§ 98.1.38345 - Circolare 23 settembre 1997, n. 196 .
Contribuzione afferente il settore della pesca marittima. Questioni connesse all'applicazione della legge 13 marzo 1958, n. 250 e L. 26 [...]


Settore:Normativa nazionale
Data:23/09/1997
Numero:196

§ 98.1.38345 - Circolare 23 settembre 1997, n. 196 .

Contribuzione afferente il settore della pesca marittima. Questioni connesse all'applicazione della legge 13 marzo 1958, n. 250 e L. 26 luglio 1984, n. 413.

 

Emanata dall'Istituto nazionale previdenza sociale.

 

 

Ai Dirigenti centrali e periferici 

 

Ai Coordinatori generali, centrali e 

 

periferici dei Rami professionali 

 

Al Coordinatore generale Medico legale 

 

e Primari Medico legali 

 

e, per conoscenza, 

 

Al Presidente 

 

Ai Consiglieri di Amministrazione 

 

Al Presidente e ai membri del Consiglio 

 

di indirizzo e vigilanza 

 

Ai Presidenti dei Comitati amministratori 

 

di fondi, gestioni e casse 

 

Ai Presidenti dei Comitati regionali 

 

Ai Presidenti dei Comitati provinciali 

 

 

Sommario

- Parte A) - Regime previdenziale della pesca marittima.

A1) - Regime previdenziale dei pescatori della piccola pesca marittima, di cui alla legge 13 marzo 1958, n. 250.

A2) - Regime previdenziale marittimo, di cui alla legge 26 luglio 1984, n. 413.

A3) - Regime previdenziale dei marittimi che non rientrano nel regime previdenziale marittimo di cui alla legge n. 413 del 1984, né in quello di cui alla legge n. 250 del 1958.

A4) - legge 5 febbraio 1992, n. 102 norme concernenti l'attività di acquacoltura.

- Parte B) - Note sulla legge 13 marzo 1958, n. 250, per quanto attiene il settore della pesca marittima.

B1) - Cooperativa e compagnia di pescatori.

B2) - Circolare n. 700 R.C.V. del 15 aprile 1986.

B3) - Competenza delle commissioni.

B4) - Competenza delle SAP per l'accertamento dei requisiti delle cooperative.

- Parte C) - Cenni sulla legislazione in materia di pesca marittima.

Premessa

C1) - legge 14 luglio 1965, n. 963.

C2) - D.P.R. 2 ottobre 1968, n. 1639.

C3) - legge 17 febbraio 1982, n. 41.

C4) - Normativa sul fermo temporaneo o biologico delle navi adibite alla pesca mediterranea e alla pesca costiera.

C5) - Iniziative di pesca - Turismo.

C6) - Operatività delle navi adibite alla pesca marittima.

 

 

Parte A

Regimi previdenziali della pesca marittima

L'inquadramento dei marittimi imbarcati quali membri dell'equipaggio sulle navi adibite alla pesca marittima nei regimi previdenziali vigenti nel settore è determinato, in gran parte, dalle caratteristiche oggettive della nave a bordo della quale i marittimi stessi operano.

A.1 - Regime previdenziale dei pescatori della piccola pesca marittima, di cui alla legge 13 marzo 1958, n. 250.

Il regime previdenziale disciplinato dalla legge n. 250 del 1958 trova applicazione qualora concorrano due condizioni:

a) - La pesca deve essere esercitata dal marittimo (v. art. 115 C.N. ) quale attività lavorativa esclusiva o prevalente, sia in via autonoma che in forma associata cooperativa o compagnia di pesca.

b) - L'esercizio della pesca quale attività professionale può essere attuato con natanti non superiori alle 10 tonnellate di stazza lorda tale espressione, richiamata dall'art. 3 del D.M. 6 luglio 1974 - in G.U. 20 luglio 1974, n. 190 - che detta norme per l'esecuzione delle disposizioni di cui all'art. 8 della legge 22 febbraio 1973, n. 27, sulla previdenza marinara, è stata integrata con l'ulteriore specifica anche se muniti di apparato motore superiore ai 25 cavalli asse o 30 cavalli indicati. In tale compiuta formulazione, il requisito in esame è stato richiamato dall'art. 6, lett. d), della legge n. 413 del 1984, quale criterio di esclusione dal regime previdenziale marittimo disciplinato dalla stessa legge n. 413 del 1984, di cui al successivo paragrafo A.2.

Nel contesto sopra delineato, acquistano rilevanza i criteri illustrati nella circolare n. 700 R.C.V. del 15 aprile 1986, ai fini dell'accertamento del diritto dell'iscrizione del marittimo al regime di cui alla legge n. 250 del 1958, quale pescatore autonomo.

In proposito, non risulta superata neppure la circolare n. 609 R.C.V. del 3 febbraio 1983, sulle cooperative della piccola pesca legge 13 marzo 1958, n. 250 criteri per l'assicurabilità dei soci, nella quale viene illustrata la deliberazione n. 252 assunta sull'argomento dal consiglio di amministrazione dell'INPS nella seduta del 18 novembre 1982.

Per quanto attiene l'esercizio della pesca quale esclusiva o prevalente attività lavorativa, di cui alla lett. a), si ritiene utile soffermarsi sulla portata dell'espressione prevalente contenuta nell'art. 1, comma 1, della legge n. 250 del 1958, in alternativa all'espressione esclusiva.

La parola prevalente evidenzia, ai fini dell'applicazione della legge n. 250 del 1958, tutte quelle situazioni lavorative in cui l'attività di pesca, pur non costituendo l'unica attività di lavoro svolta dal lavoratore, rileva, comunque, quale attività lavorativa principale della persona, sia come individuo che come socio di cooperativa o membro di compagnia di pesca.

Assumendo nella predetta accezione la parola prevalente, si chiarisce anche il dettato del comma 3 del citato art. 1 della legge n. 250 del 1958, che, riguardo agli stessi soggetti, recita che esercitano la pesca quale loro attività professionale, in conformità alle norme sulla pesca marittima (v. parte C).

Tale criterio è stato ulteriormente specificato dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale con circolare n. 42 del 1984 del 9 aprile 1984, che, riferito il concetto di prevalenza ai casi di attività di lavoro plurime e facendo proprio il criterio già enunciato dalla commissione centrale per l'assicurazione dei pescatori, precisa come ai fini della determinazione dell'attività prevalente sia opportuno valutare oltre al fattore tempo, cioè il tempo dedicato all'attività di pesca, anche il fattore reddito per il quale, peraltro, è impossibile fissare a priori un tetto in considerazione della variabilità del reddito verificabile di anno in anno nei soggetti interessati.

In concreto, prosegue la circolare ministeriale, qualora venga accertato che il richiedente l'iscrizione alla legge n. 250 del 1958, eserciti un determinato mestiere o professione a tempo pieno (lavoratore dipendente, lavoratore autonomo o libero professionista) la iscrizione dovrà essere di regola rifiutata per carenza del requisito previsto dall'art. 1 della legge n. 250 del 1958.

Il Ministero del Lavoro conclude che prevalente deve intendersi l'attività di pesca quando la stessa impegni l'interessato per il maggior periodo di tempo nell'anno e costituisca per esso la maggior fonte di reddito, in conformità ai principi generali ormai consolidati nel settore della previdenza dei lavoratori autonomi, onde il criterio sopra formulato appare il più opportuno per regolare le analoghe fattispecie prospettate nel settore della piccola pesca.

Si fa presente, altresì, che la stessa commissione centrale per l'assicurazione dei pescatori ha avuto modo di chiarire che lo status di pensionato, derivante da qualsiasi tipo di pensione, erogata dall'INPS o da altri enti previdenziali, non preclude il riconoscimento della qualifica di pescatore autonomo, quando ovviamente sussistano gli altri requisiti previsti dall'art. 1 della legge n. 250 del 1958.

La norma sopra richiamata, infatti, nell'assoggettare agli obblighi assicurativi le persone che esercitano la pesca quale esclusiva o prevalente attività lavorativa, sia in forma associata che autonoma, non prevede alcuna esclusione per i titolari di pensione o per limiti di età.

A.2 - Regime previdenziale marittimo, di cui alla legge 26 luglio 1984, n. 413.

L'iscrizione al regime previdenziale marittimo disciplinato dalla legge n. 413 del 1984 (v. Circolare n. 56 del 22 marzo 1984) pone, di regola, due condizioni per l'iscrizione al regime stesso:

a) - Il marittimo deve far parte dell'equipaggio (v. art. 316 C.N. ) delle navi munite di carte di bordo o documenti equiparati art. 2, comma 2, lett. a), della legge n. 413 del 1984.

b) - Le navi devono rientrare tra quelle individuate dall'art. 5 della legge n. 413 del 1984, tra le quali sono comprese, oltre le navi maggiori, le navi minori di cui all'art. 1287 C.N. , iscritte nei registri delle navi minori e dei galleggianti (v. lett. b) del citato art. 5).

Si rammenta che le predette navi minori determinano l'iscrizione dei relativi equipaggi al regime della legge n. 413 del 1984 quando le navi stesse sono di stazza lorda superiore alle 10 tonnellate ovvero sono munite di apparato motore superiore ai 25 cavalli asse o 30 cavalli indicati, anche se costituisca mezzo di propulsione ausiliario.

In proposito, si evidenzia che l'esclusione dal regime previdenziale marittimo ex lege n. 413 del 1984, di cui all'art. 6 della legge medesima, riguarda, per quanto attiene la pesca, soltanto i marittimi iscritti negli elenchi dei pescatori addetti alla piccola pesca, esercenti la stessa in forma autonoma o cooperativistica su natanti non superiori alle 10 tonnellate di stazza lorda, qualunque sia la potenza del relativo apparato motore. Nei confronti dei marittimi predetti trovano applicazione le disposizioni della legge 13 marzo 1958, n. 250, e successive modificazioni ed integrazioni (v. art. 6, lett. d), legge n. 413 del 1984).

A.3 - Regime previdenziale dei marittimi che non rientrano nel regime previdenziale marittimo di cui alla legge n. 413 del 1984, né in quello di cui alla legge n. 250 del 1958.

Qualora il marittimo si trovi ad operare, come membro dell'equipaggio, a bordo di una nave non ricompresa tra quelle individuate dall'art. 5 della legge n. 413 del 1984, ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui alla legge stessa, ovvero eserciti la piccola pesca marittima senza che nei suoi confronti ricorrano le condizioni per l'iscrizione al regime previdenziale di cui alla legge n. 250 del 1958, occorre verificare se, in effetti, possa applicarsi al marittimo stesso il regime previdenziale comune, proprio dei lavoratori dipendenti.

La proposizione in esame costituisce un ipotesi residuale pur tuttavia l'ipotesi stessa assume estrema rilevanza là dove i criteri richiamati nei precedenti paragrafi risultino inadeguati a definire l'esatto regime previdenziale del soggetto interessato.

Si rileva, infatti, che nell'ordinamento comune dell'AGO la figura dell'armatore imbarcato non trova tutela previdenziale, in quanto datore di lavoro.

Le relative disposizioni non contemplano per il datore di lavoro una norma analoga a quella dell'art. 12 della legge n. 413 del 1984, prevista per l'armatore e proprietario - armatore imbarcati sulle navi di cui alla legge stessa art. 5, né è possibile, sempreché esercitino la piccola pesca con le navi di cui alla legge n. 250 del 1958, applicarsi le disposizioni di quest'ultima, al di fuori delle fattispecie dalla stessa espressamente disciplinate.

A.4 - Legge 5 febbraio 1992, n. 102 norme concernenti l'attività di acquacoltura.

Per la definizione dell'esatto inquadramento delle imprese che esercitano l'attività di acquacoltura, di cui alla legge n. 102 del 1992, le istruzioni concernenti l'applicazione della legge in parola sono state dettate con Circolare n. 155 del 10 luglio 1997, a cui si rinvia.

 

 

Parte B

Note sulla legge 13 marzo 1958, n. 250, per quanto attiene il settore della pesca professionale marittima.

La legge 13 marzo 1958, n. 250, intitolata previdenze a favore dei pescatori della piccola pesca marittima e delle acque interne, riferisce il particolare regime previdenziale alle persone che esercitano la pesca quale esclusiva o prevalente attività lavorativa, sia esse associate in cooperative o compagnie sia esse autonome.

La legge stessa specifica ulteriormente i destinatari con espresso riferimento, per quanto attiene i marittimi, all'art. 115 C.N. , precisando che i medesimi devono esercitare la pesca quale attività professionale, servendosi di natanti non superiori alle 10 tonnellate di stazza lorda, anche se muniti di apparato motore superiore ai 25 c.a. o 30 c.i. (v. art. 3, D.M. 6 luglio 1974 in G.U. 20 luglio 1974, n. 190, e art. 6, lett. d), della legge 26 luglio 1984, n. 413.)

B.1 - Cooperativa e compagnia di pescatori.

Nelle circolari del Ministero del Lavoro e in quelle emanate dall'INPS si accenna con chiarezza alle cooperative di pescatori, senza una specifica trattazione della compagnia di pescatori.

Tale costante riferimento al fenomeno cooperativistico del settore si giustifica con la connotazione ormai storica della compagnia di pescatori, di cui il legislatore ha fatto espressa citazione nel dettato della legge n. 250 del 1958 soltanto perché ancora presente, in quegli anni, presso alcune marinerie di pesca.

La collocazione della compagnia di pesca nelle locali associazioni di arti e mestieri, così come si sono venute determinando per soddisfare bisogni omogenei, è ormai da ascriversi alla tradizione, e pur tuttavia, anche se superata, stante la rilevanza acquisita dall'associazionismo cooperativistico nella legislazione previdenziale e tributaria, mantiene una rilevanza giuridica, per la legge n. 250 del 1958, là dove ancora sussista.

Pertanto, al di fuori di tale collocazione temporale, la connotazione di compagnia di pesca non può essere riferita, ai fini previdenziali, ad attuali mere associazioni di fatto, nel caso in cui non ricorrano, o vengano meno, i requisiti formali e sostanziali per l'esistenza della cooperativa.

Soltanto l'adozione di tale criterio concreto assicura una logica lettura delle norme della legge n. 250 del 1958, stante l'improbabile analogia delle compagnia di pesca, in genere - quale associazione di pescatori, fornita di un proprio statuto, da cui emerge una precisa collocazione temporale nel passato e una scarsa rilevanza economica - con fenomeni mercantili, ben più complessi, che interessarono anche il settore marittimo.

In tale accezione, l'espressione compagnia di pesca acquista un logico significato e giustifica il richiamo dall'espressione stessa fatto dal legislatore, che ha inteso affiancare tale forma di associazionismo, appartenente alla tradizione, al precipuo e attuale fenomeno dell'associazionismo, che si concretizza sotto la figura della cooperativa, così come si è venuta delineando ai fini dell'ordinamento previdenziale.

In tale contesto acquistano rilevanza e significato anche le disposizioni impartite, a suo tempo, dal Ministero del Lavoro con circolare n. 25, prot. n. 35/80477/A/G - B - 26 del 18 luglio 1959, con la quale il Ministero stesso ha inteso chiarire, una volta per tutte, l'esclusione di ogni altro vincolo societario, al di fuori di quello associativo attuato dalla cooperativa o dalla compagnia di pesca, dall'applicazione del regime previdenziale di cui alla legge n. 250 del 1958.

Ciò premesso, le disposizioni della legge n. 250 del 1958 trovano una chiara lettura nel quadro normativo sopra illustrato, e, pertanto, diretta applicazione soltanto per le ipotesi di cooperativa tra pescatori, costituita ai sensi dell'art. 2511 e ss. del C.C., e della compagnia tra pescatori, là dove tale forma di associazione sopravviva nei modi di cui al relativo statuto.

A tali forme associative si è ora aggiunta, per la cooperativa, la figura della piccola società cooperativa, recepita ed introdotta definitivamente nell'ordinamento dall'art. 21 della legge 7 agosto 1997, n. 266 in G.U. n. 186 dell'11 agosto 1997, dopo una copiosa decretazione, protrattasi dal 1995 al 1996 è decaduta per mancata conversione in legge.

Pertanto, si ribadisce quanto precisato dalla citata circolare ministeriale e cioè che, là dove l'associazione tra pescatori non si realizzi nelle forme della cooperativa o della compagnia ancorché quest'ultima sia da considerarsi desueta - i soggetti che concorrono alla formazione di vincoli societari di altra natura si collocano al di fuori della tutela previdenziale ex lege n. 250 del 1958.

B.2 - Circolare n. 700 R.C.V. del 15 aprile 1986.

Le istruzioni impartite con la Circolare n. 700 R.C.V. del 15 aprile 1986, per i casi di indebita iscrizione o di mancata cancellazione di pescatori autonomi dagli appositi elenchi, non contraddicono il dettato della legge n. 250 del 1958, per quanto attiene la competenza delle apposite Commissioni provinciali o compartimentali, le cui decisioni possono essere impugnate, anche presso la competente autorità giudiziaria, ma giammai disconosciute sotto il profilo della loro efficacia.

In effetti dalla citata circolare non viene posta in discussione la competenza delle predette commissioni, né la competenza stessa si trasferisce all'INPS, in alternativa rispetto alle Commissioni medesime, sia pure in via di supplenza, in quanto l'atto di iscrizione o cancellazione dell'INPS dovrà assumere comunque a riferimento il provvedimento delle Commissioni in parola, sia per la conferma ovvero per la relativa impugnativa, anche in sede giudiziale.

B.3 - Competenza delle Commissioni.

L'art. 4, comma 1, lett. a), della legge n. 250 del 1958 attribuisce alle Commissioni compartimentali, per quanto concerne il settore della pesca professionale marittima, il compito di stabilire se i pescatori inclusi negli elenchi trasmessi dalle cooperative o compagnie e di pescatori autonomi, che abbiano fatto domanda di iscrizione negli appositi elenchi, posseggano i requisiti richiesti dall'art. 1 della legge stessa.

Cioè la Commissione deve verificare ex art. 1, comma 1, della legge n. 250 del 1958 se le persone che esercitano la pesca le esercitino quale esclusiva o prevalente attività lavorativa, sia quando tali persone risultino associate in cooperative o compagnie, sia quando operino come lavoratori autonomi (comma 2).

La Commissione compartimentale deve accertare nei confronti dei lavoratori che ricorrano, per ciascun soggetto, associato o autonomo, i seguenti requisiti (v. art. 1, comma 3, della legge n. 250 del 1958).

1) Iscrizione ad una delle tre categorie in cui si suddivide la gente di mare, contemplate dall'art. 115 C.N. , senza alcuna ulteriore specificazione al riguardo anche se l'ipotesi più ricorrente riguarda ovviamente gli iscritti alla terza categoria della gente di mare, nella quale vengono a collocarsi i marittimi appartenenti al personale addetto al traffico locale e, per quanto interessa, alla pesca costiera.

2) Esercizio della pesca quale esclusiva o prevalente attività lavorativa (v. parte A, paragrafo A.1). Tale criterio già formulato nei primi due commi dell'art. 1 della legge n. 250 del 1958, è ulteriormente ribadito nel comma 3 dello stesso articolo con la formulazione che esercitano la pesca quale loro attività professionale, specificando pertanto una connotazione soggettiva da valere sia per le persone associate in cooperativa o compagnia di pesca, sia nei confronti del singolo lavoratore autonomo.

3) L'uso, per l'esercizio della pesca marittima, di un natante non superiore alle 10 tonnellate di stazza lorda, qualunque sia la potenza del relativo apparato motore, espressione che sta a significare anche se muniti di apparato motore superiore ai 25 cavalli asse o 30 cavalli indicati (v. art. 3 del D.M. 6 luglio 1974 in G.U. del 20 luglio 1974, n. 190, in A.U. 1974 pag. 1541 e ss.; art. 6, lett. d), della legge 26luglio 1984, n. 413, in A.U. 1984 pag. 2548 e ss.; circolare n. 56 del 22 marzo 1988).

Per l'identificazione delle persone associate, l'art. 2 della legge n. 250 del 1958 fa obbligo alla cooperativa o compagnia di presentare gli elenchi dei propri soci addetti alla pesca marittima all'autorità marittima, così come ai pescatori autonomi marittimi fa obbligo di presentare le domande di iscrizione negli appositi elenchi alla stessa autorità marittima.

L'art. 4 della legge n. 250 del 1958, integra tale obbligo, nei confronti dei pescatori autonomi, in caso di inerzia di costoro, assegnando alla commissione compartimentale, sotto la lett. b) dello stesso art. 4, il compito di accertare d'ufficio i pescatori autonomi soggetti all'obbligo della presente legge, cioè della legge n. 250 del 1958.

Tale espressa disposizione sottolinea l'obbligo dell'iscrizione al regime previdenziale ed assistenziale di cui alla citata legge n. 250 del 1958, a tutela dei lavoratori che operano nel settore della pesca, nei cui confronti ricorrano in concreto i requisiti indicati sotto i precedenti punti 1), 2) e 3).

Detto obbligo, ovviamente, ricorre dal momento in cui detti requisiti si sono realizzati nel tempo, onde l'accertamento della Commissione compartimentale, ancorché presupposto per l'ammissione al regime della legge n. 250 del 1958.

Al fine di impedire iscrizioni incompatibili con il regime stesso, mantiene, proprio perché tale, la connotazione di un accertamento ricognitivo di una situazione esistente, che si può così sintetizzare:

- pescatori marittimi associati in cooperativa o compagnia, ovvero autonomi;

- esercizio della pesca, nell'osservanza delle disposizioni che la regolano, quale attività professionale, esclusiva o prevalente;

- uso di una nave da pesca inferiore alle 10 tonnellate di stazza lorda, indipendentemente dalla potenza dell'apparato motore, di cui la nave stessa sia eventualmente munita.

In altri termini, la verifica dei requisiti non è ininfluente sulla natura dell'accertamento condotto dalla commissione.

Tale accertamento, giova ripeterlo, ha natura di atto propedeutico, per la parte in cui verifica l'esistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi, riferiti al marittimo associato o autonomo, ma, nel contempo, proprio perché trattasi di un accertamento teso a riconoscere una tutela previdenziale obbligatoria retta da norme pubblicistiche, non può far decorrere i suoi effetti esclusivamente a far tempo dalla data sotto la quale è intervenuta la decisione della commissione, bensì, in caso affermativo, dalla data in cui tali requisiti si sono congiuntamente attuati in concreto a favore del lavoratore, sia esso socio di cooperativa o compagnia che autonomo.

Pertanto, l'accertamento in discorso, come sopra precisato, non può che avere effetto retroattivo essendo ricognitivo di una situazione di fatto pregressa, onde la decorrenza deve essere riferita alla data in cui tale situazione ha iniziato ad esistere.

In proposito, si sottolinea che l'attività di pesca marittima si caratterizza per una serie di obblighi posti a carico del marittimo che intenda operare nel settore della pesca marittima professionale, come è agevole verificare nella successiva parte C.

B.4 - Competenza delle SAP per l'accertamento dei requisiti delle cooperative.

Per quanto attiene l'argomento in rubrica, è opportuno riferirsi alla circolare applicativa n. 413 C. e V. 347 G.S. del 31 marzo 1959, paragrafo 4, lett. d), che a sua volta richiama la circolare n. 5, prot. n. 3 - 5/4842/A/G - B - 28 del 22 gennaio 1959 del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale.

Dette circolari, in particolare quella ministeriale, qui di seguito citata in alcune sue parti, chiariscono che le commissioni non hanno il compito di accertare se ricorrano o meno le condizioni necessarie per poter riconoscere l'esistenza di un rapporto di lavoro dipendente e retribuito fra tali pescatori e le cooperative e compagnie alle quali sono associati, onde l'approvazione degli elenchi dei pescatori trasmessi dagli organismi cooperativi della piccola pesca non comporta alcun giudizio da parte delle commissioni stesse circa l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato e retribuito fra i pescatori predetti e le compagnie cooperative (v. nota).

La circolare dell'Istituto puntualizza ulteriormente tale criterio le commissioni hanno soltanto il compito di stabilire se i pescatori inclusi negli elenchi trasmessi dalle cooperative o compagnie e i pescatori autonomi posseggano i requisiti professionali prescritti dall'art. 1 per l'appartenenza al settore della piccola pesca e, pertanto, dalla pronuncia delle commissioni sul possesso per i lavoratori di cooperative e compagnie dei citati requisiti professionali non può di conseguenza derivare in nessun caso nè un giudizio sulla esistenza del rapporto di lavoro fra i pescatori e gli organismi che li denunciano come soci, né tanto meno sull'esistenza dei noti requisiti necessari perché gli organismi stessi possano applicare le norme sulla cassa unica per gli assegni familiari.

Ciò premesso, la circolare dell'Istituto conclude il suddetto giudizio rimane di competenza delle sedi e l'esito favorevole degli accertamenti sulla ricorrenza delle condizioni prescritte costituisce tuttora presupposto indispensabile per l'ammissione dei soci di cooperative e compagnie della piccola pesca all'applicazione delle norme sugli assegni familiari e le assicurazioni obbligatorie.

Si richiamano, altresì, gli ulteriori criteri sull'assicurabilità dei soci delle cooperative della piccola pesca fissati dal consiglio di amministrazione dell'Istituto con deliberazione n. 252 del 18 novembre 1982, di cui alla circolare n. 609 R.C.V. - 136/2209 PMT - n. 144 GS del 3 febbraio 1983.

 

 

Parte C

Cenni sulla legislazione in materia di pesca marittima

Premessa

Prima di esaminare la legislazione sulla pesca marittima, si ritiene opportuno richiamare, qui di seguito, alcuni articoli del codice della navigazione, utili per una migliore comprensione della legislazione stessa, che in alcune disposizioni si discosta dalla normativa generale, formulando criteri propri della disciplina della pesca marittima.

- L'art. 219 C.N. , sotto la rubrica pesca marittima, recita "è considerata pesca marittima, oltre quella che si esercita nel mare, la pesca nell'ambito del demanio marittimo".

- L'art. 2 C.N. determina il mare territoriale, su cui lo stato esercita la propria sovranità, quale bene comune, ancorché, per taluni fini, ne faccia oggetto di disciplina assimilabile a quella di un bene demaniale, come nel caso del permesso di pesca ora licenza di pesca.

- L'art. 28 C.N. determina, come segue, le acque appartenenti al demanio marittimo (v. paragrafo C.2).

a) - I porti, le rade.

b) - Le lagune, le foci dei fiumi che sboccano in mare, i bacini di acqua salsa o salmastra che almeno durante una parte dell'anno comunicano liberamente col mare.

c) - I canali utilizzabili ad un pubblico servizio.

- L'art. 220 C.N. , sulle categorie della pesca, recita "la pesca si distingue, secondo i criteri stabiliti dal regolamento, in pesca costiera, pesca mediterranea, pesca oltre gli stretti".

- L'art. 408 del regolamento per l'esecuzione del codice della navigazione marittima, in merito alle predette categorie di pesca, così precisa:

<< La pesca costiera è quella che si esercita lungo le coste continentali ed insulari dello stato a distanza non superiore alle venti miglia (v. paragrafo c.6).

<< La pesca mediterranea è quella che si esercita nel Mediterraneo entro gli stretti di Gibilterra e dei Dardanelli e il canale di Suez.

<< La pesca oltre gli stretti è quella che si esercita fuori dei limiti di cui al comma precedente.

Le disposizioni del codice della navigazione e del suo regolamento d'esecuzione non esauriscono, come sopra accennato, la regolamentazione della pesca marittima, che trova una specifica disciplina nella legge 14 luglio 1965, n. 963 in G.U. n. 203 del 14 agosto 1965, nel regolamento per l'esecuzione della legge stessa, di cui al D.P.R. 2 ottobre 1968, n. 1639 in Suppl. Ord. alla G.U. n. 188 del 25 luglio 1969, nella legge 17 febbraio 1982, n. 41, sul piano per la razionalizzazione e lo sviluppo della pesca, e nelle norme di supporto finanziario al settore della pesca marittima, quali la legge 28 agosto 1989, n. 302, sulla disciplina del credito peschereccio di esercizio, e la legge 5 febbraio 1992, n. 72, istitutiva del fondo di solidarietà nazionale della pesca.

Con legge 4 dicembre 1993, n. 491 in G.U. n. 285 del 4 dicembre 1993 sono state attribuite al Ministero delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali, istituito della legge stessa, le funzioni in materia di pesca marittima e di acquacoltura, già di competenza del Ministero della Marina Mercantile.

Con D.Lgs. 4 giugno 1997, n. 143, la cui rubrica recita "conferimento alle regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e pesca e riorganizzazione dell'amministrazione centrale", è stato istituito, da ultimo, in luogo del predetto dicastero, il Ministero per le Politiche Agricole, che, in attesa di ulteriori disposizioni, ha mantenuto le competenze già proprie del soppresso Ministero delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali.

Pertanto, tutti i riferimenti al Ministero della Marina Mercantile, contenuti nelle disposizioni di legge e regolamentari che disciplinano la pesca marittima professionale mantengono attualmente la loro efficacia sostanziale nei confronti del Ministero per le politiche agricole.

C.1 - Legge 14 luglio 1965, n. 963.

La legge n. 963 del 1965 precisa all'art. 1 che le disposizioni in essa contenute riguardano la pesca esercitata nelle acque rientranti nelle attribuzioni conferite dalle leggi vigenti al Ministero della Marina Mercantile e, limitatamente ai cittadini italiani, nel mare libero.

La medesima disposizione così prosegue "è considerata pesca marittima ogni attività diretta a catturare esemplari di specie il cui ambiente abituale o naturale di vita siano le acque sopraindicate, indipendentemente dai mezzi adoperati e dal fine perseguito".

L'art. 9 della legge n. 963 del 1965 istituisce il registro dei pescatori marittimi, presso le capitanerie di porto, nel quale debbono iscriversi coloro che intendano esercitare la pesca marittima.

Il successivo art. 10 rafforza tale prescrizione subordinando l'esercizio della pesca marittima a scopo professionale all'iscrizione degli interessati nel predetto registro dei pescatori marittimi.

Per coloro che intendano esercitare un'impresa di pesca, l'art. 11 della legge in esame istituisce, presso ogni capitaneria di porto un apposito registro delle imprese di pesca.

L'art. 12 della legge n. 963 prevede il permesso di pesca per ciascuna nave o galleggiante adibito alla pesca, abilitati alla navigazione ai sensi dell'art. 149 del Codice della navigazione.

L'art. 13 sul personale marittimo consente l'iscrizione nelle matricole della gente di mare del personale addetto ai servizi tecnici o complementari di bordo occorrenti per l'attività di pesca, di conservazione o di trasformazione del pescato, in deroga alle disposizioni di legge in materia, rinviando alla norma regolamentare.

Le disposizioni sopra richiamate, riguardano la pesca professionale, esercitata individualmente o in forma di impresa.

L'art. 17 accenna alla disciplina della pesca sportiva e l'art. 18 alla pesca subacquea.

L'art. 19 indica gli organi preposti alla disciplina della pesca ed alla vigilanza l'art. 20 è dedicato agli organi di polizia gli artt. 21, 22, 23 contengono ulteriori disposizioni in materia di vigilanza sulla pesca.

Seguono, per finire, norme in materia di contravvenzioni e delitti.

C.2 - D.P.R. 2 ottobre 1968, n. 1639.

Alla legge sulla pesca marittima, sopra riportata per sommi capi, ha fatto seguito il regolamento per l'esecuzione della legge 14 luglio 1965, n. 963, concernente la disciplina della pesca marittima, approvato con D.P.R. 2 ottobre 1968, n. 1639 (in Suppl. Ord. G.U. n. 188 del 25 luglio 1969).

L'art. 1 del regolamento determina la propria sfera di applicazione con riferimento alla pesca esercitata nelle acque del mare e in quelle del demanio marittimo poste fuori dalle attribuzioni del Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste, in materia di pesca.

Per la parte che interessa le acque appartenenti al demanio marittimo, la norma stessa precisa, al comma 2, che nelle zone di mare ove sboccano fiumi e altri corsi d'acqua, naturali o artificiali, ovvero in quelle che comunicano direttamente con lagune e bacini di acqua salsa o salmastra le norme del regolamento in esame si applicano a partire dalla congiungente i punti più foranei delle foci e degli altri sbocchi in mare, ovviamente quale criterio di individuazione delle acque considerate marittime ai fini della pesca marittima.

Si sottolinea che la predetta norma regolamentare enuncia un criterio di determinazione del demanio marittimo che non coincide con quello fornito dall'art. 28 C.N. , in quanto esclude dall'esercizio della pesca marittima le acque del demanio marittimo di cui alle lett. b) e c) dell'art. 28 C.N. , nonché le acque interne ai porti, di cui alla lett. a) dello stesso art. 28 del Codice della navigazione.

L'art. 2 indica quali prodotti della pesca gli organismi viventi o non, animali o vegetali, eduli e non eduli cioè commestibili e non commestibili, catturati nelle acque sopra indicate (comma 1), precisa che per cattura si intende ogni forma di raccolta di tali prodotti (comma 2), distingue i prodotti stessi in prodotti freschi, refrigerati, congelati e trasformati (comma 3), e specifica per questi ultimi che sono prodotti trasformati quelli che, dopo la raccolta sono sottoposti, a bordo o negli impianti di pesca, ad un processo di conservazione diverso dalla congelazione (comma 4).

Nei successivi articoli, dopo aver fornito disposizioni sugli attrezzi da pesca artt. 3 - 6, il regolamento in esame, nell'indicare all'art. 7 le classi di pesca, recita:

<< L'attività di pesca si divide in rapporto al fine perseguito nelle seguenti classi pesca professionale, pesca scientifica, pesca sportiva.

<< La pesca professionale è l'attività economica destinata alla produzione, per lo scambio, degli organismi indicati nell'art. 2, esercitata dai pescatori di cui al titolo II del presente regolamento (artt. 32 - 65).

<< La pesca scientifica è l'attività diretta a scopi di studio, ricerca, sperimentazione, esercitata dai soggetti indicati nel capo III del presente titolo (artt. 26 - 31).

<< La pesca sportiva è l'attività esercitata a fine di diletto, senza scambio del relativo prodotto>>

All'art. 8 il regolamento distingue le navi destinate alla pesca professionale nelle seguenti 6 categorie:

1) avi che, per idoneità alla navigazione, per dotazione di attrezzi da pesca e di apparati per la congelazione o la trasformazione dei prodotti della pesca, sono atte alla pesca oltre gli stretti o oceanica;

2) navi che, per idoneità alla navigazione, per dotazione di attrezzi da pesca e di sistemi per la refrigerazione o la congelazione dei prodotti della pesca, sono atte alla pesca mediterranea o d'altura;

3) navi che, per idoneità alla navigazione, per dotazione di attrezzi da pesca, sono atte alla pesca costiera ravvicinata;

4) navi che, per idoneità alla navigazione, per dotazione di attrezzi da pesca, sono atte alla pesca costiera locale;

5) navi e galleggianti stabilmente destinati a servizio di impianti da pesca;

6) navi che, per idoneità alla navigazione e per dotazioni di bordo, sono destinate dalla imprese al servizio di una flottiglia di pesca per l'esercizio delle attività di conservazione o trasferimento o di trasporto dei prodotti della pesca.

L'art. 8, conclude disponendo che l'assegnazione alla rispettiva categoria spetta al capo del compartimento marittimo, all'atto dell'iscrizione nelle matricole delle navi maggiori o nei registri delle navi minori e dei galleggianti.

L'art. 9 del regolamento in esame prosegue nel precisare, con riferimento alla categoria di appartenenza delle navi da pesca, i tipi di pesca professionale che le stesse sono idonee ad esercitare nelle acque marittime, puntualizzando per la pesca costiera l'ulteriore distinzione tra pesca costiera locale e pesca costiera ravvicinata.

Lo stesso art. 9 del regolamento richiama, in base al tipo di pesca, la categoria di appartenenza della nave da pesca abilitata ad esercitarlo, in ordine all'elencazione formulata dall'art. 8 sopra citato.

Per utilità di consultazione, si riporta qui di seguito il testo integrale dei commi dal 2 al 5 del citato art. 9.

2. La pesca locale si esercita nelle acque marittime fino ad una distanza di sei miglia dalla costa, con o senza navi da pesca di quarta categoria, o da terra (v. paragrafo C.6).

3. La pesca ravvicinata si esercita nelle acque marittime fino ad una distanza di venti miglia dalla costa, con navi da pesca di categoria non inferiore alla terza (v. paragrafo C.6).

4. La pesca d'altura si esercita nelle acque del mare Mediterraneo, con navi da pesca di categoria non inferiore alla seconda.

5. La pesca oceanica si esercita oltre gli stretti, con navi di prima categoria.

Il successivo art. 10 integra l'elencazione dei tipi di pesca professionale formulata dall'art. 9, indicando quale quinto tipo di pesca professionale quella esercitata negli impianti di pesca (pesca professionale e anche quella esercitata mediante lo stabilimento di apprestamenti fissi o mobili, temporanei o permanenti, destinati alla cattura di specie migratorie, alla pescicoltura e alla molluschicoltura ed allo sfruttamento di banchi sottomarini).

Gli articoli dall'11 al 25 disciplinano gli organi consultivi in materia di pesca (commissione consultiva centrale per la pesca marittima e commissione consultiva locale per la pesca marittima) gli articoli dal 26 al 31 regolano, per la materia stessa, le attività di ricerca scientifica e tecnologica.

All'esercizio della pesca marittima professionale, il regolamento di cui al D.P.R. n. 1639 del 1968 dedica l'intero titolo II, suddiviso in capo I, che disciplina la figura del pescatore professionale, in capo II, che regola le imprese di pesca, e in capo III, che dispone sul permesso di pesca.

Si illustrano, qui di seguito, per ciascuno dei capi sopra menzionati, le disposizioni del regolamento che devono essere assunte a riferimento sotto il profilo previdenziale.

Capo I dei pescatori - Sezione I dell'iscrizione nel registro dei pescatori.

L'art. 32, sotto la rubrica registro dei pescatori, dispone che il registro stesso, a cui sono iscritti, ai sensi dell'art. 9 della legge n. 963 del 1965, esclusivamente coloro che esercitano la pesca professionale, è suddiviso in due parti:

a) - Nella prima parte devono essere iscritti quanti esercitano la pesca a bordo di navi.

b) - Nella seconda parte devono essere iscritti quanti esercitano la pesca senza imbarco o negli impianti di pesca.

c) - Quanti esercitano promiscuamente le due forme di pesca, di cui alla lett. A e B, sono iscritti nella prima parte del registro in parola.

L'art. 34 stabilisce che l'iscrizione nel registro dei pescatori deve essere fatta presso la capitaneria di porto nella cui circoscrizione e il domicilio del pescatore e dispone altresì che dell'iscrizione stessa debba esserne fatta annotazione sul titolo matricolare del marittimo da parte dell'ufficio nelle cui matricole della gente di mare il medesimo è iscritto.

L'art. 35 detta i requisiti e condizioni per l'iscrizione nel registro dei pescatori.

Per quanto concerne l'iscrizione nella parte prima del registro stesso è richiesta, in particolare, l'iscrizione nelle matricole della gente di mare e l'esercizio professionale della pesca, quale attività esclusiva o prevalente. Per quanto attiene l'iscrizione nella seconda parte del registro, la norma richiede l'iscrizione almeno nelle matricole della gente di mare di terza categoria.

A tali condizioni se ne aggiungono altre relative alla condotta professionale dell'interessato valutata sotto il profilo penale.

Capo II delle imprese di pesca.

L'art. 63 dispone che il registro delle imprese di pesca, di cui all'art. 11 della legge n. 963 del 1965, è riservato all'iscrizione delle imprese di pesca che esercitano la pesca professionale, e che, per ciò stesso, è suddiviso in cinque parti, in ragione dei cinque tipi di pesca previsti dagli artt. 9 e 10 del regolamento in esame: pesca costiera locale, pesca costiera ravvicinata, pesca mediterranea, pesca oltre gli stretti (art. 9) e pesca esercitata con apprestamenti per la cattura di specie migratorie, per la pescicoltura, per la molluschicoltura o per lo sfruttamento di banchi sottomarini (art. 10).

L'art. 64 prescrive che l'iscrizione avviene nel registro delle imprese di pesca tenuto dalla capitaneria di porto nella cui circoscrizione ha sede l'impresa.

L'art. 66 dispone che l'iscrizione dell'impresa avviene nella parte del registro corrispondente al tipo di pesca professionale esercitata ovvero, quando l'impresa eserciti più di un tipo di pesca, l'iscrizione deve essere effettuata anche nelle relative parti del registro stesso.

Per ottenere l'iscrizione è necessario che siano forniti una serie di dati relativi all'impresa, tra cui l'ufficio di iscrizione della nave ovvero l'ufficio nella cui circoscrizione è ubicato l'impianto di pesca, gli elementi di individuazione della nave, nonché la categoria di appartenenza della nave da pesca (art. 8), le relative caratteristiche tecniche ovvero quelle dell'impianto di pesca, il tipo di pesca professionale esercitata, nonché gli elementi concernenti eventuali impianti a terra nella disponibilità dell'impresa di pesca.

Capo III del permesso di pesca.

Il permesso di pesca ora licenza di pesca (v. paragrafo C.3), previsto dall'art. 12 della legge n. 963 del 1965, è rilasciato all'imprenditore di pesca, iscritto nel registro delle imprese di pesca, di cui all'art. 11 della citata legge n. 963.

Il permesso autorizza l'esercizio della pesca secondo i tipi pesca (art. 9) e le categorie di navi da pesca (art. 8).

Segue il titolo III della disciplina della pesca, di cui si richiama il capo II sull'uso degli attrezzi da pesca, nonché il capo III sulle pesche speciali pesca del corallo, pesca del novellame, pesca subacquea professionale, pesca dei crostacei, pesca dei molluschi, pesca del pesce spada, raccolta di vegetazione marina e il capo IV sulla pesca sportiva.

Nel predetto capo IV del titolo III, viene fornita una dettagliata descrizione della pesca sportiva. Dagli attrezzi individuali e non individuali consentiti alle limitazioni nel loro uso, dalle norme di comportamento alle limitazioni nelle catture e all'uso di mezzi nautici.

Sotto questi ultimi aspetti si ritiene utile richiamare l'art. 142, sulle limitazioni di cattura, e l'art. 143, sui mezzi nautici per l'esercizio della pesca sportiva, il quale dispone nell'esercizio della pesca sportiva possono essere utilizzate solo unità da diporto come definite dalle leggi 11 febbraio 1971, n. 50 e 6 marzo 1976, n. 51, e successive modificazioni ed integrazioni.

Gli ultimi due titoli il IV e il V dettano rispettivamente le disposizioni sull'immissione dei rifiuti in mare e le disposizioni sul personale addetto ai compiti di sorveglianza e di accertamento in materia di pesca marittima.

C.3 - Legge 17 febbraio 1982, n. 41.

La legge 17 febbraio 1982, n. 41 in G.U. n. 53 del 24 febbraio 1982, modificata ed integrata dalla legge 10 febbraio 1992, n. 165 in G.U. n. 48 del 27 febbraio 1992, detta i criteri per la formulazione del piano per la razionalizzazione e lo sviluppo della pesca marittima.

L'art. 4 della legge n. 41 del 1982 attribuisce al Ministero della Marina Mercantile la facoltà di stabilire il numero massimo delle licenze di pesca, suddivise a seconda delle zone di pesca, degli attrezzi utilizzati, delle specie catturabili, della distanza dalla costa e della potenza dell'apparato motore installato sulla nave.

Per licenza di pesca si intende un documento, rilasciato dal predetto dicastero ora dal Ministero per le politiche Agricole, che autorizza la cattura di una o più specie in una o più aree da parte di una nave di caratteristiche determinate con uno o più attrezzi.

La proprietà o il possesso di una nave da pesca non costituisce titolo sufficiente per ottenere la licenza di pesca.

La licenza di pesca sostituisce i permessi di pesca rilasciati, ai sensi dell'art. 12 della legge n. 963 del 1965, all'imprenditore iscritto nel registro delle imprese di pesca di cui all'art. 11 della legge stessa.

In materia si segnala il D.M. 26 luglio 1995 in G.U. n. 203 del 21 agosto 1995, con il quale il soppresso Ministero per le Risorse Agricole, Alimentari e Forestali ha dettato la disciplina del rilascio delle licenze di pesca.

L'art. 2 del predetto decreto ministeriale dispone che la licenza di pesca e rilasciata, ai sensi dell'art. 4 della legge n. 41 del 1982, dal Ministero delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali, esclusivamente all'interessato, iscritto nel registro delle imprese di pesca art. 11 legge n. 963 del 1965, che abbia ottenuto il nulla osta, per le categorie di pesca di cui agli artt. 8 e 9 del D.P.R. n. 1639 del 1968 e per i sistemi di pesca previsti dal medesimo decreto. La licenza è valida per un periodo di otto anni ed è rinnovabile su richiesta dell'interessato.

L'art. 8 prevede, nell'ipotesi in cui la licenza sia andata smarrita o distrutta ovvero sia diventata illeggibile od inservibile, il rilascio da parte del Ministero di un duplicato a richiesta dell'interessato.

L'art. 9 precisa che la licenza di pesca rientra tra i documenti di bordo previsti dal comma 2, lett. d) dell'art. 169 C.N. e dall'ultimo comma dello stesso art. 169.

L'art. 13, sul rilascio della licenza, precisa che la licenza e rilasciata per ogni singola nave e ne indica la casistica unitamente agli articoli che seguono.

Il D.M. 27 settembre 1995 del Direttore generale della pesca e dell'acquacoltura del Ministero delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali in G.U. n. 266 del 14 novembre 1995 integra il D.M. del 26 luglio 1995 per quanto attiene le navi da pesca adibite agli impianti di acquacoltura in mare.

Il decreto di cui sopra stabilisce all'art. 1 che le unità, già munite della licenza per l'esercizio dell'attività di pesca costiera ravvicinata - locale, possono a richiesta dell'interessato, essere autorizzate ad esercitare l'attività di pesca in un impianto di acquacoltura.

C.4 - Normativa sul fermo temporaneo o biologico delle navi adibite alla pesca mediterranea e alla pesca costiera.

La normativa sul fermo temporaneo o biologico delle navi adibite alla pesca mediterranea e alla pesca costiera è formulata, anno per anno, ad iniziare dal 1987, con decreti legge, spesso reiterati, e, quindi, convertiti in legge.

Ai decreti legge e alle leggi di conversione seguono i decreti ministeriali di applicazione, a suo tempo di competenza del Ministero della Marina Mercantile, poi del Ministro delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali, e ora del Ministero per le Politiche Agricole.

Tali disposizioni prescrivono che durante il periodo di fermo temporaneo o biologico le navi da pesca interessate dal fermo stesso non possono essere poste in disarmo da chi le gestisce, onde i relativi equipaggi al momento del fermo restano imbarcati, con iscrizione sul ruolo o sul ruolino di equipaggio, a tutti gli effetti, tra i quali si evidenzia l'obbligo dell'armatore a corrispondere all'equipaggio il minimo contrattuale previsto dal contratto collettivo di lavoro e ad assolvere per l'equipaggio stesso l'obbligo delle contribuzioni previdenziali ed assistenziali.

A ciascun membro dell'equipaggio, compreso l'armatore o il proprietario armatore facente parte dell'equipaggio, viene erogata dalla competente autorità marittima un'apposita indennità giornaliera, che attualmente è pari a lire 40.000 giornaliere per le unità fino a 25 tonnellate di stazza lorda e a 30.000 per le altre unità.

Tale disciplina, introdotta come sopra indicato nel 1987 con D.L. 21 marzo 1987, n. 102, reiterato prima con DD.LL. 200 e 296 e poi con D.L. n. 386 del 1987, convertito in legge 19 novembre 1987, n. 471, completata dai decreti ministeriali di applicazione del 9 luglio 1987, del 27 luglio 1987, n. 331 e del 25 settembre 1987, è rimasta sostanzialmente invariata nel corso degli anni, per quanto interessa il profilo previdenziale, assumendo peraltro una sempre più chiara ed espressa formulazione.

Per quanto concerne l'anno 1995, il fermo temporaneo, ormai specificato quale fermo biologico, è stato disciplinato dal D.L. 14 luglio 1995, n. 281 in G.U. n. 165 del 17 luglio 1995, reiterato con D.L. 18 settembre 1995, n. 380 in G.U. 218 del 18 settembre 1995, con D.L. 18 novembre 1995, n. 485 in G.U. n. 270 del 18 novembre 1995 e con D.L. 16 gennaio 1996, n. 16 in G.U. n. 14 del 18 gennaio 1996, convertito nella legge 28 febbraio 1996, n. 107, nonché dal D.M. 20 luglio 1995 in G.U. n. 180 del 3 agosto 1995.

Per il 1996, il fermo temporaneo o biologico della pesca marittima è stato disposto con D.L. 8 luglio 1996, n. 353 in G.U. n. 158 dell'8 luglio 1996, reiterato con D.L. 6 settembre 1996, n. 463 in G.U. n. 210 del 7 settembre 1996 e con D.L. 23 ottobre 1996, n. 552 in G.U. n. 249 del 23 ottobre 1996, convertito in legge 20 dicembre 1996, n. 642 in G.U. n. 299 del 21 dicembre 1996, le cui modalità' tecniche di attuazione sono state specificate, nell'ordine, con D.M. 15 luglio 1996 in G.U. n. 174 del 26 luglio 1996, D.M. 1° agosto 1996 in G.U. n. 191 del 16 agosto 1996 e con D.M. 9 ottobre 1996 in G.U. n. 269 del 16 novembre 1996.

Per il 1997, il fermo biologico della pesca è stato disposto e disciplinato, nell'ordine, con D.L. 19 maggio 1997, n. 130 in G.U. n. 115 del 20 maggio 1997, seguito dal D.M. 4 giugno 1997 in G.U. n. 162 del 14 luglio 1997 e dalla legge 16 luglio 1997, n. 128 in G.U. n. 167 del 19 luglio 1997, di conversione del citato D.L. n. 130.

C.5 - Iniziative di pesca turismo.

La legge 10 febbraio 1992, n. 165 in G.U. n. 48 del 27 febbraio 1992, che ha apportato modifiche ed integrazioni alla legge 17 febbraio 1982, n. 41, ha introdotto nella legge stessa l'art. 27-bis, che, sotto la rubrica iniziative di pesca turismo, così dispone:

"1. Sulle navi da pesca può essere autorizzato, nel periodo dell'1 maggio 30 settembre di ciascun anno, a scopo turistico ricreativo, l'imbarco di non pescatori a condizione che:

a) non venga superato il numero di persone che possono essere imbarcate secondo le prescrizioni dei documenti della nave e comunque sia determinato dal capo del compartimento marittimo il rapporto tra il numero dei componenti l'equipaggio e quello delle altre persone imbarcabili, che assicuri le massime condizioni di sicurezza della navigazione;

b) per ogni persona per la quale viene consentito l'imbarco esistano mezzi di salvataggio collettivi ed individuali nella stessa misura di quelli prescritti per l'equipaggio;

c) ogni persona sia di età superiore agli anni quattordici.

"2. L'autorizzazione di cui al comma 1 è rilasciata, su domanda, all'armatore dell'unità da pesca interessata dal capo del compartimento marittimo, che determina nell'autorizzazione stessa tutte le condizioni e le modalità necessarie a garantire la sicurezza dell'iniziativa.

La predetta norma ha trovato attuazione con D.M. 19 giugno 1992 pubblicato sulla G.U. n. 150 del 27 giugno 1992 ed entrato in vigore in data 28 giugno 1992.

C.6 - Operatività delle navi adibite alla pesca marittima.

Con D.M. 16 gennaio 1990 in G.U. n. 18 del 23 gennaio 1990 sono stati determinati, in via sperimentale, nuovi limiti delle distanze dalla costa entro le quali esercitare la pesca costiera locale e la pesca costiera ravvicinata, per il periodo di un anno dall'entrata in vigore del decreto stesso 24 gennaio 1990.

Per la pesca costiera locale detti limiti sono stati portati da 6 a 12 miglia. Per la pesca costiera ravvicinata i limiti sono stati elevati da 20 a 30 miglia, a condizione che la nave da pesca adibita alla pesca costiera ravvicinata fosse di stazza lorda pari o superiore alle 30 tonnellate.

Negli anni successivi dal 1991 al 1994, detta disposizione è stata prorogata, sempre con decreto ministeriale, elevando, nel 1994, il limite della pesca costiera ravvicinata fino a 40 miglia dalla costa nazionale.

L'art. 2 del D.L. 30 settembre 1994, n. 561, convertito in legge 30 novembre 1994, n. 655 (v. testo coordinato in G.U. n. 280 del 30 novembre 1994), ha introdotto in via definitiva, per la pesca costiera ravvicinata, il limite delle 40 miglia.

Pertanto, mentre per l'esercizio della pesca costiera ravvicinata il limite è stato elevato definitivamente da 20 a 40 miglia dalla costa, per effetto della legge sopra richiamata, per l'esercizio della pesca costiera locale, viceversa, il limite delle 12 miglia dalla costa nazionale seguita ad essere determinato, periodicamente e in via sperimentale, con decreto ministeriale.

In proposito, si segnala da ultimo il D.M. 11 marzo 1997 in G.U. n. 108 del 12 maggio 1997, che ha prorogato, a tutto il 31 dicembre 1997, l'esercizio della pesca costiera locale fino ad una distanza di 12 miglia dalla costa nazionale.

Il Direttore generale

Trizzino

(Nota) L'espressione rapporto di lavoro dipendente contenuta nella circolare ministeriale viene utilizzata non nell'accezione giuslavoristica, ma nel significato proprio del lavoro prestato dal socio lavoratore in forma atipicamente subordinata in adempimento del patto sociale.