§ 27.8.32 - Circolare 3 gennaio 2001, n. 1/E.
Legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Finanziaria 2001). Primi chiarimenti.


Settore:Normativa nazionale
Materia:27. Contabilità pubblica
Capitolo:27.8 leggi finanziarie
Data:03/01/2001
Numero:1

§ 27.8.32 - Circolare 3 gennaio 2001, n. 1/E.

Legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Finanziaria 2001). Primi chiarimenti. [1]

 

     Al fine di facilitare l'applicazione delle numerose disposizioni contemplate nella legge n. 388 del 23 dicembre 2000, cosiddetta "legge finanziaria per l'anno 2001", pubblicata nel S.O. n. 219 alla G.U. n. 302 del 29 dicembre 2000, si forniscono di seguito i primi chiarimenti sulle principali novità.

 

1. Imposte sui redditi.

 

1.1 Articolo 2 - Disposizioni in materia di imposte sui redditi relative alla riduzione delle aliquote e alla disciplina delle detrazioni e delle deduzioni.

 

1.1.1 Scaglioni di reddito, aliquote, detrazioni.

     Con il comma 1 dell'articolo in commento, sono state apportate le seguenti modifiche al testo unico delle imposte sui redditi:

 

     A) attraverso la modifica dell'articolo 10, comma 3-bis, del T.U.I.R. (testo unico delle imposte sui redditi, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), la deduzione relativa all'abitazione principale e alle relative pertinenze viene incrementata fino all'ammontare dell'intera rendita catastale degli immobili in questione, con l'effetto sostanziale di escludere l'assoggettamento ad I.R.P.E.F. degli stessi; la modifica entra in vigore a partire dall'anno d'imposta 2000.

 

     B) Con la sostituzione del quinto periodo del citato comma 3-bis, viene esteso a tutti i contribuenti il diritto a fruire della deduzione per l'abitazione principale anche nel caso in cui gli stessi trasferiscano la propria dimora abituale presso un istituto di ricovero o sanitario, a condizione che detta abitazione non risulti locata. La precedente formulazione prevedeva l'applicazione di tale beneficio solamente nei confronti di persone anziane o disabili; la modifica entra in vigore dall'anno d'imposta 2001.

 

     C) Tramite la modifica del comma 1 dell'articolo 11 del T.U.I.R., vengono rideterminate le aliquote d'imposta relative ai diversi scaglioni, per gli anni 2001, 2002 e 2003 secondo il seguente ordine:

     Per l'anno 2001 valgono i seguenti valori:

a) fino a lire 20.000.000

18%;

b) oltre lire 20.000.000 e fino a lire 30.000.000

24%;

c) oltre lire 30.000.000 e fino a lire 60.000.000

32%;

d) oltre lire 60.000.000 e fino a lire 135.000.000

39%;

e) oltre lire 135.000.000

45%.

Per l'anno 2002 valgono i seguenti valori:

a) fino a lire 20.000.000

18%;

b) oltre lire 20.000.000 e fino a lire 30.000.000

23%;

c) oltre lire 30.000.000 e fino a lire 60.000.000

32%;

d) oltre lire 60.000.000 e fino a lire 135.000.000

38,5%;

e) oltre lire 135.000.000

44,5%.

Per l'anno 2003 valgono i seguenti valori:

a) fino a lire 20.000.000

18%;

b) oltre lire 20.000.000 e fino a lire 30.000.000

22%;

c) oltre lire 30.000.000 e fino a lire 60.000.000

32%;

d) oltre lire 60.000.000 e fino a lire 135.000.000

38%;

e) oltre lire 135.000.000

44%.

 

     D) Il comma 1 dell'articolo 2 della legge finanziaria in commento dispone la modifica dell'entità delle detrazioni d'imposta per familiari a carico, già previste dalla legge 23 dicembre 1999, n. 488 (legge finanziaria per l'anno 2000) in lire 516.000 per l'anno 2001 ed in lire 552.000 per l'anno 2002, elevandole rispettivamente a lire 552.000 e 588.000, a condizione che il reddito complessivo non superi lire 100.000.000. Inoltre, i predetti importi sono ulteriormente aumentati a lire 616.000 per l'anno 2001 e a lire 652.000 per l'anno 2002 nel caso in cui la detrazione sia relativa a figli successivi al primo e sempre che il reddito complessivo non superi lire 100 milioni; viene, inoltre, mantenuta per tutti i soggetti la ulteriore detrazione di lire 240.000 da aggiungere ai suddetti importi per ciascun figlio di età inferiore ai tre anni.

     Poiché le detrazioni possono essere ripartite proporzionalmente all'effettivo onere sostenuto tra più contribuenti, ogni contribuente deve calcolare la parte di detrazione a lui spettante tenendo conto del proprio livello di reddito.

 

     E) Mediante la sostituzione del comma 1 dell'articolo 13 del T.U.I.R., vengono rimodulate le detrazioni d'imposta spettanti per i redditi di lavoro dipendente rapportate al periodo di lavoro o di pensione nell'anno. I nuovi importi sono i seguenti:

     a) lire 2.220.000 se l'ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente non supera lire 12.000.000;

     b) lire 2.100.000 se l'ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 12.000.000 ma non a lire 12.300.000;

     c) lire 2.000.000 se l'ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 12.300.000 ma non a lire 12.600.000;

     d) lire 1.900.000 se l'ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 12.600.000 ma non a lire 15.000.000;

     e) lire 1.750.000 se l'ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 15.000.000 ma non a lire 15.300.000;

     f) lire 1.600.000 se l'ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 15.300.000 ma non a lire 15.600.000;

     g) lire 1.450.000 se l'ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 15.600.000 ma non a lire 15.900.000;

     h) lire 1.330.000 se l'ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 15.900.000 ma non a lire 16.000.000;

     i) lire 1.260.000 se l'ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 16.000.000 ma non a lire 17.000.000;

     l) lire 1.190.000 se l'ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 17.000.000 ma non a lire 18.000.000;

     m) lire 1.120.000 se l'ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 18.000.000 ma non a lire 19.000.000;

     n) lire 1.050.000 se l'ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 19.000.000 ma non a lire 30.000.000;

     o) lire 950.000 se l'ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 30.000.000 ma non a lire 40.000.000;

     p) lire 850.000 se l'ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 40.000.000 ma non a lire 50.000.000;

     q) lire 750.000 se l'ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 50.000.000 ma non a lire 60.000.000;

     r) lire 650.000 se l'ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 60.000.000 ma non a lire 60.300.000;

     s) lire 550.000 se l'ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 60.300.000 ma non a lire 70.000.000;

     t) lire 450.000 se l'ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 70.000.000 ma non a lire 80.000.000;

     u) lire 350.000 se l'ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 80.000.000 ma non a lire 90.000.000;

     v) lire 250.000 se l'ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 90.000.000 ma non a lire 90.400.000;

     z) lire 150.000 se l'ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 90.400.000 ma non a lire 100.000.000;

     aa) lire 100.000 se l'ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 100.000.000.

     Le suddette detrazioni sono applicabili dall'anno d'imposta 2001.

     La stessa norma, inoltre, al punto 2), per quanto concerne l'ulteriore detrazione prevista per gli anziani dal comma 2 dell'articolo 13 del T.U.I.R., dispone che il possesso di redditi di terreni per un importo non superiore a lire 360.000 non preclude la possibilità di godere del beneficio.

     Pertanto, possono usufruire della ulteriore detrazione i contribuenti di età non inferiore ad anni 75, titolari di redditi di pensione, di redditi derivanti dall'unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze, nonché di redditi di terreni di importo non superiore a lire 360.000. La modifica entra in vigore dall'anno d'imposta 2000.

     Con la disposizione di cui al punto 3) vengono apportate modifiche al comma 2-ter dell'articolo 13 del T.U.I.R., strettamente coordinate con le modifiche recate dal successivo punto 4). La norma in commento ricollega la detrazione prevista dal citato comma 2-ter, le cui misure restano invariate, alla circostanza che il reddito complessivo del contribuente sia inferiore a lire 9.600.000 e che ad esso concorra esclusivamente, oltre all'eventuale reddito dell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale, un reddito, derivante da rapporti di lavoro dipendente regolati da contratti a tempo indeterminato, ma la cui durata effettiva sia stata inferiore all'anno.

     Il punto 4), attraverso l'inserimento del comma 2-quater allo stesso articolo 13 del T.U.I.R., istituisce una nuova detrazione d'imposta spettante a fronte del possesso del reddito derivante da contratti di lavoro dipendente a tempo determinato di durata inferiore all'anno e del reddito derivante dagli assegni periodici percepiti in conseguenza di separazione o di scioglimento del matrimonio (redditi che, come in precedenza illustrato, non sono più considerati dalla previsione del comma 2-ter dello stesso articolo). Tale detrazione d'imposta compete se, oltre ai suddetti redditi, si è in possesso soltanto di redditi di fabbricati derivanti dal possesso dell'abitazione principale e delle relative pertinenze.

     I valori della detrazione in esame sono i seguenti:

     a) lire 400.000 se l'ammontare del reddito complessivo non supera lire 9.100.000;

     b) lire 300.000 se l'ammontare del reddito complessivo è superiore a lire 9.100.000 ma non a lire 10.000.000;

     c) lire 200.000 se l'ammontare del reddito complessivo è superiore a lire 10.000.000 ma non a lire 11.000.000;

     d) lire 100.000 se l'ammontare del reddito complessivo è superiore a lire 11.000.000 ma non a lire 12.000.000.

     Al punto 5) del comma 1 dell'articolo 2 in commento sono indicati i nuovi importi della detrazione d'imposta per redditi di lavoro autonomo e di impresa minore:

     a) lire 1.110.000 se l'ammontare complessivo dei redditi di lavoro autonomo e di impresa non supera lire 9.100.000;

     b) lire 1.000.000 se l'ammontare complessivo dei redditi di lavoro autonomo e di impresa è superiore a lire 9.100.000 ma non a lire 9.300.000;

     c) lire 900.000 se l'ammontare complessivo dei redditi di lavoro autonomo e di impresa è superiore a lire 9.300.000 ma non a lire 9.600.000;

     d) lire 800.000 se l'ammontare complessivo dei redditi di lavoro autonomo e di impresa è superiore a lire 9.600.000 ma non a lire 9.900.000;

     e) lire 700.000 se l'ammontare complessivo dei redditi di lavoro autonomo e di impresa è superiore a lire 9.900.000 ma non a lire 15.000.000;

     f) lire 600.000 se l'ammontare complessivo dei redditi di lavoro autonomo e di impresa è superiore a lire 15.000.000 ma non a lire 15.300.000;

     g) lire 480.000 se l'ammontare complessivo dei redditi di lavoro autonomo e di impresa è superiore a lire 15.300.000 ma non a lire 16.000.000;

     h) lire 410.000 se l'ammontare complessivo dei redditi di lavoro autonomo e di impresa è superiore a lire 16.000.000 ma non a lire 17.000.000;

     i) lire 340.000 se l'ammontare complessivo dei redditi di lavoro autonomo e di impresa è superiore a lire 17.000.000 ma non a lire 18.000.000;

     l) lire 270.000 se l'ammontare complessivo dei redditi di lavoro autonomo e di impresa è superiore a lire 18.000.000 ma non a lire 19.000.000;

     m) lire 200.000 se l'ammontare complessivo dei redditi di lavoro autonomo e di impresa è superiore a lire 19.000.000 ma non a lire 30.000.000;

     n) lire 100.000 se l'ammontare complessivo dei redditi di lavoro autonomo e di impresa è superiore a lire 30.000.000 ma non a lire 60.000.000.

     Le descritte modifiche, relative alla detrazione per redditi di lavoro autonomo o d'impresa minore, entrano in vigore dall'anno d'imposta 2001.

 

     F) Ulteriori importanti novità riguardano la detrazione d'imposta per interessi passivi su mutui ipotecari prevista dalla lettera b) del comma 1 dell'articolo 13-bis del T.U.I.R.

     La prima modifica apportata concerne l'elevazione da sei mesi ad un anno del periodo entro il quale l'acquirente deve adibire ad abitazione principale l'immobile oggetto dell'acquisto. Sempre da sei mesi ad un anno è stato variato il periodo massimo che può intercorrere tra la stipula del contratto di mutuo e l'acquisto dell'immobile per poter usufruire della detrazione in questione. Inoltre, viene previsto che, nel caso in cui l'immobile acquistato sia oggetto di lavori di ristrutturazione edilizia, comprovati dalla relativa concessione edilizia o atto equivalente, la detrazione spetta a decorrere dalla data in cui l'unità immobiliare è adibita a dimora abituale, e comunque entro due anni dall'acquisto.

     Previsione totalmente innovativa è quella che introduce la possibilità di godere della detrazione per interessi passivi anche nel caso di acquisto di un immobile locato, a condizione che, entro tre mesi dall'acquisto, l'acquirente notifichi al locatario l'atto d'intimazione di licenza o di sfratto per finita locazione e che, entro un anno dal rilascio, lo stesso venga adibito ad abitazione principale.

     Inoltre, la norma modificativa ha esteso la detrazione per interessi passivi anche all'ipotesi di acquisto di immobili destinati ad abitazione principale dei familiari del contribuente. In virtù di tale previsione, il diritto alla detrazione spetta al contribuente acquirente e intestatario del contratto di mutuo, anche se l'immobile viene adibito ad abitazione principale di un familiare.

     Ancora, viene inserita un'ulteriore deroga alla previsione secondo cui il beneficio della detrazione viene meno nel momento in cui l'immobile cessa di essere utilizzato come abitazione principale. Infatti, è ora possibile continuare ad esercitare il diritto alla detrazione d'imposta, oltre che nell'ipotesi in cui un lavoratore dipendente trasferisca la propria dimora per motivi di lavoro, già prevista dalla precedente stesura della norma, anche nel caso in cui la variazione della dimora dipenda da trasferimenti in istituti di ricovero o sanitari, a condizione che l'immobile non venga locato. Infine, viene previsto, per l'ipotesi di mutuo ipotecario intestato ad entrambi i coniugi, che ognuno possa fruire della detrazione unicamente per la propria quota di interessi (il che è conforme ai principi generali ed è stato oggetto di chiarimenti da parte dell'Amministrazione finanziaria) e che, ove uno dei coniugi sia fiscalmente a carico dell'altro, quest'ultimo possa beneficiare della detrazione in discorso in relazione ad entrambe le quote. Tale ultima statuizione costituisce l'elemento di rilevante novità, atteso che la normativa previgente non consentiva ad alcun soggetto di trasferire la detrazione relativa agli interessi agli altri intestatari del mutuo, neppure nell'ipotesi di assenza o incapienza del reddito e quindi di carenza di un imposta da abbattere tramite la detrazione stessa.

     Le descritte modifiche apportate alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 13-bis del T.U.I.R. entrano in vigore dall'anno d'imposta 2001.

 

     G) L'art. 2 in commento, attraverso l'inserimento di un nuovo periodo nel corpo dell'art. 13-bis, comma 1, lettera c), del T.U.I.R., consente che la detrazione prevista, nella misura del 19%, per la parte delle spese sanitarie che eccede le lire 250.000, possa essere eventualmente ripartita in quattro quote annuali di pari importo. Tale facoltà è prevista peraltro dal legislatore con riferimento esclusivo alle ipotesi in cui le spese in discorso eccedano, nell'anno, il limite dei 30.000.000. La formulazione testuale della disposizione induce a ritenere che il superamento del predetto limite debba essere verificato considerando l'ammontare complessivo delle spese sostenute nell'anno, e prescindendo, a tali fini, dalla considerazione della soglia di franchigia pari a lire 250.000.

 

     H) L'art. 2 della legge finanziaria ha, inoltre, apportato modifiche all'art. 13-ter del T.U.I.R., che disciplina la detrazione a favore dei titolari di contratti di locazione di una abitazione adibita a dimora principale. Tali modifiche consistono nella rideterminazione degli importi delle detrazioni spettanti, che risultano così graduati:

     a) lire 960.000, se il reddito complessivo non supera lire 30.000.000;

     b) lire 480.000, se il reddito complessivo supera lire 30.000.000 ma non lire 60.000.000.

     A tal fine si rammenta che per fruire della detrazione è necessario che il contratto sia stipulato o rinnovato a norma degli articoli 2, comma 3, e 4, commi 2 e 3, della legge n. 431 del 9 dicembre 1998. La modifica entra in vigore dall'anno d'imposta 2000, superando quindi le previsioni precedentemente introdotte dalla legge 23 dicembre 1999, n. 488. L'articolo in commento ha, inoltre, introdotto un nuovo comma con il quale si stabilisce che spetta una detrazione a favore dei lavoratori dipendenti che hanno trasferito o trasferiscono la propria residenza nel comune di lavoro o in uno di quelli limitrofi, nei tre anni antecedenti a quello di richiesta della detrazione, purché il nuovo comune di residenza disti dal vecchio almeno 100 chilometri, e comunque al di fuori dalla propria regione, e che siano titolari di qualunque tipo di contratto di locazione di unità immobiliari adibite ad abitazione principale degli stessi. Tale detrazione, rapportata al periodo dell'anno durante il quale l'abitazione ha costituito la dimora principale del contribuente, è così determinata:

     a) lire 1.920.000, se il reddito complessivo non supera lire 30 milioni;

     b) lire 960.000, se il reddito complessivo supera lire 30 milioni ma non lire 60 milioni.

     Le modifiche ora descritte entrano in vigore dall'anno d'imposta 2001.

 

     I) L'art. 2 della legge in commento ha, infine, apportato modifiche all'art. 48-bis, comma 1, lettera a-bis), del T.U.I.R. Tale modifica consiste nella rideterminazione, nella misura del 75%, dell'ammontare dei compensi percepiti dal personale dipendente del Servizio sanitario nazionale per attività libero professionale intramuraria esercitata, dietro autorizzazione del direttore generale dell'azienda sanitaria, presso studi professionali privati, da assoggettare a tassazione. In sostanza viene elevata dal 10% al 25% la deduzione forfetaria delle spese sostenute per l'attività intramuraria del medico che, in quanto assimilato al prestatore di lavoro subordinato, non avrebbe la possibilità di tenerne conto analiticamente in sede di determinazione del reddito imponibile al pari dei lavoratori autonomi. Tale deduzione va operata sulla parte dei compensi che residua una volta scomputate le somme di spettanza dell'azienda sanitaria. La richiamata modifica produce effetti dall'anno d'imposta 2001.

 

1.1.2 Detrazione delle spese sostenute per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio.

     Con il comma 2 dell'art. 2 della legge finanziaria in commento sono state apportate modifiche, rispetto alla disciplina recata dalla legge 27 dicembre 1997, n. 449, e alle successive integrazioni apportate dalla legge 23 dicembre 1999, n. 488, con riferimento alla detrazione del 36% delle spese sostenute per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente. Con la nuova disposizione si è innanzi tutto disposta la proroga, per l'anno 2001, della detrazione in argomento, che avrebbe dovuto trovare applicazione fino al 31 dicembre 2000 ai sensi dell'art. 6, comma 15, lettera d), della legge 23 dicembre 1999, n. 488. Inoltre si è inteso estendere la tipologia delle spese che danno diritto alla detrazione in questione, inserendo, oltre a quelle già previste, anche le spese sostenute per l'eliminazione delle barriere architettoniche aventi ad oggetto ascensori e montacarichi, o per la realizzazione di strumenti che, attraverso la comunicazione, la robotica e ogni altro mezzo tecnologico, siano adatti a favorire la mobilità interna ed esterna alle persone portatrici di handicap gravi, ai sensi dell'art. 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104. La detrazione è ammessa, altresì, in relazione alle spese sostenute per l'adozione di misure finalizzate a prevenire il rischio di compimento di atti illeciti da parte di terzi, quali, ad esempio, l'installazione di sistemi elettronici di allarme ed il montaggio di inferriate antifurto. Il beneficio è esteso pure alle spese sostenute per l'esecuzione di opere volte ad evitare gli infortuni domestici.

 

1.1.3 Detrazione delle spese sostenute per gli interventi di recupero di fabbricati rurali.

     Il comma 3 dell'art. 2 della legge finanziaria dispone una proroga per tutto l'anno 2001, in favore dei giovani agricoltori, della detrazione del 36% per le spese sostenute, ai sensi della legge n. 449 del 27 dicembre 1997, per gli interventi di recupero dei fabbricati rurali utilizzati, quale abitazione o per funzioni strumentali all'attività agricola, da coltivatori diretti ovvero imprenditori agricoli a titolo principale.

 

1.1.4 Comunicazione relativa agli interventi di recupero.

     L'art. 2, comma 4, interviene sulle disposizioni procedurali che disciplinano le condizioni per l'esercizio della detrazione d'imposta del 36% delle spese per i lavori di recupero di cui all'art. 1 della legge n. 449 del 1997, introducendo una sanatoria per talune ipotesi in cui la preventiva comunicazione relativa all'inizio dei lavori edili, prevista a pena di decadenza dal decreto del Ministro delle finanze D.M. 18 febbraio 1998, n. 41, è stata presentata in data successiva all'effettivo avvio dei lavori. La nuova disposizione rende valide, limitatamente ai lavori iniziati entro la data del 30 giugno 2000, le comunicazioni tardive, purché comunque inviate ai centri di servizio delle imposte dirette e indirette entro 90 giorni dall'inizio dei lavori.

 

1.1.5 Deduzione in favore di cooperative edilizie.

     Il comma 5 dell'art. 2 istituisce, in favore delle cooperative edilizie a proprietà indivisa, una deduzione operante ai fini della determinazione del reddito. Tale deduzione è pari alla somma delle rendite catastali delle unità immobiliari che risultano adibite ad abitazione principale da parte dei soci assegnatari e delle relative pertinenze. La disposizione si applica a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 1999. Il comma 6, in considerazione della deduzione di cui al comma precedente, dispone l'abrogazione del comma 3 dell'art. 17 del D.Lgs. n. 504 del 1992, che prevedeva la deduzione per le cooperative edilizie, ai fini dell'I.R.P.E.G., di una somma pari a lire 500.000 per ognuna delle unità immobiliari adibite ad abitazione principale dei soci assegnatari. La decorrenza dell'abrogazione coincide, ovviamente, con quella prevista per la disposizione contenuta nel comma precedente.

 

1.1.6 Abrogazione art. 6, commi 9, 10 e 11, della legge n. 488 del 1999.

     L'art. 2, comma 7, abrogando i commi 9, 10 e 11 dell'art. 6 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, elimina la previsione del credito d'imposta riconosciuto agli imprenditori individuali, alle società e agli enti che incrementavano la base occupazionale dei lavoratori dipendenti dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2002, attraverso l'assunzione di particolari categorie di soggetti, accompagnata dalla concessione ai nuovi assunti di fabbricati o porzioni di essi in uso, comodato o locazione. Si rammenta che il citato credito d'imposta era pari al 19% del compenso in natura calcolato con i criteri di cui all'art. 48, comma 4, lettera c), del T.U.I.R.

 

1.1.7 Crediti a favore dei sostituti d'imposta. Compensazione.

     L'ultimo comma dell'art. 2 della legge finanziaria conferisce legittimità al comportamento dei sostituti di imposta che, in deroga alle disposizione dell'art. 17, comma 1, del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, abbiano utilizzato in compensazione, tramite il modello F24, già con i versamenti del mese di dicembre del 2000, il particolare credito risultante dall'applicazione dell'art. 1, comma 3, del decreto legge 30 settembre 2000, n. 268, convertito dalla legge 23 novembre 2000, n. 354. Si rammenta che la norma da ultimo citata ha obbligato i sostituti di imposta a resti T.U.I.R. e con la retribuzione del mese di novembre 2000, ai propri dipendenti, le ritenute operate nel corso dell'anno, fino ad un importo non superiore a lire 350.000, e che detta restituzione era dovuta anche nel caso in cui i sostituti stessi non avessero a disposizione un monte ritenute sufficienti. In quest'ultimo caso i sostituti stessi dovevano necessariamente utilizzare risorse finanziarie proprie.

     La "ratio" della norma in commento va individuata nel riconoscimento della legittimità dell'utilizzo in compensazione del particolare credito maturato in un momento in cui lo stesso, da esporre nel modello 770 del 2001, non era ancora cristallizzato in alcuna dichiarazione dei redditi.

 

1.2 Articolo 3 - Disposizioni fiscali in materia di pensioni, assegni di fonte estera, nonché di redditi da lavoro dipendente prestato all'estero.

 

1.2.1 Pensioni ed assegni di fonte estera.

     L'art. 3, comma 1, della legge finanziaria per il 2001 dispone che "per i periodi d'imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2000, i redditi derivanti da pensioni di ogni genere ed assegni ad esse equiparati di fonte estera, imponibili in Italia per effetto di disciplina convenzionale, possono essere dichiarati entro il 30 giugno 2001 con apposita istanza".

     La norma riprende, seppur con alcune differenze, la sanatoria già prevista dagli articoli 9-bis, comma 1, del D.L. 28 marzo 1997, n. 79 (convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140), 38, comma 1, della legge 8 maggio 1998, n. 134, e 45, comma 14, della legge 17 maggio 1999, n. 144. Le relative istruzioni sono state diramate con la circolare n. 281/E del 28 ottobre 1997, la circolare n. 150/E del 12 giugno 1998 e la circolare n. 121/E del 31 maggio 1999, alle quali si fa rinvio per quanto riguarda le linee fondamentali dell'istituto, fornendosi di seguito alcune precisazioni in ordine alla nuova disciplina introdotta dall'art. 3 in commento.

     Destinatari della disposizione in commento sono i soggetti che abbiano omesso di dichiarare, in tutto o in parte, redditi relativi a pensioni ed assegni ad esse equiparati di provenienza estera e che, in forza di norma convenzionale, sono tassabili in Italia, in via esclusiva o congiuntamente al Paese della fonte.

     In virtù dell'art. 3 della legge finanziaria sono riaperti i termini per poter dichiarare i redditi sopra identificati, relativi ai periodi di imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2000, per i quali sono già scaduti gli ordinari termini per la presentazione della relativa dichiarazione. Come espressamente precisa l'ultimo periodo del comma 1 del citato art. 3, la sanatoria è consentita a condizione che, alla data di entrata in vigore della legge finanziaria, non siano intervenuti, relativamente ai redditi di cui trattasi, avvisi di accertamento resisi definitivi per mancata impugnazione entro il termine di sessanta giorni di cui all'art. 21, comma 1, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ovvero per il passaggio in giudicato del provvedimento giurisdizionale che ha deciso l'eventuale controversia. Inoltre possono beneficiare delle sanatoria in discorso anche i soggetti che si siano già avvalsi della facoltà concessa dal menzionato art. 9-bis, D.L. n. 79 del 1997 entro il termine del 31 maggio 1999 (così come prorogato da ultimo dall'art. 45, comma 14, della legge n. 144 del 1999), ovviamente per l'ipotesi in cui, per qualsiasi motivo, l'effetto di regolarizzazione non si sia verificato.

     Ai fini della regolarizzazione è necessario presentare al competente Ufficio dell'agenzia delle entrate, entro il 30 giugno 2001, un'apposita dichiarazione, nella quale devono essere riportati i redditi in questione, in precedenza non dichiarati. Per il calcolo della relativa imposta a detti redditi deve essere applicata l'aliquota marginale risultante dalla dichiarazione dei redditi dell'anno al quale gli stessi si riferiscono. In proposito occorre rilevare che la sanatoria in esame non comporta un ricalcolo globale dell'imposta dovuta per l'anno, vale a dire che il reddito di fonte estera in esame non andrà a sommarsi al reddito dichiarato nell'anno di riferimento, ma ad esso verrà applicata esclusivamente l'aliquota massima risultante dalla dichiarazione. Ciò fa sì che non venga presa in considerazione l'eventuale aliquota più elevata che risulterebbe applicabile alla parte di tali redditi eccedente rispetto allo scaglione dei redditi dichiarati, cui si riferisce l'aliquota marginale.

     Si pensi, ad esempio, ad un contribuente che abbia dichiarato per l'anno 1998 redditi per lire 27.000.000, per i quali l'aliquota marginale risulti del 26,5%, e che intenda avvalersi della sanatoria per un reddito di 15.000.000 percepito per lo stesso anno, a titolo di pensione di fonte estera. Ai fini del calcolo dell'imposta dovuta si applicherà all'ammontare di lire 15.000.000 l'aliquota del 26,5%, che darà un importo di lire 3.975.000. A nulla rileverà la circostanza che, qualora si fosse sommato il reddito di lire 15.000.000 a quello già dichiarato di lire 27.000.000, la parte eccedente lire 30.000.000 (lire 12.000.000) sarebbe stata assoggettabile all'aliquota del 33,5%, fissata appunto per i redditi eccedenti 30 e fino a 60 milioni di lire.

     Nel caso in cui non sia stata presentata dichiarazione per l'anno cui i redditi da regolarizzare si riferiscono, a questi ultimi verrà applicata una aliquota forfetaria fissata nella misura del 25% Pertanto, nella dichiarazione da presentare all'Ufficio dell'agenzia delle entrate entro il 30 giugno 2001, dovranno evidenziarsi:

     a) l'ammontare dei redditi, non dichiarati, derivanti da pensioni ed assegni ad esse equiparati di provenienza estera, tassabili in Italia;

     b) l'aliquota marginale risultante dalla dichiarazione per l'anno cui i redditi si riferiscono, ovvero l'aliquota marginale del 25%;c) la relativa imposta, calcolata applicando l'aliquota evidenziata al punto b) ai redditi di cui alla lettera a). In caso di più annualità da sanare, occorrerà evidenziare nell'istanza ciascun anno separatamente, indicando per ognuno di essi l'ammontare dei redditi interessati alla sanatoria, l'aliquota marginale di riferimento, ovvero l'aliquota forfetaria del 25% in caso di omessa dichiarazione, nonché la relativa imposta.

     Ai fini della regolarizzazione della propria posizione il contribuente sarà tenuto a calcolare l'imposta dovuta nei termini sopra descritti e a versare una somma pari al 25% di tale importo. Il versamento delle somme dovute potrà essere effettuato anche ripartendo l'ammontare complessivo in quattro rate di pari importo con le seguenti scadenze:

- I rata 15 dicembre 2001,

- II rata 15 giugno 2002,

- III rata 15 dicembre 2002,

- IV rata 15 giugno 2003.

     La rateizzazione non comporta l'applicazione di interessi.

     A maggior chiarimento si forniscono i seguenti esempi:

Esempio A.

Contribuente che intende beneficiare della sanatoria per l'anno 1998:

- redditi di pensione estera percepiti nell'anno 1998 e non dichiarati: lire 15.000.000;

- aliquota marginale rilevabile dalla dichiarazione del contribuente presentata per l'anno 1998: 26,5%.

Anno

Redditi di pensione estera non dichiarati

Aliquota marginale per l'anno 1998

Imposta relativa

Importo da versare (25% dell'imposta)

1998

Lire 15.000.000

26%

Lire 3.975.000

Lire 993.750

Esempio B.

     Contribuente che intende beneficiare della sanatoria per i redditi di pensione estera percepiti nell'anno 1998 e non dichiarati per lire 15.000.000. Nel 1998 non ha presentato dichiarazione.

Anno

Redditi di pensione estera non dichiarati

Aliquota marginale per l'anno 1998

Imposta relativa

Importo da versare (25% dell'imposta)

1998 

Lire 15.000.000

25%

Lire 3.750.000

Lire 937.500

Esempio C.

     Contribuente che intende beneficiare della sanatoria per gli anni 1997, 1998 e 1999:

- redditi di pensione estera percepiti e non dichiarati:

Anno

Redditi

1997 

Lire 12.000.000

1998 

Lire 15.000.000

1999 

Lire 16.000.000

Il contribuente non ha presentato la dichiarazione per l'anno 1999, mentre l'aliquota marginale per gli anni 1997 e 1998, per i quali ha presentato la dichiarazione, risulta, rispettivamente, del 27% e del 26,5%.

Anno

Redditi di pensione estera non dichiarati

Aliquota applicabile

Imposta relativa

Importo da versare (25% dell'imposta)

1997

Lire 12.000.000

27% (aliquota marginale)

Lire 3.240.000

 

1998 

Lire 15.000.000

26,5% (aliquota marginale)

Lire 3.975.000

 

1999

Lire 16.000.000

25% (aliquota forfetaria)

Lire 4.000.000

 

 

 

Imposta totale

Lire 11.215.000

Lire 2.803.750

     Qualora i versamenti siano regolarmente effettuati non si farà luogo all'applicazione di soprattasse, pene pecuniarie ed interessi.

     Il versamento va effettuato presso gli uffici postali abilitati, gli sportelli di qualsiasi concessionario e presso le banche convenzionate, utilizzando la delega unica Mod. F24, con indicazione, nella colonna "importi a debito da versare" della sezione "Erario", dell'importo della rata dovuta e dell'apposito codice - tributo 4358 corrispondente al codice relativo a "sanatoria fiscale per i redditi di pensione estera", già istituito in occasione della originaria sanatoria.

     In caso di più annualità da sanare l'importo totale da versare, pari al 25% della somma complessiva dell'imposta dovuta per ciascuna annualità, sarà egualmente ripartito in quattro rate.

     Si richiama, infine, l'attenzione sulla circostanza che il periodo di riferimento da riportare nell'apposita colonna del Mod. F24 è l'anno nel quale si effettua il versamento e non quello relativo alla annualità ovvero alle annualità da sanare.

     Si fa riserva di impartire dettagliate istruzioni circa le modalità di dichiarazione dei redditi oggetto di sanatoria.

 

1.2.2 Redditi di lavoro dipendente prestato all'estero.

     L'art. 3, comma 2, della legge finanziaria per l'anno 2001, prevede che "per l'anno 2001, i redditi derivanti da lavoro dipendente prestato, in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto, all'estero in zone di frontiera ed in altri paesi limitrofi da soggetti residenti nel territorio dello Stato sono esclusi dalla base imponibile".

     La norma riprende, riproponendone sostanzialmente gli effetti per l'anno d'imposta 2001, la disposizione già contenuta nell'art. 3, comma 3, lett. c), del T.U.I.R., peraltro abrogata, con effetto dal periodo d'imposta 2001, dall'art. 5, comma 1, lett. a), n. 1, del D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 314, così come autenticamente interpretato dall'art. 38, comma 3, primo periodo, della legge 8 maggio 1998, n. 146.

     Occorre, tuttavia, precisare che la disposizione in commento limita l'esclusione dalla base imponibile I.R.P.E.F. ai soli redditi derivanti da attività lavorative prestate, nelle zone di frontiera (quali ad esempio, Francia, Austria e San Marino) ed in altri paesi limitrofi (quali ad esempio il Principato di Monaco), da soggetti residenti nel territorio dello Stato. Si tratta, pertanto, esclusivamente di quei lavoratori dipendenti che sono residenti in Italia e quotidianamente si recano all'estero (zone di frontiere o paesi limitrofi) per svolgere la prestazione di lavoro. Non rientrano, invece, in tale previsione le ipotesi di lavoratori dipendenti, anch'essi residenti in Italia, che, in forza di uno specifico contratto che prevede l'esecuzione della prestazione all'estero in via esclusiva e continuativa, previa collocazione nel ruolo estero, soggiornano all'estero per un periodo superiore a 183 giorni nell'arco di un periodo di 12 mesi. Per questi lavoratori è in vigore il regime di tassazione previsto dall'art. 48, comma 8-bis, del T.U.I.R. che è stato illustrato con circolare n. 207/E del 16 novembre 2000. Pertanto, per tutte le ipotesi diverse da quelle descritte, ad esempio, per i redditi dei soggetti residenti, derivanti da attività di lavoro dipendente prodotte all'estero in Paesi diversi da quelli di confine o limitrofi, ovvero da soggetti che non sono transfrontalieri, o da soggetti, che pur collocati nello speciale ruolo estero soggiornano all'estero per meno di 183 giorni in un periodo di dodici mesi, i redditi, benché derivanti da attività di lavoro dipendente prestato all'estero sono, invece, sottoposti ad imposizione in Italia, secondo le ordinarie modalità di tassazione.

     Il secondo periodo dell'art. 3, comma 2, conferma, inoltre, quanto già disposto dall'art. 38, comma 3, secondo periodo, della legge n. 146 del 1998, in base al quale si possono rilevare due conseguenze con riferimento alle prestazioni sociali:

     a) da un lato, i soggetti che percepiscono i redditi sopradescritti non possono essere considerati fiscalmente a carico;

     b) dall'altro gli stessi redditi dovranno essere tenuti in debito conto ai fini della valutazione economica prevista dalle procedure di accesso alle prestazioni e ai servizi sociali.

 

1.3 Articolo 4 - Riduzione dell'aliquota I.R.P.E.G.

     L'art. 4 della legge in commento prevede la riduzione dell'aliquota applicabile sul reddito delle persone giuridiche (I.R.P.E.G.), e, conseguentemente, modifica tutte le disposizioni contenute nel testo unico (art. 14, comma 1; art. 105, commi 4 e 5, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917) e nelle altre leggi (art. 4, comma 2, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 467; art. 2, comma 10, della legge 13 maggio 1999, n. 133) che regolamentano la attribuzione e la misura del credito d'imposta in materia di distribuzione di utili societari.

     In particolare, il comma 1, lett. b), del citato art. 4, modificando l'art. 91 del T.U.I.R., prevede la riduzione dell'aliquota I.R.P.E.G. dal 37 al 36%, a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 2001, e al 35%, a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 2003.

     Per i soggetti con periodo d'imposta coincidente con l'anno solare, dunque, l'aliquota I.R.P.E.G. applicabile sarà pari al 36% per il biennio 2001-2002, mentre dal 2003 in poi scenderà al 35%.

     Così come evidenziato nella relazione ministeriale di accompagnamento al provvedimento, detta "riduzione si inserisce nel contesto delle misure di riduzione della pressione fiscale, adottate ai sensi dell'art. 1 della legge 13 maggio 1999, n. 133, e rese possibili dall'andamento positivo della lotta all'evasione fiscale.

     Il provvedimento introduce in tal modo un'inversione del processo di innalzamento dell'I.R.P.E.G. che, originariamente prevista, a decorrere dal 1974, nella misura del 25%, fu poi portata al 30 e al 36%, fino a raggiungere, nel 1994, il 37%".

     Come già detto, a fronte della riduzione dell'aliquota I.R.P.E.G. si è resa necessaria la modifica delle disposizioni legislative che regolamentano e quantificano la misura del credito d'imposta ordinario da assegnare ai soci nonché di quelle che si riferiscono alla determinazione del credito d'imposta limitato, in funzione di quelle ipotesi di formazione di reddito imponibile assoggettato ad aliquota agevolata (agevolazioni D.I.T., legge "Visco", ristrutturazioni aziendali).

     Cambia in primo luogo la misura del credito d'imposta pieno, concesso a fronte delle imposte effettivamente pagate dalla società. In tal senso, infatti, il comma 1, lett. a), del citato art. 4, modificando l'art. 14, comma 1, del T.U.I.R., prevede la riduzione del credito d'imposta sui dividendi riconosciuto ai soci che passa dall'attuale 58,73% al 56,25% (rapporto tra 36 e 64), per le distribuzioni di utili deliberate a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 1° gennaio 2001 (ossia, nel caso di coincidenza del periodo d'imposta con l'anno solare, per gli utili di cui è deliberata la distribuzione nel 2002 e nel 2003); e al 53,85% (rapporto tra 35 e 65), per le distribuzioni deliberate a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 1° gennaio 2003 (ossia per le deliberazioni adottate dal 2004 in poi).

     La nuova misura del credito d'imposta interesse anche gli utili e le riserve accantonati in precedenti esercizi - che, dunque, hanno scontato un'imposta I.R.P.E.G. del 37% - la cui distribuzione sia deliberata nell'esercizio successivo a quello in relazione al quale è stata applicata l'aliquota ridotta.

     In tal modo, la misura ridotta del credito d'imposta - che comporta, ovviamente, un minor imponibile lordo per il socio - non consente il pieno recupero dell'imposta assolta dalla società nel momento in cui l'utile si è formato, ma si spiega con la necessità di semplificare calcoli e adempimenti ed appare coerente con le scelte pregresse fatte dal legislatore che, sempre ai medesimi fini, in caso di aliquote crescenti, avevano consentito l'attribuzione di un maggiore credito d'imposta a fronte di minori imposte assolte dalla società.

     Le variazioni che può subire il credito di imposta sono riassunte nel seguente schema:

Anni precedenti

Anno 2001

Anno 2002

Anno 2003

Anno 2004

I.R.P.E.G. 37% 

I.R.P.E.G. 36% 

I.R.P.E.G. 36% 

I.R.P.E.G. 35% 

I.R.P.E.G. 35% 

Credito d'imposta

Credito d'imposta (per distribuzioni deliberate nel 2001)

Credito d'imposta (per distribuzioni deliberate nel 2002)

Credito d'imposta (per distribuzioni deliberate nel 2003)

Credito d'imposta (per distribuzioni deliberate nel 2004)

58,73%

58,73%

56,25%

56,25%

53,85%

 

     Coordinata a questa modifica è quella prevista dalla lettera c) del comma 1 dell'articolo in commento che ridetermina la misura del credito d'imposta limitato di cui al comma 1, lettera b), dell'art. 105 del T.U.I.R.

     Come noto, detto credito d'imposta limitato viene attribuito ai soci a fronte di imposte "virtuali", ossia di quelle imposte che, per effetto di provvedimenti agevolativi, non vengono pagate dalla società, ma comunque computate al fine di trasferire ai soci il beneficio riconosciuto alla società.

     Ai fini di tale calcolo, concorrono a formare l'ammontare di cui alla lettera b) del comma 1 dell'art. 105 del T.U.I.R. le imposte virtuali corrispondenti al prodotto tra la percentuale del credito d'imposta ordinario e quella parte del reddito che si considera non assoggettata a tassazione.

     La disposizione di cui alla lettera c), pertanto, modificando il comma 4 dell'art. 105 citato, stabilisce che concorrono a formare l'ammontare di cui alla lettera b) del comma 1 dell'art. 105 del T.U.I.R. le imposte virtuali corrispondenti al 56,25% dei proventi considerati esenti a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 2001 e al 53,85% di quelli conseguiti a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 2003.

     La norma in commento interviene anche direttamente in adeguamento delle disposizioni di cui al D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 467, in materia di imposta sostitutiva della maggiorazione di conguaglio e di credito d'imposta sugli utili societari. Oggetto di tale modifica è la rideterminazione di quella parte del reddito che si considera non assoggettata a tassazione in applicazione delle norme agevolative. Per detti redditi agevolati, infatti, è necessario distinguere quella parte di essi che si considera assoggettata ad aliquota ordinaria e quella che si considera esente.

     Detta rideterminazione si rende necessaria in quanto la modifica dell'aliquota ordinaria I.R.P.E.G. si riflette direttamente sulla quota di reddito agevolato che si considera esente. Il comma 2 dell'articolo in commento, in conseguenza della riduzione dell'aliquota I.R.P.E.G., modifica la misura del credito d'imposta limitato che l'art. 4, comma 2, del D.Lgs. n. 467 del 1997 prevede in riferimento alle plusvalenze emergenti nelle operazioni di ristrutturazione di cui al D.Lgs. 8 ottobre 1997, n. 358, oltre che in riferimento al reddito assoggettato all'imposta sul reddito delle persone giuridiche ai sensi dell'art. 1, comma 1, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 466 (istitutivo della D.I.T.). A tal fine, concorreranno a formare l'ammontare di cui alla lettera b) del comma 1 dell'art. 105 del T.U.I.R. le imposte virtuali corrispondenti al 56,25% di quella parte del reddito che si considera non assoggettata a tassazione, e che è pari al 47,22% di dette plusvalenze e di detto reddito conseguiti a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 2001; nonché le imposte virtuali corrispondenti al 53,85% di quella parte del reddito che si considera non assoggettata a tassazione, pari al 45,72% delle suddette plusvalenze e redditi conseguiti a far data dal periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 2003.

 

Anni precedenti

Anno 2001

Anno 2002

Anno 2003

I.R.P.E.G

37%

36%

36%

35%

Credito d'imposta assegnato al "canestro B" 

Reddito agevolato

X 48,65 

X 58,73 

Reddito agevolato

X 47,22

X 56,25

Reddito agevolato

X 47,22

X 56,25

Reddito agevolato

X 45,72

X 53,85

     Occorre notare che è possibile equiparare tali due fattispecie agevolate, ai fini della individuazione della percentuale di reddito esente, solo per effetto della recente unificazione al 19% sia dell'aliquota I.R.P.E.G. applicabile al reddito soggetto a D.I.T., sia dell'aliquota dell'imposta sostitutiva prevista in relazione alle operazioni di ristrutturazione aziendale (ridotta a seguito delle modifiche apportate dall'art. 6 della legge 21 novembre 2000, n. 342.)

     Per le società quotate, con riferimento al reddito agevolato ai fini D.I.T., la suddetta percentuale di provento non assoggettato a tassazione è pari, rispettivamente, all'80,56% a partire dal periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 2001, e all'80% a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 2003. Tale differenza rispetto alle società non quotate è dovuta al fatto che, per quelle quotate, il reddito agevolato sconta un'aliquota più bassa, pari al 7%. È chiaro, infatti, che la quota di reddito esente è influenzata direttamente oltre che dall'aliquota ordinaria di tassazione I.R.P.E.G. anche dall'aliquota agevolata applicata.

     È bene precisare che il riferimento alle società quotate ha valore solo con riferimento alla normativa D.I.T. in quanto solo in tal caso dette società, laddove rispettino i limiti previsti dal D.Lgs. n. 466 del 1997, possono scontare un'aliquota agevolata più bassa del 19%, pari appunto al 7%.

     Si osserva, infine, che ai fini della memorizzazione del cosiddetto "canestro B", l'ammontare del reddito considerato esente (47,22 o 45,72% del reddito agevolato) non può superare il valore dell'utile d'esercizio. Qualora ciò avvenisse la società dovrà computare, ai fini del riconoscimento del credito d'imposta limitato, soltanto il 56,25 o il 53,85% dell'importo di detto utile.

     Ulteriore, consequenziale modifica è quella contenuta nel comma 3 dell'articolo in commento che prevede che, anche ai fini della legge 13 maggio 1999, n. 133 (legge Visco), venga modificata la percentuale di reddito da considerare esente che passa, pertanto, dall'attuale 48,65% al 47,22%, per il reddito conseguito nel periodo d'imposta in corso alla data del 1° gennaio 2001.

     Ciò è da ricollegarsi alle modifiche apportate all'art. 2, comma 8, della legge n. 133 del 1999, dall'art. 6, comma 24, della legge in commento che estende, per le società di capitali, il periodo di fruizione dell'agevolazione Visco, stabilendo che la stessa si applica per il periodo d'imposta in corso al 18 maggio 1999 (data di entrata in vigore di detta legge) e per i due successivi. Con le disposizioni di cui alla lettera d) del comma 1 dell'articolo in commento, che modificano l'art. 105, comma 5, del T.U.I.R., vengono coordinate le disposizioni relative alla formazione dei "canestri" con quelle relative all'utilizzo degli stessi da parte della società. Si ricorda che la norma modificata stabilisce che i canestri devono, comunque, essere ridotti di un importo corrispondente al credito d'imposta relativo agli utili distribuiti indipendentemente dalla utilizzazione del credito stesso da parte dei soci (es. non residenti).

     L'ultimo comma dell'articolo 4 prevede la riduzione della misura dell'acconto dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche che, per il periodo d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 2001, passa dal 98 al 93,5% Ciò significa che un soggetto il cui periodo d'imposta coincide con l'anno solare, dovrà pagare, nel corso del 2001, un acconto I.R.P.E.G. pari al 93,5% dell'imposta complessivamente dovuta nel periodo d'imposta precedente.

     Lo stesso comma prevede, inoltre, che la misura di detto acconto passi al 98,5%, a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 2002, e successivamente al 99%, a far data dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2003.

 

1.4 Articolo 6 - Disposizioni in materia di tassazione del reddito d'impresa.

     L'art. 6 detta diverse disposizioni in materia di reddito d'impresa. In particolare le disposizioni contenute possono essere così suddivise:

     1. Modifiche al testo unico delle imposte sui redditi (commi 1, 2, e 20).

     2. Disposizioni a favore degli esercenti impianti di distribuzione e carburanti (comma 3).

     3. Modifiche alla disciplina della D.I.T. (comma 5).

     4. Riclassificazione degli ammortamenti anticipati (comma 7).

     5. Disposizioni per le imprese agricole (commi 8, 9, 10 e 12).

     6. Agevolazioni per gli investimenti ambientali (commi da 13 a 19).

     7. Disposizioni per le società cooperative (comma 23).

     8. Modifiche all'art. 2 della legge 13 maggio 1999, n. 133 (commi 4 e 24).

 

1.4.1 Modifiche al testo unico delle imposte sui redditi.

     - Comma 1. Tassazione separata delle indennità per la cessazione dei rapporti d'agenzia delle società di persone.

     L'art. 6, comma 1, dispone, tra le altre, una modifica all'art. 16, comma 1, lett. d), del T.U.I.R. il quale, nella sua versione in vigore sino al 31 dicembre 2000, prevede che l'imposta si applica separatamente sul reddito derivante dall'indennità per la cessazione dei rapporti di agenzia delle persone fisiche. Con decorrenza 1° gennaio 2001, per effetto del citato art. 6, l'applicazione separata dell'imposta viene estesa alle predette indennità riferite alle società di persone.

     - Comma 2. Deduzione forfetaria a favore delle imprese di autotrasporto per conto terzi.

     Il comma in esame integra il disposto dell'art. 79, comma 8, del T.U.I.R., introducendo un'ulteriore deduzione dal reddito a favore delle imprese autorizzate all'autotrasporto di merci per conto di terzi.

     La deduzione è prevista in misura forfetaria annua di lire 300.000 per ciascun motoveicolo e autoveicolo, utilizzato nell'attività d'impresa, avente massa complessiva a pieno carico non superiore a 3.500 chilogrammi. Tale deduzione, che spetta per ciascun veicolo effettivamente posseduto (quindi anche per quelli posseduti a titolo diverso dalla proprietà), non esclude la possibilità di fruire dell'altra deduzione forfetaria già prevista dall'art. 79, comma 8, del T.U.I.R. a fronte di spese non documentate per i trasporti effettuati personalmente dall'imprenditore oltre il comune in cui ha sede l'impresa.

     La disposizione del presente comma ha decorrenza dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2000.

     - Comma 20. Deducibilità delle erogazioni liberali.

     La norma, che ai sensi del successivo comma 21, trova applicazione a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2002, inserisce, dopo la lettera c-nonies) del comma 2 dell'art. 65 del T.U.I.R., la lettera c-decies).

     La nuova disposizione prevede la deducibilità delle erogazioni liberali in denaro a favore di organismi di gestione di parchi e riserve naturali, terrestri e marittimi, statali e regionali, e di ogni altra zona di tutela speciale paesistico-ambientale come individuata dalla vigente disciplina, statale e regionale, nonché gestita dalle associazioni e fondazioni private indicate alla lett. a) del comma 2-bis dell'art. 114.

     Le erogazioni debbono essere effettuate per sostenere attività di studio, ricerca, conservazione e valorizzazione di parchi e riserve naturali, terrestri e marittimi, volte al conseguimento delle finalità di interesse generale, cui corrispondono gli ambiti come sopra individuati.

     I soggetti beneficiari delle predette erogazioni liberali sono individuati periodicamente con decreto del Ministro dell'ambiente che determina, altresì, entro il limite di quindici milioni di lire prevista per il 2002, le quote assegnate a ciascun ente o soggetto beneficiario. Coloro che in un determinato anno abbiano ricevuto somme in misura maggiore della quota loro assegnata, eccedenti quindi il limite degli stanziamenti previsti, versano allo Stato un importo pari al 37% della differenza, sempreché - è da ritenere - le somme eccedenti siano state portate in deduzione dal reddito del soggetto erogante.

 

1.4.2 Disposizioni a favore degli esercenti impianti di distribuzione di carburante.

     Il comma 3 dell'art. 6 proroga fino al periodo di imposta 2003 la deduzione forfetaria dal reddito d'impresa degli esercenti impianti di distribuzione di carburante già prevista dal comma 1 dell'art. 21 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, per i periodi di imposta dal 1999 al 2000. Tale deduzione, finalizzata a favorire la ristrutturazione e l'ammodernamento della rete distributiva dei carburanti, è calcolata con le seguenti percentuali sull'ammontare lordo dei ricavi di cui all'art. 53, comma 1, lettera a), del T.U.I.R.:

     1. 1,1% dei ricavi fino a lire 2 miliardi;

     2. 0,6% dei ricavi oltre lire 2 miliardi e fino a lire 4 miliardi;

     3. 0,4% dei ricavi oltre lire 4 miliardi.

 

1.4.3 Modifiche alla disciplina della D.I.T.

     I commi 5 e 6 dell'art. 6 della legge finanziaria apportano, con decorrenza dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2000 e quindi nella generalità di casi a partire dall'anno 2001, sostanziali modifiche alle disposizioni contenute nel D.Lgs. 23 dicembre 1997, n. 466, in materia di riordino delle imposte per favorire la capitalizzazione delle imprese. In particolare:

     1. è soppresso il vincolo per cui l'applicazione della D.I.T. non può determinare un'aliquota media inferiore al 27%;

     2. la parte della remunerazione ordinaria di cui al comma 1 del predetto D.Lgs. n. 466 del 1997, ossia la quota di reddito agevolata, che eccede il reddito complessivo netto dichiarato è computata in aumento del reddito assoggettabile all'aliquota ridotta dei periodi d'imposta successivi ma non oltre il quinto. Si tratta in questo caso di una mera modifica di ordine sistematico, che tuttavia non comporta modificazioni rispetto a quanto già previsto in passato;

     3. con riferimento all'applicazione dell'aliquota ridotta per le società i cui titoli sono quotati in mercati regolamentati, viene soppresso il vincolo dell'aliquota media minima del 20% e confermata l'applicazione dell'aliquota I.R.P.E.G. ridotta del 7% L'ultimo periodo dell'art. 6, comma 5, della legge finanziaria, prevede infine una disposizione di salvaguardia secondo cui, fermo restando la soppressione del vincolo delle aliquote medie minime del 27 e del 20% che decorre, come detto, dal periodo successivo a quello in corso al 31 dicembre 2000, viene mantenuto il diritto al riporto a nuovo della quota di reddito agevolata maturata sino al periodo d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 2000 e non utilizzata, per effetto dell'applicazione delle aliquote medie del 27 e del 20%.

     In sostanza, con le nuove disposizioni potrà aversi eccedenza di reddito agevolato esclusivamente per incapienza del reddito complessivo netto e non anche, come in passato, incapienza derivante dal ridimensionamento del reddito agevolato per soddisfare il precetto dell'aliquota media minima.

     Da ultimo, si fa presente che l'art. 8, comma 4, della legge finanziaria per l'anno 2001 ha integrato il comma 2 dell'art. 1 del D.Lgs. n. 466 del 1997, prevedendo che il coefficiente di remunerazione ordinaria, determinato con decreto del Ministro delle finanze di concerto con il Ministero del tesoro, entro il 31 marzo di ogni anno, possa essere diversificato in funzione del settore di attività e delle dimensioni dell'impresa, nonché della localizzazione della medesima.

 

1.4.4 Riclassificazione degli ammortamenti anticipati.

     Il comma 7 dell'art. 6 della legge in commento dispone che «i soggetti che, avendo in precedenti esercizi imputato gli ammortamenti anticipati a riduzione del costo dei beni, adottino la diversa metodologia di imputazione alla speciale riserva prevista dall'art. 67, comma 3, del T.U.I.R., possono riclassificare gli ammortamenti anticipati pregressi, imputandoli alla suddetta riserva, al netto dell'importo destinato al fondo imposte differite». La norma consente di cambiare la metodologia di rilevazione contabile degli ammortamenti anticipati anche per quei soggetti che, per esigenze di bilancio, non potrebbero procedere alla riclassifica degli ammortamenti anticipati pregressi alla speciale riserva disposta dall'art. 67, comma 3, del T.U.I.R., non essendo in grado di imputare al conto economico le relative imposte differite, né di accantonarle utilizzando una diversa e preesistente riserva di utili indivisi, secondo quanto indicato nel principio contabile n. 25 del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e del Consiglio nazionale dei ragionieri. Tale principio contabile prevede un "trattamento raccomandato" degli ammortamenti anticipati, consistente nella imputazione a riserva degli stessi, al fine di non influenzare l'utile civilistico con valutazioni dettate da ragioni esclusivamente fiscali. In tal caso gli ammortamenti anticipati non vengono imputati a conto economico, ma dedotti fiscalmente come variazione in diminuzione dall'utile civilistico in sede di dichiarazione dei redditi. Al momento di destinazione dell'utile di bilancio, si provvede ad accantonare a riserva la quota di utile corrispondente agli ammortamenti anticipati ovvero, nell'ipotesi in cui il bilancio d'esercizio dovesse presentare una perdita, a vincolare una riserva preesistente. Inoltre, nel rispetto del principio di competenza, occorre accantonare le imposte differite sugli ammortamenti anticipati fiscalmente dedotti, imputandole al conto economico o utilizzando al riguardo una preesistente riserva di utili.

     In alternativa il principio contabile prevede un "trattamento consentito" che consiste nell'imputazione a conto economico degli ammortamenti anticipati, in contropartita con la riduzione delle relative immobilizzazioni materiali, senza accantonamento delle imposte differite. Conseguentemente l'utile civilistico risulta influenzato dalle scelte operate ai fini fiscali e nella nota integrativa si dovranno indicare gli effetti che ne sono derivati.

     Tanto premesso, per chi ha adottato il "trattamento consentito", viene prevista la possibilità di adottare il "trattamento raccomandato" ripristinando il valore netto dei beni mediante la creazione della riserva da ammortamenti anticipati e l'accantonamento delle relative imposte differite, addebitando una riserva di utili indivisi, o in assenza delle stesse, la voce oneri straordinari del conto economico. Con la disposizione in esame viene consentito di utilizzare, a tal fine, la speciale riserva prevista dall'art. 67, comma 3, del T.U.I.R. Si ricostruisce in tal modo la situazione patrimoniale che si sarebbe avuta nel caso di utilizzo, fin dall'origine, del "trattamento raccomandato".

     Con la disposizione in commento si è inteso, inoltre, far rilevare ai fini D.I.T. le quote di ammortamento anticipato contabilizzate in precedenti esercizi, mediante trasferimento a riserva (del patrimonio netto) dell'importo accantonato al fondo ammortamenti anticipati, previa decurtazione dalla medesima dell'ammontare delle imposte differite.

     Al riguardo, va sottolineato che dal momento che il decreto legislativo n. 466 del 1997, come indicato nell'art. 1, comma 1, del decreto medesimo, prevede la rilevanza della "variazione in aumento del capitale investito rispetto a quella esistente alla chiusura dell'esercizio in corso al 30 settembre 1996", ai fini dell'agevolazione in argomento rileva esclusivamente la quota di riserva riferita agli ammortamenti anticipati contabilizzati successivamente all'esercizio in corso al 30 settembre 1996.

 

1.4.5 Disposizioni per le imprese agricole.

     - Comma 8. Misure a favore dell'imprenditoria giovanile in agricoltura.

     Il comma 8 dell'art. 6, modificando il comma 1 dell'art. 14 della legge 15 dicembre 1998, n. 441, al fine di favorire la continuità dell'impresa agricola, stabilisce un regime di esenzione dall'imposta sulle successioni e donazioni, dalle imposte catastali, di bollo e dall'I.N.V.I.M. per gli atti di successione e donazione aventi ad oggetto tutti i beni costituenti l'azienda agricola, assoggettandoli alla sola imposta ipotecaria in misura fissa.

     Risulta pertanto ampliato l'oggetto dell'agevolazione che precedentemente riguardava i fondi rustici e che ora interessa i "beni costituenti l'azienda ivi compresi i fabbricati, le pertinenze, le scorte vive e morte e quant'altro strumentale all'attività aziendale".

     L'esenzione spetta a condizione che l'atto intercorra tra ascendenti e discendenti entro il terzo grado e che il beneficiario risulti un imprenditore agricolo di età inferiore a quaranta anni.

     Infine, considerato che nessuna ulteriore variazione è intervenuta nelle norme per la diffusione e la valorizzazione dell'imprenditoria giovanile in agricoltura, rimangono ancora valide, compatibilmente con le novità intervenute in materia di imposta sulle successioni e donazioni, le precisazioni contenute nella circolare n. 109/E del 24 maggio 2000.

     - Comma 12. Aliquote I.R.A.P. per il settore agricolo.

     Il comma 12, modificando il comma 1 dell'art. 45 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, prevede la rimodulazione delle aliquote I.R.A.P. previste nella fase transitoria di applicazione dell'imposta, per i soggetti che operano nel settore agricolo e per le cooperative della piccola pesca e loro consorzi, di cui all'art. 10 del D.P.R. n. 601 del 1973.

     L'aliquota ridotta del 1,9%, già fissata per i periodi di imposta in corso al 1° gennaio 1998 e 1999, viene prorogata per il periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 2000, mentre per i successivi tre periodi di imposta viene prevista un'aliquota unica del 2,5%.

     Resta fermo il termine finale per l'adeguamento all'aliquota ordinaria del 4,25%, già previsto dall'art. 45, comma 1, del D.Lgs. n. 446 del 1997 con riguardo al periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 2004.

 

1.4.6 Agevolazioni per gli investimenti ambientali.

     Il comma 13 dell'art. 6 dispone che ai fini delle imposte sui redditi non concorre a formare il reddito imponibile delle piccole e medie imprese la quota di reddito destinata ad investimenti ambientali. Il successivo comma 14 reca una disposizione antielusiva applicabile qualora i beni che formano oggetto degli investimenti agevolati siano ceduti entro il secondo periodo di imposta successivo a quello in cui sono stati effettuati. In tal caso il reddito escluso dall'imposizione si determina diminuendo l'ammontare degli investimenti ambientali di un importo pari alla differenza tra i corrispettivi derivanti dalle predette cessioni e i costi sostenuti nello stesso periodo di imposta per la realizzazione degli investimenti ambientali.

     A titolo esemplificativo quanto sopra può essere così rappresentato:

     - costo di acquisto delle immobilizzazioni materiali costituenti investimenti ambientali nel periodo di imposta 2001: lire 1.000.000;

     - corrispettivi derivanti dalla cessione (avvenuta nel periodo di imposta 2002) delle predette immobilizzazioni materiali: lire 800.000;

     - costo di acquisto delle immobilizzazioni materiali costituenti investimenti ambientali nel periodo di imposta 2002: lire 2.000.000;

     - reddito non assoggettato ad imposizione nel periodo di imposta 2002: lire 2.000.000 - (800.000 - 1.000.000) = 1.800.000.

     Si ricorda infine che, a decorrere dal 1° gennaio 2001, le imprese interessate ad avvalersi dell'agevolazione recata dalla disposizione in commento debbono rappresentare nel bilancio di esercizio gli investimenti ambientali realizzati.

     Per quanto attiene, poi, al riscontro degli investimenti ambientali realizzati, si fa presente che il comma 17 dell'art. 6 in commento stabilisce che il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, d'intesa con il Ministro dell'ambiente che si avvale dell'agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente, sentite le categorie professionali interessate, effettua nell'anno 2001 un censimento di detti investimenti.

     Ambito soggettivo di applicazione. In base al combinato disposto dei commi 13 e 16 dell'art. 6, si ritiene che possono avvalersi dell'agevolazione per investimenti ambientali i soggetti titolari di reddito di impresa (piccola o media) che determinano il reddito in contabilità ordinaria.

     Al riguardo, si ricorda che con decreto ministeriale 18 settembre 1997 il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato ha definito piccola e media quell'impresa che:

     - ha meno di 250 dipendenti;

     - ha un fatturato annuo non superiore a 40 milioni di ECU, oppure un totale in bilancio annuo non superiore a 27 milioni di ECU;

     - è in possesso del requisito di indipendenza.

     Per completezza, si ricorda che l'art. 1, comma 4, del citato D.M. 18 settembre 1997, stabilisce che un'impresa è in possesso del requisito di indipendenza quando il capitale o i diritti di voto non siano detenuti per il 25% o più da una sola impresa oppure congiuntamente da più imprese non conformi alle definizioni di piccola e media impresa. Detta soglia può essere superata se l'impresa è detenuta da società di investimenti pubblici, società di capitali di rischio o investitori istituzionali, a condizione che questi non esercitino alcun controllo individuale o congiunto sull'impresa oppure se il capitale è disperso in modo tale che sia impossibile determinare da chi è detenuto e se l'impresa dichiara di poter legittimamente presumere la sussistenza delle condizioni di indipendenza. Ambito oggettivo di applicazione. L'agevolazione recata dalla disposizione in commento trova applicazione qualora le piccole o medie imprese abbiano investito in beni materiali necessari per la tutela ambientale.

     In particolare, il comma 15 dell'art. 6 in commento fornisce la definizione di investimento ambientale, stabilendo che è tale il costo di acquisto delle immobilizzazioni materiali di cui all'art. 2424, primo comma, lett. B), n. II, del codice civile, necessarie per prevenire, ridurre e riparare danni causati all'ambiente.

     Si ricorda che la richiamata disposizione del codice civile elenca, tra le immobilizzazioni materiali che concorrono alla formazione dell'attivo dello stato patrimoniale, i seguenti beni:

     1. terreni e fabbricati;

     2. impianti e macchinari;

     3. attrezzature industriali e commerciali;

     4. altri beni;

     5. immobilizzazioni in corso e acconti.

     Inoltre, secondo l'espressa dizione letterale della norma in commento, ai fini dell'agevolazione in esame rilevano esclusivamente i costi sostenuti per l'acquisto delle immobilizzazioni materiali di cui sopra. Conseguentemente, deve concludersi che sono escluse dall'agevolazione in parola i costi sostenuti in dipendenza di contratti che non comportano l'acquisto di detti beni bensì, ad esempio, la loro locazione, oppure la concessione in uso, usufrutto, ecc.

     Va altresì osservato che per fruire dell'agevolazione in commento è comunque necessario che l'acquisto delle immobilizzazioni materiali agevolabili sia finalizzato alla prevenzione, riduzione e riparazione dei danni provocati all'ambiente dall'attività di impresa.

     Viceversa, sono in ogni caso esclusi dall'ambito di applicazione della normativa in commento gli investimenti di bonifica ambientale realizzati in attuazione di obblighi di legge.

     Infine, il comma 19 stabilisce che a decorrere dal secondo periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge finanziaria (ossia, per i soggetti con periodo di imposta coincidente con l'anno solare dal 1° gennaio 2003), la quota di reddito destinata ad investimenti ambientali, che non concorre a formare il reddito imponibile è pari all'importo eccedente rispetto a quello medio degli investimenti ambientali realizzati nei due periodi di imposta precedenti. Valga il seguente esempio:

     - investimenti realizzati nel periodo di imposta 2001: lire 1.000.000;

     - investimenti realizzati nel periodo di imposta 2002: lire 1.500.000;

     - investimenti realizzati nel periodo di imposta 2003: lire 2.000.000;

     - quota di reddito 2003 che non concorre a formare il reddito imponibile: lire 750.000 (ossia 1.000.000 + 1.500.000: 2 = 1.250.000 - 2.000.000).

 

1.4.7 Disposizioni per le società cooperative.

     La nuova formulazione dell'art. 12 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, riguardante le società cooperative e loro consorzi, prevede che le suddette società possano dedurre dal reddito le somme ripartite tra i soci sotto forma di restituzione di una parte del prezzo pagato per acquistare beni e servizi, nonché sotto forma di eventuali maggiori compensi per i conferimenti effettuati. È previsto, inoltre, che le somme relative al ristorno possano essere anche imputate ad incremento delle quote sociali.

     In sostanza la norma attua un ampliamento rilevante sotto l'aspetto sia soggettivo sia oggettivo della portata dell'art. 12, consentendo la deduzione alle cooperative in genere (non solo a quelle di consumo) in relazione alla restituzione di una parte del prezzo pagato dai soci per acquisti anche di servizi (non solo di beni), nonché delle somme ripartite tra i soci sotto forma di "maggiore compenso per i conferimenti effettuati".

 

1.4.8 Modifiche inerenti la "agevolazione Visco" di cui all'art. 2 della legge 13 maggio 1999, n. 133.

Ambito temporale dell'agevolazione per i soggetti I.R.P.E.G.

     Il comma 24 dell'art. 6 della legge finanziaria 2001 ha esteso, a beneficio dei soggetti di cui all'art. 87, comma 1, lett. a), b) e d), del T.U.I.R., l'ambito temporale dell'agevolazione prevista dall'art. 2, commi da 8 a 12, della legge 13 maggio 1999, n. 133, come modificata dall'art. 3 della legge 21 novembre 2000, n. 342, disponendo che i soggetti sopra citati possono avvalersi dell'agevolazione per il periodo d'imposta in corso alla data del 18 maggio 1999 e per i due successivi.

     In definitiva, per i soggetti I.R.P.E.G. aventi il periodo d'imposta coincidente con l'anno solare i periodi agevolati risultano essere i seguenti: 1999, 2000 e 2001.

Coordinamento con le modifiche intervenute con la legge n. 342 del 2000.

     Per ragioni sistematiche, pur nella lacunosità letterale del testo normativo, si ritiene che le nuove disposizioni debbano interpretarsi in senso conforme alle caratteristiche ed alla struttura stessa della agevolazione così come si è venuta configurando a seguito delle modifiche intervenute con la legge n. 342 del 2000.

     Si ritiene, in particolare, che la disposizione contenuta nel secondo periodo del comma 8 della legge n. 133 del 1999, concernente il riporto degli investimenti, dei conferimenti e degli accantonamenti di utili del primo periodo agevolato, trovi applicazione anche per il terzo periodo agevolato, ossia per il 2001, relativamente ai soggetti I.R.P.E.G. aventi il periodo d'imposta coincidente con l'anno solare. Pertanto, gli importi degli investimenti, dei conferimenti e degli accantonamenti di utili relativi al secondo periodo agevolato (2000), che non hanno rilevato ai fini dell'agevolazione di cui trattasi, potranno essere computati nell'ultimo periodo agevolato (2001).

     Resta ferma, tuttavia, l'impossibilità di riportare eventuali somme non utilizzate nell'ultimo periodo, atteso che gli effetti della disposizione agevolativa cessano nel 2001.

     Parimenti, risultano applicabili le disposizioni contenute nel comma 2 dell'art. 3 della legge n. 342 del 2000 dirette a far rilevare nel periodo agevolato i conferimenti in denaro computati senza tener conto del criterio del ragguaglio ad anno.

Ambito temporale dell'agevolazione per gli altri soggetti.

     Il comma 4 dell'art. 6 della legge finanziaria 2001, modificando il primo periodo del comma 11 dell'art. 2 della legge n. 133 del 1999, ha precisato che per le persone fisiche e per le società in nome collettivo e in accomandita semplice l'agevolazione risulta applicabile per i periodi d'imposta 1999 e 2000.

     Tale precisazione produce effetti sostanzialmente per i soggetti che si sono costituiti successivamente alla data del 18 maggio 1999 per i quali la circolare n. 51/E del 20 marzo 2000, punto 4, ha precisato che l'agevolazione "si applica esclusivamente per il loro primo periodo d'imposta".

     Ciò in quanto gli stessi non potevano avvalersi dell'agevolazione relativa al primo dei due periodi agevolati, cioè a quello "in corso alla data del 18 maggio 1999", in quanto all'epoca non esistenti.

     In base alla modifica intervenuta, i soggetti costituiti successivamente alla data del 18 maggio 1999 ma non oltre il 31 dicembre 1999 potranno fruire dell'agevolazione per i periodi d'imposta 1999 e 2000. Si ricorda comunque che non rientrano nell'ambito temporale di applicazione della norma i soggetti che si costituiranno dopo il 31 dicembre 2000, atteso che l'ambito temporale coincide con gli anni solari 1999 e 2000.

 

1.5 Articolo 7 - Incentivi per l'incremento dell'occupazione.

     L'art. 7 della legge finanziaria per il 2001 prevede il riconoscimento di un credito d'imposta ai datori di lavoro che, nel periodo compreso tra il 1° ottobre 2000 e il 31 dicembre 2003, incrementano il numero dei lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato, sia a tempio pieno che a tempo parziale.

Rispetto ai precedenti provvedimenti ispirati dallo stesso fine di incrementare l'occupazione (art. 4 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 e art. 4 della legge 23 dicembre 1998, n. 448) viene notevolmente ampliata la categoria dei soggetti beneficiari: possono usufruire del credito d'imposta i datori di lavoro che operano su tutto il territorio nazionale (e non soltanto quelli la cui attività sia localizzata in determinate aree svantaggiate); in più, sono ammessi all'agevolazione non solo i datori di lavoro esercenti attività d'impresa, ma anche i liberi professionisti e i soggetti che non rivestono la qualifica di sostituto d'imposta.

La predetta agevolazione compete anche alle società cooperative in relazione all'incremento del numero dei propri soci lavoratori.

 

1.5.1 Soggetti beneficiari.

     Il comma 1 dell'art. 7 in argomento individua quali soggetti beneficiari dell'agevolazione i datori di lavoro che assumono lavoratori dipendenti a tempo indeterminato.

     Circa l'espressione "datori di lavoro" si precisa che in essa rientrano non solo i soggetti che esercitano attività d'impresa e di lavoro autonomo, ma, in generale, tutti coloro che, in base alla vigente normativa sul lavoro, rivestono tale qualifica.

     Pertanto, possono beneficiare dell'agevolazione in argomento le seguenti categorie di contribuenti:

     - esercenti arti e professioni;

     - imprenditori agricoli;

     - imprenditori commerciali;

     - società di persone e soggetti ad esse equiparati;

     - società di capitali, società cooperative e società di mutua assicurazione;

     - enti pubblici o privati commerciali;

     - enti pubblici o privati non commerciali;

     - società ed enti di ogni tipo, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato, nonché soggetti non residenti per le stabili organizzazioni nel territorio dello Stato italiano;

     - condomini;

     - altri datori di lavoro che non rivestono la qualifica di sostituti d'imposta, quali, ad esempio, le persone fisiche che, pur non esercitando attività d'impresa o di lavoro autonomo, assumono lavoratori dipendenti.

     Restano esclusi, per espressa previsione del citato art. 7, comma 1, secondo periodo, gli organi e le amministrazioni dello Stato, compresi quelli ad ordinamento autonomo, anche se dotati di personalità giuridica, i comuni, i consorzi tra enti locali, le associazioni e gli enti gestori di demani collettivi, le comunità montane, le province e le regioni.

 

1.5.2 Determinazione del credito d'imposta.

     L'art. 7, comma 2, stabilisce che il credito d'imposta, pari a lire 800.000 per ciascun lavoratore assunto e per ciascun mese, è commisurato all'incremento della base occupazionale calcolato come "differenza tra il numero dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato rilevato in ciascun mese ed il numero dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato mediamente occupati nel periodo tra il 1° ottobre 1999 ed il 30 settembre 2000".

     Per i soggetti che assumono la qualità di datore di lavoro successivamente al 1° ottobre 2000, ogni lavoratore dipendente assunto con contratto a tempo indeterminato costituisce incremento della base occupazionale.

     Premesso che ai sensi dell'art. 7, comma 1, le assunzioni agevolate devono essere effettuate nel periodo 1° ottobre 2000-31 dicembre 2003, si precisa che il credito d'imposta può essere fruito solo a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 2001.

     Nel caso di assunzione di dipendenti con contratto a tempo parziale, la determinazione del credito d'imposta deve essere effettuata in misura proporzionale alle ore prestate rispetto a quelle ordinarie previste dal contratto nazionale.

     Il credito d'imposta in argomento è concesso anche ai datori di lavoro operanti nel settore agricolo che incrementano il numero dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato per almeno 230 giornate all'anno (es. lavoratori stagionali).

 

1.5.3 Condizioni di applicabilità del credito d'imposta.

     Il credito d'imposta spetta nell'ipotesi un cui siano effettuate assunzioni di nuovi dipendenti a partire dal 1° ottobre 2000 e sino al 31 dicembre 2003 e siano rispettate le condizioni di seguito analizzate.

 

Incremento della base occupazionale.

     Il datore di lavoro, per poter fruire del credito d'imposta deve incrementare il numero dei lavoratori dipendenti con contratto a tempo indeterminato, sia a tempo pieno che parziale.

     In particolare, l'art. 7, comma 2, stabilisce che in ciascun mese del periodo agevolato il numero dei dipendenti a tempo indeterminato deve essere superiore rispetto al numero di quelli a tempo indeterminato mediamente occupati nel periodo 1° ottobre 1999-30 settembre 2000.

     Effettuata questa verifica, il credito d'imposta compete per ciascun lavoratore assunto nei limiti della anzidetta differenza. Al riguardo, valga il seguente esempio:

     - media dei dipendenti a tempo indeterminato nel periodo di riferimento 1° ottobre 1999/30 settembre 2000 pari a 100;

     - numero dei dipendenti a tempo indeterminato al termine del primo mese (31 gennaio 2001) del periodo agevolato pari a 105.

     La prima verifica da effettuare consiste nel confrontare, come detto, l'ammontare complessivo dei dipendenti a tempo indeterminato per ciascun mese di riferimento con la media del periodo di riferimento.

     Nel nostro caso per il mese di gennaio 2001 abbiamo un incremento di +5 (105 - 100).

     Occorre, a questo punto, verificare per quanti lavoratori nuovi assunti spetterà il credito d'imposta.

     Consideriamo tre ipotesi:

     a) nuovi assunti dal 1° ottobre 2000 al 31 gennaio 2001 = 5: in tal caso spetta un credito pari a: 5 × lire 800.000;

     b) nuovi assunti dal 1° ottobre 2000 al 31 gennaio 2001 = 7: in tal caso spetta un credito pari a: 5 × lire 800.000; ciò in quanto il credito compete per ciascun lavoratore assunto dal 1° ottobre 2000 nei limiti della anzidetta differenza con il valore medio del periodo di riferimento;

     c) nuovi assunti dal 1° ottobre 2000 al 31 gennaio 2001 = 3: in tal caso spetta un credito pari a: 3 × Lit. 800.000; il credito compete in relazione al numero effettivo di assunti a partire dal 1° ottobre 2000 in quanto inferiore alla anzidetta differenza.

     L'incremento della base occupazionale, come stabilito dal successivo comma 3, deve essere considerato al netto delle diminuzioni occupazionali verificatesi in società controllate o collegate ai sensi dell'art. 2359 del codice civile o facenti capo anche per interposta persona allo stesso soggetto.

     Ai sensi dell'art. 2359, comma 1, del codice civile si considerano controllate le società:

     - nelle quali un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria;

     - in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria;

     - che sono sotto l'influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

     Il secondo comma del menzionato art. 2359 stabilisce, inoltre, che, ai fini dell'accertamento della situazione di controllo mediante partecipazione, sono da computare anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta e che non si computano, invece, i voti spettanti per conto terzi.

     Poiché la disposizione in esame fa riferimento anche alle società facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto, occorre tenere conto anche delle diminuzioni occupazionali avvenute, ad esempio, in società controllate dalla stessa società che, a sua volta, controlla l'impresa che intende beneficiare del credito d'imposta in argomento.

     Ai sensi dell'art. 7, comma 6, in caso di affidamento in gestione di un servizio pubblico, l'impresa subentrante beneficia del credito d'imposta limitatamente al numero dei lavoratori assunti in più rispetto a quello dell'impresa sostituita.

 

Mantenimento del livello occupazionale raggiunto a seguito delle nuove assunzioni.

     Il secondo periodo del comma 2 del più volte citato art. 7, prevede che il soggetto decade dal beneficio qualora, su "base annua", il numero complessivo dei lavoratori dipendenti, a tempo determinato ed a tempo indeterminato, compresi quelli assunti con contratti di lavoro con contenuto formativo in base alla vigente normativa sul lavoro, risulti inferiore o pari al numero complessivo dei lavoratori dipendenti mediamente occupati nel periodo che va dal 1° ottobre 1999 al 30 settembre 2000.

     In altri termini, affinché l'agevolazione, per ogni anno di applicazione che inizia il primo ottobre e termina il 30 settembre dell'anno successivo, possa essere mantenuta, il numero complessivo dei dipendenti, deve essere sempre superiore al livello occupazionale di riferimento, dato dal numero medio dei dipendenti occupati nel periodo 1° ottobre 1999-30 settembre 2000.

     In definitiva, la decadenza dall'agevolazione in commento, i cui presupposti devono essere verificati alla fine di ciascun anno come sopra determinato, si verifica qualora la differenza tra il livello occupazionale alla fine di ciascun anno (a iniziare da quello compreso tra il 1° ottobre 1999 e il 30 settembre 2001), ed il livello occupazionale di riferimento (1° ottobre 1999-30 settembre 2000), risulta pari a zero ovvero negativa.

     Tale decadenza comporta il venir meno della possibilità di fruire del credito d'imposta relativo ai nuovi assunti a partire dall'anno successivo a quello in cui si è verificata l'assunzione.

     Resta, tuttavia salva la possibilità di beneficiare dell'agevolazione, nel rispetto dei requisiti stabiliti dalla norma, per eventuali nuove assunzioni che si verificheranno in anni agevolati successivi a quello di decadenza.

     Si precisa che il credito maturato sino alla data di decadenza potrà comunque essere utilizzato dal soggetto beneficiario senza limiti temporali o di ammontare.

 

Requisiti soggettivi dei nuovi assunti

     Il comma 5 dell'art. 7 stabilisce che il credito d'imposta è concesso a condizione che i lavoratori assunti nel periodo agevolato:

     a) siano di età uguale o superiore a 25 anni e non abbiano svolto attività di lavoro dipendente a tempo indeterminato nei 24 mesi antecedenti la data di assunzione;

     b) siano portatori di handicap individuati ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, indipendentemente dal verificarsi della condizione sub a).

     Altri requisiti

     Il citato comma 5 individua ulteriori condizioni necessarie per la fruizione del credito d'imposta consistenti nella osservanza:

     a) dei contratti collettivi nazionali anche con riferimento ai soggetti per i quali non si è fruito del credito d'imposta;

b) delle prescrizioni sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori previste dal D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, e dal D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494, e loro successive modificazioni, nonché dai successivi decreti legislativi attuativi di direttive comunitarie in materia di sicurezza ed igiene del lavoro.

 

1.5.4 Ulteriore agevolazione.

     L'art. 7, comma 10, dispone che le disposizioni di cui all'art. 4 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, restano in vigore per le assunzioni effettuate per il solo periodo compreso tra il 1° gennaio 1999 e il 31 dicembre 2000.

     L'estinzione anticipata al 31 dicembre 2000 dell'agevolazione di cui all'art. 4 della predetta legge n. 448 del 1998, inizialmente fissato dal 1° gennaio 1999-31 dicembre 2001 trova il suo fondamento nella previsione di cui al secondo periodo del comma 10 in argomento, secondo cui ai datori di lavoro, così come definiti in precedenza, che effettuano nuove assunzioni di dipendenti con contratto a tempo indeterminato da destinare ad unità produttive ubicate nei:

     a) territori indicati nell'art. 4, comma 3, della legge n. 448 del 1998;

     b) nelle aree di cui all'obiettivo 1 del regolamento (CE) n. 1260/1999, del Consiglio, del 21 giugno 1999, nonché in quelle delle regioni Abruzzo e Molise, spetta per ciascun nuovo dipendente un ulteriore credito d'imposta pari a lire 400.000.

     Per la individuazione dell'ambito territoriale agevolato di cui al precedente punto a), si rinvia a quanto evidenziato nella circolare n. 161/E del 25 agosto 2000, paragrafo 3, del Dipartimento delle entrate.

     Per l'individuazione delle aree di cui al punto sub b), si precisa che le stesse corrispondono alle seguenti Regioni:

     - Campania;

     - Basilicata;

     - Puglia;

     - Calabria;

     - Sicilia;

     - Sardegna;

     - Abruzzo;

     - Molise.

     Occorre precisare che negli ambiti territoriali in relazione ai quali i datori di lavoro che rivestono la qualifica di imprenditori o di esercenti arti o professioni possono fruire del credito d'imposta, devono essere ubicati gli uffici, gli stabilimenti e le basi fisse, presso i quali vengono assunti i dipendenti anche se la sede legale o residenza dei predetti soggetti sia ubicata altrove.

     Con riguardo ai datori di lavoro diversi da quelli sopra menzionati, occorre che i nuovi assunti siano iscritti presso le sezioni circoscrizionali del lavoro ubicate nei territori e nelle aree di cui ai punti sub a) e b).

     Tenuto conto che, ai sensi dell'art. 7, comma 8, le agevolazioni previste dall'articolo in argomento sono cumulabili con altri benefici eventualmente concessi, deve ritenersi che le assunzioni di personale dipendente effettuate nel periodo compreso tra il 1° ottobre 2000 e il 31 dicembre 2000, possono costituire titolo per le agevolazioni previste sia dall'art. 4 della legge n. 448 del 1998 sia dall'art. 7 delle legge in argomento, ricorrendone le condizioni ivi previste.

     Per la fruizione dell'ulteriore importo del credito d'imposta di cui al richiamato comma 10, ultimo periodo, si applicano le disposizioni già commentate in precedenza in relazione al credito d'imposta contemplato nel comma 1 dell'art. 7.

     L'ulteriore credito d'imposta in commento, come si evince dal contesto del comma 10 dell'art. 7 della legge di cui trattasi, è riconosciuto nel rispetto delle regole relative agli aiuti "de minimis" di cui alla comunicazione della commissione CEE 96/C 68/06, e non può eccedere, per il periodo d'imposta in cui è avvenuta l'assunzione e per i due successivi, l'importo di 180 milioni nel triennio. Ad esso sono cumulabili altri benefici eventualmente concessi ai sensi della predetta comunicazione purché non venga superato il medesimo limite di lire 180 milioni nel triennio.

     Si ricorda che, ai sensi della predetta comunicazione:

     - l'importo totale dell'aiuto rientrante nella categoria "de minimis" non è superiore a 100.000 E.C.U. (Euro) su un periodo di tre anni a decorrere dal momento del primo aiuto "de minimis";

     - tale importo comprende qualsiasi aiuto pubblico accordato quale aiuto "de minimis" e non pregiudica la possibilità del beneficiario di ottenere altri aiuti in base a regimi autorizzati dalla commissione.

     Per ulteriori chiarimenti in ordine agli aiuti "de minimis" si rimanda alle istruzioni impartite rispettivamente con circolare n. 38/E del 14 febbraio 1997 e circolare n. 219/E del 18 settembre 1998.

 

1.5.5 Modalità di utilizzo.

     Ai sensi del comma 4 dell'art. 7, il credito d'imposta di cui si tratta è utilizzabile esclusivamente in compensazione, ai sensi del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, a decorrere dal 1° gennaio 2001. In conclusione, i crediti in argomento potranno essere utilizzati, nel modello F24 da tutti i beneficiari in compensazione con gli importi a debito di qualsiasi sezione dello stesso modello F24.

     Il credito maturato nel corso del periodo agevolato può essere utilizzato in diminuzione dei versamenti da effettuarsi nei periodi d'imposta successivi.

 

1.5.6 Irrilevanza del credito d'imposta ai fini della formazione del reddito imponibile.

     Il credito d'imposta, che si configura come contributo in conto esercizio e come tale è inquadrabile tra i ricavi di cui alla lettera f) del comma 1 dell'art. 53 del T.U.I.R., per espressa previsione dell'art. 7, comma 4, della legge in argomento, non concorre alla determinazione del reddito complessivo.

     Ai sensi della disposizione appena richiamata, il credito d'imposta non concorre alla formazione della base imponibile I.R.A.P., trattandosi di contributo correlato a componenti negativi non ammessi in deduzione ai fini dell'imposta in argomento; del medesimo credito, inoltre, non dovrà tenersi conto ai fini della determinazione del rapporto di cui all'art. 63, comma 1, del T.U.I.R., riguardante la deducibilità degli interessi passivi.

 

1.5.7 Accertamento di violazioni non formali e revoca del credito d'imposta.

     Ai sensi dell'art. 7, comma 7, le agevolazioni fruite sono revocate qualora siano definitivamente accertate violazioni non formali, commesse nel periodo di fruizione dell'agevolazione, relative:

     - alla normativa fiscale;

     - alla normativa contributiva in materia di lavoro dipendente;

     - alla normativa sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori di cui al D.Lgs. n. 626 del 1994 ed al D.Lgs. n. 494 del 1996.

     Ai fini della revoca si richiede che per ciascuna delle predette violazioni siano state irrogate sanzioni di importo superiore a lire 5.000.000.

     Le agevolazioni in argomento sono, ugualmente, revocate a seguito della emanazione di provvedimenti definitivi per condotta antisindacale posta in essere dal datore stesso ai sensi dell'art. 28 della legge n. 300 del 1970.

     Dalla data del definitivo accertamento delle violazioni, decorrono i termini per far luogo al recupero delle minori imposte versate o del maggior credito riportato e per l'applicazione delle relative sanzioni.

 

1.6 Articolo 8 - Agevolazioni per gli investimenti nelle aree svantaggiate.

     L'art. 8 della legge finanziaria per il 2001 prevede un'agevolazione per i nuovi investimenti delle imprese localizzate nelle aree svantaggiate, consistente in un credito d'imposta utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241.

 

1.6.1 Soggetti beneficiari.

     Destinatari di tale beneficio sono tutti i soggetti titolari di reddito d'impresa, indipendentemente dalla natura giuridica assunta, localizzati nelle aree svantaggiate del mezzogiorno e del centronord. Si tratta, in particolare, delle imprese che effettuano nuovi investimenti nelle aree territoriali individuate dalla commissione delle Comunità europee come destinatarie degli aiuti a finalità regionale di cui alle deroghe previste dall'art. 87, paragrafo 3, lettere a) e c), del trattato che istituisce la Comunità europea, come modificato dal trattato di Amsterdam di cui alla legge 16 giugno 1998, n. 209. Tali aiuti sono, cioè, quelli destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione, e quelli destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse.

     Sono esclusi dall'agevolazione in argomento i soli enti non commerciali, di cui all'art. 87, comma 1, lett. c), del T.U.I.R., ancorché gli stessi svolgano attività commerciale.

 

1.6.2 Decorrenza.

     L'agevolazione ha per oggetto i nuovi investimenti realizzati dalle imprese a partire dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2000 e fino alla chiusura del periodo d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 2006.

     Per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2000, sono agevolabili solo i nuovi investimenti acquisiti a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge in commento o, se successiva, dall'approvazione del regime agevolativo da parte della commissione delle Comunità europee. Tale ultima disposizione risulta applicabile per i soggetti I.R.P.E.G. non aventi il periodo d'imposta coincidente con l'anno solare.

 

1.6.3 Misura dell'agevolazione.

     L'agevolazione in esame consiste nel riconoscimento di un credito d'imposta, commisurato ai nuovi investimenti acquisiti, applicato nei limiti di intensità di aiuto stabiliti dalla commissione delle Comunità europee; in particolare, il credito di imposta è determinato applicando ai costi sostenuti le percentuali massime di aiuto consentite (E.S.N. ed E.S.L.) e quindi è fruibile nel limite del totale netto stabilito dalla predetta commissione.

     Tali percentuali, infatti, sono individuate in relazione alle varie aree territoriali ammesse a fruire dell'agevolazione e alle caratteristiche dimensionali delle imprese che attuano gli investimenti. Esse variano da un minimo del 15% ed un massimo del 60% dell'investimento, in relazione alla dimensione dell'impresa e dell'area in cui l'investimento stesso viene realizzato.

     Si evidenzia, inoltre, che il credito d'imposta non è cumulabile con altre agevolazioni a finalità regionale o con altri aiuti a diversa finalità che abbiano ad oggetto i medesimi beni che fruiscono di tale beneficio. Pertanto, non è cumulabile con altri contributi a fondo perduto, in conto capitale o in conto interessi eventualmente percepiti dall'impresa per l'acquisizione dello stesso bene.

 

1.6.4 Oggetto dell'agevolazione.

     Sono agevolabili, ai sensi del comma 2 dell'art. 8, i nuovi investimenti realizzati dalle imprese per l'acquisto di beni strumentali nuovi, materiali e immateriali, di cui agli articoli 67 e 68 del T.U.I.R., approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, compresi quelli acquisiti mediante contratti di locazione finanziaria.

     I predetti beni strumentali devono essere destinati a strutture produttive già esistenti ovvero strutture che vengono impiantate nelle aree territoriali di cui al comma 1 dell'articolo in esame.

     La fruizione del beneficio fiscale è subordinata, pertanto, all'acquisizione del bene nel periodo d'imposta, da assumere secondo i criteri stabiliti nell'art. 75 del T.U.I.R., indipendentemente dall'entrata in funzione del medesimo.

     Deve ritenersi, inoltre, che l'agevolazione in parola riguardi non soltanto l'acquisto a titolo derivativo di tali beni, ma anche la realizzazione degli stessi in appalto o in economia da parte del soggetto beneficiario, dal momento che il comma 7 dell'articolo in commento prevede la decadenza dal credito d'imposta in argomento nel caso in cui i beni oggetto dell'agevolazione non entrino in funzione entro il secondo periodo d'imposta successivo a quello della loro acquisizione o ultimazione.

     Restano espressamente esclusi da tale agevolazione, invece, i costi relativi all'acquisto di "mobili e macchine ordinarie di ufficio", di cui alla tabella concernente i coefficienti di ammortamento, approvata con D.M. 31 dicembre 1988. È escluso, altresì, dall'oggetto dell'agevolazione l'avviamento, nonché i costi di pubblicità e di ricerca e sviluppo atteso che gli stessi si configurano non come beni immateriali suscettibili di tutela giuridica.

     Gli investimenti in parola sono agevolabili per la parte del loro costo complessivo eccedente le cessioni e le dismissioni effettuate nonché gli ammortamenti dedotti nel periodo d'imposta, relativi a beni d'investimento della stessa struttura produttiva. Ai sensi del comma 3 dell'articolo in commento agli investimenti localizzati nei territori di cui all'obiettivo 1 del regolamento del Consiglio (CE) n. 1260/1999 del 21 giugno 1999, nonché in quelli delle regioni Abruzzo e Molise, si applica la deduzione degli ammortamenti nella misura del 90% a decorrere dall'approvazione del regime agevolativo da parte della commissione delle Comunità europee.

     Per espressa previsione normativa non vanno dedotti in ogni caso dall'ammontare degli investimenti agevolabili gli ammortamenti dei beni che formano oggetto dell'investimento agevolato, effettuati nel periodo d'imposta della loro entrata in funzione.

     Per gli investimenti realizzati mediante contratti di locazione finanziaria, assume rilevanza il costo sostenuto dal locatore per l'acquisto dei beni, al netto delle spese di manutenzione. La condizione affinché il predetto contratto di locazione sia agevolabile è che lo stesso contenga necessariamente la clausola di riscatto.

     Qualora gli investimenti in argomento siano effettuati da soggetti di nuova costituzione, l'intero importo dei costi sostenuti per l'investimento rileverà ai fini agevolativi.

     Per le grandi imprese, come definite ai sensi della normativa comunitaria, gli investimenti in beni immateriali sono agevolabili nel limite del 25% del complesso degli altri investimenti agevolati

     Come chiarito nella relazione ministeriale di accompagnamento alla legge in commento, in questo modo si è inteso prevedere un meccanismo analogo a quello dell'agevolazione "Visco", disciplinato dall'art. 2, commi 8 e seg., della legge 13 maggio 1999, n. 133, che, nel facilitare il compito dei contribuenti ai fini dell'applicazione del beneficio in sede di dichiarazione dei redditi, consente, in conformità ai principi comunitari, di escludere dall'agevolazione quella parte di investimenti - quantificata dal legislatore forfetariamente nel 75% degli investimenti agevolati - che le grandi imprese effettuano fisiologicamente in beni immateriali.

 

1.6.5 Utilizzo del credito d'imposta.

     Il comma 5 dell'art. 8 dispone che il credito d'imposta è determinato con riguardo ai nuovi investimenti eseguiti in ciascun periodo d'imposta e va indicato nella relativa dichiarazione dei redditi.

     Detto credito d'imposta non può essere chiesto a rimborso, ma è utilizzabile esclusivamente in compensazione, ai sensi del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, ai fini del pagamento sia delle imposte (dirette, I.V.A. e I.R.A.P.) sia dei contributi previdenziali e assicurativi.

     La predetta compensazione può essere fruita immediatamente, sin dalla data di sostenimento dei costi per gli investimenti, dal momento che non è richiesta alcuna autorizzazione mediante una specifica domanda. Esso non concorre alla formazione del reddito né della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive, non rileva ai fini del rapporto di cui all'articolo 63 del T.U.I.R.

     Per le imprese soggette a discipline comunitarie specifiche, ivi inclusa la disciplina multisettoriale dei grandi progetti, l'applicazione del beneficio in esame è espressamente subordinata alle condizioni sostanziali e procedurali definite dalle predette discipline dell'unione europea e alla preventiva autorizzazione della commissione delle Comunità europee.

     In tal caso, il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato procede all'inoltro alla commissione della richiesta di preventiva autorizzazione, ove prescritta, nonché al controllo del rispetto delle norme sostanziali e procedurali della normativa comunitaria.

 

1.6.6 Decadenza dai benefici.

     Il comma 7 prevede, infine, il recupero dell'agevolazione nel caso in cui:

     - i beni oggetto della stessa non entrino in funzione entro il secondo periodo;

     - d'imposta successivo a quello della loro acquisizione o ultimazione;

     - i beni siano dismessi, ceduti a terzi, destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa ovvero destinati a strutture produttive diverse da quelle che hanno dato diritto all'agevolazione entro il quinto periodo d'imposta successivo a quello nel quale sono entrati in funzione i beni;

     - per i beni acquisiti mediante contratto di locazione finanziaria non venga esercitato il diritto di riscatto, ovvero qualora il relativo contratto sia stato ceduto a terzi.

     Verificatasi la decadenza, il credito d'imposta è rideterminato escludendo dagli investimenti agevolati il costo dei beni non entrati in funzione ovvero fatti uscire dal regime di impresa.

     Se nel periodo di imposta in cui si verifica una delle predette ipotesi vengono acquisiti beni della stessa categoria di quelli agevolati, l'acquisto del bene nuovo costituisce mero rimpiazzo e non può essere oggetto di agevolazione; in tal caso il beneficio viene meno nella misura in cui il costo non ammortizzato del bene uscente è superiore a quello del nuovo bene.

     Il minore credito d'imposta determinato per effetto della decadenza dal beneficio deve essere versato entro il termine per il versamento a saldo dell'imposta sui redditi dovuta per il periodo d'imposta in cui si verificano dette ipotesi.

 

1.6.7 Controlli.

     L'ultimo comma dell'art. 8 prevede, infine, l'emanazione di decreti del Ministero delle finanze, di concerto con il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e con il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge in commento, con cui verranno dettate disposizioni per l'effettuazione delle verifiche necessarie a garantire la corretta applicazione dell'agevolazione in esame.

     Tali verifiche, da effettuare dopo almeno dodici mesi dall'attribuzione del credito di imposta, sono altresì finalizzate alla valutazione della qualità degli investimenti effettuati, anche al fine di valutare l'opportunità di effettuare un riequilibrio con altri strumenti aventi analoga finalità.

 

1.7 Articolo 9 - Tassazione del reddito d'impresa con aliquota proporzionale.

     Il disposto dell'art. 9 della presente legge dà attuazione alla delega contenuta nell'art. 2, comma 1, lett. b), punto 2, della legge 13 maggio 1999 n. 133, recante "modifiche alla disciplina del reddito d'impresa". Tale ultima norma ha fissato i criteri per l'individuazione di un nuovo regime fiscale per le imprese individuali e le società di persone in contabilità ordinaria, consistente nell'assoggettamento del reddito d'impresa ad imposta proporzionale e nella conseguente applicabilità delle regole fiscali - opportunamente adattate alla particolare fattispecie - che disciplinano sia la tassazione delle società di capitale sia le modalità di tassazione degli utili distribuiti ai soci.

     In sostanza, l'impresa commerciale esercitata in forma individuale o in forma di società di persone, viene considerata come soggetto autonomo rispetto all'imprenditore ed al singolo socio, in testa ai quali rileva nei confronti dell'impresa, la partecipazione agli utili secondo un trattamento analogo a quello riservato ai soci di società di capitale.

     La disposizione in commento introduce la facoltà, per gli imprenditori individuali in regime di contabilità ordinaria (comprese le imprese familiari), di escludere dal reddito complessivo il reddito prodotto nell'esercizio d'impresa. La norma estende altresì tale possibilità alle società in nome collettivo e in accomandita semplice e, di conseguenza, ai soggetti ad esse equiparate per espressa previsione dell'art. 5, comma 3, lettere a) e b), del T.U.I.R.

     Detta separazione comporta che il reddito d'impresa, determinato ai sensi dell'art. 52 del T.U.I.R., viene assoggettato ad imposta proporzionale applicando il medesimo regime previsto dai soggetti di cui all'art. 87, comma 1, lettere a) e b), del citato testo unico, mentre i redditi "corrisposti" dall'impresa all'imprenditore, ai collaboratori familiari ed ai soci (nell'ipotesi di società di persone) costituiscono redditi di capitale e vengono quindi tassati con riferimento al periodo d'imposta in cui sono percepiti e concorrono a formare il reddito complessivo da assoggettare ad I.R.P.E.F. secondo le ordinarie modalità di tassazione e quindi con le aliquote progressive I.R.P.E.F. e conseguente attribuzione del credito d'imposta. Per le società di persone e le imprese familiari viene meno il principio di tassazione per trasparenza sancito dal comma 1 dell'art. 5 del T.U.I.R., in base al quale i redditi prodotti dalla società o dall'impresa familiare sono attribuiti ai soci o collaboratori indipendentemente dalla loro percezione.

     In particolare le caratteristiche di tale nuovo regime sono così riassumibili:

- assoggettamento del reddito d'impresa ad aliquota proporzionale (la stessa applicabile ai soggetti I.R.P.E.G.) e non progressiva;

- tassazione progressiva riservata all'utile economico solo se prelevato. In tal modo si realizza una sostanziale identità tra l'imprenditore e i soci di una società di capitale. Peraltro, tale impostazione comporta l'assoggettamento in via definitiva ad aliquota proporzionale anche delle mere variazioni fiscali in aumento dell'utile.

     Il nuovo regime si applica a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al primo gennaio 2001 e dunque a partire dal 2002.

 

1.7.1 L'imposizione separata per l'imprenditore individuale.

     Il comma 1 dell'art. 9 prevede la possibilità per l'imprenditore individuale di optare per l'esclusione del reddito d'impresa dal reddito complessivo determinato ai sensi dell'art. 8 del T.U.I.R.

     Ciò è tuttavia consentito unicamente per i soggetti in contabilità ordinaria che determinano quindi il reddito prendendo a base il risultato d'esercizio ai sensi dell'art. 52 del T.U.I.R. Il reddito così determinato è assoggettato separatamente ad I.R.P.E.F. con la medesima aliquota proporzionale prevista per le società e gli enti di cui all'art. 87, comma 1, lettere a) e b), del citato testo unico. Il comma 2 dello stesso art. 9, inoltre, specifica che anche alle imprese che optano per questo regime d'imposta, è applicabile il disposto di cui all'art. 1 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 466, che disciplina per le società di capitali ed enti commerciali la normativa agevolativa della cosiddetta "dual income tax" (D.I.T.). In particolare le imprese che opteranno per il regime in esame dovranno determinare il reddito d'impresa assoggettabile ad aliquota del 19% secondo i criteri disposti dall'art. 1 del D.Lgs. n. 466 del 1997 e non secondo i criteri del successivo art. 5, ossia prendendo a riferimento non l'intero patrimonio netto dell'impresa, bensì la variazione in aumento del capitale investito.

     Naturalmente detta variazione, che costituisce il parametro di commisurazione del reddito agevolabile ai fini D.I.T., andrà computata avendo riguardo agli incrementi e alle riduzioni di patrimonio verificatesi a decorrere dall'esercizio successivo a quello in corso alla data del 30 settembre 1996, ovvero, se successivo, a decorrere dall'esercizio nel quale sorge l'obbligo per la tenuta della contabilità ordinaria. Anche ai fini dei versamenti, l'imposta sul reddito d'impresa è considerata in modo autonomo rispetto all'imposta personale dell'imprenditore, per la quale è dovuto un autonomo versamento a titolo d'acconto. L'imposta va determinata applicando le disposizioni previste dall'art. 92 del T.U.I.R., relative al credito d'imposta sugli utili di partecipazione e al credito per le imposte pagate all'estero.

 

1.7.2 Determinazione dell'imposta.

     Il comma 2 specifica, innanzi tutto, che l'aliquota da applicare per la determinazione dell'imposta è quella prevista dall'art. 91 del T.U.I.R. Tenuto conto che la disposizione, come indicato in premessa, decorre dal periodo d'imposta 2002, per detto l'esercizio l'aliquota sarà pari al 36%, ridotta al 35% a partire dall'esercizio 2003, così come previsto dall'art. 4, comma 1, lett. b), della presente legge, che ha modificato il citato art. 91.

     Coerentemente con quanto previsto per le società e gli enti di cui all'art. 87, comma 1, lettera a) e b), del T.U.I.R., viene ora disposta l'applicabilità della detrazione d'imposta prevista dall'art. 91-bis del citato testo unico, per le erogazioni liberali a favore di partiti e movimenti politici, nonché a favore di associazioni sportive dilettantistiche. In questo caso, l'importo dell'erogazione deve essere indicato tra le variazioni in aumento in sede di dichiarazione dei redditi, mentre la relativa detrazione, pari al 19%, andrà scomputata dall'imposta liquidata a carico del reddito d'impresa.

     Nelle ipotesi in cui, invece, le erogazioni in argomento siano effettuate mediante l'utilizzo di risorse finanziarie personali della persona fisica esse andranno computate direttamente in detrazione dall'imposta complessiva del "soggetto I.R.P.E.F.", e ciò per effetto dell'art. 13-bis, comma 1-bis e comma 1, lett. 1-ter). L'imposta applicata sul reddito d'impresa, secondo quanto disposto dal comma 3, è autonoma rispetto all'imposta personale del soggetto che esercita l'impresa, anche ai fini dei versamenti. È previsto pertanto un autonomo versamento dell'acconto con le modalità e nei termini stabiliti per il versamento dell'imposta sul reddito delle persone fisiche.

     Da tale impostazione deriva l'applicabilità delle disposizioni previste per la determinazione dell'imposta da versare o dell'eccedenza a credito derivante dalle disposizioni contenute negli articoli 92, 93 e 94 del T.U.I.R.

     In particolare, tenuto conto che l'imposta va determinata tenendo presenti le disposizioni contenute nell'art. 92 del T.U.I.R., se al reddito dell'impresa concorrono utili distribuiti da società di capitali, l'imponibile deve considerare il relativo credito d'imposta (art. 14 del T.U.I.R.).

     Dall'imposta lorda si detraggono il citato credito d'imposta sui dividendi, nonché - fino a concorrenza della quota d'imposta corrispondente - il credito per le imposte pagate in via definitiva sui redditi prodotti all'estero (art. 15 del T.U.I.R.).

     Vanno inoltre scomputati dall'imposta i versamenti a titolo di acconto eseguiti dal "contribuente/impresa" e le ritenute subite allo stesso titolo, così come previsto dall'art. 93 del citato testo unico. Si ricorda che - ai sensi del comma 2 del medesimo art. 93 - le ritenute sui redditi da capitale di cui al primo e secondo comma dell'art. 26 del D.P.R. n. 600 del 1973, nonché quelle di cui all'art. 1 del decreto legge 2 ottobre 1981, n. 546 - convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 1981, n. 692 - vanno scomputate nel periodo d'imposta al quale si riferiscono i relativi redditi, ancorché gli stessi non siano stati percepiti e assoggettati a ritenuta.

     Secondo quanto disposto dall'art. 94, comma 1, del T.U.I.R., il contribuente - nel caso in cui risulti un importo a credito in fase di liquidazione dell'imposta - ha diritto di scegliere se computare tale eccedenza in diminuzione dell'imposta relativa al periodo successivo o chiederne il rimborso in sede di dichiarazione. Si applica, inoltre, il comma 1-bis del citato art. 94, che disciplina l'utilizzo dei crediti d'imposta cosiddetti limitati.

     L'imposta così determinata è compensabile con i tributi e contributi dovuti dall'imprenditore, anche con riferimento agli altri redditi posseduti, ai sensi del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241.

     Il comma 4 prevede che la perdita di un periodo d'imposta può essere computata in diminuzione del reddito complessivo dei periodi d'imposta successivi ma non oltre il quinto, così come previsto per le società di capitale dal comma 1 dell'art. 102 del T.U.I.R.

     Al riguardo, si sottolinea che ancorché non richiamato espressamente nell'ambito della disposizione in esame, è senz'altro applicabile il disposto di cui al comma 1-bis dello stesso articolo, che consente il riporto senza limiti di tempo delle perdite prodottesi nei primi tre periodi d'imposta.

     Tale impostazione è coerente con i principi generali del sistema tributario inerenti alle imprese individuali e alle società di persone in regime ordinario, secondo cui sussiste, anche per tali soggetti, la possibilità di riportare illimitatamente le perdite formatesi nei primi tre esercizi, così come disciplinato in via di principio nell'art. 8, comma 3, del T.U.I.R.

     Il comma 5 prevede che il regime fiscale in esame è facoltativo, nel senso che esso si rende applicabile su apposita opzione revocabile da parte del contribuente, da esercitarsi in sede di dichiarazione dei redditi. L'opzione, ovvero la revoca, avranno effetto dal periodo d'imposta successivo a quello cui si riferisce la dichiarazione dei redditi ove la stessa viene esercitata.

 

1.7.3 Il prelevamento dell'utile da parte dell'imprenditore.

     Il comma 7 dell'art. 9 dispone che agli utili prelevati dall'imprenditore individuale sia riservato il medesimo trattamento fiscale degli utili distribuiti ai soci delle società soggette ad I.R.P.E.G., con la conseguenza che gli stessi saranno tassati in capo al percipiente solo in caso di loro distribuzione, con il riconoscimento del credito d'imposta per le imposte memorizzate dall'impresa individuale.

     I suddetti utili saranno tassati al momento del prelievo e per essi spetta il credito d'imposta secondo i criteri dell'art. 14 del T.U.I.R. che compete in relazione agli utili distribuiti da società di capitali ed enti commerciali. A tal fine l'impresa dovrà, così come già avviene per le società di capitali e gli enti commerciali, memorizzare le imposte da utilizzare per l'attribuzione del credito d'imposta, ordinario o limitato, secondo le disposizioni degli articoli 105, 105-bis e 106-bis del T.U.I.R.

     In particolare, va precisato che nell'ipotesi in cui l'imprenditore prelevi gli utili prodotti dall'impresa nei periodi d'imposta in cui è applicato il regime in esame, tali utili sono qualificati redditi di capitale di cui all'art. 41, comma 1, lett. e), del T.U.I.R., alla stregua di dividendi percepiti a seguito di distribuzione da parte di un soggetto I.R.P.E.G.

     Le poste di patrimonio, compresi gli utili non distribuiti, che risultano all'inizio del periodo d'imposta in cui si applica il regime in esame, sono estranee al regime stesso e, in caso di distribuzione, non saranno soggette ad imposizione.

     In sede di dichiarazione dei redditi dovranno essere indicate separatamente le poste di patrimonio netto formate con utili non distribuiti nei periodi d'imposta in cui è applicato il regime in esame.

 

1.7.4 I prelievi a titolo di acconto di utili del periodo d'imposta in corso.

     Il comma 8 introduce talune presunzioni per cui si considerano in primo luogo prelievi di utili dell'esercizio in corso le somme trasferite al patrimonio personale dell'imprenditore, al netto delle somme versate nello stesso periodo d'imposta.

     Nel caso in cui l'importo prelevato ecceda l'utile dell'esercizio, la differenza si considera prelevata dagli utili degli esercizi precedenti nei quali è stato applicato il particolare regime in esame.

     Nel caso in cui le somme prelevate eccedano gli utili degli esercizi precedenti l'eccedenza è considerata restituzione delle poste di patrimonio netto iniziale.

     Se le somme prelevate eccedono anche l'intero patrimonio netto iniziale l'eccedenza è considerata prelievo di utili dei periodi d'imposta successivi e come tale sarà assoggettata a tassazione in tali periodi d'imposta. In caso di revoca del regime in esame, gli utili realizzati nei periodi d'imposta cui è stato applicato il regime stesso si considerano prelevati al termine dell'ultimo periodo d'imposta in cui si applica il regime stesso e come tali devono essere assoggettati a tassazione in capo al percipiente con riconoscimento, ove ne ricorrano i presupposti, del relativo credito d'imposta.

 

1.7.5 Imprese familiari.

     Il comma 10 dell'art. 9 della legge finanziaria per l'anno 2001 disciplina l'applicazione del nuovo criterio di tassazione del reddito d'impresa alle imprese familiari, con particolare riferimento alle disposizioni inerenti gli utili prelevati dal patrimonio dell'impresa.

     Dovranno essere memorizzate in ciascun esercizio le quote di partecipazione agli utili così come risultanti dall'attestazione dell'imprenditore - prevista dall'art. 5, comma 4, del T.U.I.R. Ciò è necessario giacché per le imprese familiari non sussistono percentuali prestabilite di partecipazione agli utili come nelle società di persone. Dette percentuali, infatti, possono mutare nei vari periodi d'imposta a seconda della quantità e qualità di lavoro prestato in maniera continuativa e prevalente nell'impresa da ogni singolo collaboratore. Pertanto, in dichiarazione dovrà darsi evidenza delle quote di utile a ciascuno attribuibili, nonché dei prelievi effettuati.

     Qualora qualcuno dei partecipanti effettui dei prelievi di utili, la corrispondente quota spettante agli altri collaboratori o all'imprenditore e dagli stessi non ancora percepita, dovrà essere evidenziata - come si legge nella relazione ministeriale e in assenza di una formale delibera di distribuzione - come debito dell'impresa.

 

1.7.6 Accertamento.

     Coerentemente con i principi normativi che informano la disciplina sostanziale in commento, secondo cui la tassazione del reddito dell'impresa individuale e delle società di persone è equiparata a quella delle società di capitali, il comma 6 prevede che, ai fini dell'accertamento del maggior reddito dei soggetti sopra indicati, si renderanno applicabili le disposizioni di cui all'art. 40, comma 1, del D.P.R. n. 600 del 1973, relative alla rettifica delle dichiarazioni presentate dai soggetti I.R.P.E.G., con la conseguenza che l'eventuale maggior reddito accertato viene imputato alla "impresa/contribuente" ed assoggettata all'imposta da questa dovuta.

     L'impresa individuale e la società di persone che optano per il regime in esame, infatti, acquisiscono autonoma soggettività passiva tributaria anche ai fini dell'accertamento del reddito d'impresa, per cui si esclude l'applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 38 e 40, comma 2, del D.P.R. n. 600 del 1973.

 

1.7.7 Decorrenza.

     Ai sensi del comma 12 dell'art. 9 in commento, viene statuita la decorrenza delle disposizioni in esame a partire a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 1° gennaio 2001 e cioè con inizio dal 1° gennaio 2002, con opzione da esercitare nella dichiarazione dei redditi per l'anno 2001.

 

1.8 Articolo 11 - Trattamento fiscale delle imprese che esercitano la pesca costiera o nelle acque interne e lagunari.

     L'art. 11 della legge in commento, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali, estende, sia pure in misura ridotta, alle imprese che esercitano la pesca costiera nonché la pesca nelle acque interne e lagunari i benefici previsti dagli articoli 4 e 6 del decreto legge 30 dicembre 1997, n. 457, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1998, n. 30, a favore degli armatori che utilizzano navi iscritte nel Registro internazionale istituito dall'art. 1 dello stesso provvedimento.

     Trattasi di agevolazioni riconosciute ai fini fiscali e contributivi. Con riferimento all'estensione dei benefici fiscali, di cui all'art. 4 della citata legge di conversione n. 30 del 1998, si precisa:

     - è riconosciuto un credito d'imposta in misura corrispondente al 70% dell'I.R.P.E.F. dovuta dalle imprese in argomento, in qualità di sostituti d'imposta, sui redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo corrisposti al personale di bordo imbarcato, da valere ai fini del versamento delle ritenute alla fonte relative a tali redditi. Si specifica, inoltre, come già precisato nella risoluzione 12 febbraio 1999, n. 22/E, che il credito d'imposta in questione non spetta per l'addizionale regionale. Il credito non concorre alla formazione del reddito imponibile dell'impresa;

     - il reddito derivante dall'esercizio della pesca costiera e della pesca nelle acque interne e lagunari è imponibile ai fini dell'I.R.P.E.F. e dell'I.R.P.E.G. limitatamente al 44%. E infatti, l'articolo in commento riconosce alle imprese in argomento, ma sempre con il limite del 70%, l'agevolazione prevista dall'art. 4, comma 2, della legge n. 30 del 1998, in base al quale «il reddito derivante dall'utilizzazione di navi iscritte nel Registro internazionale concorre in misura pari al 20% a formare il reddito complessivo assoggettabile all'imposta». Pertanto, la parte di reddito non assoggettata ad imposizione sarà pari al 70% dell'80% del reddito prodotto.

     Le agevolazioni di cui trattasi sono applicabili per gli anni 2001, 2002 e 2003.

 

1.9 Articolo 13 - Regime fiscale agevolato per le nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo.

     L'art. 13 introduce un particolare regime fiscale agevolato per le nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo. La norma ha lo scopo di incentivare l'intrapresa economica delle persone fisiche, sostenendone lo sforzo nei primi anni di attività, normalmente caratterizzati da ingenti costi iniziali e da un ridotto volume di affari.

 

1.9.1 Agevolazioni fiscali.

     Sul reddito di lavoro autonomo o d'impresa, determinato rispettivamente ai sensi degli articoli 50 e 79 del testo unico delle imposte dirette approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, realizzato dai soggetti che chiedono di avvalersi del regime fiscale agevolato, è dovuta un'imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche nella misura del 10%.

     Considerato che il predetto reddito è soggetto ad imposta sostitutiva e quindi non partecipa alla determinazione del reddito complessivo I.R.P.E.F., lo stesso non costituisce base imponibile per l'applicazione delle addizionali all'imposta sul reddito delle persone fisiche. Restano, per contro, immutati gli obblighi sostanziali in materia di I.V.A. ed I.R.A.P.

 

1.9.2 Semplificazioni contabili.

     Il regime fiscale agevolato è caratterizzato, oltre che dall'applicazione dell'imposta sostitutiva dell'I.R.P.E.F. nella misura del 10%, da una radicale semplificazione degli obblighi contabili.

     Per i soggetti che fruiscono del regime agevolato il comma 6 introduce, infatti, l'esonero dagli obblighi:

     - di registrazione e tenuta delle scritture contabili rilevanti ai fini delle imposte dirette, dell'imposta regionale sulle attività produttive e dell'imposta sul valore aggiunto;

     - di liquidazione e di versamento periodici ai fini dell'imposta sul valore aggiunto previsti dal D.P.R. 23 marzo 1998, n. 100.

     Permangono comunque a carico dei predetti soggetti gli obblighi di fatturazione, certificazione dei corrispettivi e conservazione in ordine cronologico della documentazione emessa e ricevuta, ai sensi dell'art. 22 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

 

1.9.3 Ambito soggettivo.

     Destinatari delle agevolazioni in argomento sono:

     - le persone fisiche che iniziano un'attività artistica o professionale ovvero d'impresa ai sensi rispettivamente degli articoli 49 e 51 del citato testo unico;

     - le imprese familiari di cui all'art. 5, comma 4, del citato testo unico; in tal caso l'imposta sostitutiva è dovuta dal titolare dell'impresa.

     Non possono, pertanto, optare per il regime agevolato in questione:

     - le società e le associazioni di cui all'art. 5, commi 1, 2 e 3, del T.U.I.R.

Si precisa inoltre che il regime forfetario di determinazione dell'I.V.A. e delle imposte sui redditi di cui all'art. 3, commi da 172 a 184, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, non è compatibile in quanto alternativo al regime agevolato in essere.

 

1.9.4 Ambito oggettivo.

     Le condizioni previste dal comma 2 dell'articolo in esame per accedere al nuovo regime sono le seguenti:

     - il contribuente non deve avere esercitato nei tre anni precedenti, neppure in forma associata o familiare, un'attività artistica, professionale o d'impresa, fatte salve le ipotesi di praticantato obbligatoriamente previsto ai fini dell'esercizio di arti o professioni. Il regime agevolativo è infatti destinato ad incentivare esclusivamente la nascita di nuove iniziative. Va sottolineato che la semplice apertura di partita I.V.A. non costituisce automaticamente causa di esclusione dal regime fiscale agevolato del presente articolo, occorrendo a tal fine l'effettivo esercizio dell'attività;

     - la nuova attività non deve costituire, in nessun modo, mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, anche sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa. La disposizione ha carattere antielusivo, mirando ad evitare gli abusi di chi continui di fatto ad esercitare la stessa attività di lavoro dipendente mutandone la veste giuridica in impresa o lavoro autonomo al solo fine di sottrarre i relativi proventi alla tassazione ordinaria: si pensi, a titolo esemplificativo, ad un soggetto che abbia lavorato in qualità di dipendente in un'impresa di trasporti ed intraprenda l'attività in proprio utilizzando lo stesso mezzo e servendo la medesima clientela dell'impresa di origine.

     Allo stesso modo, la norma impedisce la costituzione di imprese individuali che in un contesto economico non modificato proseguono sostanzialmente precedenti attività di lavoro autonomo, anche nella veste di collaborazione coordinata e continuativa, e viceversa;

     - l'ammontare dei compensi non deve superare il limite di 60 milioni di lire per l'attività professionale o artistica ovvero l'ammontare dei ricavi non deve superare il limite di 60 milioni di lire per le imprese aventi ad oggetto prestazioni di servizi o di 120 milioni di lire per le imprese esercenti altre attività;

     - nel caso di prosecuzione di attività d'impresa svolta da altro soggetto, a seguito - ad esempio - di cessione o successione nell'azienda, l'ammontare dei ricavi dal medesimo realizzati nel precedente periodo d'imposta non deve superare il limite di 60 milioni di lire per le imprese esercenti prestazioni di servizi o di 120 milioni di lire per le imprese che esercitino altre attività.

Sia questa condizione che quella precedente circoscrivono l'ambito del beneficio alle iniziative economicamente più deboli;

     - siano regolarmente adempiuti gli obblighi previdenziali, assicurativi ed amministrativi.

     Si precisa che, ai fini dell'individuazione dell'attività svolta, si considerano prestazioni di servizi le attività indicate nel decreto ministeriale 17 gennaio 1992, ovvero quelle che hanno per oggetto le operazioni indicate nei commi da 1 a 3 dell'art. 3 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, recante "istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto", nonché quelle indicate nel comma 4, lettere a), b), c), e), f) ed h), del medesimo articolo.

 

1.9.5 Durata del regime agevolato.

     Ai sensi del comma 1, il regime agevolato si applica al periodo d'imposta d'inizio dell'attività e ai due successivi.

 

1.9.6 Decadenza dall'agevolazione.

     Il comma 3, nel disciplinare le cause di decadenza dall'agevolazione durante il primo triennio di attività, dispone che il regime cessa di avere efficacia:

     - dal periodo d'imposta successivo, qualora i ricavi o i compensi conseguiti siano superiori ai limiti stabiliti dal comma 2, lett. c), in misura non eccedente il cinquanta per cento (quindi non superino 90 milioni di lire per l'attività professionale o artistica, 90 milioni di lire per le imprese aventi ad oggetto prestazioni di servizi, 180 milioni di lire per le imprese esercenti altre attività);

     - dallo stesso periodo d'imposta, nell'ipotesi in cui i ricavi o i compensi superino i predetti limiti in misura eccedente il 50%.

     In altri termini, nel caso in cui un lavoratore autonomo percepisca compensi annui fino a 60 milioni di lire per i primi due periodi d'imposta e fino a 90 milioni di lire per il terzo periodo d'imposta, l'agevolazione opererà per l'intero triennio; qualora, infatti, nel terzo periodo d'imposta sia superato il limite di 60 milioni, ma non quello di 90 milioni di lire, la decadenza dall'agevolazione non opererà nel periodo d'imposta in cui si è verificato il superamento del limite, bensì in quello seguente, in un periodo d'imposta successivo allo scadere del triennio. Nell'ipotesi, invece, in cui i compensi siano superiori a 90 milioni di lire la decadenza dal regime agevolato opera nello stesso anno in cui avviene il superamento, con la conseguenza che l'intero reddito annuo prodotto, ai sensi del comma 3, lett. b), è assoggettato a tassazione ordinaria.

     In una situazione analoga si troverà un imprenditore che effettui prestazioni di servizi e consegua ricavi annui fino a 60 milioni per i primi due periodi di imposta e fino a 90 per il terzo, oppure un imprenditore che effettui altre attività e consegua ricavi annui fino a 120 milioni per i primi due periodi di imposta e fino a 180 per il terzo.

     Per ognuno dei tre anni potranno verificarsi pertanto le seguenti ipotesi:

a) lavoratori autonomi:

Compensi conseguiti nell'anno

Anno in cui sono stati conseguiti i compensi

Anno successivo

fino a 60.000.000

Agevolazione

agevolazione

da 60.000.001 a 90.000.000

agevolazione

decadenza

oltre 90.000.000

decadenza

 

 

b) imprenditori che effettuano prestazioni di servizi:

Ricavi conseguiti nell'anno

Anno in cui sono stati conseguiti i ricavi

Anno successivo

fino a 60.000.000

Agevolazione

Agevolazione

da 60.000.001 a 90.000.000

Agevolazione

Decadenza

oltre 90.000.000

Decadenza

 

 

c) imprenditori che effettuano altre attività:

Ricavi conseguiti nell'anno

Anno in cui sono stati conseguiti i ricavi

Anno successivo

fino a 120.000.000

Agevolazione

Agevolazione

da 120.000.001 a 180.000.000

Agevolazione

Decadenza

oltre 180.000.000

Decadenza

 

 

1.9.7 Assistenza fiscale.

     Nell'ottica di incentivare il rapporto di collaborazione tra fisco e contribuente, il comma 4 prevede che i soggetti in possesso dei requisiti per usufruire del regime agevolato possono farsi assistere dall'Ufficio dell'agenzia delle entrate, competente in ragione del domicilio fiscale del contribuente, nell'adempimento degli obblighi tributari semplificati (compilazione della dichiarazione unificata, liquidazione dei tributi, ecc.).

     Qualora i contribuenti decidano di avvalersi del predetto tutoraggio, dovranno dotarsi di un'apparecchiatura informatica corredata da accessori idonei alla connessione con il sistema informativo dell'agenzia delle entrate.

 

1.9.8 Credito d'imposta.

     Il comma 5, al fine di non gravare eccessivamente i soggetti del costo di acquisizione delle apparecchiature informatiche e accessori, necessari per la connessione in precedenza specificata, prevede un credito d'imposta, utilizzabile in compensazione ai sensi del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, pari al 40% del prezzo unitario di acquisto dei suddetti beni, per un importo massimo di lire 600.000. Tale credito d'imposta compete a tutti i soggetti che optano per il regime agevolato in questione, a condizione che l'apparecchiatura informatica acquistata sia effettivamente utilizzata per connettersi con il sistema informativo dell'agenzia delle entrate.

     Il credito d'imposta spetta anche per l'acquisizione dei beni in locazione finanziaria, nella misura del 40% del prezzo di acquisto ed è liquidato con riferimento ai canoni di locazione pagati in ciascun periodo d'imposta per il limite massimo di lire 600.000.

     Si precisa, infine che il credito d'imposta non concorre alla formazione del reddito imponibile e non è rimborsabile.

 

1.9.9 Rilevanza del reddito soggetto a imposta sostitutiva.

     Il comma 7 chiarisce che l'ammontare del reddito d'impresa o di lavoro autonomo che costituisce base imponibile dell'imposta sostitutiva, ancorché non concorrente alla formazione del reddito complessivo I.R.P.E.F., dovrà essere tenuto in considerazione ai fini contributivi, previdenziali ed extratributari, come pure ai fini delle detrazioni previste dall'art. 12, comma 3, del T.U.I.R.

 

1.9.10 Accertamento, riscossione, sanzioni e contenzioso.

     Il comma 8, nel chiarire che anche all'imposta sostitutiva si applicano le norme in materia di accertamento, riscossione, sanzioni e contenzioso previste per le imposte sui redditi, dispone che il soggetto che fruisce dell'imposta sostitutiva senza averne titolo è assoggettabile alle sanzioni previste dal D.Lgs. n. 471 del 1997 in materia di infedele dichiarazione.

 

1.9.11 Disposizioni attuative.

     Il comma 9, infine, demanda alla normativa secondaria l'attuazione dell'articolo in commento. In particolare, con uno o più regolamenti del Ministero delle finanze saranno stabiliti:

     - le modalità di esercizio dell'opzione per il regime agevolato;

     - le caratteristiche dell'apparecchiatura informatica da utilizzare per la connessione con il sistema informativo dell'Amministrazione finanziaria;

     - le procedure per connettersi con il sistema informativo;

     - gli adempimenti connessi con l'assistenza fornita dagli uffici dell'agenzia delle entrate.

 

1.10 Articolo 14 - Regime fiscale delle attività marginali.

 

     L'art. 14 introduce alcune agevolazioni fiscali a regime per le persone fisiche esercenti attività per le quali risultino applicabili gli studi di settore e che abbiano conseguito nel periodo di imposta precedente ricavi o compensi non superiori al limite stabilito in appositi decreti ministeriali e comunque non superiori a 50 milioni di lire.

     I ricavi e compensi rilevanti ai fini della determinazione del regime agevolato devono intendersi quelli minimi di riferimento derivanti dall'applicazione del software GERICO, tenendo conto di eventuali situazioni di marginalità che caratterizzano il contribuente anche in riferimento agli indici di coerenza economica. A tal fine l'amministrazione potrà apportare al software GERICO modifiche per determinare ricavi e compensi congrui inferiori a quelli da considerare per contribuenti che non operino in condizioni di marginalità.

 

1.10.1 Agevolazioni fiscali.

     L'agevolazione si sostanzia nell'assoggettamento del reddito di lavoro autonomo o d'impresa realizzato dai soggetti che chiedono di avvalersi del regime fiscale delle attività marginali ad un'imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche nella misura del 15%.

     Il reddito sul quale va applicata l'imposta sostitutiva si determina tenendo conto dei ricavi calcolati in base all'applicazione degli studi di settore, nonché dei costi e delle spese determinati ai sensi degli articoli 50 e 79 del testo unico delle imposte dirette approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.

     Considerato che il predetto reddito è soggetto ad imposta sostitutiva, con la conseguenza che non partecipa alla formazione del reddito imponibile I.R.P.E.F., lo stesso non costituisce base imponibile per l'applicazione delle addizionali all'imposta sul reddito delle persone fisiche. Restano, per contro, immutati gli obblighi sostanziali in materia di I.V.A. ed I.R.A.P.

     Per poter fruire dell'agevolazione in esame, il contribuente deve presentare all'Ufficio dell'agenzia delle entrate, competente in ragione del proprio domicilio fiscale, un'apposita domanda con la quale si richiede l'applicazione del regime agevolato. La domanda deve essere prodotta entro il mese di gennaio dell'anno a decorrere dal quale il contribuente decide di avvalersi del predetto regime. Per il solo anno 2001 la domanda è presentata entro il 31 marzo.

     Per rinunciare, invece, al regime agevolato, sarà sufficiente che il contribuente interessato invii una semplice comunicazione all'Ufficio dell'agenzia delle entrate, da effettuarsi entro il mese di gennaio dell'anno per il quale non si intende più fruire del regime medesimo.

 

1.10.2 Semplificazioni contabili.

     I soggetti che si avvalgono del regime fiscale agevolato, oltre a beneficiare dell'imposta sostitutiva del 15%, sono esonerati, in base al comma 6, da alcuni adempimenti contabili.

     In particolare, tali soggetti non sono tenuti agli obblighi:

     a) di registrazione e tenuta delle scritture contabili rilevanti ai fini delle imposte dirette, dell'imposta regionale sulle attività produttive e dell'imposta sul valore aggiunto;

     b) di liquidazione e di versamento periodici ai fini dell'imposta sul valore aggiunto previsti dal D.P.R. 23 marzo 1998, n. 100.

     Restano fermi gli obblighi di emissione della fattura e di certificazione dei corrispettivi, se prescritti, nonché l'obbligo di conservazione, a norma dell'art. 22 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, dei documenti contabili ricevuti ed emessi.

 

1.10.3 Ambito soggettivo.

     Destinatari delle agevolazioni in argomento sono esclusivamente:

     - le persone fisiche esercenti attività di lavoro autonomo o di impresa per le quali sono stati approvati gli studi di settore e non sussistono cause di esclusione e di inapplicabilità degli stessi;

     - le imprese familiari di cui all'art. 5, comma 4, del citato testo unico; in tal caso l'imposta sostitutiva è dovuta dall'imprenditore.

     Non possono, pertanto, optare per il regime agevolato in questione:

     - le società e le associazioni di cui all'art. 5, commi 1, 2 e 3, del T.U.I.R.;

     - le persone fisiche esercenti impresa ovvero arti o professioni che applicano l'I.V.A. e le imposte sui redditi secondo le disposizioni dell'art. 3, commi da 172 a 184, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

 

1.10.4 Ambito oggettivo.

     Il regime agevolato è applicabile purché ricorrano le seguenti condizioni:

     a) alle attività esercitate debbono essere applicabili gli studi di settore;

     b) l'ammontare dei ricavi e dei compensi del periodo d'imposta precedente non può essere superiore ai limiti fissati con appositi decreti ministeriali e, comunque, non superiore a 50 milioni di lire. Si fa presente che per ricavi e compensi s'intendono quelli minimi di riferimento determinati in base all'applicazione degli studi di settore. Ai fini dell'applicazione delle agevolazioni già a decorrere dal periodo di imposta 2001, considerata la necessità di individuare immediatamente il presupposto di marginalità dei ricavi e dei compensi di riferimento, questi ultimi rileveranno secondo l'ammontare conseguito nell'anno 2000, senza necessità di procedere ad una preventiva valutazione di congruità dei medesimi.

 

1.10.5 Durata del regime agevolato.

     Il regime agevolato ha una durata a tempo indeterminato. Una volta effettuata l'opzione per tale regime, questa si intende tacitamente rinnovata di anno in anno, senza necessità di ulteriori manifestazioni di volontà.

 

1.10.6 Decadenza dall'agevolazione.

     Ai sensi del comma 5 il regime agevolato cessa di avere efficacia:

     a) a decorrere dal periodo d'imposta successivo, qualora i ricavi o compensi di un determinato anno, valutati in base agli studi di settore applicabili nel periodo di riferimento, sulla base dei dati dichiarati dal contribuente o rettificati dall'ufficio, superino il limite fissato dai decreti. È il caso, ad esempio, del contribuente che abbia beneficiato per l'anno 2001 del regime agevolato in quanto i ricavi conseguiti nel 2000 risultavano non superiori al limite di 50 milioni di lire, ma per il quale, al termine del 2001, i ricavi risultanti dall'applicazione GERICO superano il limite fissato nell'apposito decreto. Tale soggetto pertanto non potrà fruire del regime agevolato per l'anno 2002;

     b) dallo stesso periodo di imposta in cui i ricavi o compensi valutati in base agli studi di settore superano del 50% il limite fissato dai decreti ministeriali.

 

1.10.7 Assistenza fiscale.

     Anche per il regime in esame, il comma 7 prevede che i soggetti interessati possano avvalersi del "tutoraggio" dell'Ufficio dell'agenzia delle entrate, competente in ragione del domicilio fiscale, che presterà assistenza nell'espletamento degli adempimenti formali (compilazione della dichiarazione unificata, liquidazione dei tributi, ecc.). Il tutoraggio è esercitato a condizione che i contribuenti si dotino di un'apparecchiatura informatica corredata da accessori idonei alla connessione con il sistema informativo dell'agenzia delle entrate.

 

1.10.8 Credito di imposta.

     Il comma 8, al fine di agevolare tale connessione, prevede un credito d'imposta, utilizzabile in compensazione ai sensi del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, pari al 40% del prezzo unitario di acquisto delle apparecchiature informatiche e degli accessori sopra richiamati, per un importo massimo di lire 600.000.

     Il credito d'imposta spetta anche per l'acquisizione di tali beni in locazione finanziaria nella misura del 40% del prezzo di acquisto ed è liquidato con riferimento ai canoni di locazione pagati in ciascun periodo d'imposta per il limite massimo di lire 600.000.

     Va sottolineato che il credito d'imposta non concorre alla formazione del reddito imponibile e non è rimborsabile.

     Condizione necessaria affinché i soggetti che abbiano optato per il regime agevolato possano fruire del credito in questione è che le apparecchiature informatiche acquistate siano utilizzate per la connessione con il sistema informativo dell'Amministrazione finanziaria.

 

1.10.9 Rilevanza del reddito soggetto a imposta sostitutiva.

     Il comma 9 chiarisce che l'ammontare del reddito d'impresa o di lavoro autonomo che costituisce base imponibile dell'imposta sostitutiva, ancorché non concorrente alla formazione del reddito complessivo I.R.P.E.F., dovrà essere tenuto in considerazione ai fini contributivi, previdenziali ed extratributari, come pure ai fini delle detrazioni previste dall'art. 12, comma 3, del T.U.I.R.

 

1.10.10 Accertamento, riscossione, sanzioni e contenzioso.

     Il comma 10, nel chiarire che anche all'imposta sostitutiva si applicano le norme in materia di accertamento, riscossione, sanzioni e contenzioso previste per le imposte sui redditi, dispone che il soggetto che fruisce dell'imposta sostitutiva senza averne titolo è assoggettabile alle sanzioni previste dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, e in particolare le sanzioni di cui all'art. 1, commi 2 e 3, dello stesso decreto, in materia di infedele dichiarazione. È il caso, ad esempio, del soggetto che beneficia del regime per il 2001 ancorché abbia conseguito nel 2000 ricavi superiori al limite dei 50 milioni. La rettifica potrà riguardare, evidentemente, non solo i ricavi ma anche gli altri componenti rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore che incidono sui ricavi stimati dal software GERICO. In tal caso, il reddito prodotto è soggetto a tassazione ordinaria e ai fini dell'accertamento dell'I.R.P.E.F. dovuta si terrà conto dell'imposta sostitutiva assolta.

 

1.10.11 Disposizioni attuative.

     Il comma 11, infine, demanda alla normativa secondaria l'attuazione dell'articolo in commento. In particolare, con uno o più regolamenti del Ministero delle finanze saranno stabiliti:

     - le modalità di esercizio dell'opzione per il regime agevolato, nonché quelle per comunicare la rinuncia a tale regime;

     - le caratteristiche dell'apparecchiatura informatica da utilizzare per la connessione con il sistema informativo dell'Amministrazione finanziaria;

     - le procedure per connettersi con il sistema informativo;

     - gli adempimenti connessi con l'assistenza fornita dagli uffici dell'agenzia delle entrate.

 

1.11 Articolo 16 - Disposizioni in materia di base imponibile I.R.A.P.

     L'art. 16 detta diverse disposizioni in materia di determinazione della base imponibile dell'I.R.A.P., apportando le seguenti modifiche al D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446:

     a) esclude dalla base imponibile dell'imposta dovuta dalle amministrazioni pubbliche e dalle altre amministrazioni di cui al comma 1, lettera e-bis), dell'art. 3 del D.Lgs. n. 446 del 1997, le somme relative alle borse di studio ed altri simili interventi di sostegno, erogati dalle regioni, dalle province autonome e dai relativi organismi per il diritto allo studio universitario, nonché dalle università, ai sensi della legge 2 dicembre 1991, n. 390. La finalità è quella di evitare una partita di giro tra quanto erogato dalle regioni a titolo di borse di studio e quanto introitato dall'applicazione dell'I.R.A.P.;

     b) ammette in deduzione dalla base imponibile della generalità dei soggetti passivi d'imposta anche le spese relative ai lavoratori disabili;

     c) introduce, con decorrenza dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 1999, una deduzione forfetaria dalla base imponibile, fino a concorrenza della stessa, così articolata:

     - lire 10.000.000 se la base imponibile non supera lire 350.000.000;

     - lire 7.500.000 se la base imponibile supera lire 350.000.000, ma non lire 350.100.000;

     - lire 5.000.000 se la base imponibile supera lire 350.100.000, ma non lire 350.200.000;

     - lire 2.500.000 se la base imponibile supera lire 350.200.000, ma non lire 350.300.000.

     Tale deduzione non si applica alle amministrazioni pubbliche ed alle altre amministrazioni di cui al comma 1, lettera e-bis), dell'art. 3 del D.Lgs. n. 446 del 1997.

     I soggetti che esercitano la loro attività nel territorio di più regioni applicano le deduzioni prima della ripartizione della produzione netta su base regionale.

 

1.12 Articolo 17 - Interpretazione autentica dell'inderogabilità delle clausole mutualistiche da parte delle società cooperative e loro consorzi.

     La norma recata dall'art. 17 interpreta il disposto dell'art. 26 del D.Lgs. 14 dicembre 1947, n. 1577, dell'art. 14 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 e dell'art. 11, comma 5, della legge 31 gennaio 1992, n. 59, statuendo che la soppressione delle clausole di mutualità contenute nello statuto delle cooperative comporta l'obbligo di devolvere il "patrimonio effettivo in essere", dedotti il capitale versato e rivalutato ed i dividendi maturati, ai fondi mutualistici di cui all'art. 11, comma 5, della legge n. 59 del 1992. Il medesimo obbligo ricorre nel caso di trasformazioni o fusioni di cooperative da cui derivi la decadenza dai benefici fiscali per esse previsti.

     Il testo di legge riproduce il dettato del comma 5 dell'art. 11 citato, che prevede l'obbligo di devoluzione del patrimonio per le cooperative in liquidazione, fornendo altresì un'interpretazione autentica dell'espressione "patrimonio residuo", contenuta nella stessa norma.

     Al riguardo si fa presente che nella circolare 30 ottobre 2000, n. 195/E, il Ministero delle finanze ha già precisato che la perdita dei requisiti di mutualità equivale allo scioglimento dell'ente ai fini dell'obbligo di devoluzione del patrimonio residuo, da determinarsi, quest'ultimo, sulla base del suo "valore reale" e non del "mero valore contabile".

 

1.13 Articolo 34 - Disposizioni in materia di compensazione e versamenti diretti.

     L'art. 34 della legge finanziaria per il 2001 contiene alcune disposizioni in materia di compensazione e versamenti diretti. Il comma 1 eleva da lire 500 milioni a lire 1 miliardo, per ciascun anno solare, il limite massimo dei crediti d'imposta e dei contributi compensabili ai sensi dell'art. 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale. Tale disposizione esplica i propri effetti a far data dal 1° gennaio 2001.

     Il comma 2 stabilisce che le istanze di rimborso presentate entro il 31 dicembre 2000 non possono essere revocate.

     Il comma 3 aggiunge all'art. 3, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, la lettera h-bis. Pertanto, in virtù della relativa disposizione sono riscosse mediante versamento diretto alle sezioni di tesoreria provinciale dello Stato anche le ritenute operate dagli enti pubblici di cui alle tabelle A e B allegate alla legge 29 ottobre 1984, n. 720, recante "Istituzione del sistema di tesoreria unica per enti ed organismi pubblici".

     Il comma 4 stabilisce che si applica solamente la sanzione nella misura ridotta (un ottavo del minimo) prevista dall'art. 13, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, nei casi in cui le ritenute o le imposte sostitutive sui redditi di capitale e sui redditi diversi di natura finanziaria di cui al D.Lgs. 21 novembre 1997, n. 461, non siano state operate ovvero non siano stati effettuati dai sostituti d'imposta o dagli intermediari i relativi versamenti nei termini previsti.

     La predetta sanzione si applica, però, a condizione che:

     a) i sostituti d'imposta o gli intermediari abbiano eseguito il versamento dell'importo dovuto, maggiorato degli interessi legali, anteriormente alla presentazione della dichiarazione nella quale sono esposti i versamenti delle ritenute e delle imposte;

     b) la violazione non sia stata constatata o non siano già iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività di accertamento delle quali il sostituto d'imposta o l'intermediario abbiano avuto formale conoscenza;

     c) il pagamento della sanzione sia stato effettuato contestualmente al versamento dell'imposta. Il comma 5 modifica l'art. 37, primo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602. In virtù di tale modifica il contribuente assoggettato a ritenuta diretta può presentare ricorso per errore materiale, duplicazione o inesistenza totale o parziale dell'obbligazione tributaria entro il termine di decadenza di quarantotto mesi, in luogo di quello decennale previsto dall'art. 2946 del codice civile.

     Il comma 6 modifica l'art. 38, secondo comma, del D.P.R. n. 602 del 1973, elevando il termine di decadenza per la presentazione dell'istanza di rimborso da diciotto a quarantotto mesi dalla data in cui la ritenuta è stata operata, anche per il percipiente delle somme assoggettate a ritenuta, in armonia alla modifica in precedenza apportata dall'art. 1, comma 5, della legge 13 maggio 1999, n. 133, al primo comma del citato art. 38, con la quale il predetto termine era stato elevato a quarantotto mesi per il soggetto che ha effettuato il versamento diretto.

 

1.14 Articolo 35 - Regime fiscale di proventi spettanti a istituzioni o a soggetti stranieri e internazionali.

     L'art. 35 della legge finanziaria per il 2001 introduce alcune modifiche al D.Lgs. 1 aprile 1996, n. 239, concernente "Modificazioni al regime fiscale degli interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni e titoli similari, pubblici e privati".

     Il comma 1 dell'art. 35 modifica l'ultimo periodo del comma 1 dell'art. 6 del citato D.Lgs. n. 239 del 1996.

     In particolare, viene stabilito che non sono soggetti ad imposizione gli interessi ed altri proventi delle obbligazioni e titoli similari percepiti, anche in relazione all'investimento delle riserve ufficiali dello Stato, dalle Banche centrali di paesi che non hanno stipulato con la Repubblica italiana convenzioni per evitare la doppia imposizione sul reddito, purché tali paesi non siano comunque inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze emanato in attuazione dell'art. 76, comma 7-bis, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.

     Il comma 2 aggiunge, infine, all'art. 8 del citato D.Lgs. n. 239 del 1996, il comma 3-ter.

     Il comma introdotto stabilisce che le disposizioni dell'art. 7 e dell'art. 8 del D.Lgs. n. 239 del 1996 non si applicano ai proventi non soggetti ad imposizione ai sensi dell'art. 6 se essi sono percepiti da enti e organismi internazionali costituiti in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia, o da Banche centrali estere, anche in relazione all'investimento delle riserve ufficiali dello Stato.

 

2. Imposte indirette.

 

2.1 Articolo 10 - Soppressione della tassa di proprietà sugli autoscafi.

 

     L'art. 10, che modifica gli articoli 1 e 13 ed elimina la tariffa E del testo unico delle leggi sulle tasse automobilistiche, approvato con D.P.R. 5 febbraio 1953, n. 39, di fatto dispone la soppressione della tassa di proprietà sugli autoscafi.

     Vengono soppressi, infatti, i riferimenti agli autoscafi contenuti negli articoli 1 e 13 del D.P.R. n. 39 del 1953 e la tariffa E allegata allo stesso nella quale sono stabiliti, sulla base della potenza, gli importi dovuti per gli autoscafi.

     Considerata la ratio della disposizione in commento si devono ritenere implicitamente abrogati i riferimenti agli autoscafi contenuti nell'art. 5 del D.L. 30 dicembre 1982, n. 853, convertito con modificazioni nella legge 28 febbraio 1983, n. 53, che stabiliva l'obbligo di corrispondere le tasse automobilistiche per i proprietari di veicoli e autoscafi sulla base delle risultanze del Pubblico Registro Automobilistico e dei Registri di immatricolazione.

     Dal disposto dell'articolo in commento risulta evidente che, a decorrere dal 2001, gli autoscafi non sono più soggetti alle tasse automobilistiche previste dal già citato testo unico approvato con D.P.R. n. 39 del 1953.

 

2.2 Articolo 20 - Semplificazioni per l'I.N.V.I.M. decennale.

 

     L'art. 20 prende in considerazione gli immobili appartenenti a titolo di proprietà o di enfiteusi alle società di ogni tipo e oggetto e agli enti pubblici e privati diversi dalle società nonché a tutti gli altri soggetti individuati al primo comma dell'art. 3 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, per i quali il decennio si compie tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2002.

     In luogo dell'imposta I.N.V.I.M. decennale, il contribuente può corrispondere, entro il 30 marzo 2001, una imposta sostitutiva nella misura dello 0,10% del valore degli immobili stessi, determinato con l'applicazione alle rendite catastali riferite al 31 dicembre 1992 dei moltiplicatori stabiliti con decreto del Ministro delle finanze D.M. 14 dicembre 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 295 del 17 dicembre 1991.

     Al riguardo si precisa che i moltiplicatori da applicare alla rendita catastale, anche presunta, sono di 75 per i terreni, esclusi quelli che hanno destinazione edificatoria, e di 100 per i fabbricati, ad eccezione di quelli classificati catastalmente nelle categorie A/10 e C/1 per i quali la misura del moltiplicatore è pari, rispettivamente, a 50 e a 34; per le unità immobiliari classificate nei gruppi D ed E il moltiplicatore è pari, rispettivamente, a 50 e 34.

     Il comma 2 individua la base imponibile, ai fini dell'imposta sostitutiva in argomento, per i terreni suscettibili di destinazione edificatoria.

     Stabilisce, infatti, che per tali terreni l'aliquota dello 0,10% deve essere commisurata al valore finale dichiarato o definitivamente accertato per l'I.N.V.I.M. applicata in occasione del trasferimento con il quale è stato acquistato l'immobile (art. 2 del D.P.R. n. 643 del 1972) ovvero del compimento del precedente decennio (art. 3 del D.P.R. n. 643 del 1972).

     Il comma 3, infine, individua la base imponibile per gli immobili assoggettati all'imposta I.N.V.I.M. straordinaria di cui al D.L. 13 settembre 1991, n. 299, convertito con modificazioni dalla legge 18 novembre 1991, n. 363, stabilendo, altresì, che per gli stessi è escluso l'obbligo della dichiarazione di cui all'art. 18, comma 6, del già citato D.P.R. n. 643 del 1972 (I.N.V.I.M. decennale).

     Stabilisce, infatti, che per tali immobili l'aliquota dello 0,10% deve essere applicata al valore finale dichiarato o definitivamente accertato per l'imposta straordinaria.

     Al riguardo sembra opportuno precisare che il comma 3 regola l'ipotesi in cui gli immobili sono stati assoggettati all'imposta I.N.V.I.M. straordinaria, sia nel caso di fabbricati che di terreni, compresi quelli edificabili.

     Conseguentemente, soltanto agli immobili che non sono attratti dalla disposizione del comma 3, cioè quelli esclusi dall'imposta I.N.V.I.M. straordinaria, si applica il comma 1, ad eccezione dei terreni suscettibili di destinazione edificatoria ai quali si applica la previsione del comma 2.

     È appena il caso di evidenziare che il comma 4 dell'art. 20 in commento stabilisce che con decreto del Ministero delle finanze sono individuati i casi di esclusione dell'obbligo della dichiarazione I.N.V.I.M. di cui all'art. 18 del D.P.R. n. 643 del 1972 nonché le disposizioni necessarie per l'attuazione dell'articolo in esame (esercizio dell'opzione per l'imposta sostitutiva, termini e modalità per il versamento, ecc.).

 

2.3 Articoli 30 e 31 - Disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto.

 

2.3.1 Disciplina applicabile ai giochi di abilità ed ai concorsi pronostici.

     Il comma 1, lettere a) e c), dell'art. 30 della legge finanziaria, modificando gli articoli 10, n. 6), e 74, settimo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, riconduce ad unità il trattamento fiscale applicabile agli effetti dell'I.V.A. ai giochi di abilità e delle scommesse, prevedendo per l'intero settore il trattamento di esenzione dal tributo.

     Le modifiche, come si evince dalla collocazione dell'art. 30 nel capo VI, intitolato "disposizioni di adeguamento all'ordinamento comunitario", sono finalizzate a garantire la conformità della normativa nazionale a quella comunitaria (art. 13, B, f, della direttiva n. 77/388 del 17 maggio 1977), la quale prevede per tutti i giochi e concorsi pronostici il regime di esenzione dall'imposta sul valore aggiunto.

     In particolare la lettera a) ha riformulato l'art. 10, n. 6), inserendo nella previsione esentativa, che già menzionava l'esercizio del lotto, delle lotterie nazionali, dei totalizzatori e delle scommesse sulle corse dei cani levrieri (previste dal decreto del Ministro dell'agricoltura D.M. 16 novembre 1955), le operazioni relative all'esercizio dei giochi di abilità e dei concorsi pronostici riservati allo Stato, al C.O.N.I. ed all'Unire, comprese quelle relative alla raccolta delle giocate.

     La successiva lettera c) abroga il settimo comma dell'art. 74, che prevedeva un particolare regime di esenzione dall'I.V.A. per l'esercizio dei giochi di abilità e dei concorsi pronostici soggetti all'imposta unica. Tale regime speciale si rendeva applicabile ai concorsi pronostici gestiti dal C.O.N.I. e dall'Unire per i quali l'imposta unica doveva ritenersi sostitutiva di ogni imposta e tributo erariale e locale relativi all'organizzazione ed all'esercizio dei predetti concorsi. A seguito delle modifiche normative in commento anche tali concorsi pronostici sono disciplinati dall'art. 10, n. 6), e, pertanto, assoggettati al regime di esenzione dall'I.V.A. senza diritto alla detrazione dell'imposta pagata sugli acquisti. L'esenzione, conformemente alle citate disposizioni comunitarie, concerne le sole operazioni relative all'esercizio del concorso pronostico e non anche quelle relative alla organizzazione (ossia quelle di acquisto), non previste dalla disposizione esentativa. Queste ultime restano assoggettate alle regole ordinarie di applicazione del tributo.

     Per quanto concerne il concorso pronostici Enalotto, che non essendo soggetto all'imposta unica non era riconducibile nell'ambito del regime speciale previsto dal citato art. 74, settimo comma, si fa presente che le relative operazioni di gestione, per ragioni di ordine logico e sistematico, dovevano già ritenersi esenti dall'applicazione dell'I.V.A. anche se non espressamente menzionate nella precedente formulazione dell'art. 10, n. 6). Le disposizioni introdotte dalla legge finanziaria, pertanto, rispetto a tali operazioni non producono effetti innovativi, bensì hanno una valenza meramente ricognitiva. La previsione di una disciplina I.V.A. esentativa, omogenea per il settore dei giochi e delle scommesse, ha reso necessario modificare le disposizioni del D.Lgs. 23 dicembre 1998, n. 504, concernente il riordino dell'imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse.

     Il comma 2 dell'art. 30 in esame ha, a tal fine, sostituito l'art. 7 del citato D.Lgs. n. 504 del 1998. Nella nuova formulazione della norma non trovano menzione le operazioni relative alla organizzazione dei concorsi pronostici. Per queste, infatti, come detto in precedenza, l'I.V.A. deve essere corrisposta nei modi ordinari, conformemente a quanto previsto dalla direttiva comunitaria, e non può ritenersi compresa nell'imposta unica.

     In considerazione dell'abrogazione dell'art. 74, settimo comma, inoltre, non è stata riprodotta nella nuova formulazione dell'art. 7 la disposizione in base alla quale doveva ritenersi compresa nell'imposta unica anche l'I.V.A. relativa alle prestazioni consistenti nella assunzione dell'esercizio dei predetti concorsi pronostici. Dette operazioni, infatti, vengono disciplinate in base alla nuova disposizione esentativa di cui all'art. 10, n. 6 del D.P.R. n. 633 del 1972.

 

2.3.2 Regime di esenzione applicabile ai prodotti della pesca.

     L'art. 30, comma 1, lett. b), in conformità a quanto previsto dall'art. 14, comma 1, lett. h), della VI direttiva comunitaria n. 77/388, esenta dall'applicazione dell'I.V.A. le importazioni nei porti, effettuate dalle imprese di pesca marittima, dei prodotti della pesca allo stato naturale o dopo operazioni di conservazione ai fini della commercializzazione, ma prima di qualsiasi consegna.

     A tal fine viene aggiunto nell'art. 10 del D.P.R. n. 633 del 1972 il numero 27-sexies. La norma, che avrebbe trovato più naturale collocazione nell'art. 68 del D.P.R. n. 633 del 1972, produce l'effetto di escludere l'applicazione dell'imposta alle suddette importazioni.

 

2.3.3 Aliquota del 10% applicabile ai settori ad alta intensità di manodopera.

     L'art. 30, comma 3, proroga al 31 dicembre 2001 le disposizioni dell'art. 7, comma 1, della legge finanziaria per l'anno 2000 (legge 23 dicembre 1999, n. 488), introdotte in attuazione della direttiva comunitaria 1999/85 del 22 ottobre 1999, che consente agli Stati di prevedere, per un periodo di tempo limitato, della durata massima di tre anni, aliquote I.V.A. ridotte per settori ad alta intensità di lavoro. Anche per l'anno 2001, pertanto, si rende applicabile l'aliquota del 10% alle prestazioni di assistenza domiciliare, rese da società, imprese individuali, e da enti privati non aventi finalità di assistenza sociale, in favore di minori e di particolari categorie di soggetti adulti (anziani ed inabili adulti, soggetti affetti da disturbi psichici mentali, tossico dipendenti e malati di Aids, handicappati psicofisici) ed alle prestazioni aventi ad oggetto gli interventi di recupero del patrimonio edilizio abitativo.

     Si rammenta che rientrano nell'ambito applicativo della disposizione agevolativa prorogata, avente carattere temporaneo, le operazioni per le quali non sia già previsto un trattamento di esenzione, ai sensi dell'art. 10 del D.P.R. n. 633 del 1972, o l'applicazione di aliquote I.V.A. ridotte, ai sensi della tabella A, parte seconda e terza, allegata al medesimo D.P.R.

 

2.3.4 Indetraibilità dell'imposta pagata sull'acquisto di autoveicoli.

     La norma in esame ha prorogato al 31 dicembre 2001, modificandolo in parte, il regime di indetraibilità dell'imposta previsto dall'art. 19-bis 1, lett. c), del D.P.R. n. 633 del 1972, per l'acquisto e l'importazione di ciclomotori, di motocicli e di autovetture ed autoveicoli indicati nell'art. 54, lettere a) e c), del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, non compresi nella tabella B e non adibiti ad uso pubblico, e dei relativi componenti e ricambi, nonché per le prestazioni di servizi di cui al terzo comma dell'art. 16 e per quelle di impiego, custodia, manutenzione e riparazione relative ai beni stessi.

     Anteriormente alle modifiche apportate al citato art. 19-bis 1, tale indetraibilità, esclusa per le ipotesi in cui i suddetti beni formino oggetto dell'attività propria dell'impresa, per i mezzi adibiti ad uso pubblico e per gli agenti o rappresentanti di commercio, era prevista nella misura del 100%.

     La norma che dispone la proroga per l'anno 2001 è stata introdotta sulla base della "presa d'atto" formale adottata dal Comitato I.V.A., in data 14 novembre 2000, in relazione alla consultazione proposta dall'Italia, ai sensi dell'art. 29 della VI direttiva (CEE) n. 77/388, del 17 maggio 1977. L'Italia in tale sede si impegnava a consentire una parziale detrazione dell'I.V.A. sulle spese di acquisto e importazione dei predetti mezzi di trasporto, mantenendo la indetraibilità dell'imposta per le spese di manutenzione e riparazione e per quelle di approvvigionamento di carburanti e lubrificanti.

     La nuova disposizione ha pertanto differenziato il sistema di limitazione del diritto a detrazione prevedendo, in particolare:

     - l'indetraibilità limitata al 90% dell'ammontare dell'imposta afferente l'acquisto, l'importazione e l'acquisizione mediante contratti di locazione finanziaria, noleggio e simili, dei suddetti veicoli;

     - l'indetraibilità limitata al 50% dell'ammontare dell'imposta afferente l'acquisto, l'importazione e l'acquisizione mediante contratti di locazione finanziaria, noleggio e simili, dei suddetti veicoli nel caso abbiano propulsori non a combustione interna (ad esempio motori elettrici);

     - l'indetraibilità totale dell'imposta afferente gli acquisti degli altri beni e servizi indicati nel citato art. 19-bis, comma 1, quali i pezzi di ricambio, le prestazioni di custodia, manutenzione e riparazione dei veicoli.

     Per quanto concerne l'imposta relativa all'acquisto ed all'importazione di carburanti e lubrificanti destinati ai veicoli in questione, sulla base di quanto previsto nella "presa d'atto" degli organismi comunitari, sopra richiamata, si deve ritenere che resti immutato il regime di totale indetraibilità dell'imposta già applicabile nella vigenza delle precedenti disposizioni.

     Il legislatore ha infatti inteso concedere un parziale, e peraltro limitato, esercizio della detrazione esclusivamente in relazione all'acquisto dei veicoli, mentre ha escluso totalmente l'esercizio di tale diritto in relazione all'imposta afferente gli acquisti di altri beni e servizi connessi all'utilizzo degli stessi.

     La effettuazione della detrazione, anche se parziale, all'atto dell'acquisto dei veicoli, comporta che la successiva vendita, a differenza di quanto avveniva nella vigenza delle precedenti disposizioni, non può essere effettuata in regime di esenzione, in quanto l'art. 10, n. 27-quinquies, del D.P.R. n. 633 del 1972 dichiara esenti dal tributo le sole cessioni che hanno per oggetto beni acquistati o importati senza aver detratto, neppure in parte, la relativa imposta.

     Tenuto conto di tale principio di carattere generale, il successivo comma 5 dell'art. 30 in esame detta particolari criteri di determinazione della base imponibile stabilendo, in sostanza, che, per le cessioni di veicoli per i quali sia stata operata la detrazione in base alle nuove regole di indetraibilità, l'imposta deve essere applicata sulla parte di base imponibile corrispondente alla percentuale della detrazione operata. La norma prevede, infatti, che per tali cessioni la base imponibile deve essere assunta al 10% del relativo ammontare ovvero al 50% nel caso di veicoli con propulsione non a combustione interna.

     Il comma 6 dell'articolo in commento è finalizzato ad evitare che, a seguito delle nuove regole che consentono una parziale detraibilità dell'I.V.A., si verifichi una duplicazione d'imposta al momento della rivendita dei veicoli usati.

     Occorre tener presente che la rivendita delle auto usate, in base alla precedente disciplina, era assoggettata al regime del margine.

     L'indetraibilità totale dell'I.V.A. relativa agli autoveicoli comportava, infatti, che il trasferimento di tali beni al rivenditore di veicoli usati per la successiva rivendita desse luogo ad una cessione esente da imposta ai sensi dell'art. 10, n. 27-quinquies, del D.P.R. n. 633 del 1972 e che il rivenditore, in base ai principi dello speciale regime I.V.A. "del margine", dettati dalla direttiva comunitaria 94/5 della C.E. e recepiti dagli articoli 36 e seguenti del D.L. n. 41 del 1995, convertito dalla legge n. 81 del 1995, applicasse alla successiva rivendita tale particolare regime. Le nuove disposizioni che riducono l'indetraibilità dell'I.V.A. al 90% o, in ipotesi marginali, al 50%, e che prevedono che la successiva cessione dell'autoveicolo nei confronti del rivenditore avvenga con l'applicazione, seppur limitata, dell'imposta, avrebbero comportato, in assenza di una specifica disposizione, che il rivenditore applicasse l'imposta sull'intero corrispettivo, e cioè anche su quella parte di base imponibile comprensiva dell'I.V.A. indetraibile, producendo l'effetto di duplicazione dell'imposta che il sistema del margine intende correggere.

     Il comma in esame prevede, pertanto, che i rivenditori di veicoli usati, ai quali sia stata addebitata, in sede di acquisto dei veicoli da rivendere, l'I.V.A. commisurata al 10% o al 50% della base imponibile, ai sensi dell'art. 30, comma 5, applichino il regime I.V.A. del margine, previsto per i rivenditori di beni usati.

     Si rammenta che, in base al richiamato sistema del margine, il rivenditore dei beni usati non deve operare la detrazione dell'imposta addebitatagli e, al momento della rivendita, non deve applicare il tributo sull'intero corrispettivo. Tale particolare regime comporta, infatti, l'indetraibilità dell'imposta afferente gli acquisti e l'applicazione del tributo sul solo margine realizzato, consistente nella differenza tra i costi di acquisto, comprensivi di I.V.A., ed il prezzo di rivendita praticato.

     Il regime del margine è previsto dalla normativa comunitaria e nazionale per evitare fenomeni di doppia imposizione in relazione ai beni che, dopo la prima uscita dal circuito commerciale (immissione in consumo), vengano ceduti ad un soggetto passivo d'imposta per la successiva rivendita.

     La norma in commento estende l'applicazione del "regime I.V.A. del margine" anche ai beni per i quali il rivenditore subisca all'atto dell'acquisto degli stessi il riaddebito dell'imposta a titolo di rivalsa.

     Va tenuto presente, in proposito, che la disciplina del "margine" già contiene delle previsioni per tale aspetto analoghe (art. 36, comma 2) che consentono ai rivenditori di applicare il predetto regime anche alle cessioni di determinati beni per i quali essi abbiano corrisposto l'I.V.A. all'atto dell'acquisto (cessioni di oggetti d'arte, d'antiquariato e da collezione importati; oggetti d'arte ceduti al rivenditore dall'autore o dai suoi eredi o aventi causa che siano soggetti passivi d'imposta), escludendo la detrazione dell'imposta.

 

2.3.5 Tasse automobilistiche - agevolazioni per l'acquisto di autoveicoli da parte di soggetti portatori di handicap psichici.

     Le agevolazioni previste dall'art. 8 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, come modificata dall'art. 50 della legge 21 novembre 2000, n. 342, in relazione ai veicoli acquistati da parte di soggetti portatori di handicap con ridotte o impedite capacità motorie permanenti, o dei familiari di cui essi sono fiscalmente a carico, vengono estese anche ai soggetti con handicap psichico o mentale di gravità tale da comportare il riconoscimento dell'indennità di accompagnamento.

     La richiamata legge n. 449 prevede ai fini dell'I.R.P.E.F. la detrazione del 19% della spesa sostenuta per l'acquisto dei veicoli adattati in funzione delle ridotte o impedite capacità motorie permanenti, una sola volta in un periodo di quattro anni, salvo i casi in cui risulti che il suddetto veicolo sia stato cancellato dal pubblico registro automobilistico, e, con riferimento a un solo veicolo, nei limiti della spesa di trentacinque milioni che può essere alternativamente ripartita in quattro quote costanti di pari importo.

     Ai fini dell'I.V.A. l'agevolazione consiste nell'applicazione dell'aliquota del 4% sull'acquisto dei detti veicoli, di cilindrata non superiore a 2000 centimetri cubici se con motore a benzina o a 2800 centimetri cubici se con motore diesel, nonché sulle prestazioni rese dalle officine per adattare i veicoli anche non nuovi di fabbrica e sulle cessioni dei relativi accessori e strumenti. Anche ai fini dell'I.V.A. l'agevolazione spetta una sola volta in un periodo di quattro anni, salvo il caso in cui dal pubblico registro automobilistico risulti la cancellazione del veicolo.

     Per le cessioni dei veicoli in esame è infine prevista l'esenzione dal pagamento delle tasse automobilistiche.

     In relazione alla estensione di tali agevolazioni ai soggetti portatori di handicap psichici si sottolinea che il beneficio è previsto solo in favore di persone non autosufficienti per le quali la condizione di particolare gravità prevista dall'art. 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992 ha comportato la necessità dell'assegno di accompagnamento.

     Si ritiene che i veicoli destinati a facilitarne la locomozione non sempre necessitano di particolari specifici adattamenti, potendo essere sufficienti anche accessori di serie, qualora questi siano prescritti dalla competente commissione medica.

 

2.3.6 Modifica alle norme sulla indetraibilità dell'imposta afferente alcuni impianti di telefonia fissa e alle spese di rappresentanza.

     Il comma 1, lett. a), dell'art. 31, apporta modifiche all'art. 19-bis1 del D.P.R. n. 633 del 1972, concernente la esclusione o la riduzione della detrazione per alcuni beni e servizi. In particolare vengono modificate le lettere g) ed h) che dispongono, rispettivamente, la parziale indetraibilità dell'I.V.A. afferente le apparecchiature telefoniche e la totale indetraibilità dell'imposta afferente le spese di rappresentanza.

     Per quanto concerne le prime la limitazione all'esercizio della detrazione dell'imposta, consentita nella misura del 50%, per l'acquisto, l'importazione, le prestazioni di servizi di cui al terzo comma dell'art. 16 del D.P.R. n. 633 del 1972, nonché per le spese di gestione di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione soggette alla tassa sulle concessioni governative, è esclusa per gli impianti di telefonia fissa installati all'interno dei veicoli utilizzati per il trasporto di merci da parte delle imprese di autotrasporto. Per tali impianti, pertanto, l'I.V.A. si rende detraibile da parte delle imprese di autotrasporto secondo i principi generali di cui all'art. 19 del D.P.R. n. 633 del 1972.

     Per quanto concerne le spese di rappresentanza, quali risultano definite ai sensi dell'art. 74 del T.U.I.R., in base alle nuove disposizioni l'indetraibilità dell'I.V.A. non opera in relazione a quelle sostenute per effettuare acquisti di beni il cui costo unitario non sia superiore a lire cinquantamila. Si deve ritenere che l'intervento del legislatore sia teso ad evitare che per tali operazioni sia negato il diritto alla detrazione, trattandosi di cessioni di modico valore, poste in essere nell'ordinario esercizio dell'impresa, dell'arte o della professione. La detrazione deve ritenersi consentita, pertanto, non soltanto per la espressa inapplicabilità dalla norma di indetraibilità oggettiva di cui all'art. 19-bis-1, lett. h), ma anche per la implicita inapplicabilità dell'art. 19, secondo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, che dichiara indetraibile l'I.V.A. relativa all'acquisto di beni non soggetti ad imposta. Una diversa interpretazione, che ancorasse l'indetraibilità dell'imposta anziché all'art. 19-bis-1, all'art. 19, secondo comma, basata sulla considerazione che le spese di rappresentanza danno luogo a cessioni gratuite di beni escluse dall'applicazione del tributo ai sensi dell'art. 2, comma 2, n. 4, del D.P.R. n. 633 del 1972 se la loro produzione o il loro commercio non rientrano nell'attività propria dell'impresa e se aventi costo unitario non superiore a lire cinquantamila, vanificherebbe il contenuto innovativo della norma.

     Si rammenta in proposito che la circolare n. 328/E del 24 dicembre 1997, illustrativa delle modifiche apportate al D.P.R. n. 633 del 1972 dal D.Lgs. n. 313 del 1997, richiamando la stessa relazione illustrativa di tale D.Lgs. ha precisato che il diniego alla detrazione dell'imposta, pur concernendo beni e servizi impiegati in operazioni non soggette ad I.V.A., non s'intende esteso a quelli indirettamente e funzionalmente ricollegabili ad altre operazioni imponibili.

 

2.3.7 Modifiche al settore dei rottami.

     La disposizione in esame ha ampliato l'ambito oggettivo di applicazione del particolare regime I.V.A. previsto dall'art. 74, nono comma, come modificato dall'art. 41 del collegato alla legge finanziaria per l'anno 2000 (legge 21 dicembre 2000, n. 342) per le cessioni di rottami, cascami e avanzi di metalli non ferrosi, consistente nella effettuazione delle cessioni dei suddetti beni senza pagamento dell'imposta, fermi restando gli obblighi di cui al titolo secondo del D.P.R. n. 633 del 1972.

     Ai beni, espressamente richiamati nell'art. 74, nono comma, vengono aggiunti il filo di rame con diametro superiore ai 6 millimetri, il filo di alluminio non legato con diametro superiore a 7 millimetri ed il filo di leghe di alluminio con diametro superiore a sette millimetri.

 

2.3.8 Rimborsi.

     I rimborsi di eccedenze d'imposta detraibili, richiesti ai sensi dell'art. 30 del D.P.R. n. 633 del 1972, possono essere effettuati nei confronti di soggetti sottoposti a fallimento o a liquidazione coatta amministrativa in assenza del rilascio della apposita garanzia prevista dall'art. 38-bis del D.P.R. n. 633 del 1972.

     L'esonero dalla prestazione delle garanzie opera sia per i rimborsi non ancora liquidati alla data di apertura del fallimento o di inizio della liquidazione coatta amministrativa, sia per quelli successivamente presentati dal curatore fallimentare o dal commissario liquidatore.

 

2.3.9 Aliquota 4% alle cessioni di prodotti editoriali per soggetti non vedenti.

     L'art. 31, comma 1, lettera d), n. 1, della legge finanziaria modifica il n. 18 della tabella A, parte seconda, allegata al D.P.R. n. 633 del 1972, il quale prevede l'applicazione dell'aliquota I.V.A. del 4% alle cessioni, tra l'altro, di giornali e notiziari quotidiani, libri, periodici, ad esclusione dei giornali e dei periodici pornografici e dei cataloghi diversi da quelli di informazione libraria, inserendo tra i prodotti editoriali soggetti alla aliquota ridotta anche quelli realizzati in scrittura braille e quelli realizzati su supporti audio-magnetici per non vedenti ed ipovedenti.

     Le cessioni di tali beni, in quanto costituiscono sussidi tecnici ed informatici rivolti a facilitare l'autosufficienza e l'integrazione dei soggetti portatori di handicap, erano già soggette alla aliquota del 4%, ai sensi dell'art. 2, comma 9, del D.L. n. 669 del 1996, convertito dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, se effettuate direttamente nei confronti di soggetti aventi menomazioni permanenti di natura motoria, visiva, uditiva e del linguaggio, in base alle modalità dettate dal decreto ministeriale 14 febbraio 1998.

     Si deve, pertanto, ritenere che in base alla disposizione in esame l'aliquota del 4% si renda applicabile alle cessioni di tali beni anche se non acquistati direttamente dai soggetti non vedenti o ipovedenti purché siano destinati ad essere utilizzati dai medesimi.

     Il n. 2 della disposizione in esame, modificando il n. 35 della tabella A, parte seconda, allegata al D.P.R. n. 633 del 1972, estende l'applicazione dell'aliquota I.V.A. del 4%, prevista per le prestazioni di composizione, legatoria e stampa dei prodotti editoriali anche alle prestazioni di montaggio e duplicazione degli stessi anche se realizzati in scrittura braille e su supporti audio-magnetici per non vedenti ed ipovedenti.

 

2.3.10 Proroga regime speciale I.V.A. in agricoltura.

     Le disposizioni concernenti l'applicazione dell'I.V.A. al settore agricolo restano invariate per l'anno 2001. Mediante la proroga al 31 dicembre di tale anno del termine previsto dal comma 5 dell'art. 11 del D.Lgs. n. 313 del 1997, come modificato dal decreto legge 15 febbraio 2000, n. 21, convertito nella legge 14 aprile 2000, n. 92, viene concesso anche per l'anno 2001 ai produttori agricoltori con volume d'affari superiore a 40 milioni di lire di applicare il regime I.V.A. speciale per l'agricoltura.

     È inoltre posticipato al 31 dicembre del 2001 il termine a partire dal quale le attività svolte nell'ambito della medesima impresa agricola devono essere in ogni caso unitariamente considerate.

 

2.3.11 Liquidazioni e versamenti da parte di contribuenti minori.

     L'art. 31, comma 3, della legge in commento riduce, dall'1,50% all'1%, la misura degli interessi che i contribuenti minori devono corrispondere a titolo di maggiore imposta, ai sensi dell'art. 7 del D.P.R. n. 542 del 1999.

     Trattasi dei contribuenti che nell'anno solare precedente hanno realizzato un volume d'affari non superiore a trecentosessanta milioni di lire per le imprese aventi ad oggetto prestazioni di servizi e per gli esercenti arti e professioni, ovvero di lire un miliardo per le imprese aventi per oggetto altre attività, e che abbiano optato per la effettuazione delle liquidazioni d'imposta trimestrali, ai sensi del citato D.P.R. n. 542 del 1999.

     La misura dell'1%, prevista dalla legge finanziaria in commento, è suscettibile di ulteriori variazioni da adottare con regolamento da emanare ai sensi dell'art. 17, comma 2, della legge n. 400 del 23 agosto 1988.

     La disposizione in commento acquista efficacia dal primo gennaio 2001 per cui gli interessi si renderanno applicabili nella misura dell'1% fin dal versamento relativo all'imposta dovuta per il quarto trimestre dell'anno 2000, da effettuare entro il 16 marzo del 2001.

 

2.4 Articolo 32 - Semplificazione degli adempimenti fiscali per le società sportive dilettantistiche.

 

     L'art. 32 aggiunge all'art. 18 del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 60, il comma 2-bis, prevedendo un intervento in sede regolamentare in materia di adempimenti fiscali delle società sportive dilettantistiche. In particolare, con regolamento da emanare entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della legge in commento, dovranno essere disciplinate modalità semplificate di certificazione dei corrispettivi delle predette società.

     Il successivo art. 33, comma 11, aggiunge il comma 3-bis all'art. 6 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640, come sostituito dal D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 60.

     L'anzidetta norma reca una disciplina di favore per i soggetti che hanno optato ai sensi della legge 16 dicembre 1991, n. 398, e per le associazioni di promozione sociale di cui all'art. 5 del D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460, introducendo un regime di esonero dall'obbligo di utilizzare gli apparecchi misuratori fiscali di cui al decreto ministeriale 13 luglio 2000.

     Il nuovo comma 3-bis del citato art. 6 del D.P.R. n. 640 del 1972 dispone, in particolare, che le associazioni sportive dilettantistiche, le associazioni senza scopo di lucro, le associazioni pro-loco, che optano per l'applicazione delle disposizioni recate dalla legge 16 dicembre 1991, n. 398, e le associazioni di promozione sociale, per le attività di intrattenimento organizzate a favore dei soci, non sono tenuti ad emettere titoli di accesso al fine della certificazione dei corrispettivi.

 

2.5 Articolo 33 - Disposizioni in materia di registro e altre imposte indirette e disposizioni agevolative.

 

2.5.1 Imposta di registro sui provvedimenti della giurisdizione amministrativa.

     L'art. 33, al comma 1, modifica l'art. 8 della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131.

     Più precisamente, è stato introdotto il comma 1-bis che prevede l'applicazione dell'imposta di registro con l'aliquota del 3% per gli atti del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali che definiscono, anche parzialmente, il giudizio, compresi i decreti ingiuntivi esecutivi, che recano condanna al pagamento di somme di danaro diverse dalle spese processuali.

     Con tale modifica sono stati attratti all'obbligo della registrazione in termine fisso gli atti del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali.

     Conseguentemente è stata modificata la nota II) in calce allo stesso art. 8 inserendovi il riferimento agli atti di cui sopra i quali non sono soggetti all'imposta proporzionale per la parte in cui dispongono il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti all'imposta sul valore aggiunto.

     Ciò in conformità ai criteri di applicazione del tributo previsti per gli atti dell'autorità giudiziaria in genere, in relazione ai quali sono state fornite istruzioni, da ultimo con circolare n. 214/E del 10 settembre 1998 del Dipartimento delle entrate.

     La disposizione in esame attrae a regime ordinario, ai fini dell'imposta di registro, i provvedimenti della giurisdizione amministrativa considerato che, a seguito della legge 21 luglio 2000, n. 205, settori sempre più ampi sono passati dalla cognizione del giudice ordinario alla giurisdizione del complesso T.A.R.-Consiglio di Stato.

     La previsione in esame ha carattere innovativo e, ai sensi del comma 2 dell'art. 33 in commento, si applica a decorrere dal 1° marzo 2001, cioè agli atti dell'autorità giudiziaria amministrativa pubblicati o emanati da tale data.

 

2.5.2 Trasferimenti di beni immobili in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati.

     L'art. 33, comma 3, introduce un regime agevolato per i trasferimenti di beni immobili situati in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati, comunque denominati, regolarmente approvati, ai sensi della normativa statale o regionale.

     Ai suddetti trasferimenti, infatti, si rende applicabile l'imposta di registro nella misura dell'1% e le imposte ipotecarie e catastali in misura fissa.

     Il regime agevolato trova applicazione a condizione che entro cinque anni dalla data dell'atto del trasferimento avvenga l'utilizzazione edificatoria dell'area.

     Da una prima lettura delle riferite disposizioni sembra emergere un nesso funzionale tra i "trasferimenti di beni immobili" e la "utilizzazione edificatoria dell'area" nella quale l'immobile è ricompreso. Così che l'utilizzazione edificatoria dell'area (già in possesso dell'acquirente) anziché dell'immobile oggetto del trasferimento sembra porsi come condizione per fruire dell'agevolazione. Ne consegue che l'aliquota dell'1% è applicabile ai soli trasferimenti di immobili, ricompresi in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati, che siano funzionali all'utilizzazione edificatoria dell'area stessa, altrimenti impedita da cause ostative preesistenti quali, ad esempio, la disponibilità da parte dell'acquirente di una superficie inferiore a quella minima richiesta dal piano particolareggiato per l'edificabilità.

 

2.5.3 Disposizioni agevolative in favore delle associazioni pro-loco.

     L'art. 33, comma 5, inserendo dopo il comma 1 dell'art. 25 della legge 13 maggio 1999, n. 133, come modificato dall'art. 37 della legge 21 novembre 2000, n. 342, il comma 1-bis, ha esteso alle associazioni pro-loco le disposizioni agevolative già previste dal comma 1 dell'art. 25 della citata legge n. 133 del 1999 (divenuto comma 2 dell'art. 25 dopo le modifiche apportate dal richiamato art. 37 della legge n. 342 del 2000) in favore esclusivamente delle associazioni sportive dilettantistiche che si avvalgono dell'opzione di cui all'art. 1 della legge 16 dicembre 1991, n. 398.

     La disposizione in argomento prevede, quindi, anche per le associazioni pro-loco, che si avvalgono dell'opzione di cui all'art. 1 della legge 16 dicembre 1991, n. 398, e successive modificazioni, la non concorrenza alla formazione del reddito imponibile - entro il limite di un numero di eventi non superiore a due per anno e per un importo non superiore attualmente al limite complessivo di lire cento milioni per periodo d'imposta - dei proventi realizzati nello svolgimento di attività commerciali connesse agli scopi istituzionali e dei proventi realizzati per il tramite della raccolta pubblica di fondi effettuata in conformità all'art. 108, comma 2-bis, lettera a), del T.U.I.R.

     Sulla disposizione in esame sono stati forniti chiarimenti con la circolare n. 207/E del 16 novembre 2000 del Dipartimento delle entrate, cui si rinvia, al paragrafo 1.5.8 - art. 37, comma 2 - concernente l'esclusione di particolari proventi dal reddito imponibile delle associazioni sportive dilettantistiche.

 

2.5.4 Agevolazioni per la Croce Rossa italiana.

     L'art. 33, al comma 6, dispone, a decorrere dal 1° gennaio 2001, l'esonero a favore della Croce Rossa italiana dal pagamento del canone radio dovuto per tutte le attività assistenziali, di protezione civile e di soccorso sanitario.

     Con tale previsione sono stati estesi alla Croce Rossa i benefici tributari già stabiliti dal comma 16 dell'art. 24 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, nei confronti di altre associazioni operanti nel campo del volontariato e della protezione civile.

 

2.5.5 Modifiche al regime del contributo unificato di iscrizione a ruolo.

     L'art. 33, comma 7, interviene nell'art. 9, comma 8, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, inserendo fra i procedimenti non soggetti al contributo unificato di iscrizione a ruolo - per le spese degli atti giudiziari - quelli di rettificazione di stato civile, di cui all'art. 454 del codice civile.

     Con il comma 8 viene abrogato il comma 10 dello stesso art. 9 il quale prevedeva l'emanazione di un decreto del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri delle finanze e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, contenente i criteri per la ripartizione dei proventi del contributo tra le amministrazioni interessate.

     Il successivo comma 9 modifica il comma 11 del predetto art. 9 della legge n. 488 del 1999 stabilendo che il termine dal quale si applicano le disposizioni relative al contributo unificato può essere prorogato per un periodo massimo di dodici mesi, invece che di sei mesi come precedentemente previsto.

     È appena il caso di ricordare che detto termine, fissato inizialmente al 1° luglio 2000, è stato prorogato al 1° gennaio 2001 con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 giugno 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 152 del 1° luglio 2000.

     A seguito della modifica introdotta, con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, il termine di applicazione del contributo unificato potrà essere ulteriormente prorogato al massimo fino al 1° luglio 2001.

 

2.5.6 Agevolazione cosiddetta "Prima casa".

     L'art. 33 comma 12, interviene nella nota II-bis) all'art. 1 della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, modificando la lettera a) del comma 1 la quale prevede che uno dei requisiti per godere dell'agevolazione cosiddetta "prima casa" è che l'immobile da acquistare sia ubicato nel territorio del comune in cui l'acquirente ha o stabilisca la propria residenza.

     In tal senso l'acquirente deve rendere apposita dichiarazione, a pena di decadenza, per poter usufruire dell'imposta di registro ridotta del 3%.

     A seguito della modifica intervenuta, il termine entro il quale l'acquirente deve stabilire la propria residenza nel comune in cui si trova l'immobile acquistato è stato fissato in diciotto mesi, anziché in un anno come precedentemente previsto.

     In virtù del richiamo alla citata nota II-bis, contenuto nel numero 21) della tabella A, parte seconda, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, la modifica in commento produce i suoi effetti anche ai fini dell'I.V.A., con riferimento, ovviamente, alle ipotesi in cui la cessione della unità immobiliare costituente "prima casa" sia soggetta a tale ultimo tributo.

     Ovviamente restano immutate tutte le altre condizioni necessarie per usufruire del beneficio in argomento e con particolare riferimento alla residenza si rinvia a quanto precisato nella risoluzione n. 20/E del 19 gennaio 1995 del Dipartimento delle entrate.

 

2.5.7 Atti e documenti esenti dall'imposta di bollo.

     L'art. 33, al comma 4, interviene nella tabella, allegato B, annessa al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642, recante gli atti, documenti e registri esenti dall'imposta di bollo in modo assoluto, modificando l'art. 7, primo comma, e inserendo gli articoli 8-bis e 13-bis.

     Con la modifica all'art. 7 è stata estesa alle banche l'esenzione in precedenza stabilita esclusivamente per le ricevute ed altri documenti relativi ai conti correnti postali diversi da quelli assoggettati all'imposta sostitutiva di cui all'art. 13, comma 2-bis, della tariffa annessa al citato D.P.R. n. 642 del 1972.

     Tale modifica ha ampliato l'esenzione anche dal punto di vista oggettivo in quanto risultano ora esenti non solo le ricevute e i documenti relativi ai conti correnti, ma più in generale le ricevute, le quietanze e gli altri documenti recanti addebitamenti o accreditamenti formati, emessi ovvero ricevuti dalle banche o dalle poste.

     L'art. 8-bis introduce una ulteriore esenzione nella tabella, allegato B, per i certificati anagrafici richiesti dalle società sportive su disposizione delle rispettive federazioni e di enti ed associazioni di promozione sportiva di appartenenza.

     L'art. 13-bis, infine, dispone l'esenzione per il contrassegno invalidi, rilasciato ai sensi dell'art. 381 del regolamento di esecuzione del nuovo codice della strada, approvato con D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, a soggetti la cui invalidità comporta ridotte o impedite capacità motorie permanenti.

     Tenuto conto del tenore letterale della norma in commento, l'esenzione non si applica al contrassegno invalidi con il quale viene resa nota l'autorizzazione rilasciata a persone invalide a tempo determinato in conseguenza di infortunio o per altre cause patologiche e prevista dal comma 4 del citato art. 381 del D.P.R. n. 495 del 1992. L'esenzione viene introdotta, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge 1° gennaio 2001.

 

2.6 Articolo 53 - Regole di bilancio per le Regioni, le Province e i Comuni.

 

     Per l'anno 2001 viene stabilita la riassegnazione della somma di lire 2.500 miliardi - determinata dall'importo del netto ricavo relativo all'emissione dei titoli pubblici - per il rimborso della tassa sulle concessioni governative per l'iscrizione nel registro delle imprese; sarà, pertanto, possibile proseguire nell'attività di rimborso già svolta nel corso del 1999 e dell'anno 2000.

     Il secondo comma dell'articolo in esame precisa che le modalità e le procedure di rimborso da seguire sono quelle stabilite dal comma 6 dell'art. 11 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, con riferimento alle quali sono state emanate dal Dipartimento delle entrate apposite istruzioni amministrative con circolare n. 106/E del 11 maggio 1999 e circolare n. 192/E del 23 settembre 1999.

     Le Direzioni regionali vigileranno sulla corretta applicazione delle presenti istruzioni.

 


[1] Circolare emanata dal Ministero delle finanze, Agenzia delle entrate, Direzione centrale affari giuridici e contenzioso tributario, Ufficio del Direttore centrale.