie di accoglienza di tipo familiare, nonché per l'accoglienza e la socializzazione presso strutture residenziali e semiresidenziali per coloro che, in ragione della elevata fragilità personale o di limitazione dell'autonomia, non siano assistibili a domicilio, ferme restando le competenze del Servizio sanitario nazionale;

h) prestazioni integrate di tipo socio educativo per contrastare dipendenze da droghe, alcol e farmaci, favorendo interventi di natura preventiva, di recupero e di reinserimento sociale;

i) informazione e consulenza alle persone e alle famiglie per favorire la fruizione dei servizi e per promuovere iniziative di autoaiuto.

2. Per le finalità di cui al comma 1 e di cui all'articolo 268, comma 3 le strutture competenti garantiscono, tenendo conto anche delle diverse esigenze delle aree urbane e rurali, comunque, l'erogazione delle prestazioni essenziali ed unitarie nelle seguenti aree di intervento:

a) welfare leggero;

b) welfare dell'emergenza;

c) welfare domiciliare di supporto familiare;

d) welfare comunitario;

e) welfare residenziale e semiresidenziale.

3. Nella programmazione, progettazione ed erogazione dei servizi e degli interventi di cui ai commi 1 e 2 i soggetti erogatori si conformano ai seguenti principi:

a) eguaglianza di opportunità a condizioni sociali e stati di bisogno differenti;

b) rispetto della dignità della persona con riferimento alle esigenze di informazione e consensualità, nonché di riservatezza delle informazioni che riguardano la sua condizione;

c) diritto ad una maternità e paternità consapevole e responsabile;

d) conoscenza dei percorsi assistenziali e l'informazione sui servizi disponibili;

e) libertà di opzione tra le prestazioni erogabili nell'ambito del sistema dei servizi;

f) accesso e fruibilità delle prestazioni in tempi compatibili con i bisogni.

 

Titolo IV

Politiche per le famiglie

Capo I

Riconoscimento e valorizzazione della famiglia

 

     Art. 296. (Riconoscimento e valorizzazione della famiglia)

1. La Regione, nell'osservanza dei principi sanciti dagli articoli 29, 30, 31 e 37 della Costituzione, dallo Statuto, dalla Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo, dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, firmata a New York il 20 novembre 1989, ratificata ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176, riconosce la famiglia quale unità fondamentale della società e ambiente naturale per la crescita e il benessere di tutti i suoi membri e in particolare dei fanciulli, per cui deve ricevere la protezione e l'assistenza di cui necessita per poter svolgere integralmente il proprio ruolo nella collettività.

2. La Regione valorizza il nucleo familiare formato da persone unite da vincoli di coniugio, parentela e affinità, promuove e sostiene la funzione genitoriale nei compiti di cura, educazione e tutela del benessere dei figli.

3. La Regione promuove la natalità e la lotta all'inverno demografico come valore da perseguire anche con strumenti di sostegno delle politiche familiari.

4. La Regione, per l'attuazione delle politiche di sostegno alla famiglia, si ispira ai principi di solidarietà, sussidiarietà e reciprocità nelle relazioni familiari, sviluppa e potenzia le politiche sociali regionali mediante azioni nell'area della protezione sociale, dell'abitare, della salute, della tutela della vita umana, dal concepimento alla morte naturale, del lavoro, dell'organizzazione degli spazi di vita, dell'istruzione, della formazione e del credito e di tutti gli ambiti in cui la famiglia deve essere sostenuta.

5. In attuazione del principio di sussidiarietà, la Regione e gli enti locali, con l'obiettivo di rafforzare la coesione sociale dei territori, promuovono il coinvolgimento e la valorizzazione del terzo settore, dell'associazionismo familiare e degli operatori economici, nonché la partecipazione attiva di cittadini e famiglie favorendo esperienze di autorganizzazione.

6. La Regione, nell'ambito della propria attività di indirizzo e programmazione, anche in coerenza con quanto previsto dalla normativa nazionale e regionale in materia di sistema integrato dei servizi sociali, con il presente Titolo si propone di:

a) valorizzare le funzioni sociali e educative della famiglia, fondata su relazioni di reciprocità, di responsabilità, di reciproca accoglienza e mutuo rispetto tra uomo e donna e di solidarietà tra tutti i componenti;

b) riconoscere e sostenere le funzioni svolte dalla famiglia, in quanto unità di servizi primari, luogo di rilevazione e di sintesi dei bisogni e riferimento essenziale dei servizi pubblici e privati;

c) promuovere la formazione di nuovi nuclei familiari e tutelarne i componenti, incluse le famiglie monoparentali;

d) riconoscere l'alto valore della maternità e paternità coscienti e responsabili, favorendo la tutela delle funzioni genitoriali e della libertà educativa, anche in riferimento ai nuovi mezzi di informazione e comunicazione sociale;

e) rimuovere gli ostacoli di ordine sociale, culturale ed economico che impediscono le nuove nascite, l'adozione e la vita della famiglia, prevenendo situazioni di particolare disagio, povertà o esclusione sociale, ivi comprese quelle conseguenti a provvedimenti giudiziari afferenti alla separazione o al divorzio, perseguendo una inclusione attiva volta al superamento delle varie situazioni di disagio;

f) tutelare e promuovere la vita umana fin dal concepimento e in tutte le sue fasi, promuovendo l'offerta, per le famiglie, e in particolare per i genitori, di sostegni sociali ed economici, nonché un contesto socio-culturale idoneo a favorire interventi volti a prevenire e a rimuovere le difficoltà economiche, sociali e relazionali che possano indurre all'interruzione di gravidanza, in attuazione e nel rispetto della normativa nazionale vigente, anche attraverso apposite convenzioni con soggetti non istituzionali;

g) tutelare il diritto di ogni minore ad una famiglia tramite interventi a sostegno della genitorialità adottiva;

h) agevolare la famiglia nell'opera di educazione dei figli e nella formazione della loro personalità in tutti i suoi aspetti umani, psicologici, sociali, relazionali e culturali;

i) promuovere una cultura dell'infanzia, riconoscendo e sostenendo la funzione di genitore nel rispetto dei diritti del bambino e promuovendo e favorendo un sistema articolato di servizi e opportunità per la prima infanzia, al fine di sostenere la centralità della famiglia nel suo ruolo genitoriale;

j) promuovere e favorire azioni di accompagnamento alla solidarietà tra generazioni e alla relazionalità e ai percorsi di scelta di vita degli adolescenti e dei giovani;

k) promuovere e sostenere la genitorialità, con particolare riferimento alle famiglie numerose, alle famiglie separate, a quelle con persone anziane o con disabilità e alle altre famiglie con fragilità, privilegiando la protezione e il recupero del nucleo familiare e relegando il collocamento dei figli minori fuori famiglia ai soli casi in cui qualsiasi altra soluzione sia impraticabile e comunque limitandolo al tempo strettamente necessario, anche mediante costante monitoraggio e ricerca di soluzioni alternative;

l) riconoscere il valore sociale delle reti di famiglie e dell'associazionismo familiare, favorendo e sostenendo la creazione di reti di buon vicinato, di solidarietà e di mutuo aiuto tra famiglie, nonché di forme di autorganizzazione e di imprenditorialità, al fine di integrare i compiti familiari nell'educazione e nella cura dei bambini, degli adolescenti, delle persone anziane e delle persone con disabilità;

m) realizzare, attraverso le alleanze per la famiglia, un territorio regionale amico della famiglia e attuare, anche con gli altri soggetti pubblici e privati interessati, azioni di promozione della cultura della famiglia, intesa come valore e come possibilità di un welfare generativo e di comunità;

n) riconoscere il valore sociale del lavoro domestico e di cura, in quanto essenziale per lo sviluppo della famiglia e della società;

o) promuovere e favorire iniziative volte a consentire alle persone, prive di autonomia fisica e/o psichica, di continuare a vivere nel proprio domicilio o nel nucleo familiare di appartenenza;

p) promuovere nel territorio sportelli informativi, gestiti in collaborazione con le associazioni familiari di volontariato e/o di promozione sociale, capaci di essere dei punti di riferimento per i vari bisogni delle famiglie, in collaborazione con le aziende unità sanitarie locali, con i consultori familiari, valorizzandone i servizi di assistenza a famiglie e futuri genitori;

q) promuovere e favorire un turismo a misura di famiglia, proponendo modalità, servizi, tariffe e quant'altro possa servire a dimostrare che l'Umbria è una Regione che valorizza e sostiene la famiglia;

r) promuovere e sostenere, anche mediante l'erogazione di contributi, l'accesso dei minori alle attività sportive;

s) promuovere il coinvolgimento di tutte le organizzazioni presenti sul territorio per orientare risorse, servizi e interventi verso i bisogni e il benessere della famiglia;

t) promuovere, anche con gli altri soggetti pubblici e privati interessati, la formazione e l'aggiornamento di amministratori, operatori dei servizi pubblici e del privato sociale sulle politiche familiari e temi correlati;

u) sviluppare e favorire iniziative di ricerca, di monitoraggio continuo della situazione delle famiglie nella Regione e dei servizi erogati dai diversi attori, nonché la verifica dell'impatto delle politiche familiari nel territorio.

 

     Art. 297. Strumenti per le politiche di sostegno alle famiglie.

1. La Regione, per il raggiungimento degli obiettivi di cui all'articolo 296, promuove e tutela la famiglia, in particolare, attraverso:

a) il sostegno alle giovani coppie nella formazione di una nuova famiglia e nello svolgimento del ruolo genitoriale, con particolare riferimento ai primi tre anni di vita dei figli;

b) il sostegno alle nuove famiglie mediante interventi che concorrono ad eliminare gli ostacoli di natura economica e sociale che ne impediscono la costituzione e lo sviluppo;

c) la valorizzazione della responsabilità dei genitori nei doveri di cura, educazione ed istruzione dei figli;

d) la promozione, anche in forma integrata, di iniziative pubbliche, di privato sociale e delle reti parentali, soprattutto con riferimento alle iniziative rivolte agli anziani ed ai minori;

e) la predisposizione di programmi per la famiglia nelle situazioni di vulnerabilità o disagio e per il sostegno ai compiti di cura delle persone con disabilità, delle persone anziane e non autosufficienti;

f) la tutela del benessere dei nuclei familiari, con particolare riguardo alle famiglie numerose, ai nuclei monogenitoriali, alle famiglie in crisi, ed a tutte le situazioni in cui siano presenti aspetti di criticità;

g) la garanzia, nel rispetto del principio di uguaglianza e degli altri principi costituzionali, della libertà di scelta e della parità di trattamento tra gli iscritti alle scuole pubbliche, statali e paritarie;

h) il supporto all'inserimento ed al reinserimento nel mondo del lavoro delle persone che si sono dedicate al lavoro di cura familiare;

i) il sostegno e la qualificazione dell'attività di assistenza familiare domiciliare;

j) l'armonizzazione dei tempi di vita personale e professionale, per conciliare gli impegni familiari con l'attività lavorativa, anche attraverso lo strumento del telelavoro e del lavoro agile, e promuovendo politiche di welfare aziendale con appositi programmi ed incentivi nell'ambito della programmazione regionale;

k) la valorizzazione dell'associazionismo familiare attraverso l'attribuzione di un ruolo attivo alle associazioni familiari nella programmazione, progettazione, realizzazione e valutazione del sistema dei servizi alla persona;

l) la promozione del diritto della famiglia a svolgere liberamente le proprie funzioni sociali ed educative, anche attraverso il coinvolgimento e la partecipazione della stessa alla progettazione dei relativi interventi e servizi.

 

Capo II

Servizi, interventi e azioni per la famiglia

 

     Art. 298. Servizi ed azioni generali e sostegno alla funzione educativa e di cura dei soggetti in età minore.

1. La Regione, per il raggiungimento degli obiettivi di cui al presente Titolo, nel definire gli interventi e i servizi a sostegno della famiglia, provvede con i servizi, anche di mediazione familiare, quali strumenti di supporto qualificato a cui, nel rispetto della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica sottoscritta ad Istanbul l'11 maggio 2011, possono liberamente rivolgersi coppie in crisi, allo scopo principale di sostenere i genitori nell'individuazione delle decisioni più appropriate, con riguardo agli interessi dei figli minori. La Regione, in particolare, provvede:

a) al potenziamento di servizi socio-educativi per la prima infanzia, come previsti e disciplinati dalla legge regionale 22 dicembre 2005, n. 30 (Sistema integrato dei servizi socio-educativi per la prima infanzia);

b) al potenziamento delle attività dei consultori familiari per la famiglia, per la valorizzazione della maternità e paternità responsabile, per il sostegno alle gestanti ed alle madri in difficoltà, per la prevenzione dell'abbandono alla nascita, per l'ascolto ed il sostegno ai genitori durante la gravidanza, al momento della nascita e nella fase del post-partum, e per la tutela psicofisica delle donne vittime di violenza;

c) allo sviluppo e al potenziamento dei servizi di mediazione familiare quali strumenti di supporto qualificato a coppie in crisi, allo scopo principale di sostenere i genitori nell'individuazione delle decisioni più appropriate, con particolare riguardo agli interessi dei figli minori.

2. La Regione, nel riconoscere la valenza sociale, educativa e formativa svolta dai genitori, promuove azioni formative e informative di sostegno alla genitorialità, anche all'interno dei servizi socio-educativi e scolastici del territorio, finalizzate a riconoscere, sostenere e sviluppare le competenze dei genitori nel loro ruolo educativo e di cura.

3. La Regione promuove interventi di sostegno al rapporto genitori e figli, tesi a prevenire situazioni di rischio e disagio, mediante azioni di supporto alle relazioni familiari volte al superamento delle eventuali situazioni di crisi e disagio comunicativo e relazionale. Tali azioni consistono in:

a) interventi socio-educativi territoriali, all'individuo o al gruppo, volti al contrasto della devianza e dell'esclusione sociale, valorizzando le risorse presenti nel tessuto sociale, per favorire processi di autoriconoscimento e di appartenenza;

b) interventi socio-educativi domiciliari diretti alle famiglie con bambini che, per diversi motivi, hanno difficoltà ad assolvere agli impegni della vita quotidiana;

c) azioni di mediazione fra soggetti a rischio e contesto di riferimento.

4. La Regione promuove la cultura dell'accoglienza verso i minori, nonché opportunità diversificate per fornire risposte efficaci a bisogni di protezione, ospitalità ed affettività.

5. La Regione, nei limiti delle proprie competenze, sostiene l'adozione e l'affidamento familiare, nonché i servizi residenziali e semiresidenziali di tipo familiare o comunitario e gli interventi di prevenzione e contrasto al maltrattamento.

5-bis. La Regione riconosce altresì la priorità educativa dei genitori e la loro libertà di scelta in materia di cura ed educazione dei propri figli.

 

     Art. 298 bis. (Interventi a sostegno della natalità)

1. La Regione, nell'ambito delle azioni a sostegno della natalità di cui all'articolo 296, comma 3, promuove interventi di supporto economico una tantum per la famiglia, alla nascita di un figlio, per fronteggiare l'incremento delle spese connesse alla cura del nuovo nato nei primi dodici mesi di vita del bambino. Gli interventi sono realizzati dalla Regione stessa.

2. Nell'ambito delle azioni di cui al comma 1, la Regione, inoltre:

a) provvede al potenziamento dei servizi educativi per l'infanzia di cui alla legge regionale 16 ottobre 2023, n. 13 (Sistema integrato di educazione e istruzione per l'infanzia fino a sei anni di età);

b) favorisce le attività dei consultori familiari, anche per il sostegno alle gestanti e alle madri in difficoltà per prevenire l'interruzione volontaria di gravidanza, con supporti adeguati secondo la normativa nazionale, e l'abbandono alla nascita, nonché per favorire l'ascolto e il sostegno dei genitori durante la gravidanza, al momento della nascita e nella fase del post-partum, e per la tutela psico-fisica delle donne e delle persone vittime di violenza.

3. Gli interventi di cui al comma 1 sono previsti anche per la famiglia adottiva e affidataria.

4. Gli enti locali possono integrare con proprie risorse gli interventi finanziari di cui al presente articolo.

5. La Giunta regionale, in coerenza con quanto previsto dal Piano triennale di cui all'articolo 312-quinquies, con propria deliberazione stabilisce i criteri, le modalità, le condizioni economiche dei nuclei familiari beneficiari e la commisurazione dell'intervento economico di cui al presente articolo.

 

     Art. 298 ter. (Fondo regionale di solidarietà a favore dei figli orfani di entrambi i genitori)

1. La Regione, al fine di promuovere misure concrete di solidarietà a favore dei figli orfani di entrambi i genitori, istituisce il "Fondo regionale per il sostegno dei figli orfani di entrambi i genitori".

2. Le risorse del Fondo di cui al comma 1 possono essere integrate da eventuali entrate provenienti dallo Stato, da persone fisiche o giuridiche.

3. Hanno diritto ad accedere al Fondo di cui al comma 1 attraverso la concessione di un contributo una tantum, nel primo anno dall'evento, i figli orfani di entrambi i genitori in possesso dei seguenti requisiti:

a) età non superiore a ventotto anni;

b) genitori residenti, da almeno due anni al momento del decesso, in uno dei comuni della regione;

c) reddito del nucleo familiare, accertato secondo i criteri ISEE, non superiore ai limiti indicati dalla Giunta regionale con la deliberazione di cui al comma 4.

4. La Giunta regionale, con propria deliberazione, annualmente disciplina le modalità di gestione del Fondo di cui al comma 1, l'entità del contributo, i criteri, le modalità e i termini di erogazione del contributo di cui al comma 3.

 

     Art. 299. Assistenza socio-sanitaria e sanitaria alla famiglia.

1. La Regione tutela la maternità e la paternità responsabile nel rispetto dei principi etici di ciascuno, ed attraverso le aziende sanitarie regionali e con le strutture ed i servizi sociali del territorio, garantisce continuità assistenziale alla famiglia attraverso:

a) l'assistenza sanitaria e socio-sanitaria per la tutela della maternità e per la procreazione responsabile, anche medicalmente assistita;

b) l'assistenza sanitaria, psicologica e sociale, anche domiciliare, alle donne e alle famiglie in situazione di rischio sanitario e psicosociale, sia antecedente che successiva al parto, anche su segnalazione dei punti nascita, nonché attraverso la promozione di reti di auto-aiuto;

c) la prevenzione e riduzione delle cause di infertilità e abortività spontanea e lavorativa, nonché delle cause di potenziale danno per il nascituro, in relazione alle condizioni ambientali, ai luoghi di lavoro e agli stili di vita;

d) le attività informative e di prevenzione tramite prestazioni sanitarie e psicologiche, anche riabilitative e post-traumatiche, alle vittime di violenza sessuale ed ai minori vittime di abuso, di grave trascuratezza e di maltrattamento;

e) l'assistenza sanitaria e socio-sanitaria a favore di famiglie che si prendono cura di persone con problemi psichiatrici, persone non autosufficienti e persone che assumono sostanze che provocano dipendenza.

1-bis. La Regione, altresì, anche al fine di assicurare le condizioni necessarie per svolgere appieno il ruolo genitoriale, promuove interventi diretti a sostenere padri e madri separati che vengano a trovarsi in situazione di grave difficoltà economica e psicologica a seguito dell'assegnazione della casa familiare e dell'obbligo di corrispondere l'assegno di mantenimento all'altro coniuge. In particolare, la Regione assicura percorsi di supporto psicologico diretti al superamento del disagio e servizi utili a realizzare l'effettivo esercizio del ruolo genitoriale.

1-ter. Per le finalità di cui al comma 1-bis la Regione promuove protocolli d'intesa tra enti locali e soggetti pubblici e privati diretti alla realizzazione di reti di assistenza sul territorio per il sostegno dei genitori separati e la salvaguardia dei minori.

2. La Regione, secondo un modello di presa in carico, mediante le articolazioni delle aziende unità sanitarie locali, compresi i consultori familiari, nel rispetto del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 12 gennaio 2017 (Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502), garantisce:

a) l'assistenza psicologica e sociale per la preparazione alla maternità e alla paternità responsabile e per i problemi della coppia e della famiglia, anche in ordine alla problematica minorile;

b) l'assistenza alla gestante, garantendole i necessari accertamenti medici e informandola sui diritti a lei spettanti come lavoratrice madre, e sui servizi offerti dalle aziende unità sanitarie locali e dai consultori familiari;

c) la tutela della salute della donna e del concepito;

d) l'informazione relativa a:

1. questioni concernenti la fertilità, l'infertilità e la sterilità di coppia;

2. le tecniche di riproduzione medicalmente assistita, nonché l'attività di orientamento verso i centri che praticano quest'ultima e il raccordo operativo con gli stessi;

e) l'informazione relativa a questioni concernenti l'adozione o l'affidamento familiare, nonché l'attività di orientamento, di sostegno psicologico e pratico nelle procedure necessarie ad ottenere l'adozione o l'affidamento familiare;

f) l'informazione completa a favore della maternità e paternità responsabile.

3. La Regione, le Aziende sanitarie regionali e i Comuni attuano gli interventi di cui ai commi 1 e 2 attraverso gli strumenti previsti dagli atti di programmazione regionale.

 

     Art. 300. Interventi per le famiglie vulnerabili.

1. La Regione promuove forme di sostegno, anche mediante agevolazioni economiche, ai nuclei familiari che, per il combinarsi di più fattori, anche in relazione al numero dei componenti, sono vulnerabili e più esposti al disagio e al rischio di povertà.

2. Per l'attuazione di quanto disposto dal comma 1, la Regione e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, realizzano i seguenti interventi:

a) erogazione diretta di benefici economici per la fornitura di beni e servizi essenziali per la vita familiare;

b) agevolazioni per i costi di servizi pubblici e di tariffe, nei limiti delle normative vigenti;

c) riduzione di costi di beni o servizi di uso familiare mediante convenzioni con produttori e distributori;

d) integrazione al canone di locazione ed altre agevolazioni per l'accesso all'alloggio in locazione;

e) agevolazioni per spese mediche e sanitarie;

f) prestito sociale d'onore;

g) misure di sostegno all'inserimento e reinserimento nel mondo del lavoro.

3. Con norme regolamentari vengono definiti le modalità, i criteri e le risorse per la realizzazione degli interventi di cui al comma 2, in armonia con quanto previsto dal Piano sociale regionale.

4. Le norme regolamentari di cui al comma 3, in coerenza con la presente legge, definiscono la categoria della vulnerabilità, tenendo presenti, in ogni caso, le seguenti situazioni di maggior carico familiare:

a) nascita di un altro figlio o adozione o affido;

b) ingresso dei figli nel circuito dell'istruzione;

c) decesso, ovvero riduzione o perdita del reddito da lavoro da parte della persona di riferimento del nucleo familiare;

d) modificazione della composizione della famiglia;

e) insorgenza di una malattia grave o di una dipendenza;

f) perdita o difficoltà di accesso all'alloggio;

g) presenza o insorgenza in famiglia di una condizione di non autosufficienza;

h) inabilità temporanea al lavoro di lavoratore autonomo, qualora sia unico titolare del reddito nell'ambito del nucleo familiare, per periodi eccedenti la copertura assicurativa o in assenza di garanzie assicurative individuali.

 

     Art. 300 bis. (Sostegno alle famiglie numerose)

1. La Regione riconosce il ruolo delle famiglie numerose promuovendo azioni volte a sostenerne il maggiore carico nel lavoro di cura ed educativo.

2. La Regione, nell'ambito delle azioni di cui al comma 1, promuove interventi di sostegno economico per le famiglie con almeno quattro figli, realizzati dalla Regione stessa o dalle zone sociali, nell'ambito delle rispettive competenze.

3. La Giunta regionale, con proprio regolamento, stabilisce le modalità, i criteri e le condizioni economiche dei nuclei familiari beneficiari degli interventi di cui al presente articolo.

4. Per gli interventi di cui al comma 2 è autorizzata, per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022, la spesa di euro 180.000,00 alla Missione 12 "Diritti sociali, politiche sociali e famiglia", Programma 05 "Interventi per le famiglie", Titolo 1 "Spese correnti" del bilancio di previsione regionale 2020-2022.

 

     Art. 301. Interventi per la famiglia in condizione di grave disagio.

1. Oltre agli interventi di cui all'articolo 300, la Regione prevede specifiche misure per la famiglia in condizione di particolare disagio sociale, economico e relazionale.

2. A tal fine la Regione riconosce il valore della permanenza a domicilio di persone prive, anche parzialmente, di autonomia fisica o psichica, e la sostiene adottando apposite misure, in conformità con quanto previsto dagli strumenti normativi e programmatici regionali.

3. La Regione, inoltre, promuove ogni iniziativa idonea per consentire la modulazione e la flessibilità oraria delle prestazioni lavorative in base alle esigenze derivanti dai compiti di cura.

4. La Regione supporta anche economicamente la costituzione di strutture di tipo familiare per l'accoglienza temporanea di donne e bambini vittime di violenza o in condizione di grave disagio.

 

     Art. 302. Interventi per favorire l'accesso alla casa delle famiglie.

1. La Regione promuove politiche abitative per la famiglia, con particolare riferimento ai nuclei familiari meno abbienti, mediante l'ampliamento dell'offerta di alloggi a canone contenuto, il sostegno economico per i canoni di locazione e l'intervento per l'insorgere di imprevedibili esigenze abitative, secondo quanto previsto dalla legge regionale 28 novembre 2003, n. 23 (Norme di riordino in materia di edilizia residenziale pubblica) e in attuazione dell'articolo 300.

1-bis. La Regione, anche ai fini di quanto disposto all'articolo 299, commi 1-bis e 1-ter, attua, nel rispetto della L.R. 23/2003, politiche abitative idonee ad assicurare alloggi nei quali ospitare a canone contenuto i genitori separati che si trovano in condizioni di grave difficoltà economica per effetto dell'assegnazione della casa familiare all'altro coniuge separato.

2. La Regione sostiene le famiglie di nuova formazione e le giovani coppie mediante appropriate forme di supporto da definirsi nel piano triennale per l'edilizia residenziale e nei programmi operativi annuali di cui agli articoli 2 e 3 della legge regionale n. 23/2003.

 

     Art. 303. Diritto allo studio.

1. La Regione rispetta e garantisce la libertà di scelta e di educazione dei genitori, nonché la parità di trattamento tra gli utenti di scuole ed università pubbliche, statali e paritarie.

2. La Regione prevede strumenti tesi ad assicurare un effettivo diritto allo studio e la concreta possibilità di beneficiare del pluralismo delle offerte educative a partire dalla prima infanzia. Sostiene e supporta la continuità del percorso scolastico, in particolare per gli alunni con bisogni educativi speciali, anche mediante contributi diretti alle famiglie, nonché servizi e supporti finalizzati all'abbattimento delle spese sostenute per la frequenza.

 

     Art. 304. Interventi per l'inserimento e reinserimento lavorativo.

1. La Regione adotta misure per favorire le aziende pubbliche o private che assumono con contratto part time persone con figli fino a tre anni di età e sostiene in via prioritaria l'inserimento lavorativo delle stesse.

2. La Regione promuove iniziative volte ad incentivare il reinserimento lavorativo del componente del nucleo familiare, che per compiti di assistenza nei confronti di minori o di cura nei confronti di persona non autosufficiente ha interrotto la precedente attività di lavoro.

3. La Regione favorisce inoltre il reinserimento lavorativo dei disoccupati con famiglia a carico.

4. Le iniziative di cui ai commi 2 e 3 consistono in:

a) attività sistematica d'informazione delle opportunità occupazionali esistenti tramite i servizi territoriali dedicati (Centri per l'impiego e Servizi accompagnamento lavoro);

b) programmi formativi specifici finalizzati al rientro nel mercato del lavoro;

c) riconoscimento di riserva significativa di posti, comunque non superiore al 15%, nei percorsi di formazione professionale nell'ambito delle politiche regionali della formazione.

5. La Regione favorisce con interventi economici la realizzazione di asili nido, anche con strutture presso le aziende, per favorire i genitori nell'attività lavorativa.

 

     Art. 305. Sostegno all'adozione e all'affidamento familiare.

1. La Regione, nei limiti della propria competenza, al fine di garantire la tutela e la salvaguardia dei minori in Umbria in situazione di difficoltà o di abbandono e per tutelare il loro diritto alla famiglia, sostiene l'attività dei servizi territoriali e di tutti gli altri enti interessati negli adempimenti previsti dalle vigenti leggi in materia di adozione di minori e di affidamento familiare.

2. A tali fini la Regione:

a) sostiene i servizi e le équipe territoriali per l'adozione e promuove l'affidamento familiare mediante apposite linee guida;

b) promuove la collaborazione tra enti autorizzati e servizi pubblici, ai fini di un migliore inserimento dei minori nelle famiglie e nel contesto sociale, nonché ai fini della prevenzione dei fallimenti adottivi;

c) sostiene ed agevola le adozioni e gli affidamenti familiari di minori di età superiore ai 12 anni, con grave disabilità, con handicap accertato ai sensi dell'articolo 4 della legge 104/1992;

d) realizza un sistema di monitoraggio sul numero, sull'andamento e sulla gestione delle adozioni, degli affidamenti e sui minori fuori famiglia accolti in strutture residenziali.

 

     Art. 306. Riconoscimento del lavoro di cura familiare.

1. La Regione riconosce e valorizza il lavoro di cura familiare non retribuito derivante da responsabilità familiari, per l'educazione dei figli o per la cura ed il sostegno dei membri della famiglia in situazione di non autosufficienza.

 

     Art. 306 bis. (Riconoscimento del lavoro di cura familiare e caregiver familiare)

1. La Regione promuove la solidarietà familiare e riconosce e valorizza l'attività di cura familiare non professionale e gratuita prestata nei confronti di coloro che necessitano di assistenza a lungo termine a causa di malattia, infermità o disabilità gravi, secondo il progetto individualizzato e personalizzato e con particolare riferimento alle attività previste nel programma assistenziale personalizzato di cui all'articolo 324.

 

     Art. 307. Sostegno e qualificazione dell'attività di assistenza familiare domiciliare.

1. La Regione, in armonia con la legge n. 328/2000 e con il Piano sanitario regionale, con il Piano sociale regionale e con la programmazione regionale in materia di formazione, favorisce il sostegno e la qualificazione dell'attività di assistenza familiare domiciliare.

2. Per attività di assistenza familiare domiciliare si intende il lavoro di cura e aiuto prestato a domicilio da persone singole, anche straniere, non in rapporto di parentela, a favore di coloro che hanno bisogno di un supporto per svolgere le attività della vita quotidiana.

3. Per il conseguimento delle finalità di cui al comma 1 sono promosse e attuate iniziative di:

a) formazione;

b) promozione dell'incontro tra domanda e offerta di lavoro;

c) informazione, assistenza, supporto e consulenza;

d) sostegno economico;

e) monitoraggio e verifica degli interventi.

 

     Art. 308. Formazione per le persone che prestano attività di assistenza familiare.

1. La Regione promuove la realizzazione di programmi di formazione e aggiornamento del personale addetto all'assistenza familiare domiciliare.

2. Le attività di formazione sono rivolte in particolare a fornire competenze nel lavoro di cura e aiuto, igiene alimentare, personale ed ambientale, elementi di gerontologia, geriatria, psicologia, problematiche dell'handicap, miglioramento del contesto abitativo, indipendenza e sicurezza domestica, capacità di orientamento e interazione con il sistema dei servizi nonché, per le persone straniere, ad assicurare l'apprendimento di base e il miglioramento della conoscenza della lingua, della cultura e della tradizione italiana.

3. In esito al percorso formativo è previsto il rilascio di un attestato di frequenza con profitto, secondo la disciplina prevista dalla Giunta regionale, in merito alla programmazione, gestione, vigilanza e rendicontazione degli interventi di formazione e politiche attive del lavoro, in cui vengono rappresentati gli esiti degli apprendimenti maturati nel percorso formativo, in termini di competenze, riconoscibili come crediti formativi. Saranno riconoscibili, inoltre, come crediti formativi in ingresso gli apprendimenti comunque acquisiti dalla persona compresi i titoli conseguiti all'estero, attestanti l'acquisizione di competenze nei processi di assistenza alla persona, ai fini dell'iscrizione negli elenchi di cui all'articolo 310, comma 1.

4. La Giunta regionale individua i soggetti attuatori, i destinatari, la durata, le modalità e il contenuto dei programmi di formazione e aggiornamento, gli incentivi per la frequenza, nonché i criteri per il rilascio dell'attestato di frequenza e per il riconoscimento dei crediti formativi.

 

     Art. 309. Selezione del personale straniero che presta attività di assistenza familiare.

1. Nel rispetto della normativa statale in materia, la Regione promuove azioni finalizzate all'inserimento lavorativo in ambito regionale di lavoratori stranieri da impiegare nell'assistenza familiare domiciliare, attraverso percorsi formativi da realizzarsi nel Paese d'origine del cittadino extracomunitario.

2. Alle persone individuate ai sensi del comma 1, nel rispetto della normativa statale vigente, è garantito titolo di preferenza nell'ambito delle quote d'ingresso di lavoratori stranieri extracomunitari assegnate alla Regione.

 

     Art. 310. Promozione dell'incontro tra domanda e offerta di lavoro.

1. La Regione, per garantire un servizio di cura qualificato e regolare nonché per favorire l'incontro tra domanda e offerta di lavoro, predispone elenchi di persone disponibili all'assistenza familiare domiciliare con indicazione specifica di coloro che sono in possesso dell'attestato di cui all'articolo 308, comma 3 e di eventuali altri titoli di formazione nell'area assistenziale.

2. La Giunta regionale stabilisce, con proprio atto, i requisiti di iscrizione agli elenchi di cui al comma 1, gli obblighi degli iscritti, le modalità di tenuta, di aggiornamento e di pubblicazione degli elenchi.

 

     Art. 311. Attività di informazione e assistenza.

1. Le Zone sociali, tramite il Comune capofila, con la collaborazione di soggetti pubblici, privati e del privato sociale, garantiscono l'attività di informazione, assistenza e consulenza in favore delle famiglie e del personale addetto all'assistenza familiare domiciliare.

2. Le attività di cui al comma 1 sono rivolte in particolare a sostenere le persone singole e le famiglie nell'avvio e nella gestione del rapporto di lavoro, con riferimento agli aspetti di natura sia amministrativa che relazionale e a garantire al personale addetto all'assistenza familiare domiciliare regolari condizioni di vita e di lavoro.

 

     Art. 312. Interventi di sostegno economico a favore dei soggetti che si avvalgono del personale addetto alle attività di assistenza familiare.

1. La Regione sostiene le persone singole e le famiglie che si avvalgono di personale addetto all'assistenza familiare domiciliare per le finalità di cui all'articolo 307, comma 1, anche attraverso intese tra Zone sociali tramite il Comune capofila, terzo settore e associazionismo sociale, al fine di agevolare l'erogazione di contributi mensili, diretti a ridurre gli oneri derivanti dai contratti di lavoro.

2. La Giunta regionale stabilisce con proprio regolamento:

a) i soggetti che possono richiedere il contributo mensile di cui al comma 1;

b) i requisiti necessari ai fini dell'ammissione al contributo con riferimento, in particolare:

1) alla situazione economica del nucleo familiare della persona richiedente, valutata secondo il metodo ISEE;

2) alla condizione di bisogno e di disagio individuale e familiare;

3) alla durata e alle condizioni stabilite nel contratto di lavoro del personale addetto all'assistenza familiare domiciliare;

c) la commisurazione del contributo mensile rapportata ai requisiti di cui ai numeri 1), 2) e 3) della lettera b) del presente comma.

3. I soggetti di cui alla lettera a) del comma 2 si impegnano a far partecipare il personale addetto all'assistenza familiare domiciliare ai programmi di formazione e aggiornamento di cui all'articolo 308.

4. Il contributo mensile è erogato dalle Zone sociali, tramite il Comune capofila sulla base di appositi finanziamenti concessi dalla Regione e ripartiti in relazione alla popolazione ultrasessantacinquenne e alla popolazione diversamente abile residente nell'ambito territoriale di riferimento di cui al Piano sociale regionale.

5. I contributi sono cumulabili con altre agevolazioni compatibili con leggi regionali.

 

     Art. 312 bis. (Centri per la famiglia)

1. La Regione promuove, presso i comuni associati in Zone sociali di cui all'articolo 268-bis, anche in raccordo con i consultori familiari, l'istituzione di Centri per la famiglia, al fine di sostenere gli impegni e le reciproche responsabilità dei componenti della famiglia, aventi lo scopo di:

a) promuovere la genitorialità e il ruolo sociale, educativo e di cura delle famiglie;

b) sostenere e accompagnare il benessere delle relazioni familiari di fronte ai piccoli e grandi passaggi critici ed evolutivi della vita, con un'attenzione particolare alla gestione della conflittualità familiare;

c) fornire informazioni e favorire iniziative sociali di mutuo aiuto, inserite o collegate nell'ambito dei servizi istituzionali pubblici e dei soggetti gestori delle funzioni socio-assistenziali;

d) sostenere e rafforzare il ruolo e le competenze educative dei genitori e di coloro che accompagnano il processo di crescita e di autonomia dei figli;

e) favorire e promuovere un maggiore protagonismo delle famiglie e delle associazioni;

f) promuovere una cultura orientata a sostenere l'infanzia e le famiglie, in una logica di accoglienza, di solidarietà e di risposta all'emergenza educativa;

g) promuovere e rafforzare le alleanze territoriali tra famiglie, associazioni, operatori della scuola, istituzioni e comunità locale di riferimento;

h) offrire opportunità di qualificazione del tempo libero per l'intera famiglia;

i) migliorare la fruizione del complesso dei servizi a sostegno della genitorialità e delle famiglie.

2. Le attività svolte dai Centri per la famiglia sono orientate a favorire la stretta integrazione tra servizi sociali, educativi, psico-pedagogici e sanitari.

3. Nei Centri per la famiglia possono essere realizzate, in collaborazione con gli altri soggetti del territorio, a seconda delle specifiche competenze richieste, prioritariamente attività riconducibili alle aree:

a) dell'informazione;

b) del sostegno alla genitorialità, anche attraverso azioni di orientamento e consulenza;

c) dello sviluppo delle risorse familiari e comunitarie;

d) più specificamente rivolte a rispondere ad esigenze peculiari di ciascun contesto territoriale e che possono integrare i servizi di base, quali le attività di animazione per bambini e adulti, sostegno allo studio, attività ludiche, laboratori di lettura, attività di supporto per le adozioni nazionali in collaborazione con gli enti preposti, supporto all'avvio dell'affidamento familiare, attività di formazione e iniziative di sensibilizzazione nelle scuole, promozione di gruppi di auto/mutuo aiuto e messa a disposizione dei propri spazi per attività di competenza dei servizi sociali e sanitari del territorio.

4. La Giunta regionale, con propria deliberazione, disciplina l'attuazione di quanto previsto dal presente articolo.

 

     Art. 312 ter. (Fattore famiglia)

1. È istituito il fattore famiglia dell'Umbria quale specifico strumento integrativo per la definizione delle condizioni economiche e sociali che consentono di accedere agli interventi per la famiglia previsti nel presente Capo.

2. Ai fini di cui al comma 1, si intende per fattore famiglia un indicatore sintetico della situazione reddituale e patrimoniale che, nel rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159 (Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE)) e in attuazione di quanto previsto dall'articolo 2, comma 1, penultimo periodo dello stesso D.P.C.M. 159/2013, garantisce condizioni migliorative, integrando ogni altro indicatore, coefficiente, quoziente di premialità per le famiglie, al fine di individuare le modalità di accesso alle prestazioni.

3. Le attività relative alla determinazione dell'indicatore di cui al presente articolo e alla sua applicazione sono espletate all'interno delle strutture regionali con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e da esse non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio regionale.

4. La Giunta regionale, con propria deliberazione, stabilisce criteri e modalità per l'attuazione del fattore famiglia, individuando inizialmente una misura economica alla quale applicare in via sperimentale tale strumento integrativo di definizione delle condizioni economiche e sociali della famiglia che accede alle prestazioni sociali nonché attenendosi prioritariamente ai seguenti elementi:

a) capacità economica del nucleo familiare valutata sulla base dell'ISEE di cui al D.P.C.M. 159/2013 e condizioni come la presenza di un mutuo dell'abitazione principale;

b) presenza nel nucleo familiare di persone in condizioni di disabilità e di non autosufficienza, così come individuate ai sensi dell'Allegato 3 al D.P.C.M. 159/2013;

c) presenza di un disagio psico-fisico nei componenti del nucleo familiare, riconosciuto e certificato dal servizio sanitario regionale;

d) composizione del nucleo familiare, con particolare riferimento all'età dei figli e alla presenza di figli minori, nonché allo stato di famiglia monogenitoriale;

e) introduzione del criterio preferenziale collegato all'anzianità di residenza nella regione.

 

     Art. 312 quater. (Dipartimento per la famiglia e Distretto famiglia)

1. È istituito, presso la Direzione regionale Salute e Welfare, il Dipartimento per la famiglia, con funzioni propositive per le politiche trasversali in favore della famiglia, di coordinamento e di monitoraggio per la verifica e la valutazione degli effetti prodotti dagli interventi previsti nel Piano triennale di cui all'articolo 312-quinquies.

2. Il Dipartimento opera con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, trasversali alle direzioni regionali interessate, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio regionale.

3. La Regione favorisce la realizzazione dei Distretti famiglia, quali aggregazioni volontarie delle comunità locali e circuiti sociali, economici, educativi e culturali, all'interno dei quali attori locali, diversi per ambiti di attività e finalità, sviluppano azioni di partenariato e di co-progettazione, come previsto dalla legge regionale 6 marzo 2023, n. 2 (Disposizioni in materia di amministrazione condivisa), con l'obiettivo di promuovere e valorizzare la famiglia.

4. I Distretti famiglia, in particolare, consentono:

a) alle famiglie di esercitare con consapevolezza le proprie funzioni fondamentali e di creare benessere familiare, coesione e capitale sociale;

b) alle organizzazioni pubbliche e private di offrire servizi, anche a carattere turistico, e interventi qualitativamente aderenti alle esigenze e alle aspettative delle famiglie, residenti e ospiti, e di accrescere l'attrattività territoriale, contribuendo allo sviluppo locale;

c) di qualificare il territorio come laboratorio strategico all'interno del quale si sperimentano e si integrano le politiche pubbliche, si confrontano e si rilanciano le culture amministrative, si innovano i modelli organizzativi, in una dimensione di incontro e confronto nell'ambito del contesto nazionale ed europeo.

5. Il Dipartimento per la famiglia di cui al comma 1 si avvale di un Tavolo di consultazione composto da:

a) l'assessore regionale competente che lo presiede, o un suo delegato;

b) il dirigente della struttura della Giunta regionale competente in materia di famiglia, o un suo delegato;

c) un rappresentante dell'Associazione nazionale comuni d'Italia (ANCI);

d) due direttori dei servizi socio-sanitari delle aziende unità sanitarie locali;

e) quattro rappresentanti degli organismi di rappresentanza delle famiglie del territorio regionale di cui all'articolo 341;

f) tre rappresentanti delle Zone sociali dell'Umbria;

g) tre rappresentanti del mondo istituzionale e delle realtà economiche, culturali, educative e ambientali.

6. Ai componenti del Tavolo non spetta alcun compenso e rimborso spese.

7. La Giunta regionale, con propria deliberazione, stabilisce criteri e modalità di istituzione dei Distretti famiglia di cui al comma 3, nonché individua modalità e condizioni di adesione ai Distretti medesimi da parte dei soggetti pubblici e privati, stabilisce altresì i criteri e le modalità di istituzione del Dipartimento per la famiglia di cui al comma 1.

8. Con la medesima deliberazione di cui al comma 7 la Giunta regionale disciplina le modalità di funzionamento del Tavolo di consultazione di cui al comma 5 e i criteri di designazione, secondo un criterio di rotazione, dei rappresentanti di cui al comma 5, lettere e), f) e g), ed individua la struttura regionale di supporto dello stesso.

 

     Art. 312 quinquies. (Piano triennale degli interventi per la famiglia)

1. Il Piano triennale degli interventi per la famiglia definisce gli indirizzi, le priorità e le strategie dell'azione regionale, in coerenza con le previsioni e gli obiettivi di cui all'articolo 296.

2. Nel Piano, in particolare, sono indicati:

a) gli obiettivi generali e programmatici da perseguire, nonché l'analisi dei fabbisogni nel territorio regionale;

b) le modalità, le forme di azione e le priorità da attuare nel triennio di riferimento;

c) le strutture regionali coinvolte;

d) l'ammontare complessivo delle risorse destinate nel triennio e la ripartizione tra i vari interventi.

3. La Giunta regionale, acquisite e valutate le osservazioni e le proposte del Dipartimento per la famiglia di cui all'articolo 312-quater, adotta il Piano di cui al comma 1 e lo trasmette all'Assemblea legislativa per l'approvazione.".

 

     Art. 312 sexies. (Valutazione d'impatto familiare)

1. La Regione promuove la valutazione d'impatto familiare per orientare le strategie complessive di governo al sostegno della famiglia, in considerazione della sua valenza sociale ed economica, con particolare riguardo alla promozione della genitorialità e della natalità, in attuazione dei principi di equità sociale, sussidiarietà, adeguatezza e a sostegno della solidarietà familiare, con speciale riferimento alle famiglie in cui sono presenti persone con disabilità o in situazioni di disagio.

2. La valutazione d'impatto familiare costituisce strumento per indirizzare le politiche familiari previste in ogni settore, secondo criteri di differenziazione e proporzionalità in rapporto alla composizione del nucleo familiare e alla sua condizione economica.

3. a valutazione d'impatto familiare implica:

a) l'analisi preventiva dell'incidenza sulle famiglie degli interventi previsti negli atti di programmazione e nei relativi strumenti attuativi, con riferimento al rapporto tra condizione economica e composizione del nucleo familiare;

b) la verifica periodica dei risultati in termini di qualità, efficacia e adeguatezza degli interventi previsti negli atti di programmazione e nei relativi strumenti attuativi aventi ricadute sulla famiglia;

c) il coinvolgimento nella valutazione dei principali attori del sistema delle politiche familiari e degli utenti destinatari dei servizi.

4. La Regione promuove intese con gli enti locali per estendere la valutazione d'impatto familiare alle politiche settoriali di loro competenza e ai relativi atti di programmazione, assicurando il coinvolgimento del Consiglio delle autonomie locali di cui alla L.R. 20/2008.

5. Con deliberazione della Giunta regionale sono stabiliti i criteri e le modalità di attuazione del presente articolo.

 

Capo III

Fondo regionale di emergenza per le famiglie delle vittime di incidenti mortali del lavoro

 

     Art. 313. Fondo regionale di emergenza per le famiglie delle vittime di incidenti mortali del lavoro.

1. La Regione, nel rispetto dei principi sanciti dallo Statuto regionale, al fine di far fronte all'emergenza delle famiglie di lavoratrici e lavoratori autonomi e subordinati nonché di soggetti ad essi equiparati, vittime di incidenti mortali del lavoro, istituisce il Fondo regionale di emergenza per le famiglie delle vittime di incidenti mortali del lavoro di seguito denominato Fondo. Il Fondo è finalizzato all'erogazione di un contributo in caso di morte del lavoratore per incidente del lavoro.

2. La Regione con il Fondo di cui al comma 1, promuove, altresì, in collaborazione con altri soggetti istituzionali e organismi che operano nell'ambito della sicurezza sul lavoro, campagne di informazione e progetti di sensibilizzazione sul diritto delle lavoratrici e dei lavoratori alla sicurezza nei luoghi di lavoro al fine di assicurare una più efficace azione volta alla soluzione del problema della sicurezza nei luoghi di lavoro.

3. Le risorse destinate alle campagne ed ai progetti di cui al comma 2 non possono superare il dieci per cento del fondo.

4. Il Fondo di cui al comma 1 è alimentato:

a) da risorse regionali;

b) dalla raccolta effettuata dal Comitato regionale di cui all'articolo 315 dei contributi volontari e solidaristici versati dai lavoratori, dai datori di lavoro, dagli amministratori, eletti o nominati, della Regione, dei Comuni e delle Province, dagli amministratori nominati dagli Enti pubblici, dai cittadini singoli o associati e qualunque altro soggetto pubblico o privato;

c) con i proventi derivanti dalle sanzioni applicate alle imprese che non risultano in regola con le disposizioni regionali in materia di regolarità contributiva.

5. Le risorse finanziarie costituenti il Fondo possono essere utilizzate per interventi e prestazioni di assistenza sociale a favore dei soggetti di cui all'articolo 314, al fine di garantire agli stessi una quota assistenziale al momento della perdita del familiare, con le modalità previste nel regolamento di cui all'articolo 316, comma 1, lettera a).

 

     Art. 314. Contributo in caso di morte del lavoratore per incidente sul lavoro.

1. Sono beneficiari del contributo di cui all'articolo 313 il coniuge superstite o, in mancanza i figli, o in mancanza di questi, gli ascendenti, o in mancanza di questi, i fratelli e le sorelle in rapporto di dipendenza economica, o in mancanza di questi ultimi, il convivente anagraficamente in rapporto di dipendenza economica, secondo le modalità stabilite dal regolamento di all'articolo 316, comma 1, lettera a).

2. Il contributo è concesso ove il lavoratore deceduto risulti residente in Umbria al momento del decesso, ovvero ove l'incidente mortale si sia verificato nel territorio regionale.

3. Il contributo è concesso entro trenta giorni dalla morte del lavoratore per una sola volta. Esso è aggiuntivo rispetto ad eventuali emolumenti o indennizzi derivanti da altri obblighi di legge o assicurativi.

 

     Art. 315. Comitato regionale per il Fondo emergenza incidenti del lavoro.

1. È istituito il Comitato per il Fondo emergenza incidenti del lavoro composto da:

a) il Presidente della Giunta regionale, o suo delegato, con funzioni di Presidente;

b) un componente designato dall'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) e uno designato dall'Unione province d'Italia associazioni dell'Umbria (UPI);

c) tre componenti designati dalle organizzazioni sindacali regionali dei lavoratori maggiormente rappresentative, Confederazione generale italiana del lavoro (CGIL), Confederazione italiana sindacati lavoratori (CISL), Unione italiana del lavoro (UIL) e Unione generale del lavoro (UGL);

d) un componente designato dalla Confindustria Umbria;

e) un componente designato dalla Confederazione italiana della piccola e media industria regionale (CONFAPI);

f) un componente designato dalla Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa regionale (CNA);

g) un componente designato dalla Associazione provinciale artigiani della provincia di Perugia e della provincia di Terni;

h) un componente designato dalla Confartigiano imprese Umbria;

i) un componente designato dalla Unione fra gli artigiani della Regione Umbria (CLAAI);

j) un componente designato dalla Confederazione italiana agricoltori dell'Umbria regionale (CIA);

k) un componente designato dalla Confagricoltura regionale;

l) un componente designato dalla Coldiretti Umbria;

m) un componente designato dalla Confcommercio regionale;

n) un componente designato dalla Confesercenti regionale;

o) un componente designato dalla Confcooperative regionale;

p) un rappresentante designato dalla Lega regionale delle cooperative;

q) un componente designato dalla Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro (ANMIL) Umbria.

2. Il Comitato può, di volta in volta, invitare alle sedute altri soggetti oltre a quelli individuati al comma 1.

3. Il Comitato è nominato dal Presidente della Giunta regionale, resta in carica per la durata della legislatura e opera presso la Direzione regionale competente in materia di servizi sociali.

4. Le funzioni di segreteria e di assistenza del Comitato sono svolte dal servizio regionale competente in materia di servizi sociali.

5. Il Comitato adotta un regolamento interno per il proprio funzionamento. Il regolamento può prevedere l'adesione di altri soggetti.

6. Ai componenti del Comitato non spetta alcun compenso e rimborso spese.

 

     Art. 316. Funzioni del Comitato regionale per il Fondo emergenza incidenti del lavoro.

1. Il Comitato svolge le seguenti funzioni:

a) provvede alla gestione del Fondo e alla erogazione del contributo in caso di morte del lavoratore per incidente del lavoro sulla base delle modalità stabilite dalla Giunta regionale con regolamento, secondo il criterio che il contributo si compone di una parte fissa uguale per tutti i beneficiari e di una parte variabile da determinare tenendo conto del reddito complessivo del nucleo familiare e del numero dei suoi componenti. La parte variabile del contributo non può essere superiore al triplo della parte fissa dello stesso;

b) formula proposte alla Giunta regionale in merito alle iniziative dirette a favorire la conoscenza e la sensibilizzazione in ordine al rispetto dei diritti dei lavoratori sulla sicurezza nei luoghi di lavoro;

c) propone alla Giunta regionale indagini e studi nelle materie di cui al presente Testo unico.

 

Titolo V

Politiche per le persone a rischio di esclusione sociale

Capo I

Fondo regionale per la non autosufficienza e diritto alle prestazioni

 

     Art. 317. Fondo regionale per la non autosufficienza.

1. La Regione, nel rispetto dei valori della Costituzione e della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, dei principi fondamentali stabiliti dalla legge n. 328/2000 e dalla normativa statale vigente in materia, nonché dei principi fissati dallo Statuto regionale, istituisce il Fondo regionale per la non autosufficienza, di seguito denominato Fondo, al fine di incrementare il sistema di protezione sociale e di cura delle persone non autosufficienti e delle relative famiglie, sulla base dei principi generali di universalità nell'accesso alle prestazioni, di integrazione delle politiche sociali e sanitarie, di presa in carico attraverso una progettualità personalizzata e partecipata.

 

     Art. 318. Diritto alle prestazioni.

1. Possono usufruire delle prestazioni dei servizi, finanziati con il Fondo, le persone non autosufficienti aventi diritto all'assistenza sanitaria.

2. Con il termine persone non autosufficienti si intendono quelle persone che hanno subito una perdita permanente parziale o totale dell'autonomia delle abilità fisiche, psichiche, sensoriali, cognitive e relazionali, da qualsiasi ragione determinata, con conseguente incapacità di compiere gli atti essenziali della vita quotidiana senza l'aiuto rilevante di altre persone, considerando i fattori ambientali e personali che concorrono a determinare tale incapacità coerentemente con quanto previsto dalle indicazioni della Organizzazione mondiale della sanità (O.M.S.) attraverso la classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute (I.C.F.). La condizione di non autosufficienza si articola in diversi livelli di gravità, secondo quanto previsto all'articolo 320, comma 2, lettera b).

 

     Art. 319. Accesso unico alle prestazioni e presa in carico della persona non autosufficiente.

1. L'accesso alle prestazioni dei servizi finanziati con il Fondo è garantito dalla rete territoriale dei servizi socio-sanitari attraverso i centri di salute dei distretti socio-sanitari e gli uffici della cittadinanza dei comuni, che assicurano l'uniformità dell'informazione e l'accoglienza, confluendo in un punto unico rappresentato dal distretto socio-sanitario.

2. Il distretto sanitario o le Zone sociali provvedono alla presa in carico della persona non autosufficiente ed alla attivazione della unità multidisciplinare di valutazione prevista dalle disposizioni regionali in materia.

3. La presa in carico comporta la valutazione multidisciplinare della persona non autosufficiente e la formulazione di un progetto individuale finalizzato a realizzare la piena inclusione della persona non autosufficiente nell'ambito della vita familiare e sociale, nonché, nei percorsi dell'istruzione scolastica o professionale e del lavoro in armonia con quanto stabilito dal Capo III della legge n. 328/2000. All'interno del progetto individuale viene formulato il programma assistenziale personalizzato come definito dall'articolo 324.

 

     Art. 320. Accertamento e valutazione della non autosufficienza.

1. L'accertamento della condizione di non autosufficienza è effettuato dalle unità multidisciplinari di valutazione, geriatrica e per disabili, previste dalle disposizioni regionali in materia operanti presso i distretti socio-sanitari delle Aziende (USL).

2. La Giunta regionale, con proprio atto di indirizzo fissa in maniera omogenea su tutto il territorio:

a) i criteri per definire la composizione delle unità di valutazione di cui al comma 1 e le relative modalità di funzionamento;

b) i criteri di classificazione dei casi sottoposti a valutazione per categoria clinica e gravità della condizione.

3. La valutazione della condizione di non autosufficienza avviene tenendo conto delle indicazioni della O.M.S. ed è ispirata ai principi generali della I.C.F. di cui all'articolo 318 comma 2.

4. Alle unità di valutazione di cui al comma 1 partecipano, almeno, il medico di medicina generale, il personale sanitario dell'area infermieristica e dell'area riabilitativa della competente struttura della Azienda USL e il personale relativo alle figure professionali socio-assistenziali dei servizi sociali del comune competente per territorio.

5. Le Aziende USL competenti per territorio provvedono alla nomina e all'insediamento delle unità di valutazione di cui al comma 1.

 

     Art. 321. Costituzione del Fondo regionale per la non autosufficienza.

1. Il Fondo regionale per la non autosufficienza è alimentato da:

a) risorse provenienti dal riparto del Fondo nazionale per la non autosufficienza;

b) risorse provenienti dal finanziamento di parte corrente del Servizio sanitario regionale specificatamente destinate alle finalità della presente legge;

c) risorse proprie del bilancio regionale afferenti anche al Fondo sociale regionale di cui alla legge regionale 26/2009;

d) eventuali altre risorse di natura privata.

2. Il Fondo costituisce vincolo di risorse per la realizzazione degli obiettivi previsti di cui all'articolo 317.

3. Alla realizzazione degli obiettivi di cui all'articolo 317 concorrono i Comuni con risorse proprie appositamente destinate nei bilanci annuali e pluriennali.

4. Il Fondo ha contabilità separata nel bilancio delle Aziende USL.

5. La Giunta regionale, con proprio atto di indirizzo, definisce le modalità di tenuta della contabilità e la relativa rendicontazione.

 

     Art. 322. Partecipazione delle formazioni sociali e delle organizzazioni sindacali nella costruzione e gestione del Fondo regionale per la non autosufficienza.

1. La Regione riconosce il ruolo di rappresentanza sociale delle organizzazioni e delle formazioni sociali che rappresentano e tutelano i cittadini nella costruzione del sistema integrato di interventi e servizi sociali e assume il confronto e la concertazione come metodo di relazione con esse.

2. Nella costruzione e gestione del Fondo assume un ruolo fondamentale il confronto ai vari livelli istituzionali con le organizzazioni sindacali, le espressioni di autorganizzazione della società civile in ambito sociale, con particolare riferimento alle organizzazioni di volontariato, alle associazioni di promozione sociale e del confronto con le rappresentanze dei soggetti gestori dei servizi. Il confronto si realizza lungo tutto l'arco della elaborazione degli strumenti di programmazione e si completa nel confronto sulla valutazione degli esiti. A livello delle Zone sociali tale confronto si svolge attraverso il Tavolo zonale di concertazione di cui all'articolo 271-bis.

3. I principi di cui al presente articolo orientano l'attività della Regione e degli Enti locali a tutti i livelli, prevedendo momenti di concertazione e confronto per i rispettivi ambiti di competenza.

 

Capo II

Fondo per le prestazioni socio-sanitarie e sociali

 

     Art. 323. Fondo per le prestazioni socio-sanitarie e sociali.

1. Il Fondo per garantire l'attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni, in favore delle persone non autosufficienti anziani, adulti e minori, finanzia le prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria, le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale e le prestazioni sociali a rilevanza sanitaria.

2. La Regione assegna direttamente ai Distretti di cui all'art. 38 e alle Zone sociali di cui all'articolo 268-bis le risorse del fondo per l'erogazione delle prestazioni di cui al comma 1 a rilevanza sociale.

3. Le prestazioni di cui al comma 1, garantite alle persone non autosufficienti secondo criteri di gradualità nell'erogazione come previsto dal comma 6, lettera c), sono orientate a favorire la permanenza dell'assistito nel proprio domicilio ed evitare il ricovero in strutture residenziali. Le prestazioni socio-sanitarie e sociali prevedono interventi volti a mantenere ed accrescere le opportunità di sviluppo psicosociale della persona disabile.

4. Le spese sostenute per l'assistenza alle persone non autosufficienti seguono il criterio della residenza del beneficiario e la compensazione finanziaria avviene secondo le disposizioni che regolano la mobilità sanitaria.

5. La Giunta regionale in coerenza con gli obiettivi della programmazione socio-sanitaria, stabilisce con proprio atto:

a) le prestazioni erogabili a domicilio con particolare riguardo all'assistenza tutelare, all'aiuto personale nello sviluppo delle attività quotidiane, all'assistenza familiare domiciliare, alla promozione di attività di socializzazione, nonché le prestazioni della medesima natura da garantire presso le strutture residenziali e semi residenziali per le persone non autosufficienti, non assistibili a domicilio, incluse quelle di ospitalità alberghiera;

b) i criteri di erogazione appropriata delle prestazioni, correlati alla natura del bisogno da garantire alle persone non autosufficienti in ambito domiciliare, semi residenziale e residenziale, articolati in base all'intensità complessiva e alla durata dell'assistenza;

c) l'individuazione dei costi posti a carico del Servizio sanitario nazionale per ciascuna prestazione.

6. La Giunta regionale disciplina con regolamento:

a) i criteri e le modalità per l'accesso alle prestazioni;

b) i criteri di compartecipazione al costo delle prestazioni di cui alla presente legge tenendo conto delle condizioni economiche del destinatario della prestazione, prevedendo l'esenzione totale, l'esenzione parziale e la non esenzione;

c) i criteri per garantire la gradualità nell'erogazione delle prestazioni, limitatamente alla fase di progressivo raggiungimento dei livelli essenziali, in modo proporzionale alle risorse disponibili.

 

Capo III

Programma assistenziale personalizzato

 

     Art. 324. Programma assistenziale personalizzato.

1. Il programma assistenziale personalizzato, di seguito PAP, individua obiettivi ed esiti attesi in termini di mantenimento e miglioramento delle condizioni di salute, indica le prestazioni da assicurare alla persona non autosufficiente e alla famiglia, fissa i tempi e le modalità di erogazione delle prestazioni, nonché i criteri di verifica in itinere dei risultati raggiunti.

2. Alla definizione del PAP partecipano la persona non autosufficiente, o eventualmente chi è stato nominato dal Giudice tutelare, i suoi familiari e conviventi.

3. Il PAP individua il responsabile del programma che deve essere scelto tra gli operatori dell'area sanitaria o dell'area sociale sulla base del criterio della prevalenza della tipologia delle prestazioni previste dal programma stesso.

4. Il responsabile del PAP di cui al comma 3 garantisce l'attuazione del programma attraverso l'intervento integrato dei servizi sanitari e dei servizi sociali, divenendo il referente dei soggetti di cui al comma 2.

 

     Art. 325. Patto per la cura e il benessere.

1. Al fine di assicurare la piena applicazione del PAP la persona non autosufficiente, o eventualmente chi è stato nominato dal Giudice tutelare, i suoi familiari o conviventi e il responsabile del PAP predispongono e sottoscrivono il Patto per la cura e il benessere con il quale vengono garantite e coordinate le prestazioni sanitarie e socio-assistenziali, integrando servizi alla persona e al nucleo familiare con eventuali misure economiche.

 

Capo IV

Piano regionale integrato per la non autosufficienza

 

     Art. 326. Piano regionale integrato per la non autosufficienza.

1. La Giunta regionale adotta, contestualmente al Piano sanitario ed al Piano sociale, il Piano regionale integrato per la non autosufficienza di seguito PRINA e lo trasmette, espletate le procedure di concertazione, all'Assemblea Legislativa per l'approvazione.

2. Il PRINA ha durata triennale e definisce:

a) i criteri generali di riparto del Fondo di cui all'articolo 1 e l'assegnazione delle risorse da destinare alle Aziende USL e alle zone sociali con il vincolo di destinazione per i distretti socio-sanitari e Ambiti territoriali sociali;

b) le aree prioritarie di intervento nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza da garantire alle persone non autosufficienti;

c) gli indirizzi per l'organizzazione dei servizi territoriali operanti a livello di Azienda USL e a livello di Comune.

 

     Art. 327. Livelli e strumenti della programmazione.

1. Ai fini della presente legge, in coerenza con gli indirizzi fissati dal PRINA, la programmazione si articola su tre livelli:

a) Regione;

b) Azienda USL e Zone sociali dei distretti dell'azienda unità sanitaria locale;

c) distretti sanitari e Zone sociali.

2. La Regione approva il PRINA, ne verifica l'attuazione e ne valuta gli esiti.

3. L'azienda unità sanitaria locale e le Zone sociali ricompresi nel suo territorio redigono il Piano attuativo triennale del PRINA.

4. Il Piano attuativo triennale del PRINA è articolato per distretti sanitari e Zone sociali e individua i servizi aventi come bacino di utenza l'intero territorio delle Zone sociali.

5. Il Piano attuativo triennale del PRINA è approvato dalla Conferenza di zona, entro 30 giorni dalla approvazione del PRINA, ed acquista efficacia dopo la valutazione di congruità da parte della Giunta regionale, così come previsto per i piani attuativi locali, resa entro 30 giorni.

6. I distretti sanitari e le Zone sociali, definiscono il Programma operativo del PRINA quale parte integrante del Programma delle attività territoriali del distretto socio-sanitario e del Piano di zona.

7. Il Programma operativo del PRINA viene redatto e approvato nel rispetto delle procedure previste dalle disposizioni vigenti per la redazione e approvazione del Programma delle attività territoriali del distretto sanitario e del Piano di zona.

8. Il Programma operativo del PRINA è approvato entro 30 giorni dalla deliberazione della Giunta regionale avente ad oggetto la valutazione di congruità del Piano attuativo triennale del PRINA.

9. Gli anziani non autosufficienti che beneficiano dell'assegno di cura di cui alla L.R. n. 24/2004 continuano a percepire l'incentivo economico fino a quando è predisposto e sottoscritto in loro favore il patto per la cura ed il benessere che può confermare l'incentivo o prevedere altre misure economiche ai sensi dell'articolo 325.

 

Capo V

Prestito sociale d'onore

 

     Art. 328. Prestito sociale d'onore.

1. Il prestito sociale d'onore, in coerenza con il Piano sociale regionale, è un'agevolazione concessa a favore di soggetti in possesso dei requisiti di cui all'articolo 330 che versano in situazioni di temporanea difficoltà economica.

2. La difficoltà economica di cui al comma 1 deve essere:

a) momentanea e contingente, legata a problematiche individuali, familiari, abitative, scolastico-formative, lavorative, di salute e legali.

b) caratterizzata dalla presenza di concrete opportunità volte al superamento delle difficoltà economiche da parte del soggetto e/o dei suoi familiari.

 

     Art. 329. Fondo per l'accesso al prestito sociale d'onore.

1. La Giunta regionale finanzia il prestito sociale d'onore con un apposito fondo finalizzato a consentire l'accesso al microcredito da parte dei soggetti di cui all'articolo 330, anche al fine di contrastare fenomeni di usura.

2. Il fondo è ripartito tra le Zone sociali con le modalità stabilite dal regolamento di cui all'articolo 331 comma 6.

3. Il prestito sociale d'onore consiste nell'abbattimento totale degli interessi sui prestiti sociali d'onore erogati da istituti di credito convenzionati con Gepafin S.p.A., da restituirsi in rate periodiche entro un periodo massimo di sessanta mesi. La restituzione del prestito decorre dal sesto mese dall'erogazione dello stesso. Il prestito sociale d'onore è garantito da Gepafin S.p.a. sull'importo richiesto, nei limiti della disponibilità del Fondo.

4. Il prestito sociale d'onore ha un importo massimo di euro 5 mila ed è determinato in funzione delle necessità dei soggetti e della loro capacità di rimborso.

5. La gestione amministrativa e contabile del fondo di cui al comma 1, effettuata secondo un criterio di separazione tra l'importo per l'abbattimento totale degli interessi derivanti dall'erogazione di prestiti e l'importo a garanzia dei prestiti sociali erogati, è attribuita a Gepafin S.p.a. sulla base di una apposita convenzione stipulata tra la stessa Gepafin e la Regione.

6. Un nuovo prestito sociale d'onore non può essere concesso al richiedente e/o al proprio nucleo familiare prima di dodici mesi a partire dal termine della restituzione del precedente prestito.

 

     Art. 330. Requisiti per l'accesso.

1. Il soggetto, per ottenere il prestito sociale d'onore deve essere in possesso, alla data di presentazione della domanda, dei seguenti requisiti:

a) essere cittadino italiano o dell'Unione Europea; qualora cittadino extracomunitario, essere in possesso di carta di soggiorno o regolare permesso di soggiorno, la cui scadenza deve essere successiva alla restituzione del prestito;

b) esercitare attività di lavoro subordinata o autonoma;

c) avere residenza anagrafica da almeno un anno in uno dei comuni dell'Umbria;

d) avere compiuto i 18 anni di età;

e) avere un reddito familiare complessivo, come determinato da attestazione ISEE, ai sensi dalle vigenti disposizioni nazionali e regionali, non superiore a 17 mila euro annui e non inferiore a 5 mila euro annui, calcolato sulla base dell'ultima dichiarazione dei redditi;

f) avere una condizione socio-economica, alla data di presentazione della domanda o conseguibile in un arco temporale di breve periodo rispetto alla data della domanda stessa, tale da consentire una ragionevole e ponderata capacità di rimborso entro i termini stabiliti all'articolo 329, comma 3;

g) non godere di altre agevolazioni della stessa natura erogate da soggetti pubblici e privati, fatte salve le agevolazioni di carattere fiscale. Tale requisito deve sussistere fino alla restituzione dell'ultima rata del prestito sociale d'onore ottenuto;

h) non avere una situazione debitoria che evidenzia l'assoluta incapacità di rimborso del prestito sociale d'onore.

 

     Art. 331. Modalità per l'erogazione del prestito.

1. Il soggetto, al fine dell'erogazione del prestito sociale d'onore, deve presentare apposita domanda al Comune di residenza o al Comune capofila di Zona sociale individuato nel Piano sociale regionale. La domanda deve contenere le dichiarazioni sostitutive di certificazione e di atto di notorietà rese ai sensi del D.P.R. 445/2000 relativamente:

a) al possesso dei requisiti di cui all'articolo 330;

b) alla sussistenza delle problematiche di cui all'articolo 328 comma 2 lettera a).

2. La domanda deve altresì contenere l'importo della spesa sostenuta o da sostenere che deve essere dimostrato da puntuale e adeguata documentazione.

3. Il Comune di cui al comma 1, verifica il possesso dei requisiti di cui all'articolo 330 e trasmette a Gepafin S.P.A. le domande prevenute, con cadenza mensile.

4. Gepafin S.p.A. stila una graduatoria delle domande pervenute, tenendo conto delle priorità determinate con il regolamento di cui al comma 6 e, entro dieci giorni dal ricevimento della domanda, trasmette agli istituti di credito convenzionati di cui all'articolo 329, comma 3, una comunicazione contenente l'indicazione dei soggetti che hanno i requisiti per accedere al prestito sociale d'onore.

5. Gli istituti di credito convenzionati, entro quindici giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 4, deliberano la concessione del prestito sociale d'onore.

6. La Giunta regionale, con apposito regolamento:

a) stabilisce le specifiche tipologie di difficoltà economica, momentanea e contingente, con l'individuazione delle relative priorità ai sensi dell'articolo 328 comma 2, lettera a);

b) approva lo schema di avviso pubblico da pubblicarsi presso i Comuni;

c) individua i criteri e le procedure per la ripartizione del fondo di cui all'articolo 329, tra Zone sociali previsti dal Piano sociale regionale.

 

Capo VI

Erogazione di contributi a favore degli enti di tutela e assistenza agli invalidi

 

     Art. 332. Erogazione di contributi.

1. La Regione concede annualmente contributi alle seguenti Associazioni allo scopo di favorirne lo svolgimento dei compiti istituzionali:

a) Associazione nazionale mutilati ed invalidi del lavoro (ANMIL) riconosciuta con D.P.R. 31 marzo 1979;

b) Associazione nazionale mutilati ed invalidi civili (ANMIC) riconosciuta con D.P.R. 23 dicembre 1978;

c) Associazione nazionale vittime civili di guerra (ANVCG) riconosciuta con D.P.R. 23 dicembre 1978;

d) Unione nazionale mutilati per servizio (UNMS) riconosciuta con D.P.R. 23 dicembre 1978;

e) Unione italiana ciechi (UIC) riconosciuta con D.P.R. 23 dicembre 1978;

f) Associazione nazionale mutilati ed invalidi di guerra (ANMIG) riconosciuta con D.P.R. 23 dicembre 1978;

g) Ente nazionale sordomuti (ENS) riconosciuta con D.P.R. 31 dicembre 1979.

 

     Art. 333. Modalità di erogazione dei contributi.

1. I contributi vengono erogati dalla Giunta regionale sulla base di un programma di riparto adottato dalla Giunta medesima secondo le seguenti percentuali: il 20 per cento dello stanziamento regionale viene assegnato alla Unione italiana ciechi (UIC), il 29 per cento all'ANMIC, il 20 per cento all'ANMIL, il 13 per cento all'ANMIG, il 6 per cento all'ENS, il 6 per cento all'UNMS e il 6 per cento all'ANVCG.

2. La Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, con proprio atto provvede ogni due anni alla revisione delle aliquote percentuali di cui al comma 1, sulla base del numero degli assistiti di ciascuna associazione e del volume dell'attività svolta, da valutare in base al consuntivo di cui al successivo articolo.

3. Al fine della formazione del piano di riparto di cui al comma 1, gli aventi diritto devono presentare entro il 31 ottobre di ogni anno alla Giunta regionale il programma di attività per l'anno successivo ed il relativo piano finanziario. La Giunta regionale provvede alla liquidazione dei contributi previa valutazione dei programmi presentati.

4. Entro il 31 marzo dell'anno successivo a quello dell'erogazione del contributo, gli aventi diritto presentano alla Giunta regionale il rendiconto delle attività svolte ed i relativi conti consuntivi.

5. Qualora la Giunta regionale riscontri difformità rispetto ai piani di attività e/o ai compiti istituzionali stabiliti negli statuti delle associazioni che hanno beneficiato del contributo, revoca il contributo stesso.

 

Titolo VI

Misure per disciplinare l'inserimento di comunità a rischio di emarginazione sociale

Capo I

Misure per disciplinare l'inserimento dei nomadi nella società e per la tutela della loro identità e del loro patrimonio culturale

 

     Art. 334. Misure per l'insediamento dei nomadi nel contesto sociale.

1. La Regione disciplina l'insediamento dei nomadi di cittadinanza italiana nel contesto sociale, garantendo la salvaguardia dell'identità e della cultura nomade, riconosce il diritto al nomadismo, ne disciplina la sosta nel territorio regionale, la fruizione dei servizi per l'assistenza sociale e sanitaria e stabilisce provvidenze finalizzate all'inserimento della comunità nomade di cittadinanza italiana nel contesto sociale.

2. Possono beneficiare delle previsioni di cui al presente Testo unico anche i nomadi non cittadini italiani, nei limiti ed alle condizioni previste dalla vigente legislazione statale.

 

     Art. 335. Realizzazione dei campi di sosta e delle aree di transito.

1. I Comuni qualora intendano realizzare i campi di sosta e di transito, provvedono con apposita variante al proprio strumento urbanistico generale di previsione alla individuazione delle aree necessarie classificandole: "aree e servizi pubblici", con specifica destinazione.

2. I Comuni entro il 31 gennaio di ogni anno presentano al Presidente della Giunta regionale le domande per la realizzazione dei campi di sosta e delle aree di transito per i nomadi.

3. Alle domande devono essere allegati:

a) i progetti dei campi di sosta e delle aree di transito, le relative relazioni tecniche e preventivi di spesa;

b) i preventivi di spesa relativi alla gestione ed alla manutenzione dei campi e delle aree.

4. Il campo di sosta nel quale è consentito un periodo di permanenza massima di un anno per non più di cento utenti deve avere una superficie non inferiore a mq. 2000 e non superiore a mq. 3000, deve essere dotato di recinzione, servizi igienici compresi docce, fontana e lavatoio, illuminazione pubblica, impianti di allaccio di energia elettrica ad uso privato, area di giochi per bambini, telefono pubblico, contenitori per immondizie.

5. L'area riservata al transito consiste in una superficie dove i nomadi possono sostare per un periodo non superiore a venti giorni. L'area di transito deve essere dotata di recinzione, impianto di allaccio di energia elettrica, servizi igienici, acqua potabile e di spazi per la sosta delle roulotte.

6. L'ubicazione dei campi di sosta e di transito è individuata in modo da favorire la partecipazione degli utenti alla vita sociale e l'accesso ai servizi sanitari e sociali. La vigilanza sulle condizioni igienico-sanitarie è assicurata da parte dell'Azienda USL competente.

7. I nomadi accedono ai campi di sosta e di transito previa richiesta al Comune, il quale può disporre il versamento di un contributo.

8. I Comuni che abbiano realizzato i campi di sosta e le aree di transito possono affidarne, mediante convenzione, la gestione ad associazioni di volontariato, che operino nel settore dei servizi sociali, con le modalità previste dall'articolo 382.

 

     Art. 336. Piano annuale ed erogazione dei contributi.

1. La Giunta regionale, sulla base delle domande presentate dai Comuni, approva il piano annuale per la localizzazione dei campi di sosta e delle aree di transito per i nomadi entro sessanta giorni dal termine di cui all'articolo 335, comma 2 ai fini della ripartizione dei contributi per la realizzazione e la gestione dei campi di sosta e delle aree di transito, previo parere della competente commissione consiliare.

2. I Comuni, entro sessanta giorni dall'approvazione del piano di cui al comma 1 devono presentare il progetto esecutivo delle opere.

3. L'erogazione dei contributi è disposta:

a) per l'acquisto delle aree fino al 30 per cento della spesa ritenuta ammissibile;

b) per la realizzazione dei campi di sosta e delle aree di transito fino al 30 per cento della spesa ritenuta ammissibile;

c) per la gestione fino al 30 per cento della spesa ritenuta ammissibile, entro il 30 settembre di ogni anno secondo le previsioni del piano di cui al comma 1.

4. I contributi sono erogati dalla Giunta regionale con le modalità previste dalla legge regionale 21 gennaio 2010, n. 3 (Disciplina regionale dei lavori pubblici e norme in materia di regolarità contributiva per i lavori pubblici.)

 

     Art. 337. Inserimento scolastico e professionale.

1. La Regione, al fine di favorire ed agevolare l'inserimento dei minori appartenenti alle Comunità dei nomadi negli asili nido, nella scuola materna e dell'obbligo, nel rispetto delle peculiarità della loro cultura, promuove iniziative dei Comuni e delle autorità scolastiche locali in accordo con l'Ufficio scolastico regionale.

2. I giovani nomadi che si iscrivono e frequentano gli asili nido, le scuole materne e dell'obbligo, i corsi di formazione professionale e le scuole secondarie in Umbria, usufruiscono delle provvidenze di cui alla legislazione regionale vigente nei limiti e secondo le modalità previste.

3. I soggetti destinatari della delega in materia di formazione professionale provvedono, nell'ambito dei piani annuali di attività, alla programmazione di iniziative specifiche dirette alla qualificazione professionale dei giovani nomadi, con particolare riferimento alle forme di lavoro e artigianato tipiche della loro cultura.

4. È consentita la partecipazione ai corsi annuali programmati per i giovani nomadi in possesso dei necessari requisiti culturali e di base adeguatamente accertati.

 

     Art. 338. Promozione delle attività artigiane e delle forme associative tipiche della cultura nomade.

1. La Regione favorisce la realizzazione di iniziative di sostegno del settore dell'artigianato, in particolare di quello tipico della cultura nomade, nel quadro della vigente normativa nazionale e regionale.

2. La Regione favorisce altresì la realizzazione di iniziative volte alla creazione di forme associative o cooperative nei settori di attività tipici dei nomadi.

 

Titolo VII

Azioni regionali per favorire lo scambio e l'utilizzo di prestazioni sociali tra cittadini

Capo I

Banche del tempo, tempi della città e associazionismo familiare

 

     Art. 339. Associazioni "Banche del tempo".

1. Per favorire lo scambio di servizi di vicinato, facilitare l'utilizzo dei servizi, favorire la produzione di beni relazionali nella comunità incentivando le iniziative di espressioni organizzate delle persone che intendono scambiare parte del proprio tempo a favore della famiglia per impieghi di reciproca solidarietà e interesse, la Regione favorisce la costituzione di associazioni denominate "Banche del tempo".

2. Al fine di favorire e sostenere le attività di cui al comma 1, i Comuni possono realizzare e favorire la formazione di banche del tempo attraverso le seguenti modalità:

a) disponendo l'utilizzo di locali e l'accesso ad eventuali servizi;

b) assicurando o concorrendo all'organizzazione di attività di promozione, formazione e informazione;

c) stipulando convenzioni che prevedano scambi di tempo da destinare a prestazioni di mutuo aiuto in favore di genitori, famiglie e singoli cittadini. Tali prestazioni non devono costituire modalità di esercizio di attività istituzionali.

 

     Art. 340. Coordinamento dei tempi della città.

1. I comuni, anche in forma associata, adottano piani territoriali degli orari, al fine di armonizzare i tempi delle città con le esigenze delle famiglie.

2. I piani di cui al comma 1 sono strumenti di carattere unitario per finalità e indirizzo, articolati in progetti, anche di carattere sperimentale, volti al coordinamento e all'armonizzazione degli orari degli esercizi commerciali, dei servizi pubblici, degli uffici periferici delle amministrazioni pubbliche, dei trasporti pubblici, delle attività culturali e di spettacolo, nonché alla promozione del tempo per fini di solidarietà sociale.

 

     Art. 341. Associazionismo familiare.

1. In attuazione di quanto stabilito dall'articolo 296, comma 4, le associazioni familiari concorrono alla formazione degli strumenti di programmazione nelle forme e nei modi stabiliti dalle disposizioni regionali, nazionali e dell'Unione europea, secondo quanto previsto dall'articolo 4 della legge regionale 28 febbraio 2000, n. 13 (Disciplina generale della programmazione).

2. La Regione favorisce e promuove le forme di associazionismo e autorganizzazione delle famiglie dirette a:

a) organizzare esperienze di mutualità nel lavoro di cura familiare;

b) realizzare interventi e servizi diretti a semplificare la vita quotidiana della famiglia;

c) realizzare attività informative per la famiglia sui servizi disponibili sul territorio e sulle esperienze di solidarietà familiare come l'adozione o l'affido, ovvero sugli interventi previsti dal presente Testo unico;

d) realizzare attività di formazione riguardanti le responsabilità familiari;

e) svolgere qualunque altra attività conforme alle finalità della presente legge.

 

     Art. 341 bis. (Elenco regionale degli organismi di rappresentanza delle famiglie)

1. È istituito presso la Giunta regionale l'Elenco regionale degli organismi di rappresentanza delle famiglie del territorio regionale ove sono iscritti gli organismi di cui all'articolo 341 che ne facciano richiesta.

2. La Giunta regionale, con propria deliberazione, disciplina i criteri e le modalità di formazione, nonché di iscrizione nello stesso, dell'Elenco di cui al comma 1.

 

Titolo VIII

Gestione dei servizi e degli interventi sociali

Capo I

Gestione dei servizi sociali

 

     Art. 342. Affidamento e gestione dei servizi.

1. La Zona sociale, tramite il Comune capofila, procede all'aggiudicazione dei servizi di cui al presente Testo unico in conformità alle disposizioni statali in materia.

2. -7. [Abrogati].

8. I rapporti di appalto con le cooperative sociali sono regolati dalla normativa nazionale e regionale in materia.

 

     Art. 343. Affidamento e inserimento lavorativo di persone svantaggiate.

1. I Piani sociali di zona prevedono, in conformità agli articoli 2 e 69 del D.Lgs. 163/2006, che una quota predefinita dei contratti per l'acquisto di beni e servizi o per l'esecuzione di opere e lavori pubblici, anche di importo superiore alla soglia comunitaria, contengano clausole sociali relative all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate. L'offerta dei concorrenti è articolata anche nei contenuti afferenti alla clausola sociale; a tal fine è specificata nei capitolati e nelle disposizioni di gara e valutata ai fini dell'aggiudicazione.

2. La Regione, al fine di favorire l'inserimento di persone svantaggiate nel mondo del lavoro, incentiva la stipula di convenzioni, da parte dei Comuni, anche in forma associata, con le cooperative che svolgono le attività di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 8 novembre 1991, n. 381 (Disciplina delle cooperative sociali), per la fornitura di beni e di servizi, diversi da quelli socio-sanitari ed educativi, il cui importo stimato al netto dell'IVA sia inferiore agli importi stabiliti dalle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici, ai sensi e secondo le modalità di cui all'articolo 5, comma 1, della legge 381/1991 e dell'articolo 403.

3. A decorrere dall'anno 2016, la Regione, con l'atto di programmazione del Fondo sociale regionale di cui all'articolo 357, destina una quota dello stesso Fondo, compresa tra il tre ed il dieci per cento, per le finalità di cui al comma 2. Tale quota è ripartita dalla Regione tra i comuni per i quali risultano affidamenti, anche in forma associata, di forniture di beni e di servizi a favore delle cooperative di tipo B, secondo quanto previsto al medesimo comma 2, riferibili all'anno precedente a quello della ripartizione, in misura percentuale non inferiore al cinque per cento del valore complessivo degli importi degli affidamenti di forniture di beni e servizi, operati dagli stessi comuni e riferibili al medesimo anno precedente la ripartizione, al netto dell'IVA. I comuni per essere ammessi alla ripartizione devono presentare apposita richiesta.

4. La Giunta regionale, con il medesimo atto di programmazione di cui al comma 3, specifica i criteri per la ripartizione della quota di cui allo stesso comma 3, anche tenendo conto di elementi di ponderazione socio-demografici, indica procedure, termini e modalità per la presentazione della richiesta da parte dei comuni di cui al comma 3 ed individua le tipologie e le procedure di verifica e di controllo, potendo avvalersi ai fini delle verifiche e dei controlli, anche dell'Osservatorio regionale dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture di cui all'articolo 10 della legge regionale 21 gennaio 2010, n. 3 (Disciplina regionale dei lavori pubblici e norme in materia di regolarità contributiva per i lavori pubblici).

5. La quota da ripartire tra i comuni di cui al presente articolo non costituisce contributo ai fini dell'articolo 401.

 

     Art. 344. Autorizzazione al funzionamento dei servizi residenziali, semiresidenziali, diurni e domiciliari.

1. I servizi socio assistenziali a carattere residenziale, semiresidenziale, diurno e domiciliare, pubblici e privati sono soggetti ad autorizzazione rilasciata dalla zona sociale tramite il Comune capofila.

2. Il rilascio dell'autorizzazione è subordinato alla verifica del possesso da parte della struttura dei requisiti stabiliti con atto della Giunta regionale sulla base dei seguenti criteri:

a) servizi di tipo familiare o comunitario;

b) bassa intensità assistenziale;

c) bassa capacità di accoglienza;

d) organizzazione modulare;

e) flessibilità di fruizione.

3. La Giunta regionale adotta apposito regolamento con il quale disciplina le modalità per il rilascio dell'autorizzazione di cui al comma 1 e individua i servizi per i quali è necessario il rilascio dell'autorizzazione stessa.

4. La Zona sociale, tramite il Comune capofila, può sospendere o revocare l'autorizzazione qualora accerti, anche su segnalazione dei comuni, la perdita dei requisiti previsti o gravi irregolarità nella gestione dell'erogazione dei servizi.

 

     Art. 345. Accreditamento.

1. Per accreditamento si intende il riconoscimento del possesso di requisiti ulteriori rispetto a quelli previsti per il rilascio dell'autorizzazione.

2. I requisiti di cui al comma 1 sono definiti con il regolamento di cui all'articolo 358 che tiene conto, in particolare:

a) degli aspetti tecnico-professionali e formativi quali espressioni delle conoscenze, competenze e abilità tecniche e relazionali degli operatori;

b) degli elementi organizzativi caratterizzati da elevata capacità di risposta nei tempi e nelle modalità di erogazione dei servizi;

c) delle modalità di rilevazioni della soddisfazione degli utenti e degli operatori.

3. I soggetti che intendono ottenere l'accreditamento devono assicurare ai servizi erogati caratteristiche qualitative di particolare livello, comunque superiori a quelle richieste per il rilascio dell'autorizzazione.

4. I servizi per i quali non è prevista l'autorizzazione possono richiedere il rilascio dell'accreditamento purché in possesso dei requisiti di cui al comma 2.

5. La Zona sociale, tramite il Comune capofila, provvede al rilascio dell'accreditamento e istituisce l'elenco degli erogatori delle prestazioni accreditate prevedendone forme idonee di pubblicità e di aggiornamento. L'elenco è trasmesso annualmente alla Regione.

6. Il regolamento di cui al comma 2 stabilisce le modalità per la richiesta ed il rilascio dell'accreditamento.

7. La Zona sociale, tramite il Comune capofila, svolge funzioni di vigilanza e controllo sul mantenimento dei requisiti necessari ai fini dell'accreditamento.

 

     Art. 346. Accordi contrattuali.

1. La qualità di soggetto accreditato non comporta l'automatica assunzione di oneri economici da parte delle Zone sociali. Al fine di porre il costo del servizio in tutto o in parte a loro carico le Zone sociali, tramite il Comune capofila, possono stipulare con i soggetti accreditati specifici accordi contrattuali aventi la durata minima e massima prevista dal regolamento di cui all'articolo 358.

2. Le Zone sociali, a seguito della stipula degli accordi contrattuali di cui al comma 1, assumono a proprio carico la differenza fra la tariffa standard e la tariffa ridotta percentualmente sulla base delle norme di riferimento, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili di cui all'articolo 356, assegnate a ciascuna Zona sociale. Il servizio sociale pubblico dei comuni della Zona sociale adotta il provvedimento di ammissione degli utenti al servizio.

3. Le modalità di gestione degli accordi contrattuali sono definite nelle norme regolamentari di cui all'articolo 358.

4. Le Zone sociali, tramite il Comune capofila, concludono gli accordi contrattuali che prevedono un volume di attività ed una spesa comunque non superiori a quelli previsti dagli atti di programmazione. Per la selezione tra i soggetti accreditati da ammettere all'accordo contrattuale, le Zone sociali, tramite il Comune capofila, adottano procedure di evidenza pubblica ai sensi della normativa vigente. Tali procedure sono disciplinate in modo tale da garantire, ove possibile, l'effettiva presenza su tutto il territorio di una pluralità di centri di offerta e l'effettivo esercizio del diritto di scelta da parte dell'utente.

5. È fatto salvo l'esercizio da parte degli utenti del diritto di libera scelta del fornitore del servizio, nell'ambito dei progetti individualizzati di sostegno, inserimento o reinserimento sociale eventualmente predisposti dal servizio sociale.

 

Capo II

Accesso ai servizi sociali

 

     Art. 347. Accesso e compartecipazione al costo dei servizi.

1. L'accesso alle prestazioni del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali prescinde dalle condizioni economiche e sociali degli utenti.

2. La Regione stabilisce, con proprio atto, la compartecipazione alla copertura del costo degli interventi sociali tenendo conto delle condizioni economiche degli utenti attraverso l'applicazione dei criteri per la determinazione dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) previsti dalle vigenti disposizioni nazionali e regionali e dal Piano sociale regionale.

3. La compartecipazione di cui al comma 2 è determinata per le fattispecie di cui al comma 4 tenendo conto della situazione economica del solo assistito, anche in relazione alle modalità di contribuzione al costo della prestazione.

4. Limitatamente alle prestazioni sociali agevolate assicurate nell'ambito di percorsi assistenziali integrati di natura socio sanitaria, erogate a domicilio o in ambiente residenziale continuativo e a ciclo diurno, rivolte alle persone con handicap permanente grave di cui all'articolo 3, comma 3, della L. 104/1992, accertato ai sensi dell'articolo 4 della L. 104/1992, nonché a soggetti ultrasessantacinquenni la cui non autosufficienza fisica o psichica sia stata accertata dalle Aziende unità sanitarie locali. La compartecipazione tiene conto della situazione economica del solo assistito con esclusione di rivalsa a qualunque titolo nei confronti di soggetti per i quali le norme vigenti prevedono, a qualsiasi titolo, oneri di partecipazione alla spesa.

5. Per quanto concerne il servizio erogato in regime di residenza continuativa la compartecipazione dell'utente è determinata sulla base del reddito personale complessivamente disponibile. Ai soggetti fruitori della prestazione e ad altri soggetti eventualmente a carico è garantita la conservazione di una quota di reddito da utilizzare per esigenze di vita secondo le disposizioni della Giunta regionale.

6. L'accesso ai servizi secondo le modalità di cui al presente articolo è subordinato all'ammissione agli stessi da parte del servizio sociale pubblico, secondo le modalità definite dal Piano sociale regionale.

7. [Abrogato].

8. Nel caso di inserimenti nei servizi socio assistenziali autorizzati di cui all'articolo 344, ivi compresi quelli diretti a soggetti in età minore, gli obblighi connessi all'eventuale integrazione economica della quota di compartecipazione sono a carico del comune nel quale i soggetti avevano la residenza prima dell'inserimento o, in caso di gestione associata, sono a carico della zona sociale, tramite il comune capofila, nella quale è ricompreso il comune di residenza del soggetto prima dell'inserimento. Sono irrilevanti i successivi cambiamenti di residenza e i successivi cambiamenti relativi al luogo di erogazione delle prestazioni.

9. [Abrogato].

10. [Abrogato].

10-bis. Nel caso di minori stranieri non accompagnati, qualora, ai sensi del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142 (Attuazione della direttiva 2013/33/UE recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonché della direttiva 2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di procedure internazionale), siano temporaneamente indisponibili posti presso le strutture governative di prima accoglienza a loro dedicate o presso il sistema di protezione per richiedenti asilo, rifugiati e minori stranieri non accompagnati, l'assistenza e l'accoglienza dei minori stessi sono temporaneamente assicurate dalla pubblica autorità della zona sociale, tramite il comune capofila, cui appartiene il comune in cui il minore si trova.

 

Capo III

Risorse umane che operano nell'ambito dei servizi e degli interventi sociali

 

     Art. 348. Valorizzazione delle risorse umane.

1. La Regione riconosce la risorsa umana quale fattore strategico della qualità del sistema dei servizi e degli interventi sociali.

2. L'organizzazione dei servizi e degli interventi sociali valorizza, in tutte le sue potenzialità, le risorse umane attraverso assetti che, da un lato, tengono conto del peculiare rilievo della risorsa umana, quale primario fattore produttivo e, dall'altro, sono in grado di valorizzare le capacità e le competenze relazionali e conoscitive utili anche alla programmazione, alla progettazione, alla realizzazione ed alla valutazione dei servizi alla persona.

3. Le figure professionali presenti nel sistema integrato di interventi e servizi sociali della Regione sono articolate in figure di base, figure intermedie di primo e secondo livello e figure manageriali. La definizione dei contesti operativi e delle relative funzioni è demandata al Piano sociale regionale.

 

     Art. 349. Formazione.

1. La Regione individua nella formazione e nella formazione permanente del personale, impegnato nello svolgimento delle attività sociali di cui alla presente legge, lo strumento fondamentale di efficienza organizzativa e di efficacia qualitativa del sistema dei servizi sociali.

2. La Regione, sulla base dei criteri indicati dal Piano sociale regionale e dei fabbisogni formativi individuati annualmente dalle Zone sociali, predispone azioni formative dirette a tutti i soggetti che concorrono alla realizzazione degli interventi e dei servizi sociali con le modalità previste dalla programmazione regionale.

 

Capo IV

Monitoraggio, valutazione e vigilanza del sistema regionale degli interventi e dei servizi sociali

 

     Art. 350. Conoscenza e valutazione.

1. La qualità del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali è garantita dalla realizzazione di assetti che valorizzino il monitoraggio costante e la valutazione partecipata anche da parte dei soggetti di cui agli articoli 271-bis e 271-ter nonché dei cittadini delle associazioni sociali e di tutela degli utenti. Attraverso il monitoraggio la Regione sottopone a costante e sistematica rilevazione l'andamento dei servizi e degli interventi sociali e, a tal fine, si avvale del Sistema informativo sociale regionale, di seguito denominato SISO, ai sensi dell'articolo 21, comma 2 della L. 328/2000.

2. Il SISO, quale sistema per la raccolta, lo scambio e la diffusione di informazioni atte a rispondere ai fabbisogni informativi, si pone sia quale strumento strategico per il livello politico e manageriale, sia quale strumento tecnico per la programmazione, la progettazione, la gestione e la valutazione. A tal fine si configura come sistema di rete regionale che ha come comunità territoriale di riferimento la Zona sociale quale interfaccia del livello regionale. Il SISO si integra con il sistema informativo regionale utilizzandone le informazioni ed i canali di comunicazione e mettendo a disposizione i propri.

3. Il SISO raccoglie ed elabora informazioni concernenti:

a) il sistema della domanda;

b) il sistema di offerta;

c) il sistema delle risorse;

d) il sistema socio demografico.

4. Ai fini del corretto ed efficace funzionamento del SISO i soggetti gestori, pubblici e privati, che erogano i servizi e le prestazioni socio assistenziali, devono trasmettere alla struttura competente della Giunta regionale le informazioni di cui al presente articolo secondo le modalità e termini definiti dalla Giunta regionale.

5. Ai fini del corretto ed efficace funzionamento del SISO i soggetti gestori, pubblici e privati, che erogano i servizi e le prestazioni socio assistenziali, devono trasmettere alla struttura competente della Giunta regionale le informazioni di cui al presente articolo secondo le modalità e termini definiti dalla Giunta regionale.

6. La Giunta regionale definisce con proprio provvedimento le caratteristiche del sistema valutativo di cui al comma 5 prevedendo la partecipazione al sistema di valutazione dei soggetti di cui agli articoli 271-bis e 271-ter nonché dei cittadini delle associazioni sociali e di tutela degli utenti.

 

     Art. 351. Ricerca e valutazione per la programmazione sociale.

1. Il compito di acquisire il quadro conoscitivo della realtà regionale a supporto dell'attività di programmazione e verifica degli interventi di politica sociale e delle tendenze in atto è affidato all'Agenzia Umbria Ricerche, di seguito denominata AUR, che espleta la funzione propria di indagine, ricerca e osservazione sociale. A tal fine l'AUR redige un rapporto regionale pluriennale sull'integrazione sociale in Umbria finalizzato alla programmazione strategica.

2. Il rapporto di cui al comma 1:

a) fornisce una ricognizione ed una interpretazione dello stato e dell'evoluzione dei bisogni sociali della popolazione regionale, nonché dei processi sociali ad essi sottesi mediante ricerca e indagine;

b) valuta la rispondenza fra risorse impiegate, livelli di attività e grado di soddisfazione dei bisogni;

c) valuta i contenuti sociali e i modelli organizzativi del sistema dei servizi sociali, nel rispetto delle priorità indicate dal Piano sociale regionale.

3. L'attività di cui al comma 1 si può organizzare per aree sociali e sezioni di ricerca nel quadro dei fabbisogni della programmazione sociale pluriennale, anche in raccordo con l'Osservatorio sulle Povertà.

4. L'attività di indagine prevede la collaborazione con i soggetti sociali, gli uffici, gli enti e gli istituti di ricerca e gli altri centri di osservazione delle situazioni e delle politiche sociali, anche partecipati con soggetti privati.

 

Capo V

Organismi operanti in ambito sociale

 

     Art. 352. Osservatorio regionale sulla condizione delle persone con disabilità.

1. È istituito presso la Giunta regionale l'Osservatorio regionale sulla condizione delle persone con disabilità in attuazione dei principi sanciti dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata con legge 3 marzo 2009, n. 18 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, con Protocollo Opzionale fatta a New York il 13 dicembre 2006) per la promozione della piena integrazione delle persone con disabilità.

2. L'Osservatorio di cui al comma 1 svolge funzioni di promozione e sostegno alle politiche inclusive in materia di disabilità nel rispetto dei principi sanciti in materia a livello nazionale ed europeo, di interlocuzione e concorso nelle azioni interistituzionali sui temi della disabilità, nonché di confronto con le azioni attivate con le altre regioni.

3. L'Osservatorio di cui al comma 1 ha i seguenti compiti:

a) studio e analisi sulla condizione delle persone con disabilità e delle loro famiglie e le conseguenti azioni volte a garantire i diritti sanciti dalla Convenzione ONU;

b) rilevazione dei servizi e degli interventi a favore delle persone con disabilità ed analisi della corrispondenza dei medesimi con la piena soddisfazione dei diritti della Convenzioni ONU;

c) studio e analisi della qualità dei servizi erogati a favore delle persone con disabilità e delle loro famiglie sulla base degli standard definiti;

d) formulazione di pareri e proposte agli organi regionali in materia di disabilità;

e) promozione della conoscenza dei diritti delle persone con disabilità e delle loro famiglie anche promuovendo l'attivazione di forme di collaborazione con il mondo della scuola e del lavoro e azioni di sensibilizzazione della società civile.

4. L'Osservatorio di cui al comma 1 è costituito con decreto del Presidente della Giunta regionale, dura in carica tre anni ed è di riferimento per l'Assessorato competente in materia di servizi sociali. L'Osservatorio è composto da:

a) Presidente della Giunta regionale o suo delegato in qualità di presidente;

b) Presidente dell'Unione Province Italiane (UPI) Umbria o suo delegato;

c) Presidente dell'Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI) Umbria o suo delegato;

d) cinque membri in rappresentanza delle associazioni maggiormente rappresentative a livello regionale delle persone con disabilità e delle loro famiglie;

e) un membro in rappresentanza del Forum Terzo Settore - Umbria;

f) un membro nominato congiuntamente dalle Aziende USL.

5. Possono essere invitati a partecipare ai lavori dell'Osservatorio soggetti in rappresentanza della sede regionale INPS e dell'Ufficio scolastico regionale.

6. Ai lavori dell'Osservatorio possono partecipare, su invito del Presidente, referenti tecnici regionali con riferimento alle seguenti aree: sociale, sanità, mobilità, istruzione, formazione e lavoro.

7. La Giunta regionale individua le associazioni maggiormente rappresentative a livello regionale di cui al comma 4, lettera d).

8. Ai componenti dell'Osservatorio non spetta alcun compenso e rimborso spese.

9. La Giunta regionale con proprio atto disciplina il funzionamento dell'Osservatorio e individua la struttura regionale di supporto dello stesso.

 

     Art. 353. Forum regionale welfare.

1. È istituito presso la struttura regionale competente il Forum regionale welfare con funzioni consultive e propositive nelle politiche sociali, con particolare riferimento alla definizione e alla verifica dell'attuazione del Piano sociale regionale.

2. Il Forum regionale welfare è convocato dalla Giunta regionale con cadenza biennale.

3. La composizione e il funzionamento del Forum regionale welfare sono determinati con atto della Giunta regionale, nel rispetto dei principi di rappresentatività, democraticità e trasparenza.

 

Capo VI

Funzioni di vigilanza e controllo e potere sanzionatorio

 

     Art. 354. Vigilanza e controllo.

1. Le Zone sociali, tramite il Comune capofila, esercitano le funzioni di vigilanza e controllo sui soggetti pubblici e privati che svolgono attività socio assistenziali e socio sanitarie. Le Zone sociali si avvalgano delle proprie strutture zonali e delle Aziende USL per gli aspetti sanitari.

2. Le funzioni di vigilanza e controllo consistono nella verifica:

a) della rispondenza dei servizi e degli interventi alla normativa concernente i requisiti strutturali, gestionali ed organizzativi;

b) della qualità e dell'appropriatezza;

c) del rispetto dei LIVEAS individuati dalla legislazione statale;

d) dell'attivazione e del corretto funzionamento degli strumenti e delle procedure per la tutela dei diritti sociali.

3. Le Zone sociali, tramite il Comune capofila, provvedono alla determinazione, alla irrogazione ed alla riscossione delle sanzioni amministrative previste dal presente testo unico.

 

     Art. 355. Sanzioni amministrative.

1. Chiunque esercita o gestisce i servizi o le strutture socio assistenziali, pubbliche e private di cui all'articolo 265 senza la prescritta autorizzazione è soggetto alla sanzione amministrativa da euro 3.000,00 a euro 10.000,00.

2. Chiunque esercita o gestisce servizi o strutture socio assistenziali, pubbliche e private, attribuendosi il possesso dell'accreditamento non rilasciato, previsto all'articolo 345 è soggetto alla sanzione amministrativa da euro 3.000,00 a euro 10.000,00.

3. Chiunque dichiara nella richiesta di autorizzazione o di accreditamento requisiti non posseduti è soggetto alla sanzione amministrativa da euro 1.000,00 a euro 3.000,00.

4. Chiunque non dichiara o non comunica nei termini previsti dal regolamento regionale di cui all'articolo 344, comma 3 le modifiche di caratteristiche della struttura o del servizio, o di elementi rilevanti ai fini del rilascio dell'autorizzazione che fanno venire meno i requisiti per l'esercizio dell'attività stessa, è soggetto alla sanzione amministrativa da euro 300,00 a euro 500,00.

5. Chiunque non dichiara o non comunica nei termini previsti dal regolamento regionale di cui all'articolo 345, comma 2 le modifiche apportate alla struttura o al servizio o di elementi rilevanti ai fini del rilascio dell'accreditamento, è soggetto alla sanzione amministrativa da euro 300,00 a euro 500,00.

6. Chiunque non espone o espone in modo non conforme a quanto stabilito dal regolamento regionale di cui all'articolo 344, comma 3 l'autorizzazione, le tariffe per il servizio, le prestazioni incluse e quelle escluse dalla tariffa e il rispettivo costo è soggetto alla sanzione amministrativa da euro 1.000,00 a euro 5.000,00.

7. Chiunque non espone o espone in modo non conforme a quanto stabilito dal regolamento regionale di cui all'articolo 345, comma 2 l'accreditamento e tutti gli altri elementi che devono essere pubblicizzati, o pubblicizza informazioni non veritiere è soggetto alla sanzione amministrativa da euro 1.000,00 a euro 5.000,00.

8. Chiunque applica tariffe superiori a quelle esposte o pubblicizzate è soggetto alla sanzione amministrativa da euro 1.000,00 a euro 5.000,00.

9. Chiunque non effettua nei termini stabiliti dal regolamento regionale di cui all'articolo 344, comma 3 le comunicazioni e cambiamenti attinenti al responsabile della struttura è soggetto alla sanzione amministrativa da euro 300,00 a euro 500,00.

 

Titolo IX

Il finanziamento del sistema

Capo I

Risorse finanziarie e fondo sociale regionale

 

     Art. 356. Risorse finanziarie.

1. Le risorse del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali sono costituite dal:

a) Fondo nazionale per le politiche sociali di cui alla L. 328/2000;

b) Fondo sociale regionale;

c) Fondo sociale degli enti locali;

d) Fondi sociali di settore.

2. I comuni istituiscono per il finanziamento degli interventi e dei servizi sociali previsti nella presente legge un Fondo sociale unico zonale degli enti locali.

 

     Art. 357. Fondo sociale regionale.

1. Il Fondo sociale regionale di cui all'articolo 356, comma 1, lettera b), è finanziato annualmente dalla legge di bilancio ed è ripartito con atto di programmazione della Giunta regionale entro il 30 aprile di ogni anno, come segue:

a) almeno l'ottantacinque per cento del Fondo sociale regionale è ripartito in proporzione della popolazione residente e sulla base di elementi di ponderazione individuati dalla Giunta regionale con proprio atto. Inoltre, una percentuale del Fondo sociale regionale compresa tra il tre e il dieci per cento è destinata per le finalità di cui all'articolo 343, commi 2 e 3;

b) una percentuale non superiore al cinque per cento del Fondo sociale regionale è destinata dalla Giunta regionale all'attività di programmazione sociale della Regione e all'esercizio delle funzioni di cui all'articolo 8, comma 3, lettere c), d), e), f) ed m) della L. 328/2000.

2. Nel caso in cui non pervenga alcuna richiesta, da parte dei comuni, ai sensi dell'articolo 343, commi 3 e 4, la percentuale del Fondo sociale regionale destinata alle finalità di cui all'articolo 343, commi 2 e 3, è ripartita secondo le modalità di cui al comma 1, lettera a), primo periodo.

3. L'ottantacinque per cento del Fondo sociale regionale cui al comma 1, lettera a), primo periodo, è vincolato al raggiungimento dei LIVEAS.

 

     Art. 358. Norme regolamentari.

1. La Giunta regionale adotta, le norme regolamentari di cui agli articoli 344, comma 3, 345, commi 2 e 6, 346 commi 1 e 3.

 

     Art. 359. Disposizioni fino all'effettivo esercizio dell'ATI.

     [Abrogato]

 

Titolo X

Istituzione di figure di garanzia in ambito sociale

Capo I

Istituzione del garante delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale e del garante regionale per l'infanzia e l'adolescenza

 

     Art. 360. Disposizioni generali.

1. La Regione istituisce il Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale e il Garante per l'infanzia e l'adolescenza di seguito denominati Garanti.

2. Il Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale, in armonia con i principi fondamentali della Costituzione, delle Convenzioni internazionali sui diritti umani ratificate dall'Italia, della normativa statale vigente e nell'ambito delle materie di competenza regionale, contribuisce a garantire i diritti delle persone:

a) negli istituti penitenziari;

b) in esecuzione penale esterna;

c) sottoposte a misure cautelari personali;

d) in stato di arresto ovvero di fermo;

e) presenti nelle strutture sanitarie in quanto sottoposte a trattamento sanitario obbligatorio.

3. Il Garante per l'infanzia e l'adolescenza assicura la piena attuazione nel territorio regionale dei diritti e degli interessi sia individuali che collettivi dei minori, nel rispetto delle competenze degli Enti locali, e garantisce la piena attuazione di tutti i diritti riconosciuti ai bambini ed alle bambine, ai ragazzi ed alle ragazze presenti sul territorio regionale.

4. Il Garante per l'infanzia e l'adolescenza opera in piena autonomia e indipendenza, non è sottoposto a forme di controllo gerarchico o funzionale, collabora con le strutture regionali competenti ed ha pieno accesso agli atti, informazioni e documenti inerenti il suo mandato istituzionale.

5. Al Garante per l'infanzia e l'adolescenza è affidata la promozione, la difesa e la verifica dell'attuazione dei diritti dei minori attraverso azioni positive mirate alla promozione del diritto alla vita, alla famiglia, all'istruzione, all'assistenza sociosanitaria, alla sopravvivenza e alla partecipazione alle decisioni che li riguardano, tenendo conto del loro superiore interesse.

6. L'azione del Garante per l'infanzia e l'adolescenza viene esercitata nell'ambito dei principi della normativa nazionale in materia, nonché dei seguenti atti internazionali:

a) Convenzione Internazionale sui Diritti del fanciullo firmata a New York il 20 novembre 1989, ratificata ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176 (Ratifica ed esecuzione della convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989);

b) Convenzione Europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, firmata a Strasburgo il 25 gennaio 1996, ratificata ai sensi della legge 20 marzo 2003, n. 77 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, fatta a Strasburgo il 25 gennaio 1996);

c) Risoluzione 48/134 del 20 dicembre 1993 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite relativa alle Istituzioni Nazionali per la Promozione e Protezione dei Diritti Umani.

 

Capo II

Designazione, nomina, incompatibilità dei garanti

 

     Art. 361. Designazione e nomina dei Garanti.

1. Il Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale è designato dall'Assemblea Legislativa, mediante elezione a maggioranza dei 2/3 dei Consiglieri regionali assegnati. Se al termine della terza votazione non si sia raggiunta la maggioranza richiesta dal comma 1, a partire dalla quarta votazione è sufficiente la maggioranza assoluta dei consiglieri regionali assegnati.

2. Il Garante regionale per l'infanzia e l'adolescenza è eletto dall'Assemblea Legislativa a maggioranza assoluta dei consiglieri regionali assegnati.

3. Il Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale ed il Garante per l'infanzia e l'adolescenza sono nominati con decreto del Presidente della Giunta regionale, durano in carica cinque anni e non possono essere riconfermati. Alla scadenza del mandato, rimangono in carica fino alla nomina del successore e comunque per un tempo non superiore a novanta giorni, entro il quale deve concludersi il procedimento della nomina del nuovo Garante.

4. Il Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale è scelto tra persone con comprovata competenza nel campo delle scienze giuridiche, scienze sociali e dei diritti umani e con esperienza in ambito penitenziario, opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e valutazione e, per esperienze acquisite nella tutela dei diritti, deve offrire garanzia di probità, indipendenza, obiettività, competenza e capacità nell'esercizio delle proprie funzioni.

5. Il Garante per l'infanzia e l'adolescenza è scelto tra persone di comprovata competenza e professionalità con esperienza nel campo delle problematiche concernenti l'età evolutiva e quelle familiari ed educative.

 

     Art. 362. Incompatibilità dei Garanti.

1. [Abrogato].

2. La carica di Garanti di cui all'articolo 360 è incompatibile con l'esercizio, durante il mandato, di qualsiasi attività che possa configurare conflitto di interesse con le attribuzioni proprie dell'incarico.

3. Il conferimento degli incarichi di Garante a personale regionale o di altri enti dipendenti o comunque controllati dalla Regione ne determina il collocamento in aspettativa senza assegni e il diritto al mantenimento del posto di lavoro. Il periodo di aspettativa è utile al fine del trattamento di quiescenza e di previdenza e dell'anzianità di servizio.

 

Capo III

Funzioni, decadenza, revoca e trattamento economico dei garanti

 

     Art. 363. Funzioni del Garante per l'infanzia e l'adolescenza.

1. Il Garante per l'infanzia e l'adolescenza, per le finalità di cui all'articolo 360, comma 5, svolge le seguenti funzioni:

a) promuove, in collaborazione con gli enti locali, la scuola e le istituzioni che si occupano di minori, iniziative per la diffusione di una cultura dell'infanzia e dell'adolescenza, finalizzata al riconoscimento dei bambini e delle bambine come soggetti titolari di diritti;

b) promuove, in accordo con le strutture regionali competenti in materia, iniziative di sensibilizzazione e diffusione della cultura dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, anche in occasione della celebrazione della giornata italiana per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, istituita dall'articolo 1, comma 6 della legge 23 dicembre 1997, n. 451 (Istituzione della Commissione parlamentare per l'infanzia e dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia) e del D.P.R. 14 maggio 2007, n. 103 (Regolamento recante riordino dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza e del Centro nazionale di documentazione e di analisi per l'infanzia, a norma dell'articolo 29 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248);

c) promuove e sostiene forme di ascolto e di partecipazione dei bambini e delle bambine alla vita delle comunità locali, con particolare attenzione al mondo dell'associazionismo e del volontariato;

d) promuove e vigila, con la collaborazione di operatori preposti, affinché sia data applicazione su tutto il territorio regionale alla Convenzione internazionale ed alla Convenzione europea di cui all'articolo 360;

e) accoglie segnalazioni in merito a violazioni dei diritti dei minori e sollecita le amministrazioni competenti all'adozione di interventi adeguati per rimuovere le cause che ne impediscono la tutela;

f) interviene nei procedimenti amministrativi della Regione, degli enti da essa dipendenti e degli enti locali ai sensi dell'articolo 9 della legge 241/1990, ove sussistano fattori di rischio o di danno per le persone di minore età;

g) promuove e collabora alla realizzazione di servizi di informazione destinati all'infanzia e all'adolescenza; vigila in collaborazione con il Comitato regionale per le comunicazioni, sulla programmazione televisiva, sulla comunicazione a mezzo stampa e sulle altre forme di comunicazione audiovisive e telematiche affinché siano salvaguardati e tutelati i bambini e le bambine sia sotto il profilo della percezione infantile che in ordine alla rappresentazione dell'infanzia stessa, allo scopo di segnalare all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ed agli organi competenti eventuali trasgressioni commesse, in coerenza con il codice di autoregolamentazione della RAI;

h) promuove, anche in collaborazione con gli enti locali, con la scuola ed altri soggetti, iniziative dirette a rimuovere situazioni di pregiudizio in danno di bambini e adolescenti anche in relazione alla prevenzione dell'abuso dell'infanzia e dell'adolescenza in relazione alle disposizioni della legge 3 agosto 1998, n. 269 (Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù);

i) fornisce attività di consulenza agli operatori dei servizi sociali; istituisce un elenco al quale può attingere anche il giudice competente per la nomina di tutori o curatori; assicura la consulenza ed il sostegno ai tutori o curatori nominati;

j) concorre alla verifica delle condizioni e degli interventi volti all'accoglienza ed all'inserimento del minore straniero anche non accompagnato;

k) collabora all'attività di raccolta ed elaborazione di tutti i dati relativi alla condizione dell'infanzia e dell'adolescenza in ambito regionale, ai sensi dell'articolo 1, comma 4 del D.P.R. n. 103/2007;

l) formula proposte e esprime pareri su atti normativi e di indirizzo riguardanti l'infanzia, l'adolescenza e la famiglia, di competenza della Regione, delle province e dei comuni.

2. Il Garante nello svolgimento dei compiti previsti dal presente titolo:

a) promuove intese ed accordi con ordini professionali e organismi che si occupano di infanzia e adolescenza;

b) intrattiene rapporti di scambio, di studio e di ricerca con organismi pubblici e privati;

c) promuove le necessarie azioni di collegamento con le amministrazioni del territorio regionale impegnate nella tutela dell'infanzia e dell'adolescenza e con le autorità giudiziarie;

d) segnala la necessità di interventi sostitutivi in caso di inadempienza o gravi ritardi nell'azione degli enti locali a tutela dei minori.

3. Nei casi di particolare importanza, o comunque meritevoli di urgente considerazione, il Garante può altresì inviare in ogni momento relazioni ai Presidenti della Giunta e dell'Assemblea Legislativa. Il Presidente dell'Assemblea Legislativa dispone l'iscrizione delle relazioni all'ordine del giorno dell'Assemblea, affinché la stessa le discuta. La relazione annuale e le altre relazioni sono pubblicate nel Bollettino Ufficiale della Regione. Di tali atti è data pubblicità su quotidiani, emittenti radiofoniche e televisive a diffusione regionale.

4. Le Commissioni consiliari possono convocare il Garante per avere chiarimenti sull'attività svolta.

 

     Art. 364. Funzioni del Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale.

1. Il Garante per le finalità di cui all'articolo 360 comma 2, nell'ambito delle iniziative di solidarietà sociale e in previsione della promozione dei diritti di partecipazione alla vita civile, svolge, in collaborazione con le competenti amministrazioni statali e con la magistratura di sorveglianza, le seguenti funzioni:

a) assume iniziative volte ad assicurare che alle persone di cui all'articolo 360, comma 2, siano erogate le prestazioni inerenti al diritto alla salute, al miglioramento della qualità della vita, all'istruzione e alla formazione professionale e ogni altra prestazione finalizzata al recupero, alla reintegrazione sociale e all'inserimento nel mondo del lavoro;

b) segnala eventuali fattori di rischio o di danno per le persone di cui all'articolo 360, comma 1 dei quali venga a conoscenza in qualsiasi forma, su indicazioni sia dei soggetti interessati sia di associazioni o organizzazioni non governative;

c) si attiva, anche nei confronti delle amministrazioni competenti, affinché queste assumano le necessarie iniziative volte ad assicurare le prestazioni di cui alla lettera a);

d) si attiva presso le strutture e gli enti regionali competenti in caso di accertate omissioni o inosservanze che compromettano l'erogazione delle prestazioni di cui alla lettera a);

e) propone agli organi regionali titolari della vigilanza, l'adozione delle opportune iniziative o l'esercizio del potere sostitutivo, in caso di perdurata assenza di quanto previsto alla lettera d);

f) propone agli organi regionali competenti, l'adozione di atti normativi e amministrativi per contribuire ad assicurare il pieno rispetto dei diritti delle persone di cui all'articolo 360, comma 1;

g) esprime parere, su richiesta degli organi regionali competenti, relativamente alle materie della presente capo;

h) propone iniziative di informazione, di promozione culturale e di sensibilizzazione pubblica sui temi dei diritti e delle garanzie delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale;

i) promuove la sottoscrizione di protocolli d'intesa tra la Regione e le amministrazioni statali competenti volti:

1) ad attivare, all'interno degli istituti penitenziari, strumenti informativi e di supporto ai detenuti in relazione agli interventi rientranti nelle materie di competenza regionale;

2) a prevedere forme di collaborazione volte ad agevolare lo svolgimento delle funzioni del Garante con particolare riguardo alle modalità di accesso negli istituti di pena;

l) può acquisire, per le finalità di cui all'articolo 360, comma 2, gli esiti delle decisioni conseguenti alla concertazione della programmazione sociale di territorio e può formulare proposte al tavolo regionale del welfare per le tematiche inerenti la propria funzione;

m) informa periodicamente la Commissione consiliare competente in materia, sull'attività svolta;

n) presenta, entro il mese di marzo di ogni anno una relazione sull'attività svolta nell'anno precedente e sui risultati ottenuti all'Assemblea Legislativa ed alla Giunta regionale. La relazione è pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione. L'Assemblea Legislativa provvede a darne adeguata pubblicità su organi di stampa della Regione o indipendenti. L'Assemblea Legislativa discute la relazione in una apposita sessione, convocata entro due mesi dalla presentazione della stessa.

2. Il Garante è membro dell'Osservatorio regionale sulla condizione penitenziaria e post penitenziaria.

3. Le attività del Garante ed i materiali documentali ed informativi connessi alla sua funzione vengono pubblicati su apposita sezione del sito della Regione.

4. Gli organi regionali con competenze attinenti dovranno trasmettere, entro il 31 gennaio di ciascun anno, relazioni riepilogative comprensive di statistiche sintetiche sui servizi o progetti attivati e sui risultati raggiunti.

 

     Art. 365. Trattamento economico dei Garanti, decadenza dall'incarico, sostituzione e revoca.

1. Al Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale è attribuita un'indennità mensile determinata dalla Giunta regionale non oltre il venti per cento dell'indennità mensile lorda spettante ai consiglieri regionali.

2. Al Garante regionale per l'infanzia e l'adolescenza è attribuita un'indennità mensile pari al dieci per cento dell'indennità mensile lorda spettante ai consiglieri regionali.

3. Ai Garanti di cui ai commi 1 e 2 spetta il trattamento di missione nella misura prevista per i dirigenti regionali, qualora debba recarsi fuori sede per ragioni connesse all'esercizio delle proprie funzioni.

4. Il Presidente dell'Assemblea legislativa, qualora accerti la causa di incompatibilità di cui all'articolo 362, sentito l'Ufficio di Presidenza dell'Assemblea medesima, invita l'interessato a rimuovere tale causa entro quindici giorni e, se questi non ottempera all'invito, lo dichiara decaduto dall'incarico dandone immediata comunicazione all'Assemblea legislativa la quale provvede, con le modalità di cui all'articolo 361, alla designazione di un nuovo Garante entro e non oltre novanta giorni.

5. L'Assemblea legislativa, in caso di dimissioni, morte, accertato impedimento fisico o psichico del Garante o nel caso in cui lo stesso riporti condanna penale definitiva, provvede alla nuova designazione, ai sensi dell'articolo 361.

6. L'Assemblea legislativa può revocare il Garante in caso di gravi violazioni di legge o dei doveri inerenti l'incarico affidato. In questo caso l'Assemblea legislativa procede ad una nuova designazione ai sensi dell'articolo 361.

 

Capo IV

Organizzazione degli uffici dei garanti e conferenza regionale per l'infanzia e l'adolescenza

 

     Art. 366. Ufficio dei Garanti e rapporti tra autorità di garanzia.

1. Il Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale si avvale, per lo svolgimento delle proprie funzioni, delle risorse umane ed infrastrutturali messe a disposizione dalla Giunta regionale, sentito il Garante stesso. Il Garante, con proprio atto, disciplina le modalità organizzative interne.

2. Il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale può avvalersi della collaborazione dell'Osservatorio regionale sulla condizione penitenziaria e post penitenziaria, della Conferenza regionale volontariato giustizia, di centri di studio e ricerca, di associazioni di volontariato che si occupano di diritti umani e di condizioni di detenzione, senza oneri aggiuntivi per il bilancio regionale.

3. L'ufficio del Garante regionale per l'infanzia e l'adolescenza ha sede presso la Giunta regionale e collabora con le strutture regionali competenti nelle materie riguardanti l'infanzia e l'adolescenza. La Giunta regionale, nell'ambito dello stanziamento annuale previsto per l'attuazione del presente Testo unico, determina le risorse a disposizione per le spese di funzionamento.

4. Il Garante regionale per l'infanzia e l'adolescenza riferisce all'Assemblea Legislativa, almeno una volta all'anno sull'attività svolta e trasmette al Presidente dell'Assemblea Legislativa una relazione esplicativa entro il 31 marzo di ogni anno. L'Assemblea Legislativa esamina e discute la relazione ed adotta le determinazioni che ritiene opportune, invitando gli organi della Regione previsti dallo Statuto e quelli dei soggetti istituzionali che si interessano di minori ad adottare le ulteriori misure necessarie. La Giunta regionale altresì definisce con regolamento:

a) l'organizzazione degli uffici del Garante per l'infanzia e l'adolescenza assicurandone la funzionalità;

b) i requisiti professionali del personale addetto agli uffici del Garante per l'infanzia e l'adolescenza, promuovendone la formazione specifica alla trattazione delle questioni relative alla tutela minorile, all'età evolutiva ed alla famiglia;

c) ulteriori modalità di funzionamento degli uffici del Garante per l'infanzia e l'adolescenza e l'attribuzione di diverse e specifiche risorse.

5. Il Difensore civico regionale, il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale e il Garante per l'infanzia e l'adolescenza si danno reciproca segnalazione di situazioni di interesse comune, coordinando le rispettive attività nell'ambito delle loro competenze.

 

     Art. 367. Conferenza regionale per l'infanzia e l'adolescenza.

1. Al fine di promuovere lo sviluppo di una più diffusa sensibilità sui temi e le problematiche dell'infanzia e dell'adolescenza, l'Assemblea Legislativa organizza, ogni tre anni, in occasione della celebrazione della giornata italiana per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, una conferenza regionale sull'infanzia ed adolescenza in collaborazione con il Garante, con la struttura regionale competente in materia di servizi sociali, con gli enti locali e con tutti i soggetti interessati alle attività.

 

     Art. 368. Centro per la promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza.

1. Presso la struttura competente della Giunta regionale è istituito il Centro per la promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza quale strumento conoscitivo e di supporto alle funzioni di indirizzo, programmazione e coordinamento delle politiche per l'infanzia e l'adolescenza del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali. A tal fine il Centro svolge i seguenti compiti:

a) attività di documentazione delle esperienze e delle buone pratiche, finalizzata ad azioni di promozione culturale, di comunicazione, di socializzazione delle conoscenze e di diffusione delle esperienze progettuali maturate a livello territoriale, regionale e nazionale;

b) attività di valorizzazione delle esperienze che si realizzano nei servizi e di promozione dello sviluppo di competenze diffuse per la progettualità sociale, rivolta ai minori, in una logica di sistema e di radicamento territoriale delle iniziative;

c) attività di promozione e organizzazione di occasioni di confronto e di scambio sulle modalità di attivazione degli interventi e servizi rivolti all'infanzia e all'adolescenza, finalizzate alla loro innovazione e qualificazione per garantire la diffusione di metodologie e strumenti adeguati su tutto il territorio regionale.

2. La Giunta regionale con proprio atto, provvede a definire la struttura gestionale ed organizzativa del Centro di cui al comma 1, senza oneri aggiuntivi.

 

Titolo XI

Norme in materia di organizzazioni di volontariato, associazionismo di promozione sociale e cooperazione sociale

Capo I

Principi generali

 

     Art. 369. Finalità.

1. La Regione riconosce e valorizza, in attuazione della normativa nazionale vigente, la funzione dell'attività di volontariato e dell'associazionismo come espressione di partecipazione, solidarietà, pluralismo e utilità sociale e ne promuove lo sviluppo, salvaguardandone l'autonomia di organizzazione e di iniziativa, allo scopo di favorire il formarsi di nuove realtà associative e di consolidare e rafforzare quelle esistenti. La Regione riconosce, altresì, il rilevante valore e la finalità pubblica della cooperazione sociale nel perseguimento della promozione umana e dell'integrazione sociale dei cittadini nell'interesse generale della comunità.

2. La Regione, per le finalità di cui al comma 1, in particolare:

a) favorisce l'apporto originale del volontariato per il conseguimento delle finalità di carattere sociale, civile, culturale, individuate dalle istituzioni pubbliche e promuove forme di coordinamento e collaborazione tra le organizzazioni di volontariato, gli enti locali e le istituzioni pubbliche e private, disciplinandone relativi rapporti;

b) disciplina i rapporti tra le istituzioni pubbliche e le associazioni di promozione sociale, il riconoscimento delle associazioni di promozione sociale, l'incentivazione delle attività delle associazioni di promozione sociale, la programmazione regionale delle attività di promozione sociale, assicurando la partecipazione delle associazioni;

c) istituisce e regolamenta il registro regionale delle organizzazioni di volontariato, il registro regionale delle associazioni di promozione sociale e l'albo regionale delle cooperative sociali;

d) determina le modalità di raccordo ed integrazione con l'attività e la programmazione dei servizi sociali, sanitari, educativi, di formazione professionale, di turismo a fini sociali per soggetti svantaggiati, di sviluppo dell'occupazione e di inserimento lavorativo di persone svantaggiate;

e) fissa i criteri per gli affidamenti dei servizi cui debbono uniformarsi contratti e convenzioni tra cooperative sociali, consorzi ed enti ed aziende pubbliche;

f) definisce le misure di promozione, sostegno e sviluppo della cooperazione sociale;

g) istituisce e determina le funzioni della Commissione regionale della cooperazione sociale.

 

Sezione I

Organizzazioni di volontariato

 

     Art. 370. Organizzazioni di volontariato.

1. Ai fini del presente testo unico, sono considerate organizzazioni di volontariato gli organismi dotati di autonomia di organizzazione e di iniziativa, liberamente costituiti al fine di svolgere attività di volontariato in modo personale, spontaneo, gratuito, verso terzi, tramite l'organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà, nel rispetto dei principi stabiliti dalla legge 11 agosto 1991, n. 266 (Legge quadro sul volontariato).

2. L'attività di volontariato non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario; al volontario possono essere soltanto rimborsate dalla organizzazione di cui fa parte le spese sostenute entro i limiti stabiliti dall'organizzazione stessa.
3. La qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di contenuto patrimoniale con l'organizzazione di appartenenza.

4. Ferma restando la prevalenza dell'attività dei soggetti aderenti, l'organizzazione di volontariato può avvalersi di prestazioni comunque retribuite rese da soggetti non aderenti, purché si tratti di prestazioni necessarie ad assicurare il regolare funzionamento dell'organizzazione oppure occorrenti a qualificare e specializzare l'attività da essa svolta.

5. Le organizzazioni di volontariato hanno l'obbligo di assicurare i propri aderenti, che prestano attività di volontariato, contro gli infortuni e le malattie connessi allo svolgimento dell'attività stessa, nonché per la responsabilità civile verso terzi.

 

     Art. 371. Registro regionale delle organizzazioni di volontariato.

1. È istituito presso la Giunta regionale il registro regionale delle organizzazioni di volontariato.

2. Nel regionale sono iscritte, a domanda, le organizzazioni di volontariato che:

a) abbiano la sede legale in un comune della regione;

b) esercitino le attività di cui all'art. 2 della legge 266/1991;

c) risultino in possesso dei requisiti previsti all'articolo 372.

3. Possono altresì essere iscritte le organizzazioni aventi sede legale in altra regione purché operanti nel territorio di uno o più comuni dell'Umbria con proprie autonome sezioni.

4. Il registro regionale è articolato in base alle attività svolte dalle organizzazioni nei seguenti settori:

a) attività sociali;

b) attività sanitarie;

c) attività culturali ed artistiche;

d) attività scientifiche;

e) attività educative;

f) attività sportive, ricreative e del tempo libero;

g) attività turistico-naturali;

h) attività di salvaguardia del patrimonio storico, culturale, artistico ed ambientale;

i) attività di protezione civile.

5. Le organizzazioni sono iscritte in relazione al prevalente settore di intervento o iniziativa.

6. Le iscrizioni nel registro regionale sono pubblicate annualmente nel Bollettino Ufficiale della Regione con l'indicazione delle variazioni intervenute nel corso dell'anno.

 

     Art. 372. Requisiti per l'iscrizione nel registro regionale delle organizzazioni di volontariato.

1. Negli accordi degli aderenti, nell'atto costitutivo o nello statuto delle organizzazioni che chiedono l'iscrizione nel registro regionale debbono essere previsti:

a) l'assenza di fini di lucro;

b) il fine dichiarato di solidarietà;

c) la democraticità delle strutture;

d) l'elettività e la gratuità delle cariche associative;

e) la gratuità delle prestazioni degli aderenti, i criteri di ammissione e di esclusione dei soci, nonché i loro obblighi e diritti;

f) l'obbligo di formazione del bilancio dal quale devono risultare i beni, i contributi o i lasciti ricevuti;

g) le modalità di approvazione del bilancio da parte dell'assemblea degli aderenti.

 

     Art. 373. Domanda di iscrizione nel registro regionale delle organizzazioni di volontariato.

1. La domanda di iscrizione, sottoscritta dal legale rappresentante dell'organizzazione o sezione autonoma, deve essere presentata alla Regione, unitamente a:

a) copia dell'atto costitutivo o dello statuto o degli accordi degli aderenti;

b) una relazione sottoscritta dal legale rappresentante da cui risulti:

1) il tipo di attività svolta;

2) le eventuali risorse economiche complessive per lo svolgimento dell'attività;

3) le eventuali attività commerciali e produttive marginali che l'organizzazione esercita o intende esercitare così come definite dal decreto del Ministro delle Finanze 25 maggio 1995 (Criteri per l'individuazione delle attività commerciali e produttive marginali svolte dalle organizzazioni di volontariato).

2. Nella domanda di iscrizione devono essere dichiarati:

a) le generalità del legale rappresentante e dei componenti gli organi di amministrazione e di gestione;

b) la forma giuridica dell'organizzazione;

c) la sede legale;

d) la materia di prevalente attività;

e) l'assenza di qualsiasi rapporto di lavoro subordinato o autonomo e di forme retributive di qualsiasi genere, salvo il rimborso delle spese sostenute entro limiti prefissati, tra organizzazioni e volontari aderenti.

 

     Art. 374. Iscrizione nel registro regionale delle organizzazioni di volontariato.

1. La Regione richiede al Comune ove ha sede l'organizzazione di volontariato di esprimere il parere circa l'iscrizione al registro regionale delle organizzazioni di volontariato, trasmettendo contestualmente la documentazione di cui all'art. 373, comma 1.

2. Il Comune trasmette il parere di cui al comma 1 entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta. Decorso tale termine, la struttura regionale competente procede indipendentemente dall'espressione del parere.

3. L'iscrizione al registro regionale delle organizzazioni di volontariato è disposta con determinazione del dirigente della struttura regionale competente entro sessanta giorni dalla presentazione dell'istanza.

4. Copia del provvedimento di iscrizione è trasmessa al Comune di riferimento e al Comitato di gestione del fondo speciale regionale di cui all'art. 15 della legge n. 266/1991, costituito ai sensi dell'articolo 2, comma 2 del Decreto del Ministero del tesoro 8 ottobre 1997 (Modalità per la costituzione dei fondi speciali per il volontariato presso le regioni).

5. L'organizzazione di volontariato deve produrre alla struttura regionale competente e al Comune ove ha sede, entro 60 giorni dal ricevimento dell'atto di iscrizione, copia delle polizze assicurative contro gli infortuni e le malattie connessi allo svolgimento delle attività e per la copertura della responsabilità civile verso terzi stipulate ai sensi del comma 5 dell'articolo 370. La trasmissione di copia delle polizze deve essere altresì effettuata in caso di rinnovo, entro 30 giorni dal rinnovo medesimo.

 

     Art. 375. Variazioni al registro regionale delle organizzazioni di volontariato.

1. Ogni variazione dell'atto costitutivo, dello statuto o dell'accordo degli aderenti, delle generalità del legale rappresentante e dei componenti gli organi di amministrazione e di gestione deve essere comunicata, entro trenta giorni dal suo verificarsi, alla struttura regionale competente e al Comune di riferimento.

2. Qualora la variazione riguardi uno dei requisiti elencati all'articolo 372, la struttura regionale competente richiede al Comune ove ha sede l'organizzazione di esprimere il proprio parere in merito all'eventuale cancellazione dal registro regionale, entro il termine di cui al comma 2 dell'articolo 374. Decorso tale termine l'istruttoria è svolta dalla struttura regionale competente che conclude il procedimento nel rispetto dei termini di cui al comma 3 dell'articolo 374.

 

     Art. 376. Relazioni annuali.

1. Le organizzazioni di volontariato iscritte nel registro regionale sono tenute a trasmettere al Comune ove hanno sede, entro e non oltre il 31 gennaio di ogni anno, una relazione illustrativa delle attività svolte nell'anno precedente ed il programma di attività per l'anno successivo.

2. I comuni trasmettono alla regione entro il 31 marzo di ogni anno, la relazione redatta sulla base di quella disciplinata al comma 1 illustrativa dell'andamento dei rapporti intercorsi con le organizzazioni di volontariato presenti nel proprio territorio.

3. La Giunta regionale riferisce annualmente al Consiglio entro il 30 giugno sull'attività delle organizzazioni iscritte al registro regionale, nonché dello stato dei rapporti del volontariato con gli enti locali.

 

     Art. 377. Revisione periodica del registro delle organizzazioni di volontariato.

1. La Giunta regionale procede alla scadenza di ogni legislatura alla revisione del registro regionale garantendo la partecipazione delle organizzazioni iscritte.

2. La revisione è effettuata dalla struttura regionale competente e dal Comune mediante una verifica generale della permanenza dei requisiti di cui all'articolo 372 e dell'effettivo svolgimento dell'attività indicata all'atto di iscrizione, sulla base delle relazioni annuali di cui all'articolo 376 e delle conseguenti verifiche disposte anche mediante ispezioni.

 

     Art. 378. Inadempienze, provvedimenti e cancellazione.

1. Qualora le organizzazioni non adempiano alla relazione annuale di cui all'articolo 376, comma 1 il Comune competente provvede a:

a) diffidare l'organizzazione affinché questa provveda ai relativi adempimenti, assegnandole un termine di trenta giorni;

b) sospendere ogni eventuale erogazione di contributi, sovvenzioni od ausili comunque denominati disposti a favore dell'organizzazione inadempiente;

c) comunicare tempestivamente il contenuto degli atti di cui alle lett. a) e b) alla struttura regionale competente.

2. Il comune, nei trenta giorni successivi alla scadenza del termine indicato alla lettera a) del comma 1, qualora l'organizzazione non abbia provveduto, invia alla struttura regionale competente il parere circa la cancellazione dal registro. La struttura regionale competente provvede con proprio atto.

3. La struttura regionale competente provvede, con determinazione dirigenziale, alla cancellazione dal registro regionale di quelle organizzazioni per le quali venga accertata la perdita di uno o più requisiti richiesti ai fini dell'iscrizione, nonché all'aggiornamento del registro medesimo con tutte le ulteriori variazioni necessarie.

4. La cancellazione dell'organizzazione dal registro regionale comporta il venir meno delle agevolazioni fiscali di cui all'articolo 8 della L. 266/1991, nonché la perdita della qualifica di onlus di diritto di cui all'articolo 10, comma 8 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460 (Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale) e tutti gli ulteriori benefici previsti dalla normativa vigente e ai quali l'organizzazione ha avuto accesso in conseguenza dell'iscrizione al registro. I benefici finanziari percepiti dalle organizzazioni di volontariato cancellate a seguito dell'accertamento della perdita di uno o più requisiti richiesti per l'iscrizione devono essere rimborsati alla Regione o agli altri enti erogatori.

5. Copia dei provvedimenti di cancellazione è trasmessa al Comitato di gestione, costituito ai sensi dell'articolo 2, comma 2 del decreto del Ministero del tesoro 8 ottobre 1997.

 

     Art. 379. Nomine regionali nel Comitato di gestione del fondo speciale per il volontariato.

1. Il Presidente della Giunta regionale, o suo delegato, partecipa di diritto al Comitato di gestione del fondo speciale regionale di cui al comma 1 dell'art. 15 della legge 266/1991.

2. Il Presidente dell'Assemblea Legislativa nomina nel Comitato di gestione previsto al comma 1, quattro rappresentanti di organizzazioni di volontariato iscritte nei registri regionali maggiormente presenti con la loro attività nel territorio regionale; i componenti durano in carica due anni e non sono immediatamente rieleggibili.

 

     Art. 380. Partecipazione del volontariato alla programmazione regionale.

1. Le organizzazioni di volontariato iscritte nel registro regionale esprimono parere sugli atti di programmazione degli interventi regionali, provinciali e comunali relativamente ai settori in cui esse operano.

 

     Art. 381. Conferenze annuali e attività di informazione.

1. La Regione promuove conferenze annuali delle organizzazioni di volontariato al fine di esaminare l'andamento delle attività e formulare proposte interessanti i campi di intervento delle organizzazioni medesime.

2. La Regione, in collaborazione con gli enti locali, attua iniziative di promozione, studio ed informazione sul fenomeno del volontariato.

 

     Art. 382. Convenzioni con le organizzazioni di volontariato.

1. Le convenzioni con le organizzazioni di volontariato di cui all'art. 7 della legge n. 266/1991, devono indicare in particolare:

a) il numero degli aderenti all'organizzazione stipulante impegnati nell'attività oggetto della convenzione ed i responsabili operativi, con l'indicazione dei relativi titoli professionali e formativi;

b) il numero degli eventuali lavoratori dipendenti o autonomi per prestazioni di attività specializzate;

c) il numero e l'articolazione delle ore da impegnare nell'esercizio dell'attività convenzionata da parte dei soggetti di cui alle lettere a) e b);

d) il tipo di copertura assicurativa a favore dei soggetti di cui alle lettere a) e b) di tutti i rischi derivanti dalla specifica attività oggetto di convenzione;

e) la durata del rapporto convenzionale;

f) le modalità per la verifica periodica dei risultati conseguiti;

g) il possesso dei requisiti comprovanti la capacità professionale dei volontari impegnati e la continuità delle loro prestazioni;

h) le modalità relative al rimborso delle spese vive sostenute dall'organizzazione, adeguatamente documentate;

i) la quantità di risorse economiche, di personale e di servizi da destinare all'attività oggetto della convenzione.

2. Nella scelta delle organizzazioni con cui stipulare le singole convenzioni, costituisce titolo di priorità il possesso dei requisiti inerenti:

a) la specifica competenza, esperienza e professionalità nel settore oggetto di convenzione, valutate anche con riferimento alla qualità degli addetti;

b) la disponibilità da parte dell'organizzazione di strutture e servizi idonei ed adeguati ad assicurare lo svolgimento delle attività oggetto della convenzione;

d) la collocazione della sede dell'associazione nel territorio di competenza dell'ente che stipula la convenzione.

3. Titoli di priorità sono inoltre attribuiti secondo i seguenti criteri:

a) continuità nello svolgimento delle attività;

b) quantità delle prestazioni erogate;

c) qualità delle prestazioni;

d) numero delle convenzioni sottoscritte con gli enti pubblici;

e) distanza delle strutture rispetto all'utenza;

f) ordine di iscrizione nel registro regionale.

4. L'attività convenzionata deve essere svolta direttamente e non può essere oggetto di affidamento a terzi.

5. Le convenzioni di cui al presente articolo sono stipulate sulla base di uno schema tipo approvato dalla Giunta regionale con propria deliberazione.

 

     Art. 383. Modalità per lo svolgimento delle prestazioni delle organizzazioni di volontariato.

1. Gli aderenti alle organizzazioni di volontariato iscritte nel registro regionale possono accedere alle strutture ed ai servizi pubblici o privati convenzionati con gli enti pubblici operanti nel settore di loro interesse per lo svolgimento della loro attività, purché questa sia compatibile con la disciplina interna degli enti. L'eventuale diniego all'accesso deve essere motivato.

2. L'accesso è subordinato ad accordi tra la struttura o il servizio e l'organizzazione di volontariato, concernenti le modalità di presenza del volontariato ed il rapporto tra i volontari ed il personale della struttura o servizio.

3. Gli accordi debbono prevedere tra l'altro:

a) la riconoscibilità del volontariato e dell'organizzazione di appartenenza;

b) il rispetto da parte del volontariato della disciplina specifica dell'attività svolta e delle norme per l'utilizzo delle attrezzature della struttura o servizio;

c) il rispetto della libertà, dignità personale, diritto, convinzioni e riservatezza degli utenti, compresa la libertà di questi ultimi di rifiutare l'attività del volontariato.

 

     Art. 384. Sedi e attrezzature.

1. Al fine di dotare le associazioni di volontariato di sedi ed attrezzature necessarie per il conseguimento dei propri fini statutari gli enti locali possono prevedere:

a) la cessione in comodato alle associazioni di sedi o attrezzature proprie, per la durata della convenzione;

b) la concessione di contributi per l'acquisto di attrezzature.

 

     Art. 385. Formazione ed aggiornamento del volontariato.

1. Per le attività formative dei volontari la Regione può avvalersi, nell'ambito del sistema formativo regionale di cui alla legge regionale 21 ottobre 1981, n. 69 e successive modifiche ed integrazioni, anche delle organizzazioni di volontariato iscritte nel registro.

2. I volontari aderenti alle organizzazioni di volontariato iscritte nel registro regionale di cui all'articolo 371 possono partecipare ai corsi istituiti dagli enti pubblici di cui all'articolo 8 della legge regionale 69/1981.

 

     Art. 386. Volontariato dei singoli cittadini.

1. I cittadini singoli o i nuclei familiari che intendano prestare la propria opera gratuitamente nell'ambito di attività svolte dai pubblici servizi sono iscritti a domanda in apposito elenco istituito presso il comune di residenza e suddiviso per settori di intervento.

2. A tale fine il singolo volontario rivolge domanda al sindaco, indicando il settore in cui intende svolgere la propria attività volontaria e comprovando la propria idoneità operativa.

3. Il Comune provvede a segnalare agli enti gestori dei pubblici servizi presenti nel territorio i volontari disponibili ad operare nell'ambito delle competenze del singolo ente.

4. L'ente preposto alla gestione di pubblici servizi che intenda ammettere volontari nell'ambito dell'attività di propria competenza può rimborsare al volontario le eventuali spese vive sostenute nell'espletamento della collaborazione accettata, escludendosi compensi o configurazioni di rapporto di lavoro di alcun genere.

 

Sezione II

Associazioni di promozione sociale

 

     Art. 387. Associazioni di promozione sociale.

1. Ai fini del presente testo unico, nel rispetto dei principi stabiliti dalla legge 7 dicembre 2000, n. 383 (Disciplina delle associazioni di promozione sociale), sono considerate associazioni di promozione sociale, le associazioni riconosciute e non riconosciute, i movimenti, i gruppi e i loro coordinamenti o federazioni costituiti al fine di svolgere attività di utilità sociale a favore di associati o di terzi, senza finalità di lucro e nel pieno rispetto della libertà e dignità degli associati, con l'esclusione di quelle indicate ai commi 2 e 3 dell'articolo 2 della legge 383/2000.

 

     Art. 388. Registro regionale delle associazioni di promozione sociale.

1. Presso la Giunta regionale è istituito il registro regionale delle associazioni di promozione sociale, al quale possono iscriversi:

a) le associazioni a carattere regionale;

b) le associazioni a carattere locale;

c) le associazioni a carattere nazionale presenti nel territorio regionale;

d) in apposita sezione, le associazioni ed i circoli affiliati ad associazioni a carattere nazionale e presenti sul territorio regionale.

2. Per associazioni a carattere regionale si intendono quelle costituite e che svolgono attività in almeno quindici comuni della Regione.

3. Per associazioni a carattere locale si intendono quelle non ricomprese tra quelle del comma 2.

4. L'iscrizione al registro regionale è condizione per la stipula delle convenzioni di cui all'articolo 395 e per l'accesso agli interventi di sostegno previsti dal presente testo unico da altre leggi regionali nonché per l'accesso ad altri benefici regionali.

5. Nel registro regionale devono risultare l'atto costitutivo, lo statuto, la sede dell'associazione e l'ambito territoriale di attività. Nel registro devono essere iscritti altresì le modificazioni dell'atto costitutivo e dello statuto, il trasferimento della sede, le deliberazioni di scioglimento.

6. Il registro è pubblicato, entro il 31 marzo di ogni anno, nel Bollettino Ufficiale della Regione Umbria (BURU).

 

     Art. 389. Iscrizione nel registro delle associazioni di promozione sociale.

1. Ai fini dell'iscrizione al registro regionale, le associazioni di promozione sociale regionali e locali debbono:

a) essere costituite con atto scritto, registrato o autenticato, o redatto nella forma di atto pubblico in cui tra l'altro deve essere indicata la sede legale;

b) svolgere la loro attività da almeno due anni a partire dalla loro costituzione. Per le associazioni ed i circoli affiliati ad associazioni a carattere nazionale presenti sul territorio regionale, il termine è ridotto ad un anno.

2. Nello statuto associativo delle associazioni di cui al comma 1 debbono essere espressamente previsti i seguenti elementi:

a) la denominazione;

b) l'oggetto sociale;

c) l'attribuzione della rappresentanza legale;

d) l'assenza di fini di lucro e la previsione che i proventi delle attività non possono, in nessun caso, essere divisi fra gli associati, anche in forme indirette;

e) l'obbligo di reinvestire l'eventuale avanzo di gestione a favore di attività istituzionali statutariamente previste;

f) le norme sull'ordinamento interno ispirato a principi di democrazia e di uguaglianza dei diritti di tutti gli associati, con la previsione delle cariche associative. In relazione alla particolare natura di alcune associazioni, tale disposizione può essere derogata, sentito il parere dell'Osservatorio di cui all'articolo 392;

g) i criteri di ammissione e di esclusione dei soci e loro diritti e obblighi;

h) l'obbligo di redazione di rendiconti economico-finanziari, nonché le modalità di approvazione da parte degli organi statutari;

i) le modalità di scioglimento dell'associazione;

j) l'obbligo di devoluzione del patrimonio residuo in caso di scioglimento, cessazione o estinzione, dopo la liquidazione, a fini di utilità sociale.

3. Ogni variazione che riguarda i requisiti di cui al comma 2 ed ogni modifica all'atto costitutivo e allo statuto devono essere comunicate dalle associazioni alla Giunta regionale, entro trenta giorni dal loro verificarsi.

4. La perdita di uno o più requisiti comporta la cancellazione dal registro.

5. L'iscrizione al registro regionale delle associazioni a carattere nazionale avviene su domanda delle stesse e dietro documentazione idonea a dimostrare l'iscrizione al registro nazionale ai sensi dell'articolo 7 della legge 383/2000 (Disciplina delle associazioni di promozione sociale).

6. La Giunta regionale stabilisce le modalità di iscrizione, cancellazione, revisione nonché i relativi termini del procedimento con deliberazione da pubblicarsi nel Bollettino Ufficiale della Regione.

 

     Art. 390. Incompatibilità.

1. L'iscrizione nel registro regionale delle associazioni di promozione sociale è incompatibile con l'iscrizione al registro regionale delle organizzazioni di volontariato di cui all'articolo 371. L'incompatibilità sussiste dal momento dell'emanazione del provvedimento di iscrizione.

 

     Art. 391. Promozione e sostegno alle associazioni di promozione sociale.

1. La Regione promuove e sostiene le associazioni di promozione sociale iscritte al registro regionale attraverso i seguenti interventi:

a) contributi a fondo perduto alle associazioni per specifici progetti previsti da normative regionali;

b) organizzazione e finanziamento di attività di qualificazione, aggiornamento e riqualificazione degli operatori delle associazioni;

c) [Abrogata];

d) comodato a titolo gratuito di beni del patrimonio disponibile;

e) erogazione di servizi informativi, di banche dati e di assistenza tecnica;

f) accesso agevolato al credito con criteri e modalità stabiliti con provvedimento della Giunta regionale.

2. Gli enti locali hanno facoltà di ridurre i tributi di propria competenza a favore delle associazioni di promozione sociale iscritte nel registro regionale, ai sensi dell'articolo 23 della legge n. 383/2000.

 

     Art. 392. Osservatorio regionale dell'associazionismo.

1. È istituito presso la Giunta regionale l'Osservatorio regionale dell'associazionismo con i seguenti compiti:

a) promozione di studi e ricerche sull'associazionismo;

b) pubblicazione di un rapporto triennale sull'andamento del fenomeno associativo in Umbria;

c) formulazione di pareri e proposte agli organi regionali in materia di associazionismo;

d) incentivazione di iniziative di formazione e aggiornamento degli operatori delle associazioni di promozione sociale;

e) formulazione di pareri sugli atti di programmazione di cui all'articolo 394;

f) promozione di scambi di conoscenza e di forme di collaborazione fra le associazioni di promozione sociale umbre, quelle nazionali ed estere e quelle di volontariato.

2. Per i componenti dell'Osservatorio non è previsto compenso.

3. L'Osservatorio, costituito con decreto del Presidente della Giunta regionale, dura in carica tre anni ed è composto:

a) dal Presidente della Giunta regionale o suo delegato con funzioni di presidente;

b) da tre membri designati dalla Giunta regionale, fra esperti del settore;

c) da due membri designati dalle organizzazioni territoriali e dai circoli affiliati alle associazioni a carattere nazionale iscritte al registro regionale;

d) da quattro membri designati dalle associazioni a carattere regionale e locale iscritte al registro regionale;

e) da un membro designato dal Forum regionale del terzo settore.

4. La Giunta regionale disciplina le modalità di elezione dei membri dell'Osservatorio di cui alle lettere c) e d).

 

     Art. 393. Conferenza regionale dell'associazionismo.

1. La Giunta regionale indice ogni tre anni la Conferenza regionale dell'associazionismo, avvalendosi dell'Osservatorio regionale di cui all'articolo 392.

2. La Conferenza:

a) promuove il coinvolgimento delle associazioni nella definizione delle politiche regionali per l'associazionismo;

b) assicura lo scambio fra le esperienze realizzate nel settore;

c) raccoglie valutazioni e proposte in merito alle prospettive di azione locale, nazionale e comunitaria in materia di associazionismo, anche con riferimento alle organizzazioni di volontariato di cui al presente titolo.

 

     Art. 394. Partecipazione delle associazioni di promozione sociale alla programmazione regionale.

1. Gli indirizzi programmatici inerenti l'associazionismo di promozione sociale sono contenuti nei piani regionali triennali della programmazione di settore e nel Documento annuale di programmazione (DAP).

2. I soggetti dell'associazionismo concorrono alla individuazione degli indirizzi programmatici, nelle forme stabilite dalla Giunta regionale.

 

     Art. 395. Convenzioni.

1. La Regione, gli enti locali e gli altri enti pubblici, nell'ambito dei propri compiti istituzionali, possono stipulare convenzioni con le associazioni iscritte pe convenzioni con le associazioni iscritte per la realizzazione di progetti, anche sperimentali, ai sensi dell'articolo 30 della legge 383/2000 e della normativa regionale, e nel rispetto delle indicazioni del piano sociale regionale in materia di convenzionamento.

 

     Art. 396. Formazione professionale.

1. La Regione nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 95 della legge regionale 2 marzo 1999, n. 3, assume, tra gli obiettivi e gli interventi in materia di formazione professionale, progetti di formazione degli operatori da impiegare per le attività delle associazioni di promozione sociale.

2. La realizzazione degli interventi di cui al comma 1, può essere affidata alle stesse associazioni di promozione sociale iscritte al registro regionale o ad enti di loro emanazione, secondo la normativa vigente in materia di formazione professionale.

 

Sezione III

Cooperative sociali

 

     Art. 397. Cooperative sociali.

1. Ai fini del presente testo unico, nel rispetto della legge 8 novembre 1991, n. 381 "Disciplina della cooperazione sociale", sono considerate cooperative sociali quelle cooperative che hanno lo scopo di perseguire l'interesse generale della comunità alla promozione umana e all'integrazione sociale dei cittadini attraverso:

a) la gestione di servizi socio-sanitari ed educativi;

b) lo svolgimento di attività diverse - agricole, industriali, commerciali o di servizi - finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate.

2. Alle cooperative sociali si applicano, in quanto compatibili con i principi della L. 381/91, le norme relative al settore in cui le cooperative stesse operano.

3. La denominazione sociale, comunque formata, deve contenere l'indicazione di "cooperativa sociale".

 

     Art. 398. Albo regionale delle cooperative sociali.

1. È istituito presso la Giunta regionale l'Albo regionale delle cooperative sociali, di seguito denominato Albo.

2. L'Albo si articola nelle seguenti sezioni:

a) sezione A, nella quale sono iscritte le cooperative che gestiscono servizi sociali, sanitari ed educativi;

b) sezione B, nella quale sono iscritte le cooperative che svolgono attività agricole, industriali, commerciali o di servizi, finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate;

c) sezione C, nella quale sono iscritti i consorzi di cui all'articolo 8 della legge 381/1991.

3. Le cooperative di nuova costituzione che richiedono l'iscrizione alla sezione B trasmettono alla Commissione regionale di cui all'articolo 399 entro dodici mesi dalla data di iscrizione, la documentazione attestante l'inserimento di almeno il trenta per cento di lavoratori svantaggiati.

4. Il mancato inserimento della quota di lavoratori svantaggiati di cui al comma 3, comporta la cancellazione dall'Albo.

5. La Giunta regionale stabilisce, sentita la Commissione regionale della cooperazione sociale, i requisiti per l'iscrizione, gli adempimenti ordinari e i provvedimenti di cancellazione dall'Albo con deliberazione da pubblicarsi nel Bollettino Ufficiale della Regione Umbria.

 

     Art. 399. Commissione regionale per la cooperazione sociale.

1. È istituita presso la Giunta regionale la Commissione regionale per la cooperazione sociale della quale fanno parte:

a) l'assessore regionale ai servizi sociali che la presiede o un suo delegato;

b) il direttore della direzione sanità e servizi sociali o un suo delegato;

c) un dirigente regionale per ciascuna struttura competente in materia sociale, in materia di sanità, di lavoro e formazione professionale;

d) tre rappresentanti con comprovata esperienza nel settore sociale designati dallo associazioni regionali delle cooperative che risultino aderenti alle associazioni nazionali della cooperazione;

e) tre esperti in materia di cooperazione sociale designati dalla Giunta regionale;

f) tre rappresentanti designati congiuntamente dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori;

g) due rappresentanti delle associazioni degli utenti;

h) quattro rappresentanti dei comuni capofila di Zona sociale, indicati dal Consiglio delle autonomie locali;

i) un dirigente regionale della struttura competente in materia di politiche attive del lavoro e centri per l'impiego.

2. La nomina dei componenti è effettuata dalla Giunta regionale ed essi restano in carica per la durata della legislatura.

3. La Commissione si dota di un regolamento per il suo funzionamento.

4. La Commissione si avvale, per l'assolvimento dei compiti e delle funzioni attribuite dalla presente legge, della struttura regionale competente in materia di politiche sociali e degli uffici di piano delle Zone sociali.

5. Ai componenti della Commissione, con esclusione dei dipendenti regionali, spetta una indennità forfettaria per ogni giornata di seduta di euro 30,00 nonché il rimborso delle spese previste dalle vigenti disposizioni per il personale regionale di più elevato livello funzionale.

 

     Art. 400. Compiti della Commissione.

1. La Commissione regionale per la cooperazione sociale formula proposte ed esprime pareri alla Giunta regionale nelle materie di cui al presente testo unico ed in particolare:

a) esprime il parere sulle domande di iscrizione e sulle richieste di cancellazione dall'Albo;

b) propone indagini ed ispezioni effettuate tramite le strutture di cui all'articolo 399, comma 4;

c) propone, in occasione dei rinnovi contrattuali, il tariffario regionale;

d) propone sistemi di controllo con particolare riferimento alla qualità degli interventi;

e) può effettuare verifiche sulla effettiva operatività delle cooperative sociali iscritte all'Albo;

f) attua, in materia di cooperazione sociale, una verifica sull'attuazione del Piano sociale regionale e sui Piani sociali territoriali.

 

     Art. 401. Promozione e sostegno alla cooperazione sociale.

1. La Regione può concedere alle cooperative sociali agevolazioni fiscali su base locale da determinare annualmente con legge regionale. Per la verifica della corretta destinazione delle agevolazioni, la Giunta regionale può disporre ispezioni amministrative e contabili presso i soggetti beneficiari e dispone la revoca e la restituzione dei contributi già erogati nel caso in cui la loro utilizzazione risulti non conforme alle disposizioni di cui al presente titolo.

2. La Regione, al fine di sostenere la cooperazione sociale, prevede altresì:

a) l'utilizzo degli strumenti di cui alla legge regionale 23 luglio 2003, n. 11(Interventi a sostegno delle politiche attive del lavoro, modificazioni ed integrazioni della legge regionale 25 novembre 1998, n. 41 e disciplina del Fondo regionale per l'occupazione dei disabili.) a favore degli effettivi inserimenti lavorativi dei soggetti svantaggiati da parte delle cooperative sociali di tipo B, Tali contributi non sono cumulabili con altri benefici concessi per le medesime finalità e le cooperative facenti parte di un consorzio non ne possono usufruire qualora sul medesimo progetto sia già stato finanziato il consorzio stesso;

b) la realizzazione, da parte delle cooperative sociali e dei loro consorzi di interventi formativi rivolti alle persone svantaggiate, nel rispetto della normativa comunitaria, nazionale e regionale purché siano compresi nei piani annuali di formazione professionale ai sensi della disciplina regionale vigente, ovvero previsti nell'ambito della programmazione regionale del Fondo sociale europeo e dei programmi di iniziativa comunitaria.

c) la promozione, da parte delle cooperative sociali e dei loro consorzi di azioni di inserimento lavorativo di persone svantaggiate, in attuazione e in conformità della legislazione nazionale o regionale di riferimento.

d) la promozione, da parte delle cooperative sociali e dei loro consorzi, di accordi tra enti pubblici, società a partecipazione pubblica e cooperative sociali di tipo B, ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 381/1991.

e) la promozione di uno sviluppo occupazionale che coniughi efficienza, solidarietà e coesione sociale.

 

     Art. 402. Raccordo e integrazione tra la programmazione regionale e la cooperazione sociale.

1. I piani e gli atti di programmazione delle attività sociali, sanitarie ed educative di interesse socio-sanitario e di inserimento lavorativo di persone svantaggiate, prevedono le modalità di specifica correlazione e di apporto della cooperazione sociale, sulla base dei principi di sussidiarietà e di programmazione condivisa. In particolare il piano sanitario e il piano sociale stabiliscono le modalità di apporto della cooperazione sociale e individuano i settori di intervento dello stesso.

2. La Regione, nell'ambito della programmazione annuale e di promozione delle attività di formazione sul lavoro degli operatori professionali, promuove, sentiti le cooperative sociali e i loro consorzi, e l'Ente bilaterale del settore, la individuazione e la definizione del fabbisogno formativo e dei relativi profili professionali.

3. Le cooperative sociali e i loro consorzi possono realizzare autonome attività di formazione sul lavoro dei propri operatori, nonché iniziative per la formazione manageriale degli amministratori, nel rispetto della normativa regionale vigente in materia.

 

     Art. 403. Affidamenti e convenzioni.

1. La Giunta regionale, con deliberazione da pubblicare nel Bollettino Ufficiale della Regione Umbria, sentita la Commissione regionale della cooperazione sociale, approva il tariffario regionale e stabilisce, nel rispetto delle norme vigenti in materia, i criteri e le procedure per l'affidamento dei servizi e gli schemi di convenzione cui debbono uniformarsi i contratti tra cooperative sociali, enti pubblici e società a partecipazione pubblica.

2. Le procedure di affidamento di servizi alle cooperative sociali tengono conto di criteri qualitativi, stabiliti con atto della Giunta regionale, sentite le parti sociali, sulla base del Piano sociale regionale, in particolare si terrà conto delle esperienze maturate nel settore, della capacità di rapporto con il territorio, della validità del progetto di intervento in relazione agli obiettivi individuati dall'ente, della professionalità e qualificazione degli operatori, della continuità del servizio nel rispetto dei diritti degli utenti, della creazione di occupazione stabile per i soggetti svantaggiati. L'affidamento dei servizi deve rispettare il tariffario regionale di cui al comma 1.

3. Possono partecipare alle procedure di affidamento di cui al comma 1 della presente legge, le cooperative ed i consorzi iscritti all'Albo di cui all'articolo 398. La cancellazione dall'Albo comporta la risoluzione di diritto dei contratti e delle convenzioni in essere.

4. I contratti e le convenzioni relative alla gestione dei servizi, caratterizzate da prestazioni ricorrenti, sono di durata triennale e possono essere rinnovati sulla base delle valutazioni qualitative di cui all'articolo 405 comma 1, tenendo conto anche del grado di soddisfazione dei committenti e utenti.

5. La Giunta regionale definisce annualmente l'importo delle risorse da destinare all'acquisto di beni e servizi dalle cooperative sociali di tipo B iscritte all'Albo secondo le modalità previste dall'articolo 5, della legge n. 381/1991 e ne promuove l'inserimento negli appositi accordi di programma tra i soggetti pubblici interessati.

 

     Art. 404. Determinazione dei corrispettivi.

1. I Contratti e le convenzioni sono stipulati ai sensi dell'articolo 403, nonché nel rispetto del tariffario vigente, considerato come elemento minimo al fine di garantire da parte delle cooperative sociali la corretta applicazione dei disposti contrattuali nazionali e anche di quelli raggiunti in sede di contrattazione decentrata. Il tariffario viene aggiornato al rinnovo del Contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) di settore.

2. Nei contratti o convenzioni in presenza di gestioni a corpo si deve prevedere il rispetto del CCNL di settore, compreso il rispetto degli accordi raggiunti in sede di contrattazione decentrata. Nell'eventuale affidamento a corpo, totale o parziale, di servizi deve essere comunque specificata la quantificazione oraria, inerente le prestazioni alla persone ed il corrispettivo onere per la stazione appaltante non può mai essere inferiore al disposto del tariffario regionale.

3. Nei contratti o convenzioni aventi per oggetto la fornitura di servizi e/o beni da parte di cooperative sociali di tipo B e non riconducibili alla tipologia del comma 1, deve essere comunque specificata la quantificazione oraria delle prestazioni ed il corrispettivo onere per la stazione appaltante non può mai essere inferiore al disposto del tariffario regionale.

 

     Art. 405. Qualità della cooperazione sociale.

1. La Giunta regionale definisce, sentita la Commissione regionale per la cooperazione sociale, i criteri di valutazione della qualità dei servizi affidati.

2. Gli enti pubblici e/o loro associazioni che stipulano contratti e convenzioni con le cooperative sociali operano un monitoraggio sulla qualità ed efficienza dei servizi e sul rispetto dei criteri di affidamento degli stessi, sulle modalità di inserimento lavorativo delle persone svantaggiate.

3. I risultati del monitoraggio di cui al comma 2 sono trasmessi annualmente e alla scadenza dei contratti delle convenzioni alla Giunta regionale, la quale sentita la Commissione regionale della cooperazione sociale, ne valuta la coerenza con i criteri di cui al comma 1, ai fini dell'implementazione del sistema di qualità.

 

PARTE III

Norme comuni

Titolo I

Attuazione di leggi regionali

Capo I

Sanità

 

     Art. 406. Clausole valutative.

1. La Giunta regionale presenta all'Assemblea Legislativa, entro il primo semestre di ciascun anno, una relazione sullo stato di attuazione e sui risultati conseguiti dall'attività di assistenza odontoiatrica, protesica ed ortesica in Umbria di cui al Capo VI del Titolo XV della Parte I. A tal fine la relazione deve evidenziare i seguenti aspetti:

a) in quanti distretti sanitari è stato attivato il Servizio di assistenza odontoiatrica, protesica ed ortesica e in quali distretti è stato attivato più di un gabinetto odontoiatrico;

b) quante strutture odontoiatriche private accreditate hanno stipulato specifici contratti con l'Azienda USL;

c) quali sono state le modalità da parte delle strutture odontoiatriche private, di cui alla lettera b), per garantire all'utenza il rispetto della parità di trattamento e di accesso;

d) il tempo medio di attesa per ogni prestazione effettuata dal servizio pubblico e dalle strutture private di cui alla lettera b);

e) entità e tipologia delle prestazioni rese dal servizio pubblico e dalle strutture private di cui alla lettera b);

f) se e in che misura il contenimento dei costi delle prestazioni di assistenza odontoiatrica, protesica ed ortesica, ha contribuito a regolare e calmierare i prezzi di mercato.

1-bis. La Giunta regionale rende conto all'Assemblea legislativa dell'attuazione delle disposizioni contenute nel Capo IV del Titolo XVI, e dei risultati ottenuti nel contrastare il fenomeno del randagismo, nel promuovere l'adozione e il possesso responsabile degli animali da affezione. A tal fine, la Giunta regionale trasmette all'Assemblea legislativa una relazione entro il 31 luglio di ogni anno che contiene risposte documentate ai seguenti quesiti:

a) in che misura il fenomeno del randagismo si è manifestato nell'anno di riferimento, in termini quantitativi, tipologici e di distribuzione territoriale;

b) quali iniziative sono state assunte al fine di superare la filosofia del ricovero permanente degli animali di affezione e quindi per favorire azioni volte all'affidamento e all'adozione;

c) i criteri e le modalità stabiliti dalla Giunta regionale per il riparto dei contributi tra i comuni singoli o associati;

d) le tariffe stabilite dalla Giunta regionale per il mantenimento dei cani nei canili e dei gatti nelle oasi feline;

e) l'elenco dei canili sanitari o canili rifugio e delle oasi feline presenti sul territorio regionale, specificandone la tipologia;

f) le modalità di attuazione dei commi 8 e 11 dell'articolo 219-bis;

g) il numero di cani, gatti o altri animali di affezione ospitati per singola struttura al 31 dicembre di ogni anno, distinti per durata di presenza nella struttura;

h) i tassi di affidamento stabiliti dalla Regione e realizzati per ogni anno da ciascuna struttura;

i) il numero di ingressi alla struttura distinti per specie animale e motivo dell'ingresso durante l'anno solare;

j) il numero di uscite dalla struttura distinti per specie animale e motivo dell'uscita durante l'anno solare.

 

Capo II

Servizi sociali

 

     Art. 407. Clausole valutative.

1. Con cadenza annuale, la Giunta presenta all'Assemblea Legislativa una relazione sull'attuazione degli interventi e dei servizi a tutela della promozione e della valorizzazione dell'invecchiamento attivo ed in particolare degli interventi ricompresi nel piano operativo di cui al Capo III del Titolo III - Parte II.

2. La Giunta regionale, con cadenza annuale entro il 30 novembre, informa l'Assemblea Legislativa circa l'attuazione degli interventi nell'ambito del sostegno e della qualificazione dell'attività di assistenza familiare domiciliare di cui al Capo I, Titolo IV - Parte II, evidenziando i risultati ottenuti nell'ambito.

Per le finalità di cui sopra, la Giunta regionale presenta una relazione fornendo in particolare le seguenti informazioni:

a) in che modo e con il coinvolgimento di quali soggetti si è realizzata l'attività di informazione e assistenza rivolta a sostenere le persone singole e le famiglie;

b) la qualità percepita della formazione erogata da parte dei soggetti che hanno frequentato i corsi formativi ed i risultati ottenuti sul fronte della selezione dei soggetti formati;

c) in che misura le persone singole e le famiglie ritengono accresciuta la qualità della prestazione lavorativa a seguito della partecipazione ai corsi formativi del personale addetto all'attività di assistenza familiare domiciliare.

La Giunta regionale per le finalità di cui sopra, attiva processi di monitoraggio e verifica avvalendosi dell'Osservatorio sociale regionale.

3. La Giunta regionale, entro il 30 giugno di ogni anno presenta all'Assemblea Legislativa una relazione in cui sono contenute le informazioni sull'attuazione degli interventi nell'ambito del Fondo per la non autosufficienza di cui all'articolo 317 e precisamente:

a) il dato relativo alle persone non autosufficienti in Umbria di-stinto per tipologia e livelli di gravità;

b) la situazione di ogni zona sociale e distretto che evidenzi le aree di intervento per gruppi di popolazione, tipologia di prestazioni e spesa relativa;

c) il tempo medio di attesa intercorso tra il momento della presa in carico della persona non autosufficiente e la sottoscrizione del Patto per la cura e il benessere.

La Giunta regionale con cadenza triennale presenta altresì una relazione all'Assemblea Legislativa per rispondere dettagliatamente alle seguenti domande:

a) in che modo le risorse del fondo per la non autosufficienza impiegate:

1) hanno contribuito all'obiettivo del mantenimento a domicilio delle persone non autosufficienti;

2) hanno contribuito ad incrementare il sistema di protezione sociale e di cura delle persone non autosufficienti e delle relative famiglie;

3) hanno inciso sulla spesa sanitaria;

4) hanno contribuito a contenere i tempi medi delle liste di accesso alle strutture residenziali;

b) il grado di soddisfacimento dei bisogni delle persone non autosufficienti e dei familiari e conviventi nonché il livello di qualità delle prestazioni rese e degli interventi attuati.

4. La Giunta regionale con cadenza annuale, sulla scorta delle informazioni rese dai soggetti che contribuiscono all'attuazione del prestito sociale d'onore di cui al Capo V del Titolo V - Parte II, presenta all'Assemblea Legislativa, una relazione sull'attuazione del prestito stesso e sui risultati da essa ottenuti nell'agevolare l'accesso al microcredito nella forma del prestito sociale d'onore in favore di cittadini residenti in Umbria in situazione di temporanea difficoltà economica. La relazione è presentata alla Commissione consiliare competente in materia e fornisce i seguenti dati informativi:

a) numero delle domande presentate ai Comuni suddivise in base alla tipologia di bisogno e in base a quelle ammesse all'erogazione del prestito sociale d'onore;

b) tempi medi per Zona sociale di durata del procedimento dal momento della pubblicazione del bando al momento della erogazione del prestito;

c) dotazione finanziaria assegnata a ciascun Zona sociale in relazione al numero delle domande ammissibili, spesa sostenuta per l'abbattimento degli interessi e verifica della capacità di spesa di ogni Zona sociale.

Decorsi cinque anni dalla data di pubblicazione del primo bando la Giunta regionale fornisce dati informativi sugli importi relativi al capitale prestato in ciascuna Zona sociale e sulla restituzione dei prestiti concessi. Tutti I soggetti che contribuiscono all'attuazione dell'intervento di cui alla presente legge, pubblici e privati, sono tenuti a fornire le informazioni necessarie all'espletamento delle attività previste per consentire alla Giunta di predisporre la relazione di cui al presente comma.

5. [Abrogato].

6. La Giunta regionale, entro il 31 ottobre di ogni anno, trasmette all'Assemblea legislativa una relazione sullo stato d'attuazione degli interventi per la famiglia di cui al Capo II, Titolo IV - Parte II, contenente dati e informazioni di dettaglio, riguardanti in particolare:

a) gli interventi a sostegno della natalità, di cui all'articolo 298-bis;

b) il fondo regionale di solidarietà a favore dei figli orfani di entrambi i genitori, di cui all'articolo 298-ter;

c) gli interventi in favore delle famiglie vulnerabili, di cui all'articolo 300;

d) gli interventi in favore delle famiglie in condizione di grave disagio, di cui all'articolo 301;

e) gli interventi per favorire l'accesso alla casa delle famiglie, ai sensi dell'articolo 302;

f) le attività svolte dai centri per la famiglia istituiti sul territorio regionale, ai sensi dell'articolo 312-bis;

g) l'attuazione del fattore famiglia dell'Umbria, di cui all'articolo 312-ter.

6-bis. Le competenti strutture dell'Assemblea legislativa e della Giunta regionale collaborano ai fini della migliore valutazione del presente articolo.

6-ter. L'Assemblea legislativa rende pubblici i risultati dell'attività di valutazione condotta sul presente articolo e ne cura la divulgazione, anche attraverso il sito internet istituzionale.

 

Titolo II

Disposizioni transitorie e finali

Capo I

Norma finanziaria

 

     Art. 408. Norma finanziaria.

1. Agli oneri derivanti dalla applicazione della "Parte I - Sanità" del presente Testo Unico si provvede, per gli esercizi finanziari 2015 e successivi, ai sensi dell'articolo 38 del D.Lgs. 118/2011 e s.m.i., con quanto annualmente destinato nel bilancio regionale al finanziamento del Servizio sanitario regionale per garantire l'erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza, come da apposita tabella allegata al bilancio di previsione, oltre a quanto stanziato, sulle seguenti Unità Previsionali di base (capitoli):

a) Unità Previsionale di base 12.1.006 (capitolo 2283), per il finanziamento con risorse statali dell'indennità di esclusività di cui all'articolo 50, in aggiunta alle risorse destinate al finanziamento dei Livelli Essenziali di Assistenza di cui al comma 1;

b) Unità Previsionale di base 12.2.002 (capitolo 7217), per il finanziamento degli oneri di cui all'articolo 84 già previsti dalla abroganda legge regionale n. 7/2004;

c) Unità Previsionale di base 12.1.005 (capitolo 2278), per il finanziamento degli oneri di cui all'articolo 86 già previsti dalla abroganda legge regionale n. 7/2004;

d) Unità Previsionale di base 12.1.005 (capitolo 2268), per il finanziamento con risorse statali delle attività di cui all'articolo 105 commi 1 e 2, in aggiunta alle risorse destinate al finanziamento dei Livelli Essenziali di Assistenza di cui al comma 1;

e) Unità Previsionale di base 12.1.006 (capitoli 2280 e 2284), per il finanziamento con risorse statali delle attività di cui agli articoli 105 comma 3 e 106, commi 1 e 2, in aggiunta alle risorse destinate al finanziamento dei Livelli Essenziali di Assistenza di cui al comma 1;

f) Unità Previsionale di base 12.1.004 (capitolo 2129), per il finanziamento degli oneri di cui all'articolo 107 già previsti dalla abroganda legge regionale 18/2004;

g) Unità Previsionale di base 12.1.011 (capitolo 2157), per il finanziamento degli oneri di cui all'articolo 110, c. 2 già previsti dalla abroganda legge regionale 20/2001;

h) Unità Previsionale di base 12.1.004 (capitolo 2541), per il finanziamento degli oneri della Struttura Regionale di Coordinamento di cui all'articolo 153;

i) Unità Previsionale di base 12.1.004 (capitolo 2887), per il rimborso dei costi di cui all'articolo 154, comma 2;

j) Unità Previsionale di base 12.2.004 (capitolo 7286), per il finanziamento con risorse statali degli interventi di cui all'articolo 157;

k) Unità Previsionale di base 12.2.003 (capitolo 7208), per il finanziamento degli oneri di cui all'articolo 176 già previsti dalla abroganda legge regionale 7/2008;

l) Unità Previsionale di base 12.1.010 (capitolo 2199), per il finanziamento, con i proventi delle sanzioni di cui al D.Lgs. 81/2008, degli oneri di cui agli articoli 177, 178, 179, 180, 181, 182 e 183, in aggiunta alle risorse destinate al finanziamento dei Livelli Essenziali di Assistenza di cui al comma 1, allocate al capitolo 2176;

m) [Abrogata];

n) Unità Previsionale di base 12.2.005 (capitolo 7310), per il finanziamento degli interventi di cui all'articolo 211, comma 2, lettera a). Al finanziamento di tali interventi concorrono gli introiti derivanti dalle sanzioni previste all'articolo 219-septies;

o) Unità Previsionale di base 12.1.012 (capitolo 2331), per il finanziamento degli interventi di cui all'articolo 211, comma 2, lettere b) e c). Al finanziamento di tali interventi concorrono gli introiti derivanti dalle sanzioni previste all'articolo 219-septies;

o-bis) Unità Previsionale di base 12.1.012 (capitolo 2330), per il finanziamento, nei limiti delle risorse statali della L. 281/1991, degli interventi di cui all'articolo 208, comma 1, lettera g) e all'articolo 219-quinquies;

p) Unità Previsionale di base 02.1.005 (capitolo 560), per il finanziamento degli oneri di cui all'articolo 240;

q) Unità Previsionale di base 12.1.010 (capitolo 2468), per il finanziamento degli interventi di cui agli articoli 252 e 253 già previsti dalla abroganda legge regionale 26/2002;

r) Unità Previsionale di base 11.1.001 (capitolo 2923), per il finanziamento degli interventi di cui agli articoli 257, 258, 259, 260 e 262 già previsti dalla abroganda legge regionale 18/2005;

s) Unità Previsionale di base 11.1.001 (capitolo 2924), per il finanziamento degli oneri dell'Osservatorio di cui all'articolo 261 già previsti dalla abroganda legge regionale 18/2005.

2. Agli oneri derivanti dalla applicazione della "Parte II - Servizi Sociali" del presente Testo Unico si provvede, ai sensi dell'articolo 38 del D.Lgs. 118/2011 e s.m.i., con quanto stanziato, per gli esercizi finanziari 2015 e successivi, sulle seguenti Unità Previsionali di base (capitoli):

a) Unità Previsionale di base 13.1.005 (capitolo 2884) e Unità previsionale di base 13.1.014 (capitolo 2899), per il finanziamento degli interventi di cui agli articoli 265 e 268-bis;

b) Unità Previsionale di base 13.1.005 (capitolo 2888), per il finanziamento degli interventi di cui all'articolo 268 già previsti dalla abroganda legge regionale 26/2009;

c) Unità Previsionale di base 13.1.008 (capitolo 2881), per il finanziamento degli interventi di cui all'articolo 278 già previsti dalla abroganda legge regionale 26/2009;

d) Unità Previsionale di base 13.1.004 (capitolo 2859), per il finanziamento degli interventi di cui all'articolo 280 già previsti dalla abroganda legge regionale 28/2004;

e) Unità Previsionale di base 13.1.014 (capitolo 2898), per il finanziamento degli interventi di cui agli articoli 291, 292, 293 e 294 già previsti dalla abroganda legge regionale 14/2012;

f) Unità Previsionale di base 13.1.005 (capitolo 2575), per il finanziamento degli interventi di cui all'articolo 312 già previsti dalla abroganda legge regionale 28/2007;

g) Unità Previsionale di base 13.1.005 (capitolo 2561), per il finanziamento del fondo di cui all'articolo 313, comma 1 già previsto dalla abroganda legge regionale 1/2008. Al finanziamento di tale fondo concorrono anche i contributi volontari di cui all'articolo 313, comma 4 lettera b) allocati al capitolo 2563 e le sanzioni di cui all'articolo 313, comma 4 lettera c) allocate al capitolo 2564 del bilancio regionale;

h) Unità Previsionale di base 13.1.005 (capitolo 2562), per il finanziamento degli oneri di cui all'articolo 313, comma 2 già previsti dalla abroganda legge regionale 1/2008;

i) Unità Previsionale di base 12.1.005 (capitolo 2255), per il finanziamento del Fondo per le prestazioni socio-sanitarie e sociali di cui all'articolo 323 - Quota del Fondo nazionale per la non autosufficienza;

j) Unità Previsionale di base 12.1.005 (capitolo 2264/5010), per il finanziamento del Fondo per le prestazioni socio-sanitarie e sociali di cui all'articolo 323 - Quota parte dello stanziamento relativo al finanziamento di parte corrente del Servizio sanitario regionale;

k) Unità Previsionale di base 12.1.005 (capitolo 2256) e Unità Previsionale di base 13.1.005, (capitolo 2578), per il finanziamento del Fondo per le prestazioni socio-sanitarie e sociali di cui all'articolo 323 - Risorse regionali;

l) Unità Previsionale di base 13.1.005 (capitolo 2883), per il finanziamento degli interventi di cui all'articolo 329 già previsti dalla abroganda legge regionale 25/2007;

m) Unità Previsionale di base 13.1.012 (capitolo 2886), per il finanziamento degli interventi di cui all'articolo 332 già previsti dalla abroganda legge regionale 3/1984;

n) Unità Previsionale di base 13.1.005 (capitolo 2565), per il finanziamento degli interventi di cui agli articoli 339 e 340 già previsti dalla abroganda legge regionale 13/2010;

o) Unità Previsionale di base 13.1.005 (capitolo 2566), per il finanziamento degli interventi di cui all'articolo 341 già previsto dalla abroganda legge regionale 13/2010;

p) Unità Previsionale di base 13.1.003 (capitolo 2558), per il finanziamento degli interventi di cui agli articoli 363 e 365 commi 2 e 3 già previsti dalla abroganda legge regionale 18/2009;

q) Unità Previsionale di base 13.1.001 (capitolo 2712), per il finanziamento degli oneri di cui all'articolo 364, comma 1, lettere h) ed i) già previsti dalla abroganda legge regionale 13/2006;

r) Unità Previsionale di base 13.1.001 (capitolo 2711), per il finanziamento degli oneri di cui all'articolo 365, commi 1 e 3 già previsti dalla abroganda legge regionale 13/2006;

s) Unità Previsionale di base 13.1.008 (capitolo 2626), per il finanziamento degli oneri di cui agli articoli 391, comma 1, lettere a), b) ed f) e 395 già previsti dalla abroganda legge regionale 22/2004;

t) Unità Previsionale di base 13.1.008 (capitolo 2625), per il finanziamento con risorse statali della L. 383/2000 degli oneri di cui all'articolo 392;

u) Unità previsionale di base 02.1.005 (capitolo 560), per il finanziamento degli oneri di cui all'articolo 399, comma 5;

v) Unità Previsionale di base 11.2.002 (capitoli 9771 - 9772), per il finanziamento degli interventi di cui all'articolo 401, comma 2, lettera a) già previsti dalla legge regionale 11/2003.

3. Al finanziamento degli interventi di cui agli articoli 298, 299, 300, 301,302, 303, 304, 305 e 306, già previsti dalla abroganda legge regionale 13/2010, si provvede con le risorse già previste dalle specifiche leggi regionali di settore e con le eventuali risorse statali e/o del POR FSE ad essi destinate in materia di servizi sociali, tutela della salute, non autosufficienza, politiche alloggiative, servizi socio-educativi prima infanzia, formazione, diritto allo studio e prestito sociale d'onore.

3-bis. Ad integrazione delle risorse previste al comma 3 sono stanziati i risparmi derivanti dalla legge regionale 23 aprile 2018, n. 3 (Riduzione temporanea dell'assegno vitalizio. Ulteriori modificazioni alla legge regionale 15 gennaio 1973, n. 8 (Norme sulla previdenza dei consiglieri regionali)), nella Missione 12: Diritti sociali, Politiche sociali e famiglia, Programma 04: Interventi per i soggetti a rischio di esclusione sociale (Capitolo 2596), in particolare per gli interventi di sostegno ai genitori separati in situazioni di difficoltà.

4. Al finanziamento degli interventi di cui agli articoli 308 e 309, già previsti dalla abroganda legge regionale 28/2007, si provvede con le risorse della Programmazione comunitaria e/o statali eventualmente destinate alla formazione professionale.

4-bis. Al finanziamento degli interventi di cui all'articolo 298-bis si provvede con le risorse finanziarie già previste alla Missione 12 "Diritti sociali, politiche sociali e famiglia", Programma 05 "Interventi per le famiglie", Titolo 1 del bilancio di previsione 2024-2026 pari a euro 860.000,00 per l'esercizio 2024 e ad euro 500.000,00 per ciascuno degli esercizi 2025 e 2026.

4-ter. Per gli esercizi finanziari successivi l'entità della spesa di cui al comma precedente è determinata con la legge regionale di bilancio, ai sensi dell'articolo 38, comma 1 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42).

4-quater. Per il finanziamento degli interventi di cui all'articolo 298-ter è autorizzata, a decorrere dal 2025, la spesa di euro 20.000,00 alla Missione 12 "Diritti sociali, politiche sociali e famiglia", Programma 04 "Interventi per i soggetti a rischio di esclusione sociale", Titolo 1 del bilancio di previsione 2024-2026. La spesa trova copertura per gli anni 2025 e 2026 nella riduzione di pari importo della spesa autorizzata al comma 1 dell'articolo 8 della legge regionale 2 agosto 2021, n. 13 (Disposizioni per la fusione per incorporazione di società regionali. Nuova denominazione della società incorporante: "PuntoZero S.c.ar.l."), alla Missione 01 "Servizi istituzionali, generali e di gestione", Programma 08 "Statistica e sistemi informativi", Titolo 1, del bilancio di previsione 2024-2026.

 

Capo II

Norme transitorie e finali

 

     Art. 409. Norme transitorie.

1. Le aziende Unità sanitarie locali di cui all'articolo 18 del presente testo unico, già istituite ai sensi dell'articolo 6 della L.R. n. 18/2012, subentrano in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi delle Aziende Unità sanitarie locali istituite ai sensi dell'articolo 8 della legge regionale 20 gennaio 1998, n. 3 (Ordinamento del sistema sanitario regionale) ivi compresi quelli inerenti i rapporti di lavoro, assumendone i relativi diritti ed obblighi e proseguendo in tutti i rapporti, anche processuali, preesistenti.

2. Nelle more della costituzione dell'Azienda ospedaliero-universitaria di Perugia e dell'Azienda ospedaliero-universitaria di Terni, i rapporti tra il servizio sanitario regionale e l'Università degli Studi di Perugia sono regolati da apposito atto convenzionale.

3. La Giunta regionale, con proprio atto, definisce i criteri e le modalità per il subentro di cui al comma 1, con particolare riguardo:

a) alla gestione delle attività e passività pregresse e tutela dei rapporti contrattuali in essere;

b) al patrimonio disponibile e indisponibile;

c) alla gestione del personale;

d) alla gestione delle attività contrattuali in essere;

e) alla gestione transitoria dei servizi di tesoreria;

f) alla contabilità economico-finanziaria e patrimoniale relativa agli anni precedenti.

4. Con atto della Giunta regionale, i beni patrimoniali immobili, ivi compresi quelli da reddito, nonché i beni mobili registrati, delle aziende unità sanitarie locali di cui all'articolo 8 della L.R. n. 3/1998, previa ricognizione dei medesimi, sono trasferiti al patrimonio della subentrante azienda unità sanitaria locale di cui all'articolo 18 del presente testo unico, già istituita ai sensi dell'articolo 6 della L.R. n. 18/2012. I provvedimenti regionali di trasferimento costituiscono titolo, ai sensi dell'articolo 5, comma 3 del D.Lgs. 502/1992, per le conseguenti trascrizioni, registrazioni e volture e per tutti gli altri atti connessi al trasferimento con esenzione di ogni onere relativo a imposte e tasse.

5. L'incarico dei Direttori generali delle aziende unità sanitarie locali, nominati ai sensi dell'articolo 26, decorre dal 1° gennaio 2013.

6. I Direttori generali delle aziende unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere entro centottanta giorni dalla data di decorrenza dell'incarico, adottano:

a) il piano attuativo;

b) il piano degli investimenti e dei finanziamenti;

c) l'atto aziendale.

7. In sede di prima applicazione le due Conferenze dei Sindaci di cui all'articolo 8 esprimono alla Giunta regionale il parere di cui all'articolo 18, comma 2, in seduta plenaria, in deroga a quanto previsto dal comma 2 del medesimo articolo 8. Le Conferenze sono convocate dal Presidente della Giunta regionale o dall'Assessore competente e sono presiedute dal Sindaco del Comune con maggior numero di abitanti. Il parere è reso entro quindici giorni dal ricevimento della richiesta. In caso di inerzia provvede comunque la Giunta regionale.

 

     Art. 410. Abrogazioni.

1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente Testo Unico sono e restano abrogate tutte le norme contrarie o incompatibili con il presente testo. Sono e restano abrogate, in particolare, le seguenti leggi e disposizioni:

a) legge regionale 19 luglio 1972, n. 13 (Esercizio delle funzioni in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera);

b) legge regionale 15 dicembre 1972, n. 27 (Decisione in via amministrativa dei ricorsi in materia di spedalità);

c) legge regionale 22 gennaio 1973, n. 9 (Istituzione di un fondo sanitario regionale per l'assistenza farmaceutica ai lavoratori autonomi);

d) legge regionale 29 marzo 1974, n. 23 (Rifinanziamento della legge regionale 22 gennaio 1973, n. 9, concernente: Istituzione di un Fondo sanitario regionale per l'assistenza farmaceutica ai lavoratori autonomi);

e) legge regionale 29 marzo 1974, n. 24 (Designazione medici specializzati in materia di assistenza ai fini della costituzione dei Comitati comunali ONMI);

f) legge regionale 6 marzo 1975, n. 13 (Erogazione di un contributo speciale ai Comuni maggiormente colpiti dal sisma del dicembre 1974);

g) legge regionale 21 marzo 1975, n. 15 (Disciplina del diritto di accesso all'assistenza ospedaliera gestita dalla Regione dell'Umbria);

h) legge regionale 2 aprile 1975, n. 19 (Estinzione delle Opere pie e devoluzione del patrimonio all'Ente comunale di assistenza di Terni);

i) legge regionale 12 maggio 1975, n. 26 (Norme per lo svolgimento dei concorsi in campo sanitario);

j) legge regionale 27 gennaio 1977, n. 8 (Regolamentazione del servizio di assistenza dei neuropatici cronici);

k) legge regionale 26 luglio 1977, n. 35 (Modifica all'art. 2 della legge regionale 27 gennaio 1977, n. 8);

l) legge regionale 9 agosto 1977, n. 42 (Integrazione del fondo sanitario regionale per l'assistenza farmaceutica ai lavoratori autonomi previsto dalla legge regionale 22 gennaio 1973, n. 9 e dalla legge regionale 29 marzo 1974, n. 23);

m) legge regionale 28 marzo 1978, n. 13 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 12 maggio 1975, n. 26, contenente norme per lo svolgimento dei concorsi in campo sanitario);

n) legge regionale 31 luglio 1978, n. 36 (Soppressione degli Enti comunali di assistenza);

o) legge regionale 19 dicembre 1979, n. 65 (Organizzazione del servizio sanitario regionale);

p) legge regionale 28 dicembre 1979, n. 72 (Disciplina dell'iscrizione nel ruolo nominativo regionale del personale addetto ai presidi, servizi ed uffici delle unità sanitarie locali);

q) legge regionale 27 febbraio 1980, n. 10 (Autorizzazione e vigilanza sulle strutture sanitarie private di diagnostica di laboratorio);

r) legge regionale 17 maggio 1980, n. 43 (Prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro);

s) legge regionale 17 maggio 1980, n. 46 (Norme sullo scioglimento delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza ai sensi dell'art. 25 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616);

t) legge regionale 16 gennaio 1981, n. 4 (Modificazione all'art. 11 della legge regionale 28 dicembre 1979, n. 72, recante la disciplina della iscrizione nel ruolo nominativo regionale del personale addetto ai presidi, servizi ed uffici delle Unità sanitarie locali);

u) legge regionale 6 maggio 1981, n. 25 (Modifica ed integrazione dell'art. 5 della legge regionale 21 marzo 1975, n. 15. Disciplina del diritto di accesso all'assistenza ospedaliera gestita dalla Regione Umbria);

v) legge regionale 8 giugno 1981, n. 31 (Interventi a favore delle farmacie rurali particolarmente disagiate);

w) legge regionale 7 aprile 1982, n. 19 (Norme per l'esercizio delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblica veterinaria e polizia veterinaria);

x) legge regionale 14 maggio 1982, n. 24 (Norme per il trasferimento alle Unità sanitarie locali delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblica);

y) legge regionale 30 agosto 1982, n. 45 (Norme per la gestione, l'organizzazione e il funzionamento dei presidi e servizi multizonali);

z) legge regionale 30 agosto 1982, n. 46 (Norme per il corretto uso del farmaco e per l'assistenza farmaceutica nell'ambito del servizio sanitario regionale);

aa) legge regionale 13 luglio 1983, n. 26 (Norme di attuazione del D.P.R. 761/1979 in materia di procedure concorsuali e disciplina del rapporto di impiego del personale delle U.L.S.S.);

bb) legge regionale 13 luglio 1983, n. 27 (Integrazione alla legge regionale 30 agosto 1982, n. 46. Norme per il corretto uso del farmaco e per l'assistenza farmaceutica nell'ambito del Servizio sanitario regionale);

cc) legge regionale 17 gennaio 1984, n. 3 (Erogazione di provvidenze a favore degli Enti di tutela e assistenza agli invalidi);

dd) legge regionale 3 agosto 1984, n. 34 (Integrazione della legge regionale 14 maggio 1982, n. 24. Norme per il trasferimento alle Unità sanitarie locali delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblica);

ee) legge regionale 14 gennaio 1985, n. 1 (Norme per l'esercizio da parte dell'associazione dei comuni, di cui alla legge regionale 19 dicembre 1979, n. 65, delle funzioni amministrative già attribuite o delegate ai consorzi intercomunali costituiti ai sensi della legge regionale 3 giugno 1975, n. 40 e dalla legge regionale 17 agosto 1979, n. 44. Modificazioni alla legge regionale 19 dicembre 1979, n. 65);

ff) legge regionale 11 marzo 1985, n. 10 (Norme per la razionalizzazione dei servizi trasfusionali e la promozione della donazione del sangue);

gg) legge regionale 21 marzo 1985, n. 11 (Piano socio - sanitario regionale per il triennio 1985-87);

hh) legge regionale 14 aprile 1986, n. 16 (Adeguamento della legislazione regionale alle norme sul nuovo assetto degli organi di gestione delle UU.LL.SS.SS.);

ii) legge regionale 21 gennaio 1987, n. 4 (Interpretazione autentica del primo comma dell'art. 22 della legge regionale 19 dicembre 1979, n. 65);

jj) legge regionale 17 marzo 1987, n. 17 (Spesa sanitaria consolidata a carico della Regione dell'Umbria a norma dell'art. 69 - primo comma, lett. b), della legge 23 dicembre 1978, n. 833 relativamente agli anni dal 1981 al 1984. Definizione rapporti finanziari con lo Stato);

kk) legge regionale 20 maggio 1987, n. 27 (Carta dei diritti degli utenti dei servizi delle Unità locali per i servizi sanitari e socio-assistenziali dell'Umbria);

ll) legge regionale 20 gennaio 1988, n. 2 (Compensi ai componenti le commissioni e sottocommissioni esaminatrici dei concorsi e delle selezioni per l'assunzione del personale delle uu.ll.ss.ss dell'Umbria);

mm) legge regionale 12 giugno 1989, n. 16 (Determinazioni per l'attività di soccorso e ricostruzione a favore delle popolazioni dell'Armenia colpite dal sisma del dicembre 1988);

nn) legge regionale 27 marzo 1990, n. 9 (Piano socio-sanitario regionale per il triennio 89/91 - atto quinquies);

oo) art. 10 della legge regionale 10 aprile 1990, n. 18 (Interventi a favore degli immigrati extracomunitari in Umbria);

pp) legge regionale 27 aprile 1990, n. 33 (Nuovi interventi a favore delle farmacie rurali particolarmente disagiate);

qq) legge regionale 27 aprile 1990, n. 32 (Misure per favorire l'inserimento dei nomadi nella società e per la tutela della loro identità e del loro patrimonio culturale);

rr) legge regionale 15 aprile 1992, n. 8 (Norme regionali per la limitazione dell'infezione da h.i.v. (human immunodeficiency virus) e del fenomeno dell'abbandono delle siringhe usate);

ss) legge regionale 25 maggio 1994, n. 15 (Disciplina del volontariato);

tt) legge regionale 25 maggio 1994, n. 15 (Disciplina del volontariato);

uu) comma 1 dell'art. 12 della L.R. 21 giugno 1994, n. 18 (Bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 1994 e annesso bilancio pluriennale 1994/1996);

vv) legge regionale 19 luglio 1994, n. 19 (Norme per la tutela degli animali di affezione e per la prevenzione ed il controllo del fenomeno del randagismo);

ww) legge regionale 12 agosto 1994, n. 28 (Modificazioni ed integrazioni della legge regionale 15 aprile 1992, n. 8. Norme regionali per la limitazione dell'infezione da HIV (Human Immunodeficiency Virus) e del fenomeno dell'abbandono delle siringhe usate);

xx) legge regionale 2 dicembre 1994, n. 37 (Finanziamento programma straordinario di investimenti della sanità - art. 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67 - Variazioni al bilancio preventivo regionale per l'esercizio finanziario 1994);

yy) legge regionale 30 marzo 1995, n. 17 (Istituzione del servizio di ospedalizzazione a domicilio per pazienti oncologici terminali);

zz) legge regionale 19 dicembre 1995, n. 51 (Norme in materia di contabilità, di amministrazione dei beni, di attività contrattuale e di controllo delle Aziende sanitarie regionali);

aaa) comma 3 dell'art. 15-bis e articolo 18 della legge regionale 18 aprile 1997, n. 14 (Norme sull'amministrazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare regionale e delle aziende sanitarie locali);

bbb) [Abrogata];

ccc) legge regionale 10 luglio 1998, n. 23 (Tutela sanitaria delle attività sportive);

ddd) legge regionale 30 giugno 1999, n. 20 (Norme per il funzionamento delle commissioni sanitarie di cui alla legge 15 ottobre 1990, n. 295);

eee) legge regionale 19 novembre 1999, n. 31 (Provvidenze a favore di soggetti sottoposti a trapianto di organi);

fff) legge regionale 16 agosto 2001, n. 20 (Trasferimento alle Aziende USL delle funzioni di cui alla legge 210/1992. Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati, nonché a causa di vaccinazione antipoliomilitica non obbligatoria, di cui all'art. 3, comma 3, della legge 14 ottobre 1999, n. 362);

ggg) legge regionale 22 ottobre 2001, n. 27 (Norme in materia di divieto di detenzione ed utilizzazione di esche avvelenate);

hhh) legge regionale 28 novembre 2001, n. 31 (Modificazioni ed integrazioni della legge regionale 30 giugno 1999, n. 20. Norme per il funzionamento delle Commissioni sanitarie di cui alla legge 15 ottobre 1990, n. 295);

iii) legge regionale 17 luglio 2002, n. 13 (Istituzione e disciplina della figura professionale dell'operatore socio-sanitario);

jjj) legge regionale 6 dicembre 2002, n. 25 (Norme per il rilascio del nulla osta all'impiego di sorgenti di radiazioni ionizzanti comportanti esposizioni a scopo medico);

kkk) legge regionale 6 dicembre 2002, n. 26 (Contributi a favore dei mutilati e invalidi di guerra e categorie assimilate per cure climatiche, soggiorni terapeutici e cure termali);

lll) legge regionale 26 maggio 2004, n. 7 (Disposizioni in materia di finanziamento degli investimenti del Servizio sanitario regionale);

mmm) legge regionale 21 luglio 2004, n. 12 (Norme in materia di cremazione, dispersione delle ceneri e servizi cimiteriali);

nnn) legge regionale 6 agosto 2004, n. 18 (Interventi di assistenza sanitaria in favore di paesi extracomunitari in gravi difficoltà assistenziali sanitarie);

ooo) legge regionale 16 novembre 2004, n. 22 (Norme sull'associazionismo di promozione sociale);

ppp) legge regionale 20 dicembre 2004, n. 28 (Riconoscimento e valorizzazione della funzione sociale, educativa e formativa svolta dalle parrocchie mediante gli oratori);

qqq) legge regionale 23 dicembre 2004, n. 32 (Integrazione della legge regionale 6 agosto 2004, n. 18 - Interventi di assistenza sanitaria in favore di paesi extracomunitari in gravi difficoltà assistenziali sanitarie);

rrr) legge regionale 28 dicembre 2004, n. 35 (Ambiti territoriali delle Aziende Unità sanitarie locali e ulteriori modificazioni della legge regionale 20 gennaio 1998, n. 3 - Ordinamento del Sistema sanitario regionale);

sss) legge regionale 17 febbraio 2005, n. 9 (Norme sulla cooperazione sociale);

ttt) legge regionale 23 febbraio 2005, n. 15 (Modalità per il conferimento di incarichi di struttura nelle Aziende sanitarie regionali);

uuu) legge regionale 28 febbraio 2005, n. 18 (Tutela della salute psicofisica della persona sul luogo di lavoro e prevenzione e contrasto dei fenomeni di mobbing);

vvv) legge regionale 18 ottobre 2006, n. 13 (Istituzione del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale);

www) legge regionale 22 gennaio 2007, n. 1 (Accesso ai trattamenti terapeutici per i cittadini consumatori di sostanze psicoattive o in stato di dipendenza);

xxx) legge regionale 13 febbraio 2007, n. 4 (Disciplina in materia di requisiti igienico-sanitari delle piscine ad uso natatorio);

yyy) art. 1 L.R. 29 marzo 2007, n. 8 (Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2007 in materia di entrate e di spese);

zzz) legge regionale 24 luglio 2007, n. 25 (Prestito sociale d'onore. Istituzione di un fondo per agevolarne l'accesso);

aaaa) legge regionale 3 ottobre 2007, n. 28 (Interventi per il sostegno e la qualificazione dell'attività di assistenza familiare domiciliare);

bbbb) legge regionale 21 febbraio 2008, n. 1 (Istituzione del Fondo di emergenza per le famiglie delle vittime di incidenti mortali del lavoro);

cccc) legge regionale 7 maggio 2008, n. 7 (Istituzione nelle Aziende Unità Sanitarie Locali (USL) della Regione Umbria del Servizio di assistenza odontoiatrica protesica ed ortesica);

dddd) legge regionale 4 giugno 2008, n. 9 (Istituzione del Fondo regionale per la non autosufficienza e modalità di accesso alle prestazioni);

eeee) legge regionale 29 luglio 2009, n. 18 (Istituzione del Garante regionale per l''infanzia e l''adolescenza);

ffff) legge regionale 28 dicembre 2009, n. 26 (Disciplina per la realizzazione del Sistema Integrato di Interventi e Servizi Sociali);

gggg) legge regionale 16 febbraio 2010, n. 13 (Disciplina dei servizi e degli interventi a favore della famiglia);

hhhh) [Abrogata];

iiii) legge regionale 10 dicembre 2010, n. 24 (Modificazioni della legge regionale 18 ottobre 2006, n. 13 (Istituzione del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale), dalla legge regionale 29 luglio 2009, n. 18 (Istituzione del Garante regionale per l''infanzia e l''adolescenza) e dalla legge regionale 27 novembre 2007, n. 30 (Nuova disciplina del Difensore civico regionale. Abrogazione della legge regionale 30 novembre 1995, n. 45));

jjjj) legge regionale 20 luglio 2011, n. 6 (Disciplina per l'attribuzione degli incarichi di struttura nelle Aziende sanitarie regionali. Ulteriori modificazioni ed integrazioni alla legge regionale 20 gennaio 1998, n. 3 (Ordinamento del sistema sanitario regionale) e abrogazione della legge regionale 23 febbraio 2005, n. 15);

kkkk) legge regionale 4 novembre 2011, n. 13 (Integrazione della legge regionale 16 febbraio 2010, n. 13 (Disciplina dei servizi e degli interventi a favore della famiglia));

llll) art. 14, comma 1, L.R. 4 aprile 2012, n. 7 Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2012 in materia di entrate e di spese - Modificazioni ed integrazioni di leggi regionali;

mmmm) legge regionale 27 settembre 2012, n. 14 (Norme a tutela della promozione e della valorizzazione dell''invecchiamento attivo);

nnnn) legge regionale 12 novembre 2012, n. 18 (Ordinamento del servizio sanitario regionale), ad esclusione dell'articolo 62;

oooo) art. 19, comma 1 e art. 21, comma 1, L.R. 9 aprile 2013, n. 8 (Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2013 in materia di entrate e di spese - Modificazioni ed integrazioni di leggi regionali);

pppp) artt. 15 e 16 della L.R. 21 giugno 2013, n. 12 (Norme su perequazione, premialità e compensazione in materia di governo del territorio e modificazioni di leggi regionali);

qqqq) legge regionale 26 febbraio 2014, n. 1 Ulteriori integrazioni della legge regionale 18 ottobre 2006, n. 13 (Istituzione del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale).

2. Dalla data di entrata in vigore del presente Testo unico, tutti i richiami alle leggi e alle norme regionali abrogate ai sensi del comma 1, si intendono riferiti al presente Testo unico.

 

Allegato A

(all'art. 18, Capo I - Titolo IV della Parte I)

 

Ambiti territoriali delle Unità Sanitarie Locali:

Unità Sanitaria Locale Umbria n. 1:

Comuni di: Assisi, Bastia Umbra, Bettona, Cannara, Castiglione del Lago, Citerna, Città della Pieve, Città di Castello, Collazzone, Corciano, Costacciaro, Deruta, Fossato di Vico, Fratta Todina, Gualdo Tadino, Gubbio, Lisciano Niccone, Magione, Marsciano, Massa Martana, Monte Castello di Vibio, Monte Santa Maria Tiberina, Montone, Paciano, Panicale, Passignano sul Trasimeno, Perugia, Piegaro, Pietralunga, San Giustino, San Venanzo, Scheggia e Pascelupo, Sigillo, Todi, Torgiano, Tuoro sul Trasimeno, Umbertide, Valfabbrica.

Unità Sanitaria Locale Umbria n. 2:

Comuni di: Acquasparta, Allerona, Alviano, Amelia, Arrone, Attigliano, Avigliano Umbro, Baschi, Bevagna, Calvi dell'Umbria, Campello sul Clitunno, Cascia, Castel Giorgio, Castel Ritaldi, Castel Viscardo, Cerreto di Spoleto, Fabro, Ferentillo, Ficulle, Foligno, Giano dell'Umbria, Giove, Gualdo Cattaneo, Guardea, Lugnano in Teverina, Montecastrilli, Montefalco, Montecchio, Montefranco, Montegabbione, Monteleone di Orvieto, Monteleone di Spoleto, Narni, Nocera Umbra, Norcia, Orvieto, Otricoli, Parrano, Penna in Teverina, Poggiodomo, Polino, Porano, Preci, San Gemini, Sant'Anatolia di Narco, Scheggino, Sellano, Spello, Spoleto, Stroncone, Terni, Trevi, Vallo di Nera, Valtopina.

 

Allegato B

Autorizzazione e vigilanza sulle strutture sanitarie private di diagnostica di laboratorio

(Capo II - Titolo XIV - Parte I)

ALLEGATO 1

Criteri per la quantificazione del carico - lavoro e la definizione dell'organico

1. - DETERMINAZIONE DEL CARICO - LAVORO.

Il carico - lavoro annuo di ciascun servizio di diagnostica di laboratorio è calcolato in base alla formula: (N. annuo prelievi X indice peso) - (N. annuo prestazioni analitiche X indice peso) = lavoro annuo in minuti diviso 60 = N. annuo ore di lavoro.

La rilevazione quantitativa di ciascun tipo di analisi, la determinazione degli indici peso e le modalità di esecuzione delle stesse costituiscono punti essenziali ed indispensabili di riferimento per il calcolo di cui sopra.

a) Rilevazione quantitativa delle analisi.

L'unità di conteggio è rappresentata dalla esecuzione analitica che porta al singolo risultato.

Unità di conteggio particolari sono da prevedere solo nei casi appresso riportati:

Chimica - clinica.

Le prove di valutazione funzionale vanno conteggiate sommando le singole voci che le compongono (es. Clearance creatinina = creatinina per 2). Salvo specifiche eccezioni (riportate nelle tabelle relative ai sistemi di carico), vanno conteggiati singolarmente: gli standard, ogni analisi della medesima curva di taratura, le analisi ripetute in doppio ed in triplo, le analisi eseguite con apparecchiature multicanali (esclusi i risultati derivati).

Ematologia.

Ogni parametro del "profilo ematico" (GR, GB, dosaggio della emoglobina, ematocrito, MCV, MCH, MCHC) va calcolato singolarmente purché non si tratti di parametri derivati.

La formula leucocitaria, ivi compresa la morfologia dei globuli rossi e delle piastrine, costituisce un esame unico e a se stante, anche se richiesto con il profilo ematico.

Microbiologia ed immunologia.

Le reazioni sierologiche sono conteggiate secondo il numero degli antigeni impiegati.

Per le indagini microbiologiche l'unità di conteggio è costituita dalla piastra, dal tubo, dalla bottiglia o dal vetrino impiegati. Urine - essudati - trasudati.

I tests di routine simultaneamente eseguiti sullo stesso campione di urine (sangue, urobilina, proteine, zucchero, acetone, ph, peso specifico) vengono conteggiati come un singolo esame; sono calcolati invece come singole determinazioni quando eseguiti separatamente. Il sedimento urinario è conteggiato sempre come esame a se stante. Gli esami di routine degli essudati e trasudati (peso specifico, proteine, sangue, sedimento, Rivalta) sono calcolati come esame unico; per esami diversi (cellularità, contenuto batterico) o per diverse valutazioni biochimiche vengono conteggiati tanti esami quanti sono rispettivamente i vetrini impiegati e le esecuzioni analitiche effettuate.

Prelievi.

Nei servizi analitici a sede ospedaliera il calcolo non terrà conto dei prelievi effettuati per i degenti dal personale di reparto.

b) Indici peso delle esecuzioni analitiche.

L'indice peso di ciascuna esecuzione analitica è costituito dal tempo medio tecnico (compreso, quello dei laureati), impiegatizio ed ausiliario necessario ed eseguirla, incluso il tempo di raccolta in laboratorio dei campioni, la centrifugazione e la ripartizione intra - laboratorio degli stessi. L'indice peso come sopra determinato non include il tempo del prelievo e della ripartizione dei campioni per l'invio ad altri presidi, da valutare separatamente. I valori di riferimento stabiliti per le varie analisi sono quelli derivati dal "sistema di carico canadese" ed espressi in minuti di lavoro manuale, come da tabella allegata.

c) Sistema di lavoro.

In rapporto all'attuale stato di evoluzione tecnica, il sistema di lavoro dei servizi di diagnostica di laboratorio può distinguersi in:

a) lavoro manuale preparazione e lettura del campione, calcolo e trascrizione dei risultati esclusivamente manuali;

b) lavoro quasi manuale preparazione manuale del campione alla lettura, lettura diretta più o meno automatizzata dei risultati in concentrazione, trascrizione manuale o a mezzo stampante: in sierologia preparazione automatica del campione alla lettura, lettura e trascrizione manuali;

c) lavoro in semiautomazione preparazione del campione alla lettura, lettura del campione e trascrizione dei risultati completamente automatiche, ma senza trascrizione automatica in scheda - paziente e senza codificazione dei risultati al CED (Centro elettronico elaborazione dati);

d) lavoro in automazione semplice preparazione del campione alla lettura, lettura del campione e trascrizione dei risultati completamente automatiche in una scheda - paziente, senza codificazione dei risultati al CED;

e) lavoro in automazione integrale preparazione del campione alla lettura, lettura del campione e trascrizione dei risultati completamente automatiche, codificazione dei risultati direttamente al CED.

Per il lavoro manuale e quasi manuale non è rilevante l'uso di diluitori più o meno automatici se è costante l'intervento dell'operatore.

Il sistema di lavoro condiziona l'indice peso in minuti degli esami eseguiti.

I valori di riferimento stabiliti nella tabella allegata sono ad eccezione di quelli relativi ad esami cromatografici e gascromatografici, ridotti rispettivamente:

a) del 35 per cento per le analisi eseguite con sistema quasi manuale;

b) del 75 per cento per le analisi eseguite in semiautomazione;

c) dell'85 per cento per le analisi eseguite in automazione semplice;

d) del 90 per cento per le analisi eseguite in automazione integrale.

2. - DEFINIZIONE DELL'ORGANICO.

Presa a riferimento la media annua del tempo di lavoro contrattuale degli operatori e dividendo per questa il numero annuo di ore di lavoro del servizio, calcolato nel modo di cui al punto precedente, si ottiene il numero complessivo degli operatori necessari ad esplicare in maniera ottimale l'attività richiesta.

La quantificazione ottenuta è comprensiva di tutte le componenti che fanno parte dell'organico dei servizi di diagnostica di laboratorio (laureati, tecnici, personale impiegatizio ed ausiliario).

La ripartizione dell'organico nelle componenti sopra indicate deve tener conto delle caratteristiche specifiche dei singoli servizi (varietà delle analisi, grado di automazione, ampiezza dei locali da pulire, ecc.).

A titolo orientativo è da ipotizzare in linea di massima il seguente rapporto:

a) personale laureato e tecnico un laureato ogni due tecnici per i servizi a conduzione tradizionale o con prevalenza del lavoro manuale; un laureato ogni 4 - 5 tecnici, a seconda del grado di automazione, per i servizi con lavoro in automazione integrale o semplice;

b) personale impiegatizio ed ausiliario due ausiliari e due impiegati ogni sei tecnici di laboratorio.

 

ALLEGATO 2

TABELLA DEGLI INDICI PESO DELLE PRESTAZIONI ANALITICHE (Accanto ad ogni prestazione viene indicato il tempo necessario espresso in minuti)

1° Prelievi

Prelievo di sangue venoso 8

Prelievo di sangue arterioso 12

Prelievo di sangue capillare (dito, orecchio ecc.) 12

Prelievo midollo osseo 36

Prelievo di materiali per esami microbiologici (per paziente) 6

Prelievo di succo gastrico, intubazione, aspirazione (I prelievo e successivi) 14 - 6

Prelievo di campione da drenaggio 6

Prelievo urinario con cateterismo 18

Frazionamento e distribuzione di campioni da inviare ad altro laboratorio (per paziente) 3

2° Urine

Esame chimico - fisico completo 5

Esame chimico - fisico parziale per ogni singola analisi 3

Dosaggi quantitativi (vedere corrispondente voce esami chimico - clinici)

Sedimento urinario 4

Conta di Addis 32

Prova di concentrazione (3 determinazioni) 9

Prova di diluizione (3 determinazioni) 9

3° Ematologia

VES 5

Conteggio leucociti 6

Conteggio eritrociti 6

Emoglobina 6

Conteggio piastrine 14

Conteggio reticolociti 13

Conteggio eosinofili 8

Ematocrito 3

Morfologia ematica (Formula leucocitaria, morfologia GR e piastrine) 11

Indici ematologici derivati (per campione e solo se eseguiti manualmente) 3

Conteggio punteggiati basofili 13

Resistenza globulare 45

Resistenza globulare test rapido (ad esempio con met. Simmel) 18

Ricerca cellule LE 28

Ricerca emazie fetali 18

Ricerca cellule falciformi 14

Curva eritrocitometrica di Prince - Jones 60

Esame midollo osseo (escluso prelievo) 30

Ricerche citochimiche su elementi ematici (ciascuna) 18

Emoglobine anormali (elettroforesi) 46

Emoglobina alcali - resistente (dosaggio) 31

Enzimi eritrocitari (ciascun dosaggio) 13

4° Coagulazione

Prove di fragilità capillare (ciascuna prova) 7

Tempo di emorragia 11

Tempo coagulazione sangue in toto 24

Tempo di retrazione del coagulo 4

Valutazione qualitativa e quantitativa della retrazione del coagulo 20

Tempo di protrombina 8

Tempo di tromboplastina parziale 10

Tempo di protrombina residua 12

Tempo di trombina 8

Dosaggio fattori emocoagulativi (ciascuno) 35

Test di generazione della tromboplastina 120

Tromboelastogramma 30

Test di aggregazione piastrinica 35

Test di adesività piastrinica 20

Capacità di distensione piastrinica 20

Fibrinogeno (dosaggio) 15

Tempo di lisi del coagulo 15

Tempo di lisi euglobulinica 40

Tempo di lisi tromboelastografica 30

Tempo di lisi in piastre di fibrina 90

Attivatori ed inibitori della fibrinolisi (ciascuno) 90

Tolleranza eparinica "in vitro" 50

Dosaggio antitrombina 20

Dosaggio FDP 15

Ricerca delle antitromboplastine 100

Test di paracoagulazione 5

5° Chimica - clinica

Acetone 24

Acido lattico 27

Acido piruvico 27

Acido urico 13

Acido vanilmandelico (dosaggio) 60

Albumina 12

Alcool 49

Alcool (dosaggio enzimatico) 13

Aldosterone (metodo chimico) 42

Aminoacidi (Test di Guthrie per ciascun aminoacido) 3

Aminoacidi (metodo cromatografico) 120

Ammoniaca 39

Amniotico (esame liquido) Bilirubina 24

HB 24

1/s 36

Anidride carbonica, titolazione bicarbonati 18

Acido ascorbico 25

Acido - 5 - idrossi - indolacetico (dosaggio) 22

Barbiturici (dosaggio) 32

Bilirubina totale 12

Bilirubina frazionata 24

Bromosulftaleina (compresa iniezione) 24

Beta - lipoproteina (metodo tirbidimetrico) 19

Calcio 14

Calcio ionizzato 24

Calcoli (analisi) 25

Catecolamine 80

Clearance (soltanto il calcolo) o altri indici chimici derivati) 3

Cloro 10

Colesterolo totale 14

Colesterolo frazionato 30

Corticoidi, cortisolo sangue 22

Corticoidi, cortisolo urine 31

Corticoidi, 11 - ossi o 17 - idrossi (con due dosaggi

creatinina) 54

Creatina 26

Creatinina 12

Delta - aminolevulinico acido 40

DNA dosaggio fluorimetrico 120

Elettroforesi proteine, lipoproteine, glicoproteine (per ciascun tipo) 30

Elettroforesi proteine urinarie 35

Enzimi (metodi a tempo fisso) 20

Enzimi (metodi in cinetica) 12

Estrogeni urine (metodo chimico) 35

Fenilalanina (dosaggio) 15

Ferro totale 16

Ferro (capacità legante) 24

Fosfato inorganico 18

Fosfolipidi 30

Fenosulftaleina (compresa iniezione) 24

Gastrico succo acidità (per ogni campione) 6

Glucosio (dosaggio) 12

ph, PCO2, PO2 (per ciascun parametro) 6

Grassi acidi liberi (NEFA) 25

17 - chetosteroidi totali 30

17 - chetosteroidi frazionati 84

Lipidi totali 16

Litio 10

Magnesio 13

Mercurio 40

Metemoglobina 21

Mioglobina 11

Mucopolisaccaridi (dosaggio) 30

Mucopolisaccaridi (identificazione elettroforetica) 70

Osmolarità 10

PBI 31

Piombo (dosaggio) 40

Prove eucolloidità serica (ciascuna) 10

Porfirine (esame qualitativo) 10

Porfirine () 67

Potassio 12

Pregnandiolo 40

Pregnantriolo 40

Prolina - idrossi (dosaggio) 40

Proteine Bence - Jones (metodo al calore) 18

Proteine, globuline (Pandy) 6

Proteine totali 12

Rame 40

Radiochimica (dosaggi con separazione cromatografia per campione) 30

Radiochimica (dosaggi senza separazione cromatografica) per campione 52

Salicilati 12

Sodio 12

T3 - T4 con metodo su colonna (ciascuno) 26

Trigliceridi 21

Urea, azoto ureico 12

Urobilinogeno porfo (dosaggio) 35

Volemia con colorante 60

6° Microbiologia, Parassitologia, Virologia

Manualità tecniche preliminari inerenti il materiale

da esaminare (per ciascun campione in arrivo) 7,8

Arricchimento per esame microscopico o colturale del materiale (per ciascun campione) 3

Esame colturale (per ogni piastra, tubo o bottiglia) 3

Esame colturale rapido con eventuali reazioni biochimiche, su terreni multipli (per ciascun tipo di terreno contenuto nel tubo o piastra) 1

Antibiogramma (per ogni ceppo batterico, per ogni antibiotico, per ogni concentrazione) 1

Ricerca microscopica per batteri o miceti (per ogni vetrino) 2,2

Ricerca microscopica per microbatteri (per ogni vetrino) 6

Ricerca di uova o parassiti fecali (per vetrino)

Ricerca parassiti nel sangue (per campione) 22

Identificazione microbiologica con agglutinazione su vetrino o provetta (per ciascuna reazione) 2,2

Identificazione biochimica con ricerche eseguite singolarmente (per ciascuna prova) 2,2

Prova biologica in cavia o altri animali (inoculazione, autopsia, strisci e colture tessuti) per ricerca di bacteri, micobacteri e miceti) 100

Coltura primaria di tessuto (per campione) 120

Coltura di linee cellulari continue in vitro: allestimenti di ogni fiasca, piastra, provetta o fiala 30

Coltura cellulare in vitro: ricambio dei terreni di mantenimento 5

Isolamento dei virus su monostrati cellulari 15

Prova di emoadsmorbimento su colture in vitro 20

Isolamento dei virus su embrione di pollo 30

Isolamento dei virus su animali da laboratorio 30

Titolazione dei virus su coltura cellulare, uova embrionate o animali 30

Identificazione mediante prova di neutralizzazione su coltura cellulare, su uova embrionale e su animali (per ciascuna prova) 30

Ricerca di anticorpi mediante prova di neutralizzazione in coltura di tessuto, in uova embrionale o animali (per ciascuna ricerca) 30

7° Immunologia

Adsorbimento di antigeni ai globuli rossi (per ciascun antigene) 15

Titolazione del complemento (necessaria a ciascuna serie di reazioni di deviazione del complemento) per ciascun antigene e per ogni seduta 30

Allestimento reagenti per FTA, per ciascuna seduta 55

Reazione di precipitazione, di agglutinazione o di lisi (per ciascun antigene e per ciascuna diluizione) 3

Reazione di deviazione del complemento (per ciascun antigene e per ciascuna diluizione) 10

Reazione con metodo di fluorescenza per ciascun antigene o anticorpo e per ciascuna diluizione con metodo diretto 20

Reazione con metodo di fluorescenza per ciascun antigene o anticorpo e per ciascuna diluizione con metodo indiretto 30

Reazioni immunologiche qualitative o quantitative rapide su vetrino (ad es. test di gravidanza, ricerca fattore reumatoide, proteina C, VDRL ecc.) per ciascun antigene e per ciascuna diluizione 3

Ricerca con immunoelettrosineresi (per ciascuna piastra) 40

Ricerca con immunoelettrosineresi (per ciascuna piastra) 30

Immunodiffusione qualitativa (per ciascun antigene o anticorpo) 10

Immunodiffusione qualitativa (per ciascun antigene o anticorpo) 5

Test di immobilizzazione delle spirochete 30

Dye - test 30

Dosaggi radioimmunologici (per ciascun dosaggio) 20

8° Immunoematologia (esclusa quella di più specifica competenza dei Centri trasfusionali).

Ricerca antigeni del sistema ABO, Rh (con agglutinazione diretta su vetrino o in provetta (per ciascun antigene) 2

Adsorbimento anticorpale o sensibilizzazione eritrocitaria (per ciascuna esecuzione) 7

Test di Coombs, esclusa fase di adsorbimento 2

9° Miscellanea

Analisi cromatografica su colonna 120

Analisi gascromatografiche 400

Feci, esame chimico - microscopico completo 30

Feci esame parziale (ad es. sangue occulto) (per ogni indagine) 6

Liquido cefalo - rachidiano (esame chimico - microscopico) 36

Liquido cefalo rachidiano (reazioni colloidali) 5

Succo gastrico e duodenale (PH, sangue, pigmenti biliari) per ogni campione 6

Esami trasudati ed essudati (peso specifico, proteine, sangue, sedimento, Rivalta) 15

Latte completo (proteine, grassi, zuccheri) 34

Latte parziale (grassi) 16

Sperma esame completo 25

Cutireazione od intradermoreazione (per tbc, per echinococco) 10

Omogeneizzazione di cellule o tessuti per ricerche biochimiche 60

Cariogramma 420

Ricerca dei ricettori di membrana con rosette E, o immunofluorescenza diretta (per test) 50

Ricerca delle rosette EA (per test) 110

Valutazione della diluizione di lavoro dei coniugati fluorescenti (chess - board) 200

Citofluorescenza midollare per la ricerca dell'immunoglobulinopoiesi (per ciascun antisiero e per ciascuna diluizione) 50

 

 


[1] Testo vigente aggiornato alle modifiche apportate dalla L.R. 25 settembre 2024, n. 16.

[2] La Corte costituzionale, con sentenza 10 novembre 2017, n. 234, ha dichiarato l'illegittimità del presente articolo.