§ 1.4.19 – L.R. 9 gennaio 2006, n. 1.
Principi e norme fondamentali del sistema Regione - autonomie locali nel Friuli Venezia Giulia.


Settore:Codici regionali
Regione:Friuli Venezia Giulia
Materia:1. assetto istituzionale e organi statutari
Capitolo:1.4 controllo ed amministrazione attiva degli enti locali
Data:09/01/2006
Numero:1


Sommario
Art. 1.  (Unità e policentrismo regionale).
Art. 2.  (Pluralismo istituzionale).
Art. 3.  (Vocazione internazionale).
Art. 4.  (Tutela e integrazione sociale dei cittadini e delle persone).
Art. 5.  (Sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza).
Art. 6.  (Obiettivi strategici nell’esercizio delle funzioni amministrative).
Art. 7.  (Valorizzazione del territorio dei piccoli Comuni).
Art. 8.  (Autonomia dei Comuni e delle Province).
Art. 9.  (Città metropolitane).
Art. 10.  (Comunità montane).
Art. 11.  (Potestà normativa).
Art. 12.  (Statuti).
Art. 13.  (Regolamenti).
Art. 14.  (Istituti di garanzia).
Art. 15.  (Potestà amministrative).
Art. 16.  (Funzioni del Comune).
Art. 17.  (Funzioni della Provincia).
Art. 18.  (Interventi sussidiari ed esercizio del potere sostitutivo).
Art. 19.  (Funzioni amministrative della Regione).
Art. 20.  (Forme collaborative tra gli enti locali).
Art. 21.  (Convenzioni).
Art. 22.  (Associazioni intercomunali).
Art. 23.  (Unioni di Comuni).
Art. 24.  (Consorzi fra enti locali e altri enti pubblici).
Art. 25.  (Ambiti per lo sviluppo territoriale - ASTER).
Art. 26.  (Piano di valorizzazione territoriale).
Art. 27.  (Interventi regionali per lo sviluppo delle gestioni associate).
Art. 28.  (Fusioni di Comuni).
Art. 28 bis.  (Incentivazione dei percorsi di fusione)
Art. 29.  (Associazione delle Province e Conferenze interprovinciali).
Art. 30.  (Carte dei servizi).
Art. 31.  (Costituzione del Consiglio delle autonomie locali).
Art. 32.  (Funzionamento del Consiglio delle autonomie locali).
Art. 33.  (Regolamento del Consiglio delle autonomie locali).
Art. 34.  (Funzioni del Consiglio delle autonomie locali).
Art. 35.  (Comunicazione degli atti).
Art. 36.  (Procedimento di formazione dell’intesa e di acquisizione del parere).
Art. 37.  (Partecipazione del Presidente del Consiglio delle autonomie locali alle sedute del Consiglio regionale e della Giunta regionale).
Art. 38.  (Collaborazione istituzionale).
Art. 39.  (Collaborazione della Regione all’attività degli enti locali).
Art. 40.  (Rapporti tra enti locali e Regione).
Art. 41.  (Garante degli amministratori locali).
Art. 42.  (Autonomia finanziaria degli enti locali).
Art. 43.  (Principi generali in materia di finanza locale).
Art. 44.  (Principi generali in materia di contabilità).
Art. 45.  (Osservatorio regionale per la finanza locale).
Art. 46.  (Norme transitorie e finali).
Art. 47.  (Pubblicazione).
Art. 48.  (Norme finanziarie).
Art. 49.  (Abrogazioni).


§ 1.4.19 – L.R. 9 gennaio 2006, n. 1.

Principi e norme fondamentali del sistema Regione - autonomie locali nel Friuli Venezia Giulia.

(B.U. 11 gennaio 2006, n. 2).

 

TITOLO I

ELEMENTI COSTITUTIVI

 

Capo I

Principi fondamentali

 

Art. 1. (Unità e policentrismo regionale).

     1. Con la presente legge la Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, unita e policentrica, detta i principi e le norme fondamentali del sistema Regione - autonomie locali.

     2. Nel Friuli Venezia Giulia il principio dell’autonomia rappresenta il valore fondamentale per la tutela, la valorizzazione e lo sviluppo delle singole comunità locali e dell’intera comunità regionale.

     3. La Regione, le Province e i Comuni perseguono la coesione politica, sociale, economica e territoriale del Friuli Venezia Giulia, valorizzando la solidarietà e il policentrismo in un contesto istituzionale, rispettando le peculiarità storiche, culturali e linguistiche proprie del Friuli, della Venezia Giulia e comunque di tutti i territori compresi nelle province di Gorizia, Pordenone, Trieste e Udine.

 

     Art. 2. (Pluralismo istituzionale).

     1. Le comunità locali del Friuli Venezia Giulia, ordinate in Comuni e Province, sono autonome e rappresentano il pluralismo istituzionale e l’insieme delle relazioni umane e sociali dei territori costituenti la regione.

     2. Nel Friuli Venezia Giulia i Comuni, le Province e la Regione, quali espressioni della sovranità popolare, hanno pari dignità istituzionale e ispirano la propria azione ai principi di leale collaborazione e di responsabilità, nel rispetto delle proprie peculiarità.

     3. Nel riconoscere il pluralismo storico, culturale e linguistico del Friuli Venezia Giulia, quale elemento fondante della comunità regionale, gli enti locali e la Regione tutelano e valorizzano le caratteristiche delle comunità locali presenti nel territorio, per concorrere allo sviluppo della società.

 

     Art. 3. (Vocazione internazionale).

     1. I Comuni, le Province e la Regione, riconosciuta la vocazione internazionale e transfrontaliera che caratterizza le comunità del Friuli Venezia Giulia, valorizzano e promuovono i rapporti con le comunità locali di altri Stati, al fine di sostenere la cultura della pace e della civile convivenza e di incentivare lo sviluppo economico, culturale e sociale, anche attraverso la gestione comune di servizi e attività.

     2. Gli enti locali e la Regione organizzano un sistema unitario di rapporti verso le altre regioni e gli Stati contermini, per accrescere la competitività del Friuli Venezia Giulia e per creare le condizioni materiali e relazionali a favore di forme istituzionali rafforzate di cooperazione transfrontaliera, interregionale e di integrazione europea.

     3. Gli enti locali possono instaurare, ai sensi dell’articolo 12 del decreto legislativo 2 gennaio 1997, n. 9 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Friuli-Venezia Giulia in materia di ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni), rapporti di reciproca collaborazione con gli enti locali degli Stati confinanti. Possono, altresì, svolgere attività di mero rilievo internazionale nelle materie di loro competenza, dandone comunicazione alla Regione e ai competenti organi dello Stato.

     4. La Regione promuove la cooperazione internazionale, coadiuvando e sostenendo le relative iniziative poste in essere dagli enti locali e dalle loro associazioni, e individua le idonee forme di coinvolgimento degli enti locali nelle proprie iniziative transfrontaliere e di partenariato territoriale.

     5. La Regione, le Province e i Comuni concorrono al mantenimento e allo sviluppo dei legami culturali, sociali ed economici tra la terra d’origine e i corregionali all’estero, quale componente fondamentale della comunità regionale.

 

     Art. 4. (Tutela e integrazione sociale dei cittadini e delle persone).

     1. I Comuni, le Province e la Regione, nel rispetto dei diritti fondamentali della persona umana e in armonia con la Costituzione, i principi e le convenzioni di diritto internazionale, la normativa comunitaria e statale, concorrono alla tutela di tutti i cittadini, compresi i cittadini dell’Unione europea e gli stranieri regolarmente soggiornanti nel proprio territorio.

     2. I Comuni e le Province concorrono con la Regione alla promozione della tutela della minoranza nazionale slovena e delle lingue friulana, slovena e tedesca.

     3. I Comuni e le Province adottano, secondo le proprie competenze, gli atti idonei a realizzare la pari opportunità tra donne e uomini anche nell’accesso alle cariche elettive e nelle nomine di propria competenza.

     4. I Comuni e le Province concorrono con la Regione nel perseguire l’integrazione sociale dei cittadini dell’Unione europea e degli stranieri regolarmente soggiornanti, eliminando gli ostacoli che ne impediscono la piena realizzazione, promuovendo la loro partecipazione alla vita pubblica locale e garantendo condizioni di parità con i cittadini italiani nell’esercizio di diritti e doveri e nell’accesso ai servizi.

 

TITOLO II

SISTEMA ISTITUZIONALE DEI POTERI PUBBLICI

 

Capo I

Regione, Province e Comuni

 

     Art. 5. (Sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza).

     1. Nella regione Friuli Venezia Giulia, le funzioni amministrative sono conferite a Comuni e Province secondo i principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, al fine di favorirne l’assolvimento da parte dell’ente territorialmente e funzionalmente più vicino ai cittadini interessati.

     2. I Comuni, le Province e la Regione, sulla base del principio di sussidiarietà e per lo svolgimento di attività di interesse generale, riconoscono il ruolo dei cittadini, delle famiglie, delle imprese, delle formazioni sociali e delle organizzazioni di volontariato e ne favoriscono l’autonoma iniziativa.

     3. I Comuni, le Province e la Regione, nell’esercizio delle proprie competenze, favoriscono gli istituti della concertazione e l’attribuzione delle funzioni alle formazioni sociali e alle organizzazioni di volontariato.

 

     Art. 6. (Obiettivi strategici nell’esercizio delle funzioni amministrative).

     1. La Regione pone a fondamento dell’intervento legislativo e della disciplina del conferimento delle funzioni amministrative a livello locale, il principio dell’integrazione tra politiche sociali, territoriali ed economiche.

     2. I Comuni, le Province e la Regione esercitano le funzioni amministrative perseguendo l’obiettivo di realizzare un sistema istituzionale partecipato, per migliorare la qualità dei servizi resi ai cittadini secondo i principi di partecipazione, di semplificazione, di economicità, di efficienza e di efficacia dell’azione amministrativa.

     3. I Comuni, le Province e la Regione, negli strumenti di programmazione e di progettazione, valorizzano i collegamenti tra politiche settoriali rivolte alle medesime categorie di destinatari o ai medesimi contesti territoriali, tenendo conto degli effetti reciproci di tali politiche.

     4. La Regione esercita funzioni di alta programmazione secondo le modalità previste dalla legge, al fine di perseguire lo sviluppo omogeneo dell’intera comunità regionale.

 

     Art. 7. (Valorizzazione del territorio dei piccoli Comuni).

     1. La Regione promuove, sostiene, tutela e valorizza, con le modalità previste ai capi V e VI, le attività economiche, sociali, ambientali e culturali esercitate nei piccoli Comuni e il ruolo di gestione del territorio che gli stessi svolgono nell’interesse della comunità regionale. Favorisce a tal fine, in particolare, l’esercizio coordinato di funzioni e la gestione associata dei servizi territoriali. Per piccoli Comuni si intendono i Comuni con popolazione pari o inferiore a 3.000 abitanti.

 

     Art. 8. (Autonomia dei Comuni e delle Province).

     1. Il Comune è l’ente locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo.

     2. La Provincia è l’ente locale che rappresenta e cura gli interessi di area vasta della propria comunità e ne promuove lo sviluppo.

     3. I Comuni e le Province informano la loro attività istituzionale al principio di leale collaborazione e si impegnano alla cooperazione istituzionale nello svolgimento delle loro funzioni.

     4. I Comuni e le Province hanno autonomia statutaria e regolamentare, organizzativa e finanziaria, ed esercitano poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione.

     5. I Comuni e le Province sono titolari delle funzioni fondamentali a essi riconosciute e di quelle ulteriori, conferite loro con legge.

     6. La Regione, in armonia con il quadro del sistema istituzionale previsto dalla presente legge, conferisce funzioni amministrative agli enti locali con leggi di settore che definiscono:

     a) le funzioni da trasferire, ispirate a criteri di completezza, omogeneità e unicità;

     b) gli enti destinatari delle funzioni;

     c) i beni e le risorse finanziarie;

     d) le risorse umane, nel contesto dell’attuazione del comparto unico del pubblico impiego regionale e locale del Friuli Venezia Giulia.

     7. Le leggi con cui la Regione conferisce le funzioni amministrative possono anche definire le condizioni per l’esercizio in forma associata delle medesime.

 

Capo II

Città metropolitane e comunità montane

 

     Art. 9. (Città metropolitane).

     1. Con legge regionale possono istituirsi città metropolitane nelle zone comprendenti i Comuni capoluogo di provincia e altri eventuali Comuni territorialmente contigui i cui insediamenti abbiano con essi rapporti di stretta integrazione territoriale in ordine alle attività economiche, ai servizi essenziali alla vita sociale, nonché alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali, a condizione che la popolazione risultante non sia inferiore a 200.000 abitanti.

     2. I Comuni che non rientrano nella città metropolitana continuano a costituire la originaria provincia di cui facevano parte a condizione che la circoscrizione provinciale risultante dalla modifica derivante dall’istituzione della città metropolitana possieda i presupposti di cui all’articolo 18, comma 3, della legge regionale 7 marzo 2003, n. 5 (Articolo 12 dello Statuto della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. Norme relative alla richiesta, indizione e svolgimento dei referendum abrogativo, propositivo e consultivo e all’iniziativa popolare delle leggi regionali). In mancanza di tali presupposti, i Comuni che non rientrano nella città metropolitana sono aggregati ad altra provincia esistente; qualora tale aggregazione non fosse possibile per mancanza di continuità territoriale, i consigli comunali di detti Comuni deliberano a maggioranza dei due terzi dei propri componenti la partecipazione o meno alla città metropolitana. In caso negativo, non si fa seguito al procedimento per l’istituzione della città metropolitana.

     3. L’iniziativa spetta al Comune capoluogo d’intesa con gli altri eventuali Comuni interessati attraverso una formale e unitaria proposta, approvata da tutti i consigli comunali a maggioranza dei due terzi dei propri componenti, che contenga:

     a) la delimitazione territoriale e la denominazione della città metropolitana;

     b) l’ipotesi di riparto delle funzioni tra la città metropolitana e i Comuni in essa compresi;

     c) l’ipotesi di eventuale revisione delle circoscrizioni territoriali dei Comuni.

     4. Entro sessanta giorni dalla presentazione della proposta, la Giunta regionale presenta un apposito disegno di legge avente per oggetto l’istituzione della città metropolitana. La consultazione delle popolazioni interessate è effettuata secondo le norme previste dalla legge regionale di cui all’articolo 12, secondo comma, dello Statuto speciale di autonomia.

     5. L’approvazione della legge istitutiva di una città metropolitana comporta la contestuale modificazione delle circoscrizioni provinciali e comunali interessate, nonché la successione della città metropolitana alla provincia.

     6. La legge istitutiva della città metropolitana prevede le modalità di successione nei rapporti giuridici e patrimoniali tra gli enti locali interessati, nonché norme transitorie per la completa attivazione del nuovo ente locale, ivi comprese le procedure per l’elezione dei nuovi organi di governo.

     7. Per gli organi, le elezioni e il funzionamento delle città metropolitane si applicano, in quanto compatibili, le norme per i Comuni.

     8. Per lo svolgimento dei servizi di competenza statale si applica la normativa statale vigente.

     9. Con riguardo alla popolazione e al territorio, spettano alla città metropolitana le funzioni della Provincia, nonché le funzioni in materia di:

     a) pianificazione territoriale generale e reti infrastrutturali dei servizi pubblici;

     b) strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici locali;

     c) promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale.

     10. La legge istitutiva della città metropolitana può prevedere, tenuto conto dell’ipotesi di riparto di cui al comma 3, lettera b), il conferimento di ulteriori funzioni al nuovo ente locale.

 

     Art. 10. (Comunità montane). [1]

     [1. Il Friuli Venezia Giulia tutela e valorizza il territorio montano quale patrimonio della comunità regionale, perseguendo e sostenendo, in particolare, lo sviluppo economico e sociale di tali aree.

     2. Le comunità montane sono enti locali territoriali, dotati di autonomia statutaria, istituiti per la valorizzazione delle zone montane e per la promozione dell’esercizio associato di funzioni comunali.

     3. Le comunità montane esercitano funzioni amministrative nei seguenti settori:

     a) difesa del suolo, tutela e valorizzazione dell’ambiente;

     b) foreste;

     c) agricoltura;

     d) risparmio energetico e riscaldamento;

     e) turismo;

     f) commercio.

     4. Le comunità montane, inoltre:

     a) esercitano le ulteriori funzioni amministrative conferite dalla legge;

     b) esercitano le funzioni amministrative conferite dai Comuni e dalla Provincia;

     c) provvedono alla gestione dei servizi delegata dai Comuni;

     d) attuano gli interventi speciali per la montagna stabiliti dall’Unione europea.

     5. Le comunità montane elaborano piani di sviluppo del territorio al fine di valorizzare le zone montane e coordinano la loro attuazione.

     6. La legge regionale stabilisce la delimitazione territoriale e i principi dell’ordinamento delle comunità montane e definisce le funzioni esercitate dagli enti locali operanti nel territorio montano.

     7. Per quanto non disciplinato dalla legge, trovano applicazione nei confronti delle comunità montane le disposizioni in materia di ordinamento e organizzazione dei Comuni del Friuli Venezia Giulia.]

 

Capo III

Potestà normativa degli enti locali

 

     Art. 11. (Potestà normativa).

     1. I Comuni e le Province hanno potestà normativa secondo i principi fissati dalla Costituzione. La potestà normativa consiste nella potestà statutaria e in quella regolamentare.

     2. La potestà normativa è esercitata anche dalle città metropolitane, dalle comunità montane e dalle unioni di Comuni, secondo le previsioni di cui alla presente legge, in quanto compatibili.

 

     Art. 12. (Statuti).

     1. I Comuni e le Province adottano il proprio statuto.

     2. Lo statuto, in armonia con la Costituzione e con l’osservanza dei principi fissati dalla legislazione regionale in materia di elezioni, organi di governo e funzioni fondamentali, nonché in materia di organizzazione pubblica, stabilisce i principi di organizzazione e funzionamento dell’ente, le forme di controllo, anche sostitutivo, le garanzie delle minoranze, le forme di partecipazione popolare, nonché le condizioni per assicurare pari opportunità tra uomo e donna anche in ordine alla presenza negli organi collegiali dell’ente.

     3. Gli statuti e le relative modificazioni sono deliberati dai rispettivi consigli con il voto favorevole dei due terzi, arrotondati per eccesso, dei componenti assegnati al consiglio. Qualora tale maggioranza non venga raggiunta, la votazione è ripetuta in successive sedute da tenersi entro trenta giorni; in tal caso gli statuti e le relative modificazioni sono approvati se ottengono per due volte il voto favorevole della maggioranza assoluta dei componenti assegnati, computando a tale fine anche la votazione espressa nella prima seduta.

     4. Gli statuti e le relative modificazioni sono affissi all’albo pretorio dell’ente locale per quindici giorni consecutivi e trasmessi alla struttura regionale competente in materia di autonomie locali, che ne cura la pubblicazione sul sito informatico istituzionale della Regione.

     5. La Regione cura la raccolta e la conservazione degli statuti degli enti locali e assicura adeguate forme di pubblicità degli statuti stessi.

     6. Gli statuti e le relative modificazioni entrano in vigore decorsi sette giorni dalla loro affissione all’albo pretorio dell’ente locale [2].

 

     Art. 13. (Regolamenti).

     1. L’organizzazione e lo svolgimento di funzioni di propria competenza sono disciplinati, in armonia con i soli principi fondamentali eventualmente previsti dalle leggi regionali in ordine ai requisiti minimi di uniformità, nonché nel rispetto delle norme statutarie, dai Comuni e dalle Province con appositi regolamenti.

     2. Nel rispetto dei principi fissati dalla legge, la procedura di approvazione dei regolamenti è fissata dallo statuto.

     3. I regolamenti sostituiscono la disciplina organizzativa e procedurale eventualmente dettata dallo Stato o dalla Regione con legge o regolamento. Fino all’adozione dei regolamenti degli enti locali si applicano le vigenti norme statali e regionali e i regolamenti attualmente vigenti, in quanto compatibili con la presente legge.

 

     Art. 14. (Istituti di garanzia). [3]

     [1. Gli statuti degli enti locali possono prevedere l’istituzione, anche in forma associata, del Mediatore civico o di altri istituti, aventi carattere di indipendenza, per garantire l’imparzialità, la trasparenza e il buon andamento della pubblica amministrazione nei confronti dei cittadini singoli o associati, anche al fine di prevenire potenziali controversie tra pubblica amministrazione e cittadini.

     2. Nel rispetto dei principi fissati dagli statuti, gli enti locali regolamentano i casi di esercizio del potere di nomina di un commissario ad acta per l’adozione di atti obbligatori in forza di norme di legge o di statuto.

     3. Per i fini di cui ai commi 1 e 2, gli enti locali si avvalgono, previa convenzione con il Consiglio regionale, del Difensore civico regionale, qualora:

     a) lo preveda espressamente lo statuto;

     b) sia vacante la carica di Mediatore civico;

     c) nelle more del suo adeguamento, lo statuto non preveda il Mediatore civico o gli altri istituti di garanzia di cui al comma 1.

     4. Il Difensore civico regionale riferisce annualmente al Consiglio regionale in merito all’attività svolta presso gli enti locali.

     5. Per lo svolgimento delle funzioni di cui al presente articolo il Difensore civico regionale può avvalersi della struttura regionale competente in materia di autonomie locali.]

 

Capo IV

Funzioni amministrative

 

     Art. 15. (Potestà amministrative).

     1. Nell’ambito delle aree di rispettiva competenza i Comuni e le Province esercitano le seguenti potestà amministrative:

     a) normazione;

     b) programmazione e pianificazione;

     c) organizzazione e gestione del personale;

     d) controllo interno;

     e) gestione amministrativa, finanziaria e contabile;

     f) vigilanza e controllo nelle aree funzionali di competenza.

 

     Art. 16. (Funzioni del Comune).

     1. Il Comune è titolare di tutte le funzioni amministrative che riguardano i servizi alla persona, lo sviluppo economico e sociale e il governo del territorio comunale, salvo quelle attribuite espressamente dalla legge ad altri soggetti istituzionali.

     2. Ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 9/1997, le funzioni esercitate dal Comune per i servizi di competenza statale sono definite con legge dello Stato.

 

     Art. 17. (Funzioni della Provincia). [4]

     1. La Provincia esercita le funzioni e i compiti amministrativi stabiliti dalla legge, in relazione ai seguenti settori:

     a) difesa del suolo, tutela e valorizzazione dell’ambiente;

     b) iniziative culturali e valorizzazione dei beni culturali di valenza provinciale;

     c) viabilità e trasporti;

     d) protezione della flora e della fauna, aree naturali protette;

     e) caccia e pesca nelle acque interne;

     f) smaltimento dei rifiuti e tutela dagli inquinamenti;

     g) diritto allo studio ed edilizia scolastica, relativamente all’istruzione secondaria di secondo grado;

     h) politica attiva del lavoro.

     2. La Provincia esercita, altresì, in forza delle leggi di cui all’articolo 8, comma 6, ulteriori funzioni amministrative nei seguenti settori:

     a) agricoltura;

     b) formazione professionale.

     3. La Provincia:

     a) concorre alla determinazione del programma regionale di sviluppo e degli altri programmi e piani regionali secondo norme dettate dalla legge regionale, anche attraverso il coordinamento delle proposte avanzate dai Comuni;

     b) formula e adotta, con riferimento alle previsioni e agli obiettivi del programma regionale di sviluppo, propri programmi pluriennali sia di carattere generale che settoriale, coordinandoli con l’attività programmatoria dei Comuni e degli Ambiti per lo sviluppo territoriale (ASTER), nonché concertando con la Regione il finanziamento per l’attuazione dei propri programmi;

     c) elabora piani di coordinamento settoriale riferiti alle competenze a essa attribuite.

 

     Art. 18. (Interventi sussidiari ed esercizio del potere sostitutivo).

     1. In relazione alla salvaguardia di interessi unitari nelle materie di competenza regionale, specifiche disposizioni di legge regionale prevedono e disciplinano le ipotesi di esercizio, in via sussidiaria, del potere sostitutivo nei confronti degli enti locali esclusivamente attraverso il compimento di atti o di attività obbligatorie da parte di organi della Regione o sulla base di una decisione dei medesimi. Le leggi regionali, nel definire i presupposti sostanziali e procedurali in conformità al principio di leale collaborazione, apprestano congrue garanzie procedimentali idonee a consentire all’ente locale sostituito l’autonomo adempimento e la partecipazione nel procedimento.

 

     Art. 19. (Funzioni amministrative della Regione).

     1. La Regione esercita in via esclusiva le funzioni amministrative:

     a) di natura istituzionale, esercitate nell’interesse della Regione e del suo funzionamento;

     b) di natura istituzionale, concernenti i rapporti internazionali e i rapporti con l’Unione europea, lo Stato, le altre Regioni e gli enti locali;

     c) in materia di credito, finanza e tributi regionali.

     2. Spettano alla Regione le funzioni e i compiti amministrativi che rivestano esclusivo rilievo e interesse regionale, nonché le funzioni amministrative nelle seguenti materie, che comportano l’esercizio unitario a livello regionale:

     a) sanità;

     b) Corpo forestale regionale;

     c) coordinamento regionale della protezione civile;

     d) libro fondiario;

     e) agricoltura.

 

Capo V

Esercizio coordinato di funzioni e gestione associata di servizi tra enti locali

 

     Art. 20. (Forme collaborative tra gli enti locali). [5]

     1. Allo scopo di rendere la propria azione maggiormente efficace ed efficiente, gli enti locali possono esercitare le funzioni e gestire i servizi in modo coordinato in ambiti territoriali adeguati sotto il profilo demografico, ambientale e socio-economico, mediante le seguenti forme di collaborazione:

     a) convenzioni;

     b) associazioni intercomunali;

     c) unioni dei Comuni;

     c bis) unioni dei Comuni montani, di seguito denominate Unioni montane [6].

     2. Gli atti relativi alla costituzione e alla modificazione delle forme collaborative sono comunicati alla struttura regionale competente in materia di autonomie locali.

 

     Art. 21. (Convenzioni). [7]

     1. Le convenzioni disciplinano lo svolgimento coordinato di funzioni e servizi determinati.

     2. Le convenzioni stabiliscono l’oggetto, la durata, le forme di consultazione degli enti contraenti, i loro rapporti finanziari, i reciproci obblighi e garanzie. Le convenzioni possono prevedere anche la costituzione di uffici comuni ai quali affidare l’esercizio delle funzioni pubbliche in luogo degli enti partecipanti all’accordo, ovvero la delega di funzioni da parte degli stessi a favore di uno di essi, che opera in luogo e per conto degli enti deleganti.

 

     Art. 22. (Associazioni intercomunali). [8]

     1. Le associazioni intercomunali, finalizzate alla gestione associata di una pluralità di funzioni e servizi, sono costituite da Comuni contermini inseriti in contesti omogenei dal punto di vista territoriale e socio-economico e non ricompresi nel territorio di altra associazione e sono dotate di uffici comuni.

     1 bis. Qualora, successivamente al quarto anno dalla costituzione di una associazione intercomunale, venga meno per uno o più comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti il requisito della contiguità territoriale di cui al comma 1, per effetto del recesso di uno o più comuni o della mancata volontà, di uno o più comuni, di prorogare la durata dell'associazione, il comune o i comuni non contermini possono continuare a far parte dell'associazione a condizione che i medesimi, se interessati a restare nella forma associativa, e i restanti comuni deliberino tale volontà e la attestino nella convenzione quadro [9].

     2. Le associazioni intercomunali sono costituite per un periodo non inferiore a sei anni.

     3. Le associazioni intercomunali sono costituite con deliberazioni conformi dei consigli comunali, adottate a maggioranza assoluta dei componenti, con le quali viene approvata la convenzione quadro.

     4. Sono organismi di coordinamento delle associazioni intercomunali:

     a) il Presidente dell’associazione, eletto tra i sindaci dei Comuni associati;

     b) la Conferenza dei sindaci.

     5. La convenzione quadro disciplina:

     a) l’oggetto e la durata dell’associazione;

     b) le competenze e il funzionamento degli organismi di coordinamento di cui al comma 4;

     c) la modalità e le eventuali forme del coordinamento tecnico, amministrativo e organizzativo;

     d) le funzioni e i servizi comunali da svolgere in forma associata e i criteri generali relativi alle modalità di esercizio, tra cui l’individuazione del Comune capofila;

     e) i rapporti finanziari tra i Comuni associati.

     6. La convenzione quadro trova applicazione mediante convenzioni attuative, fra tutti o alcuni dei Comuni associati, approvate dalle giunte comunali nonché mediante gli atti regolamentari e programmatori dei Comuni.

 

     Art. 23. (Unioni di Comuni). [10]

     1. Le unioni di Comuni sono enti locali costituiti da Comuni territorialmente contermini, per l’esercizio congiunto di funzioni, competenze e servizi, tra le quali devono essere comprese, all’atto della costituzione, almeno quattro tra le seguenti:

     a) finanza e contabilità;

     b) tributi;

     c) commercio e attività produttive;

     d) urbanistica;

     e) servizi tecnici;

     f) gestione del personale;

     g) polizia municipale.

     2. Le unioni di Comuni sono costituite per un periodo non inferiore a sei anni.

     3. L’atto costitutivo e lo statuto dell’unione di Comuni sono approvati dai consigli dei Comuni partecipanti con le procedure e la maggioranza richieste per le modifiche statutarie dei Comuni. L’istituzione dell’unione di Comuni decorre dalla data di stipulazione dell’atto costitutivo, qualora non diversamente previsto dall’atto medesimo.

     4. Lo statuto individua gli organi dell’unione e le loro competenze, le modalità per la loro costituzione, la sede, l’ordinamento finanziario. Lo statuto definisce, altresì, le procedure conseguenti allo scioglimento dell’unione o al recesso da parte di uno dei Comuni partecipanti.

     5. Il segretario dell’unione svolge le funzioni di segreteria anche per i Comuni facenti parte dell’unione.

     5 bis. Qualora alla data di costituzione dell'unione il segretario dell'unione non svolga già le funzioni di segreteria in tutti i comuni dell'unione, il sindaco può confermare l'incarico del segretario comunale, diverso da quello dell'unione, fino alla scadenza del contratto [11].

     6. I Comuni costituiti in unione definiscono con deliberazione consiliare la quota annua delle proprie entrate da versare all’unione per l’esercizio delle funzioni a essa attribuite.

     7. L’unione di Comuni ha potestà regolamentare per la disciplina della propria organizzazione, per lo svolgimento delle funzioni a essa affidate e per i rapporti anche finanziari con i Comuni.

     8. Spetta alle unioni di Comuni presentare direttamente le richieste nelle materie di loro competenza per ottenere incentivi regionali previsti a favore degli enti locali.

     9. Alle unioni di Comuni competono gli introiti derivanti dalle tasse, dalle tariffe e dai contributi sui servizi a esse direttamente affidati.

     10. Alle unioni di Comuni si applicano, in quanto compatibili, le norme che disciplinano l’ordinamento dei Comuni.

 

     Art. 24. (Consorzi fra enti locali e altri enti pubblici). [12]

     1. Oltre alle forme di collaborazione di cui all’articolo 20, comma 1, gli enti locali possono costituire consorzi anche con la partecipazione di altri enti pubblici per lo svolgimento di particolari attività [13].

     2. Al tal fine, i consigli degli enti locali approvano a maggioranza assoluta dei componenti una convenzione che stabilisce i fini, la durata, gli organi e i principali rapporti di natura finanziaria tra gli enti consorziati.

     3. Lo statuto, sulla base della convenzione, disciplina l’organizzazione, il funzionamento, la nomina e le funzioni degli organi consortili, nonché dell’organo di revisione, ed è approvato dall’assemblea dei legali rappresentanti degli enti che hanno sottoscritto la convenzione. Lo statuto può essere modificato dall’assemblea del consorzio.

     4. L’assemblea del consorzio è composta dai rappresentanti degli enti consorziati, ciascuno con voto ponderale in proporzione alla quota di partecipazione fissata dalla convenzione, salva diversa previsione della convenzione stessa. L’assemblea elegge il consiglio di amministrazione e ne approva gli atti fondamentali.

     5. Entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli enti locali provvedono, anche in deroga ai limiti di durata eventualmente previsti dai relativi atti costitutivi, alla revisione dei consorzi esistenti, sopprimendoli o trasformandoli nelle forme previste dalla presente legge.

     6. Sono fatti salvi i consorzi fra enti locali previsti da leggi regionali di settore, nonché i consorzi obbligatori per legge con le relative discipline ivi previste.

 

Capo VI

Sviluppo delle forme associative

 

     Art. 25. (Ambiti per lo sviluppo territoriale - ASTER). [14]

     [1. Le associazioni intercomunali e le unioni di Comuni, formate da Comuni non montani, che abbiano una popolazione non inferiore a 30.000 abitanti o non inferiore a 15.000 abitanti ma che coinvolgano almeno dieci Comuni, costituiscono Ambiti per lo sviluppo territoriale (ASTER), per l’interlocuzione in forma associata con la Regione e la Provincia e per la programmazione di interventi territoriali integrati relativamente alle seguenti finalità:

     a) realizzazione di opere pubbliche;

     b) programmazione territoriale e reti infrastrutturali dei servizi pubblici;

     c) tutela e valorizzazione del territorio e delle risorse naturali;

     d) coordinamento dell’organizzazione dei servizi pubblici locali;

     e) coordinamento dello sviluppo economico e sociale;

     f) coordinamento di altre iniziative relative al territorio dell’ambito, da attuare da parte di soggetti pubblici e privati.

     2. I Comuni capoluogo di provincia e le comunità montane sono Ambiti per lo sviluppo territoriale (ASTER).

     3. I soli Comuni parzialmente montani possono partecipare anche a un’associazione intercomunale con Comuni non facenti parte di comunità montane.

     4. Gli Ambiti per lo sviluppo territoriale (ASTER) comprendenti i Comuni capoluogo di provincia e i Comuni contermini che abbiano realizzato un’associazione intercomunale ai fini di una maggiore integrazione dei servizi comuni e delle politiche per la mobilità interurbana, assumono la denominazione di «ambiti metropolitani». In tal caso l’ambito metropolitano coordina i piani urbani di mobilità, i piani urbani del traffico e la programmazione dei parcheggi scambiatori a supporto del trasporto pubblico locale.

     5. La Giunta regionale, con propria deliberazione, definisce il programma di finanziamento degli Ambiti per lo sviluppo territoriale (ASTER) sulla base delle proposte di accordo quadro presentate dagli ASTER e concernenti interventi territoriali integrati. Le proposte ammesse a finanziamento sono formalizzate negli accordi quadro, da stipularsi tra la Regione e gli enti locali interessati e nei quali sono specificati, in particolare, gli interventi, la tempistica e le modalità di realizzazione, i beneficiari e l’ammontare del finanziamento regionale e dell’eventuale cofinanziamento da parte dell’ASTER, le modalità di erogazione e di rendicontazione del finanziamento [15].

     6. Gli enti che costituiscono un Ambito per lo sviluppo territoriale (ASTER) sono destinatari del riparto dei finanziamenti per le finalità di cui al comma 1.

     7. I Comuni attuano la concertazione con le parti sociali nel contesto dell’Ambito per lo sviluppo territoriale (ASTER), relativamente alle finalità previste dal comma 1.]

 

     Art. 26. (Piano di valorizzazione territoriale). [16]

     1. Il Piano di valorizzazione territoriale triennale, approvato e aggiornato annualmente dalla Giunta regionale con propria deliberazione:

     a) effettua la ricognizione delle forme associative, individuando le associazioni intercomunali, le unioni di Comuni, le Unioni montane e le fusioni [17];

     b) specifica i criteri e le modalità per la concessione di incentivi annuali e straordinari a sostegno delle associazioni intercomunali, delle unioni di Comuni e delle fusioni, nonchè di incentivi annuali alle Unioni montane [18];

     c) [specifica i criteri e gli obiettivi generali ai quali le proposte di accordo quadro degli Ambiti per lo sviluppo territoriale (ASTER) si conformano per essere ammesse a finanziamento a valere sul programma di finanziamento di cui all’articolo 25, comma 5, e dà atto della realizzazione degli interventi previsti negli accordi quadro già stipulati] [19].

     2. Il Piano di valorizzazione territoriale è adottato dalla Giunta regionale, previa intesa con il Consiglio delle autonomie locali.

     3. [In sede di prima applicazione del Piano di valorizzazione territoriale, sono ammesse al riparto di cui alla lettera c) del comma 1 anche le associazioni intercomunali e le unioni di Comuni prive dei requisiti di cui all’articolo 25, comma 1, limitatamente ai primi tre anni presi in considerazione dal Piano medesimo] [20].

     4. Gli enti interessati segnalano alla struttura regionale competente in materia di autonomie locali le modificazioni intervenute agli elementi di cui al comma 1, ai fini dell’aggiornamento annuale del Piano di valorizzazione territoriale.

     5. La Giunta regionale presenta al Consiglio regionale una relazione annuale sullo stato di attuazione del Piano di valorizzazione territoriale.

 

     Art. 27. (Interventi regionali per lo sviluppo delle gestioni associate). [21]

     1. I criteri per la corresponsione degli incentivi specificati nel Piano di valorizzazione territoriale tengono conto, prioritariamente, della tipologia delle funzioni e dei servizi oggetto della gestione associata e della popolazione interessata, nel rispetto dei principi definiti nel presente articolo.

     2. [Per accedere ai finanziamenti previsti dal Piano di valorizzazione territoriale le unioni devono rispettare i seguenti requisiti:

     a) per quelle costituite da due Comuni non montani almeno uno dei due Comuni partecipanti deve avere popolazione pari o superiore a 1.500 abitanti, mentre nelle unioni di Comuni costituite da due Comuni interamente montani almeno uno dei due deve avere popolazione pari o superiore a 500 abitanti;

     b) per quelle costituite da tre o più Comuni non montani la popolazione complessiva deve essere superiore a 3.000 abitanti, mentre nelle unioni di Comuni costituite da tre o più Comuni interamente montani la popolazione complessiva deve essere superiore a 1.000 abitanti] [22].

     3. Il Piano di valorizzazione territoriale prevede l’erogazione di incentivi ordinari annuali della durata massima di sei anni e decrescenti dal terzo anno e di incentivi straordinari da erogarsi all’atto della costituzione di associazioni intercomunali e di unioni di Comuni.

     4. Nella determinazione dell’importo degli incentivi ordinari annuali, hanno priorità le funzioni e i servizi gestiti tramite uffici comuni o che comunque implicano una maggiore integrazione tra gli uffici e il personale dei Comuni aderenti. Una quota degli incentivi è destinata a coloro che hanno predisposto e periodicamente aggiornata, ai sensi dell’articolo 30, la Carta dei servizi. L’incentivo annuale si computa con esclusivo riferimento alle funzioni e ai servizi svolti in forma associata dalla prevalenza dei Comuni compresi nell’associazione intercomunale o nell’unione dei Comuni o nell'Unione montana [23].

     4 bis. Ai fini della determinazione dell'incentivo ordinario annuale di cui all'articolo 26, comma 1, lettera b), le convenzioni per la gestione in forma sovracomunale stipulate tra comuni facenti parte di una stessa Associazione intercomunale con le modalità e i vincoli previsti dalla legge regionale 19 aprile 2009, n. 9 (Disposizioni in materia di politiche di sicurezza e ordinamento della polizia locale) sono equiparate a convenzione attuativa di cui all'articolo 22 [24].

     5. Gli incentivi ordinari successivi alla prima annualità sono decurtati delle somme già concesse l'anno precedente laddove, sulla base dell'autocertificazione trasmessa all'ufficio competente in materia di autonomie locali entro il 15 febbraio di ogni anno, a firma del Presidente della forma associativa, non risulti comprovata l'effettiva gestione associata di funzioni e servizi o il raggiungimento, attestato dal responsabile dell'ufficio associato competente, dei risultati programmati. Il modello per l'autocertificazione dell'effettivo svolgimento in forma associata, strutturato per funzioni, è definito con il Piano di valorizzazione territoriale [25].

     6. La concessione degli incentivi è effettuata nei limiti dello stanziamento annuale di bilancio; in caso di insufficienza l’incentivo spettante è ridotto proporzionalmente.

     7. I programmi e i provvedimenti regionali di settore che prevedono incentivi a favore di enti locali stabiliscono, ai fini della loro concessione, criteri preferenziali per gli interventi posti in essere in forma associata, con particolare riferimento alle forme associative disciplinate dalla presente legge.

     8. La Regione concorre agli oneri sostenuti dai Comuni che abbiano deliberato la costituzione di una delle forme associative previste dalla presente legge per l’elaborazione di studi di fattibilità recanti progetti di riorganizzazione sovracomunale delle strutture, dei servizi e delle funzioni.

     9. La Regione prevede finanziamenti straordinari per le fusioni di Comuni che si realizzano entro quattro anni dalla costituzione della corrispondente unione di Comuni o Unione montana [26].

 

     Art. 28. (Fusioni di Comuni). [27]

     1. La fusione costituisce lo sviluppo dei processi di collaborazione istituzionale rappresentati dalle associazioni intercomunali e dalle unioni di Comuni o Unioni montane [28].

     2. In attuazione della volontà dei Comuni interessati e sentite le popolazioni interessate mediante referendum popolari consultivi, la legge regionale che dispone la fusione prevede che alle comunità d’origine siano assicurate adeguate forme di partecipazione e decentramento dei servizi.

     3. Nei Comuni oggetto di fusione, lo statuto può prevedere l’istituzione di municipi, disciplinando anche l’organizzazione e le funzioni e potendo prevedere anche organi eletti a suffragio universale diretto. Si applicano agli amministratori dei municipi le norme che disciplinano lo status degli amministratori dei Comuni con pari popolazione.

     3 bis. I programmi e i provvedimenti regionali di settore che prevedono assegnazioni finanziarie a favore di enti locali stabiliscono, ai fini della loro concessione, criteri preferenziali per gli interventi o la realizzazione di opere pubbliche da parte di Comuni risultanti da fusione [29].

     3 ter. I criteri di riparto dei trasferimenti ordinari dei Comuni prevedono specifici parametri atti a valorizzare in modo peculiare i Comuni risultanti da fusione [30].

 

     Art. 28 bis. (Incentivazione dei percorsi di fusione) [31]

1. L'Amministrazione regionale favorisce la fusione dei Comuni mediante la promozione di una cultura sovracomunale e l'incentivazione di percorsi di sviluppo del territorio e di potenziamento dei servizi a livello sovracomunale.

2. Per la promozione di cui al comma 1 la Regione supporta i Comuni, anche attraverso l'organizzazione di specifici eventi.

3. Lo stanziamento annuale previsto nel bilancio regionale per l'incentivazione dei percorsi di fusione tra Comuni di cui al comma 1 è assegnato:

a) per sensibilizzare la cittadinanza sugli obiettivi di fusione e sui relativi effetti;

b) per interventi prontamente realizzabili volti a migliorare l'integrazione anche infrastrutturale delle sedi e dei servizi nell'ottica della creazione di un unico ente comunale;

c) per migliorare l'offerta dei servizi resi all'utenza.

4. I Comuni interessati al percorso di fusione informano la Regione, entro il 15 febbraio di ogni anno, della volontà di accedere al finanziamento di cui al comma 3, specificando i Comuni coinvolti e le attività di gestione sovracomunale sperimentate.

5. L'ammontare del finanziamento regionale per ciascun percorso e le modalità per il suo utilizzo sono definite, entro il 31 maggio di ogni anno e previa deliberazione della Giunta regionale, con protocolli d'intesa stipulati tra la Regione e gli enti locali interessati. La Giunta, anche in relazione alle richieste ricevute, quantifica l'assegnazione per ciascun percorso di fusione sulla base del territorio e della popolazione dei Comuni coinvolti.

6. Il 10 per cento delle risorse assegnate per ciascun percorso di fusione è destinato a iniziative volte a sensibilizzare la popolazione ai sensi del comma 3, lettera a), il restante 90 per cento è destinato al finanziamento delle spese connesse alle finalità di cui al comma 3, lettere b) e c).

7. L'impegno di spesa è disposto entro sessanta giorni dalla stipulazione di ciascun protocollo. La liquidazione delle risorse spettanti per ciascun percorso per addivenire alla fusione è disposta in due rate:

a) la prima rata, corrispondente alla quota per iniziative di sensibilizzazione di cui al comma 3, lettera a), ad avvenuta trasmissione alla Regione della deliberazione dei Consigli comunali di richiesta di indizione del referendum;

b) la seconda rata è erogata entro sessanta giorni dal referendum e solo nell'ipotesi in cui l'esito della consultazione risulti positivo in ciascuno dei Comuni interessati dalla stessa.

8. La rendicontazione dell'assegnazione regionale è disposta, ai sensi dell'articolo 42 della legge regionale 7/2000 , improrogabilmente entro un anno da ciascuna erogazione. L'eventuale residuo su ciascuna rata è restituito alla Regione.

 

     Art. 29. (Associazione delle Province e Conferenze interprovinciali). [32]

     1. Al fine di valorizzare la coesione territoriale, sociale ed economica della comunità regionale, e nel rispetto dei principi fondamentali della presente legge, le Province del Friuli Venezia Giulia possono associarsi per lo svolgimento di compiti di coordinamento, indirizzo e progettazione, per la tutela e la valorizzazione delle identità linguistiche e culturali, nonché per la gestione di servizi, ricadenti su vaste aree interprovinciali.

     2. Le Province, al fine di esercitare in maniera associata le proprie funzioni o per realizzare attività che coinvolgano interessi di più Province, possono convocare conferenze interprovinciali, anche con i Comuni interessati, per programmare, coordinare e gestire le funzioni e le attività necessarie.

 

     Art. 30. (Carte dei servizi).

     1. Gli enti locali e le rispettive forme collaborative disciplinate dalla presente legge elaborano gli schemi di riferimento delle Carte dei servizi erogati, con indicazione dei diritti e degli obblighi degli utenti.

     2. Le Carte dei servizi sono redatte e aggiornate dai gestori in conformità ai principi contenuti nella legislazione vigente e nelle direttive ministeriali, con particolare riguardo ai principi di eguaglianza dei diritti degli utenti, di imparzialità, di continuità del servizio, di diritto di scelta dell’utente, di partecipazione del cittadino alla prestazione del servizio, di efficienza ed efficacia nell’erogazione dei servizi.

     3. I soggetti gestori di servizi pubblici assicurano l’adeguata pubblicità delle Carte dei servizi erogati.

 

TITOLO III

SUSSIDIARIETÀ E CONCERTAZIONE

 

Capo I

Consiglio delle autonomie locali

 

     Art. 31. (Costituzione del Consiglio delle autonomie locali). [33]

     1. È istituito il Consiglio delle autonomie locali, quale organo di consultazione e di raccordo fra la Regione e gli enti locali.

     2. Il Consiglio delle autonomie locali è costituito da una rappresentanza istituzionale di enti locali così formata:

     a) le Province e i Comuni capoluogo di provincia, quali membri di diritto;

     b) quindici Comuni non capoluogo di provincia, scelti in modo da assicurare una adeguata rappresentanza dei Comuni in rapporto al territorio, rinnovati ogni cinque anni.

     3. I Comuni di cui al comma 2, lettera b), sono individuati, da apposite conferenze dei sindaci, come segue:

     a) due dai sindaci dei Comuni della provincia di Gorizia;

     b) cinque dai sindaci dei Comuni della provincia di Pordenone, di cui:

     1) due dai sindaci dei Comuni interamente montani;

     2) tre dai sindaci dei Comuni diversi da quelli interamente montani;

     c) uno dai sindaci dei Comuni della provincia di Trieste;

     d) sette dai sindaci dei Comuni della provincia di Udine, di cui:

     1) tre dai sindaci dei Comuni interamente montani;

     2) quattro dai sindaci dei Comuni diversi da quelli interamente montani.

     4. Il Consiglio delle autonomie locali ha sede nella città di Udine presso la struttura regionale competente in materia di autonomie locali, la quale fornisce il supporto tecnico-operativo e di segreteria.

     5. Le conferenze dei sindaci dei Comuni di cui al comma 3 sono convocate e presiedute dal sindaco del Comune con il maggior numero di abitanti e sono tenute nei trenta giorni precedenti alla scadenza; in difetto provvede, previa diffida, l’Assessore regionale competente in materia di autonomie locali. In caso di individuazione dei Comuni mediante procedura elettiva, ogni sindaco esprime una sola preferenza. Non concorrono all’espressione di volontà della conferenza i sindaci dei Comuni capoluogo di provincia.

     6. L’Assessore regionale competente in materia di autonomie locali dà atto della composizione del Consiglio delle autonomie locali e delle successive variazioni, con decreto da pubblicarsi nel Bollettino Ufficiale della Regione.

 

     Art. 32. (Funzionamento del Consiglio delle autonomie locali). [34]

     1. Partecipano alle attività del Consiglio delle autonomie locali i presidenti delle Province e i sindaci dei Comuni di cui all’articolo 31 o un componente della giunta o del consiglio del rispettivo ente locale, da essi delegato.

     1 bis. Le sedute del Consiglio delle autonomie sono valide con la presenza della maggioranza assoluta dei componenti [35].

     2. Il Consiglio delle autonomie locali elegge al proprio interno il Presidente, il Vicepresidente e i componenti dell’Ufficio di presidenza, che può svolgere funzioni consultive nei confronti della Regione, secondo le norme previste nella presente legge e nel regolamento di cui all’articolo 33.

     3. La qualità di componente del Consiglio delle autonomie locali non comporta il diritto a compensi a carico della Regione [36].

     4. La Regione è autorizzata a sostenere gli oneri per il funzionamento del Consiglio delle autonomie locali e per studi e ricerche richiesti dal medesimo.

 

     Art. 33. (Regolamento del Consiglio delle autonomie locali). [37]

     1. Il Consiglio delle autonomie locali approva, a maggioranza assoluta dei componenti, il regolamento che ne disciplina il funzionamento e l’organizzazione.

     2. Il regolamento disciplina l’elezione del Presidente, del Vicepresidente e dei componenti dell’Ufficio di presidenza del Consiglio delle autonomie locali. Il regolamento è pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione.

     3. Il regolamento può prevedere la costituzione di commissioni e di gruppi di lavoro. Nelle riunioni tecniche preparatorie, nelle commissioni e nei gruppi di lavoro possono partecipare i funzionari competenti.

 

     Art. 34. (Funzioni del Consiglio delle autonomie locali). [38]

     1. Il Consiglio delle autonomie locali esprime l’intesa nei seguenti casi:

     a) schemi di disegni di legge sull’ordinamento delle autonomie locali;

     b) schemi di disegni di legge sulle elezioni degli enti locali;

     c) schemi di disegni di legge sulle forme di partecipazione alla vita degli enti locali da parte di coloro che risiedono stabilmente e legalmente nel territorio regionale;

     d) schemi di disegni di legge riguardanti il conferimento e l'esercizio delle funzioni degli enti locali [39];

     e) schemi di disegni di legge riguardanti i trasferimenti finanziari e i contributi agli enti locali, nonchè disposizioni riguardanti i trasferimenti finanziari agli enti locali, contenute negli schemi di disegni di legge di cui al comma 2, lettera a) [40];

     f) schemi di disegni di legge sulla disciplina dell’esercizio, in via sussidiaria, del potere sostitutivo da parte della Regione nei confronti degli enti locali, ai sensi dell’articolo 18;

     g) proposta di Piano di valorizzazione territoriale, di cui all’articolo 26.

     2. Il Consiglio delle autonomie locali esprime il parere in merito a:

     a) schemi di disegni di legge finanziaria, di approvazione e di assestamento del bilancio regionale;

     b) schemi di regolamenti e proposte di provvedimenti della Giunta regionale riguardanti le competenze, i trasferimenti finanziari, i criteri e le modalità per la concessione di contributi, gli assetti ordinamentali e funzionali degli enti locali, provvedimenti attuativi dei programmi e delle iniziative comunitarie, nonchè proposte di atti generali di programmazione regionale [41];

     c) le proposte di legge d’iniziativa dei consiglieri regionali che riguardano le materie di cui al comma 1, lettere da a) a f), secondo le modalità previste dal regolamento del Consiglio regionale.

     3. Il Consiglio delle autonomie locali può proporre alla Regione di ricorrere alla Corte costituzionale sia avverso le leggi e gli atti aventi valore di legge dello Stato o di altre Regioni, sia per conflitto di attribuzioni; può proporre alla Giunta regionale qualsiasi iniziativa d’interesse generale per gli enti locali; provvede alle nomine e alle designazioni dei rappresentanti degli enti locali nei casi previsti dalla legge.

 

     Art. 35. (Comunicazione degli atti). [42]

     1. Le proposte di legge di iniziativa dei consiglieri regionali sono trasmesse al Consiglio delle autonomie locali secondo le modalità disciplinate dal regolamento del Consiglio regionale. Lo stesso regolamento disciplina i termini e le modalità di esame dei pareri ricevuti.

     2. Gli atti di iniziativa della Giunta regionale sono trasmessi al Consiglio delle autonomie locali a cura dell’Assessore regionale competente in materia di autonomie locali.

 

     Art. 36. (Procedimento di formazione dell’intesa e di acquisizione del parere). [43]

     1. Il Consiglio delle autonomie locali esprime l’intesa, anche avanzando proposte di modifica o integrazione.

     2. Qualora l’intesa riguardi schemi di disegni di legge, in caso di mancato raggiungimento della medesima entro trenta giorni, la Giunta regionale a maggioranza assoluta dei componenti può prescinderne motivatamente, dandone comunicazione al Consiglio delle autonomie locali e trasmettendo al Consiglio regionale gli atti che esprimono l’orientamento del Consiglio delle autonomie locali.

     3. Qualora l’intesa riguardi proposte di provvedimenti amministrativi, in caso di mancato raggiungimento della medesima entro trenta giorni, la Giunta regionale a maggioranza assoluta dei componenti può prescinderne motivatamente.

     4. Il Consiglio delle autonomie locali esprime il parere, eventualmente condizionato, entro quindici giorni dal ricevimento della richiesta da parte della Giunta regionale. Decorso il termine stabilito dal presente comma, si prescinde dal parere.

     5. In caso di urgenza, su richiesta motivata della Giunta regionale, il termine previsto al comma 4 è ridotto a dieci giorni e il parere può essere espresso anche dall’Ufficio di presidenza del Consiglio delle autonomie locali. I pareri espressi dall’Ufficio di presidenza sono comunicati al Consiglio delle autonomie locali nella seduta immediatamente successiva.

     6. L'intesa è espressa dal Consiglio delle autonomie locali a maggioranza assoluta dei componenti. Il parere è espresso dal Consiglio delle autonomie locali a maggioranza dei presenti. L'Ufficio di Presidenza esprime i pareri a maggioranza assoluta dei componenti [44].

 

     Art. 37. (Partecipazione del Presidente del Consiglio delle autonomie locali alle sedute del Consiglio regionale e della Giunta regionale). [45]

     1. Il regolamento del Consiglio regionale disciplina la partecipazione del Presidente del Consiglio delle autonomie locali, o di un componente da lui delegato, alle sedute delle Commissioni consiliari, che esaminino argomenti di interesse per le autonomie locali e per l’illustrazione dei pareri espressi.

     2. Il Presidente della Regione può invitare il Presidente del Consiglio delle autonomie locali alle riunioni della Giunta regionale ove si esaminino argomenti di interesse per le autonomie locali, nonché per l’illustrazione dei pareri espressi.

     3. Il Presidente del Consiglio delle autonomie locali può chiedere di essere invitato alle riunioni della Giunta regionale ove si esaminino argomenti di interesse per le autonomie locali, nonché per l’illustrazione dei pareri espressi.

 

Capo II

Collaborazione tra Regione ed enti locali

 

     Art. 38. (Collaborazione istituzionale). [46]

     1. Per il perseguimento degli obiettivi indicati all’articolo 6, la Giunta regionale e il Consiglio delle autonomie locali si riuniscono in un’apposita conferenza Regione-autonomie locali, per concertare le politiche territoriali e formulare un documento contenente le linee guida per la predisposizione del bilancio regionale.

 

     Art. 39. (Collaborazione della Regione all’attività degli enti locali). [47]

     1. La Regione assicura, a richiesta degli enti locali, varie forme di collaborazione anche giuridica per la realizzazione dei loro fini istituzionali, con priorità per gli enti di minori dimensioni demografiche.

     2. La Regione garantisce, altresì, tramite i propri uffici lo svolgimento di attività di consulenza e di documentazione a favore degli enti locali.

     2 bis. L'Amministrazione regionale è autorizzata a stipulare apposite convenzioni con Università degli studi o con altri Istituti di studio e ricerca per effettuare analisi e ricerche in materia di enti locali [48].

     3. La Regione fornisce, attraverso l’istituzione di un’apposita struttura operativa, l’assistenza e il supporto tecnico e giuridico alla progettazione e al funzionamento delle forme associative.

     4. La Regione persegue l’obiettivo di predisporre strumenti di conoscenza e di informazione a favore del sistema delle autonomie locali, promuovendo l’adozione di standard informatici uniformi e interattivi per lo svolgimento dell’attività amministrativa in modo da realizzare un osservatorio permanente del sistema stesso. I risultati delle attività di monitoraggio sono comunicati annualmente al Consiglio delle autonomie locali.

     5. La Giunta regionale utilizza i dati raccolti con l’attività di monitoraggio per elaborare proposte di atti normativi, di riordino dell’apparato amministrativo e di semplificazione dei procedimenti amministrativi regionali.

 

     Art. 40. (Rapporti tra enti locali e Regione). [49]

     1. Gli enti locali e la Regione, in applicazione del principio di leale collaborazione, si informano reciprocamente riguardo all’esercizio delle rispettive funzioni e possono, altresì, in ogni momento, richiedere notizie e informazioni con forme semplificate.

     2. Gli enti locali e la Regione, in attuazione del principio di leale collaborazione e nel perseguimento di obiettivi di funzionalità, economicità, efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa, possono concludere accordi al fine di coordinare l’esercizio delle rispettive competenze e svolgere attività di interesse comune.

     3. Il Presidente della Regione, su istanza degli enti locali interessati, può promuovere accordi con altre regioni aventi a oggetto lo svolgimento in forma associata tra enti locali appartenenti a diverse regioni, di funzioni e servizi, quando ciò si renda necessario al fine di definire la disciplina regionale applicabile relativamente alle procedure e modalità di erogazione di servizi da parte degli enti associati.

     4. Gli uffici della Regione, al fine di raccordare la propria attività amministrativa con quella degli enti locali, possono costituire tavoli tecnici di lavoro e concertazione con la partecipazione di funzionari ed esperti della Regione e degli enti locali. La partecipazione dei funzionari ed esperti degli enti locali ai tavoli tecnici non comporta oneri a carico della Regione.

     5. La Regione organizza la propria struttura amministrativa in forma decentrata.

 

     Art. 41. (Garante degli amministratori locali). [50]

     1. È istituito il Garante degli amministratori locali, quale organismo regionale di supporto all’attività dei componenti elettivi e di nomina degli organi degli enti locali.

     2. Il Garante ha sede nella città di Udine presso la struttura regionale competente in materia di autonomie locali, che fornisce il supporto logistico, tecnico-operativo e di segreteria. Esso può operare, altresì, presso le strutture regionali negli altri capoluoghi di provincia.

     3. Il Garante è nominato dall’Assessore regionale competente in materia di autonomie locali, previa intesa con il Consiglio delle autonomie locali. Può essere nominato nella carica colui che ha svolto per almeno dieci anni funzioni di dirigente della pubblica amministrazione ovvero di magistrato ovvero di docente universitario di materie giuridiche. La carica è incompatibile con quelle di amministratore locale o regionale o di dirigente di qualsiasi livello di una forza o movimento politico. Al Garante spettano i compensi di natura indennitaria e i rimborsi fissati con deliberazione della Giunta regionale [51].

     4. Il Garante degli amministratori locali resta in carica sei anni e non può essere immediatamente rinominato.

     5. Il Garante:

     a) esprime pareri in merito a segnalazioni effettuate dai componenti degli organi degli enti locali, sentito l’ente locale, in relazione all’attività degli enti stessi;

     b) promuove la conciliazione tra le parti interessate, previo incontro tra esse, a seguito di segnalazioni effettuate dai componenti degli organi degli enti locali, in relazione a presunte violazioni delle prerogative da garantire a ciascun amministratore locale;

     c) riferisce annualmente al Consiglio regionale e al Consiglio delle autonomie locali in merito all’attività svolta.

 

TITOLO IV

AUTONOMIA FINANZIARIA DEGLI ENTI LOCALI

 

     Art. 42. (Autonomia finanziaria degli enti locali). [52]

     1. Gli enti locali hanno autonomia finanziaria, fondata su certezza di risorse proprie e trasferite; le risorse finanziarie necessarie, senza vincoli di destinazione, che spettano loro sono assicurate mediante la compartecipazione ai tributi erariali riferibili al territorio regionale. Le linee di indirizzo della compartecipazione delle autonomie locali alle entrate regionali sono stabilite d’intesa tra il Consiglio delle autonomie locali e la Giunta regionale.

     2. A tal fine sono previste:

     a) la compartecipazione degli enti locali ai tributi, anche sulla base dei tributi riferibili al loro territorio;

     b) misure di perequazione per gli enti locali con minore capacità fiscale per abitante e con ridotta dimensione demografica.

     3. Con legge regionale sono definiti i criteri e le modalità di attribuzione delle risorse agli enti locali.

     4. L’entità delle risorse attribuite agli enti locali è determinata nella legge finanziaria della Regione su base pluriennale e con riferimento all’arco temporale della programmazione regionale. La determinazione è relativa sia ai trasferimenti correnti che alle risorse per investimenti previste dal Piano di valorizzazione territoriale di cui all’articolo 26.

     5. I finanziamenti regionali eventualmente vincolati nella destinazione possono riguardare esclusivamente interventi d’interesse regionale, nelle materie nelle quali la Regione è titolare della relativa funzione amministrativa.

 

     Art. 43. (Principi generali in materia di finanza locale). [53]

     1. Gli enti locali hanno potestà impositiva autonoma nel campo delle imposte, delle tasse e delle tariffe. A tal fine gli enti locali disciplinano con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene all’individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e dell’aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti.

     2. La finanza degli enti locali è costituita da:

     a) tributi propri;

     b) addizionali e compartecipazioni a tributi erariali e regionali;

     c) trasferimenti erariali e regionali;

     d) altre entrate proprie di natura corrente;

     e) risorse per investimenti;

     f) altre entrate.

     3. I trasferimenti regionali sono ripartiti secondo criteri socio-demografici e parametri di fiscalità legati al territorio. La distribuzione delle risorse assicura in misura adeguata l’esistenza e il funzionamento delle strutture e l’erogazione dei servizi alla popolazione, anche con riguardo alle differenze di genere.

     4. Le entrate fiscali finanziano i servizi pubblici necessari per lo sviluppo della comunità, integrando i trasferimenti regionali per l’erogazione dei servizi pubblici indispensabili. A ciascun ente locale spettano le tasse, i diritti, le tariffe e i corrispettivi sui servizi di propria competenza.

     5. Le somme trasferite agli enti locali non sono soggette a rendicontazione.

 

     Art. 44. (Principi generali in materia di contabilità). [54]

     1. Gli enti deliberano il bilancio di previsione per l’anno successivo entro il 31 dicembre e, comunque, non oltre il termine di quarantacinque giorni dalla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione del bilancio annuale e pluriennale della Regione [55].

     2. Il bilancio di previsione osserva i principi di unità, annualità, universalità, integrità, veridicità, pareggio finanziario e pubblicità.

     3. Il bilancio di previsione è corredato di una relazione previsionale e programmatica e di un bilancio pluriennale, della durata pari a quello della Regione.

     4. I documenti di bilancio devono essere redatti in modo da consentirne la lettura per programmi, servizi e interventi.

     4 bis. Nel caso in cui la deliberazione di approvazione del bilancio di previsione non preveda l'immediata esecutività, enti locali sulla base del bilancio già deliberato possono effettuare per ciascun intervento, fino all'esecutività della deliberazione del bilancio di previsione, spese in misura non superiore mensilmente a un dodicesimo delle somme previste nel bilancio deliberato, con esclusione delle spese tassativamente regolate dalla legge o non suscettibili di pagamento frazionato in dodicesimi [56].

     4 ter. Nel caso in cui il termine per la deliberazione del bilancio di previsione scada in un periodo successivo all'inizio dell'esercizio finanziario di riferimento, è automaticamente autorizzato l'esercizio provvisorio sino a tale termine e gli enti locali, con riferimento all'ultimo bilancio definitivamente approvato possono effettuare, per ciascun intervento, spese in misura non superiore mensilmente a un dodicesimo delle somme previste nel bilancio deliberato, con esclusione delle spese tassativamente regolate dalla legge o non suscettibili di pagamento frazionato in dodicesimi [57].

     4 quater. Ove non sia stato deliberato il bilancio di previsione entro il termine di legge, è consentita esclusivamente una gestione provvisoria, nei limiti dei corrispondenti stanziamenti di spesa dell'ultimo bilancio approvato, ove esistenti. La gestione provvisoria è limitata all'assolvimento delle obbligazioni già assunte, delle obbligazioni derivanti da provvedimenti giurisdizionali esecutivi e di obblighi speciali tassativamente regolati dalla legge, al pagamento delle spese di personale, di residui passivi, di rate di mutuo, di canoni, imposte e tasse, ed, in generale, limitata alle sole operazioni necessarie per evitare che siano arrecati danni patrimoniali certi e gravi all'ente [58].

     5. I risultati di gestione sono rilevati, anche mediante contabilità economica, e dimostrati nel rendiconto.

     6. Ai fini della tenuta della contabilità economica, gli enti adottano il sistema che ritengono più idoneo alle proprie esigenze.

     7. Il rendiconto è deliberato dall’organo consiliare entro il 30 aprile dell’anno successivo [59].

     7 bis. La proposta di rendiconto di gestione è messa a disposizione dei componenti dell'organo consiliare prima dell'inizio della sessione consiliare in cui viene esaminato il rendiconto entro un termine, non inferiore a dieci giorni, stabilito dal regolamento di contabilità [60].

     7 ter. La relazione dell'organo di revisione sulla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto della gestione e sullo schema di rendiconto è predisposta entro un termine previsto dal regolamento di contabilità, comunque non inferiore a 6 giorni, decorrente dalla trasmissione della stessa proposta approvata dall'organo esecutivo [61].

     7 quater. Nelle more dell'adeguamento delle previsioni regolamentari, di cui ai commi 7 bis e 7 ter, il termine ivi indicato si intende di 10 giorni [62].

     8. Il rendiconto è composto da:

     a) conto del bilancio;

     b) conto economico;

     c) conto del patrimonio.

     8 bis. La mancata approvazione del rendiconto di gestione entro il termine fissato è equiparata a ogni effetto alla mancata approvazione del bilancio di previsione e comporta le medesime conseguenze [63].

     8 ter. La mancata adozione dei provvedimenti di riequilibrio del bilancio è equiparata a ogni effetto alla mancata approvazione del bilancio di previsione e comporta le medesime conseguenze [64].

     9. La tenuta della contabilità economica è facoltativa per i Comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti.

 

     Art. 45. (Osservatorio regionale per la finanza locale). [65]

     1. Al fine di favorire l’esercizio ottimale delle funzioni del sistema delle autonomie locali e la perequazione delle risorse, la Regione, d’intesa con il Consiglio delle autonomie locali, predispone strumenti di monitoraggio e di diffusione delle informazioni finanziarie e contabili degli enti locali mediante l’individuazione d’indicatori, criteri di rilevazione e metodologie per l’analisi degli effetti delle politiche regionali e della normazione regionale in materia finanziaria e contabile sul sistema delle autonomie locali.

     2. La Regione raccoglie ed elabora i dati contenuti nei principali documenti contabili degli enti locali e le informazioni riguardanti l’attività di entrata e di spesa degli enti medesimi.

     3. Ai fini di cui ai commi 1 e 2 è istituito presso la struttura regionale competente in materia di autonomie locali l’Osservatorio regionale per la finanza locale, con sede in Udine.

     4. L’Osservatorio regionale per la finanza locale ha inoltre il compito di promuovere la corretta gestione delle risorse finanziarie, l’applicazione dei principi contabili, la congruità degli strumenti applicativi e la sperimentazione di nuovi modelli contabili.

     5. Le risultanze delle rilevazioni sono rese note annualmente dalla Giunta regionale e comunicate al Consiglio regionale e al Consiglio delle autonomie locali.

     6. La composizione e il funzionamento dell’Osservatorio regionale per la finanza locale sono determinati con decreto del Presidente della Regione, su conforme deliberazione della Giunta regionale, sentito il Consiglio delle autonomie locali. L’Assessore regionale competente in materia di autonomie locali provvede, con proprio decreto, alla nomina dei componenti dell’Osservatorio.

     7. Gli eventuali componenti esterni dell’Osservatorio regionale per la finanza locale durano in carica tre anni; a essi spetta un gettone di presenza determinato in conformità con quanto previsto dalla legge regionale 23 agosto 1982, n. 63 (Disposizioni per gli organi collegiali operanti presso l’Amministrazione regionale) e successive modificazioni.

     8. L’Amministrazione regionale è autorizzata a stipulare apposite convenzioni con università degli studi o con altri istituti di studio e ricerca per effettuare analisi e ricerche nelle materie oggetto dell’attività dell’Osservatorio regionale per la finanza locale.

 

TITOLO V

NORME TRANSITORIE E FINALI

 

     Art. 46. (Norme transitorie e finali).

     1. [Le riunioni delle conferenze dei sindaci per la designazione dei componenti del Consiglio delle autonomie locali hanno luogo entro quaranta giorni dall’entrata in vigore delle presente legge. In difetto provvede l’Assessore regionale competente in materia di autonomie locali] [66].

     2. [L’Assessore regionale competente in materia di autonomie locali convoca la prima riunione del Consiglio delle autonomie locali. La presidenza del Consiglio delle autonomie locali, fino alla nomina del Presidente, è assicurata dal componente più anziano, che provvede alle successive convocazioni] [67].

     3. [Fino alla prima riunione del Consiglio delle autonomie locali continua a esercitare le sue funzioni l’Assemblea delle autonomie locali istituita con legge regionale 15 maggio 2001, n. 15 (Disposizioni generali in materia di riordino della Regione e conferimento di funzioni e compiti alle autonomie locali) ] [68].

     4. [Al fine della predisposizione del primo Piano di valorizzazione territoriale di cui all’articolo 26, i Comuni informano la struttura regionale competente in materia di autonomie locali della forma associativa adottata entro centoventi giorni dall’entrata in vigore della presente legge] [69].

     5. [Il Consorzio Comunità collinare del Friuli è equiparato alle associazioni intercomunali ai fini dell’applicazione del capo VI del titolo II ed è tenuto a conservare la composizione costituita esclusivamente da Comuni, in deroga a quanto previsto dal comma 1 dell’articolo 24. Il Consorzio adegua il proprio statuto alla disciplina di cui agli articoli 22, comma 1, e 25 entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge] [70].

     5 bis. [Al fine di consentire al maggior numero di Comuni di concorrere alla assegnazione delle risorse del Piano di valorizzazione territoriale costituendo una idonea forma associativa, i tre quarti dei Comuni di una provincia, anche non contermini possono costituire una associazione intercomunale] [71].

     5 ter. [Al fine di consentire al Comune di Forgaria nel Friuli di concorrere alla assegnazione delle risorse del Piano di valorizzazione territoriale nell’ambito della forma associativa più appropriata ad assicurare l’integrazione funzionale con i Comuni contermini, è estesa a favore del medesimo Comune la facoltà di cui al comma 3 dell’articolo 25] [72].

     5 quater. Ovunque ricorra l'espressione "Assemblea delle Autonomie locali" questa è sostituita con "Consiglio delle autonomie locali" [73].

     5 quinquies. Nella regione Friuli Venezia Giulia la funzione di partecipazione dei Comuni all'attività di accertamento tributario e contributivo di cui all'articolo 18 del decreto legge 78/2010 , convertito dalla legge 122/2010 , è esercitata:

a) per i Comuni con popolazione inferiore a cinquemila abitanti tramite una delle forme associative previste dagli articoli 21, 22 e 23;

b) per i Comuni con popolazione pari o superiore a cinquemila abitanti in forma singola o tramite una delle forme associative previste dagli articoli 21, 22 e 23 [74].

 

     Art. 47. (Pubblicazione).

     1. Il testo della presente legge è pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione preceduto da un sommario contenente il numero e la rubrica degli articoli e delle partizioni interne.

 

     Art. 48. (Norme finanziarie).

     1. Per le finalità previste dall’articolo 32, comma 4, è autorizzata la spesa di 2.500 euro per l’anno 2005 a carico dell’unità previsionale di base 52.2.370.1.1599, denominata «Consiglio delle autonomie locali», che si istituisce nello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 2005-2007 e del bilancio per l’anno 2005, con riferimento al capitolo 1652 (1.1.142.2.01.32) di nuova istituzione nel documento tecnico allegato ai bilanci medesimi - alla rubrica n. 370 - Servizio assemblea autonomie locali (n. 237) - con la denominazione «Oneri per il funzionamento del Consiglio delle autonomie locali e per studi e ricerche» e con lo stanziamento di 2.500 euro per l’anno 2005.

     2. Per le finalità previste dall’articolo 45 è autorizzata la spesa di 6.500 euro per l’anno 2005 a carico dell’unità previsionale di base 52.2.370.1.1645 dello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 2005-2007 e del bilancio per l’anno 2005, con riferimento al capitolo 1643 del documento tecnico allegato ai bilanci medesimi e con lo stanziamento di 6.500 euro per l’anno 2005.

     3. All’onere di 2.500 euro per l’anno 2005 derivante dall’autorizzazione di spesa di cui al comma 1 si fa fronte mediante storno di pari importo dall’unità previsionale di base 6.3.370.2.1030 dello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 2005-2007 e del bilancio per l’anno 2005, con riferimento al capitolo 791 del documento tecnico allegato ai bilanci medesimi, il cui stanziamento è ridotto di pari importo, intendendosi corrispondentemente ridotta la relativa autorizzazione di spesa.

     4. All’onere di 6.500 euro per l’anno 2005 derivante dall’autorizzazione di spesa di cui al comma 2 si fa fronte mediante storno di pari importo dalle unità previsionali di base del bilancio pluriennale per gli anni 2005-2007 e del bilancio per l’anno 2005, con riferimento ai capitoli del documento tecnico allegato ai bilanci medesimi come di seguito specificato:

     a) 2.500 euro per l’anno 2005 dall’unità previsionale di base 6.3.370.2.1030, con riferimento al capitolo 791;

     b) 4.000 euro per l’anno 2005 dall’unità previsionale di base 1.3.370.1.17 con riferimento al capitolo 1680.

     4 bis. A decorrere dall’anno 2008 gli oneri previsti per le finalità dell’articolo 45, comma 7, fanno carico all’ unità di bilancio 10.1.1.1162 dello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 2008-2010 e del bilancio per l’anno 2008 [75].

     5. Gli oneri derivanti dall’applicazione dell’articolo 41 fanno carico all’unità previsionale di base 52.2.370.1.479 dello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 2005-2007 e del bilancio per l’anno 2005, con riferimento al capitolo 9811 del documento tecnico allegato ai bilanci medesimi.

     5 bis. A decorrere dall’anno 2008 gli oneri derivanti dall’applicazione dell’articolo 41 fanno carico all’unità di bilancio 9.1.1.3420 dello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 2008-2010 e del bilancio per l’anno 2008 [76].

 

     Art. 49. (Abrogazioni).

     1. Sono abrogate le seguenti disposizioni di legge:

     a) gli articoli 8 (Disposizioni concernenti le Comunità montane), 9 (Disposizioni particolari per l’ area metropolitana di Trieste), 12 (Trasferimento di funzioni), 16 (Procedure per l’esercizio delle funzioni trasferite), 17 (Delega di funzioni), 18 (Funzione di indirizzo e coordinamento), 19 (Carattere degli atti emessi in attuazione di funzioni trasferite o delegate), 20 (Revoca di funzioni), 21 (Intervento sostitutivo), 22 e 23 (Istituzione della Conferenza permanente Regione - Enti locali), della legge regionale 9 marzo 1988, n. 10 (Riordinamento istituzionale della Regione e riconoscimento e devoluzione di funzioni agli enti locali);

     b) l’articolo 1, comma 1, della legge regionale 27 novembre 1989, n. 42 (Integrazioni e modifiche della legge regionale 9 marzo 1988, n. 10, recante: «Riordinamento istituzionale della Regione e riconoscimento e devoluzione di funzioni agli Enti locali»);

     c) l’articolo 4 (modifica dell’articolo 8 della legge regionale 9 marzo 1988, n. 10), comma 1, della legge regionale 1 febbraio 1993, n. 1 (legge finanziaria 1993);

     d) l’articolo 16 (altre norme contabili), commi 36, 37, 38, 39, 40 e 41, della legge regionale 13 settembre 1999, n. 25 (assestamento del bilancio 1999 e del bilancio pluriennale 1999-2001 ai sensi dell’articolo 10 della legge regionale 20 gennaio 1982, n. 10);

     e) l’articolo 2 (Trasferimenti al sistema delle autonomie locali), commi 19, 22, 23, 24, 25 e 26 della legge regionale 22 febbraio 2000, n. 2 (legge finanziaria 2000);

     f) la legge regionale 15 maggio 2001, n. 15 (Disposizioni generali in materia di riordino della Regione e conferimento di funzioni e compiti alle autonomie locali);

     g) gli articoli 25 (esercizio associato delle funzioni comunali dei Comuni facenti parte dei comprensori montani), 27 (criteri preferenziali per l’erogazione di contributi agli enti locali), e 41 (modifiche alla legge regionale 15/2001), della legge regionale 20 dicembre 2002, n. 33 (istituzione dei Comprensori montani del Friuli Venezia Giulia);

     h) l’articolo 1 (norme urgenti in materia di enti locali, nonché di uffici di segreteria degli Assessori regionali), comma 35, della legge regionale 11 dicembre 2003, n. 21 (norme urgenti in materia di enti locali, nonché di uffici di segreteria degli Assessori regionali);

     i) l’articolo 2 (trasferimenti al sistema delle autonomie locali), comma 38, della legge regionale 2 febbraio 2005, n. 1 (legge finanziaria 2005).

     2. Le disposizioni di cui all’articolo 3 (trasferimenti al sistema delle autonomie locali), commi 45, 46, 47, 48, 49, 50 e 51 della legge regionale 29 gennaio 2003, n. 1 (legge finanziaria 2003) sono abrogate a far data dalla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione del decreto di nomina dei componenti dell’Osservatorio di cui all’articolo 45.

     3. Le disposizioni di cui al comma 1 continuano comunque ad applicarsi ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, fino ad esaurimento degli stessi.


[1] Articolo abrogato dall'art. 31 della L.R. 11 novembre 2011, n. 14, con la decorrenza ivi prevista.

[2] Comma così modificato dall'art. 1 della L.R. 28 giugno 2016, n. 10.

[3] Articolo abrogato dall'art. 12 della L.R. 29 dicembre 2010, n. 22.

[4] Articolo abrogato dall'art. 40 della L.R. 29 novembre 2019, n. 21.

[5] Articolo abrogato dall'art. 69 della L.R. 12 dicembre 2014, n. 26.

[6] Lettera aggiunta dall'art. 33 della L.R. 11 novembre 2011, n. 14.

[7] Articolo abrogato dall'art. 40 della L.R. 29 novembre 2019, n. 21.

[8] Articolo abrogato dall'art. 69 della L.R. 12 dicembre 2014, n. 26.

[9] Comma inserito dall'art. 11 della L.R. 8 aprile 2013, n. 5, con la decorrenza ivi prevista.

[10] Articolo abrogato dall'art. 69 della L.R. 12 dicembre 2014, n. 26.

[11] Comma inserito dall'art. 11 della L.R. 8 aprile 2013, n. 5.

[12] Articolo abrogato dall'art. 40 della L.R. 29 novembre 2019, n. 21.

[13] Comma così modificato dall'art. 2 della L.R. 28 giugno 2016, n. 10.

[14] Articolo abrogato dall'art. 11 della L.R. 30 dicembre 2008, n. 17.

[15] Comma così sostituito dall'art. 1 della L.R. 28 dicembre 2007, n. 30.

[16] Articolo abrogato dall'art. 10 della L.R. 4 agosto 2014, n. 15, con la decorrenza ivi prevista.

[17] Lettera così modificata dall'art. 33 della L.R. 11 novembre 2011, n. 14.

[18] Lettera così modificata dall'art. 33 della L.R. 11 novembre 2011, n. 14.

[19] Lettera sostituita dall'art. 1 della L.R. 28 dicembre 2007, n. 30 e abrogata dall'art. 11 della L.R. 30 dicembre 2008, n. 17.

[20] Comma modificato dall'art. 1 della L.R. 28 dicembre 2007, n. 30 e abrogato dall'art. 11 della L.R. 30 dicembre 2008, n. 17.

[21] Articolo abrogato dall'art. 10 della L.R. 4 agosto 2014, n. 15, con la decorrenza ivi prevista.

[22] Comma abrogato dall'art. 31 della L.R. 11 novembre 2011, n. 14, con la decorrenza ivi prevista.

[23] Comma così modificato dall'art. 33 della L.R. 11 novembre 2011, n. 14.

[24] Comma inserito dall'art. 14 della L.R. 31 dicembre 2012, n. 27.

[25] Comma già modificato dall'art. 12 della L.R. 23 luglio 2009, n. 12, sostituito dall'art. 11 della L.R. 30 dicembre 2009, n. 24 e così ulteriormente modificato dall'art. 5 della L.R. 9 marzo 2012, n. 3.

[26] Comma così modificato dall'art. 33 della L.R. 11 novembre 2011, n. 14.

[27] Articolo abrogato dall'art. 40 della L.R. 29 novembre 2019, n. 21.

[28] Comma così modificato dall'art. 33 della L.R. 11 novembre 2011, n. 14.

[29] Comma aggiunto dall'art. 14 della L.R. 31 dicembre 2012, n. 27.

[30] Comma aggiunto dall'art. 14 della L.R. 31 dicembre 2012, n. 27.

[31] Articolo inserito dall'art. 10 della L.R. 11 agosto 2011, n. 11 e abrogato dall'art. 65 della L.R. 17 luglio 2015, n. 18.

[32] Articolo abrogato dall'art. 40 della L.R. 29 novembre 2019, n. 21.

[33] Articolo abrogato dall'art. 43 della L.R. 22 maggio 2015, n. 12.

[34] Articolo abrogato dall'art. 43 della L.R. 22 maggio 2015, n. 12.

[35] Comma inserito dall'art. 2 della L.R. 21 ottobre 2010, n. 17.

[36] Comma così modificato dall'art. 10 della L.R. 11 agosto 2011, n. 11.

[37] Articolo abrogato dall'art. 43 della L.R. 22 maggio 2015, n. 12.

[38] Articolo abrogato dall'art. 43 della L.R. 22 maggio 2015, n. 12.

[39] Lettera così sostituita dall'art. 2 della L.R. 21 ottobre 2010, n. 17.

[40] Lettera così sostituita dall'art. 2 della L.R. 21 ottobre 2010, n. 17.

[41] Lettera così sostituita dall'art. 2 della L.R. 21 ottobre 2010, n. 17.

[42] Articolo abrogato dall'art. 43 della L.R. 22 maggio 2015, n. 12.

[43] Articolo abrogato dall'art. 43 della L.R. 22 maggio 2015, n. 12.

[44] Comma così sostituito dall'art. 2 della L.R. 21 ottobre 2010, n. 17.

[45] Articolo abrogato dall'art. 43 della L.R. 22 maggio 2015, n. 12.

[46] Articolo abrogato dall'art. 43 della L.R. 22 maggio 2015, n. 12.

[47] Articolo abrogato dall'art. 43 della L.R. 22 maggio 2015, n. 12.

[48] Comma inserito dall'art. 11 della L.R. 14 agosto 2008, n. 9.

[49] Articolo abrogato dall'art. 43 della L.R. 22 maggio 2015, n. 12.

[50] Articolo abrogato dall'art. 69 della L.R. 12 dicembre 2014, n. 26.

[51] Comma così modificato dall'art. 2 della L.R. 20 agosto 2007, n. 22.

[52] Articolo abrogato dall'art. 65 della L.R. 17 luglio 2015, n. 18.

[53] Articolo abrogato dall'art. 65 della L.R. 17 luglio 2015, n. 18.

[54] Articolo abrogato dall'art. 50 della L.R. 11 marzo 2016, n. 3.

[55] Comma così modificato dall'art. 11 della L.R. 30 dicembre 2009, n. 24.

[56] Comma inserito dall'art. 11 della L.R. 30 dicembre 2009, n. 24.

[57] Comma inserito dall'art. 11 della L.R. 30 dicembre 2009, n. 24.

[58] Comma inserito dall'art. 11 della L.R. 30 dicembre 2009, n. 24.

[59] Comma così modificato dall'art. 11 della L.R. 30 dicembre 2008, n. 17.

[60] Comma inserito dall'art. 11 della L.R. 30 dicembre 2009, n. 24.

[61] Comma inserito dall'art. 11 della L.R. 29 dicembre 2010, n. 22.

[62] Comma inserito dall'art. 11 della L.R. 29 dicembre 2010, n. 22.

[63] Comma aggiunto dall'art. 14 della L.R. 31 dicembre 2012, n. 27.

[64] Comma aggiunto dall'art. 14 della L.R. 31 dicembre 2012, n. 27.

[65] Articolo abrogato dall'art. 14 della L.R. 4 agosto 2014, n. 15.

[66] Comma abrogato dall'art. 11 della L.R. 30 dicembre 2008, n. 17.

[67] Comma abrogato dall'art. 11 della L.R. 30 dicembre 2008, n. 17.

[68] Comma abrogato dall'art. 11 della L.R. 30 dicembre 2008, n. 17.

[69] Comma abrogato dall'art. 11 della L.R. 30 dicembre 2008, n. 17.

[70] Comma abrogato dall'art. 69 della L.R. 12 dicembre 2014, n. 26.

[71] Comma aggiunto dall'art. 1 della L.R. 28 dicembre 2007, n. 30, sostituito dall'art. 11 della L.R. 30 dicembre 2008, n. 17 e abrogato dall'art. 69 della L.R. 12 dicembre 2014, n. 26. Per un'interpretazione autentica del presente comma, vedi l'art. 12 della L.R. 23 luglio 2009, n. 12.

[72] Comma aggiunto dall'art. 1 della L.R. 28 dicembre 2007, n. 30 e abrogato dall'art. 69 della L.R. 12 dicembre 2014, n. 26.

[73] Comma aggiunto dall'art. 2 della L.R. 21 ottobre 2010, n. 17.

[74] Comma aggiunto dall'art. 12 della L.R. 29 dicembre 2010, n. 22.

[75] Comma inserito dall'art. 1 della L.R. 28 dicembre 2007, n. 30.

[76] Comma aggiunto dall'art. 1 della L.R. 28 dicembre 2007, n. 30.