§ 3.2.72 - L.R. 3 ottobre 1997, n. 72.
Organizzazione e promozione di un sistema di diritti di cittadinanza e di pari opportunità: riordino dei servizi socio-assistenziali e socio-sanitari [...]


Settore:Codici regionali
Regione:Toscana
Materia:3. servizi sociali
Capitolo:3.2 assistenza sociale
Data:03/10/1997
Numero:72


Sommario
Art. 1.  Finalità.
Art. 2.  Il sistema socio-assistenziale e i suoi obiettivi.
Art. 3.  Gli utenti.
Art. 4.  Diritto all'informazione e interventi di promozione sociale.
Art. 5.  La Regione.
Art. 6.  La Provincia.
Art. 7.  Il Comune.
Art. 8.  La Comunità Montana.
Art. 9.  Il piano integrato sociale regionale.
Art. 10.  Elaborazione ed approvazione del piano sociale regionale.
Art. 11.  Il piano zonale di assistenza sociale.
Art. 12.  La Conferenza di zona per l'assistenza sociale e modifiche alla L.R. 29 giugno 1994, n. 49.
Art. 13.  Conferenza sanitaria regionale integrata e modifiche all'art. 5 della L.R. 29 giugno 1994, n. 49.
Art. 14.  Definizione degli accordi di programma e delle convenzioni.
Art. 15.  Incentivi per la forma associata tra Comuni.
Art. 16.  Ripartizione del fondo regionale per l'assistenza sociale.
Art. 17.  Criteri per la parametrazione del fondo.
Art. 18.  Le Aziende unità sanitarie locali.
Art. 19.  La zona socio-sanitaria.
Art. 20.  Il distretto socio-sanitario.
Art. 21.  Le Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza (IPAB).
Art. 22.  Le famiglie.
Art. 23.  Il volontariato.
Art. 24.  La cooperazione sociale.
Art. 25.  Altri soggetti del privato sociale.
Art. 26.  Le organizzazioni private.
Art. 27.  Promozione delle attività d'informazione, di partecipazione e di mutualità.
Art. 28.  Obiettivi e strumenti delle politiche sociali integrate.
Art. 29.  Politiche per la casa e per il territorio.
Art. 30.  Azioni per il diritto allo studio.
Art. 31.  Azioni per la formazione e l'orientamento professionale.
Art. 32.  Politiche per l'occupazione.
Art. 33.  Politiche per l'immigrazione.
Art. 34.  Politiche per l'infanzia, l'adolescenza e i giovani.
Art. 35.  Politiche a favore degli anziani.
Art. 36.  Politiche per l'accessibilità alle strutture e al territorio.
Art. 37.  Le attività ad elevata integrazione socio-sanitaria.
Art. 38.  Criteri per la gestione delle attività di integrazione socio- sanitaria.
Art. 39.  Le attività di integrazione per il recupero e la rieducazione funzionale dei disabili.
Art. 40.  Le attività di integrazione per la tutela della salute mentale.
Art. 41.  Le attività di integrazione per la prevenzione delle dipendenze e per l'assistenza ai tossicodipendenti ed alcolisti.
Art. 42.  Le attività di integrazione per la salute della donna, la procreazione responsabile e la tutela della maternità e dell'infanzia.
Art. 43.  Le attività di integrazione per la tutela della salute degli anziani.
Art. 44.  Il sistema di telesoccorso e telecontrollo.
Art. 45.  Epologie e modalità degli interventi socio-assistenziali.
Art. 46.  Interventi di sostegno economico.
Art. 47.  Servizi domiciliari e di supporto all'attività domiciliare.
Art. 48.  Assistenza sociale ed educativa.
Art. 49.  Aiuto personale.
Art. 50.  Interventi socio-terapeutici.
Art. 51.  Inserimenti lavorativi.
Art. 52.  Presidi residenziali e semiresidenziali.
Art. 53.  Interventi a favore dell'infanzia, dell'adolescenza e dei giovani.
Art. 54.  Interventi particolari a tutela dell'infanzia e dell'adolescenza.
Art. 55.  Interventi a favore dei disabili.
Art. 56.  Interventi a favore degli immigrati e delle popolazioni nomadi.
Art. 57.  Interventi a favore degli anziani.
Art. 58.  Interventi a favore dei detenuti.
Art. 59.  Controllo e vigilanza sui servizi di ospitalità per anziani e disabili.
Art. 60.  Idoneità e vigilanza dei servizi residenziali e semiresidenziali per minori.
Art. 61.  Concorso al costo delle prestazioni.
Art. 62.  Controllo e vigilanza sulla realizzazione del piano sociale regionale e dei progetti.
Art. 63.  La Commissione regionale per le politiche sociali.
Art. 64.  L'Osservatorio sociale regionale.
Art. 65.  Responsabilità delle unità operative e dell'area funzionale di zona.
Art. 66.  Garanzie nei rapporti fra pubblico e privato.
Art. 67.  Abrogazioni.
Art. 68.  Norma finanziaria.
Art. 69.  Norma transitoria.
Art. 70.  Norma finale.


§ 3.2.72 - L.R. 3 ottobre 1997, n. 72. [1]

Organizzazione e promozione di un sistema di diritti di cittadinanza e di pari opportunità: riordino dei servizi socio-assistenziali e socio-sanitari integrati.

(B.U. 13 ottobre 1997, n. 37).

 

Titolo I

PRINCIPI ISPIRATORI E DISPOSIZIONI GENERALI

 

Art. 1. Finalità.

     1. La Regione Toscana, con la presente legge, intende promuovere e coordinare gli interventi di politica sociale, anche con apposite reti di protezione sociale, attraverso la loro integrazione con quelli sanitari, con quelli relativi alla casa, al lavoro, alla mobilità, alla formazione, all'istruzione, all'educazione, al diritto allo studio, alla cultura, alla ricerca, al tempo libero e a tutti gli altri interventi finalizzati al benessere della persona ed alla prevenzione e rimozione delle condizioni di disagio sociale.

     2. La presente legge detta norme in materia socio-assistenziale per l'esercizio delle funzioni programmatorie e amministrative da parte dei soggetti pubblici titolari.

     3. In particolare, la presente legge disciplina:

     a) la programmazione e l'organizzazione dei servizi e degli interventi socio-assistenziali svolti nella Regione nonché le modalità per il loro coordinamento;

     b) l'esercizio delle funzioni amministrative di cui all'articolo 118, comma 1, della Costituzione e relative a:

   1. le funzioni di competenza degli Enti locali in attuazione delle disposizioni contenute nella legge 8 giugno 1990, n. 142;

   2. le funzioni amministrative relative ai servizi sociali spettanti al Comune ai sensi dell'art. 9 della legge n. 142/90, salvo quanto espressamente attribuito ad altri soggetti dalla legge statale e regionale secondo le rispettive competenze;

   3. la riorganizzazione della rete di protezione sociale regionale per l'affermazione dei diritti sociali di cittadinanza e della responsabilità dei soggetti istituzionali e sociali per la costruzione di una comunità solidale;

   4. le funzioni relative all'autorizzazione ed alla vigilanza sulle istituzioni pubbliche e private che operano nell'area socio-assistenziale;

   5. ogni altra funzione in materia sociale attribuita o delegata con

leggi dello Stato alla Regione e agli Enti locali.

     4. Per i fini di cui ai precedenti commi il sistema socio- assistenziale della Regione si informa ai principi del pieno ed inviolabile rispetto della libertà e dignità della persona e dell'inderogabile dovere di solidarietà sociale, garantendo:

     a) il rispetto dei diritti inviolabili della persona con riferimento anche alle esigenze di riservatezza delle informazioni che riguardano la sua condizione nel rispetto della libera scelta dell'individuo;

     b) l'eguaglianza di opportunità a condizioni sociali e stati di bisogno differenti;

     c) l'eguaglianza di opportunità tra uomo e donna nella valorizzazione della differenza di genere in tutte le espressioni della società;

     d) il mantenimento della persona nel proprio ambiente di vita e di lavoro, considerando il ricorso ad interventi istituzionalizzati come misure di emergenza e di eccezionalità;

     e) il diritto ad una maternità e paternità consapevole;

     f) la libertà di scelta fra le prestazioni erogabili;

     g) la conoscenza dei percorsi assistenziali e l'informazione sui servizi disponibili;

     h) l'accesso e la fruibilità delle prestazioni in tempi che siano compatibili con i bisogni;

     i) l'individuazione del cittadino come protagonista e soggetto attivo nell'ambito dei principi di solidarietà, di partecipazione, di auto- organizzazione, di attività promozionali;

     l) la valorizzazione e l'integrazione delle diverse culture.

 

     Art. 2. Il sistema socio-assistenziale e i suoi obiettivi.

     1. Il sistema socio-assistenziale della Regione è finalizzato a realizzare una rete di protezione sociale, di opportunità e di garanzie volte al pieno sviluppo umano e al benessere della comunità, al sostegno dei progetti di vita delle persone e delle famiglie.

     2. La Regione riconosce la particolare importanza dell'attività dei soggetti del volontariato, della cooperazione sociale e degli altri soggetti del privato sociale, delle reti anche informali di persone e di famiglie favorendone lo sviluppo attraverso l'agevolazione alla partecipazione e al perseguimento delle finalità stabilite dalla presente legge.

     3. La Regione riconosce il ruolo dei soggetti privati che svolgono attività assistenziali, anche a fini di lucro, in conformità alle disposizioni di legge vigenti in materia, ed utilizza il loro contributo nell'ambito della programmazione regionale e locale.

     4. La Regione incentiva l'integrazione dei programmi di intervento promossi da soggetti pubblici e privati in reti di servizio orientate a fornire prestazioni personalizzate come risposta a problemi omogenei.

     5. In particolare, il sistema socio-assistenziale persegue i seguenti obiettivi:

     a) il coordinamento e l'integrazione con i servizi sanitari quale metodo obbligatorio di lavoro tra servizi ed Enti indipendentemente dalle diverse modalità di gestione, al fine di assicurare una risposta unitaria alle esigenze della persona;

     b) il decentramento sul territorio dei servizi e degli interventi;

     c) la prevenzione e l'individuazione precoce nonché la rimozione delle cause di ordine economico, culturale, educativo, formativo, ambientale e sociale che possono determinare situazioni di bisogno e di disagio o fenomeni di emarginazione e di disadattamento;

     d) la promozione di interventi formativi e informativi per la diffusione della consapevolezza dei diritti della donna, favorendo anche interventi per l'acquisizione e il potenziamento della sua autonomia, per il suo inserimento nel mondo del lavoro e della formazione professionale;

     e) l'erogazione di un omogeneo livello di prestazioni su tutto il territorio regionale, con definizione dei livelli minimi garantiti;

     f) la protezione e la tutela sociale, anche in collegamento con la tutela giuridica, dei soggetti incapaci di provvedere a se stessi quando siano assenti oppure in via di fatto non intervengano coloro ai quali dalla legge è affidato tale compito;

     g) la realizzazione di iniziative volte al miglioramento della condizione umana, ivi compresa l'istituzione di strutture permanenti;

     h) la valorizzazione delle capacità e delle risorse della persona attraverso attività di sostegno e supporto avvalendosi della metodologia della relazione tra operatori e cittadini;

     i) la promozione e la valorizzazione della partecipazione degli utenti, dei cittadini e delle formazioni ed organizzazioni sociali all'individuazione delle istanze emergenti in seno alla collettività e degli obiettivi della programmazione, nonché alla verifica dell'efficacia dei servizi e degli interventi;

     l) la rilevazione e l'impiego coordinato e programmato di tutte le risorse globalmente disponibili per il complesso dei servizi e degli interventi.

     6. La Regione riconosce il ruolo svolto dalle Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza (IPAB) quali strutture eroganti servizi socio- assistenziali, anche a valenza sanitaria ed educativa.

 

     Art. 3. Gli utenti.

     1. Gli interventi di assistenza sociale di cui alla presente legge sono rivolti ai cittadini e alle famiglie residenti nel territorio della Regione Toscana che versino nelle condizioni di disagio e rischio sociale, di sofferenza e di emarginazione.

     2. Gli interventi sono rivolti anche agli stranieri ed agli apolidi residenti nel territorio della Regione, secondo quanto previsto dalle leggi vigenti.

     3. Tutte le persone dimoranti nel territorio della Regione Toscana hanno comunque diritto agli interventi non differibili alle condizioni e con i limiti previsti dalle normative vigenti e secondo le procedure del piano sociale regionale e dei regolamenti comunali.

     4. Hanno diritto agli interventi e alle prestazioni previsti dalla presente legge i minori cittadini italiani ed i minori stranieri residenti e non residenti.

     5. Nell'osservanza dei principi contenuti nella legge 7 agosto 1990, n. 241 e nella L.R. 20 gennaio 1995, n. 9, la Regione Toscana favorisce, sia nella fase della programmazione che in sede di successiva erogazione e di verifica delle prestazioni, la più ampia partecipazione e consultazione dei cittadini, delle organizzazioni sindacali a livello regionale e degli altri organismi sociali presenti nel territorio quali soggetti per migliorare la crescita civica e il sistema socio-assistenziale generale in modo adeguato alle esigenze dei singoli e della collettività.

 

     Art. 4. Diritto all'informazione e interventi di promozione sociale.

     1. Il cittadino utente del sistema sociale e assistenziale della Regione ha diritto:

     a) ad essere informato, anche da parte dei responsabili individuati ai sensi dell'art. 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e della L.R. 20 gennaio 1995, n. 9, sui propri diritti in rapporto ai servizi di assistenza sociale, sulla disponibilità delle prestazioni socio-assistenziali, sui requisiti per l'accesso, sulle possibilità di scelta, sulle condizioni e sui requisiti per accedere alle prestazioni e relative procedure, nonché sulle modalità di erogazione e delle prestazioni stesse;

     b) ad esprimere il consenso sul tipo di prestazione, con particolare riferimento alle proposte di ricovero in strutture residenziali, salvo i casi previsti dalla legge;

     c) ad ottenere che le modalità di organizzazione e di svolgimento dei servizi garantiscano in concreto lo sviluppo della personalità nel pieno rispetto della libertà e della dignità personale, nonché dell'eguaglianza sostanziale;

     d) ad accedere e a fruire di tutte le prestazioni e di tutti i servizi di cui alla presente legge;

     e) alla riservatezza e al segreto professionale da parte degli operatori addetti ai servizi;

     f) a partecipare alla scelta delle prestazioni compatibilmente con le disponibilità esistenti nell'ambito territoriale determinato per ciascun servizio socio-assistenziale;

     g) ad essere garantito nella riservatezza e nella sua facoltà di presentare osservazioni ed opposizioni nei confronti dei responsabili dei servizi e dei procedimenti nonché ad ottenere le debite risposte motivate.

     2. L'intervento di informazione riguarda:

     a) attività diretta a fornire al cittadino informazioni e consulenza per la conoscenza delle prestazioni erogate dai servizi;

     b) attività di informazione rivolta alla collettività o mirata ad offrire forme di conoscenza in termini di servizi e risorse disponibili a gruppi omogenei, anche attraverso lo strumento della "Carta dei servizi".

     3. La Regione e gli Enti locali svolgono interventi di promozione sociale che riguardano:

     a) iniziative volte a promuovere il coinvolgimento della collettività e la crescita della sensibilità sui temi sociali ed, in particolare, sui problemi della condizione minorile, dei soggetti a rischio di emarginazione, delle persone anziane e delle persone disabili;

     b) attività di promozione e valorizzazione delle organizzazioni di volontariato nonché attività di promozione della cooperazione.

     4. Ai fini di cui al comma 2, i soggetti individuati ai sensi della presente legge devono attuare interventi e azioni di informazione rivolti ai cittadini ed, in particolare, ai minori e agli anziani al fine di favorire la piena consapevolezza in relazione all'uso di mezzi di comunicazione di massa, e per favorire l'accrescimento di capacità critiche e di processi cognitivi e culturali adeguati.

 

Titolo II

SOGGETTI, PROGRAMMAZIONE E ORGANIZZAZIONE

 

Capo I

SOGGETTI ISTITUZIONALI

 

     Art. 5. La Regione.

     1. La Regione, nell'ambito degli indirizzi e degli obiettivi generali della programmazione e con il concorso delle Istituzioni pubbliche e dei soggetti privati, approva il piano integrato sociale regionale, di seguito denominato piano sociale regionale.

     2. La Regione inoltre svolge le seguenti funzioni:

     a) ripartisce le risorse del fondo regionale per l'assistenza sociale secondo i criteri e i vincoli di cui alla presente legge e per gli obiettivi del piano sociale;

     b) coordina e verifica l'attuazione del piano sociale regionale;

     c) promuove, indirizza e coordina il sistema informativo quale strumento dell'Osservatorio sociale regionale di cui all'art. 64.

     3. La Regione, sentiti i Comuni interessati procede direttamente alla realizzazione di progetti speciali di interesse regionale nel rispetto dell'art. 4, comma 2, della L.R. 19 luglio 1995, n. 77, che abbiano caratteristiche di sperimentazione innovativa.

 

     Art. 6. La Provincia.

     1. La Provincia, nelle materie di cui alla presente legge ed ai sensi dell'art. 14, comma 2, della legge n. 142/90, concorre alla elaborazione del piano sociale regionale. In particolare, la Provincia:

     a) concorre alla definizione e all'attuazione dei piani zonali di assistenza sociale approvati dall'Articolazione zonale della Conferenza dei Sindaci, al fine di coordinare gli interventi di propria competenza;

     b) partecipa alle sedute delle Conferenze di zona per l'assistenza sociale di cui al successivo art. 12;

     c) elabora ed attua progetti e interventi in materia di orientamento, preformazione e formazione professionale, inserimenti lavorativi rivolti a soggetti in condizione di disagio sociale;

     d) elabora progetti integrati nel settore sociale per problematiche riferite ad area vasta, con particolare riferimento agli strumenti di cui al Titolo IV "Politiche sociali integrate";

     e) raccoglie ed elabora dati nell'ambito dello sviluppo e del potenziamento del sistema informativo sociale, nonché cura la realizzazione nell'ambito provinciale dell'Osservatorio sociale regionale di cui all'art. 64.

     2. La Provincia, per gli interventi di propria competenza, partecipa alle sedute dell'Articolazione zonale della Conferenza di zona, al fine dell'adozione del piano zonale di assistenza sociale di cui all'art. 11.

     3. Per l'esercizio delle funzioni di cui all'art. 5 del D.L. 18 gennaio 1993, n. 9, convertito in legge 18 marzo 1993, n. 67, la Provincia stipula apposite convenzioni con i Comuni, che gestiscono le attività conformemente a quanto previsto dal successivo art. 7, anche in rapporto a quanto stabilito dalla L.R. 23 marzo 1994, n. 25.

     4. Gli interventi di cui al comma 1, lett. c), a favore dei soggetti disabili sono attuati sulla base del piano individualizzato di intervento conseguente all'accertamento della condizione di handicap ed alla presa in carico da parte dei soggetti socio-sanitari che formulano il progetto abilitativo riabilitativo globale di cui all'art. 39.

 

     Art. 7. Il Comune.

     1. Il Comune è l'ente titolare delle funzioni in materia di assistenza sociale.

     2. Il Comune, ai fini della presente legge, gestisce gli interventi di assistenza sociale di propria competenza ai sensi dell'art. 9 della legge n. 142/90. In particolare, può gestire il complesso degli interventi o i singoli settori in uno dei modi seguenti:

     a) in forma diretta, anche tramite gli strumenti previsti dalla legge 142/90;

     b) in associazione, con uno, più o tutti i Comuni ricompresi nella stessa zona socio-sanitaria mediante convenzione, ovvero mediante la costituzione di consorzi ovvero attraverso tutte le altre forme previste dalla legge n. 142/90 e successive modificazioni;

     c) mediante delega e relativa convenzione all'Azienda unità sanitaria locale competente per territorio, previa associazione con uno, più o tutti i Comuni ricompresi nella stessa zona socio-sanitaria;

     d) mediante delega e relativa convenzione alla Comunità Montana nelle ipotesi di cui all'art. 8;

     e) mediante accordo di programma con la Provincia, per particolari servizi.

     3. Il Comune, ai fini della presente legge, gestisce gli interventi di assistenza sociale, definiti da progetti recati dai piani di zona e approvati ai sensi dell'art. 11, comma 5, e sostenuti da finanziamenti regionali, in associazione con tutti i Comuni ricompresi nella stessa zona socio-sanitaria, mediante convenzione ovvero mediante la costituzione di consorzi, ai sensi della legge n. 142/90, e successive modificazioni, o altre forme previste dalle vigenti disposizioni nel caso in cui il Comune appartenga ad una Comunità montana si applicano le norme di cui all'art. 8, comma 2.

     4. I Comuni concorrono alla programmazione regionale mediante la predisposizione e l'approvazione di proposte di programmi sociali riferiti al proprio territorio in cui sono ricompresi i progetti di intervento. In questi ultimi possono confluire le iniziative presentate o concordate con le Organizzazioni del volontariato, del privato sociale, del privato e con le reti anche informali di persone e famiglie che siano conformi al piano sociale regionale, di seguito denominati anche soggetti attuatori.

     5. La Conferenza di zona di cui all'art. 12 valuta e seleziona i programmi di cui al precedente comma 4 in sede di approvazione del piano zonale di assistenza sociale di cui all'art. 11.

     6. I Comuni, per l'erogazione dei servizi, nell'ambito delle risorse programmate, possono convenzionarsi con enti pubblici e privati ed autorizzare i cittadini alla fruizione delle prestazioni e servizi di rete tramite appositi buoni-servizio. La predetta attività deve essere disciplinata da apposito regolamento comunale, approvato entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge.

     7. I Comuni determinano e verificano lo svolgimento delle attività ad alta integrazione socio-sanitaria di cui al Titolo V "Attività di integrazione socio-sanitaria" in forma associata nell'ambito della zona socio-sanitaria di cui all'art. 19.

     8. I Comuni, per la realizzazione dei programmi locali di attuazione dell'assistenza e dell'integrazione sociale, possono avvalersi delle IPAB secondo quanto indicato all'art. 21 e dei soggetti iscritti negli albi relativi alle LL.RR. 26 aprile 1993, n. 28, 11 agosto 1993, n. 54, 28 gennaio 1994, n. 13 e 9 aprile 1990, n. 36 rispettivamente relative al volontariato, agli enti ausiliari, alle cooperative sociali, all'associazionismo e di altri soggetti del privato sociale riconosciuti idonei ai sensi dell'art. 25.

     9. I Comuni possono promuovere patti territoriali coinvolgendo sindacati, cooperative, movimenti associativi per le costruzioni di reti di solidarietà sociale.

     10. I Comuni, per la gestione del complesso degli interventi nelle forme di cui al comma 2, valutano la sussistenza di un'adeguata struttura organizzativa al loro interno con professionalità analoghe a quelle di cui agli artt. 13 e 14 della L.R. 42/92, come modificati dalla L.R. 28 marzo 1996, n. 25.

 

     Art. 8. La Comunità Montana.

     1. Alla Comunità Montana, ove non attribuite all'Azienda unità sanitaria locale, sono delegate le funzioni amministrative in materia di assistenza sociale, quando esista totale coincidenza tra i Comuni che compongono una medesima Comunità Montana e i Comuni ricompresi in una medesima zona socio-sanitaria e quando tutti i Comuni in questione optino per una gestione delle competenze in forma associata.

     2. Le funzioni amministrative in materia di assistenza sociale sono altresì delegate alla Comunità montana qualora una zona socio-sanitaria sia interamente ricompresa nel territorio di una stessa Comunità Montana e tutti i Comuni in questione optino per una gestione delle competenze in forma associata.

     3. Nel caso di cui al comma 1, alla Comunità Montana spetta anche l'approvazione del piano zonale di assistenza sociale di cui all'art. 11.

 

Capo II

STRUMENTI E PROCEDURE DELLA PROGRAMMAZIONE

 

     Art. 9. Il piano integrato sociale regionale.

     1. Il piano sociale regionale è l'atto di programmazione settoriale con cui la Regione, anche con riferimento alle priorità individuate dal programma regionale di sviluppo, definisce, coordina e razionalizza le politiche in materia di assistenza sociale, favorendo l'integrazione con gli interventi di cui all'art. 1, comma 1. Con esso, in particolare, la Regione:

     a) orienta e indirizza gli interventi di competenza degli Enti locali, al fine di rendere omogenei ed elevare progressivamente gli standard delle prestazioni socio-assistenziali;

     b) specifica e rende operativi i progetti di iniziativa regionale individuati dal programma regionale di sviluppo;

     c) ripartisce e assegna le risorse finanziarie;

     d) specifica le forme di raccordo e di integrazione tra gli interventi di assistenza sociale e quelli in campo sanitario ai sensi del Titolo V "Attività di integrazione socio-sanitaria";

     e) specifica le forme di integrazione tra gli interventi di assistenza sociale e quelli relativi ai settori di cui all'art. 28;

     f) definisce le procedure e individua gli strumenti per la valutazione degli interventi, nonché gli standard cui devono attenersi i soggetti erogatori dei servizi socio-assistenziali e socio-sanitari per una generale tutela del cittadino, della famiglia e della collettività;

     g) stabilisce i criteri generali per la determinazione delle entità del concorso da parte degli utenti al costo delle prestazioni;

     h) individua i livelli minimi garantiti, stabilisce e specifica le modalità di verifica per il rispetto di applicazione sul territorio e informa il piano all'obiettivo della omogeneità delle prestazioni;

     i) definisce gli indirizzi e i criteri per la formazione, l'aggiornamento e la riqualificazione di tutti gli operatori impegnati nelle attività sociali e nei servizi, individuando gli standard di qualificazione professionale degli stessi.

     2. Il piano comprende due distinte sezioni, corrispondenti rispettivamente agli interventi di cui alle lettere a) e b) del comma 1. La prima sezione dispone in ordine alle risorse finanziarie recate dal capitolo di bilancio di cui all'art. 16, comma 4; la seconda sezione dispone in ordine alle risorse finanziarie recate dal capitolo di bilancio di cui all'art. 16, comma 2.

     3. La prima sezione del piano, relativa agli interventi degli Enti locali, si articola in tre parti distinte, denominate: "programma finanziario", "piano di indirizzo", "dispositivo di piano", rispettivamente rivolte alla ripartizione dei finanziamenti, alla definizione delle norme regolamentari relative al procedimento, alla specificazione degli obiettivi da perseguire e delle relative priorità.

     4. Il programma finanziario consta di due atti di riparto annuali, definiti in base a parametri oggettivi. Con il primo atto la Regione ripartisce e assegna ai Comuni una quota non superiore al cinquanta per cento delle risorse recate dal bilancio regionale per gli interventi degli Enti locali; con il secondo, la Regione ripartisce e assegna alle Province per le attività di cui all'art. 51, comma 3, ai Comuni, alle Comunità Montane e alle Aziende unità sanitarie locali la quota rimanente destinata al finanziamento dei progetti recati dai piani di zona, approvati ai sensi dell'art. 11, comma 5.

     5. Il piano di indirizzo comprende:

     a) la specificazione, ai sensi dell'art. 17, dei parametri oggettivi in base ai quali si effettua il riparto delle risorse di cui al precedente comma 4;

     b) le modalità, le procedure e i vincoli pel l'elaborazione e l'adozione del piano zonale di assistenza sociale per gli interventi di assistenza sociale, di cui all'art. 11;

     c) le modalità e i criteri per la rendicontazione ai soggetti di cui al comma 4 da parte dei soggetti attuatori;

     d) le modalità e i criteri per la rendicontazione alla Regione ai sensi della L.R. 20 marzo 1997, n. 22.

     6. Il dispositivo di piano comprende:

     a) la definizione degli indirizzi, degli obiettivi generali e delle priorità da assumere nell'elaborazione dei piani e programmi da parte degli Enti locali;

     b) l'indicazione dei criteri a cui le conferenze di zona si attengono in sede di approvazione dei piani zonali e dei progetti in essi contenuti;

     c) la definizione degli indicatori per la verifica di efficacia degli interventi.

     7. La seconda sezione del piano, relativa agli interventi diretti della Regione di cui al comma 2 comprende:

     a) la specificazione dei progetti di iniziativa regionale, in conformità alle disposizioni della presente legge, a seguito della loro individuazione nel programma regionale di sviluppo;

     b) la ripartizione, tra i progetti di cui alla precedente lettera a), delle risorse finanziarie per essi recate dal bilancio regionale;

     c) le forme di collaborazione, da definire anche mediante convenzioni o accordi di programma, con soggetti istituzionali e sociali il cui concorso è necessario per la realizzazione dei progetti;

     d) le metodologie per la valutazione e la verifica degli effetti di ciascun progetto nell'ambito territoriale interessato.

     e) forme particolari di valorizzazione e di sostegno, anche di carattere finanziario, a favore delle associazioni di cui all’articolo 12, comma 4, della legge regionale 9 dicembre 2002, n. 42 (Disciplina delle associazioni di promozione sociale. Modifica all’articolo 9 della legge regionale 3 ottobre 1997, n.72 concernente l’organizzazione e promozione di un sistema di diritti di cittadinanza e di pari opportunità: riordino dei servizi socio-assistenziali e socio-sanitari integrati) [2].

 

     Art. 10. Elaborazione ed approvazione del piano sociale regionale.

     1. La Giunta regionale, sentita la Commissione regionale per le politiche sociali di cui all'art. 63, convoca la Conferenza sanitaria regionale integrata di cui all'art. 13 che esprime parere obbligatorio sulla proposta di piano sociale regionale. La Giunta regionale, acquisiti tutti gli atti relativi, adotta il piano sociale regionale che è presentato al Consiglio regionale per la sua approvazione entro tre mesi dalla sua scadenza. Il piano ha validità triennale ed è a scorrere con aggiornamento annuale. Fino all'entrata in vigore dell'aggiornamento è prorogata l'efficacia del precedente.

     2. Il piano consta di più atti distinti, presentati e deliberati anche separatamente, in corrispondenza alla sua articolazione definita ai sensi dell'art. 9, commi 2 e 3.

     3. Il Consiglio regionale, su proposta della Giunta, in via preventiva e con cadenza annuale, definisce le modalità di raccordo generale e di integrazione del piano sociale regionale con il piano sanitario regionale e con gli strumenti della programmazione settoriale.

     4. Nel rispetto dei diritti di informazione e consultazione, la Giunta regionale convoca le parti sociali ai fini di cui al comma 1.

 

     Art. 11. Il piano zonale di assistenza sociale.

     1. Il piano zonale di assistenza sociale è l'atto in cui sono contenuti i programmi e i progetti di intervento dei Comuni, della Provincia e degli altri soggetti pubblici o privati selezionati in sede di conferenza di zona di cui all'art. 12, con il quale si realizza l'integrazione tra gli interventi di assistenza sociale e quelli relativi ai settori di cui all'art. 28.

     2. Il piano individua l'entità dei finanziamenti messi a disposizione per ciascun progetto dai Comuni o da altri soggetti pubblici o privati, di quelli messi a disposizione dalle Aziende unità sanitarie locali ai sensi del D.P.C.M. 8 agosto 1985, l'entità delle eventuali risorse regionali aggiuntive necessarie alla completa realizzazione dello stesso progetto. Per ciascun progetto sono inoltre indicati i soggetti attuatori di cui all'art. 9, commi 4 e 5, le modalità di realizzazione dei progetti, gli obiettivi che si intendono perseguire, i tempi di attuazione e i parametri di verifica dell'efficacia degli interventi.

     3. I finanziamenti regionali sono assegnati ai soggetti di cui all'art. 9, comma 4, che provvedono all'erogazione ai soggetti attuatori dei progetti approvati con il piano zonale di assistenza sociale.

     4. La mancata approvazione del piano zonale da parte della Conferenza di zona di cui all'art. 12 inibisce la concessione dei finanziamenti di cui al precedente comma 3.

     5. Il piano zonale è approvato e trasmesso alla Giunta regionale entro i termini indicati dal piano sociale regionale a cura dell'Articolazione zonale della Conferenza dei Sindaci, sentite le parti sociali, dopo aver verificata la congruità e la coerenza con gli indirizzi del piano sociale regionale stesso.

     6. Entro il medesimo termine di cui al comma 5, la Provincia può trasmettere alla Giunta regionale propri pareri ed osservazioni nell'ambito delle materie di competenza in merito al piano zonale di assistenza sociale.

     7. I Comuni inseriti in zone prevalentemente appartenenti a provincia diversa da quella di giurisdizione inviano i piani zonali di assistenza sociale alle Province competenti per l'espressione del parere di cui al comma 6.

     8. I piani zonali di assistenza sociale sono trasmessi alla Conferenza dei Sindaci competente di cui all'art. 6, comma 3, della L.R. 49/94 anche ai fini di un loro coordinamento con i piani attuativi locali (PAL) ai sensi dell'art. 29, comma 3, della L.R. 2 gennaio 1995, n. 1. Tali piani devono essere coordinati con le previsioni delle attività sociali ad alta integrazione sanitaria contenute nei piani attuativi locali (PAL), approvati dalla stessa Conferenza dei Sindaci, sentita la Provincia ai sensi dell'art. 8, comma 2, della predetta L.R. 49/94.

 

     Art. 12. La Conferenza di zona per l'assistenza sociale e modifiche alla L.R. 29 giugno 1994, n. 49.

     1. [3].

     2. [4].

 

     Art. 13. Conferenza sanitaria regionale integrata e modifiche all'art. 5 della L.R. 29 giugno 1994, n. 49.

     1. [5].

     2. Il Consiglio regionale, su proposta della Giunta, entro novanta giorni dall'entrata in vigore della legge, approva modifiche al regolamento art. 6, comma 1, della L.R. 49/1994, ai fini di cui al precedente comma 1 [6].

 

     Art. 14. Definizione degli accordi di programma e delle convenzioni.

     1. Al fine di costruire un sistema di responsabilità condivisa fra soggetti istituzionali e soggetti sociali, vengono stipulate convenzioni o accordi di programma, anche per singole gestioni e sperimentazioni, ai sensi degli articoli 24 e 27 della legge n. 142/90.

     2. Ferma restando la disciplina dettata dalla L.R. 3 settembre 1996, n. 76, gli accordi di programma e le convenzioni di cui al comma 1 devono contenere:

     a) le finalità, l'oggetto, la durata, la indicazione delle risorse umane, finanziarie e strumentali da impiegare;

     b) l'indicazione del numero degli operatori, dei volontari e delle loro caratteristiche professionali con specifica distinzione della qualifica eventualmente rivestita;

     c) le forme di coordinamento tecnico dei servizi e di verifica in ordine all'attuazione degli interventi e ai risultati finali;

     d) procedimenti di arbitrato;

     e) interventi surrogatori di eventuali inadempienze dei soggetti partecipanti.

     3. Ai fini della conclusione degli accordi di programma, si applica il procedimento previsto dall'art. 5 della L.R. 76/96.

 

     Art. 15. Incentivi per la forma associata tra Comuni.

     1. Nella ripartizione dei contributi del fondo a parametro di cui all'art. 9, comma 4, il piano sociale regionale prevede di riservare una quota del fondo compresa fra il dieci per cento e il venti per cento per i Comuni che adottano la forma di gestione associata, comunque prevista dall'art. 7, comma 2, con tutti i Comuni ricompresi nella zona socio- sanitaria per la parte prevalente dei servizi socio-assistenziali.

     2. Per ciascuno dei Comuni, la maggiorazione di cui al comma 1 non può superare la metà dell'importo del fondo a parametro ordinario assegnato.

 

     Art. 16. Ripartizione del fondo regionale per l'assistenza sociale.

     1. Il fondo regionale per l'assistenza sociale viene determinato annualmente con legge di bilancio.

     2. Una quota del fondo suddetto, individuata in sede di aggiornamento annuale del piano regionale di sviluppo non superiore al dieci per cento, è riservata dalla Regione per le seguenti finalità:

     a) finanziare progetti o programmi innovativi e sperimentali di interesse regionale;

     b) finanziare progetti i cui obiettivi sono sorretti da fondi, programmi, bandi europei, nella logica del cofinanziamento;

     c) finanziare studi e ricerche.

     3. Alle singole Articolazioni zonali della Conferenza dei Sindaci vengono attribuite quote del fondo finalizzate a conseguire obiettivi prioritari, inseriti in progetti, in azioni programmate, in progetti- obiettivo e in progetti integrati di area, secondo gli indirizzi regionali definiti dal piano sociale regionale di cui all'art. 9 e dal programma regionale di sviluppo in connessione con quelli del piano sanitario regionale. L'Articolazione zonale della Conferenza dei Sindaci indica i soggetti attuatori di cui all'art. 7, commi 4 e 6, ai quali sono erogate le quote attribuite.

     4. Il piano sociale regionale determina i criteri per il riparto del fondo da assegnare ai Comuni di cui all'art. 9, comma 4.

 

     Art. 17. Criteri per la parametrazione del fondo.

     1. I parametri oggettivi in base ai quali la Regione effettua il riparto delle risorse di cui all'art. 9, comma 4, sono rivolti a definire, oltre alla dimensione degli interventi e dei servizi in atto, quella dei bisogni di assistenza sociale rilevabili con le analisi condotte nell'ambito dell'Osservatorio sociale regionale e in base alle indicazioni emerse dai soggetti titolari delle funzioni.

 

Capo III

ORGANIZZAZIONE TERRITORIALE

 

     Art. 18. Le Aziende unità sanitarie locali.

     1. [7].

     2. Ferma restando la titolarità delle funzioni di carattere sanitario e sociale attribuite rispettivamente alle Aziende unità sanitarie locali e ai Comuni ai sensi delle vigenti norme, attraverso gli accordi di programma di cui all'art. 14 viene stabilita la gestione delle attività di assistenza sociale che integrano gli interventi sanitari, di cui al Titolo V "Attività di integrazione socio-sanitaria", di norma da parte di tutti i Comuni associati della stessa zona socio-sanitaria, ovvero da parte dell'Azienda unità sanitaria locale, secondo le modalità di cui all'art. 19, comma 4.

 

     Art. 19. La zona socio-sanitaria.

     1. La zona socio-sanitaria è la sede in cui confluiscono i vari momenti della programmazione delle attività sociali gestite dall'Azienda unità sanitaria locale, dai Comuni e dalla Provincia ed è la sede di:

     a) elaborazione e predisposizione dei piani zonali;

     b) progettazione integrata di sostegno di cui all'art. 28;

     c) progettazione dell'integrazione socio-sanitaria di cui all'art. 37;

     d) stesura dei protocolli operativi da demandare al coordinamento del distretto.

     2. Nella zona socio-sanitaria, quale ambito territoriale di cui alla L.R. 49/94 e alla L.R. 28/95, si realizza la gestione associata degli interventi sociali a prevalente integrazione sanitaria e costituisce l'ambito di associazione tra i Comuni per la gestione dei servizi socio- assistenziali.

     3. Ai fini delle attività di integrazione socio-sanitaria previste del piano sanitario regionale e dal piano sociale regionale, l'Articolazione zonale della Conferenza dei Sindaci, di cui all'art. 12, determina i relativi progetti, alla cui elaborazione partecipa l'Azienda unità sanitaria locale, e ne verifica l'attuazione.

     4. La zona socio-sanitaria è l'ambito territoriale nel quale l'Azienda unità sanitaria locale, tramite accordi di programma ai sensi dell'art. 14, provvede all'attuazione dei progetti adottati ai sensi del comma 3 dall'Articolazione zonale della Conferenza dei Sindaci, garantendo le risorse funzionali in termini di finanziamenti e di personale necessari per la realizzazione delle attività e per il conseguimento degli obiettivi determinati ai sensi del comma 3.

     5. All'attuazione dei progetti adottati dall'Articolazione zonale della Conferenza dei Sindaci possono provvedere altresì tutti i Comuni associati della stessa zona socio-sanitaria attraverso accordo di programma con l'Azienda unità sanitaria locale ai sensi dell'art. 14.

     6. La Giunta regionale svolge annualmente verifiche sui progetti finalizzati di cui ai commi 3, 4 e 5, e ne riferisce al Consiglio regionale, anche per l'adozione di eventuali provvedimenti conseguenti.

 

     Art. 20. Il distretto socio-sanitario.

     1. Il distretto socio-sanitario è la sede di organizzazione, integrazione ed erogazione dei servizi socio-sanitari e socio-assistenziali dei Comuni e delle Aziende unità sanitarie locali.

     2. La gestione complessiva dell'attività dei servizi

sanitari/sociali/assistenziali sulla base del piano zonale è assicurata a livello del distretto di cui all'art. 3, comma 2, della L.R. 49/94. I servizi di assistenza sociale dei Comuni e delle Aziende unità sanitarie locali garantiscono mediante il distretto la proposta dei progetti integrati di intervento, la loro attuazione e la presa in carico degli utenti e l'erogazione delle prestazioni.

     3. Ai fini della rilevazione, della valutazione e dell'organizzazione degli interventi per soddisfare i bisogni socio-sanitari emergenti nel territorio, devono essere costituiti, presso la sede del distretto, il coordinamento e l'integrazione delle prestazioni sanitarie di primo livello con le prestazioni di assistenza sociale gestite dall'Azienda unità sanitaria locale e dai Comuni, cui concorrono i medici di cui all'accordo collettivo nazionale per la medicina generale e la pediatria, nel rispetto delle modalità previste dall'art. 71 del D.P.R. n. 484/96.

     4. Il piano zonale definisce, per le sedi distrettuali, l'organizzazione dei servizi socio-assistenziali gestiti direttamente dai Comuni e l'erogazione delle relative prestazioni. Il piano zonale prevede, altresì, l'informazione unica ai cittadini sulle modalità di accesso ai servizi sanitari e sociali anche attraverso l'uso del sistema del centro unico di prenotazione (CUP).

     5. Presso ogni distretto deve essere costituito l'Ufficio di coordinamento di cui fanno parte il Coordinatore sanitario del distretto, il Coordinatore sociale per le attività sociali gestite dall'Azienda unità sanitaria locale.

     6. In deroga a quanto previsto dall'art. 15, comma 4, della L.R. 1/95, in caso di attività gestite direttamente dal Comune, fa parte dell'Ufficio di coordinamento del distretto anche il responsabile dei servizi socio- assistenziali nominato dal Comune.

     7. Attraverso appositi accordi di programma i Comuni e le Aziende unità sanitarie locali possono concordare modalità per individuare un unico coordinatore sociale referente per tutte le attività sociali con valenza sanitaria e socio-assistenziali.

 

     Art. 21. Le Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza (IPAB). [8]

     [1. Nell'ambito della programmazione dei Comuni e del coordinamento da essi svolto sul territorio, sono definiti il concorso e il coinvolgimento delle IPAB per l'integrazione delle funzioni e per l'utilizzo delle risorse umane, patrimoniali e strumentali finalizzate all'erogazione di servizi socio-assistenziali. Le funzioni e le risorse delle IPAB, svolte e utilizzate nell'ambito della loro autonomia organizzativa e statutaria, concorrono alla gestione dei servizi socio-assistenziali, socio-sanitari ed educativi che corrispondono alle necessità dei Comuni.

     2. Tutte le funzioni amministrative di cui all'art. 1, comma 1, lett. a), del D.P.R. 15 gennaio 1972, n. 9 concernenti le IPAB, già disciplinate con legge 17 luglio 1890, n. 6972, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché con relativi regolamenti di esecuzione, ad eccezione di quelle indicate al successivo comma 5, sono delegate ai Comuni nel cui territorio ha sede l'Istituzione. In particolare, sono delegate le funzioni concernenti la vigilanza ispettiva, il coordinamento, la sospensione o lo scioglimento di amministrazioni, la nomina di commissari, le modifiche statutarie escluse quelle indicate al successivo comma 4.

     3. I Comuni esercitano la delega, ai sensi dell'art. 65 dello Statuto della Regione e della L.R. 19 luglio 1995, n. 77, attenendosi ai seguenti indirizzi:

     a) i provvedimenti saranno diretti a prevenire e superare l'isolamento e l'emarginazione della persona ammessa a fruire delle prestazioni;

     b) sarà assicurato il coordinamento dell'attività degli enti e l'adattamento degli statuti alla disciplina contenuta nella presente legge;

     c) sarà assicurato il coordinamento degli interventi svolti dalle IPAB con gli interventi sociali e sanitari attuati nel territorio;

     d) i servizi delle IPAB saranno organizzati in modo da assicurare la loro apertura a tutti i cittadini e la partecipazione alla loro gestione;

     e) saranno favorite la riconversione e l'utilizzazione dei servizi e del patrimonio delle IPAB, secondo le finalità e le modalità d'intervento previste dalla presente legge.

     4. Sono esercitate direttamente dalla Regione le funzioni disciplinate con legge n. 6972/1890 e successive modificazioni ed integrazioni, nonché con i relativi regolamenti d'esecuzione, concernenti il raggruppamento, le fusioni, le modificazioni statutarie relative alla mutazione dei fini ed alla composizione dei consigli di amministrazione, le estinzioni. I provvedimenti sono adottati con deliberazione del Consiglio regionale.

     5. La Regione esercita comunque il potere di iniziativa previsto dall'art. 62 della legge n. 6972/1890. Tale funzione è di competenza della Giunta regionale.

     6. E' fatto divieto agli Organi amministrativi delle IPAB aventi sede nel territorio regionale di compiere atti di alienazione, trasformazione di beni immobili o di titoli, o di costituire diritti reali sugli stessi, di stipulare contratti di locazione o di affitto di durata superiore a quella minima prevista dalla legislazione vigente. Sono escluse dal vincolo le servitù e le espropriazioni per cause di pubblico interesse.

     7. In deroga al divieto di cui al comma 6 e secondo le competenze previste dai rispettivi Statuti, i Comuni ove la IPAB ha sede legale, acquisito il parere obbligatorio dei Comuni nei quali sono situati i beni immobili, possono rilasciare specifica autorizzazione al fine di garantire servizi essenziali alla continuità operativa dell'ente ed alla realizzazione di programmi di pubblico interesse afferenti la sfera dei servizi sociali. L'autorizzazione è rilasciata previo accertamento dello stato di effettivo funzionamento della IPAB e della situazione patrimoniale.

     8. Gli Organi amministrativi delle IPAB aventi sede nel territorio regionale, per l'istituzione di nuovi servizi e per l'adozione delle piante organiche del personale, devono richiedere la relativa autorizzazione al Comune ove la IPAB ha la sede legale. Il Comune, acquisito il parere dei Comuni nei quali sono svolte le attività prevalenti, rilascia specifiche autorizzazioni al fine di garantire servizi essenziali alla continuità operativa dell'ente ed alla realizzazione di programmi di pubblico interesse afferenti la sfera dei servizi sociali. Lo stato di organizzazione dei servizi e le piante organiche vigenti delle IPAB devono essere comunicate al Comune per la loro eventuale approvazione entro e non oltre centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Fino all'approvazione delle piante organiche e dello stato di organizzazione dei servizi, è fatto divieto alle IPAB di assumere nuovo personale e di istituire nuovi servizi. L'assunzione di nuovo personale nell'ambito dei posti previsti nelle vigenti piante organiche non è soggetta ad autorizzazione nei limiti degli stanziamenti approvati e delle accertate disponibilità di bilancio. Le nuove assunzioni e lo stato delle piante organiche devono essere comunque comunicate annualmente al Comune per le opportune verifiche.

     9. Gli Organi amministrativi delle IPAB nominano un Collegio di revisori composto da tre membri, di cui almeno uno nominato dal Comune in cui ha sede l'Istituzione, se il bilancio dell'ente supera come importo complessivo il valore di quattro miliardi. Gli Organi predetti nominano un solo revisore se il bilancio è inferiore al valore di quattro miliardi, ma superiore a un miliardo.

     10. I revisori sono scelti tra gli iscritti al registro nazionale dei revisori contabili. I Comuni competenti per sede legale possono proporre ai consigli di amministrazione di adottare il Collegio dei revisori operante per i Comuni stessi.

     11. Il controllo dei revisori contabili sull'attività della IPAB si esercita attraverso l'accesso agli atti e documenti, nonché a mezzo di un'attività di collaborazione con il consiglio di amministrazione dell'Istituzione, al fine di garantire la regolarità contabile e finanziaria della gestione dell'ente. Essi redigono una relazione sul conto consuntivo, nella quale sono tenuti ad esprimere rilievi e proposte tendenti a conseguire una migliore efficienza, produttività ed economicità della gestione.

     12. Il controllo sugli atti è esercitato dal Comitato Regionale di Controllo a norma dell'art. 50 della L.R. 7 luglio 1992, n. 31, e successive modificazioni ed integrazioni.

     13. La procedura per l'estinzione delle IPAB è quella disciplinata dalla L.R. 31 dicembre 1982, n. 96.

     14. Gli statuti delle IPAB possono prevedere un compenso a favore dei componenti gli organi di amministrazione in relazione alla dimensione delle loro attività istituzionali.]

 

Titolo III

LE RETI DI PROTEZIONE SOCIALE

 

     Art. 22. Le famiglie.

     1. La Regione valorizza e sostiene il ruolo sociale delle famiglie, come parte integrante di una rete informale di protezione sociale e favorisce lo sviluppo di attività a tale fine.

     2. La Regione finalizza i propri interventi verso il potenziamento delle politiche di sostegno alle responsabilità familiari, tenendo conto dei bisogni, dei diritti e dei rapporti fra i singoli soggetti nelle famiglie e fra famiglie e società nel suo complesso.

     3. Il piano sociale regionale e il piano sociale zonale contengono le forme di promozione e di realizzazione di specifici progetti ed iniziative nell'ambito dei principi stabiliti dal presente articolo ed, in particolare, volti a:

     a) rimuovere gli ostacoli, specie di carattere abitativo, lavorativo e/o economico, che limitano la libertà di scelta dei giovani o rendono difficoltosa la formazione e lo sviluppo di nuove famiglie;

     b) agevolare la sana e responsabile espressione della sessualità in un armonico sviluppo della persona;

     c) sostenere l'alto valore personale e sociale della maternità e della paternità, garantendo il diritto alla procreazione libera e consapevole valorizzando il principio delle corresponsabilità dei genitori negli impegni che riguardano la prole;

     d) tutelare la salute di tutti i componenti delle famiglie, con particolare riguardo alle situazioni che possono incidere negativamente sul benessere psico-fisico di ciascun soggetto;

     e) promuovere e sostenere l'armonico sviluppo delle relazioni familiari e della coppia, nonché dei rapporti fra le generazioni, specie tra genitori e figli;

     f) garantire la parità uomo-donna e la piena realizzazione della donna nella società;

     g) ridurre le differenze nelle condizioni di vita derivanti dal numero dei figli o dalla presenza di particolari stati di bisogno;

     h) promuovere e sostenere efficacemente le reti primarie di solidarietà;

     i) favorire la solidarietà tra famiglie, sostenendo la diffusione dell'istituto dell'affidamento familiare;

     l) promuovere l'adozione nazionale ed internazionale, fornendo sostegni alle famiglie adottanti.

 

     Art. 23. Il volontariato.

     1. In conformità alle disposizioni della L.R. 26 aprile 1993, n. 28, modificata dalla L.R. 15 aprile 1996, n. 29, e successive modificazioni, la Regione riconosce la funzione dell'attività del volontariato come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo sociale. La Regione favorisce l'apporto e l'azione delle associazioni di volontariato nella produzione di servizi e prestazioni sociali rese alla collettività.

     2. Le Province e i Comuni favoriscono l'attività del volontariato mettendo a disposizione risorse strumentali e di servizio.

     3. La Regione, le Province ed i Comuni, sostengono le attività del volontariato anche attraverso il supporto logistico ai Centri di servizio costituiti sulla base di quanto previsto dall'art. 15 della legge 11 agosto 1991, n. 266.

 

     Art. 24. La cooperazione sociale.

     1. Al fine di promuovere un sistema di responsabilità condivise tra soggetti istituzionali e soggetti sociali, la Regione valorizza le cooperative sociali per la gestione dei servizi socio-sanitari ed educativi ai sensi della L.R. 28 gennaio 1994, n. 13 e successive modificazioni.

     2. In attuazione dell'art. 9, comma 2, della legge 8 novembre 1991, n. 381 ed al fine di rendere uniformi sul territorio regionale i rapporti tra gli Enti pubblici e le cooperative sociali, la Regione predispone schemi di convenzione-tipo.

     3. I Comuni favoriscono le attività delle cooperative sociali mettendo a disposizione risorse strumentali e di servizio, promuovendo lo sviluppo di cooperative di cui all'art 1, comma 1, lett. b, della legge 8 novembre 1991, n. 381.

 

     Art. 25. Altri soggetti del privato sociale.

     1. Ai fini della presente legge, la Regione si avvale delle Associazioni di cui alla L.R. 9 aprile 1990, n. 36, degli Enti ausiliari iscritti all'albo regionale di cui alla L.R. 11 agosto 1993, n. 54, delle Fondazioni e delle Organizzazioni religiose riconosciute dallo Stato, per le funzioni di promozione sociale e di libera espressione di solidarietà e di convivenza civile.

     2. Le Organizzazioni di cui al comma 1 devono possedere i requisiti previsti dalle specifiche leggi regionali citate ovvero, per le Fondazioni e le Organizzazioni di carattere religioso, possedere i requisiti di seguito indicati:

     a) assenza di fini di lucro, anche indiretti;

     b) finalità di solidarietà per scopi sociali di interesse pubblico;

     c) formazione e approvazione del bilancio consuntivo annuale, con relazione dell'organo di amministrazione in carica, previo esame del collegio dei revisori contabili quando previsto ai sensi delle vigenti disposizioni.

     3. Gli atti di cui al comma 2, lett. c), ove richiesti, sono esibiti limitatamente ai capitoli di bilancio concernenti gli interventi di cui alla presente legge.

     4. Le Province e i Comuni sostengono e si avvalgono, anche tramite convenzioni, delle attività delle Associazioni di cui al comma 1 per funzioni di pubblica utilità e per la promozione di una cultura di solidarietà.

 

     Art. 26. Le organizzazioni private.

     1. I soggetti che nelle varie forme organizzative e imprenditoriali collaborano alla produzione di servizi di pubblica utilità, volti ad assicurare un sistema di aiuto e di promozione umana, nel quadro dei piani di zona, sono autorizzati dai Comuni a svolgere attività di servizio sulla base della verifica dei requisiti di idoneità a funzionare e di standard di qualità stabiliti dal piano sociale regionale.

     2. L'autorizzazione di cui al comma 1 può essere revocata per la perdita dei requisiti di idoneità e degli standard di qualità.

     3. La fruizione delle prestazioni offerte dai soggetti di cui al presente articolo è definita da apposita convenzione con la quale vengono stabiliti obblighi e diritti dei contraenti.

     4. Nell'ambito delle prestazioni offerte dai soggetti autorizzati e convenzionati è consentito l'esercizio della libera scelta da parte degli utenti ammessi alla fruizione delle stesse con oneri a totale o parziale carico della spesa pubblica.

 

     Art. 27. Promozione delle attività d'informazione, di partecipazione e di mutualità.

     1. Gli Enti locali promuovono e valorizzano attività organizzate da singoli, gruppi e dai soggetti di cui al Titolo III "Le reti di protezione sociale". Tali attività sono finalizzate alla definizione di patti territoriali, alla diffusione dei servizi d'informazione e di comunicazione, al sostegno della solidarietà sociale, della mutualità, nonché dirette a favorire gli scambi di servizi.

     2. I patti territoriali per la costruzione delle reti di solidarietà sociale sono lo strumento del coinvolgimento degli enti locali, dei sindacati, delle organizzazioni del privato sociale e del movimento cooperativo nell'organizzazione e produzione dei servizi sociali finalizzati allo sviluppo socio-economico, all'occupazione e alla coesione sociale.

     3. Le attività d'informazione e comunicazione rispondono al bisogno di favorire la piena consapevolezza ed acquisizione dei diritti di cittadinanza, fornire strumenti di conoscenza dei servizi e dei servizi di rete e delle risorse comunque presenti nella comunità, valorizzare le capacità e iniziative di singoli o gruppi, facilitare la partecipazione dei cittadini.

     4. Le attività di mutualità e di auto-aiuto consentono lo scambio di prestazioni fra gruppi e persone e favoriscono il rapporto di solidarietà fra generazioni e di sostegno nelle relazioni interpersonali e nella vita quotidiana.

     5. I Comuni, allo scopo di favorire servizi d'informazione, di mutualità e di partecipazione, sostengono centri di riferimento e banche del tempo finalizzati a recepire iniziative e gestire campagne informative, correlare la disponibilità allo scambio di prestazioni di competenze e di tempo, facilitare l'auto-organizzazione e i gruppi di auto-aiuto.

 

Titolo IV

POLITICHE SOCIALI INTEGRATE

 

     Art. 28. Obiettivi e strumenti delle politiche sociali integrate.

     1. Per raggiungere l'obiettivo di cui all'art. 1, comma 1, relativo al coordinamento degli interventi socio-sanitari e socio-assistenziali attraverso la loro integrazione con quelli relativi alla casa, al lavoro, alla mobilità, alla formazione, all'istruzione, all'educazione, al diritto allo studio, alla cultura, alla ricerca, al tempo libero, la formulazione dei progetti di intervento per la persona e per il nucleo familiare, l'erogazione delle prestazioni di base, la presa in carico dei soggetti destinatari degli interventi sono demandati, con l'adozione di procedure unitarie, al coordinamento del distretto, di cui all'art. 20, comma 4, mediante progetti integrati di sostegno atti a dare risposte globali ai bisogni rilevati, garantendo l'informazione e la libera scelta riguardo alle prestazioni disponibili.

     2. I Comuni e le Province utilizzano le indicazioni e le proposte dei progetti integrati di sostegno, di cui al comma 1, relative agli interventi di rispettiva competenza, provvedendo all'attuazione nei limiti delle risorse disponibili sulla base di accordi di programma definiti ai sensi dell'art. 14. Tali attività devono essere realizzate nell'ambito della programmazione regionale e zonale.

     3. Nei piani zonali, la rete dei servizi e delle prestazioni fornite dal settore pubblico si integra con quelli forniti dal volontariato, dalle Istituzioni senza fini di lucro, e da altre forme previste dalla legge.

 

     Art. 29. Politiche per la casa e per il territorio.

     1. In aggiunta alle provvidenze disposte ai sensi dell'art. 17 della L.R. 20 dicembre 1996, n. 96, i Comuni possono riservare, anche per periodi di tempo determinati, una quota non superiore al trenta per cento del proprio patrimonio abitativo a categorie a rischio ed a particolari soggetti svantaggiati, ivi compresi i cittadini non appartenenti all'Unione Europea, finalizzando l'intervento al recupero e al raggiungimento di una condizione di benessere psico-fisico della persona. I Comuni possono adottare un apposito regolamento, coordinato fra tutti i Comuni della stessa articolazione socio-sanitaria, per disciplinare i requisiti oggettivi ed i criteri di accesso ricercando forme e modalità omogenee fra i Comuni appartenenti alla stessa zona. Per i soli fini conoscitivi, i Comuni sono tenuti a comunicare alla Giunta regionale le decisioni assunte.

     2. Dopo il comma 10 dell'art. 17 della L.R. 20 dicembre 1996, n. 96 è aggiunto il seguente comma 11:

     "11. Con la legge regionale concernente l'organizzazione e la promozione delle politiche sociali e il conseguente riordino dei servizi socio-assistenziali sono individuate specifiche provvidenze in favore di categorie a rischio e di soggetti svantaggiati".

     3. Il piano sociale regionale definisce le forme di integrazione delle azioni per la casa con gli interventi di assistenza sociale, sviluppando uno specifico progetto volto a soddisfare emergenze sociali concernenti le situazioni di bisogno abitativo.

     4. Il piano sociale regionale stabilisce interventi, anche a carattere integrato con le politiche generali di sviluppo e di salvaguardia dell'ambiente, finalizzati a garantire i diritti di accessibilità e di fruibilità degli spazi urbani da parte dei cittadini, promuovendo, in particolare, iniziative per migliorare l'ambiente di vita, assumendo anche le necessità dell'infanzia come indicatori della qualità urbana.

 

     Art. 30. Azioni per il diritto allo studio.

     1. Per i "progetti di area" di cui agli artt. 9 e 10 della L.R. 19 giugno 1981, n. 53 e successive modificazioni, i soggetti proponenti, sulla base del piano di indirizzo, individuano forme e modalità di integrazione con il piano zonale di assistenza sociale di cui al precedente art. 11. Le Province assicurano il coordinamento con i progetti integrati di sostegno di cui al precedente art. 28.

     2. Il piano sociale regionale ed il piano di indirizzo di cui alla L.R. 53/81, e successive modificazioni, specificano le forme di integrazione come previsto agli artt. 9 e 10 di cui alla presente legge.

 

     Art. 31. Azioni per la formazione e l'orientamento professionale.

     1. In attuazione di quanto previsto dal precedente art. 30, ed in attuazione delle norme contenute nell'art. 3 della L.R. 31 agosto 1994, n. 70, sono rilevati nell'ambito del coordinamento di distretto di cui all'art. 20, comma 3, i bisogni educativi, formativi e di orientamento professionale dei destinatari degli interventi di cui alla presente legge, da inserire nei progetti integrati di cui all'art. 28, comma 3.

     2. Le Province provvedono, realizzando i relativi interventi formativi, secondo quanto previsto dall'art. 5, comma 3, della L.R. 70/94, e con le modalità di cui al precedente art. 9.

     3. In attuazione della L.R. 17 luglio 1989, n. 45, le Province predispongono i piani annuali di cui all'art. 5, comma 2, lett. a), della medesima legge regionale e gestiscono in maniera programmata gli interventi con le modalità di cui al precedente art. 9.

     4. Il piano sociale regionale ed il piano per la formazione professionale specificano le forme di integrazione come previsto dagli artt. 9 e 10.

 

     Art. 32. Politiche per l'occupazione.

     1. Fatti salvi gli interventi previsti dall'art. 8 della L.R. 7 marzo 1994, n. 23 "Misure straordinarie per l'occupazione", le Province promuovono la predisposizione di iniziative per lavori socialmente utili e per gli aiuti alle assunzioni di cui agli artt. 3 e 4 della predetta L.R. 23/94 finalizzate all'occupazione di soggetti in condizione di disagio sociale.

     2. Sono considerate prioritarie le azioni concernenti:

     a) attività di servizio e cura della persona con riguardo all'infanzia, all'adolescenza, alle donne, agli anziani, alla riabilitazione e recupero dei tossicodipendenti, ai portatori di handicap e ad interventi mirati nei confronti delle devianze sociali;

     b) interventi di risanamento e valorizzazione ambientale;

     c) interventi di risanamento e valorizzazione dei beni culturali.

     3. Le proposte relative agli interventi di cui al comma 2 sono contenute nei progetti integrati di sostegno di cui all'art. 28.

     4. Al fine di promuovere la costituzione e l'avvio di nuove imprese per sviluppare l'imprenditoria femminile e giovanile, fatti salvi gli interventi previsti ai sensi dell'art. 8 della L.R. 26 aprile 1993, n. 27, il piano di indirizzo ivi previsto assicura forme incentivanti per attività di servizio alla persona e per soggetti svantaggiati. Il piano sanitario regionale e il piano sociale regionale specificano le forme di integrazione come previsto agli artt. 9 e 10.

 

     Art. 33. Politiche per l'immigrazione.

     1. La Regione interviene per garantire alle cittadine e ai cittadini di Paesi non appartenenti all'Unione Europea e immigrati in Toscana e agli apolidi che dimorano nel territorio della Regione Toscana condizioni di uguaglianza con i cittadini italiani nel godimento dei diritti civili e sociali, per rimuovere le cause che ne ostacolano l'inserimento nell'ambiente sociale, culturale ed economico della Regione e per favorirne la partecipazione alla vita pubblica locale, nonché la rappresentanza presso gli enti locali.

     2. Le iniziative promosse dalla Regione in favore dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione Europea e immigrati in Toscana sono rivolte in particolare:

     a) alla tutela del diritto al lavoro, all'alloggio, allo studio, alle prestazioni sociali e sanitarie;

     b) al superamento delle difficoltà sociali, culturali, economiche e di quelle legate al genere;

     c) alla promozione dell'associazionismo fra cittadini immigrati;

     d) a favorire il mantenimento dei legami linguistici e culturali con gli Stati di origine e a predisporre idonei strumenti volti a favorire il volontario rientro negli Stati medesimi;

     e) alla sensibilizzazione della società toscana nei confronti dei fenomeni migratori e del conseguente sviluppo di una società multiculturale;

     f) alla promozione sociale e alla tutela dei diritti dei minori stranieri, residenti e non residenti, assicurando agli stessi l'accesso a tutti i servizi della comunità locale per favorire la loro integrazione nel pieno rispetto della cultura di appartenenza.

     3. La Regione, per il conseguimento delle finalità della presente legge, promuove e sostiene la realizzazione di interventi da parte dei Comuni, Province, Enti pubblici, associazioni di immigrati, organizzazioni di volontariato e del privato sociale.

 

     Art. 34. Politiche per l'infanzia, l'adolescenza e i giovani.

     1. La Regione Toscana, nel rispetto dei principi della convenzione ONU recepita con legge 27 maggio 1991, n. 176, garantisce, con l'effettivo concorso dei Comuni e delle Province, il diritto all'educazione, al pieno ed armonico sviluppo psico-fisico dei minori, e l'affermazione nel contesto europeo dei diritti di cittadinanza dei giovani, nel quadro di una politica socio-educativa per l'infanzia, l'adolescenza, i giovani e la famiglia.

     2. La Regione promuove e sostiene le attività educative e sociali tese a:

     a) dare una risposta complessa ai bisogni propri e dell'età di ciascun minore e giovane;

     b) prevenire o intervenire precocemente su eventuali condizioni di svantaggio psico-fisico e socio-culturale;

     c) garantire la continuità educativa in relazione alla continuità evolutiva degli utenti;

     d) svolgere nella comunità locale funzioni di produzione di cultura per l'infanzia, l'adolescenza, i giovani e la famiglia e di formazione permanente sulle problematiche connesse;

     e) favorire sperimentazioni innovative in materia di modelli organizzativi e gestionali dei servizi;

     f) sviluppare un sistema di politiche giovanili nel quadro di una azione integrata e coordinata di interventi per il tempo libero, il turismo, lo sport, l'istruzione, la cultura, la formazione, l'occupazione, promuovendo la partecipazione dei giovani alla programmazione e gestione delle iniziative nonché individuando forme di consultazione che garantiscano la loro rappresentanza in momenti formali ed informali;

     g) assicurare la massima integrazione con gli altri servizi educativi, sociali, formativi e sanitari per il raggiungimento di obiettivi complessi di tutela e qualità della vita dei minori e dei giovani;

     h) garantire forme di integrazione con i paesi dell'Unione Europea attivando progetti comunitari.

     3. Il piano sociale regionale e gli altri atti normativi e programmatori specificano le forme e i modi dell'integrazione e del sostegno delle iniziative di cui al comma 2.

 

     Art. 35. Politiche a favore degli anziani.

     1. La Regione promuove politiche a favore degli anziani per il raggiungimento dei seguenti obiettivi:

     a) mantenere l'anziano nel proprio ambiente salvaguardando i rapporti familiari e le relazioni sociali, garantendo l'integrità del suo "status" nel contesto sociale ed intervenendo nelle situazioni di povertà, di abbandono, di solitudine e di mancanza di alloggio;

     b) promuovere l'assistenza domiciliare finalizzata al mantenimento dell'anziano nel proprio nucleo familiare originario, assicurando periodici interventi dei servizi sociali anche rivolti ai suoi familiari nonché interventi mirati a salvaguardare una vita di relazione attiva anche con l'utilizzo saltuario delle prestazioni di cui all'art. 57;

     c) salvaguardare l'autosufficienza dell'anziano da processi invalidanti Fisici e psicologici privilegiando l'intervento preventivo e riabilitativo;

     d) prevenire il ricorso al ricovero in Istituto di persone autosufficienti;

     e) attivare nella rete dei servizi distrettuali e ospedalieri gli interventi di prevenzione e cura a favore delle persone anziane per ridurre il ricorso al ricovero ospedaliero;

     f) avviare azioni per favorire il reinserimento sociale degli anziani istituzionalizzati;

     g) favorire nel territorio forme di aggregazione sociale e apporti coordinati delle attività del volontariato e dell'associazionismo per l'utilizzazione delle risorse esistenti verso una diffusa "prevenzione sociale" ed una reale partecipazione dei cittadini;

     h) promuovere forme di facilitazione per i trasporti in relazione a situazioni reddituali insufficienti;

     i) promuovere la valorizzazione delle persone anziane attraverso la loro partecipazione ad attività culturali, ricreative, educative anche nell'ambito di rapporti intergenerazionali e lavori socialmente utili.

     2. Il piano sociale regionale definisce specifici interventi a favore della popolazione anziana. Al fine di attivare interventi di prevenzione e per soddisfare gli straordinari bisogni di assistenza delle persone anziane non autosufficienti, i Comuni erogano l'assistenza domiciliare promuovendone l'integrazione con l'assistenza domiciliare infermieristica e riabilitativa fornita dalle Aziende unità sanitarie locali. L'assistenza domiciliare è attuata, oltreché nella forma diretta, mediante l'erogazione di "assegni per l'assistenza" riconosciuti a favore degli anziani non autosufficienti. Tali assegni possono essere erogati a soggetti che assicurino, nell'ambito domiciliare, il mantenimento e la cura dell'anziano non autosufficiente, che sottoscrivano il piano terapeutico assistenziale previsto dagli atti di indirizzo regionali e che rispondano alle seguenti caratteristiche o condizioni:

     a) parenti e affini anche diversi dalle persone obbligate ai sensi dell'art. 433 del codice civile;

     b) persone conviventi all'interno del nucleo anagrafico;

     c) persone disponibili ad assicurare l'assistenza all'anziano non autosufficiente in modo da consentire la sua permanenza nel proprio domicilio.

     3. I Comuni e le Aziende unità sanitarie locali disciplinano, nei propri regolamenti relativi alle prestazioni, le modalità e le procedure di ammissione agli interventi, basate sui criteri del riconoscimento della non autosufficienza, del bisogno di assistenza e, ove possibile, del consenso del soggetto non autosufficiente secondo il piano terapeutico di cui al comma 2 nonché dei limiti di reddito stabiliti dai regolamenti stessi. Ai fini del presente comma per reddito si intendono tutte le risorse finanziarie e patrimoniali di cui il cittadino ha la piena disponibilità. I predetti regolamenti devono altresì individuare criteri e modalità per correlare la posizione reddituale con il tenore di vita.

     4. Le forme di intervento riguardano sia l'assistenza domiciliare sia l'erogazione di un assegno di assistenza.

     5. Per l'integrazione assistenziale di cui al comma 2, i Comuni stipulano con le Aziende Unità sanitarie locali appositi accordi di programma sui quali impegnano i finanziamenti loro destinati dal piano sociale regionale, nonché altre eventuali quote di finanziamento individuate dai Comuni stessi nell'ambito del piano zonale.

     6. Alla stipula degli accordi di programma di cui al comma 5 devono partecipare anche i Comuni che abbiano esercitato la facoltà di delega all'Azienda unità sanitaria locale delle funzioni in materia assistenziale.

     7. Ai fini della presente legge, per condizione di non autosufficienza si intende quella riconosciuta a norma della deliberazione del Consiglio regionale 2 luglio 1991, n. 214.

 

     Art. 36. Politiche per l'accessibilità alle strutture e al territorio.

     1. Al fine di conseguire l'obiettivo di eliminare situazioni di rischio, di ostacolo o di impedimento alla mobilità, per le relazioni umane e la fruibilità generale degli ambienti di vita, la Regione promuove interventi attraverso il piano sociale regionale volti a garantire l'accessibilità a tutti gli edifici, pubblici e privati, nonché agli spazi urbani e alle infrastrutture di trasporto pubblico, ai sensi della legge 9 gennaio 1989, n. 13, modificata dalla legge 27 febbraio 1989, n. 62, e della L.R. 9 settembre 1991, n. 47 e successive modificazioni.

     2. Nel piano zonale di assistenza sociale i progetti integrati di sostegno comprendono il coordinamento dei programmi comunali previsti ai sensi di legge.

 

Titolo V

ATTIVITA' DI INTEGRAZIONE SOCIO-SANITARIA

 

     Art. 37. Le attività ad elevata integrazione socio-sanitaria.

     1. Secondo quanto disposto dalla legge 23 ottobre 1985, n. 595, i progetti-obiettivo, definiti come gli impegni operativi che richiedono l'aggregazione di attività sanitarie molteplici, integrate da servizi socio-assistenziali, sono finanziati con risorse provenienti dal fondo sanitario e con risorse aggiuntive, incluse quelle di competenza delle Regioni e degli Enti locali.

     2. Il DPCM 8 agosto 1985 e le disposizioni attuative vigenti indicano i criteri per l'individuazione delle attività di rilievo sanitario connesse con quelle di assistenza sociale, di cui all'art. 30 della legge 27 dicembre 1983, n. 730, da porre a carico del fondo sanitario.

     3. Gli artt. 39, 40, 41, 42, 43 e 44 individuano i progetti-obiettivo di cui al comma 1 e le relative attività di carattere socio-assistenziale.

     4. Il piano sanitario regionale di cui alla L.R. 49/1994 prevede progetti-obiettivo elaborati in conformità a quanto stabilito dalla presente legge.

     5. Per la realizzazione delle attività di cui ai commi 1, 2 e 3, il Direttore generale dell'Azienda unità sanitaria locale delega al responsabile di zona di cui all'art. 3, comma 3, della L.R. 49/94, le funzioni previste dall'art. 15, comma 5, della L.R. 1/95.

     6. Per quanto attiene la tipologia delle attività di integrazione socio-sanitaria previste dal presente Titolo V, è fatto riferimento a quanto contenuto nell'art. 30 della legge 27 dicembre 1983, n. 730 [9], richiamato dall'art. 1, comma 4, lett. c) del D.Lgs. n. 502/92, e successive modificazioni, e nei punti 4 e 6 del D.P.C.M. 8 agosto 1985.

 

     Art. 38. Criteri per la gestione delle attività di integrazione socio- sanitaria.

     1. La gestione delle singole attività ovvero di tutte le attività di integrazione socio-sanitaria di cui al presente Titolo V "Attività di integrazione socio-sanitaria", è esercitata secondo il criterio della unicità del soggetto gestore nell'ambito territoriale della zona socio- sanitaria.

     2. Per soggetto gestore si intende i Comuni associati appartenenti ad una stessa zona socio-sanitaria, la Comunità Montana appartenente ad una stessa zona socio-sanitaria, l'Azienda unità sanitaria locale nelle sue articolazioni definite ai sensi dell'art. 3 della L.R. 49/94 e dell'art. 7 della L.R. 28/95.

     3. Le modalità e i contenuti della gestione sono regolati fra le parti mediante accordi di programma o convenzioni ai sensi dell'art. 14. I medesimi accordi o convenzioni esplicitano le modalità di coordinamento fra le attività di integrazione socio-sanitaria di cui ai successivi articoli ed il complesso degli interventi sanitari afferenti a ciascun progetto obiettivo.

     4. Il Consiglio regionale, su proposta della Giunta, approva lo schema tipo di accordo di programma e di convenzione anche ai fini della definizione della forma di cui all'art. 19, commi 4 e 5.

 

     Art. 39. Le attività di integrazione per il recupero e la rieducazione funzionale dei disabili.

     1. Nell'area del recupero e della rieducazione funzionale dei disabili, le attività ad elevata integrazione socio-sanitaria sono tese ad assicurare:

     a) il concorso delle diverse professionalità interessate all'accertamento dell'handicap, ai sensi dell'art. 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché alla formulazione della diagnosi funzionale, dei progetti abilitativi/riabilitativi globali e dei piani individualizzati tesi al massimo recupero delle capacità individuali ed

all'inserimento/reinserimento sociale del soggetto nel proprio contesto sociale;

     b) l'erogazione di attività di assistenza domiciliare socio-sanitaria, la fornitura di particolari ausili per l'autonomia personale, l'assistenza nell'inserimento scolastico preformazione e formazione professionale e inserimento lavorativo, attraverso le risorse necessarie;

     c) il funzionamento di strutture di ospitalità diurne o a tempo pieno, ovvero l'assistenza presso strutture convenzionate, per i soggetti le cui condizioni socio-sanitarie non consentano la permanenza a domicilio, attraverso le risorse necessarie.

     2. L'Azienda unità sanitaria locale, all'interno dell'accordo di programma di cui all'art. 14, assicura quanto di propria competenza in merito alle risorse necessarie per gli interventi di cui al comma 1. Il concorso al costo delle prestazioni per gli interventi di natura sociale, concordati ai sensi dell'accordo di programma e del piano terapeutico individuale, è attivato secondo i criteri di cui all'art. 61.

     3. Per gli interventi di cui al comma 1, lettera c) il Consiglio regionale, su proposta della Giunta, determina la quota capitaria o la retta sanitaria di competenza del fondo sanitario.

 

     Art. 40. Le attività di integrazione per la tutela della salute mentale.

     1. Nell'area della tutela della salute mentale, le attività ad elevata integrazione socio-sanitaria sono volte ad assicurare:

     a) il concorso dei diversi enti e delle diverse professionalità interessate alla formulazione ed attuazione dei programmi di tutela della salute mentale, con particolare riferimento alla prevenzione del disagio mentale;

     b) il concorso dei diversi enti e delle diverse professionalità interessate alla formulazione ed attuazione di programmi e piani di socializzazione e reinserimento sociale di portatori di disturbo psichico che si trovino in condizioni di esclusione sociale, anche in riferimento ai programmi di superamento degli ospedali psichiatrici;

     c) la promozione e la realizzazione di programmi di inserimento o reinserimento lavorativo, anche con la realizzazione di cooperative sociali di cui alla lett. b) del comma 1 dell'art. 1 della legge 381/91;

     d) la promozione dell'autonomia economica ed abitativa, tramite gli ordinari interventi di sostegno del reddito e per l'abitazione;

     e) la socializzazione e lo sviluppo di abilità occupazionali, sia tramite la partecipazione alle attività di tempo libero, di preformazione, di formazione professionale ordinariamente promosse dagli enti componenti, sia tramite specifici interventi o strutture diurne, anche convenzionate;

     f) l'alloggio e l'accudimento domestico ai portatori di disturbo psichico, in condizioni di limitata dipendenza socio-sanitaria, che non possano essere utilmente sostenuti al domicilio personale o familiare, sia tramite gli ordinari interventi e presidi sociali, sia tramite specifici interventi o strutture residenziali, anche convenzionate;

     g) il funzionamento di strutture di ospitalità residenziale o diurna, anche convenzionale, per i soggetti le cui condizioni socio-sanitarie non consentono la permanenza a domicilio.

     2. L'Azienda unità sanitaria locale, all'interno dell'accordo di programma di cui all'art. 14, assicura quanto di propria competenza in merito alle risorse necessarie per gli interventi di cui al comma 1. Il concorso al costo delle prestazioni per gli interventi di natura sociale, concordati ai sensi dell'accordo di programma e del piano terapeutico individuale, è attivato secondo i criteri di cui all'art. 61.

 

     Art. 41. Le attività di integrazione per la prevenzione delle dipendenze e per l'assistenza ai tossicodipendenti ed alcolisti.

     1. Nell'area delle dipendenze, le attività ad elevata integrazione socio-sanitaria sono tese ad assicurare:

     a) il concorso dei diversi soggetti e delle diverse professionalità interessate alla formulazione ed attuazione di progetti per la prevenzione delle dipendenze da sostanze stupefacenti, farmaci e alcoolici;

     b) il concorso dei diversi soggetti e delle diverse professionalità interessate alla formulazione ed attuazione dei programmi e piani di socializzazione e reinserimento sociale dei tossicodipendenti e degli alcolisti;

     c) la promozione e la realizzazione di programmi di inserimento o reinserimento lavorativo, anche con la realizzazione di cooperative sociali di cui alla lett. b) del comma 1 dell'art. della legge 381/91;

     d) il funzionamento di strutture residenziali o diurne, anche convenzionate, finalizzate al reinserimento sociale dei soggetti per i quali tale tipo di trattamento sia ritenuto utile al recupero da parte del competente Servizio per le tossicodipendenze (SERT);

     e) l'applicazione degli standard sui requisiti minimi per il funzionamento delle strutture coinvolte e per il monitoraggio delle attività di cura nei confronti dei tossicodipendenti ed alcolisti.

     2. L'Azienda unità sanitaria locale, all'interno dell'accordo di programma di cui all'art. 14, assicura quanto di propria competenza in merito alle risorse necessarie per gli interventi di cui al comma 1. Il concorso al costo delle prestazioni per gli interventi di natura sociale, concordati ai sensi dell'accordo di programma e del piano terapeutico individuale, è attivato secondo i criteri di cui all'art. 61.

 

     Art. 42. Le attività di integrazione per la salute della donna, la procreazione responsabile e la tutela della maternità e dell'infanzia.

     1. Nell'area della tutela materno-infantile, le attività ad elevata integrazione socio-sanitaria sono tese ad assicurare il concorso dei diversi enti e delle diverse professionalità per la formulazione ed attuazione di programmi finalizzati ad assicurare in particolare:

     a) la consulenza e il sostegno alla donna e alla coppia per la procreazione responsabile e per la piena attuazione della legge 22 maggio 1978, n. 194;

     b) il sostegno, l'informazione e la consulenza volti alla prevenzione degli abusi sui minori e sulle donne, perseguendo:

     b1. il coinvolgimento dei singoli, delle famiglie e delle comunità locali, comprese le rappresentanze delle categorie sociali;

     b2. la corresponsabilizzazione delle strutture scolastiche, dei servizi socio-sanitari e delle strutture educativo-assistenziali, con particolare attenzione agli aspetti educativi e formativi della persona;

     b3. l'individuazione di strumenti e strategie interistituzionali atti a garantire le necessarie sinergie tra gli Enti pubblici e fra questi e gli organismi sociali della comunità locale;

     c) gli interventi sociali e sanitari per la tutela del neonato, bambino e adolescente, intesi come prevenzione dell'handicap, interventi socio-sanitari rispetto alle malattie croniche dell'infanzia e promozione di iniziative volte alla fascia di età adolescenziale;

     d) il funzionamento delle attività consultoriali per la famiglia, per l'adolescenza e per la tutela della salute della donna, con particolare riferimento a quanto previsto dall'art. 2 della legge 194/78.

     2. L'Azienda unità sanitaria locale assicura quanto di propria competenza in merito alle risorse necessarie per gli interventi di cui al comma 1, anche per i "progetti minori e giovani" gestiti dai Comuni.

 

     Art. 43. Le attività di integrazione per la tutela della salute degli anziani.

     1. Nell'area della tutela della salute degli anziani, le attività ad elevata integrazione socio-sanitaria sono tese ad assicurare:

     a) la definizione di un piano individualizzato di intervento basato sul metodo della valutazione da parte della unità valutativa geriatrica (U.V.G.) operante, di norma, a livello di distretto;

     b) il concorso delle diverse professionalità interessate all'accertamento della condizione di non-autosufficienza, ai sensi dell'art. 5 della L.R. 27 marzo 1980, n. 20, ed alla predisposizione e verifica di piani di intervento individualizzati;

     c) l'erogazione di attività di assistenza domiciliare integrata e la fornitura di particolari ausili per l'autonomia personale;

     d) il funzionamento di strutture di ospitalità diurna o a tempo pieno, ovvero l'assistenza presso strutture convenzionate, per i soggetti le cui condizioni di non-autosufficienza non consentano la permanenza a domicilio.

     2. Per gli interventi di cui al comma 1, l'Azienda unità sanitaria locale assicura gli assetti organizzativi necessari e le risorse complessive per le proprie competenze, anche in termini di personale.

     3. Per gli interventi di cui al comma 1, il Consiglio regionale, su proposta della Giunta, determina la quota capitaria di competenza del fondo sanitario regionale, individuando la dotazione di personale e i presidi necessari per garantire le prestazioni adeguate.

     4. Particolari forme di integrazione finanziaria sono assicurate alle strutture di cui al comma 1, lett. d), a favore di soggetti anziani affetti da patologie definite con deliberazione del Consiglio regionale, su proposta della Giunta, sentiti il Consiglio sanitario regionale e la Conferenza sanitaria regionale di cui all'art. 5 [10], commi 5 e 6, della L.R. 49/1994. Tali forme di integrazione sono subordinate all'erogazione di specifiche e rilevabili prestazioni socio-sanitarie aggiuntive rispetto a quelle ordinarie per anziani non autosufficienti e disabili ed al criterio di accoglienza in nuclei di cui all'art. 52, comma 4, lett. d).

 

     Art. 44. Il sistema di telesoccorso e telecontrollo.

     1. Al fine di assistere a domicilio le persone anziane o inabili a grave rischio socio-sanitario, il piano sociale regionale individua e regola forme di attività di prevenzione e tutela tramite strumenti organizzati con il sistema del telesoccorso e telecontrollo, alle quali devono conformarsi anche le iniziative già avviate.

     2. Le attività di telesoccorso e telecontrollo devono valorizzare la piena integrazione tra i servizi pubblici sociali e sanitari e le Associazioni del volontariato e contribuire a realizzare il monitoraggio permanente degli utenti a grave rischio di non autosufficienza.

     3. Le attività sono attuate dalle Aziende unità sanitarie locali su proposta dei servizi sociali e devono coordinarsi con l'organizzazione del dipartimento emergenza urgenza (DEU).

     4. Le attività sono altresì promosse ed attuate dai Comuni sulla base di accordi di programma con le Aziende unità sanitarie locali, al fine di rendere certo il concorso integrato delle competenze sanitarie con quelle sociali e di quelle del volontariato.

     5. L'utenza del servizio di telesoccorso e telecontrollo è individuata tra le persone anziane o inabili parzialmente o totalmente dipendenti e, in via prioritaria, tra quelle che vivono sole o fanno parte di nuclei familiari i cui componenti risultano essere a loro volta persone anziane o inabili. Gli interventi di telesoccorso e telecontrollo devono essere strettamente correlati con i piani individualizzati conseguenti all'applicazione dei criteri propri dell'accertamento di handicap e alla valutazione della condizione di non autosufficienza e relativa presa in carico del soggetto.

 

Titolo VI

GLI INTERVENTI SOCIO-ASSISTENZIALI

 

Capo I

TIPOLOGIE DEGLI INTERVENTI

 

     Art. 45. Epologie e modalità degli interventi socio-assistenziali.

     1. Gli interventi di assistenza sociale sono rivolti ai singoli, al nucleo familiare e a gruppi di cittadini, anche tramite prestazioni di consulenza e sostegno, attraverso servizi integrativi per il mantenimento del cittadino nel proprio nucleo familiare nonché mediante servizi sostitutivi.

     2. Gli interventi socio-assistenziali devono garantire il rispetto delle esigenze della persona, delle sue convinzioni Personali e della sua dignità.

     3. Gli interventi devono emergere da progetti individualizzati e da programmi di intervento globali attraverso i quali predisporre il percorso socio-assistenziale-terapeutico e riabilitativo da proporre al cittadino, tramite l'attivazione di servizi di rete e l'utilizzo di tutte le risorse presenti nel territorio.

     4. I Comuni devono definire tramite propri regolamenti i criteri per l'erogazione dei servizi, i requisiti, le modalità e le procedure per l'accesso agli stessi, le forme di compartecipazione al costo delle prestazioni erogate da parte degli utenti e di coloro che sono tenuti agli alimenti.

     5. Gli interventi di cui al comma 1 sono definiti dai soggetti titolari sulla base di un'analisi integrata dei bisogni e delle problematiche presenti nell'ambito familiare e nel contesto di riferimento nonché sulla base di direttive e procedure specifiche emanate dalla Regione per la costituzione di uffici di pubblica tutela ai sensi dell'art. 70, comma 3, per i soggetti di cui all'art. 3.

     6. La Regione stabilisce con il piano sociale regionale i criteri di indirizzo per l'omogeneità delle prestazioni, con l'individuazione dei livelli minimi garantiti che devono essere attivati su tutto il territorio regionale in conformità di quanto disposto dall'art. 4, comma 2, della L.R. 77/95.

     7. Gli interventi consistono in:

     a) interventi di sostegno economico;

     b) prestazioni di assistenza domiciliare;

     c) prestazioni di assistenza socio-educativa;

     d) interventi di aiuto personale;

     e) interventi socio-terapeutici;

     f) inserimenti lavorativi;

     g) servizi semi-residenziali;

     h) servizi residenziali.

     8. Per gli interventi di cui al comma 7, ad esclusione di quelli di cui alla lettera h), la competenza gestionale e finanziaria spetta al Comune di residenza del cittadino fatto  salvo quanto previsto all'articolo 54.

     9. Per gli interventi di cui al comma 7, lettera h) gli oneri di spesa sono a carico del Comune nel quale il cittadino ha maturato il domicilio di soccorso di cui agli articoli 72 e seguenti della legge 6972/1890.

 

     Art. 46. Interventi di sostegno economico.

     1. Gli interventi di sostegno economico sono finalizzati al soddisfacimento dei bisogni fondamentali del cittadino al fine di promuoverne l'autonomia e superare gli stati di difficoltà.

     2. Al fine di soddisfare i bisogni fondamentali della vita quotidiana, gli interventi di assistenza economica possono avere carattere straordinario, temporaneo o continuativo.

     3. I Comuni disciplinano con apposito regolamento gli interventi di cui al comma 2 nell'ambito dei criteri e priorità definiti dal piano sociale regionale.

     4. I provvedimenti specifici, realizzati a favore di esigenze particolari di assistiti, quali assegni per l'assistenza e cura di anziani non autosufficienti, interventi per la vita indipendente o aiuto personale per persone con gravi disabilità ed altri interventi sono attuati nel rispetto di quanto previsto al precedente comma 3.

 

     Art. 47. Servizi domiciliari e di supporto all'attività domiciliare.

     1. Le prestazioni di assistenza domiciliare sono finalizzate a garantire il soddisfacimento di esigenze personali, domestiche, relazionali, educative/riabilitative di cittadini in temporaneo o permanente stato di non autosufficienza, di dipendenza o emarginazione.

     2. Le prestazioni devono essere attivate secondo un sistema d'interventi integrati del settore e degli altri settori di cui all'articolo 1, comma 1.

     3. I servizi di supporto sono organizzati per facilitare la permanenza del cittadino nel proprio domicilio e sono attivati tramite servizio mensa o forniture di pasti, servizio di lavanderia, podologia e trasporto sociale. Devono essere altresì previsti servizi di supporto consistenti in offerta di prestazioni che afferiscano ai bisogni della vita di relazione.

 

     Art. 48. Assistenza sociale ed educativa.

     1. L'assistenza sociale ed educativa si attua attraverso la consulenza psico-sociale ed educativa e gli interventi di sostegno al singolo, alla famiglia o a gruppi di soggetti a rischio, concordando con gli interessati un progetto volto a contrastare o risolvere situazioni di crisi e a prevenire e superare situazioni di isolamento, di emarginazione o di devianza, mediante il ricorso alle risorse sociali, educative, culturali e ricreative presenti nella comunità locale.

     2. Fermo restando quanto disposto dall'art. 9 della L.R. 53/81 e successive modificazioni, per la realizzazione degli interventi sono predisposti progetti complessivi e sono attivati in collaborazione, secondo la specificità dei casi, con i servizi sanitari, educativi, scolastici, i quali intervengono ciascuno per la propria competenza anche per quanto attiene agli oneri finanziari derivati dagli interventi stessi.

 

     Art. 49. Aiuto personale.

     1. Gli interventi di aiuto personale di cui all'art. 9, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, sono diretti a soggetti in temporanea o permanente grave limitazione dell'autonomia personale non superabile con protesi o ausili tecnici o altre forme di sostegno.

     2. Gli interventi devono essere attuati nel rispetto del principio della libera scelta di cui all'art. 1, comma 4, lett. a), tramite gli strumenti previsti dagli artt. 46, 47  e 48 finalizzati a permettere lo svolgimento delle attività quotidiane, il mantenimento del soggetto nel proprio ambiente di vita e nel superamento di stati di isolamento e emarginazione.

 

     Art. 50. Interventi socio-terapeutici.

     1. Al fine di facilitare e sostenere il percorso d'integrazione sociale nonché per verificare processi di indirizzo di preformazione professionale, sono attivate convenzioni tra gli Enti pubblici e privati per l'inserimento socio-terapeutico di cittadini con ridotte capacità psico-fisiche e non in grado di sostenere una normale attività lavorativa.

     2. Nelle convenzioni di cui al comma 1 sono determinate le modalità e la durata degli inserimenti, i compiti che spettano ai soggetti contraenti. Gli oneri per gli inserimenti fanno carico all'Ente gestore del servizio di assistenza comprensivi del costo del personale per assistenza al soggetto inserito, dell'eventuale gettone di presenza e di altri oneri per assicurazioni di responsabilità civile, di rischi da infortunio e rimborsi spese.

     3. All'Azienda unità sanitaria locale e al Comune fanno carico gli oneri di cui al comma 2, secondo le rispettive competenze terapeutiche ed assistenziali.

 

     Art. 51. Inserimenti lavorativi.

     1. Gli enti titolari delle funzioni assistenziali promuovono percorsi per facilitare l'inserimento lavorativo di cittadini in situazioni di disagio, di emarginazione, di ridotte capacità lavorative, attivando modi di coordinamento con le Province per l'attività formativa.

     2. Ai fini di cui al comma 1 ed in armonia con la legislazione nazionale e regionale in materia, gli interventi consistono in:

     a) attività di orientamento e qualificazione professionale per adolescenti a rischio, soggetti disabili o con problematiche psico-fisiche, soggetti con problematiche di dipendenza per i quali l'inserimento lavorativo sia previsto durante o al termine del trattamento terapeutico, soggetti già istituzionalizzati o in regime di semilibertà;

     b) attuazione di inserimenti di persone con gravi disabilità;

     c) individuazione di strutture produttive idonee e disponibili all'inserimento dei soggetti di cui alle precedenti lettere a) e b);

     d) attivazione e incentivazione degli strumenti previsti dalla normativa nazionale e regionale perla costituzione di cooperative sociali di cui alla legge 381/91, e per l'inserimento di persone disabili.

     3. Per facilitare l'inserimento lavorativo di soggetti con handicap di natura fisica, psichica o sensoriale con diminuzione della capacità lavorativa non inferiore a 2/3, la Regione definisce nel piano sociale regionale le modalità di finanziamento per progetti di orientamento, preformazione, formazione professionale e inserimento lavorativo. A tale fine il piano prevede interventi per le seguenti tipologie:

     a) dotazione di attrezzature ed altre facilitazioni ai soggetti che intendono avviare un lavoro autonomo;

     b) adeguamento del posto di lavoro mediante dotazione di apposite idonee attrezzature o modifica della strumentazione esistente;

     c) facilitazioni, per l'avvio e lo sviluppo, ad imprese costituite in forma societaria, ad esclusione di quelle per azioni, salvo il caso delle cooperative, la cui percentuale di handicappati impiegati non sia inferiore al venti per cento;

     d) copertura totale o parziale delle spese per gli oneri sociali derivanti alle aziende dall'assunzione di handicappati e per contribuzioni assicurative a carico di lavoratori autonomi;

     e) integrazione fino ad un massimo del trenta per cento della retribuzione percepita dai lavoratori dipendenti di cui al punto precedente.

     4. I soggetti attuatori stipulano apposite convenzioni con i singoli, le imprese e le cooperative per stabilire le condizioni a cui è subordinata l'attivazione degli interventi.

 

     Art. 52. Presidi residenziali e semiresidenziali.

     1. I servizi residenziali sono finalizzati all'accoglienza, temporanea o stabile, di persone le cui esigenze assistenziali non possono trovare soluzione adeguata mediante gli altri interventi di cui alla presente legge.

     2. I presidi residenziali e semiresidenziali rivolti ai minori sono:

     a) centro di pronto accoglimento;

     b) casa per la gestante e per la madre con il figlio;

     c) casa di accoglienza per l'infanzia;

     d) comunità a dimensione familiare;

     e) comunità educativa;

     f) pensionato giovanile;

     g) semiconvitto;

     h) centro diurno.

     3. Le tipologie dei servizi di cui al comma 2, sono definite nella risoluzione del Consiglio regionale del 20 marzo 1990 concernente i requisiti di idoneità delle comunità per i minori di cui all'art. 1 della L.R. 16 aprile 1980, n. 28.

     4. I presidi residenziali rivolti ad adulti e anziani sono:

     a) residenze sociali assistite, quali strutture di dimensioni limitate, come comunità alloggio o case famiglia, con organizzazione di tipo familiare dove possono essere previste forme di autogestione per l'accoglienza di adulti o anziani in condizioni di solitudine, emarginazione, devianza o di limitata autonomia;

     b) comunità alloggio protette per ospitalità di adulti in stato di grave dipendenza, quali strutture per piccoli nuclei di persone disabili al fine di garantire l'assistenza negli atti quotidiani, permettere il mantenimento e il potenziamento delle capacità residue, stimolare la partecipazione alla vita sociale, lavorativa e relazionale;

     c) centri residenziali per anziani e adulti inabili con limitati interventi socio-sanitari per l'ospitalità temporanea di anziani autosufficienti e di persone con disabilità;

     d) residenze sanitarie assistenziali (RSA) per ospitalità anche temporanea di persone prevalentemente non autosufficienti. A tali strutture è consentito l'accesso previo accertamento della condizione di non autosufficienza e stato di grave disabilità, e secondo le indicazioni previste dal piano terapeutico individualizzato. Le RSA devono essere organizzate in nuclei sulla base di regolamenti comunali in attuazione della L.R. 28/80, del D.C.P.M. 22 dicembre 1989, del piano sanitario regionale di cui alla deliberazione del Consiglio regionale 21 dicembre 1995, n. 527, parte IV [11], punto 2.4.8., e prevedere l'erogazione di prestazioni socio-sanitarie differenziate per gruppi di tipologie di bisogno e carichi assistenziali.

     5. E' posta a carico dell'Azienda unità sanitaria locale la copertura delle spese di assistenza sanitaria come quota capitaria, da erogarsi presso la struttura residenziale di cui al comma 1, lett. d), secondo i criteri e le valutazioni di qualità definiti dal Consiglio regionale, su proposta della Giunta.

     6. I servizi semiresidenziali comprendono attività assistenziali dirette a gruppi di persone per più ore al giorno e per più giorni alla settimana. Tali servizi in relazione alle caratteristiche dell'utenza, possono integrare gli interventi di assistenza domiciliare ed essere luogo di cura della persona, di socializzazione e di promozione culturale. Sono presidi semiresidenziali:

     a) i centri diurni con valenza educativo-terapeutica e/o riabilitativa per il mantenimento e/o potenziamento delle capacità della persona. In tali centri deve essere prevista l'integrazione con le attività sanitarie specifiche di assistenza alla persona non autosufficiente, infermieristica, psicologica e/o psichiatrica, neuropsichiatrica, riabilitativa;

     b) centri di aggregazione con finalità di socializzazione e organizzazione del tempo libero.

     7. Le modalità organizzative, di erogazione delle prestazioni, di autorizzazione, di vigilanza e controllo nonché di eventuale convenzionamento sono quelle di cui alla L.R. 27 marzo 1980, n. 20 e alla L.R. 28/80.

 

Capo II

DESTINATARI DI INTERVENTI SPECIFICI

 

     Art. 53. Interventi a favore dell'infanzia, dell'adolescenza e dei giovani.

     1. I minori presenti nel territorio della Regione, in quanto considerati tutti detentori di diritti sociali di cittadinanza, sono ammessi agli interventi previsti dalla presente legge. Il piano sociale regionale specifica gli obiettivi dei servizi di assistenza sociale per l'infanzia, adolescenza e giovani e individua le azioni fondamentali rivolte:

     a) alla prevenzione mediante lo sviluppo e il potenziamento delle iniziative educative, ricreative, culturali e sportive in raccordo con i servizi sanitari, le agenzie educative e le risorse presenti nel territorio;

     b) alla responsabilizzazione e al sostegno delle famiglie e della comunità locale;

     c) ad attività di consulenza e sostegno ai minori, agli adolescenti e ai giovani, alle famiglie di origine e alle famiglie affidatarie;

     d) alla soluzione e al soddisfacimento di bisogni dell'adolescente in difficoltà o a rischio di devianza;

     e) ad interventi specifici a seguito di provvedimenti dell'Autorità giudiziaria, per inidoneità temporanea della famiglia, per situazioni di grave rischio sociale e situazioni di abbandono materiale e morale;

     f) al potenziamento e allo sviluppo dell'istituto dell'affidamento di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184 tramite la creazione in ogni zona socio-sanitaria del Centro affidi per il reperimento di famiglie e persone disponibili all'affidamento, la loro selezione e preparazione, la vigilanza sull'andamento dell'affido, l'attività di consulenza a sostegno;

     g) all'attuazione dei provvedimenti previsti dalla legge n. 184/83, in particolare per quanto disposto in ordine allo stato di adottabilità, dell'affidamento preadottivo e dell'adozione;

     h) ad interventi di collaborazione con l'Autorità giudiziaria e con i servizi minorili del Ministero di Grazia e Giustizia in attuazione del DPR 22 settembre 1988, n. 448.

 

     Art. 54. Interventi particolari a tutela dell'infanzia e dell'adolescenza.

     1. Gli interventi a favore dei minori a cui sono stati applicati provvedimenti amministrativi o giudiziari adottati per inidoneità temporanea della famiglia, per situazione di abbandono morale e materiale in attesa di definitiva sistemazione, per l'attuazione delle misure dell'autorità giudiziaria, di cui all'articolo 25 del R.D.L. 20 luglio 1934, n. 1404, sono disposti dall'ente titolare delle funzioni in materia di assistenza sociale, nel cui territorio si manifesta l'esigenza di attuare le misure protettive, o dall'ente gestore delle medesime funzioni.

     2. L'onere per attuazione dei provvedimenti di cui al comma 1 è a carico del Comune di residenza, fatti salvi gli interventi che prevedono affidamento a servizi residenziali di cui all'art. 52, comma 2, per i quali gli oneri di spesa sono determinati ai sensi dell'art. 45, comma 9.

     3. Nel caso in cui non sia conosciuto il Comune di residenza o il Comune in cui il minore ha conseguito il domicilio di soccorso, l'Ente che dispone l'intervento assume provvisoriamente il relativo onere, salvo rivalsa nei confronti del Comune competente.

     4. Nel caso in cui il minore non abbia maturato il domicilio di soccorso in alcun Comune, l'onere per l'attuazione dei provvedimenti di cui al comma 2, nelle forme di cui all'art. 45, comma 9, è a carico del Comune che, ai sensi della stessa norma, ha disposto l'intervento.

     5. Ai fini di cui ai precedenti commi, il domicilio di soccorso si acquista in base a quanto disposto dagli articoli 72 e 74 della legge n. 6972/1890. I minori di diciotto anni seguono il domicilio di soccorso dell'esercente la potestà genitoriale.

     6. Nel caso in cui il minore straniero si trovi nella situazione di non poter usufruire gratuitamente delle prestazioni del servizio sanitario nazionale, l'onere per l'erogazione di tali prestazioni è assunto dall'ente titolare delle funzioni di assistenza sociale competente, ai sensi del comma 1, il quale provvede all'attuazione degli interventi, salvo rivalsa nei confronti dello Stato di cui l'assistito è cittadino, in base alle procedure previste da norme nazionali che regolano i rapporti in materia di assistenza sanitaria con gli Stati esteri.

 

     Art. 55. Interventi a favore dei disabili.

     1. Le azioni a favore delle persone disabili debbono essere rivolte a rimuovere gli ostacoli di tipo culturale, materiale, strutturale per il raggiungimento di ogni possibile livello di autonomia.

     2. Gli interventi debbono avere come finalità l'inserimento sociale in senso ampio, l'integrazione scolastica e lavorativa, la valorizzazione delle capacità.

     3. Le forme assistenziali, da attuarsi sulla base di piani individualizzati di intervento, debbono tradursi in prestazioni che assicurino la costante valorizzazione dell'individuo, il rispetto dei diritti della persona, il sostegno alle cure familiari, alle forme di auto- aiuto e agli interventi per la vita indipendente.

     4. Il ricorso ai servizi residenziali deve scaturire da un coerente piano di intervento che abbia verificato in via prioritaria l'esperibilità di forme alternative di tipo domiciliare e diurno.

     5. Gli interventi ed i livelli di assistenza a favore dei disabili sono definiti dal piano sociale regionale e dal piano sanitario regionale.

 

     Art. 56. Interventi a favore degli immigrati e delle popolazioni nomadi.

     1. Gli interventi in favore degli immigrati non appartenenti all'Unione Europea e delle popolazioni nomadi si svolgono nelle forme e con le modalità previste al Titolo VI "Gli interventi socio-assistenziali" e dalle norme di cui alle LL.RR. 29 marzo 1990, n. 22 e 18 agosto 1995, n. 73 e successive modificazioni.

     2. Fino all'entrata in vigore della nuova legge regionale di riordino degli interventi in materia di immigrazione, le prestazioni assistenziali nel settore dell'informazione, dell'abitazione, dell'integrazione culturale e della valorizzazione delle culture di origine, del diritto allo studio, dell'orientamento e della formazione professionale, degli inserimenti lavorativi, dell'assistenza sociale e sanitaria e della tutela dei minori, si integrano nei piani zonali di cui all'art. 11 e sono definiti dal piano sociale regionale di cui all'art. 9 e dal piano sanitario regionale di cui alla L.R. 49/1994.

 

     Art. 57. Interventi a favore degli anziani.

     1. Le azioni a favore della popolazione anziana sono rivolte fondamentalmente a valorizzare la persona ed a favorire opportunità di reperimento delle risposte adatte a specifici bisogni.

     2. Gli interventi devono determinare condizioni per prevenire la non autosufficienza, mantenere l'anziano nelle famiglie e nel tessuto sociale, assicurare il rispetto dei diritti della persona.

     3. Le prestazioni a regime domiciliare diurno e residenziale debbono rispondere ad un effettivo bisogno della persona, debbono assicurare l'integrazione in senso ampio delle risposte assistenziali e sanitarie nonché costituire supporto e sostegno delle cure familiari.

     4. Gli interventi debbono corrispondere al criterio dell'unità valutativa geriatrica, di cui all'art. 43, comma 1, lett. a), struttura articolata operante nel territorio, alla quale è demandato l'accertamento della condizione della persona ed il piano individuale di intervento. Tali interventi sono definiti dal piano sociale regionale.

 

     Art. 58. Interventi a favore dei detenuti.

     1. Gli interventi a favore dei detenuti si svolgono per garantire la riabilitazione e il reinserimento sociale per tutti i detenuti, favorendo le condizioni per una piena attuazione della legge 26 luglio 1975, n. 354, modificata dalla legge 10 ottobre 1986, n. 663, e successive modificazioni, e del DPR 9 ottobre 1990, n. 309. Gli interventi riguardano, in particolare:

     a) la qualificazione delle attività lavorative interne;

     b) le opportunità lavorative all'esterno;

     c) le attività di socializzazione, culturali, ricreative, motorie all'interno di ogni istituto, ivi comprese le specifiche iniziative per i detenuti extracomunitari;

     d) la realizzazione di strutture per l'accoglienza per favorire la ripresa della semilibertà e i permessi premio.

     2. Gli interventi in materia di lavoro, formazione, attività culturali, assistenza sanitaria, assistenza sociale, si integrano nei piani zonali di cui all'art. 11 e sono definiti dal piano sociale regionale di cui all'art. 9 e dal piano sanitario regionale di cui all'art. 5 della L.R. 49/1994.

 

Capo III

ONERI DEGLI INTERVENTI E SISTEMA DI VALUTAZIONE

 

     Art. 59. Controllo e vigilanza sui servizi di ospitalità per anziani e disabili.

     1. I Servizi di ospitalità per anziani e disabili consistenti in strutture residenziali e semiresidenziali pubbliche o private, sono soggetti alla preventiva autorizzazione al funzionamento e a vigilanza da parte del Comune nel cui territorio sono ubicati, sulle base delle vigenti norme statali e regionali, nonché dei regolamenti comunali. In ogni Azienda unità sanitaria locale è istituita la Commissione tecnica di vigilanza e controllo sulle strutture di ospitalità per anziani e adulti inabili in quanto presidi socio-sanitari. E' compito di tale commissione esprimere pareri al Comune competente per territorio in ordine alle richieste di autorizzazione al funzionamento delle predette strutture e svolgere attività sistematica e periodica di vigilanza e controllo in ordine al mantenimento dei requisiti necessari al funzionamento.

     2. La Commissione di vigilanza e controllo sulle strutture di ospitalità per anziani e adulti disabili organizza la propria attività con il concorso di tutte le competenze professionali specifiche ed è coordinata da un responsabile di Unità Operativa o di Area funzionale del Dipartimento di assistenza sociale.

 

     Art. 60. Idoneità e vigilanza dei servizi residenziali e semiresidenziali per minori.

     1. Il Sindaco del Comune competente per territorio esercita le funzioni di autorizzazione al funzionamento e vigilanza sui servizi residenziali e semiresidenziali pubblici e privati per minori.

     2. Per lo svolgimento delle funzioni indicate al comma 1, il Sindaco si avvale del parere tecnico formulato dalla commissione di idoneità e vigilanza sui servizi residenziali e semiresidenziali per minori costituita presso ogni Azienda unità sanitaria locale o zona socio-sanitaria in raccordo con i Comuni, come previsto dalla risoluzione del Consiglio regionale del 20 marzo 1990.

     3. La Commissione di vigilanza e controllo sulle strutture di ospitalità sui servizi residenziali e semiresidenziali per minori organizza la propria attività con il concorso di tutte le competenze professionali specifiche ed è coordinata da un responsabile indicato dal Comune in accordo con l'Azienda unità sanitaria locale.

 

     Art. 61. Concorso al costo delle prestazioni.

     1. I servizi socio-assistenziali, ai sensi dell'art. 22 del D.P.R. n. 616/77, possono essere forniti in modo gratuito ovvero con contribuzione da parte dell'utente.

     2. Gli utenti o le persone tenute al loro mantenimento concorrono alla copertura del costo delle prestazioni socio-assistenziali nella percentuale determinata dagli Enti locali istituzionalmente competenti, sui quali grava l'onere della spesa, in base a criteri ed a parametri di reddito stabiliti dal piano sociale regionale e dai rispettivi regolamenti in conformità di quanto previsto dall'art. 35, comma 3.

     3. Agli utenti ospiti di strutture residenziali deve essere comunque sempre garantita la conservazione di una quota di pensione o di reddito per il soddisfacimento delle esigenze personali.

     4. La competenza in materia di oneri di spesa investe gli Enti locali che per residenza degli utenti o per il carattere indifferibile degli interventi definiscono l'ammissione alle prestazioni.

     5. I ricoveri in strutture residenziali, che non siano definiti al loro insorgere dagli Enti locali, non determinano oneri di spesa per questi ultimi. Spetta agli stessi Enti locali che ricevono la domanda, verificare, per competenza propria, la sussistenza del bisogno o specificare una diversa competenza per l'esame della richiesta e l'ammissione alle prestazioni.

 

     Art. 62. Controllo e vigilanza sulla realizzazione del piano sociale regionale e dei progetti.

     1. Il piano sociale regionale di cui all'art. 9 definisce le strutture e le responsabilità, i metodi e le procedure relativi al sistema di controllo, alle attività di valutazione e alla vigilanza sull'attuazione del piano stesso.

     2. In tale ambito sono definite le procedure e le modalità per la selezione dei singoli progetti e delle azioni, ivi compresi i metodi e i criteri operativi di selezione.

 

Titolo VII

ORGANIZZAZIONE DELLE STRUTTURE REGIONALI

E NORME SUL PERSONALE DEI SERVIZI

 

     Art. 63. La Commissione regionale per le politiche sociali.

     1. E' costituita la Commissione regionale per le politiche sociali, di seguito chiamata Commissione.

     2. La Commissione ha funzioni consultive per il Consiglio e per la Giunta regionale in materia di leggi e di atti di programmazione nel settore socio-assistenziale. In particolare:

     a) esprime parere obbligatorio sulle proposte di legge di settore e sulle deliberazioni di approvazione del piano sociale regionale;

     b) formula proposte nelle stesse materie;

     c) promuove iniziative di conoscenza dei fenomeni sociali di interesse regionale, sviluppando anche iniziative tematiche.

     3. La Commissione è composta da un numero di membri come determinato ai sensi del comma 4 ed è nominata con decreto del Presidente della Giunta regionale. La Commissione resta in carica fino alla scadenza della legislatura regionale.

     4. Ai fini della nomina dei membri della Commissione, alla Giunta regionale sono trasmesse le designazioni dei rappresentanti dei seguenti enti o organismi, secondo il numero a fianco di ciascuno indicato:

     a) n. 1 rappresentante per ciascuno degli Ordini professionali dei medici, degli assistenti sociali e degli psicologi;

     b) n. 1 rappresentante dei medici di medicina generale;

     c) n. 3 rappresentanti delle Organizzazioni del volontariato;

     d) n. 2 rappresentanti dell'Associazionismo;

     e) n. 2 rappresentanti delle Cooperative sociali;

     f) n. 3 rappresentanti delle Organizzazioni sindacali generali dei lavoratori maggiormente rappresentative;

     g) n. 4 rappresentanti delle Organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative;

     h) n. 4 rappresentanti delle Associazioni delle categorie-economiche;

     i) n. 3 rappresentanti di Associazioni di tutela dei diritti del cittadino e dell'utente dei servizi;

     l) n. 4 rappresentanti di Associazioni che svolgono attività di tutela degli handicappati e invalidi;

     m) n. 4 rappresentanti delle Collettività di immigrati extracomunitari costituite in associazioni regionali;

     n) n. 3 rappresentanti delle categorie dei pensionati;

     o) n. 3 rappresentanti dei Soggetti di natura privata che erogano servizi e interventi di assistenza ai sensi della presente legge.

     5. Le designazioni di cui al comma 4 devono pervenire entro trenta giorni dalla richiesta inviata dalla Giunta regionale.

     6. L'Assessore alle politiche sociali della Giunta regionale, o suo delegato, svolge le funzioni di Presidente. La Commissione elegge nel suo seno il Vice Presidente, a maggioranza degli aventi diritto al voto. Sono membri di diritto l'Assessore al "diritto alla salute" della Giunta regionale e il Difensore Civico della Regione Toscana.

     7. L'articolazione organizzativa della Commissione, prevista anche in sottocommissioni per la trattazione di specifiche tematiche, e le sue modalità di funzionamento sono stabilite con deliberazione del Consiglio regionale da adottarsi, su proposta della Giunta, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge. Tale deliberazione consiliare disciplina:

     a) le sottocommissioni che si occupano di settori specifici di cui alla presente legge;

     b) i rappresentanti di cui al comma 4 che entrano a far parte delle sottocommissioni;

     c) gli ulteriori altri soggetti che entrano a far parte delle sottocommissioni;

     d) le competenze e le modalità di funzionamento delle

sottocommissioni;

     e) forme di rimborso spese per i membri della Commissione e delle sottocommissioni.

     8. I pareri di cui al comma 2, sono espressi dalla Commissione entro il termine di quaranta giorni dal ricevimento della richiesta, trascorso il quale i provvedimenti possono essere in ogni caso adottati.

     9. La Commissione assume le funzioni previste per le consulte e commissioni già istituite ai sensi della L.R. 23 marzo 1990, n. 22 "Interventi a sostegno dei diritti degli immigrati extracomunitari in Toscana", della L.R. 9 aprile 1990, n. 36 "Promozione e sviluppo dell'associazionismo", della L.R. 28 gennaio 1994, n. 13 "Disciplina dei rapporti tra le cooperative sociali e gli enti pubblici che operano nell'ambito regionale", della L.R. 26 aprile 1993, n. 28 "Norme relative ai rapporti delle organizzazioni di volontariato con la Regione, gli Enti locali e gli altri enti pubblici - Istituzione del registro regionale delle organizzazioni del volontariato", nonché della deliberazione della Giunta regionale 1 luglio 1996, n. 798 "Consulta regionale degli anziani: costituzione" e della deliberazione del Consiglio regionale 24 marzo 1992, n. 168, paragrafo n. 5.7.

     10. La Commissione assume le funzioni della Consulta regionale degli invalidi e handicappati, già istituita ai sensi della L.R. 9 aprile 1985, n. 32.

     11. Le Consulte di cui alle LL.RR. 9 aprile 1990, n. 36, 26 aprile 1993, n. 28 e 28 gennaio 1994, n. 13 restano in carica per i compiti consultivi attinenti a materie diverse dalle attività socio-assistenziali.

     12. La Giunta regionale provvede con propria deliberazione alla messa a disposizione della Commissione di una sede idonea nonché del materiale indispensabile per lo svolgimento dei compiti ad essa assegnati. I compiti di segreteria della Commissione ed il raccordo con gli uffici regionali sono assicurati dalla competente articolazione organizzativa della Giunta regionale.

 

     Art. 64. L'Osservatorio sociale regionale.

     1. L'Osservatorio sociale regionale è funzione operativa finalizzata all'osservazione, all'analisi ed alla previsione dei fenomeni sociali ed alla diffusione delle conoscenze e delle elaborazioni.

     2. I compiti dell'Osservatorio sociale regionale sono:

     a) fornire elementi utili per la valutazione di efficacia delle politiche sociali, promosse dalla Regione ed attuate dagli Enti locali e dal terzo settore, e per la progettazione di nuove politiche;

     b) utilizzare dati sulla struttura della popolazione regionale, sui fenomeni sociali, sui bisogni reali e sulle risorse provenienti dai sistemi informativi attivati e dall'ufficio di statistica regionale;

     c) realizzare la sistematizzazione e la integrazione dei dati e curare la loro diffusione con uso di tecnologie informatiche;

     d) fornire elementi di conoscenza metodica delle impostazioni e delle modificazioni che intervengono nella organizzazione della gestione dei servizi pubblici e privati;

     e) svolgere analisi mirate su specifici fenomeni sociali.

     3. In conformità di quanto disposto dall'art. 6, comma 1, lett. e), le Province operano per affermare l'integrazione tra le politiche sociali dei Comuni e quelle di area vasta di competenza delle Province stesse.

     4. La Giunta regionale costituisce l'Osservatorio sociale regionale articolato a livello provinciale. Le Province provvedono al funzionamento nel loro ambito provinciale e ne curano la struttura organizzativa.

     5. L'Osservatorio sociale regionale svolge i propri compiti anche in collaborazione con la struttura regionale competente in materia di epidemiologia sanitaria.

     6. Nell'ambito dell'attività dell'Osservatorio sociale regionale, la Regione e la Provincia si avvalgono di enti e organismi di studio esistenti. Possono altresì avvalersi di enti e soggetti con competenze e capacità specifiche per la realizzazione di progetti di studio e di ricerca.

     7. La Giunta regionale informa annualmente il Consiglio regionale sulle attività e sulle iniziative dell'Osservatorio sociale regionale.

 

     Art. 65. Responsabilità delle unità operative e dell'area funzionale di zona.

     1. [12].

     2. In sede di prima applicazione della presente legge, la responsabilità di unità operativa e di area funzionale può essere affidata anche ad operatori che abbiano svolto funzioni di coordinatore dei servizi sociali o responsabili di unità operativa nelle preesistenti Unità sanitarie locali confluite nell'Azienda unità sanitaria locale.

     3. Ai Responsabili di Unità Operativa e ai responsabili nominati ai sensi della L.R. 42/92 è riconosciuta un'indennità di funzione la cui entità è determinata con provvedimento della Giunta regionale previo parere della Conferenza sanitaria integrata di cui all'art. 13 che si pronuncia, a pena di decadenza, entro venti giorni dalla richiesta. Gli oneri per la corresponsione di tale indennità sono ripartiti in uguale misura tra l'Azienda unità sanitaria locale ed i Comuni che abbiano attuato la delega delle attività o che gestiscono il servizio secondo quanto previsto dall'art. 19, comma 3. Tali indennità sono erogate dall'Ente gestore.

     4. La Giunta regionale, nei termini di cui all'art. 70, comma 2, presenta al Consiglio una proposta di legge al fine di apportare le necessarie integrazioni all'art. 15 della L.R. 2 gennaio 1995, n. 1.

     5. Nel rispetto delle norme di cui al Titolo III del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, la Giunta regionale convoca le Organizzazioni sindacali per i fini di cui al comma 3.

 

Titolo VIII

NORME FINALI

 

     Art. 66. Garanzie nei rapporti fra pubblico e privato.

     1. Qualunque rapporto instaurato ai sensi della presente legge tra Enti pubblici e privati deve rispettare i contratti collettivi nazionali di lavoro e lo "Statuto dei diritti dei lavoratori" di cui alla legge 20 maggio 1970, n. 300 e successive modificazioni.

 

     Art. 67. Abrogazioni.

     1. Sono abrogate le seguenti disposizioni e leggi regionali:

     a) il Titolo III della L.R. 7 aprile 1976, n. 15 "Interventi in materia di assistenza sociale e delega di funzioni agli enti locali";

     b) l'articolo 3 della L.R. 12 agosto 1976, n. 45 "Finanziamenti integrativi per l'esercizio delle funzioni delegate in materia di assistenza sociale";

     c) la L.R. 6 settembre 1982, n. 73 "Interventi di preformazione professionale e per l'inserimento al lavoro delle persone handicappate";

     d) l'articolo 10 della L.R. 31 dicembre 1982, n. 96 "Procedure amministrative per l'estinzione delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza";

     e) la L.R. 9 aprile 1985, n. 32 "Istituzione della Consulta regionale degli Invalidi e degli Handicappati";

     f) la L.R. 2 maggio 1985, n. 42 "Iniziative dirette alla piena integrazione sociale dei soggetti colpiti da minorazioni psichiche e fisiche. Erogazione di provvidenze a favore delle associazioni ed enti di promozione, tutela e assistenza agli invalidi";

     g) la L.R. 26 agosto 1988, n. 63 "Norme transitorie per l'adeguamento dei criteri di erogazione dell'assegno di incollocamento agli invalidi del lavoro per l'anno 1988", e successive modificazioni;

     h) gli articoli 3, 4, 6, 7 e 8 della L.R. 22 marzo 1990, n. 22 "Interventi a sostegno dei diritti degli immigrati extracomunitari in Toscana";

     i) la L.R. 31 marzo 1990, n. 29 "Modifiche ed integrazioni alle LL.RR. 19 dicembre 1979, n. 63 e 26 maggio 1986 n. 26 concernenti l'ordinamento delle Unità Sanitarie Locali";

     l) la L.R. 31 marzo 1990, n. 35 "Attività di telesoccorso e telecontrollo";

     m) la L.R. 2 settembre 1992, n. 42 "Esercizio delle funzioni in materia di assistenza sociale", e successive modifiche ed integrazioni, con esclusione degli articoli 13 e 14, come sostituiti dalla della L.R. 28 marzo 1996, n. 25;

     n) la L.R. 21 dicembre 1995, n. 108 "Norme a favore della popolazione anziana non autosufficiente".

 

     Art. 68. Norma finanziaria.

     1. E' istituito nel bilancio della Regione un fondo destinato al finanziamento dei servizi e delle attività socio-assistenziali per il conseguimento delle finalità contenute nella presente legge.

     2. La legge di bilancio per l'esercizio 1998 prevede l'iscrizione nel bilancio regionale dei pertinenti unici capitoli in corrispondenza dei finanziamenti statali e regionali.

 

     Art. 69. Norma transitoria.

     1. Il piano sociale regionale di cui all'art. 9, in sede di prima applicazione della presente legge, è presentato dalla Giunta regionale al Consiglio entro il 31 marzo 1998 per la sua approvazione in conformità alle disposizioni di cui all'art. 10.

     2. In sede di prima applicazione della presente legge, ai fini di cui al comma 1, i Comuni trasmettono alla Giunta regionale, entro il 31 gennaio 1998, la dichiarazione sulle modalità di gestione di cui all'art. 7. La Giunta regionale esperisce le procedure di cui all'art. 10, comma 1 entro il 1° marzo 1998.

     3. Entro il 31 dicembre 1998, i soggetti attuatori dei servizi di cui al Titolo VI "Gli interventi socio-assistenziali" già operanti al momento dell'entrata in vigore della presente legge, sono tenuti ad adeguarsi agli standard previsti richiedendo l'autorizzazione. Trascorso inutilmente detto termine le autorizzazioni si intendono decadute.

     4. Le procedure di programmazione previste dalla L.R. 26 marzo 1997, n. 24 restano in vigore fino al 31 marzo 1998.

     5. I procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge e disciplinati dalle norme abrogate dall'art. 67 sono portati a compimento ai sensi delle stesse.

 

          Art. 70. Norma finale.

     1. La Giunta regionale, entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, presenta al Consiglio una proposta di legge al fine di individuare tipologie omogenee e ambiti distrettuali adeguati per dimensione e qualità sull'intero territorio regionale, tenendo conto delle peculiarità e delle particolari esigenze delle isole e dei territori montani.

     2. La Giunta regionale, entro dodici mesi dall'entrata in vigore della presente legge, presenta al Consiglio una proposta di legge, anche modificativa della L.R. 1/95, per l'adeguamento degli assetti organizzativi ai principi e ai contenuti previsti dalla presente legge, correlando gli stessi allo sviluppo e al consolidamento del molo e del funzionamento delle Aziende sanitarie.

     3. La Giunta regionale, entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, presenta al Consiglio una proposta di legge con la quale si prevede l'istituzione dell'Ufficio di pubblica tutela da attivare a livello regionale, con sedi decentrate in ciascuna zona socio-sanitaria, coordinando la disciplina con le disposizioni contenute nell'art. 3 del DPCM 19 maggio 1995 [13] recante "Schema generale della Carta dei servizi" così come attivate con le normative regionali e con le norme di cui alla L.R. 12 gennaio 1994, n. 4 "Nuova disciplina del Difensore Civico", al fine di perseguire i seguenti obiettivi:

     a) la tutela socio-assistenziale dei diritti delle persone dichiarate incapaci e dei minori, anche in collegamento con le norme di cui all'art. 53, comma 1, lett. f) e dell'art. 54;

     b) la tutela e la curatela di minori e di persone interdette o inabilitate, in collaborazione con l'Autorità giudiziaria competente;

     c) la vigilanza sulle forme assistenziali, sui rischi, sugli abusi alla persona;

     d) il reperimento dei tutori e attività di consulenza;

     e) la promozione di attività di prevenzione sociale e di sensibilizzazione;

     f) la segnalazione di abusi o di bisogni.

 

 

SOMMARIO

 

Titolo I

PRINCIPI ISPIRATORI E DISPOSIZIONI GENERALI

 

Art. 1. Finalità.

Art. 2. Il sistema socio-assistenziale e i suoi obiettivi.

Art. 3. Gli utenti.

Art. 4. Diritto all'informazione e interventi di promozione sociale.

 

Titolo II

SOGGETTI, PROGRAMMAZIONE E ORGANIZZAZIONE

 

Capo I

SOGGETTI ISTITUZIONALI

 

Art. 5. La Regione.

Art. 6. La Provincia.

Art. 7. Il Comune.

Art. 8. La Comunità Montana.

 

Capo II

STRUMENTI E PROCEDURE DELLA PROGRAMMAZIONE

 

Art. 9. II piano integrato sociale regionale.

Art. 10. Elaborazione ed approvazione del piano sociale regionale.

Art. 11. Il piano zonale di assistenza sociale.

Art. 12. La Conferenza di zona per l'assistenza sociale e modifiche alla L.R. 29 giugno 1994, n. 49.

Art. 13. Conferenza sanitaria regionale integrata e modifiche all'art. 5 della L.R. 29 giugno 1994, n. 49.

Art. 14. Definizione degli accordi di programma e delle convenzioni.

Art. 15. Incentivi per la forma associata tra Comuni.

Art. 16. Ripartizione del fondo regionale per l'assistenza sociale.

Art. 17. Criteri per la parametrazione del fondo.

 

Capo III

ORGANIZZAZIONE TERRITORIALE

 

Art. 18. Le Aziende unità sanitarie locali.

Art. 19. La zona socio-sanitaria.

Art. 20. II distretto socio-sanitario

Art. 21. Le Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza (IPAB).

 

Titolo III

LE RETI DI PROTEZIONE SOCIALE

 

Art. 22. Le famiglie.

Art. 23. II volontariato.

Art. 24. La cooperazione sociale.

Art. 25. Altri soggetti del privato sociale.

Art. 26. Le organizzazioni private.

Art. 27. Promozione delle attività di informazione, di partecipazione e di mutualità.

 

Titolo IV

POLITICHE SOCIALI INTEGRATE

 

Art. 28. Obiettivi e strumenti delle politiche sociali integrate.

Art. 29. Politiche per la casa e per il territorio.

Art. 30. Azioni per il diritto allo studio.

Art. 31. Azioni per la formazione e l'orientamento professionale

Art. 32. Politiche per l'occupazione.

Art. 33. Politiche per l'immigrazione.

Art. 34. Politiche per l'infanzia, l'adolescenza e i giovani.

Art. 35. Politiche a favore degli anziani.

Art. 36. Politiche per l'accessibilità alle strutture e al territorio.

 

Titolo V

ATTIVITA' DI INTEGRAZIONE SOCIO-SANITARIA

 

Art. 37. Le attività ad elevata integrazione socio-sanitaria.

Art. 38. Criteri per la gestione delle attività di integrazione socio-sanitaria.

Art. 39. Le attività di integrazione per il recupero e la rieducazione funzionale dei disabili.

Art. 40. Le attività di integrazione per la tutela della salute mentale.

Art. 41. Le attività di integrazione per la prevenzione delle dipendenze e per l'assistenza ai tossicodipendenti ed alcolisti.

Art. 42. Le attività di integrazione per la salute della donna, la procreazione responsabile e la tutela della maternità e dell'infanzia.

Art. 43. Le attività di integrazione per la tutela della salute degli anziani.

Art. 44. II sistema di telesoccorso e telecontrollo.

 

Titolo VI

GLI INTERVENTI SOCIO-ASSISTENZIALI

 

Capo I

TIPOLOGIE DEGLI INTERVENTI

 

Art. 45. Tipologie e modalità degli interventi socio-assistenziali.

Art. 46. Interventi di sostegno economico.

Art. 47. Servizi domiciliari e di supporto all'attività domiciliare.

Art. 48. Assistenza sociale ed educativa.

Art. 49. Aiuto personale.

Art. 50. Interventi socio-terapeutici.

Art. 51. Inserimenti lavorativi.

Art. 52. Presidi residenziali e semiresidenziali.

 

Capo II

DESTINATARI DI INTERVENTI SPECIFICI

 

Art. 53. Interventi a favore dell'infanzia, dell'adolescenza e dei giovani.

Art. 54. Interventi particolari a tutela dell'infanzia e dell'adolescenza.

Art. 55. Interventi a favore dei disabili.

Art. 56. Interventi a favore degli immigrati e delle popolazioni nomadi.

Art. 57. Interventi a favore degli anziani.

Art. 58. Interventi a favore dei detenuti.

 

Capo III

ONERI DEGLI INTERVENTI E SISTEMA DI VALUTAZIONE

 

Art. 59. Controllo e vigilanza sui servizi di ospitalità per anziani e adulti inabili.

Art. 60. Idoneità e vigilanza dei servizi residenziali e semiresidenziali per minori.

Art. 61. Concorso al costo delle prestazioni.

Art. 62. Controllo e vigilanza sulla realizzazione del piano sociale regionale e dei progetti.

 

Titolo VII

ORGANIZZAZIONE DELLE STRUTTURE REGIONALI

E NORME SUL PERSONALE DEI SERVIZI

 

Art. 63. La Commissione regionale per le politiche sociali.

Art. 64. L'Osservatorio sociale regionale.

Art. 65. Responsabilità delle unità operative e dell'area funzionale di zona.

 

Titolo VIII

NORME FINALI

 

Art. 66. Garanzie nei rapporti fra pubblico e privato.

Art. 67. Abrogazioni.

Art. 68. Norma finanziaria.

Art. 69. Norma transitoria.

Art. 70. Norma finale.


[1] Legge abrogata dall’art. 65 della L.R. 24 febbraio 2005, n. 41, con le eccezioni ivi previste.

[2] Lettera aggiunta dall’art. 18 della L.R. 9 dicembre 2002, n. 42.

[3] Aggiunge l'art. 6 bis alla L.R. 29 giugno 1994, n. 49.

[4] Sostituisce l'art. 6, comma 7, della L.R. 29 giugno 1994, n. 49.

[5] Aggiunge i commi 6 bis e 6 ter all'art. 5 della L.R. 29 giugno 1994, n. 49.

[6] Così rettificato con avviso pubblicato nel B.U. 13 maggio 1998, n. 17.

[7] Sostituisce l'art. 2, comma 2, della L.R. 29 giugno 1994, n. 49.

[8] Articolo abrogato dall’art. 35 della L.R. 3 agosto 2004, n. 43.

[9] Così rettificato con avviso pubblicato nel B.U. 13 maggio 1998, n. 17.

[10] Così rettificato con avviso pubblicato nel B.U. 13 maggio 1998, n. 17.

[11] Così rettificato con avviso pubblicato nel B.U. 13 maggio 1998, n. 17.

[12] Sostituisce l'art. 13, comma 4, della L.R. 2 settembre 1992, n. 42.

[13] Così rettificato con avviso pubblicato nel B.U. 13 maggio 1998, n. 17.