§ 1.6.68 - Circolare Ass. 7 agosto 1986, n. 6.
L.R. 6 marzo 1986, n. 9. Istituzione della provincia regionale.


Settore:Codici regionali
Regione:Sicilia
Materia:1. assetto istituzionale e organi statutari
Capitolo:1.6 enti locali: ordinamento
Data:07/08/1986
Numero:6

§ 1.6.68 - Circolare Ass. 7 agosto 1986, n. 6.

L.R. 6 marzo 1986, n. 9. Istituzione della provincia regionale.

(G.U.R. 30 agosto 1986, n 44).

 

     Con la L. 6 marzo 1986, n. 9, pubblicata nel supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n. 11 dell'8 marzo 1986, il legislatore siciliano ha attuato modifiche rilevanti sul piano istituzionale, organizzativo e di assetto funzionale dell'amministrazione locale, modifiche queste che di seguito si sintetizzano; interpretando le norme che le riguardano.

 

Modifiche istituzionali.

 

     Le modifiche istituzionali riguardano:

     I) i caratteri dell'amministrazione ed i criteri dell'azione amministrativa;

     II) il completamento dell'organizzazione territoriale con l'istituzione della provincia regionale;

     III) il decentramento di funzioni amministrative regionali alle province;

     IV) l'inizio del riordino dei poteri locali.

     I) Gli artt. 1 e 2 (titolo I) della legge, che di seguito si riportano, enunciano i principi che devono condizionare, sotto il profilo quindi della legittimità degli stessi, gli atti e le norme materiali degli enti, nonché i criteri dell'azione amministrativa:

     «Articolo 1. Principi generali.

     L'attività della Regione, degli enti locali territoriali e degli enti da essi dipendenti è ispirata ai principi di autonomia, di decentramento, di partecipazione ed al metodo della programmazione.

     Gli enti locali partecipano alla formazione della programmazione economica e sociale regionale e ne attuano gli obiettivi.

     Articolo 2. Criteri dell'azione amministrativa.

     L'azione amministrativa è svolta secondo criteri di partecipazione dei cittadini e delle formazioni sociali ai procedimenti amministrativi, di imparzialità, di razionalità ed immediatezza nelle procedure, al fine di realizzare il buon andamento e l'efficienza dei servizi.

     La Regione e gli enti locali territoriali svolgono le proprie funzioni osservando i principi della pubblicità degli atti in ogni fase dei procedimenti amministrativi, salvo particolari eccezioni espressamente previste dalla legge.

     Essi disciplinano mediante atti generali, in attuazione della legge, le forme della pubblicità dei propri provvedimenti, nonché i modi di accesso del pubblico alla loro conoscenza».

     Le disposizioni degli articoli 8, 11, che riguardano le funzioni di programmazione economico sociale delle province regionali, concretano da un lato la partecipazione dei comuni e delle province alla programmazione regionale, dall'altro, la partecipazione comunale nonché di altre forze sociali, organismi, soggetti pubblici e privati, operanti nel territorio della provincia, alla programmazione settoriale introdotta. Nell'ottica di tale programmazione (integrata con quella regionale), si rileva, trovano logica previsione le peculiari competenze urbanistiche attribuite alle province regionali dall'art. 12 della legge, competenze che interferiscono su quelle dei comuni aggregati.

     Gli atti riguardanti dette competenze urbanistiche e quelle del successivo art. 21 della legge restano soggetti, sistematicamente per la refluenza oggettiva degli stessi, alla speciale approvazione dell'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente, avente competenza generale di esame e di coordinamento nel settore.

     Trattasi di nuove competenze, quelle richiamate, il cui esercizio viene demandato anche alle attuali amministrazioni straordinarie provinciali [2° comma, art. 38 della legge], ma la carenza del nuovo assetto istituzionale degli enti locali (rinviato dagli articoli 5 e 6 della legge all'anno 1987), nonché della programmazione regionale, affievolisce la cogenza dell'esercizio delle stesse.

     I successivi articoli 22 e 23 della legge, riguardanti lo statuto della provincia regionale e il suo procedimento di formazione, riaffermano il principio della partecipazione dei comuni singoli o associati, nonché i modi e le forme della partecipazione popolare e di controllo sull'attività di tale ente. Ad analogo principio di partecipazione popolare e di controllo, per quanto riguarda i comuni, si richiama il disposto del 2° comma dell'art. 198-bis dell'O.E.L., introdotto con l'art. 56 della legge. Condizione indispensabile, si aggiunge, per tale partecipazione popolare sono i diritti di visione degli atti e di informazione per i cittadini sanciti con il medesimo art. 198-bis, 1° comma, dell'O.E.L. (cfr. anche art. 25 della L. 27 dicembre 1985, n. 816).

     I mezzi previsti dall'art. 22 della legge (referendum, iniziativa popolare ed altri strumenti di consultazione e di democrazia diretta) ricalcano però quelli della L.R. 11 dicembre 1976, n. 84 (cfr. articoli 13 e 16) e necessitano di specifica esplicazione legislativa per quanto riguarda, in particolare, il referendum abrogativo (manca al riguardo peraltro norma statale di riferimento).

     II) In attuazione dell'art. 15 dello Statuto della Regione, viene istituita la provincia regionale (titolo 2° della legge). La nuova provincia conserva la connotazione associativa dei comuni, ma rimarca necessariamente, in linea con l'evoluzione dottrinaria di interpretazione dei principi costituzionali circa l'ordinamento degli enti locali e l'attuazione dello Stato sociale, le componenti essenziali del territorio e di polo di direzione (che comporta l'individuazione fisica del centro operativo: il capoluogo) per lo sviluppo economico-sociale delle comunità che racchiude, per la formazione ed attuazione della programmazione regionale, per la razionale organizzazione delle strutture dei servizi e per l'attuazione del decentramento regionale ed anche statale.

     Sono state quindi abrogate, in quanto ormai superate e peraltro inattuabili le disposizioni del capo I del titolo 2° dell'O.E.L. (cfr. art. 61 della legge: abrogazione artt. 12, 23 dell'O.E.L.).

     La legge stabilisce i requisiti o caratteri (art. 4 e 3° comma art. 5) e le modalità di costituzione (articoli 5 e 6) delle nuove province regionali. In merito, si evidenzia:

     a) le delibere consiliari comunali di promozione devono essere adottate, nel corso del primo semestre dell'anno 1987, con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati, in deroga all'art. 184 dell'O.E.L.;

     b) devono riguardare una proposta in linea con i caratteri della provincia regionale, ma il riscontro tutorio sulle delibere adottate, «è esclusivamente di legittimità sulla regolarità delle adunanze e delle votazioni dei consigli comunali»;

     c) la mancata adozione di determinazioni consiliari nel periodo suindicato equivale a proposta di assenso tacito «di costituirsi in libero consorzio con i comuni ricadenti entro l'ambito territoriale della disciolta provincia e con il medesimo capoluogo, sempreché sussistano i requisiti di cui all'art. 4 ed al 3 comma del presente articolo» [5 della legge];

     d) la proposta legislativa di costituzione delle province demandata all'esecutivo, tenendo conto delle proposte e del silenzio assenso dei comuni dell'Isola.

     La struttura del nuovo ente sul piano organico e di controllo interorganico continua ad essere disciplinata con legge (cfr. disposizioni capo II del titolo V della legge, che sostituiscono gli articoli 130, 131, 132, 133, 139, 141, 141-bis, 143, 1° comma, 147, 148, 149, 150, 151, 152, 154, 155, 157 e 158 dell'O.E.L. abrogati, nonché le disposizioni del titolo V e quelle applicabili di altri titoli dell'O.E.L. rimaste in vigore). Ciò evidenzia gli spazi residuali dello statuto della provincia previsto dall'art. 22 della legge (cfr. anche successivo art. 24 in tema di potestà regolamentare).

     Lo statuto, invero, oltre sotto gli aspetti evidenziati nel punto I, assume rilievo, in linea con la connotazione associativa, dei comuni, sotto l'aspetto del perseguimento particolare di finalità e di interessi sovracomunali del territorio e delle utenze di pertinenza.

     iii) L'art. 13 della legge elenca le funzioni amministrative della provincia regionale specificando i seguenti settori d'intervento:

     1) servizi sociali e culturali;

     2) sviluppo economico;

     3) organizzazione del territorio e tutela dell'ambiente.

     L'ultimo comma dell'articolo completa sul piano sistematico legislativo l'elencazione delle funzioni. Trattasi di funzioni che evidenziano, in linea con i caratteri del nuovo ente:

     a) la necessaria subordinazione ai criteri della programmazione e della pianificazione territoriale urbanistica;

     b) il riferimento oggettivo, preminente, al territorio e quindi il livello di governo sovracomunale ed anche di interesse comunale che attuano;

     c) il completamento del decentramento istituzionale di funzioni amministrative regionali di interesse locale, iniziato ed attuato per i comuni con la L.R. 2 gennaio 1979, n. 1.

     Il successivo art. 51 della legge prescrive criteri di assegnazione delle risorse finanziarie analoghi a quelli vigenti per i comuni. La legge regionale di bilancio dell'esercizio 1987 deve concretare il trasferimento delle risorse alle province [4° comma], definendo in tale esercizio il decentramento istituzionale (ultimo comma) in conformità all'elencazione delle funzioni del precedente art. 13.

     L'istituzione comunque di due fondi (uno per le spese correnti, l'altro per le spese in conto capitale) per il corrente esercizio 1986, sancito nel 1° comma del suddetto art. 51 della legge, consente alle attuali amministrazioni provinciali l'esercizio delle funzioni di che trattasi e comporta quindi per le stesse introdurre nel bilancio di previsione del corrente esercizio le previsioni di entrata e di spesa conseguenti, con le codificazioni di rito.

     Si evidenzia, per quanto concerne gli istituti di istruzione media di secondo grado (n. 1, lettera b, dell'art. 13 della legge), che rimangono ferme le attuali competenze comunali, mancando norme di finanza locale per la copertura ed il trasferimento delle spese dai comuni alle province (cfr. disposizione art. 11 D.L. 30 dicembre 1985, n. 789, non convertita né riprodotta), atteso peraltro che queste non possono essere individuate in alcuna norma (art. 51) della legge in esame ed atteso anche quanto disposto nell'art. 37 della legge medesima.

     Eguali considerazioni si formulano per le funzioni elencate nell'art. 13 che richiedono particolari adempimenti tecnico-amministrativi.

     Il legislatore, si rileva, infine, ha prescritto sia per le province regionali che per i comuni con popolazione superiore a 20 mila abitanti, l'obbligo di specifica relazione sull'impiego delle somme attribuite in conto capitale (penultimo comma, art. 51 e ultimo comma, art. 58 della legge).

     IV) Le norme di riferimento sono contenute nel titolo VII della legge.

     Il riordino dei poteri locali comporta l'utilizzazione del nuovo livello di governo subregionale introdotto e quindi la soppressione dei vari enti operanti nell'ambito provinciale.

     Il riordino attuato riguarda le comunità montane, gli enti provinciali per il turismo ed i consorzi di bonifica non irrigui.

     Disposizioni di raccordo operativo e quindi di rappresentanza gestionale sono poi dettate in ordine alle Camere di commercio, industria, agricoltura e artigianato ed ai Consorzi per le aree di sviluppo industriale e per i nuclei di industrializzazione (articoli 46 e 48 della legge).

     Senza attendere la costituzione delle nuove province regionali ed avere quindi come riferimento un assetto istituzionalmente definitivo, le disposizioni del titolo entrano subito in vigore (per le comunità montane si richiama l'art. 18 della L.R. 24 giugno 1986, n. 31) e l'esercizio delle competenze degli enti soppressi da parte delle attuali amministrazioni provinciali è subordinato soltanto all'emanazione di provvedimenti del Presidente della Regione.

     L'Assemblea regionale, invero, non ha ritenuto adeguare tali tempi tecnici in sintonia con le norme di rinvio introdotte negli articoli 5 e 6 della legge richiamati.

     Per le comunità montane soppresse, l'art. 45 della legge evidenzia in particolare quanto segue:

     a) le zone montane da valorizzare rimangono quelle individuate secondo precedenti, specifiche disposizioni di legge (cfr. L.R. 15 dicembre 1973, n. 46);

     b) la funzione di valorizzazione delle zone montane, trasferita alla provincia regionale e riassunta nell'ultimo comma dell'articolo, comporta il vincolo di destinazione degli specifici fondi all'uopo assegnati;

     c) tale funzione viene esercitata «dalla provincia regionale previo parere dell'assemblea consultiva dei comuni montani, avente sede presso ciascuna provincia eletta dai consigli dei comuni interessati con le modalità di cui agli artt. 8 e 9 della L.R. 30 novembre 1974, n. 38»;

     d) oltre le funzioni, a il personale, i beni ed ogni altro mezzo finanziario sono assegnati alla provincia regionale nei cui territori ricadono le relative aree» [1° comma dell'articolo].

     Nell'ipotesi di comunità montane ricadenti in territori di più province, non ritenendosi che possa essere derogato il criterio generale territoriale delle funzioni delle stesse, i provvedimenti cui si riferiscono il primo e l'ultimo comma dell'art. 45 della legge si ritiene debbono essere adottati tenendo conto di quote percentuali ragguagliate alla superficie territoriale ed alla popolazione delle zone (cfr. anche art. 1 L. 23 marzo 1981, n. 93).

     I consigli dei comuni interessati delle diverse province costituiranno rispettivamente le assemblee consultive previste dalla disposizione in esame.

     Non si ritiene poi, per la specificità delle zone montane, che le province possano procedere ad accorpamenti delle stesse o di parti di esse avvalendosi del mezzo statutario (art. 22 della legge).

     L'art. 47 della legge attua in sostanza una novazione istituzionale degli enti provinciali per il turismo per ricondurre le funzioni alle province regionali.

     Detti enti infatti vengono trasformati in aziende autonome provinciali conservando funzioni, articolazione organica, personale (cfr. ultimo comma dell'articolo), mezzi e capacità operativa.

     Tramite tale struttura la provincia esercita anche la funzione del coordinamento dell'attività degli enti, istituzioni ed organizzazioni operanti nel settore a livello subregionale.

     Le modalità di trasformazione dei soppressi enti provinciali per il turismo in aziende autonome provinciali, secondo quanto disposto dal 2° comma dell'articolo, sono demandate al Presidente della Regione.

     Per quanto concerne il funzionamento degli organi ed il controllo sugli atti non può che riferirsi alla legislazione riguardante gli enti provinciali per il turismo, che rimane vigente. Infatti, il 2° comma dell'articolo in esame prevede che le province si avvalgono «delle relative procedure amministrative degli enti provinciali per il turismo».

     Si richiama anche in merito il disposto dell'art. 29, n. 8, della legge,.

     Le funzioni di controllo sono state trasferite dall'Amministrazione regionale (Assessorato regionale per il turismo, le comunicazioni ed i trasporti) alle province regionali (cfr. primo comma dell'articolo).

     Si evidenzia altresì la diversa gestione contabile, rispetto a quella della provincia, della nuova struttura operativa introdotta, la quale è sottratta alla disciplina delle disposizioni del R.D. 15 ottobre 1925, n. 2578.

     L'art. 50 della legge, infine, in attesa di una generale riforma dei consorzi di bonifica, sopprime quelli non irrigui, demandando al Presidente della Regione l'eventuale devoluzione alle province del patrimonio, degli uffici e dei mezzi, non del personale, degli stessi consorzi soppressi.

     Si richiama inoltre quanto previsto dall'art. 44 della legge in ordine al trasferimento alle province dei beni delle istituzioni socio-scolastiche permanenti di cui al 1° comma dell'art. 7 della L.R. 2 gennaio 1979, n. 1. La gestione di tali istituzioni risulta già trasferita a detti enti con le disposizioni della L.R. 5 agosto 1982, n. 93.

 

Modifiche organizzative.

 

     In raccordo con il nuovo assetto istituzionale, le modifiche organizzative sono finalizzate a concretare livelli razionali di gestione dei servizi comunali ed intercomunali mediante il ricorso a:

     I) individuazione di aree metropolitane;

     II) gestione comuni:

     III) convenzioni:

     IV) società per azioni.

     I) Le disposizioni del titolo IV della legge riguardano i caratteri, l'individuazione e delimitazione e le funzioni delle aree metropolitane.

     Il legislatore regionale ha rinunciato alla costituzione di specifiche province metropolitane, in aggiunta a quelle ordinarie, per evitare sovrapposizioni istituzionali. Per la soluzione non più procastinabile dei problemi gestionali dei servizi delle aree metropolitane, è stata scelta la via della qualificazione amministrativo-territoriale delle stesse, qualificazione questa, attuabile ex artt. 19 e 20 della legge, che legittima la provincia regionale che le ricomprende ad esercitare a livello integrato funzioni di più comuni.

     L'iniziativa di tale individuazione e delimitazione è rimessa al Governo della Regione. Può essere richiesta anche dai comuni e dalle province regionali interessati.

     L'esame dell'art. 21 della legge, riguardante le funzioni delle aree metropolitane, evidenzia in particolare:

     a) il ricorso necessario a specifici strumenti, aventi rilievo urbanistico intercomunale, di disciplina del territorio;

     b) modalità associate di gestione dei servizi (cfr. ultimo comma dell'articolo).

     II) Rimanendo l'istituto consorziale, viene introdotta con l'art. 15 della legge la particolare forma associata dei servizi o di collaborazione intercomunale denominata «gestione comune».

     L'intervento anche della provincia regionale trova logica previsione legislativa.

     Alla gestione comune non viene riconosciuta personalità giuridica.

     Mediante tale figura si procede alla costituzione di organi intercomunali allo scopo di svolgere congiuntamente servizi, di predisporre ed adottare unitariamente piani intercomunali, di disporre congiuntamente di beni e di utilizzare strutture e tecniche particolari.

     Lo strumento materiale normativo è il regolamento, deliberato dai consigli comunali e provinciali interessati a maggioranza assoluta dei componenti in carica.

     Per quanto riguarda tale regolamento, assume rilievo quanto prescritto nei numeri 2, 3 e 4 del 3° comma dell'articolo menzionato, per concretare una struttura operativa agile.

     Per quanto concerne l'organo comune deliberante, si rileva:

     1) l'opportunità di una composizione ristretta dell'organo;

     2) la remissione agli enti locali della rappresentanza che non viene limitata ai consiglieri degli stessi enti e non esclude, ma neanche prevede necessariamente, la partecipazione delle minoranze;

     3) un'attività deliberativa, in ordine alla quale, la legge nulla specifica in tema di controlli sugli atti. Demandando ad organo monocratico le competenze gestionali, nel definire le competenze dell'organo comune deliberante deve farsi riferimento all'attività programmatoria-contabile dei consigli comunali e provinciali associati.

     Ne consegue, per quanto concerne il funzionamento dell'organo ed i controlli sugli atti, l'applicazione delle norme riferibili ai consigli.

     Per quanto concerne l'organo monocratico responsabile della gestione, si rileva che lo stesso adotta precipuamente atti di natura contrattuale e contabile in esecuzione di determinazioni assunte dall'organo comune deliberante, non soggetti ad alcun controllo esterno.

     Il riconoscimento agli organi della gestione comune dell'espletamento di tutti i negozi giuridici e di ogni altro atto necessario al perseguimento delle finalità della stessa, ne evidenzia, da un lato, l'autonomia funzionale, dall'altro, la responsabilità solidale per gli atti adottati dagli enti associati.

     Assume rilievo, infine, il n. 4 del 3° comma dell'articolo in esame per la disciplina dei rapporti finanziari e patrimoniali, la quale deve trovare riscontro annuale in atti di programmazione contabile preventivi e consuntivi (adottati ovviamente dall'organo comune deliberante), nonché per l'utilizzazione prescritta del personale degli enti associati.

     Si conclude con il rilevare che la norma sembra attuare una delegiferazione amministrativa nel settore, rimanendo ogni disciplina di atti e rapporti al regolamento.

     Per la realizzazione di particolari obiettivi della programmazione provinciale, si rileva, poi, l'art. 16 della legge disciplina la costituzione e le modalità di esercizio di gestioni comuni obbligatorie.

     III) L'art. 17 della legge riconosce sul piano formale le convenzioni, disciplinandone le modalità e gli obiettivi. Viene escluso il ricorso a soggetti privati.

     Per l'espletamento dei servizi socio-assistenziali, che trovano organica disciplina nella recente L.R. 9 maggio 1986, n. 22, le convenzioni possono riguardare associazioni ed enti privati, purché questi siano iscritti in appositi albi istituiti per i settori d'intervento (cfr. articoli 20 e 26).

     Si richiamano altresì precedenti disposizioni delle leggi regionali n.ri 68 del 18 aprile 1981 e 87 del 6 maggio 1981, nonché l'art. 3 della L.R. 25 marzo 1986, n. 14.

     E' escluso comunque il ricorso a convenzioni con singoli privati.

     IV) Per la gestione dei servizi pubblici, l'art. 18 della legge prevede per i comuni e le province la facoltà di promuovere «la costituzione di società per azioni a prevalente capitale pubblico qualora si renda opportuno, in relazione alla natura del servizio da erogare, la partecipazione di altri soggetti pubblici o privati».

     La disposizione individua condizioni diversificanti, riguardanti:

     a) l'oggetto sociale;

     b) la prevalenza del capitale pubblico.

     Rimangono ferme le norme del codice civile che disciplinano le società per azioni, evidenziando i vantaggi di diritto comune della maggioranza azionaria e la conseguente, limitata, possibile deroga ex art. 2458 dello stesso codice.

     La natura del servizio da erogare comporta valutazioni circa l'idoneità del mezzo societario. Si fa riferimento particolare ai prezzi controllati di pubbliche utenze, anche se gli stessi vanno ormai parametrandosi ai costi economici di gestione.

 

Modifiche di assetto funzionale, procedurali e di controllo.

 

     Tali modifiche innovano l'O.E.L. e concernono:

     I) l'elezione del capo dell'amministrazione;

     II) l'elezione della giunta. La surrogazione del presidente della provincia regionale;

     III) l'assunzione dei poteri del consiglio da parte della giunta;

     IV) l'ampliamento delle competenze del consiglio;

     V) l'articolazione delle sessioni consiliari e l'apporto consultivo delle commissioni consiliari;

     VI) il diritto di accesso agli atti da parte dei consiglieri. La configurazione di particolari controllo sostitutivo e controllo straordinario gestionale nell'ipotesi di mancata approvazione del bilancio.

     I) L'art. 33 della legge (che sostituisce l'art. 155 dell'O.E.L., abrogato dal successivo articolo 61) per l'elezione del presidente della provincia regionale (nuova denominazione dell'organo monocratico dell'ente, giusta la disposizione del precedente art. 25) ha introdotto le seguenti innovazioni:

     a) la presidenza della seduta per tale elezione compete sempre al consigliere anziano per voti, sia nell'ipotesi di prima adunanza del consiglio (cfr. art. 134 dell'O.E.L., che viene così modificato) sia nell'ipotesi di vacanza sopravvenuta dell'organo monocratico nel corso del quinquennio (modifica del disposto dell'ultimo comma dell'art. 66 dell'O.E.L.);

     b) l'obbligo nell'ipotesi di vacanza di tale organo, della convocazione del consiglio entro trenta giorni, non quindici (cfr. art. 75 dell'O.E.L., richiamato dal successivo art. 155 abrogato) dal verificarsi della stessa;

     c) l'immediata esecutività della delibera di elezione del presidente. Si rileva al riguardo:

     1) è superato, nell'ipotesi di prima elezione del presidente, quanto disposto dall'ultimo comma dell'art. 81 dell'O.E.L. («Poiché sindaco e giunta si possono considerare validamente nominati solo dopo il controllo di legittimità previsto dall'art. 80 dell'O.E.L., è da ritenere che al consiglio neo eletto sia fatto divieto di dichiarare immediatamente esecutivi gli atti con i quali ha proceduto alla nomina della nuova amministrazione»: parere C.G.A. n. 248/83 de 10 aprile 1984);

     2) la disposizione del 4° comma dell'articolo non prescrive che l'atto è esente da controlli e non indica le modalità di esercizio del controllo successivo sull'atto.

     Le modalità del controllo successivo di legittimità nel vigente ordinamento enti locali sono diverse secondo che riguardano gli atti dichiarati immediatamente esecutivi, rientranti nella sfera di competenza consiliare (cfr. articoli 80, 81 e 87 dell'O.E.L.) o gli atti esecutivi ope legis, di competenza della giunta (cfr. art. 81-bis dell'O.E.L.).

     Rimanendo fermo quanto disposto dall'art. 168 (invio degli atti entro otto giorni all'organo di controllo ed esame da parte dello stesso entro quindici giorni dal recepimento degli stessi, in deroga degli artt. 79, 80 ed anche 87 dell'O.E.L.), si ritiene che trovi applicazione nella fattispecie la disciplina vigente per l'esame degli atti consiliari e non quella introdotta per gli atti di giunta dall'art. 81-bis dell'O.E.L., che conferisce, in particolare, all'organo di controllo il potere di sospensione d'efficacia degli atti.

     Il secondo comma dell'art. 58 della legge estende le modifiche di elezione illustrate dell'art. 33 a quella dei sindaci dei comuni i cui consigli sono eletti a sistema proporzionale l'art. 75 dell'O.E.L., non abrogato dall'art. 61 della legge, non trova applicazione per detti comuni.

     Nessuna innovazione, si evidenzia, è stata introdotta per l'elezione dei sindaci dei comuni i cui consigli sono espressi a sistema maggioritario. Gli articoli 66 e 81, ultimo comma, dell'O.E.L. continuano a trovare applicazione anche per l'elezione del presidente del quartiere, giusta il rinvio (non oggetto di espressa modifica) contenuto nell'ultimo comma dell'art. 10 della L.R. 11 dicembre 1976, n. 84.

     II) Il richiamato art. 33, l'art. 34 e il successivo art. 58, 2° comma, della legge innovano l'elezione della giunta delle province regionali e dei comuni i cui consigli sono eletti a sistema proporzionale (l'art. 148 dell'O.E.L. è abrogato dall'art. 61 della legge).

     L'art. 58 dell'O.E.L. e l'art. 22 del relativo regolamento rimangono in vigore per i comuni con popolazione inferiore a 5 mila abitanti.

     Le innovazioni riguardano:

     a) la presentazione da parte del nuovo capo dell'amministrazione eletto della lista della giunta assieme al programma, in seduta successiva da tenersi entro otto giorni da quella che ha concretato l'elezione dello stesso;

     b) la votazione da parte del consiglio di tale lista su scheda uniforme, con apposizione di un «si» o di un «no»;

     c) l'elezione della giunta, che comporta anche l'assenso sul programma a maggioranza assoluta dei votanti, con deroga particolare quindi dell'art. 184 dell'O.E.L. Il mancato riferimento ai presenti comporta che non vengono calcolati gli astenuti ai fini dell'adozione della manifestazione della volontà consiliare, che viene pertanto facilitata. Le norme sul quorum strutturale rimangono ferme, come quelle sulla pubblicità della seduta e della segretezza della votazione;

     d) nell'ipotesi negativa, la presentazione di nuova lista in seduta da tenersi entro 3 giorni. La nuova lista deve contenere elementi di variazione. Ove anche questa venga respinta, la determinazione consiliare andrebbe interpretata come revoca di fiducia all'organo monocratico espresso e quindi comportare le dimissioni dello stesso;

     e) analoghi criteri per l'elezione suppletiva degli assessori (art. 34 della legge). Si richiamano le considerazioni espresse in ordine alla votazione negativa da parte del consiglio. Le cause di cessazione sono quelle previste dalla vigente legislazione, la quale non fa riferimento alla «incapacità».

     le problematiche, che le disposizioni degli articoli 33 e 34 della legge pongono, riguardano:

     1) le interferenze sul rinnovo della giunta della cessazione dalla carica del sindaco o del presidente che l'ha proposta;

     2) il regime transitorio di applicazione delle disposizioni.

     In ordine al primo punto, nell'assenza di specifica disposizione, sopperisce l'interpretazione logica dell'art. 33 della legge che comporta il necessario travolgimento della giunta proposta e votata.

     Si richiamano in ordine alle ipotesi di cessazione dalla carica del sindaco e del presidente della provincia gli articoli 59, 60, 73 e 153 dell'O.E.L. ed anche gli articoli 13 e 14 della L.R. 24 giugno 1986, n. 31, evidenziando il medesimo effetto di una mozione di sfiducia mossa ed approvata nei confronti del solo capo di amministrazione, rispetto a quella riguardante la giunta (che coinvolge necessariamente anche il sindaco o il presidente che la presiede: cfr. art. 57 O.E.L. e 31 della legge).

     In ordine al secondo punto, si ritiene che, in difetto di una prima giunta proposta e votata dal consiglio con le nuove modalità, la cessazione dalla carica del sindaco o del presidente non comporti la cessazione automatica di una giunta validamente e direttamente espressa dal consiglio in base a precedenti disposizioni di legge (tempus regit actium) e che non sia possibile discostarsi da queste nell'ipotesi anche di surrogazione parziale. In tale ultima ipotesi particolare non si ritiene tecnicamente possibile una giunta composta da componenti espressi con procedure diverse anche come sistema di votazione.

     Si aggiunge che la cessazione dalla carica della giunta, nel regime transitorio in esame, deve avvenire nei modi di legge ed in particolare con il ricorso normale e più ricorrente alle dimissioni (dell'intero organo) ed alla mozione di sfiducia.

     La modifica di elezione della giunta ha comportato innovazioni circa la surrogazione del presidente della provincia regionale (art. 35 della legge), non estese ai comuni, per i quali rimane in vigore, senza distinzione di modalità di elezione dei consigli, l'art. 72 dell'O.E.L.

     L'art. 61 della legge, si rileva, ha abrogato espressamente oltre l'art. 158, anche l'art. 157 dell'O.E.L., demandando in tal modo all'art. 35 della legge medesima l'individuazione delle funzioni del presidente della provincia regionale.

     Detto art. 35 prescrive in particolare:

     a) la destinazione degli assessori agli incarichi amministrativi. Gli assessori preposti non esercitano attribuzioni presidenziali, ma sono i referenti delle proposte del settore;

     b) la designazione da parte del presidente dell'assessore che lo sostituisce nei casi di assenza o di impedimento;

     c) la delega per periodi limitati o per affari definiti (l'assessore destinato a un settore esercita attribuzioni presidenziali solo in tal caso), di competenze ad assessori.

     In difetto del criterio di sostituzione automatico, vigente per i comuni secondo l'art. 72 dell'O.E.L., necessita che il presidente della provincia regionale deleghi le sue attribuzioni, nelle ipotesi di assenza o di impedimento, in modo alternativo e successivo a più assessori.

     Per quanto concerne la presidenza delle sedute del consiglio provinciale e la firma dei verbali delle deliberazioni (articoli 185 e 186 dell'O.E.L.), nell'ipotesi di assenza del presidente o del suo delegato, deve ricorrersi al consigliere anziano per voti, che sostituisce il presidente in applicazione di criterio generale, e per l'individuazione del componente anziano (per la firma dei verbali) quello che lo segue per voti nell'ordine (cfr. art. 171 O.E.L.).

     III) Sono state modificate le disposizioni riguardanti l'assunzione dei poteri del consiglio da parte della giunta. Per le province, si richiamano le disposizioni del 3° comma e seguenti dell'art. 32 della legge nonché l'art. 61 della stessa, che abroga l'art. 151, oltre l'art. 150 (funzioni della giunta) dell'O.E.L.; per i comuni, invece, l'art. 57 della legge che ha sostituito l'art. 64 dell'O.E.L.

     Le innovazioni hanno effetto giuridico dalla data di entrata in vigore della legge e gli atti in esame precedentemente adottati rimangono esclusivamente disciplinati dalle disposizioni relative abrogate.

     Tali innovazioni, in particolare, riguardano:

     a) il divieto di surrogazione per specifici atti consiliari. Per le province regionali si richiamano le attribuzioni consiliari di cui ai numeri 4, 5, 6 e 10 dell'art. 29 della legge. Per i comuni, le attribuzioni consiliari di cui ai numeri 4-bis e 4-ter dell'art. 51 dell'O.E.L. (cfr. artt. 55 e 57 della legge). Si specifica che il divieto di operare storni di bilancio introdotto con la L.R. 9 ottobre 1965, n. 26, riguarda in atto soltanto le giunte comunali, non quelle delle province regionali;

     b) la sanzione della decadenza di dette delibere di giunta ove il consiglio:

     1) non venga convocato entro 30 giorni dall'adozione degli atti per la ratifica;

     2) nell'ipotesi di mancato esame in detto termine di 30 giorni nonché nelle sessioni consiliari successivamente disposte con all'ordine del giorno tali adempimenti, non le ratifichi in sede e prima dell'approvazione del bilancio di previsione.

     Il prescrivere tale sanzione, che equivale in sostanza ad annullamento degli atti, anziché la perdita di efficacia degli stessi, comporta l'impossibilità tecnica del ricorso all'istituto della convalida consiliare (per gli atti decaduti) evidenziato dal C.G.A. con parere n. 224 del 21 febbraio 1977, diramato con circolare n. 6671 del 27 settembre 1978. Infatti si ritiene che, cassate giuridicamente tali delibere, il consiglio non può comunque legittimare con decorrenza retroattiva (ex tunc) eventuali atti o rapporti dipendenti, intercorsi e proseguiti senza titolo dopo la decadenza (cfr. Cons. Stato, V sez., 14 marzo 1972, n. 168);

     c) la prosecuzione di efficacia delle delibere surrogatorie della giunta subordinata all'attivazione (disciplinata) del consiglio;

     d) la possibilità del consiglio di ratifica degli atti «anche qualora la giunta abbia rassegnato le dimissioni».

     Tale inciso riportato nell'ultimo comma dell'articolo, che comporta deroga all'art. 46 dell'O.E.L. (pregiudizialità degli adempimenti che attengono la composizione del consiglio e l'elezione degli organi di amministrazione mancanti), va interpretato, non letteralmente, in quanto sarebbe pleonastico (rassegnare le dimissioni non comporta la carenza dell'organo fino a quando le stesse non vengono accettate), ma logicamente sotto due profili:

     1) del rinnovo dell'organo;

     2) per le province regionali ed i comuni superiori a 5 mila abitanti, del rinnovo degli organi di amministrazione, essendo la giunta votata dal consiglio su proposta del capo dell'amministrazione.

     Inoltre si ritiene di precisare al riguardo:

     a) entro 30 giorni dall'adozione delle delibere surrogatorie, deve essere adottata la determinazione di convocazione, non avere luogo la sessione consiliare (modalità di attivazione del consiglio);

     b) nell'ipotesi di mancata ratifica degli atti in tale termine, la decadenza delle delibere ove le stesse non vengano iscritte nell'ordine del giorno delle sessioni consiliari successive (cfr. 5° comma dell'art. 32 della legge: «devono essere iscritte»);

     c) il consiglio ratifica definitivamente e cioé senza ulteriore termine di riferimento, in sede di approvazione del bilancio, singolarmente le delibere di giunta. L'elenco degli atti tecnicamente non può che essere riferito all'ordine del giorno della sessione;

     d) il termine di deliberazione del bilancio di previsione (ed anche del bilancio pluriennale degli enti locali obbligati) è quello previsto dall'O.E.L. e, in atto, da specifiche disposizioni di finanza locale statali.

     Nell'ipotesi di controllo sostitutivo ex art. 109-bis dell'O.E.L., introdotto) con l'art. 54 della legge, il termine va differito ai tempi della messa in mora del consiglio e della surrogazione governativa.

     IV) Le competenze delle giunte comunali e provinciali, peraltro già limitate (cfr. art. 95 dell'O.E.L. ed i valori dei contratti dei consigli comunali e provinciali determinati con gli artt. 6 e 14 della L.R. 21 febbraio 1976, n. 1) sono state ulteriormente ridotte.

     Lo spostamento dell'asse gestionale da un organo tipico di amministrazione (confermato quale organo a competenza generale) ad un altro di rappresentanza e di indirizzo era iniziato con la L.R. 29 aprile 1985, n. 21 (cfr. artt. 3, 36 e 37, per evidenziare l'attribuzione esecutiva, allo stesso organo che approva il programma delle opere pubbliche, della competenza esclusiva dell'indizione di gare tipicizzate, non comportanti margini di discrezionalità).

     Si richiamano al riguardo, per le province regionali, le attribuzioni dei numeri 4, 53 6 e 10 dell'art. 29 della legge, non surrogabili dalle giunte come evidenziato, nonché le competenze a sullo stato giuridico del personale» (n. 11 dello stesso articolo) e i valori limitati dei contratti indicati nel successivo n. 13.

     Le competenze sullo stato giuridico del personale riguardano gli atti aventi natura normativa e non anche quelli di mera esecuzione.

     Si richiamano altresì per i comuni le disposizioni già menzionate dagli artt. 4-bis e 4-ter dell'art. 51 [1] dell'O.E.L.

     In tale ottica di trasferimento gestionale, trova supporto la modifica dell'ultimo comma dell'art. 95 e quindi del successivo art. 96 dell'O.E.L. (cfr. ultimo comma, art. 61 della legge). Viene meno la deroga all'art. 184 del medesimo ordinamento.

     In particolare, in materia di lavori pubblici, i consigli, oltre il programma delle opere pubbliche (con decorrenza anno 1987), in esecuzione dello stesso, deliberano in via esclusiva sull'andamento dei lavori per trattativa privata, appalto concorso, licitazione privata, pubblico incanto e concessione.

     I consigli deliberano inoltre in via esclusiva sugli appalti concorso, sulle licitazioni private e sui pubblici incanti relativi all'acquisizione di servizi e forniture. La trattativa privata era e continua ad essere in merito riservata al consiglio, secondo l'art. 95 dell'O.E.L., e limitata ai contratti sino ad 80 milioni secondo l'art. 62 della L.R. n. 21185. Per tale forma di aggiudicazione dei servizi forniture è configurabile in surrogazione consiliare.

     Si ribadisce che in detta materia contrattuale le delibere consiliari vanno adottate con la maggioranza assoluta dei presenti. Rimane la deroga specifica prevista dall'art. 42 della L.R. 29 aprile 1985, n. 21 (concessione di opere pubbliche).

     Le competenze contrattuali (residue) demandate alle giunte comunali e provinciali sono le seguenti: licitazioni private relative ad alienazioni ed acquisti di immobili e locazioni per valori, rapportati alla popolazione degli enti (cfr. articoli 95 e 159 dell'O.E.L.), rispettivamente non superiori a 25, 15 e 10 milioni; i medesimi contratti, mediante pubblici incanti nei limiti di valore statuiti con l'art. 29, n. 13, della legge in esame e con l'art. 51, n. 8, dell'O.E.L.; le transazioni previste dall'art. 51, n. 8, dell'O.E.L. ma non dall'art. 29 citato, nei limiti di valore dei contratti attribuiti alle medesime giunte.

     Si richiama altresì l'interpello introdotto per tutte le materie di competenza del consiglio delle commissioni consiliari, del quale si riferirà in appresso.

     V) L'art. 30 della legge, esteso ai comuni con il 1° comma del successivo art. 58, introduce novità in ordine all'articolazione delle sessioni consiliari.

     Si rileva preliminarmente che risultano abrogati gli articoli 49, 139 e 181 dell'O.E.L. (cfr. art. 61 della legge), ma non gli articoli 47, 48, 137 e 138 dello stesso ordinamento, che disciplinano le sessioni ordinarie e straordinarie dei consigli e le modalità di convocazione degli stessi. Si specifica poi, giusta quanto disposto dagli articoli 33, 35 e 61 (abrogazione art. 150 O.E.L.) della legge, la cessazione della competenza della giunta della provincia a deliberare anche sessioni straordinarie del consiglio, con abrogazione del n. 2 del secondo comma dell'art. 137 dell'O.E.L., nonché l'esclusiva competenza a convocare il consiglio demandata al presidente della provincia.

     Tecnicamente la norma in esame:

     a) deve essere interpretata con riferimento ad una sessione consiliare che deve avere un inizio ed un termine;

     b) conferma il quorum strutturale per la validità delle deliberazioni (maggioranza consiglieri in carica), che deve essere oggetto di verifica quando l'organo collegiale è chiamato a deliberare e non nell'ipotesi di attività diversa (ad esempio: quella ispettiva). Pertanto tale verifica non deve essere effettuata necessariamente all'inizio dei lavori;

     c) prescrive, nell'ipotesi di mancanza di detto quorum strutturale per deliberare, la sospensione della seduta di un'ora e quindi la prosecuzione della stessa ove si riscontri detto quorum (intervento successivo della maggioranza dei consiglieri in carica);

     d) prescrive altresì, ove alla ripresa dei lavori dopo la sospensione di un'ora della seduta venga a mancare i] quorum specificato, il rinvio della seduta al giorno successivo con il medesimo ordine del giorno e senza ulteriore avviso di convocazione e, in particolare, la prosecuzione della seduta, con il quorum ridotto di due quinti dei consiglieri in carica per deliberare.

     Ne consegue, ai fini dell'articolazione della sessione consiliare:

     1) che il ricorso all'utilizzazione dell'ora di sospensione della seduta può essere utilizzato soltanto una volta. Le variazioni del quorum strutturale disciplinate attengono logicamente alla sessione consiliare, che si articola in sedute;

     2) che tale sospensione, legata all'attività deliberativa del consiglio, concretamente può avere luogo, con riferimento agli affari posti all'ordine del giorno della sessione, prima che la stessa attività deliberativa abbia inizio ed anche dopo che sia parzialmente iniziata;

     3) che, intervenuto dopo l'ora di sospensione il quorum strutturale normale, la sessione prosegue e si chiude con l'esaurimento della trattazione degli affari posti all'o.d.g. o con successiva mancanza del numero legale;

     4) che, non intervenendo dopo l'ora di sospensione la maggioranza dei consiglieri in carica, la sessione prosegue il giorno successivo con il quorum ridotto dei due quinti, per l'esaurimento degli affari posti all'ordine del giorno e rinviati, per chiuderli in tale ipotesi ed anche in quella in cui detto quorum ridotto venga a mancare.

     Si specifica altresì:

     a) il quorum strutturale riguarda la valutazione non l'esame o discussione dell'affare consiliare. Strumentale alle votazioni è anche la scelta degli scrutatori;

     b) l'avviso di convocazione può anche non indicare la prosecuzione dei lavori al giorno successivo. L'aggiornamento automatico previsto dalla norma [3° comma dell'art. 130 della legge] è di 24 ore dall'indicazione oraria e giornaliera contenuta in tale avviso;

     c) il diverso aggiornamento normale della seduta comporta sempre il rinnovo degli avvisi di convocazione degli assenti;

     d) per l'elezione del sindaco e quindi del presidente della provincia, nell'ipotesi di seduta deserta (cfr. parere C.G.A. n. 262 del 28 novembre 1966), la variazione del quorum nel giorno successivo avviene secondo il 4 comma dell'art.. 66 dell'O.E.L.;

     e) per i consigli di quartiere, lo strumento di ricezione della norma è il regolamento previsto dall'art. 4 della L.R. 11 dicembre 1976, n. 84.

     Interessano poi l'attività consiliare le modifiche apportate dalla legge circa l'apporto consultivo delle commissioni consiliari (cfr. articoli 28, 58, 1° comma, e 61 della legge, il quale ha abrogato l'art. 141-bis dell'O.E.L.).

     L'art. 28 della legge, per le province regionali, innova in sostanza, rispetto alla previsione dell'art. 141-bis dell'O.E.L. abrogato, nel prescrivere:

     a) l'obbligatorietà del parere, anziché per i provvedimenti più rilevanti del consiglio, per tutte le materie di competenza di tale organo;

     b) la partecipazione, senza diritto al voto, dei componenti della giunta, di esperti e tecnici e di rappresentanti dei comuni (partecipazione questa «tipica» nelle commissioni consiliari delle province regionali).

     In ordine all'interpello necessario delle commissioni consiliari, si ritiene di evidenziare quanto segue:

     1) essendo le commissioni consiliari organi permanenti di esame e di studio a supporto razionale dell'attività consiliare, i lavori delle stesse devono essere organizzati e programmati preventivamente, prescindendo dalla disposizione delle sessioni consiliari, non appena le proposte amministrative e tecniche vengono inoltrate dalle competenti ripartizioni ed uffici dell'ente;

     2) se la giunta, nell'assumere i poteri del consiglio ne prende atto, in sede di successiva ratifica la consultazione in esame non deve essere reiterata;

     3) il legislatore si riferisce alle «materie» del consiglio per evidenziare logicamente il riferimento obbligatorio a provvedimenti dell'organo che richiedono sostanzialmente apporti di qualificazione. Restano, pertanto, tra l'altro, escluse le nomine o designazioni varie, quali dirette espressioni consiliari che non comportano funzione referente;

     4) la previsione istituzionale di organi specifici a supporto dell'espletamento di determinati adempimenti consiliari non sembra escludere l'interpello delle commissioni di che trattasi. Si fa riferimento al conto consuntivo (cfr. articoli 52, 142 e 119 dell'O.E.L.) nonché ad adempimenti che richiedono supporti tecnici, previsti dalla vigente legislazione.

     Circa l'estensione della norma esaminata ai comuni, secondo il 1° comma dell'art. 58 della legge, si confermano le istruzioni già diramate alle commissioni provinciali di controllo con fonogramma n. 961 del 28 aprile 1986.

     Per evidenziare che le innovazioni dell'art. 58 della legge riguardano i comuni con popolazione superiore a 15 mila abitanti, cioé quelli che alla data di entrata in vigore della stessa le avevano costituite e funzionanti, si formulano le seguenti considerazioni:

     a) non è stato previsto necessario termine di adeguamento operativo per la costituzione delle commissioni (cfr. 2° comma, art. 7, L.R. 21 febbraio 1976, n. 1);

     b) non è stato abrogato l'art. 51-bis dell'O.E.L., a conferma di volontà legislativa di distinzione tra comuni che hanno la facoltà (regolamentare, sempre riconosciuta) e quelli che hanno l'obbligo della costituzione delle commissioni consiliari (comuni con popolazione superiore a 15 mila abitanti);

     c) l'interpretazione autentica di tale volontà, già contenuta nell'art. 4 della L.R. 4 agosto 1980, n. 77 (abrogato), è stata reiterata nel 2° comma dell'art. 3 della L.R. 24 giugno 1986, n. 31, riguardante, tra l'altro, il recepimento della L. 27 dicembre 1985, n. 816 («Le commissioni consiliari permanenti, formalmente istituite e convocate, ... sono quelle previste dall'art. 51-bis dell'O.E.L...»);

     d) il legislatore regionale con tale recente disposizione ha confermato la volontà di prescrivere la corresponsione dell'indennità di presenza soltanto ai componenti delle commissioni consiliari obbligatorie, non a quelli delle commissioni facoltative. Peraltro i lavori preparatori di tale legge evidenziano varie iniziative di modifica dell'art. 51-bis dell'O.E.L., non approvate.

     Si conclude con il rilevare che i criteri dettati dalla legge costituiscono riferimento obbligatorio per i comuni che istituiscono commissioni consiliari in espletamento di propria potestà regolamentare.

     VI) Si è già accennato alla rilevante modifica introdotta con il primo comma dell'art. 198-bis dell'O.E.L. nella parte riguardante le modifiche istituzionali apportate dalla legge. Il legislatore ha ritenuto anche «per l'effettivo esercizio delle loro funzioni» modificare e sostituire il 2° comma dell'art. 199 dell'O.E.L., riguardante il diritto di accesso agli atti dei consiglieri comunali e provinciali nonché dettare disposizioni in ordine all'informazione delle delibere adottate dalle giunte e, nei comuni con popolazione superiore a 30 mila abitanti e nelle province regionali, in ordine alla organizzazione di idonee strutture e supporto dei gruppi consiliari costituiti a norma di regolamento (art. 56, secondo comma, della legge).

     Le innovazioni apportate al 2° comma dell'art. 199 dell'O.E.L. riguardano il riconoscimento del diritto:

     a) di prendere visione dei provvedimenti dell'ente e degli atti preparatori in essi richiamati, senza distinzione di organo;

     b) di avere le informazioni necessarie all'esercizio del mandato;

     c) di ottenere, senza spesa, copia degli atti deliberativi.

     Al riguardo, si ritiene necessario rimarcare:

     1) la necessità di una regolamentazione dell'accesso e quindi anche dell'informazione, per non compromettere il funzionamento degli uffici;

     2) l'organizzazione di strutture idonee per consentire e facilitare l'ampio diritto di informazione introdotto;

     3) il rilascio di copia degli atti deliberativi è formale e non richiede ovviamente alcuna autorizzazione (cfr. art. 29 regolamento esecuzione dell'O.E.L.), non è integrale (cfr. 1° comma, art. 139 dell'O.E.L.), è senza spese per il consigliere, caricando quindi sull'ente di appartenenza le spese di riproduzione e traslando allo stesso l'onere del rimborso di entrate di pertinenza statale.

     La formalizzazione (con conseguente annotazione) della richiesta del rilascio di copia degli atti deliberativi ai consiglieri assume rilievo anche per evidenziare le responsabilità che gli stessi si assumono quando perseguono interessi privati o di parte.

     Si aggiunge che l'ampio diritto di visione e di informazione degli atti introdotto rende complementare e sussidiario il ricorso al rilascio di copia delle deliberazioni. Potrebbero comportare obbligo di rapporto le richieste ricorrenti di atti (talora riguardanti intere gestioni o sessioni), già verificatesi, qualora queste non trovino rispondenza operativa nell'esercizio del mandato da parte dei consiglieri richiedenti.

     L'art. 54 della legge introduce l'art. 1O-bis dell'O.E.L. riguardante il controllo sostitutivo per l'approvazione del bilancio. Tale disposizione trae derivazione dalle disposizioni statali della L. 22 dicembre 1969, n. 964, e dell'art. 105 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 2839, e, si rileva, non assegna termine all'Assessore regionale per gli enti locali per l'esercizio dell'azione sostitutiva demandata.

     La procedura sostitutiva particolare, introdotta, che deroga l'art. 91 dell'O.E.L. (la disposizione del controllo prescinde dalla diffida e l'esercizio dello stesso non è vincolato ai tempi della norma):

     a) presuppone la mancata approvazione del bilancio di previsione (e anche del bilancio pluriennale degli enti obbligati) nel termine di legge, prorogato, come rilevato, negli ultimi esercizi da disposizioni di finanza locale;

     b) ha inizio con la nomina di commissario presso l'ente inadempiente per la predisposizione di ufficio del bilancio e per la convocazione del consiglio afferente;

     c) comporta la messa in mora del consiglio con assegnazione del termine prescritto di giorni 30 dalla convocazione per l'approvazione del bilancio. I trenta giorni decorrono dall'attivazione concreta del collegio e quindi dalla data della sessione disposta;

     d) si definisce, decorso infruttuosamente, il termine di messa in mora del consiglio, con l'approvazione del bilancio.

     Si rileva:

     1) la messa in mora del consiglio presuppone la predisposizione di ufficio del bilancio e comunque l'approvazione commissariale di tale documento propedeutico. L'interpello istituzionale delle commissioni consiliari perde quindi cogenza;

     2) in difetto di specifica disposizione legislativa, l'atto di approvazione consiliare commissariale è soggetto a controllo.

     La messa in mora del consiglio da parte del commissario ha rilievo precipuo perché essa comporta, nell'ipotesi di inadempienza del consiglio, non soltanto la sanzione dello scioglimento dello stesso, senza contestazioni di addebiti in deroga all'art. 54 dell'O.E.L., ma anche, nelle more che si perfezioni la procedura prevista per tale sanzione, la sospensione dell'organo collegiale e quindi la provvisoria gestione dell'ente.

     Compete all'Assessore regionale per gli enti locali provvedere con unico atto alla sospensione del consiglio inadempiente ed alla provvisoria gestione dell'ente interessato. La provvisoria gestione cessa con l'inizio di quella straordinaria disposta dal Presidente della Regione secondo gli articoli 54 e 55 dell'O.E.L.

     Si conclude con il rilevare, ribadendo considerazioni formulate, che la legge esaminata comporta modifiche ed integrazioni non soltanto tecniche e che, con richiamo degli articoli 62 e 63 della stessa, non completa il riassetto dell'amministrazione locale territoriale ed il riordino dei poteri locali.

     Gli Assessorati regionali, che leggono per conoscenza, sono pregati diramare istruzioni integrative di competenza.

 

 


[1] Rectius: «dei numeri 4-bis e 4-ter dell'art. 51».