§ 3.2.107 - L.R. 24 febbraio 2005, n. 41.
Sistema integrato di interventi e servizi per la tutela dei diritti di cittadinanza sociale.


Settore:Codici regionali
Regione:Toscana
Materia:3. servizi sociali
Capitolo:3.2 assistenza sociale
Data:24/02/2005
Numero:41


Sommario
Art. 1.  Oggetto e finalità.
Art. 2.  Il sistema integrato di interventi e servizi sociali.
Art. 3.  Principi del sistema integrato.
Art. 4.  Livelli essenziali delle prestazioni sociali.
Art. 5.  Diritto agli interventi e ai servizi del sistema integrato.
Art. 6.  Soggetti istituzionali tenuti alla erogazione delle prestazioni.
Art. 7.  Modalità per l’accesso al sistema integrato.
Art. 8.  Diritto all’informazione e principi di comunicazione sociale.
Art. 9.  Carta dei servizi sociali.
Art. 10.  Pubblica tutela.
Art. 11.  Il comune.
Art. 12.  La comunità montana.
Art. 13.  La provincia.
Art. 14.  La Regione.
Art. 15.  Le famiglie.
Art. 16.  Le associazioni familiari.
Art. 17.  Il terzo settore.
Art. 18.  Relazioni sindacali.
Art. 19.  Affidamento dei servizi.
Art. 20.  Strutture residenziali e semiresidenziali.
Art. 21.  Strutture soggette ad autorizzazione.
Art. 22.  Strutture soggette ad obbligo di comunicazione di avvio di attività.
Art. 23.  Vigilanza sulle strutture autorizzate.
Art. 24.  Sanzioni amministrative.
Art. 25.  Accreditamento.
Art. 26.  Principi generali.
Art. 27.  Programmazione regionale.
Art. 28.  Commissione regionale per le politiche sociali.
Art. 29.  Piano di inclusione zonale
Art. 30.  Procedimento per l’approvazione del piano di zona.
Art. 31.  Carta dei diritti di cittadinanza sociale.
Art. 32.  Patti per la costruzione di reti di solidarietà sociale.
Art. 33.  Ambiti territoriali per la gestione del sistema locale di interventi e servizi sociali
Art. 34.  Conferenza zonale dei sindaci
Art. 35.  Compiti della conferenza zonale dei sindaci
Art. 36.  Forme innovative di gestione unitaria ed integrata dei servizi tra comuni e aziende unità sanitarie locali - Società della salute.
Art. 36 bis.  Esercizio associato delle funzioni
Art. 37.  Coordinatore sociale
Art. 38.  Segreteria amministrativa
Art. 39.  Formazione degli operatori dei servizi sociali.
Art. 40.  Osservatorio sociale.
Art. 41.  Sistema informativo sociale regionale
Art. 42.  Relazione sociale regionale.
Art. 43.  Relazione sullo stato di salute
Art. 44.  Finanziamento del sistema integrato.
Art. 45.  Fondo sociale regionale.
Art. 46.  Fondo sociale regionale di solidarietà interistituzionale.
Art. 47.  Compartecipazione degli utenti al costo delle prestazioni.
Art. 48.  Integrazione socio-sanitaria.
Art. 49.  Criteri per la gestione delle attività di integrazione socio-sanitaria.
Art. 49 bis.  Politiche per la tutela della salute mentale
Art. 49 ter.  Politiche per la prevenzione e il trattamento delle dipendenze
Art. 50.  Consultori familiari.
Art. 51.  Ufficio di direzione zonale
Art. 52.  Politiche per le famiglie.
Art. 53.  Politiche per i minori.
Art. 54.  Politiche per gli anziani.
Art. 55.  Politiche per le persone disabili.
Art. 55 bis.  Scuola nazionale cani guida per ciechi e Stamperia Braille
Art. 56.  Politiche per gli immigrati.
Art. 57.  Politiche per i nomadi.
Art. 58.  Politiche per le persone a rischio di esclusione sociale.
Art. 59.  Politiche per il contrasto della violenza contro le donne, i minori e in ambito familiare.
Art. 60.  Politiche per la tutela della salute mentale.
Art. 61.  Politiche per la prevenzione e il trattamento delle dipendenze.
Art. 62.  Regolamento.
Art. 63.  Norme transitorie.
Art. 64.  Modifiche all’articolo 35 della l.r. 43/2004.
Art. 65.  Abrogazioni.


§ 3.2.107 - L.R. 24 febbraio 2005, n. 41.

Sistema integrato di interventi e servizi per la tutela dei diritti di cittadinanza sociale.

(B.U. 7 marzo 2005, n. 19).

 

TITOLO I

Disposizioni generali

 

Capo I

Principi generali del sistema integrato di interventi e servizi sociali

 

Art. 1. Oggetto e finalità.

     1. La Regione Toscana, con la presente legge, disciplina il sistema integrato di interventi e servizi sociali, di seguito denominato sistema integrato, volto a promuovere e garantire i diritti di cittadinanza sociale, la qualità della vita, l’autonomia individuale, le pari opportunità, la non discriminazione, la coesione sociale, l’eliminazione e la riduzione delle condizioni di disagio e di esclusione.

     2. Per interventi e servizi sociali si intendono tutte le attività relative alla predisposizione ed alla erogazione di servizi, gratuiti e parzialmente o completamente a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona incontra nel corso della vita, escluse quelle assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario, nonché le funzioni assicurate in sede di amministrazione della giustizia.

 

     Art. 2. Il sistema integrato di interventi e servizi sociali.

     1. Il sistema integrato:

     a) ha carattere di universalità;

     b) promuove l’attuazione dei diritti di cittadinanza sociale e delle responsabilità dei soggetti istituzionali e sociali per la costruzione di una comunità solidale;

     c) promuove l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà sociale, favorendo l’autonoma iniziativa dei cittadini singoli o associati;

     d) valorizza l’autonomia delle comunità locali, tutelando i comuni minori, i territori montani ed insulari.

     2. La programmazione e l’organizzazione del sistema integrato, in conformità con i livelli essenziali delle prestazioni sociali definiti dallo Stato, compete alla Regione ed agli enti locali.

     3. La Regione e gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, riconoscono e agevolano il ruolo che il volontariato, gli organismi della cooperazione sociale, le associazioni e gli altri soggetti privati senza scopo di lucro, operanti nel settore, svolgono nella organizzazione e nella gestione del sistema integrato.

     4. Al perseguimento delle finalità del sistema integrato concorrono anche altri soggetti pubblici o privati.

 

     Art. 3. Principi del sistema integrato.

     1. Il sistema integrato si realizza secondo i seguenti principi:

     a) rispetto della libertà e dignità della persona;

     b) garanzia dell’uguaglianza, delle pari opportunità rispetto a condizioni sociali e stati di bisogno differenti, valorizzazione della differenza di genere;

     c) valorizzazione delle capacità e delle risorse della persona;

     d) perseguimento della possibilità di scelta tra le prestazioni erogabili;

     e) adeguatezza, appropriatezza e personalizzazione degli interventi;

     f) prevenzione e rimozione delle condizioni di disagio sociale;

     g) sostegno all’autonomia delle persone disabili e non autosufficienti;

     h) valorizzazione e sostegno del ruolo peculiare delle famiglie quali luoghi privilegiati per la crescita, lo sviluppo e la cura della persona;

     i) partecipazione attiva dei cittadini singoli o associati, nell’ambito dei principi di solidarietà e di autoorganizzazione anche mediante processi partecipativi ai sensi della legge regionale 27 dicembre 2007, n. 69 (Norme sulla promozione della partecipazione alla elaborazione delle politiche regionali e locali) [1];

     j) sviluppo e qualificazione degli interventi e dei servizi e valorizzazione delle professioni sociali.

     2. Il sistema integrato si realizza attraverso i seguenti metodi:

     a) coordinamento ed integrazione tra i servizi sociali ed i servizi sanitari al fine di assicurare una risposta unitaria alle esigenze di salute della persona, indipendentemente dal soggetto gestore;

     b) integrazione con le politiche abitative, dei trasporti, dell’educazione, dell’istruzione, della formazione professionale e del lavoro, culturali, ambientali ed urbanistiche, dello sport e del tempo libero, della ricerca, nonché con tutti gli altri interventi finalizzati al benessere della persona ed alla prevenzione delle condizioni di disagio sociale;

     c) cooperazione tra i diversi livelli istituzionali ed i soggetti pubblici e privati, inclusi quelli del terzo settore di cui all’articolo 17;

     d) concertazione tra i diversi livelli istituzionali, tra questi e le organizzazioni sindacali, le categorie economiche, le associazioni degli utenti e dei consumatori.

     3. La Regione e gli enti locali attivano specifiche procedure di concertazione finalizzate alla ricerca di convergenze per la individuazione e la determinazione degli obiettivi e dei contenuti degli atti attuativi previsti dalla presente legge.

 

     Art. 4. Livelli essenziali delle prestazioni sociali.

     1. Il sistema integrato assicura l’erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali previsti dallo Stato ai sensi dell’articolo 117, comma secondo, lettera m) della Costituzione, così come definiti dall’articolo 22 della legge 8 novembre 2000, n. 328 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali).

     2. Il piano sanitario e sociale integrato regionale di cui all’articolo 27 definisce, sulla base del fabbisogno rilevato [2]:

     a) le caratteristiche quantitative e qualitative dei servizi e degli interventi che costituiscono i livelli essenziali delle prestazioni sociali definiti dallo Stato, nell’ambito delle risorse trasferite, di cui all’articolo 45, comma 1;

     b) le eventuali prestazioni aggiuntive da assicurare in modo omogeneo sul territorio toscano, nell’ambito delle risorse regionali.

     3. L’attuazione in ambito zonale del piano sanitario e sociale integrato regionale avviene sulla base delle caratteristiche sociali, economiche, epidemiologiche e morfologiche del territorio, nel rispetto dei criteri di equità, efficacia ed appropriatezza, tenuto conto delle risorse finanziarie messe a disposizione dallo Stato, dalla Regione e dagli enti locali, nonché della compartecipazione degli utenti al costo delle prestazioni, ed é definita negli atti di programmazione locale di cui all’articolo 29 [3].

 

Capo II

Diritti di cittadinanza sociale

 

     Art. 5. Diritto agli interventi e ai servizi del sistema integrato.

     1. Hanno diritto ad accedere agli interventi e ai servizi del sistema integrato tutte le persone residenti in Toscana.

     2. Gli interventi e i servizi di cui al comma 1 sono estesi anche alle seguenti persone, comunque presenti nel territorio della Regione Toscana:

     a) donne straniere in stato di gravidanza e nei sei mesi successivi al parto;

     b) stranieri con permesso di soggiorno per protezione sussidiaria; per i motivi di cui all'articolo 32, comma 3, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25 (Attuazione della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato); per cure mediche nonché con i permessi di soggiorno di cui agli articoli 18, 18 bis, 19, 20 bis, 22, comma 12 quater, 41 e 42 bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) e con permesso di soggiorno rilasciato nelle ipotesi di cui all'articolo 10 della legge 7 aprile 2017, n. 47 (Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati) [4];

     c) richiedenti asilo e rifugiati, di cui al decreto legge 30 dicembre 1989, n. 416 (Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, da ultimo modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189.

     3. I minori di qualsiasi nazionalità e comunque presenti nel territorio della Regione Toscana hanno diritto agli interventi e ai servizi del sistema integrato.

     4. Tutte le persone dimoranti nel territorio della Regione hanno diritto all'effettivo godimento dei diritti fondamentali della persona umana previsti dalla Costituzione e dalle norme internazionali [5].

     4 bis. A tutte le persone di cui al comma 4 è garantito l'accesso alle prestazioni sanitarie e assistenziali essenziali previste dal piano sanitario e sociale integrato regionale e gli strumenti informativi relativi alle prestazioni stesse [6].

 

     Art. 6. Soggetti istituzionali tenuti alla erogazione delle prestazioni.

     1. Per i soggetti di cui all’articolo 5, comma 1 il comune di residenza assicura la definizione del percorso assistenziale personalizzato di cui all’articolo 7, comma 2, l’erogazione delle prestazioni e sostiene gli oneri per l’assistenza prestata.

     2. Per i soggetti per i quali si renda necessario il ricovero stabile presso strutture residenziali di cui all’articolo 20, il comune nel quale essi hanno la residenza prima del ricovero assume gli oneri per le prestazioni erogate.

     3. Per i minori è competente il comune nel quale risiede il minore. Se il minore non è residente in Toscana, è competente il comune nel cui territorio si è manifestata la necessità d’intervento.

     4. Per le prestazioni e i servizi rivolti ai soggetti di cui all’articolo 5, commi 2 e 4, è competente il comune nel cui territorio si è manifestata la necessità d’intervento.

     5. Restano ferme le disposizioni di cui all’articolo 47 sulla compartecipazione degli utenti al costo delle prestazioni.

 

     Art. 7. Modalità per l’accesso al sistema integrato.

     1. I comuni, singoli o associati, in raccordo con i servizi territoriali della zona-distretto, di cui all’articolo 64 della legge regionale 24 febbraio 2005, n. 40 (Disciplina del servizio sanitario regionale), attuano forme di accesso unitarie ai servizi del sistema integrato, al fine di assicurare:

     a) la presa in carico delle persone;

     b) la proposta di progetti integrati di intervento;

     c) l’erogazione delle prestazioni.

     2. I soggetti di cui all’articolo 5 accedono alle prestazioni e ai servizi sociali sulla base della valutazione professionale del bisogno e della conseguente definizione di un percorso assistenziale personalizzato.

     3. Per percorso assistenziale personalizzato si intende il complesso degli adempimenti finalizzati ad assicurare, in forma coordinata, integrata e programmata, l’accesso informato e la fruizione appropriata e condivisa delle prestazioni e dei servizi, in relazione ai bisogni accertati.

     4. L’assistente sociale, individuato quale responsabile del caso:

     a) effettua la valutazione professionale del bisogno;

     b) definisce il percorso assistenziale personalizzato e ne cura l’attuazione in termini di appropriatezza ed efficacia;

     c) assicura la gestione ed il controllo delle prestazioni erogate in relazione agli obiettivi.

     5. In caso di bisogni, per la cui soddisfazione sia richiesto l’apporto di più competenze professionali, la valutazione degli stessi e la definizione del percorso assistenziale personalizzato sono effettuate con il concorso di tutte le professionalità interessate.

     6. Accedono prioritariamente agli interventi e ai servizi erogati dal sistema integrato i soggetti:

     a) in condizione di povertà o con reddito limitato o situazione economica disagiata;

     b) con incapacità fisica o psichica, totale o parziale, di provvedere alle proprie esigenze;

     c) con difficoltà di inserimento nella vita sociale attiva e nel mercato del lavoro;

     d) sottoposti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria che rendano necessari interventi assistenziali.

     7. La programmazione zonale di cui all’articolo 29 indica i criteri con i quali i comuni disciplinano le condizioni per l’accesso agli interventi e servizi, anche con riferimento ai soggetti di cui al comma 6.

 

     Art. 8. Diritto all’informazione e principi di comunicazione sociale.

     1. I destinatari degli interventi e dei servizi del sistema integrato sono informati sui diritti di cittadinanza sociale, sulla disponibilità delle prestazioni sociali e socio-sanitarie, sui requisiti per accedervi e sulle relative procedure, sulle modalità di erogazione delle prestazioni nonché sulle possibilità di scelta tra le prestazioni stesse.

     2. In particolare, i destinatari degli interventi del sistema integrato hanno diritto:

     a) ad essere informati sui propri diritti in rapporto ai servizi di assistenza sociale;

     b) ad esprimere il consenso sul tipo di prestazione, salvo i casi previsti dalla legge;

     c) a partecipare alla scelta delle prestazioni, compatibilmente con le disponibilità esistenti nell’ambito territoriale determinato per ciascun servizio sociale;

     d) ad essere garantiti nella riservatezza e nella facoltà di presentare osservazioni ed opposizioni nei confronti dei responsabili dei servizi e dei procedimenti nonché ad ottenere le debite risposte motivate.

     3. Per i soggetti che presentino deficit psico-fisici e sensoriali, culturali, sociali, tali da ostacolare l’acquisizione di informazione sui diritti di cui ai commi 1 e 2, nonché sulle modalità di accesso al sistema integrato, sono previste forme specifiche di informazione, orientamento ed accompagnamento, finalizzate a rimuovere gli ostacoli alla normale fruizione dei servizi e degli interventi sociali ed a garantirne la piena accessibilità.

     4. La Regione promuove l’attivazione di punti informativi unitari da parte dei comuni singoli o associati in raccordo con i servizi territoriali della zona-distretto, aventi la finalità di fornire informazioni e orientamento ai cittadini sui diritti e le opportunità sociali, sui percorsi assistenziali, sui servizi e gli interventi del sistema integrato. Tali punti informativi svolgono la loro attività in raccordo con le strutture di accesso unitario ai servizi di cui all’articolo 7, comma 1.

 

     Art. 9. Carta dei servizi sociali.

     1. I soggetti pubblici e privati, che erogano prestazioni sociali e socio-sanitarie adottano la carta dei servizi sociali, al fine di tutelare gli utenti e garantire la trasparenza nell’erogazione dei servizi.

     2. La carta dei servizi sociali, esposta nei luoghi in cui avviene l’erogazione delle prestazioni in modo da consentirne la visione da parte degli utenti, contiene almeno i seguenti elementi:

     a) caratteristiche delle prestazioni, modalità di accesso, orari e tempi di erogazione;

     b) tariffe delle prestazioni;

     c) assetto organizzativo interno;

     d) procedure amministrative per la presa in carico e la diffusione delle informazioni;

     e) modalità e procedure per la presentazione di reclami da parte degli utenti nei confronti dei responsabili dei servizi;

     f) riferimento alle clausole contrattuali e al rispetto della normativa di cui all’articolo 19, comma 2.

     3. Entro duecentosettanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale adotta uno schema generale di riferimento per la redazione e l’aggiornamento della carta dei servizi sociali.

 

     Art. 10. Pubblica tutela.

     1. La Regione sostiene i comuni, singoli o associati, che mediante accordi, convenzioni o altri atti di collaborazione istituzionale, attivano servizi e interventi di supporto in favore delle persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, di cui al libro I, titolo XII del codice civile, nonché dei soggetti ai quali sono conferite dall’autorità giudiziaria le funzioni di tutore, curatore o di amministratore di sostegno, anche in raccordo con altri enti e autorità interessate alla pubblica tutela [7].

     2. I servizi e gli interventi di cui al comma 1 attengono:

     a) alla realizzazione di azioni specifiche di prevenzione e sensibilizzazione sui temi dell’assistenza alle persone incapaci e alla promozione dell’assunzione di responsabilità tutoriali;

     b) alla verifica della appropriatezza e qualità delle prestazioni erogate alle persone incapaci;

     c) al supporto alle attività dei tutori, dei curatori e degli amministratori di sostegno, anche mediante lo svolgimento di specifiche attività formative.

     3. Nel piano sanitario e sociale integrato regionale di cui agli articoli 18 e 19 della l.r. 40/2005, sono definiti gli indirizzi per la realizzazione dei servizi e degli interventi relativi alla pubblica tutela, al fine di garantirne l’omogeneità sul territorio regionale, e sono individuate le forme di sostegno della Regione a tali servizi e interventi. E’ data priorità alle iniziative che consentono la diffusione dei servizi e degli interventi sull’intero territorio della provincia [8].

 

TITOLO II

Il sistema integrato

 

Capo I

Soggetti istituzionali

 

     Art. 11. Il comune. [9]

     1. I comuni sono titolari della funzione fondamentale concernente la progettazione e gestione del sistema locale dei servizi sociali ed erogazione delle relative prestazioni ai cittadini, nonché delle altre funzioni amministrative a essi attribuite ai sensi della presente legge.

     2. I comuni tenuti all’esercizio associato obbligatorio della funzione fondamentale ai sensi dell’articolo 14, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, assolvono a detto obbligo mediante l’esercizio associato delle seguenti funzioni, servizi e attività:

a) definizione del percorso assistenziale personalizzato ai sensi degli articoli 6 e 7;

b) definizione delle condizioni per l'accesso alle prestazioni erogate, di cui risultano competenti ai sensi del presente comma;

c) erogazione delle prestazioni ai sensi degli articoli 6 e 7;

d) progettazione e gestione degli interventi e dei servizi di cui al capo I del titolo V, in conformità alle disposizioni dell’articolo 4;

e) autorizzazione, vigilanza e controllo delle strutture residenziali e semiresidenziali, ai sensi degli articoli 20, comma 2, 21, 22, 23 e 24;

f) determinazione degli obiettivi di servizio di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 26 novembre 2010, n. 216 (Disposizioni in materia di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard di Comuni, Città metropolitane e Province) ed eventuale determinazione dei livelli delle prestazioni ulteriori e integrativi rispetto a quelli determinati dallo Stato e dalla Regione.

     3. I comuni, congiuntamente con le aziende unità sanitarie locali, erogano interventi e servizi dell'alta integrazione socio sanitaria, di integrazione socio-sanitaria, nonché i servizi finanziati dal fondo per la non autosufficienza di cui alla legge regionale 18 dicembre 2008, n. 66 (Istituzione del fondo regionale per la non autosufficienza).

     4. Nell'ambito del piano sanitario e sociale integrato regionale possono essere previste specificazioni in merito agli interventi e ai servizi di cui al presente articolo.

     5. Le funzioni dei comuni sono esercitate negli ambiti e nelle forme previsti dal Capo II del Titolo III.

 

     Art. 12. La comunità montana. [10]

     1. Ove non costituita la società della salute, la comunità montana approva il piano integrato di salute di cui all’articolo 21 della l.r. 40/2005 nel caso in cui coesistano le seguenti condizioni:

a) vi sia totale coincidenza tra l’ambito territoriale della comunità montana e quello della zona-distretto;

b) vi sia delega alla comunità montana da parte dei comuni delle funzioni amministrative di cui sono titolari [11].

     2. Al di fuori dei casi previsti dal comma 1, la comunità montana è sentita dalla conferenza zonale dei sindaci prima della adozione del piano integrato di salute [12].

     3. La Regione favorisce il coordinamento tra il piano sanitario e sociale integrato regionale di cui all’articolo 27 e quanto previsto dagli strumenti di programmazione delle politiche regionali per le montagne toscane e promuove intese ed accordi in ambito interregionale per le zone di confine [13].

 

     Art. 13. La provincia.

     1. [Le province concorrono alla programmazione regionale e alla programmazione zonale e curano il coordinamento con le politiche settoriali di cui all’articolo 3, comma 2, lettera b) e con i programmi locali di sviluppo di cui all’articolo 12 della legge regionale 11 agosto 1999, n. 49 (Norme in materia di programmazione regionale), modificata dalla legge regionale 15 novembre 2004, n. 61] [14].

     2. Le province promuovono e sostengono gli interventi di preformazione, di formazione e di integrazione lavorativa dei soggetti disabili e delle categorie svantaggiate ai sensi delle disposizioni di cui alla legge regionale 26 luglio 2002, n. 32 (Testo unico della normativa della Regione Toscana in materia di educazione, istruzione, orientamento, formazione, professionale e lavoro) come modificata dalla legge regionale 1 febbraio 2005, n. 20.

     3. Le province curano la tenuta degli albi e dei registri regionali previsti dalla legislazione regionale in materia di volontariato, cooperazione sociale, associazionismo di promozione sociale, e promuovono la partecipazione dei soggetti interessati alla costruzione delle reti di solidarietà sociale.

     4. Le province esercitano funzioni finalizzate alla realizzazione del sistema regionale di osservazione, monitoraggio, analisi e previsione dei fenomeni sociali, nonché di diffusione delle conoscenze, sulla base di intese, accordi o altri atti di collaborazione istituzionale stipulati con la Regione.

     5. Le disposizioni dei commi 3 e 4 si applicano fino al riordino delle funzioni delle province [15].

 

     Art. 14. La Regione.

     1. La Regione promuove su tutto il territorio regionale l’attuazione dei diritti di cittadinanza sociale mediante l’esercizio delle funzioni previste dalla presente legge.

     2. In particolare, alla Regione competono le seguenti funzioni:

     a) approvazione del piano sanitario e sociale integrato regionale [16];

     b) approvazione del regolamento di attuazione della presente legge;

     c) definizione delle politiche di integrazione tra gli interventi e i servizi sociali e quelli di cui all’articolo 3, comma 2, lettere a) e b);

     d) ripartizione delle risorse del fondo sociale regionale di cui all’articolo 45;

     e) promozione della realizzazione dei progetti speciali di interesse regionale, con caratteristiche di sperimentazione innovativa;

     f) organizzazione e coordinamento del sistema informativo sociale regionale, nonché delle funzioni di cui all’articolo 40.

     3. Nell’esercizio delle proprie funzioni, la Regione adotta strumenti di concertazione e confronto, anche permanenti, con gli enti locali e con le parti sociali, nonché forme di consultazione con le associazioni degli utenti e consumatori e con i soggetti di cui all’articolo 17.

     4. La Regione può attivare sperimentazioni per l’erogazione di trattamenti economici finalizzati alla rimozione delle limitazioni personali, familiari e sociali di soggetti disabili, non autosufficienti e quale misura di contrasto della povertà, ivi compreso il reddito di cittadinanza sociale di cui all’articolo 58, comma 3.

     5. La Regione col piano sanitario e sociale integrato regionale può prevedere sperimentazioni relative a tipologie di strutture residenziali e semiresidenziali di cui al capo III, comprese quelle di ambito delle comunità di tipo familiare, definendone i requisiti necessari al funzionamento ulteriori a quelli previsti dall’articolo 62 [17].

 

Capo II

Soggetti sociali

 

     Art. 15. Le famiglie.

     1. In attuazione dei principi e delle finalità di cui agli articoli 3 e 4 dello Statuto della Regione, il sistema integrato, attraverso le politiche, gli interventi e i servizi di cui all’articolo 52:

     a) valorizza e sostiene il ruolo essenziale delle famiglie nella formazione e cura della persona durante tutto l’arco della vita, nella promozione del benessere e nel perseguimento della coesione sociale;

     b) sostiene le famiglie nei momenti di difficoltà e disagio connessi all’assunzione di specifici compiti di cura nei confronti di minori, disabili o anziani;

     c) sostiene la cooperazione e il mutuo aiuto delle famiglie;

     c bis) riconosce il ruolo delle famiglie, anche costituite in associazioni, nell’attività di promozione e di diffusione della cultura dell’accoglienza e della solidarietà [18];

     d) valorizza il ruolo attivo delle famiglie nella elaborazione di proposte e di progetti per l’offerta dei servizi.

     2. Le persone e le famiglie sono direttamente coinvolte nell’ambito dell’organizzazione dei servizi e degli interventi, al fine di migliorarne la qualità e l’efficienza.

 

     Art. 16. Le associazioni familiari. [19]

     1. Le finalità di cui all’articolo 15 sono perseguite anche tramite il riconoscimento ed il sostegno ad associazioni familiari, comunque denominate, nelle quali i nuclei familiari realizzano attività di cura e di assistenza alla persona loro affidata, e alle persone che accedono prioritariamente agli interventi e ai servizi erogati dal sistema sociale integrato, secondo i percorsi disciplinati dall’articolo 7 [20].

     2. L’ente pubblico competente disciplina i rapporti con le associazioni familiari attraverso apposite convenzioni.

     3. A favore delle famiglie e delle persone sono sostenute esperienze di solidarietà e di auto-aiuto, anche attraverso la realizzazione di servizi di prossimità e di reciprocità.

 

     Art. 17. Il terzo settore.

     1. Nel rispetto del principio della sussidiarietà, la Regione e gli enti locali riconoscono la rilevanza sociale dell’attività svolta dai soggetti del terzo settore e, nell’ambito delle risorse disponibili, promuovono azioni per il loro sostegno e qualificazione.

     2. Ai fini della presente legge si considerano soggetti del terzo settore:

     a) le organizzazioni di volontariato;

     b) le associazioni e gli enti di promozione sociale;

     c) le cooperative sociali;

     d) le fondazioni;

     e) gli enti di patronato;

     f) gli enti ausiliari di cui alla legge regionale 11 agosto 1993, n. 54 (Istituzione dell’albo regionale degli enti ausiliari che gestiscono sedi operative per la riabilitazione e il reinserimento dei soggetti tossicodipendenti. Criteri e procedure per l’iscrizione);

     g) gli enti riconosciuti delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese;

     h) gli altri soggetti privati non a scopo di lucro.

     3. I soggetti di cui al comma 2 concorrono, secondo quanto previsto dagli articoli 28 e 30, ai processi di programmazione regionale e locale. Tali soggetti, ciascuno secondo le proprie specificità, partecipano altresì alla progettazione, attuazione ed erogazione degli interventi e dei servizi del sistema integrato ai sensi di quanto previsto dalla normativa vigente.

     4. La Regione e gli enti locali sostengono le attività del volontariato anche attraverso la collaborazione con i centri di servizio costituiti ai sensi dell’articolo 15 della legge 11 agosto 1991, n. 266 (Legge quadro sul volontariato).

 

     Art. 18. Relazioni sindacali.

     1. La Giunta regionale, gli enti locali e gli altri soggetti interessati, in relazione alle proprie competenze, assicurano l’attuazione della presente legge nel rispetto dei diritti di informazione, consultazione, concertazione e contrattazione sindacale previsti dalle vigenti norme statali e regionali, dai contratti nazionali e dagli accordi decentrati.

     2. I soggetti, di cui al comma 1, assicurano la concertazione anche con le organizzazioni sindacali in merito agli atti di natura programmatoria e regolamentare derivanti dalla presente legge.

 

     Art. 19. Affidamento dei servizi.

     1. Per l’affidamento dei servizi del sistema integrato, l’ente pubblico, fatto salvo quanto previsto dalla legge regionale 3 agosto 2004, n. 43 (Riordino e trasformazione delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza “IPAB”. Norme sulle aziende pubbliche di servizi alla persona. Disposizioni particolari per la IPAB “Istituto degli Innocenti di Firenze”) procede secondo modalità tali da permettere il confronto tra più soggetti e più offerte e comunque tenendo conto dei diversi elementi di qualità dell’offerta, escludendo l’utilizzo del massimo ribasso e prevedendo specifici standard per la valutazione dell’efficacia e dell’appropriatezza delle prestazioni.

     2. L’affidamento dei servizi avviene altresì nel rispetto delle clausole dei contratti collettivi nazionali e degli accordi decentrati, poste a garanzia del mantenimento del trattamento giuridico ed economico dei lavoratori interessati, nonché nel rispetto della normativa vigente in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro.

     3. Per l’affidamento dei servizi alla persona ai soggetti del terzo settore si applicano le disposizioni contenute nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 marzo 2001 (Atto di indirizzo e coordinamento sui sistemi di affidamento dei servizi alla persona ai sensi dell’art. 5 della legge 8 novembre 2000, n. 328) e le disposizioni regionali di attuazione.

     4. La direzione generale competente della Regione predispone schemi-tipo utili ai fini della stipula delle convenzioni tra i soggetti titolari di competenza in materia ed i soggetti gestori delle strutture e/o erogatori dei servizi.

     5. I soggetti affidatari dei servizi alla persona adottano la carta dei servizi sociali di cui all’articolo 9.

 

Capo III

Strutture residenziali e semiresidenziali

 

     Art. 20. Strutture residenziali e semiresidenziali.

     1. La realizzazione di strutture residenziali e semiresidenziali, pubbliche e private, che erogano interventi e servizi sociali e ad integrazione socio-sanitaria, non disciplinate dalla legge regionale 5 agosto 2009, n. 51 (Norme in materia di qualità e sicurezza delle strutture sanitarie: procedure e requisiti autorizzativi di esercizio e sistemi di accreditamento), nonché la modifica di quelle esistenti, che comporti un aumento di posti letto, sono subordinate alla verifica della compatibilità del progetto con gli strumenti e gli atti di governo del territorio di cui alla legge regionale 3 gennaio 2005, n. 1 (Norme per il governo del territorio) [21].

     2. Il funzionamento delle strutture di cui al comma 1 è subordinato al rilascio di autorizzazione da parte del comune ovvero alla comunicazione al comune nei termini e con le modalità indicate dal comune stesso con propri atti, al fine di garantire la necessaria funzionalità e qualità dei servizi, la sicurezza degli utenti e dei lavoratori in esse impiegati.

     3. Per l’esercizio della funzione di autorizzazione di cui al comma 2, il comune si avvale di apposita commissione multidisciplinare, costituita dall’azienda unità sanitaria locale, composta da operatori con professionalità sanitarie, sociali e tecniche [22].

 

     Art. 21. Strutture soggette ad autorizzazione.

     1. Sono soggette ad autorizzazione del comune le seguenti strutture:

     a) strutture residenziali, che erogano prestazioni socio-assistenziali e ad integrazione socio-sanitaria, per l’accoglienza di soggetti disabili e non autosufficienti, caratterizzate da media ed alta intensità assistenziale, media ed alta complessità organizzativa, con una capacità ricettiva massima di ottanta posti letto organizzati in nuclei fino a quaranta ospiti;

     b) strutture a prevalente accoglienza alberghiera, per soggetti parzialmente non autosufficienti o disabili non gravi, caratterizzate da bassa intensità assistenziale, media ed alta complessità organizzativa, con una capacità ricettiva massima di ottanta posti letto organizzati in nuclei fino a quaranta ospiti;

     c) strutture a carattere comunitario, per l’accoglienza di soggetti che necessitano di una collocazione abitativa protetta o con limitata autonomia personale, privi temporaneamente o permanentemente del necessario supporto familiare, caratterizzate da bassa intensità assistenziale, bassa o media complessità organizzativa, con una capacità ricettiva massima di venti posti letto, compresi posti di pronta accoglienza per le emergenze, organizzati in nuclei fino ad otto ospiti;

     c bis) strutture multiutenza che svolgono prevalente funzione tutelare, offrono attività di cura, recupero e accompagnamento sociale e accolgono soggetti, adulti e minori, privi temporaneamente o permanentemente del necessario supporto familiare; presentano le caratteristiche degli alloggi destinati a civile abitazione, una capacità ricettiva massima di otto posti letto e sono caratterizzate da media intensità assistenziale e bassa complessità organizzativa e dalla presenza di due o più persone adulte che convivono in modo stabile [23];

     d) strutture che erogano servizi di accoglienza per soggetti dipendenti da sostanze da abuso [24];

     e) centri di pronto accoglienza per minori, per l’accoglienza di soggetti privi o carenti del sostegno familiare, caratterizzate da media intensità assistenziale, media ed alta complessità organizzativa, con una capacità ricettiva massima di dieci posti letto;

     f) case di accoglienza per minori con il proprio genitore, anche organizzate con la modalità di gruppo appartamento per cinque nuclei;

     g) servizi residenziali socio-educativi per minori di tipo familiare caratterizzati da media intensità assistenziale, media complessità organizzativa così articolati:

     1) comunità familiari, con una capacità ricettiva massima di sei minori;

     2) comunità a dimensione familiare con una capacità ricettiva massima di dieci minori e di due posti riservati alla pronta accoglienza;

     h) gruppi appartamento per minori di età non inferiore a sedici anni e con una capacità ricettiva massima di quattro posti letto;

     i) strutture semiresidenziali, sociali e socio-sanitarie, caratterizzate da diverso grado di intensità assistenziale in relazione ai bisogni dell’utenza ospitata, anche collocate o in collegamento con una delle tipologie di cui alle lettere a), b), c) e d) e delle comunità a dimensione familiare di cui alla lettera g).

     1 bis. Per esigenze derivanti da flussi straordinari e di eccezionale intensità che riguardino minori stranieri non accompagnati, definite da intese tra i livelli di governo nazionale, regionale e locale ovvero da atti di protezione civile, la Giunta regionale può disporre, in via temporanea, ed esclusivamente per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, l’aumento fino al 25 per cento della capacità ricettiva massima delle strutture di cui al comma 1, lettere da e) ad h), nonché delle strutture oggetto della risoluzione del Consiglio regionale 20 marzo 1990, n. 89 (In merito ai requisiti di idoneità delle comunità per minori di cui all'art. 1 della l.r. 28/80) [25].

     2. Con il regolamento regionale, di cui all’articolo 62, sono definiti i requisiti, criteri ed i termini necessari ai fini dell’autorizzazione.

     2 bis. Le strutture di cui al comma 1, lettera c) bis, per ottenere l'autorizzazione, oltre al possesso dei requisiti di cui al comma 2, devono aver concluso con esito positivo una sperimentazione della durata di almeno cinque anni [26].

     2 ter. La Giunta regionale, con deliberazione, definisce modalità e tempi della sperimentazione, con particolare riferimento al monitoraggio della rispondenza della tipologia di struttura multiutenza ai bisogni rilevati nell'ambito del sistema dei servizi di accoglienza, definiti dalla programmazione territoriale e regionale [27].

     3. Costituisce requisito per i soggetti responsabili delle strutture il non aver riportato condanna definitiva per i delitti non colposi di cui al libro II, titoli II, IX, XI, XII e XIII del codice penale, per la quale non sia intervenuta la riabilitazione.

 

     Art. 22. Strutture soggette ad obbligo di comunicazione di avvio di attività.

     1. Sono soggette al solo obbligo di comunicazione al comune di avvio di attività le seguenti strutture:

     a) comunità di tipo familiare, compresi i gruppi appartamento e le aggregazioni di comunità, con funzioni di accoglienza a bassa intensità assistenziale, in cui sono ospitati fino ad un massimo di otto soggetti maggiori di età, per i quali la permanenza nel nucleo familiare sia temporaneamente o permanentemente impossibile o contrastante con il percorso individuale;

     b) qualora il piano sanitario e sociale integrato regionale ne preveda la sperimentazione, le comunità di tipo familiare per le funzioni di assistenza a bassa intensità per soggetti di diverse fasce di età per un numero non superiore a sei soggetti, in possesso dei requisiti indicati nello stesso piano integrato sociale regionale [28];

     c) strutture di accoglienza diurna o notturna, tese a soddisfare bisogni primari di vita delle persone che versano in gravi condizioni di disagio economico, familiare e sociale in stretto collegamento con i servizi territoriali.

     2. La comunicazione di avvio di attività è presentata al comune nel cui territorio è ubicata la struttura.

     3. Le strutture devono possedere i requisiti strutturali previsti per gli alloggi destinati a civile abitazione. Il regolamento regionale, di cui all’articolo 62, definisce gli ulteriori requisiti relativi alle varie tipologie di strutture nonché le modalità di integrazione delle persone ospitate all’interno delle strutture e nella rete dei servizi sociali e sanitari.

     4. La comunicazione di avvio di attività è finalizzata all’esercizio della vigilanza da parte dei comuni sulla sussistenza dei requisiti di cui al comma 3.

 

     Art. 23. Vigilanza sulle strutture autorizzate.

     1. Il comune esercita la vigilanza sulle strutture autorizzate avvalendosi della commissione di cui all’articolo 20, comma 3.

     2. Il comune disciplina le modalità di svolgimento delle attività di vigilanza, che si effettuano con cadenza almeno annuale, anche mediante richiesta di informazioni, richiesta di autocertificazioni relative alla permanenza dei requisiti, attività di ispezione e controllo sulle strutture.

 

     Art. 24. Sanzioni amministrative.

     1. Il funzionamento di strutture residenziali o semiresidenziali, per le quali non sia stata rilasciata l’autorizzazione, determina la chiusura dell’attività da parte del comune competente e l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000,00 a euro 15.000,00.

     2. Il comune dichiara altresì la decadenza dell’autorizzazione, disponendo la chiusura dell’attività, nel caso in cui siano state commesse gravi o reiterate inadempienze comportanti anche situazioni di pericolo per la salute degli ospiti, ovvero nel caso di perdita dei requisiti di cui all’articolo 21, comma 1, ovvero dei requisiti previsti dal regolamento regionale di cui all’articolo 62, a pena di decadenza dall’autorizzazione. In tutti i casi si applica anche la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000,00 a euro 15.000,00.

     3. Qualora il comune riscontri la mancata adozione della carta dei servizi sociali, la perdita di altri requisiti, diversi da quelli di cui al comma 2, previsti dal regolamento regionale, ovvero non sia stata data comunicazione dell’avvio dell’attività ai sensi dell’articolo 22, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 3.000,00 a euro 10.000,00. Il comune assegna altresì un congruo termine per la regolarizzazione delle inadempienze e delle irregolarità riscontrate.

     4. In caso di mancato adeguamento entro il termine previsto al comma 3, gli importi della sanzione applicata sono aumentati della metà e il comune può disporre la sospensione delle attività della struttura.

 

     Art. 25. Accreditamento.

     1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale presenta al Consiglio regionale una proposta di legge avente ad oggetto la disciplina dei casi e delle modalità di accreditamento dei servizi alla persona e delle strutture residenziali e semiresidenziali pubbliche e private, ivi inclusi quelli che operano nelle aree dell’integrazione socio-sanitaria anche al fine di erogare prestazioni per conto degli enti pubblici competenti.

 

TITOLO III

Programmazione e organizzazione delle funzioni

 

Capo I

Programmazione

 

     Art. 26. Principi generali.

     1. Per la realizzazione del sistema integrato è adottato il metodo della programmazione degli interventi e delle risorse, sulla base della rilevazione dei bisogni negli ambiti territoriali, della verifica sistematica dei risultati in termini di qualità e di efficacia [29].

     2. La programmazione regionale e zonale del sistema integrato è attuata secondo i principi dell’integrazione con gli atti di programmazione sanitaria e del coordinamento con quelli delle altre materie di cui all’articolo 3, comma 2, lettera b).

     3. I comuni concorrono alla definizione ed alla valutazione delle politiche regionali in materia sociale e socio-sanitaria attraverso la Conferenza regionale dei sindaci di cui all’articolo 11 della l.r. 40/2005 [30].

 

     Art. 27. Programmazione regionale. [31]

     1. La programmazione regionale degli interventi e servizi sociali è definita dal piano sanitario e sociale integrato regionale di cui agli articoli 18 e 19 della l.r. 40/2005.

 

     Art. 28. Commissione regionale per le politiche sociali.

     1. E’ costituita presso la Giunta regionale la commissione regionale per le politiche sociali, composta da rappresentanti delle organizzazioni sindacali, delle categorie economiche, delle associazioni di rappresentanza e tutela degli utenti, delle organizzazioni del terzo settore, degli iscritti agli ordini e alle associazioni professionali.

     2. La commissione regionale per le politiche sociali svolge funzioni consultive e propositive per la Regione nelle materie di cui alla presente legge e promuove iniziative di conoscenza dei fenomeni sociali di interesse regionale.

     3. La commissione regionale per le politiche sociali è presieduta dall’assessore regionale competente in materia sociale o suo delegato.

     4. La composizione e la procedura per la nomina della commissione regionale per le politiche sociali sono definite con regolamento regionale di cui all’articolo 62.

     5. La commissione regionale per le politiche sociali dura in carica per il periodo della legislatura regionale.

     6. Alle sedute della commissione regionale per le politiche sociali partecipano i componenti della Giunta regionale competenti per le materie in discussione. Possono essere invitati a partecipare, in relazione agli argomenti trattati, il difensore civico regionale, i rappresentanti del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e componenti della magistratura.

     7. Le modalità di funzionamento della commissione regionale per le politiche sociali, ivi inclusa la possibilità di articolazione in sottocommissioni, sono disciplinate con regolamento interno, approvato dalla commissione stessa.

     8. Ai componenti della commissione regionale per le politiche sociali è corrisposto il rimborso delle spese sostenute, secondo le modalità stabilite con deliberazione della Giunta regionale.

 

     Art. 29. Piano di inclusione zonale [32]

     1. Il piano di inclusione zonale (PIZ) determina, con riferimento alla funzione fondamentale in ambito sociale dei comuni e in conformità con le disposizioni del piano sanitario e sociale integrato regionale, le attività da perseguire tramite le reti di servizi e di welfare territoriale e gli obiettivi di servizio, ai fini di migliorare e consolidare le politiche sociali tendenti a garantire:

a) livelli di qualità che superino la frammentazione, riducano le inappropriatezze e promuovano forme assistenziali per favorire le responsabilità delle persone e dei nuclei familiari;

b) opportunità di risorse occupazionali;

c) la riaffermazione di un compiuto sistema sussidiario tra enti e di questi con i cittadini per utilizzare le risorse del welfare.

     2. Il PIZ, in particolare, definisce:

a) i servizi per l’accesso e la presa in carico da parte della rete assistenziale;

b) i servizi e le misure per favorire la permanenza a domicilio;

c) i servizi per la prima infanzia e a carattere comunitario;

d) i servizi a carattere residenziale per le fragilità;

e) le misure di inclusione sociale e di sostegno al reddito adottate a livello locale;

f) le modalità di organizzazione delle misure economiche di sostegno previste a livello nazionale e regionale.

     2 bis. Il PIZ, in maniera coordinata ed integrata con il PIS, promuove la valorizzazione e la tutela delle identità territoriali per una migliore attenzione e vicinanza al cittadino sulla base del principio di sussidiarietà, anche attraverso le articolazioni territoriali istituite ai sensi dell’articolo 22, comma 2 della legge regionale 23 marzo 2017, n. 11 (Disposizioni in merito alla revisione degli ambiti territoriali delle zone-distretto. Modifiche alla l.r. 40/2005 ed alla l.r. 41/2005), volte a garantire una più ampia partecipazione delle istituzioni locali ai livelli di programmazione [33].

     3. Il PIZ definisce anche l’integrazione con i servizi e gli ambiti di attività indicati all’articolo 3, comma 2, lettera b), e si coordina con i relativi strumenti attuativi.

     4. Il PIZ è approvato dalla conferenza zonale dei sindaci di cui all'articolo 34, ovvero dalle società della salute, ove esistenti, e si coordina con le altre politiche socio-sanitarie integrate a livello di zona-distretto nell'ambito del piano integrato di salute di cui all'articolo 21 della legge regionale 24 febbraio 2005, n. 40 (Disciplina del servizio sanitario regionale).

     5. Il PIZ ha durata analoga al ciclo di programmazione sociale e sanitaria integrata regionale. La parte attuativa del PIZ viene aggiornata annualmente ed è condizione per l’attivazione delle risorse ricomprese nel fondo sociale regionale [34].

     6. Il PIZ individua le risorse necessarie alla realizzazione delle attività e degli interventi previsti in attuazione degli obiettivi di servizio, nonché alla realizzazione dei progetti innovativi promossi anche da soggetti del terzo settore di cui all’articolo 17.

     7. Il PIZ individua in ambito zonale gli enti destinatari di risorse del fondo sociale regionale. Il PIZ è elaborato dall’ufficio di piano zonale di cui all'articolo 64.2, comma 5, della l.r. 40/2005 [35].

     8. La Giunta regionale elabora apposite linee guida per la predisposizione del PIZ entro novanta giorni dall’entrata in vigore della legge regionale 30 luglio 2014, n. 45 (Modifiche alla legge regionale 24 febbraio 2005, n. 41 “Sistema integrato di interventi e servizi per la tutela dei diritti di cittadinanza sociale”).

 

     Art. 30. Procedimento per l’approvazione del piano di zona. [36]

     [1. La proposta di piano di zona è oggetto di una conferenza istruttoria pubblica, indetta dall’articolazione zonale della conferenza dei sindaci.

     2. Alla conferenza istruttoria sono invitati a partecipare le aziende sanitarie, le aziende di servizi alla persona di cui alla l.r. 43/2004, gli altri soggetti pubblici interessati, i soggetti del terzo settore, le organizzazioni sindacali e le parti sociali, nonché le associazioni di tutela degli utenti e dei consumatori presenti sul territorio.

     3. L’articolazione zonale della conferenza dei sindaci, sulla base delle risultanze della conferenza istruttoria, approva il piano di zona.

     4. I soggetti del terzo settore possono presentare progetti innovativi per la gestione degli interventi, ai sensi dell’articolo 29, comma 2, lettera g), che sono oggetto di selezione da parte dei soggetti competenti.]

 

     Art. 31. Carta dei diritti di cittadinanza sociale.

     1. La conferenza zonale dei sindaci adotta la carta di cittadinanza sociale, con il coinvolgimento dei soggetti del terzo settore, delle organizzazioni sindacali e delle parti sociali, delle associazioni degli utenti e consumatori, dei soggetti pubblici e privati gestori dei servizi [37].

     2. La carta contiene:

     a) la mappa dei percorsi e la tipologia dei servizi e degli interventi sociali, le opportunità sociali presenti nel territorio;

     b) i riferimenti ai livelli essenziali delle prestazioni disciplinati nella programmazione zonale;

     c) gli obiettivi ed i programmi di miglioramento della qualità della vita;

     d) lo sviluppo di forme di tutela e di partecipazione attiva dei cittadini per il miglioramento dei servizi alla persona.

 

     Art. 32. Patti per la costruzione di reti di solidarietà sociale.

     1. Gli enti locali promuovono e valorizzano attività organizzate da singoli o gruppi e dai soggetti di cui al titolo II, capo II, anche mediante la definizione, con il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali, di patti per la costruzione di reti di solidarietà sociale, anche attraverso l’attivazione di procedure di contrattazione negoziata.

     2. Gli enti locali, con il concorso dei soggetti del terzo settore, delle organizzazioni sindacali, delle categorie economiche e di altri soggetti pubblici, promuovono patti che hanno ad oggetto lo sviluppo locale e la coesione sociale mediante l’impiego di risorse umane, tecnologiche, finanziarie e patrimoniali.

 

Capo II

Organizzazione territoriale e funzioni gestionali

 

     Art. 33. Ambiti territoriali per la gestione del sistema locale di interventi e servizi sociali [38]

     1. Le zone-distretto, di cui all'articolo 64, comma 1, della l.r. 40/2005, costituiscono gli ambiti territoriali per l’integrazione socio sanitaria, per l’esercizio coordinato della funzione fondamentale in ambito sociale, nonché gli ambiti territoriali di dimensione adeguata per l’assolvimento dell’obbligo di esercizio associato della medesima funzione fondamentale da parte dei comuni a ciò tenuti ai sensi della legislazione statale.

 

     Art. 34. Conferenza zonale dei sindaci [39]

     1. In ciascuna delle zone-distretto è istituita la conferenza zonale dei sindaci, cui partecipano tutti i sindaci dell’ambito, ovvero chi, ai sensi della normativa nazionale, ricopre temporaneamente la carica di sindaco [40].

     2. La conferenza delibera con il voto favorevole della maggioranza dei sindaci presenti alla seduta, che rappresentino, con riferimento ai dati dell’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) dell’ultimo censimento generale della popolazione, la maggioranza della popolazione dei comuni della zona-distretto.

     3. La conferenza elegge, con la maggioranza prevista per le deliberazioni, il proprio presidente tra i sindaci che la compongono. Il regolamento di funzionamento stabilisce la durata della carica di presidente, alla scadenza della quale il presidente cessa a tutti gli effetti.

     3 bis. Il presidente della conferenza coincide con il presidente della conferenza zonale integrata di cui all'articolo 12 bis della l.r. 40/2005 [41].

     4. Il presidente può nominare, tra i sindaci, quello che lo sostituisce in caso di assenza temporanea. Fino all’elezione, o all’elezione cui debba provvedersi a seguito di cessazione del presidente in carica, le funzioni di presidente sono svolte dal sindaco del comune di maggiore dimensione demografica, non considerando il comune del presidente cessato.

     5. Il presidente convoca e presiede la conferenza, propone gli argomenti all'ordine del giorno, esercita i compiti a lui attribuiti dalla legge e dal regolamento di funzionamento.

     6. Il sindaco può delegare un assessore del comune a sostituirlo, in via permanente o temporanea, nella conferenza. In caso di delega, le norme del presente articolo e del regolamento di funzionamento che fanno riferimento al sindaco si intendono riferite al delegato.

     7. Le funzioni di segretario della conferenza sono attribuite dal presidente a un dirigente o a un funzionario individuati tra i dipendenti dei comuni. Il segretario svolge compiti di collaborazione e di assistenza giuridico amministrativa nei confronti della conferenza e del presidente, partecipa alle riunioni della conferenza e ne redige i verbali, cura la pubblicazione delle deliberazioni all’albo istituito dal comune individuato nel regolamento di funzionamento, nonché la trasmissione degli elenchi delle deliberazioni medesime ai comuni. La conferenza può stabilire che il segretario sia coadiuvato, nell’esercizio dei suoi compiti, da una segreteria amministrativa, composta da personale dei comuni.

     8. La partecipazione alla conferenza non comporta l’attribuzione di indennità o di gettoni di presenza; i rimborsi spese sono a carico dei comuni.

     9. Per le zone-distretto costituite da un unico comune le funzioni della conferenza zonale dei sindaci sono svolte dall'organo individuato dallo statuto del comune, oppure, in assenza, dalla Giunta comunale.

     9 bis. Per le zone-distretto nelle quali sono costituite le società della salute, le funzioni della conferenza zonale dei sindaci sono svolte dall’assemblea dei soci della società della salute, fermo restando quanto previsto dall’articolo 71 quater, comma 5 bis, della l.r. 40/2005 [42].

 

     Art. 35. Compiti della conferenza zonale dei sindaci [43]

     1. La conferenza zonale dei sindaci coordina l’esercizio delle funzioni di competenza dei comuni di cui all’articolo 11, svolge le attività di programmazione locale e le altre funzioni previste dalla normativa regionale.

     2. La conferenza zonale adotta con propria deliberazione il PIZ e lo trasmette alla conferenza aziendale dei sindaci di cui all'articolo 12 della l.r. 40/2005.

     3. Per l’elaborazione degli atti della programmazione locale, la conferenza può avvalersi delle strutture dei comuni oppure dell’ufficio di piano di cui all'articolo 64.2, comma 5, della l.r. 40/2005, nell'ambito della convenzione per l'esercizio delle funzioni di integrazione socio-sanitaria di cui all'articolo 70 bis della l.r. 40/2005.

 

     Art. 36. Forme innovative di gestione unitaria ed integrata dei servizi tra comuni e aziende unità sanitarie locali - Società della salute. [44]

     [1. La Regione sostiene ed incentiva forme innovative di gestione unitaria dei servizi sociali e sanitari denominate, ai sensi dell’articolo 65 della l.r. 40/2005, Società della salute, basate su modalità organizzative e di governo integrate tra comuni e aziende unità sanitarie locali, promuovendo la partecipazione attiva dei comuni e delle aziende unità sanitarie locali per quanto riguarda la conoscenza dei bisogni, la messa a disposizione delle risorse e l’assolvimento degli impegni. La Regione e i comuni valutano i risultati conseguiti dalle Società della salute.

     2. Nella zona-distretto in cui è costituita la Società della salute l’organo di governo della stessa assume, con l’esclusione della rappresentanza aziendale, le funzioni e le competenze attribuite dalla presente legge all’articolazione zonale della conferenza dei sindaci.

     3. I comuni possono conferire alla Società della salute funzioni e compiti di coordinamento, direzione, organizzazione di servizi e interventi sociali ed, eventualmente, di gestione, in relazione allo sviluppo del processo di integrazione.

     4. Le Società della salute organizzano le funzioni proprie del livello di zona-distretto sulla base degli indirizzi dettati dagli atti di programmazione regionale. Le disposizioni di cui agli articoli 35, 37, 38, 43, comma 2, 49 e 51, non vincolano le Società della salute.]

 

     Art. 36 bis. Esercizio associato delle funzioni [45]

     1. I comuni svolgono l'esercizio associato delle funzioni di cui all'articolo 11, comma 2, mediante convenzione o unione di comuni, in conformità alle disposizioni del capo IV del titolo III della legge regionale 27 dicembre 2011, n. 68 (Norme sul sistema delle autonomie locali). Le disposizioni medesime che fanno riferimento agli ambiti territoriali si intendono riferite agli ambiti delle zone-distretto.

     2. Le funzioni di integrazione socio-sanitaria di cui all’articolo 11, comma 3, sono esercitate con le modalità previste dall'articolo 70 bis della l.r. 40/2005, oppure attraverso le società della salute con le modalità di cui all'articolo 71 novies decies della l.r. 40/2005.

     3. Il piano sanitario e sociale integrato regionale può prevedere l'obbligo di gestire in forma associata, nelle forme previste dalla presente legge, gli interventi a carattere innovativo e sperimentale di interesse regionale.

     4. La disciplina dell’accesso alle prestazioni è adottata con regolamenti unitari, attinenti rispettivamente all’esercizio associato di cui al comma 1 e di cui al comma 2. Se l’ente responsabile dell’esercizio associato è l’unione di comuni, ai sensi del comma 1, all’adozione dei regolamenti provvede l’unione medesima.

     5. Fino alla stipulazione della convenzione di cui all’articolo 70 bis della l.r. 40/2005, le risorse del fondo per la non autosufficienza di cui alla l.r. 66/2008 sono assegnate alle aziende unità sanitarie locali, che le gestiscono direttamente secondo le indicazioni della conferenza zonale dei sindaci.

     6. Il piano sanitario e sociale integrato regionale determina una quota di risorse del fondo sociale regionale da riservare all’incentivazione dell’esercizio associato di cui al comma 2.

     7. Il piano sanitario e sociale integrato regionale può determinare una quota da riservare allo svolgimento dei compiti di supporto all’attività di programmazione locale di cui all’articolo 35, comma 1.

 

     Art. 37. Coordinatore sociale [46]

     1. Ove non costituita la società della salute, la conferenza zonale dei sindaci, di intesa con l’azienda unità sanitaria locale, individua tra le professionalità sociali presenti, un coordinatore sociale di zona-distretto per lo svolgimento dei compiti di cui all’articolo 7, commi 1 e 4.

     2. Il coordinatore sociale di cui al comma 1:

a) è responsabile dell’attuazione e della verifica delle prestazioni sociali previste negli atti di programmazione zonale;

b) coordina gli interventi previsti nella rete locale dei servizi;

c) fa parte dell’ufficio di direzione di cui all'articolo 64.2, comma 2, della l.r. 40/2005 [47].

     3. Laddove è costituita la società della salute, il coordinatore sociale può essere individuato anche tra il personale della stessa o degli enti consorziati.

     4. Negli ambiti di zona-distretto in cui non sono costituite le società della salute, sono garantite la coerenza della programmazione unitaria per la salute, la governance istituzionale, l’integrazione sociosanitaria, il coordinamento interprofessionale, la costruzione del servizio sociale unico di livello zonale, attraverso il rapporto diretto con la conferenza dei sindaci, ovvero con le unioni comunali, le convenzioni comunali, nonché con la convenzione per l'esercizio delle funzioni di integrazione socio-sanitaria di cui all'articolo 70 bis della l.r. 40/2005.

 

     Art. 38. Segreteria amministrativa [48]

     1. Ove non costituita la società della salute, la conferenza zonale dei sindaci è assistita dalla segreteria amministrativa, di cui all’articolo 12, comma 8, della l.r. 40/2005.

     2. Le funzioni della segreteria amministrativa sono individuate dalla conferenza zonale dei sindaci.

     3. La segreteria amministrativa può essere costituita quale ufficio comune tra tutte le amministrazioni locali e l’azienda unità sanitaria locale della zona-distretto, così come indicate all’articolo 12, comma 8, della l.r. 40/2005, con le modalità e per gli effetti di cui all’articolo 30, commi 2 e 4, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali).

 

     Art. 39. Formazione degli operatori dei servizi sociali.

     1. Il regolamento regionale, di cui all’articolo 62, individua i livelli di formazione scolastica e professionale per gli operatori sociali del sistema integrato, tenuto conto delle funzioni e delle competenze necessarie a garantire l’adeguatezza e l’appropriatezza delle prestazioni.

     2. La Regione e gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze e delle procedure previste dalla normativa regionale:

     a) valorizzano lo sviluppo della formazione e sostengono le professionalità degli operatori sociali degli enti locali;

     b) promuovono la partecipazione degli operatori sociali ai processi organizzativi per il raggiungimento degli obiettivi previsti dalla presente legge;

     c) sostengono la formazione continua degli operatori sociali;

     d) coordinano e indirizzano le attività di aggiornamento, tenendo conto dei criteri di integrazione sociosanitaria ed educativa, favorendo la multidisciplinarità fra i soggetti e le istituzioni che concorrono alla realizzazione degli interventi e dei servizi;

     e) assicurano le iniziative a sostegno della qualificazione e della formazione dei soggetti del terzo settore e di quelli senza scopo di lucro.

     3. I soggetti pubblici e privati, erogatori degli interventi e dei servizi sociali, promuovono ed agevolano la partecipazione degli operatori sociali alle iniziative di formazione, qualificazione, aggiornamento e supervisione professionale.

 

Capo III

Valutazione e monitoraggio del sistema integrato

 

     Art. 40. Osservatorio sociale.

     1. Le funzioni regionali finalizzate alla realizzazione di un sistema di osservazione, monitoraggio, analisi e previsione dei fenomeni sociali del sistema integrato, nonché di diffusione delle conoscenze, sono realizzate tramite una struttura organizzativa denominata osservatorio sociale regionale.

     2. L’osservatorio sociale regionale svolge i propri compiti anche in collaborazione con istituti pubblici e privati al fine di realizzare studi ed analisi mirate dei fenomeni sociali su base regionale.

     2 bis. Alla realizzazione delle funzioni di cui al comma 1 concorrono i comuni, tramite uno specifico accordo tra la Regione e il soggetto rappresentativo ed associativo della generalità dei comuni in ambito regionale, supportando le funzioni dell’osservatorio sociale in ambito territoriale [49].

     2 ter. Per l'attuazione delle funzioni di cui al presente articolo i comuni, tramite l’accordo di cui al comma 2 bis, possono dotarsi di strumenti e competenze anche mediante l'attivazione di collaborazioni con agenzie regionali, istituti di ricerca, università [50].

     3. Alle funzioni di cui al presente articolo concorrono anche le province, per lo scambio e la condivisione dei dati e delle conoscenze relative alle funzioni fondamentali di competenza [51].

     4. [Per l’esercizio delle funzioni di cui al presente articolo la Regione e le province favoriscono il raccordo con i comuni, le aziende unità sanitarie locali e gli altri soggetti pubblici e promuovono la partecipazione, anche tramite la costituzione di apposito comitato, delle organizzazioni sindacali, delle parti sociali e dei soggetti del terzo settore, per lo scambio e la condivisione dei dati e delle conoscenze utili per la valutazione e la programmazione zonale e regionale] [52].

     4 bis. Presso l’osservatorio è istituita una apposita sezione denominata osservatorio regionale sulla violenza di genere [53].

     4 ter. L’osservatorio regionale sulla violenza di genere realizza il monitoraggio sulla violenza attraverso la raccolta, l’elaborazione e l’analisi dei dati forniti dai centri antiviolenza, dai servizi territoriali e dai soggetti aderenti alla rete territoriale; analizza i dati al fine di realizzare una sinergia tra i soggetti coinvolti per sviluppare la conoscenza delle problematiche relative alla violenza di genere e per armonizzare le varie metodologie di intervento adottate nel territorio [54].

     4 quater. [L’osservatorio regionale sulla violenza di genere si avvale degli osservatori provinciali di cui al comma 3] [55].

     4 quinquies. Presso l’osservatorio è istituita una apposita sezione denominata osservatorio regionale sui sistemi territoriali integrati [56].

     4 sexies. L’osservatorio regionale sui sistemi territoriali integrati realizza il monitoraggio dei processi di integrazione tra servizi o processi di cura attraverso la raccolta, l’elaborazione e l’analisi dei dati forniti dai comuni, dalle unioni comunali, dalle società della salute, dalle aziende unità sanitarie locali e da ogni altro soggetto pubblico e privato che contribuisce alle attività in ambito sociale integrato, per sviluppare la conoscenza delle caratteristiche regionali e locali dei sistemi territoriali integrati con particolare attenzione agli assetti organizzativi e alle modalità di produzione e di finanziamento adottate, al fine di supportarne i processi di programmazione [57].

     4 septies. L’osservatorio regionale sui sistemi territoriali integrati opera sulla base dell’accordo di cui al comma 2 bis [58].

     4 octies. [Entro novanta giorni dall’approvazione della legge regionale 45/2014, la Giunta regionale definisce con deliberazione il percorso di transizione dagli assetti organizzativi degli osservatori sociali in ambito provinciale all’assetto previsto dai commi 2 bis, 2 ter e 4 septies del presente articolo] [59].

 

     Art. 41. Sistema informativo sociale regionale [60]

     1. La Regione, le province, i comuni e le società della salute, ove costituite contribuiscono, in relazione alle rispettive competenze, alla realizzazione ed alla gestione del sistema informativo sociale regionale, secondo i principi, le modalità organizzative e attraverso le infrastrutture tecnologiche di cui alla legge regionale 26 gennaio 2004, n. 1 (Promozione dell’amministrazione elettronica e della società dell’informazione e della conoscenza nel sistema regionale. Disciplina della "Rete telematica regionale toscana"), per assicurare tempestivamente la conoscenza dei dati e delle informazioni necessarie alla programmazione, alla gestione e alla valutazione delle politiche sociali [61].

     2. I soggetti gestori di strutture e erogatori di servizi sono tenuti a fornire, attraverso le infrastrutture, le procedure e le regole della Regione, finalizzate alla interoperabilità, le informazioni richieste affinché confluiscano e siano organizzate nel sistema informativo sociale regionale.

 

     Art. 42. Relazione sociale regionale.

     1. La Giunta regionale presenta al Consiglio regionale, almeno ogni tre anni, la relazione sociale al fine di valutare i risultati raggiunti in rapporto agli obiettivi definiti nel piano sanitario e sociale integrato regionale, conoscere l’evoluzione dei fenomeni sociali e lo stato dei servizi, nonché disporre di elementi per la programmazione di settore [62].

 

     Art. 43. Relazione sullo stato di salute [63]

1. La relazione sullo stato di salute di cui all’articolo 20, comma 1, lettera e), della l.r. 40/2005 è predisposta in collaborazione con gli osservatori provinciali territorialmente competenti ed è trasmessa alla Giunta regionale nei quindici giorni successivi alla sua approvazione.

 

Capo IV

Finanziamento

 

     Art. 44. Finanziamento del sistema integrato.

     1. Il sistema integrato è finanziato con le risorse stanziate dagli enti locali, dalla Regione, dagli altri enti pubblici, dallo Stato e dall’Unione Europea, nonché da risorse private.

 

     Art. 45. Fondo sociale regionale.

     1. Fino all’attuazione dell’articolo 119 della Costituzione, nel fondo sociale regionale confluiscono le risorse regionali determinate annualmente con legge di bilancio, nonché le risorse, trasferite dallo Stato o provenienti dall’Unione europea, in qualsiasi modo destinate alla realizzazione di interventi e servizi sociali.

     2. L’intervento finanziario della Regione ha carattere contributivo e perequativo rispetto all’impegno finanziario dei comuni e degli altri enti locali, ed è finalizzato a sostenere lo sviluppo omogeneo in ambito regionale del sistema integrato e dell’erogazione delle prestazioni aggiuntive di cui all’articolo 4, comma 2, lettera b).

     3. Il fondo sociale regionale è destinato:

     a) alla Regione per una quota individuata con le deliberazioni di cui all’articolo 18, comma 3, della l.r. 40/2005 e riservata al finanziamento delle seguenti attività [64]:

     1) promozione e realizzazione di progetti o programmi innovativi e sperimentali di interesse regionale;

     2) adesione a progetti in relazione ai quali è previsto il cofinanziamento;

     3) realizzazione delle attività dell’osservatorio sociale e implementazione del sistema informativo dei servizi sociali;

     4) promozione di campagne di comunicazione sociale di rilievo regionale;

     b) agli enti locali per:

     1) il sostegno delle funzioni loro attribuite dalla presente legge;

     2) il sostegno per gli interventi, servizi e progetti innovativi determinati in sede di programmazione zonale;

     3) la promozione della solidarietà interistituzionale ai sensi dell’articolo 46;

     4) il sostegno delle gestioni associate di cui all’articolo 34, comma 2, come incentivo cumulabile alle risorse stanziate ai sensi della l.r. 40/2001 e della l.r. 39/2004.

 

     Art. 46. Fondo sociale regionale di solidarietà interistituzionale.

     1. Il piano sanitario e sociale integrato regionale determina la quota di fondo regionale destinata alle spese per le prestazioni sociali sostenute in ambito zonale per interventi relativi alle prestazioni per i soggetti di cui all’articolo 5, commi 2, 3 e 4 nonché la quota destinata al sostegno di [65]:

     a) interventi non quantificabili preventivamente in sede programmatoria in quanto derivanti da eventi eccezionali o da fenomeni nuovi per il territorio;

     b) interventi il cui costo sia suscettibile di creare gravi squilibri nelle finanze degli enti locali tenuti all’erogazione delle prestazioni.

     2. Nel piano sanitario e sociale integrato regionale sono specificate le modalità di accesso al fondo secondo le quote determinate ai fini del comma 1, le procedure di richiesta, l’assegnazione e liquidazione dei contributi, nonché i criteri di priorità per il finanziamento [66].

 

     Art. 47. Compartecipazione degli utenti al costo delle prestazioni. [67]

1. Il concorso degli utenti ai costi del sistema integrato è stabilito a seguito della valutazione della situazione economica del richiedente, effettuata con lo strumento dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), disciplinato dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109 (Definizioni di criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate, a norma dell' articolo 59, comma 51 della L. 27 dicembre 1997, n. 449).

2. Ulteriori criteri rispetto a quelli previsti dalla disciplina ISEE sono definiti con apposito atto di indirizzo, adottato con deliberazione del consiglio regionale al fine di assicurare uniformità ed omogeneità agli interventi sul territorio regionale. L'atto di indirizzo tiene conto, in particolare, dei seguenti elementi:

a) valutazione del reddito realmente disponibile del nucleo familiare;

b) valutazione della situazione patrimoniale del nucleo familiare attraverso specifica ponderazione delle relative componenti;

c) applicazione, sulle tariffe dei servizi e degli interventi sociali, di riduzioni parametrate sulla base della composizione e delle caratteristiche del nucleo familiare, con specifico riguardo a situazioni di disabilità grave riconosciute ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale ed i diritti delle persone handicappate).

3. Le persone portatrici di disabilità grave, riconosciute ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della L. 104/1992, sono esentate dalla presentazione della dichiarazione ISEE per l'accesso agli interventi finalizzati a compensare la condizione di disabilità [68].

4. Le aziende unità sanitarie locali sono tenute all'applicazione dell'atto di indirizzo entro i termini definiti dall'atto stesso.

5. Gli enti locali e le società della salute:

a) definiscono l'entità della compartecipazione ai costi da parte degli utenti in coerenza con la programmazione regionale e zonale, tenuto conto delle risorse finanziarie disponibili;

b) adeguano i regolamenti che disciplinano l'accesso alle prestazioni del sistema integrato, definendo le modalità di compartecipazione degli utenti ai costi nel rispetto dei criteri indicati ai commi 1 e 2.

6. L'avvenuto adeguamento da parte degli enti di cui al comma 5, costituisce elemento di priorità nell'attribuzione di contributi finanziari regionali finalizzati al sostegno del sistema dei servizi per i quali è prevista compartecipazione dell'utenza, secondo quanto definito dall'atto di indirizzo.

 

TITOLO IV

Integrazione socio-sanitaria

 

Capo I

Integrazione socio-sanitaria

 

     Art. 48. Integrazione socio-sanitaria.

     1. Le attività ad integrazione socio-sanitaria sono volte a soddisfare le esigenze di tutela della salute, di recupero e mantenimento delle autonomie personali, d’inserimento sociale e miglioramento delle condizioni di vita, anche mediante prestazioni a carattere prolungato.

     2. Secondo quanto disposto dall’articolo 3-septies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421), e dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 febbraio 2001 (Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie), le prestazioni socio-sanitarie sono assicurate, mediante il concorso delle aziende unità sanitarie locali e dei comuni, dall’erogazione integrata delle prestazioni sanitarie e sociali necessarie a garantire una risposta unitaria e globale ai bisogni di salute, che richiedono interventi sanitari e azioni di protezione sociale.

     3. Il Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, sentita la Conferenza regionale dei sindaci di cui all’articolo 11 della l.r. 40/2005, individua i servizi inerenti alle aree di integrazione socio-sanitaria, di cui al comma 2, e definisce i criteri per il concorso delle risorse sanitarie e sociali in attuazione del d.p.c.m 14 febbraio 2001 [69].

     4. L’autorizzazione all’esercizio delle strutture residenziali e semiresidenziali, non disciplinata dalla l.r. 8/1999, che erogano prestazioni inerenti alle aree di integrazione socio-sanitaria, è disciplinata dal regolamento di cui all’articolo 62.

 

     Art. 49. Criteri per la gestione delle attività di integrazione socio-sanitaria.

     1. I comuni e le aziende unità sanitarie locali, in base alle determinazioni di cui all’articolo 48, comma 3, individuano modalità organizzative di raccordo per la gestione dei servizi, fondate sull’integrazione professionale delle rispettive competenze, e disciplinano i relativi rapporti finanziari, mediante accordi o convenzioni ai sensi della normativa vigente.

     2. Il coordinamento e l’integrazione degli interventi socio-sanitari si attua, ai fini dell’appropriatezza e dell’efficacia delle prestazioni, in coerenza con le indicazioni di cui all’articolo 7, sulla base della valutazione multiprofessionale del bisogno, della definizione del percorso assistenziale personalizzato e della verifica periodica degli esiti.

     3. Gli accordi e le convenzioni di cui al comma 1 definiscono le modalità di coordinamento fra le attività di integrazione socio-sanitaria ed il complesso degli interventi sanitari.

     4. La Giunta regionale adotta uno schema generale di riferimento per gli accordi e le convenzioni di cui al comma 1.

 

     Art. 49 bis. Politiche per la tutela della salute mentale [70]

     1. Le politiche per la tutela della salute mentale consistono nell'insieme degli interventi e dei servizi volti a:

a) individuare precocemente il disagio psichico in un'ottica di prevenzione e promozione della salute e benessere della popolazione;

b) prevenire qualsiasi forma di emarginazione e di esclusione sociale delle persone con problemi di salute mentale;

c) promuovere l'integrazione e l'inserimento nel contesto sociale delle persone con disturbi mentali, favorendo la loro autonomia ed emancipazione anche attraverso la risoluzione dei problemi abitativi e di lavoro.

     2. Alle politiche della salute mentale concorrono le attività ad integrazione socio-sanitaria di cui agli articoli 48 e 49.

 

     Art. 49 ter. Politiche per la prevenzione e il trattamento delle dipendenze [71]

     1. Le politiche per la prevenzione e il trattamento dei comportamenti di abuso e delle dipendenze da sostanze stupefacenti e psicotrope consistono nell'insieme degli interventi e dei servizi volti a:

a) riduzione generalizzata dell'uso delle sostanze e/o riduzione dei danni correlati all'uso, attraverso la promozione di stili di vita sani per l'intera popolazione ed in particolare per le fasce a maggior rischio di emarginazione sociale;

b) realizzazione di servizi e progetti di accoglienza a bassa soglia e di unità di strada orientati alla prevenzione primaria e secondaria ed alla riduzione del danno;

c) promozione e sostegno della rete dei soggetti pubblici e del privato sociale, che operano nel settore;

d) promozione di interventi di prevenzione e contrasto del consumo di sostanze, rivolti alle fasce di età giovanili e nei luoghi di aggregazione giovanile;

e) sviluppo di azioni sociali di sostegno ai programmi di riabilitazione dei soggetti tossicodipendenti ed alcoldipendenti attraverso la risoluzione delle problematiche legate agli inserimenti lavorativi ed abitativi.

     2. Alle politiche per la prevenzione ed il trattamento delle dipendenze, ivi incluse quelle di cui alla legge regionale 18 ottobre 2013, n. 57 (Disposizioni per il gioco consapevole e per la prevenzione della ludopatia), concorrono le attività ad integrazione socio-sanitaria di cui agli articoli 48 e 49.

 

     Art. 50. Consultori familiari.

     1. I consultori familiari, nell’ambito delle funzioni previste dalla normativa vigente statale e regionale nonché dagli atti di programmazione sanitaria e sociale, svolgono funzioni di prevenzione, educazione e promozione del benessere psico-fisico-relazionale del singolo, della coppia e della famiglia.

     2. Nei consultori familiari, organizzati in ambito della zona-distretto di cui all’articolo 64 della l.r. 40/2005, è assicurata l’integrazione delle attività socio-sanitarie con quelle sociali gestite dai comuni, singoli o associati, al fine di sostenere e valorizzare:

     a) il principio della maternità e paternità, basato su scelte consapevoli e responsabili, anche tramite azioni di informazione sulle problematiche incidenti sulla vita sessuale;

     b) la corresponsabilità dei genitori nei confronti dei figli, nel rispetto dell’ordinamento vigente;

     c) la tutela della donna in gravidanza e gli interventi a sostegno della maternità.

     3. La Regione assicura anche tramite i consultori familiari, nel rispetto del principio di sussidiarietà, il riconoscimento del ruolo che le organizzazioni del volontariato e l’associazionismo di settore, comprese le esperienze di autorganizzazione e di mutuo aiuto, hanno nella attuazione degli interventi.

     4. La Regione assicura, attraverso l’azione dei consultori familiari, l’informazione su:

     a) i diritti delle donne in gravidanza compresa la facoltà di partorire in anonimato;

     b) i servizi presenti sul territorio per la tutela della gravidanza e della maternità e le modalità del loro utilizzo;

     c) le associazioni e le organizzazioni che operano in ambito socio sanitario.

     5. La Regione valorizza con azioni mirate, indicate nel piano sanitario e sociale integrato regionale, l’apporto multiprofessionale degli operatori dei consultori familiari [72].

 

     Art. 51. Ufficio di direzione zonale [73]

1. La conferenza zonale dei sindaci individua i responsabili delle attività ad integrazione socio-sanitaria gestite dai comuni in forma singola o associata. Tali responsabili integrano il comitato di coordinamento della zona-distretto di cui agli articoli 64, comma 6,e 66, comma 4, della l.r. 40/2005.

 

TITOLO V

Politiche sociali integrate

 

Capo I

Politiche sociali integrate

 

     Art. 52. Politiche per le famiglie.

     1. Le politiche per le famiglie consistono nell’insieme degli interventi e dei servizi volti a favorire l’assolvimento delle responsabilità familiari, a sostenere la genitorialità, la maternità e la nascita, ad individuare precocemente ed affrontare le situazioni di disagio sociale ed economico dei nuclei familiari, a creare reti di solidarietà locali.

     2. In particolare, oltre alle prestazioni erogate ai sensi dell’articolo 117, comma secondo, lettera m) della Costituzione, sono compresi tra gli interventi e i servizi per le famiglie:

     a) i contributi economici, di carattere continuativo, straordinario o urgente, compresa l’erogazione di agevolazioni per l’affitto a persone o nuclei familiari in stato di bisogno e l’erogazione di contributi per interventi di adeguamento delle abitazioni, finalizzati a sostenere la permanenza nel domicilio familiare di soggetti non autosufficienti;

     b) [gli interventi di carattere abitativo di emergenza, anche a beneficio delle giovani coppie o di famiglie monoparentali] [74];

     c) gli interventi di sollievo, aiuto e sostegno alle famiglie impegnate in attività di cura e assistenza di persone disabili, di persone con problemi di salute mentale, di anziani e di minori in affidamento;

     d) i servizi e le attività di sostegno alla genitorialità ed alla nascita, di consulenza e di mediazione familiare, di sostegno alle persone nei casi di abuso e di maltrattamento;

     e) le iniziative dirette a consentire la conciliazione delle responsabilità lavorative e di quelle familiari, anche nel quadro dell’armonizzazione dei tempi e spazi delle città.

     3. I comuni, in alternativa a contributi assistenziali in denaro, possono concedere prestiti sull’onore, consistenti in finanziamenti a tasso zero o agevolato secondo piani di restituzione concordati con il destinatario del prestito, per sostenere le responsabilità individuali e familiari e agevolare l’autonomia finanziaria di nuclei monoparentali, di coppie giovani con figli, di gestanti in difficoltà, di famiglie con a carico soggetti non autosufficienti e con problemi di grave e temporanea difficoltà economica, di famiglie di recente immigrazione con gravi difficoltà di inserimento sociale.

 

     Art. 53. Politiche per i minori.

     1. Le politiche per i minori consistono nell’insieme degli interventi e dei servizi volti a garantire al minore la protezione e le cure necessarie per il suo benessere, e a promuoverne il pieno e armonico sviluppo psicofisico, l’educazione e la crescita in un idoneo ambiente familiare e sociale.

     2. In particolare, oltre alle prestazioni erogate ai sensi dell’articolo 117, comma secondo, lettera m) della Costituzione, sono compresi tra gli interventi e i servizi per i minori:

     a) l’ascolto, l’accompagnamento ed il sostegno per promuovere l’esercizio dei diritti di cittadinanza sociale e prevenire forme di esclusione e di devianza, privilegiando la crescita del minore nel proprio ambiente familiare;

     b) il pronto intervento, l’accoglienza, la protezione, l’assistenza e il supporto ai minori italiani e stranieri che si trovano in stato di abbandono o privi di assistenza familiare o che risultano non accompagnati ai sensi dell’articolo 33 del d.lgs. 286/1998;

     c) la tempestiva segnalazione da parte dei servizi di assistenza, quando a conoscenza dello stato di abbandono di un minore, all’autorità giudiziaria competente al fine dell’adozione dei provvedimenti previsti dal titolo X del codice civile;

     d) le azioni conseguenti ai provvedimenti dell’autorità giudiziaria e gli interventi di collaborazione con l’autorità giudiziaria e con i servizi minorili del Ministero della Giustizia in attuazione del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1998, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni), da ultimo modificato dal decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313;

     e) l’affidamento temporaneo a famiglia, a servizi residenziali socio-educativi e le altre tipologie di affidamento, secondo gli indirizzi della Giunta regionale da emanarsi entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge;

     f) le attività necessarie ed i compiti correlati all’adozione nazionale ed internazionale.

     3. In tutti gli atti relativi agli interventi e ai servizi rivolti ai minori l’interesse del minore è considerato superiore.

 

     Art. 54. Politiche per gli anziani.

     1. Le politiche per gli anziani consistono nell’insieme degli interventi e dei servizi volti a:

     a) promuovere la partecipazione degli anziani alla comunità locale in un’ottica di solidarietà fra generazioni;

     b) prevenire i processi invalidanti fisici e psicologici, nonché i fenomeni di esclusione sociale, salvaguardando l’autosufficienza e l’autonomia dell’anziano e favorendo la sua permanenza nel contesto familiare di origine ed il mantenimento di una vita di relazione attiva;

     c) prevenire e limitare l’ospedalizzazione e l’inserimento in strutture residenziali;

     d) verificare il raggiungimento degli obiettivi e delle finalità previste dalla programmazione regionale e zonale.

     2. In particolare, oltre alle prestazioni erogate ai sensi dell’articolo 117, comma secondo, lettera m) della Costituzione, sono compresi tra gli interventi e i servizi per gli anziani:

     a) la creazione di una rete locale di servizi ricreativi e luoghi aggregativi, in cui promuovere forme di associazionismo e di inserimento sociale, anche di diretta iniziativa della popolazione anziana, con il coinvolgimento della comunità locale e dei soggetti del terzo settore presenti sul territorio;

     b) le forme di agevolazione per l’accesso a trasporti, servizi culturali, ricreativi e sportivi, in relazione a situazioni di reddito inadeguate;

     c) i servizi di assistenza domiciliare integrata per anziani non autosufficienti e affetti da patologie degenerative;

     d) le strutture semiresidenziali e residenziali per anziani non autosufficienti;

     e) servizi di sostegno e sollievo per i familiari conviventi di persone anziane non autosufficienti;

     f) i servizi di telesoccorso e pronto intervento per persone anziane a rischio sociosanitario che vivono in condizioni di solitudine o con altri familiari a loro volta inabili o anziani.

     3. La condizione di persona anziana non autosufficiente è accertata, relativamente ai soggetti ultrasessantacinquenni, mediante valutazione che tiene conto dell’analisi globale della persona con riferimento a:

     a) stato di salute funzionale organico;

     b) condizioni cognitive e comportamentali;

     c) situazione socio-ambientale e familiare.

     4. Gli atti regionali di programmazione promuovono la realizzazione di sistemi di valutazione contestuale e globale della persona anziana portatrice di minorazioni, al fine dell’accertamento delle diverse condizioni ai sensi della normativa vigente.

     5. I servizi residenziali, semiresidenziali e domiciliari rivolti agli anziani non autosufficienti si ispirano ad una logica organizzativa di tipo modulare, basata su percorsi di graduale intensità assistenziale.

 

     Art. 55. Politiche per le persone disabili.

     1. Le politiche per le persone disabili consistono nell’insieme degli interventi e dei servizi volti a promuoverne l’integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società.

     2. In particolare, oltre alle prestazioni erogate ai sensi dell’articolo 117, comma secondo, lettera m) della Costituzione, sono compresi tra gli interventi e i servizi per le persone disabili:

     a) il potenziamento dei servizi domiciliari, da attivare in forma diretta o indiretta, secondo progetti individualizzati di intervento finalizzati all’assistenza, al sostegno e allo sviluppo di forme di autonomia, nonché al recupero delle diverse abilità;

     b) il potenziamento e l’adeguamento di servizi diurni e semiresidenziali esistenti sul territorio;

     c) la realizzazione di progetti innovativi e servizi finalizzati alla realizzazione di modalità di vita indipendente, di soluzioni abitative autonome e parafamiliari, di comunità alloggio protette per le persone disabili gravi privi di sostegno familiare;

     d) i servizi di informazione, sollievo e sostegno ai familiari delle persone disabili;

     e) le forme di coordinamento stabile con soggetti istituzionali e soggetti del terzo settore coinvolti nelle attività di istruzione scolastica, formazione professionale, inserimento lavorativo delle persone disabili;

     f) le forme di agevolazione per l’accesso a trasporti, servizi culturali, ricreativi e sportivi;

     g) le forme di agevolazione per la diffusione di strumenti tecnologici atti a facilitare la vita indipendente, l’inserimento sociale e professionale;

     h) il sostegno per il superamento delle barriere e favorire l’accessibilità;

     h bis) la tutela ed il sostegno a favore della disabilità visiva, nonché la realizzazione di progetti innovativi, volti al recupero dell’autonomia personale ed al sostegno delle persone disabili, anche tramite animali da compagnia ovvero attraverso l’utilizzo di nuove tecnologie [75].

     3. L’accertamento della condizione di disabilità e della situazione di gravità avviene con le modalità previste dagli articoli 3 e 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate).

     4. Nell’ambito della programmazione regionale e zonale sono individuati gli elementi atti a prevenire forme di esclusione sociale.

 

     Art. 55 bis. Scuola nazionale cani guida per ciechi e Stamperia Braille [76]

1. Le politiche individuate all’articolo 55, comma 2, lettera h bis), sono realizzate dalla Regione in particolare attraverso la Scuola nazionale cani guida per ciechi e la Stamperia Braille.

2. In attuazione di quanto previsto al comma 1, la Giunta regionale provvede, con appositi regolamenti, a disciplinare in particolare :

a) le modalità di assegnazione dei cani guida, nonché l’organizzazione e gestione dei corsi di orientamento, mobilità ed autonomia personale, per quanto riguarda la Scuola nazionale cani guida per ciechi;

b) l’attività di trascrizione dei testi scolastici per studenti, nonché di ristampa di opere appartenenti al relativo catalogo, per quanto riguarda la Stamperia Braille.

 

     Art. 56. Politiche per gli immigrati.

     1. Le politiche per gli immigrati consistono nell’insieme degli interventi e dei servizi volti a favorirne l’accoglienza, prevenire e contrastare fenomeni di esclusione sociale e di emarginazione.

     2. In particolare, oltre alle prestazioni erogate ai sensi dell’articolo 117, comma secondo, lettera m) della Costituzione, sono compresi tra gli interventi e i servizi per gli immigrati:

     a) l’attivazione di percorsi integrati di inserimento sociale, scolastico e lavorativo, favorendo la comunicazione interculturale e l’associazionismo;

     b) la promozione della partecipazione degli immigrati alle attività culturali, educative e ricreative della comunità locale;

     c) l’accesso ai servizi territoriali, mediante l’attivazione di specifiche campagne di informazione e interventi di mediazione culturale;

     d) la predisposizione di progetti mirati a favore di cittadini stranieri in situazioni di particolare fragilità, quali profughi, rifugiati, richiedenti asilo, vittime di tratta;

     e) [la gestione di interventi di sostegno abitativo] [77].

 

     Art. 57. Politiche per i nomadi.

     1. Il piano sanitario e sociale integrato regionale individua le politiche e le priorità di intervento a favore dei nomadi, anche in attuazione della legge regionale 12 gennaio 2000, n. 2 (Interventi per i popoli Rom e Sinti) e determina gli indirizzi per la programmazione zonale [78].

 

     Art. 58. Politiche per le persone a rischio di esclusione sociale.

     1. Le politiche per le persone a rischio di esclusione sociale consistono nell’insieme degli interventi e dei servizi volti a prevenire e ridurre tutte le forme di emarginazione, comprese le forme di povertà estrema.

     2. In particolare, oltre alle prestazioni erogate ai sensi dell’articolo 117, comma secondo, lettera m) della Costituzione, sono compresi tra gli interventi e i servizi per le persone a rischio di esclusione sociale:

     a) gli interventi di promozione delle reti di solidarietà sociale, i servizi di informazione, accoglienza ed orientamento;

     b) gli interventi di sostegno, anche economico, finalizzati alla realizzazione di progetti individuali di inserimento sociale, lavorativo e formativo;

     c) i servizi di pronto intervento e di prima assistenza per far fronte alle esigenze primarie di accoglienza, cura e assistenza;

     d) i progetti innovativi di prevenzione delle nuove povertà e di contrasto dei fenomeni emergenti di esclusione sociale.

     3. Nell’ambito delle politiche del presente articolo, sono promosse le sperimentazioni di cui all’articolo 14, comma 4, in armonia con le politiche di inclusione e coesione sociale promosse dalla Unione europea.

 

     Art. 59. Politiche per il contrasto della violenza contro le donne, i minori e in ambito familiare.

     1. La Regione favorisce la realizzazione di interventi di rete per offrire le risposte necessarie, in termini di adeguatezza ed appropriatezza, alle varie tipologie di violenza, allo scopo di limitare i danni e di superare gli effetti da questa procurati alla singola donna o minore.

     2. In particolare, oltre alle prestazioni erogate ai sensi dell’articolo 117, comma secondo, lettera m) della Costituzione, sono compresi tra gli interventi e i servizi per il contrasto della violenza contro le donne, i minori ed in ambito familiare:

     a) interventi multidisciplinari integrati di tutela e di cura, azioni di contrasto contro lo sfruttamento, la violenza e il maltrattamento dei minori e delle donne;

     b) il sostegno materiale, psicologico, legale ed abitativo di emergenza, nonché l’organizzazione di case e centri antiviolenza, da realizzarsi attraverso la programmazione locale dei servizi a favore delle vittime e delle funzioni genitoriali;

     c) il sostegno a percorsi di uscita dal disagio e dalla violenza quanto più personalizzati, basati sull’analisi delle specifiche situazioni di violenza e tendenti a rafforzare la fiducia della donna nelle proprie capacità e risorse ed a favorire nuovi progetti di vita e di autonomia;

     d) le attività formative nella scuola e per chi opera nel settore socio-sanitario, dell’ordine pubblico e giudiziario al fine di potenziarne le capacità di rilevazione, accertamento, protezione e cura e per contrastare l’impiego di lavoro minorile;

     e) la valorizzazione delle reti territoriali di servizi e di modelli di intervento caratterizzati da un lavoro di équipe nella presa in carico dei casi;

     f) l’organizzazione di campagne di prevenzione e di informazione sull’entità del fenomeno e sul danno che ne deriva nonché iniziative di censimento ed informazione circa le risorse di protezione, aiuto e sostegno disponibili sul territorio per un percorso di uscita dalla violenza.

     3. Il piano sanitario e sociale integrato regionale individua le priorità di intervento per il contrasto della violenza contro le donne, i minori e in ambito familiare, anche in attuazione della legge regionale 16 novembre 2007, n. 59 (Norme contro la violenza di genere) e determina gli indirizzi per la programmazione locale definita dal PIZ e dal piano integrato di salute, anche con riferimento alle modalità di presa in carico delle vittime di maltrattamenti, molestie e violenze, nonché alla definizione dei percorsi assistenziali [79].

 

     Art. 60. Politiche per la tutela della salute mentale. [80]

     1. Le politiche per la tutela della salute mentale consistono nell’insieme degli interventi e dei servizi volti a:

     a) individuare precocemente il disagio psichico in un’ottica di prevenzione e promozione della salute e benessere della popolazione;

     b) prevenire qualsiasi forma di emarginazione e di esclusione sociale delle persone con problemi di salute mentale;

     c) promuovere l’integrazione e l’inserimento nel contesto sociale delle persone con disturbi mentali, favorendo la loro autonomia ed emancipazione anche attraverso la risoluzione dei problemi abitativi e di lavoro.

     2. Alle politiche della salute mentale concorrono le attività ad integrazione socio-sanitaria come richiamate agli articoli 48 e seguenti del capo I del titolo IV.

 

     Art. 61. Politiche per la prevenzione e il trattamento delle dipendenze. [81]

     1. Le politiche per la prevenzione e il trattamento dei comportamenti di abuso e delle dipendenze da sostanze stupefacenti e psicotrope consistono nell’insieme degli interventi e dei servizi volti a:

     a) riduzione generalizzata dell’uso delle sostanze e/o riduzione dei danni correlati all’uso, attraverso la promozione di stili di vita sani per l’intera popolazione ed in particolare per le fasce a maggior rischio di emarginazione sociale;

     b) realizzazione di servizi e progetti di accoglienza a bassa soglia e di unità di strada orientati alla prevenzione primaria e secondaria ed alla riduzione del danno;

     c) promozione e sostegno della rete dei soggetti pubblici e del privato sociale, che operano nel settore;

     d) promozione di interventi di prevenzione e contrasto del consumo di sostanze, rivolti alle fasce di età giovanili e nei luoghi di aggregazione giovanile;

     e) sviluppo di azioni sociali di sostegno ai programmi di riabilitazione dei soggetti tossicodipendenti ed alcoldipendenti attraverso la risoluzione delle problematiche legate agli inserimenti lavorativi ed abitativi.

     2. Alle politiche per la prevenzione ed il trattamento delle dipendenze concorrono le attività ad integrazione socio-sanitaria come richiamate agli articoli 48 e seguenti del capo I del titolo IV.

 

TITOLO VI

Disposizioni finali e transitorie

 

Capo I

Disposizioni finali e transitorie

 

     Art. 62. Regolamento.

     1. Con regolamento regionale, da approvarsi entro duecentosettanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, sono definiti:

     a) relativamente alle tipologie di strutture residenziali e semiresidenziali soggette ad autorizzazione, ivi comprese quelle che erogano prestazioni inerenti alle aree d’integrazione socio-sanitaria:

     1) i requisiti minimi strutturali e organizzativi;

     2) le figure professionali preposte alla direzione delle strutture [82];

     3) i requisiti professionali per il personale addetto;

     4) [i termini per l’adeguamento delle strutture, autorizzate alla data di entrata in vigore del regolamento regionale, ai requisiti di cui ai numeri 1), 2) e 3)] [83];

     5) i criteri per la composizione ed il funzionamento della commissione multidisciplinare, di cui all’articolo 20, comma 3;

     6) i requisiti previsti a pena di decadenza dell’autorizzazione, ai sensi dell’articolo 24, comma 2;

     b) relativamente alle strutture soggette all’obbligo di comunicazione di avvio di attività:

     1) i requisiti organizzativi e di qualità per la gestione dei servizi e per l’erogazione delle prestazioni;

     2) i requisiti organizzativi specifici;

     3) le modalità di integrazione delle persone ospitate nelle strutture e nella rete dei servizi sociali e sanitari;

     c) la composizione e la procedura per la nomina della commissione regionale per le politiche sociali;

     d) i livelli di formazione scolastica e professionale per gli operatori sociali impiegati nelle attività del sistema integrato.

 

     Art. 63. Norme transitorie.

     1. I procedimenti per l’autorizzazione di strutture residenziali e semiresidenziali in corso alla data di entrata in vigore del regolamento, di cui all’articolo 62, sono conclusi sulla base delle leggi regionali abrogate dalla presente legge entro il termine massimo di un anno dalla data di entrata in vigore del medesimo regolamento [84].

     2. Fino all’approvazione del piano integrato sociale regionale ai sensi dell’articolo 27, mantiene la propria validità il piano integrato sociale regionale di cui alla deliberazione del Consiglio regionale 24 luglio 2002, n. 122 (Piano integrato sociale regionale 2002-2004) e successivi aggiornamenti.

     3. Gli atti amministrativi regionali, anche a carattere transitorio, approvati entro la data di entrata in vigore della presente legge mantengono la propria validità.

     3 bis. Entro novanta giorni dal suo insediamento la conferenza zonale dei sindaci adotta il regolamento per il proprio funzionamento [85].

 

     Art. 64. Modifiche all’articolo 35 della l.r. 43/2004.

     1. Il comma 1 dell’articolo 35 della legge regionale 3 agosto 2004, n. 43 (Riordino e trasformazione delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza “IPAB”. Norme sulle aziende pubbliche di servizi alla persona. Disposizioni particolari per la IPAB “Istituto degli Innocenti di Firenze”) è abrogato.

 

     Art. 65. Abrogazioni.

     1. Sono abrogate le seguenti leggi e disposizioni:

     a) legge regionale 27 marzo 1980, n. 20 (Interventi a favore delle persone non autosufficienti);

     b) legge regionale 16 aprile 1980, n. 28 (Idoneità delle strutture di ospitalità e dei nuclei affidatari o ospitanti);

     c) legge regionale 3 ottobre 1997, n. 72 (Organizzazione e promozione di un sistema di diritti di cittadinanza e di pari opportunità: riordino dei servizi socio-assistenziali e socio-sanitari integrati), ad esclusione dell’articolo 21, le cui disposizioni continuano ad applicarsi nei confronti di ciascuna IPAB fino alla conclusione del relativo procedimento di trasformazione previsto dalla legge regionale 3 agosto 2004, n. 43 (Riordino e trasformazione delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza “IPAB”. Norme sulle aziende pubbliche di servizi alla persona. Disposizioni particolari per la IPAB “Istituto degli Innocenti di Firenze”);

     d) articolo 13 della legge regionale 12 gennaio 2000, n. 2 (Interventi per i popoli Rom e Sinti).


[1] Lettera così modificata dall'art. 23 della L.R. 27 dicembre 2007, n. 69.

[2] Alinea così modificato dall'art. 1 della L.R. 28 dicembre 2009, n. 83.

[3] Comma così modificato dall'art. 1 della L.R. 28 dicembre 2009, n. 83.

[4] Lettera così sostituita dall'art. 2 della L.R. 17 luglio 2019, n. 45.

[5] Comma così sostituito dall'art. 2 della L.R. 17 luglio 2019, n. 45.

[6] Comma aggiunto dall'art. 2 della L.R. 17 luglio 2019, n. 45.

[7] Comma così modificato dall'art. 1 della L.R. 30 luglio 2014, n. 45.

[8] Comma così modificato dall'art. 2 della L.R. 28 dicembre 2009, n. 83.

[9] Articolo così sostituito dall'art. 2 della L.R. 30 luglio 2014, n. 45.

[10] Articolo abrogato dall'art. 3 della L.R. 30 luglio 2014, n. 45.

[11] Comma così sostituito dall'art. 4 della L.R. 28 dicembre 2009, n. 83.

[12] Comma così modificato dall'art. 4 della L.R. 28 dicembre 2009, n. 83.

[13] Comma così sostituito dall'art. 4 della L.R. 28 dicembre 2009, n. 83.

[14] Comma modificato dall'art. 5 della L.R. 28 dicembre 2009, n. 83 e abrogato dall'art. 4 della L.R. 30 luglio 2014, n. 45.

[15] Comma modificato dall'art. 5 della L.R. 28 dicembre 2009, n. 83 e così sostituito dall'art. 4 della L.R. 30 luglio 2014, n. 45.

[16] Lettera così modificata dall'art. 6 della L.R. 28 dicembre 2009, n. 83.

[17] Comma così modificato dall'art. 6 della L.R. 28 dicembre 2009, n. 83.

[18] Lettera inserita dall'art. 1 della L.R. 29 giugno 2020, n. 48.

[19] Articolo abrogato dall'art. 2 della L.R. 29 giugno 2020, n. 48.

[20] Comma così modificato dall'art. 1 della L.R. 12 novembre 2007, n. 57.

[21] Comma così modificato dall'art. 101 della L.R. 18 giugno 2012, n. 29.

[22] Comma così sostituito dall'art. 1 della L.R. 14 giugno 2011, n. 23.

[23] Lettera inserita dall'art. 3 della L.R. 29 giugno 2020, n. 48.

[24] Lettera così modificata dall'art. 102 della L.R. 18 giugno 2012, n. 29.

[25] Comma inserito dall'art. 1 della L.R. 24 marzo 2015, n. 33.

[26] Comma inserito dall'art. 3 della L.R. 29 giugno 2020, n. 48.

[27] Comma inserito dall'art. 3 della L.R. 29 giugno 2020, n. 48.

[28] Lettera così modificata dall'art. 7 della L.R. 28 dicembre 2009, n. 83.

[29] Comma così modificato dall'art. 13 della L.R. 7 gennaio 2015, n. 2.

[30] Comma già modificato dall'art. 8 della L.R. 28 dicembre 2009, n. 83 e così ulteriormente modificato dall'art. 31 della L.R. 9 agosto 2016, n. 58.

[31] Articolo così sostituito dall'art. 9 della L.R. 28 dicembre 2009, n. 83.

[32] Articolo modificato dall'art. 2 della L.R. 12 novembre 2007, n. 57, già sostituito dall'art. 10 della L.R. 28 dicembre 2009, n. 83 e ulteriormente sostituito dall'art. 5 della L.R. 30 luglio 2014, n. 45.

[33] Comma inserito dall'art. 18 della L.R. 23 marzo 2017, n. 11.

[34] Comma così modificato dall'art. 18 della L.R. 23 marzo 2017, n. 11.

[35] Comma così modificato dall'art. 54 della L.R. 5 agosto 2021, n. 29.

[36] Articolo abrogato dall'art. 11 della L.R. 28 dicembre 2009, n. 83.

[37] Comma così modificato dall'art. 12 della L.R. 28 dicembre 2009, n. 83.

[38] Articolo così sostituito dall'art. 6 della L.R. 30 luglio 2014, n. 45.

[39] Articolo sostituito dall'art. 7 della L.R. 30 luglio 2014, n. 45.

[40] Comma così sostituito dall'art. 58 della L.R. 12 dicembre 2017, n. 70.

[41] Comma inserito dall'art. 19 della L.R. 23 marzo 2017, n. 11.

[42] Comma inserito dall'art. 19 della L.R. 23 marzo 2017, n. 11.

[43] Articolo sostituito dall'art. 8 della L.R. 30 luglio 2014, n. 45, già modificato dall'art. 20 della L.R. 23 marzo 2017, n. 11 e così ulteriormente modificato dall'art. 55 della L.R. 5 agosto 2021, n. 29.

[44] Articolo abrogato dall'art. 16 della L.R. 28 dicembre 2009, n. 83.

[45] Articolo inserito dall'art. 9 della L.R. 30 luglio 2014, n. 45.

[46] Articolo già sostituito dall'art. 17 della L.R. 28 dicembre 2009, n. 83 e ulteriormente sostituito dall'art. 10 della L.R. 30 luglio 2014, n. 45.

[47] Lettera così modificata dall'art. 56 della L.R. 5 agosto 2021, n. 29.

[48] Articolo sostituito dall'art. 18 della L.R. 28 dicembre 2009, n. 83 e abrogato dall'art. 11 della L.R. 30 luglio 2014, n. 45.

[49] Comma inserito dall'art. 12 della L.R. 30 luglio 2014, n. 45.

[50] Comma inserito dall'art. 12 della L.R. 30 luglio 2014, n. 45.

[51] Comma così sostituito dall'art. 12 della L.R. 30 luglio 2014, n. 45.

[52] Comma abrogato dall'art. 12 della L.R. 30 luglio 2014, n. 45.

[53] Comma aggiunto dall'art. 10 della L.R. 16 novembre 2007, n. 59.

[54] Comma aggiunto dall'art. 10 della L.R. 16 novembre 2007, n. 59.

[55] Comma aggiunto dall'art. 10 della L.R. 16 novembre 2007, n. 59 e abrogato dall'art. 12 della L.R. 30 luglio 2014, n. 45.

[56] Comma aggiunto dall'art. 12 della L.R. 30 luglio 2014, n. 45.

[57] Comma aggiunto dall'art. 12 della L.R. 30 luglio 2014, n. 45.

[58] Comma aggiunto dall'art. 12 della L.R. 30 luglio 2014, n. 45.

[59] Comma aggiunto dall'art. 12 della L.R. 30 luglio 2014, n. 45 e abrogato dall'art. 40 della L.R. 3 marzo 2015, n. 22.

[60] Articolo così sostituito dall'art. 3 della L.R. 12 novembre 2007, n. 57.

[61] Comma così modificato dall'art. 19 della L.R. 28 dicembre 2009, n. 83.

[62] Comma così modificato dall'art. 20 della L.R. 28 dicembre 2009, n. 83.

[63] Articolo così sostituito dall'art. 21 della L.R. 28 dicembre 2009, n. 83.

[64] Alinea già modificato dall'art. 22 della L.R. 28 dicembre 2009, n. 83 e così ulteriormente modificato dall'art. 14 della L.R. 7 gennaio 2015, n. 2.

[65] Alinea così modificato dall'art. 23 della L.R. 28 dicembre 2009, n. 83.

[66] Comma così modificato dall'art. 23 della L.R. 28 dicembre 2009, n. 83.

[67] Articolo così sostituito dall'art. 117 della L.R. 29 dicembre 2010, n. 65.

[68] Per un'interpretazione autentica del presente comma, vedi l'art. 28 della L.R. 29 giugno 2011, n. 25.

[69] Comma già modificato dall'art. 25 della L.R. 28 dicembre 2009, n. 83 e così ulteriormente modificato dall'art. 31 della L.R. 9 agosto 2016, n. 58.

[70] Articolo inserito dall'art. 13 della L.R. 30 luglio 2014, n. 45.

[71] Articolo inserito dall'art. 14 della L.R. 30 luglio 2014, n. 45.

[72] Comma così modificato dall'art. 26 della L.R. 28 dicembre 2009, n. 83.

[73] Articolo così sostituito dall'art. 27 della L.R. 28 dicembre 2009, n. 83.

[74] Lettera abrogata dall'art. 23 della L.R. 31 marzo 2017, n. 15.

[75] Lettera aggiunta dall'art. 2 della L.R. 14 giugno 2011, n. 23.

[76] Articolo inserito dall'art. 3 della L.R. 14 giugno 2011, n. 23.

[77] Lettera abrogata dall'art. 24 della L.R. 31 marzo 2017, n. 15.

[78] Comma così modificato dall'art. 28 della L.R. 28 dicembre 2009, n. 83.

[79] Comma aggiunto dall'art. 15 della L.R. 30 luglio 2014, n. 45.

[80] Articolo abrogato dall'art. 16 della L.R. 30 luglio 2014, n. 45.

[81] Articolo abrogato dall'art. 17 della L.R. 30 luglio 2014, n. 45.

[82] Numero così modificato dall'art. 5 della L.R. 12 novembre 2007, n. 57.

[83] Numero abrogato dall'art. 5 della L.R. 12 novembre 2007, n. 57.

[84] Comma così modificato dall'art. 6 della L.R. 12 novembre 2007, n. 57.

[85] Comma aggiunto dall'art. 18 della L.R. 30 luglio 2014, n. 45.