§ 4.1.1059 - D.G.R. 9 luglio 1999, n. 6/44161 .
Adempimenti previsti dall'art. 7, comma 3 della legge regionale 12 aprile 1999, n. 9 "Disciplina dei programmi integrati di intervento". [...]


Settore:Codici regionali
Regione:Lombardia
Materia:4. assetto del territorio
Capitolo:4.1 urbanistica e edilizia
Data:09/07/1999
Numero:6

§ 4.1.1059 - D.G.R. 9 luglio 1999, n. 6/44161 .

Adempimenti previsti dall'art. 7, comma 3 della legge regionale 12 aprile 1999, n. 9 "Disciplina dei programmi integrati di intervento". Approvazione circolare esplicativa.

(B.U. 2 agosto 1999, n. 31.)

 

La Giunta regionale

omissis

Delibera

1. di approvare la circolare illustrativa della L.R. 12 aprile 1999, n. 9 "Disciplina dei programmi integrati di intervento", nel testo allegato alla presente deliberazione, della quale costituisce parte integrante e sostanziale e specificatamente di approvare l'elenco della documentazione da produrre a corredo dei programmi integrati di intervento, specificata al punto 8 della predetta circolare, con ciò dando ottemperanza all'art. 7, comma 3 della legge in argomento;

2. di invitare le direzioni generali, che programmano interventi con valenza territoriale, a trasmettere alla Direzione Generale Territorio ed Edilizia Residenziale copia dei rispettivi strumenti di programmazione;

3. di pubblicare il presente atto sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia.

 

 

Direzione Generale Territorio ed Edilizia Residenziale

Servizio Strumenti Integrati Urbani e Territoriali

CIRCOLARE

PROGRAMMI INTEGRATI DI INTERVENTO

(L.R. 12 aprile 1999, n. 9)

1. Premessa

Al fine di garantire l'uniforme e corretta applicazione delle norme contenute nella L.R. 12 aprile 1999, n. 9 (pubblicata sul B.U.R.L. 16 aprile 1999, n. 15, I S.O.) avente ad oggetto la disciplina dei programmi integrati di intervento, si ritiene utile diramare le istruzioni che seguono.

Particolare attenzione è dedicata al tema delle aree per infrastrutture pubbliche e di uso pubblico, in considerazione degli aspetti innovativi introdotti dalla legge; inoltre, la pronuncia 20 maggio 1999, n. 179 della Corte Costituzionale, intervenuta successivamente all'emanazione della legge, ha introdotto contenuti innovativi in merito alle cui implicazioni si ritiene utile fornire agli enti e soggetti interessati alcune indicazioni essenziali.

La presente circolare muove da un primo esame delle questioni poste dalla nuova normativa e potrà essere aggiornata o perfezionata in considerazione delle problematiche emergenti in fase di prima applicazione della legge.

Per semplificarne la consultazione, l'esame della legge viene svolto per argomenti, con espresso richiamo degli articoli illustrati.

Il presente provvedimento, approvato dalla Giunta regionale, ha valenze altresì di adempimento al disposto dell'art. 7, comma 3, della L.R. 12 aprile 1999, n. 9.

 

 

2. Obiettivi ed ambito di applicazione del Programma Integrato di Intervento

(art. 2, comma 1; art. 3)

È opportuno, in via preliminare, ribadire quali siano gli obiettivi che il Programma Integrato di Intervento deve perseguire, al fine di fornire agli operatori un criterio guida, che li potrà costantemente orientare anche nei passaggi testuali più problematici della legge.

Le finalità del programma vengono espressamente enunciate all'art. 2, comma 1 che le individua nella riqualificazione urbana, edilizia ed ambientale del territorio comunale e vengono precisate ed orientate all'art. 3, comma 2, laddove si stabilisce che il programma è finalizzato alla riqualificazione urbana ed ambientale e dovrebbe privilegiare interventi su centri storici, aree periferiche o aree produttive da risanare.

Dalle disposizioni enunciate emerge chiaramente come l'obiettivo primario del Programma Integrato di Intervento sia la promozione della "qualità urbana", intesa come previsione di interventi significativi per l'integrazione delle funzioni carenti (es. i servizi pubblici e commerciali) o in termini di miglioramento del contesto urbano ed ambientale.

Il programma deve, infatti, essere finalizzato alla riconversione di parti della città che risultano obsolete e degradate rispetto allo sviluppo urbano emergente - al centro come in periferia, eventualmente anche considerato il territorio contermine di altri comuni - e deve quindi presupporre un'attenta analisi della criticità, la cui rimozione costituisce premessa per il raggiungimento di una nuova qualità di città.

L'art. 3 individua, inoltre, al comma 1 gli ambiti su cui possono attuarsi gli interventi compresi nel Programma Integrato di Intervento e si palesa estremamente innovativo laddove ammette la possibilità di operare su aree anche non contigue tra loro, ricomprendendo tra le aree a vocazione edificatoria anche quelle interessate da vincoli decaduti, nonché aree appartenenti al territorio di comuni diversi.

Il comma 4 pone, invece, un criterio di priorità per i programmi che prenderanno in considerazione aree socialmente degradate, individuate dai comuni con delibera di consiglio (anche in sede di approvazione del documento di inquadramento), acquisito il parere del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza.

Trattasi di criterio di priorità temporale vincolante per i comuni in sede di selezione dei programmi integrati di intervento, fermo restando che tale indicazione non esclude né può tardare l'approvazione di Programmi integrati di diversa funzione, specie laddove non vengano presentate proposte conformi al comma 4 in esame o non sussistano le condizioni ivi specificate.

Il criterio di cui al comma 4 rappresenta al contempo un vincolo per la regione in sede di definizione dei piani di riparto delle risorse di bilancio annualmente disponibili, per quanto concerne programmi di edilizia residenziale pubblica o anche per altre tipologie di interventi (ad esempio: opere infrastrutturali o di urbanizzazione; adeguamento o creazione di strutture produttive o turistiche; interventi di riqualificazione ambientale, ecc.).

 

 

3. Requisiti e presupposti

(art. 2)

L'art. 2, comma 2 stabilisce che il Programma Integrato di Intervento deve essere caratterizzato dalla presenza di almeno due dei seguenti elementi indicati dal comma:

- pluralità di destinazione di funzioni

- integrazione di diverse tipologie e modalità di intervento

- incidenza sulla riorganizzazione urbana.

In ordine ai tre elementi evidenziati, è opportuno esporre le precisazioni che seguono.

a) Pluralità di destinazioni e di funzioni

Per destinazione si deve intendere il complesso di usi principali complementari ed accessori, ammesso per gli interventi previsti dal Programma Integrato.

La pluralità di destinazione va, pertanto, intesa come compresenza nel Programma di interventi destinati ad usi diversi.

La pluralità di funzioni va, invece, riferita all'insieme degli obiettivi che il programma persegue, tra i quali sono ad esempio da ricomprendere, oltre a quelli destinati alla residenza, commercio, funzioni terziarie e direzionali, attività produttive, ecc., altresì quelli legati alla realizzazione e al potenziamento delle infrastrutture pubbliche e di interesse pubblico (infrastrutture per la mobilità, servizi scolastici, socio-sanitari, uffici postali, ecc.) e quelli relativi alla riqualificazione ambientale (essenzialmente finalizzati a garantire il rispetto delle prescrizioni delle leggi di settore - aria, acqua, suolo, rumore), nonché naturalistica e paesistica (ad esempio: sistemazione di aree a verde).

b) Integrazione di diverse tipologie e modalità di intervento

La norma si riferisce prevalentemente alla gestione e alla modalità di attuazione del Programma Integrato di Intervento e vuole coniugare il tradizionale aspetto della scelta sulle destinazioni con l'aspetto più marcatamente gestionale ed operativo, favorendo, tra l'altro, il concorso di più soggetti operatori (privati, pubblici, della cooperazione sociale ecc.) e di modalità di finanziamento miste (pubblico/private: art. 2, comma 3).

Nel programma potranno dunque essere ricomprese, organicamente, tutte le tipologie edilizie (ad esempio: edificazione a schiera o a condominio, ecc.) nonché tutte le modalità d'intervento ammesse in base alla vigente legislazione (demolizione e ricostruzione, ristrutturazione edilizia ed urbanistica, fino alla nuova edificazione).

Inoltre, il Programma può prevedere la realizzazione ed il potenziamento dei servizi primari e secondari nelle diverse possibilità offerte dall'art. 6 della legge.

c) Incidenza sulla riorganizzazione urbana

La rilevanza territoriale ai fini della riorganizzazione, è da intendersi prioritariamente in senso qualitativo.

Il programma acquista rilevanza territoriale, non necessariamente sulla base della sua estensione, ma soprattutto per la significatività degli interventi inclusi, tali da incidere sulla riqualificazione di un intero ambito, urbano, riflettendosi anche oltre i limiti territoriali degli interventi individuati (risolvendo, ad esempio, situazioni territoriali obsolete, di degrado, di carenza di servizi, o apportando miglioramenti ambientali, ecc.); oppure per il carattere strategico (dal punto di vista della localizzazione o significatività nel contesto urbano) dell'area di intervento.

Fondamentali sono a tal fine i contenuti di programmazione del documento di inquadramento.

L'art. 2, comma 5 stabilisce che al Programma Integrato di Intervento si applicano le disposizioni dell'art. 1, comma 7 e 8 e dell'art. 3, comma 2, lettera h) e comma 3 della L.R. n. 15 del 1984.

Pertanto, i programmi integrati possono essere approvati ed attuati anche se i relativi interventi non siano previsti nell'ultimo P.P.A. assunto dall'Amministrazione.

Al riguardo si precisa che tale quadro normativo potrà subire modificazioni in relazione all'attuazione che la Regione Lombardia darà, in sede legislativa, all'art. 20 della recente legge 30 aprile 1999, n. 136, che circoscrive la funzione dei P.P.A. alla programmazione degli interventi di espansione (piani attuativi per nuovi insediamenti) e alle rilevanti ristrutturazioni urbanistiche.

 

 

4. Interventi in zona agricola. Ammissibilità

Limiti e condizioni (art. 4)

In zona agricola o assimilabile sono ammessi solo interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente, che può essere destinato a funzioni diverse dall'esercizio dell'agricoltura, fatti salvi eventuali interventi conseguenti alla modifica di destinazione dell'area da agricola a standard.

LIMITI

Nono sono ammessi interventi che comportino la dismissione di edifici ed aree effettivamente adibite all'esercizio dell'attività agricola.

Le trasformazioni realizzate dal programma sul patrimonio edilizio esistente dovranno garantire il rispetto dell'equilibrio ecologico dell'ambiente circostante, inserirsi correttamente nel paesaggio e non compromettere la funzione agricola del territorio limitrofo.

Nelle aree intercluse in zone già urbanizzate, purché non funzionali all'attività agricola ed in quelle agricole ritirate dalla produzione o abbandonate, sono ammesse tutte le tipologie di intervento previste dalla legislazione vigente (dal recupero alla nuova edificazione).

CONDIZONI

1. Il proponente dovrà acquisire specifico certificato tecnico rilasciato dalla Provincia competente, che attesti che le aree comprese nel programma non siano effettivamente destinate all'esercizio dell'attività agricola.

2. Il programma di interventi sulle aree ritirate dalla produzione agricola o abbandonate, dovrà conseguire l'obiettivo di un recupero di presenze significative che caratterizzano l'ambiente e garantire opportuni meccanismi di compensazione, mediante l'offerta di servizi ed incentivi per attività ecocompatibili. Rilievo particolarmente significativo potrà ad esempio assumere la previsione, nel programma, di interventi compensativi a fronte della eventuale perdita di preesistenti emergenze ambientali.

 

 

5. Documento di inquadramento

(art. 5; art. 8, comma 6)

Il documento di inquadramento e lo strumento con cui l'amministrazione comunale definisce un quadro di riferimento per le trasformazioni urbanistico-territoriali che vuole promuovere attraverso la concentrazione e la cooperazione con soggetti pubblici e privati.

Il documento deve individuare gli obiettivi generali e gli indirizzi dell'azione amministrativa.

L'elaborazione del documento di inquadramento va effettuata sulla base di una attenta e critica analisi del complesso della strumentazione pianificatoria (PRG vigente ed eventualmente adottato, piani attuativi in itinere, programmi e piani settoriali) e programmatoria (programma opere pubbliche e progetti di opere ed infrastrutture già preventivati, o approvati, o finanziati, o in corso di attuazione) del comune, al fine di verificarne la capacità di dare risposte all'evoluzione socio-economica della comunità.

OBIETTIVI GENERALI

L'analisi dovrà portare all'individuazione delle modifiche di carattere sociale ed economico in atto e dovrà evidenziare la reale situazione dei servizi alla persona (dall'istruzione alle strutture socio-sanitarie) e dei sistemi di collegamento e mobilità interni ed esterni alla città, al fine di consentire la valutazione degli effetti determinati dai programmi integrati di intervento sugli stessi.

Questo consentirà di determinare, in particolare:

- la necessità di offerta di nuovi servizi alla residenza, al sistema produttivo, alle attività emergenti, ed in genere alle varie funzioni che caratterizzano il territorio comunale;

- l'adeguamento delle infrastrutture per la mobilità e i trasporti;

- la necessità di interventi nel campo patrimoniale della residenza pubblica, compresa l'edilizia convenzionata.

Il documento di inquadramento dovrà individuare in forma chiara la strategia di sviluppo della comunità, sulla quale aprire il confronto e la collaborazione per una sua puntuale definizione progettuale e attuazione negoziata.

Definendo gli obiettivi l'amministrazione comunale dovrà evidenziare quali indicazioni della propria pianificazione urbanistica siano irrinunciabili e quali potranno essere oggetto di modificazione concertata con i diversi soggetti interessati.

Il confronto con la programmazione generale di settore degli enti sovracomunali dovrà costituire un momento essenziale del documento di inquadramento.

A tal fine il servizio strumenti integrati urbani e territoriali della Direzione Generale Territorio ed Edilizia Residenziale si rende disponibile per fornire quegli elementi di conoscenza della programmazione regionale (dal Programma Regionale di Sviluppo, ai piani di settore), che hanno ricadute territoriali utili a definire il quadro di riferimento strategico del documento di inquadramento.

L'assetto strategico delineato nel documento di inquadramento terrà quindi conto dei contenuti della programmazione sovracomunale, dei programmi triennali di opere pubbliche, delle risorse economiche pubbliche e private già attivate o comunque destinate alla realizzazione di interventi infrastrutturali, ed in genere di ogni elemento che concorra a definire il quadro delle trasformazioni in atto o programmate nel sistema territoriale.

Particolare rilievo, in tale quadro, potrà avere il riferimento alla possibilità di avvalersi, per le diverse iniziative, dei finanziamenti regionali disponibili in base agli specifici piani di riparto: l'individuazione delle scelte strategiche non può infatti disgiungersi, sia nella fase del documento di inquadramento che in quella di esame delle proposte di programmazione integrata, dalla valutazione delle concrete possibilità di reperire risorse finanziarie per garantirne l'attuazione.

Relativamente a tale aspetto, si specifica che, essendo quello dei P.P.I. uno strumento ordinario di programmazione territoriale, non sono allo stato previsti finanziamenti specifici in merito, salvo il caso di priorità che potrà essere stabilito, nell'ambito degli ordinari piani di riparto regionali, per le situazioni indicate al comma 4 dell'art. 3.

Sarà, quindi, parte rilevante dell'attività di programmazione integrata, sia da parte dei privati in relazione dell'elaborazione delle proprie proposte, che da parte dell'amministrazione, strutturare il contenuto dei programmi anche in rapporto alla possibilità di attivare le diverse linee di finanziamento reperibili in via ordinaria e straordinaria presso l'ente regionale (F.R.I.S.L., leggi di finanziamento per attività produttive e turistiche, programmi di edilizia residenziale pubblica, ecc.) o presso lo Stato e la Comunità europea.

INIDIRIZZI DELL'AZIONE AMMISTRATIVA

Il processo decisionale che accompagna la formazione del consenso sulle proposte, la cooperazione tra i diversi soggetti pubblici e privati, l'interazione tra le politiche-obiettivi dell'amministrazione e i progetti presentati, necessita della definizione di alcune regole che l'amministrazione comunale può opportunamente definire nel documento di inquadramento.

Tali regole potranno essere utili per indirizzare e valutare le proposte di intervento, e per individuare gli interventi cui dare priorità di attuazione.

In particolare si sottolinea l'opportunità che il documento da inquadramento, in relazione ai disposti, assuma la funzione di coordinare in un quadro organico di programmazione strategica anche gli indirizzi concernenti il particolare aspetto dell'organizzazione delle strutture pubbliche e di interesse generale.

CARATTERE DEL DOCUMENTO

Il documento ha caratteri di flessibilità e dinamicità non essendo vincolante per l'approvazione del Programma Integrato di Intervento (può essere, infatti, modificato od integrato in sede di adozione del programma da parte del consiglio comunale).

È opportuno, perciò, che il documento non ponga parametri rigidi e vincolanti, dato che i programmi e progetti, proposti possono costituire opportunità di verifica ed eventualmente di motivato cambiamento delle strategie, come previsto dal comma 2 dell'art. 5.

Il documento di inquadramento rappresenta in ogni caso il parametro principale di riferimento per le valutazioni dell'amministrazione in ordine alle proposte di programmazione integrata: l'approvazione di programmi non conformi agli indirizzi e ai criteri contenuti nel documento, quindi, dovrà essere assistita da motivazione specifica e congrua, ai sensi del comma 6 dell'art. 8, e dovrà dare luogo a contestuale aggiornamento del documento stesso, in base al comma 2 dell'art. 5.

MODALITÀ DI APPROVAZIONE

La legge prevede l'obbligo di redazione del documento di inquadramento per i comuni tenuti a dotarsi del programma pluriennale di attuazione ai sensi della L.R. n. 15 del 1984. Si ritiene, tuttavia, che lo stesso possa costituire un indispensabile strumento per tutte le amministrazioni comunali.

L'approvazione del documento avviene tramite deliberazione consiliare, da approvarsi preferibilmente, prima della promozione di Programma Integrato di Intervento.

L'art. 5, comma primo, prevede, d'altra parte, la possibilità di approvare il documento di inquadramento anche contestualmente all'adozione del primo P.I.I., intendendo tale espressione, in senso generale e atecnico, quale richiamo di sintesi rispetto alle diverse modalità procedurali di approvazione dei P.I.I. previste dalla legge.

In relazione alle modalità procedurali indicate all'art. 8, il documento di inquadramento contestuale al primo P.I.I. dovrà essere approvato, rispettivamente:

- unitamente alla deliberazione di approvazione consiliare, nel caso di Programma Integrato conforme al P.R.G. vigente (art. 8, comma primo);

- unitamente alla deliberazione consiliare di adozione, nel caso di Programma Integrato approvato ai sensi della L.R. n. 23 del 1997 (art. 8, comma quarto);

- unitamente alla deliberazione consiliare di adozione, nel caso di Programma Integrato soggetto alla procedura di cui all'art. 10 della L.R. n. 23 del 1997 (art. 8, comma terzo).

Qualora il P.I.I. venga approvato tramite accordo di programma (art. 9), il documento di inquadramento deve essere comunque approvato con deliberazione consiliare prima della promozione dell'A.d.P. da parte del sindaco.

 

 

6. Aree per infrastrutture pubbliche e di uso pubblico

(art. 6; art. 7, comma 4; art. 8, comma 5; art. 10, comma 2)

L'art. 6 regolamenta la materia delle aree a standards rispetto al particolare strumento del Programma Integrato di Intervento.

Elemento essenziale del disposto normativo è l'intento di valorizzare l'attivazione di servizi concretamente fruibili dalla collettività in rapporto alle effettive esigenze ravvisabili sul territorio, quale obiettivo prevalente e prioritario rispetto alla mera acquisizione, da parte dell'ente comunale, di aree libere rispondenti esclusivamente a parametri di tipo quantitativo: ciò, ferma restando l'osservanza dei limiti imposti per legge in materia di standards, nella misura minima attualmente prevista per i piani attuativi.

In tale ottica si inquadra soprattutto il comma quinto, che introduce una nuova modalità di reperimento degli standards, alternativa all'istituto ordinario della cessione gratuita al comune (o asservimento ad uso pubblico) di aree libere, e consistente nella realizzazione ed eventualmente gestione diretta di opere di interesse generale da parte dei soggetti attuatori, anche non istituzionalmente competenti.

Tale fattispecie può essere convenzionalmente definita con il termine di standards qualitativo, locuzione che, pur non presente nella legge, è utilizzabile per esclusive ragioni di brevità di esposizione.

L'impostazione recepita dall'articolo in oggetto appare oggi particolarmente rispondente al nuovo quadro normativo generale che si va delineando, nella materia degli standards, per effetto della recentissima sentenza 20 maggio 1999, n. 179 della Corte Costituzionale, che ha affermato il principio della necessaria indennizzabilità dei vincoli urbanistici preordinati all'esproprio in caso di reiterazione (adeguatamente motivata per superare il vaglio di legittimità) per un periodo ulteriore rispetto al termine quinquennale di efficacia stabilito dall'art. 2 della L. n. 1187 del 1968.

In chiave generale, tale sentenza pone innanzitutto l'obbligo, per i comuni, di accompagnare la localizzazione sul territorio delle infrastrutture volte a soddisfare esigenze di carattere generale, effettuata in sede di pianificazione urbanistica, con una ponderata e accurata programmazione della realizzazione di tali previsioni generali, al fine di evitare che l'inattuazione di queste ultime nel termine quinquennale ponga l'amministrazione di fronte all'alternativa di rinunciare ad avvalersi delle aree individuate per tali vocazioni pubblicistiche o di corrispondere indennizzi ai proprietari per conservare la soggezione al vincolo espropriativo.

In questa ottica, la particolare tipologia di standard previsto dal quinto comma dell'articolo in oggetto può costituire strumento utile ed efficace, in quanto assicura la realizzazione diretta ed immediata dell'opera di interesse generale nell'ambito di un più ampio progetto di intervento di interesse privato.

Si ritiene inoltre opportuno sottolineare uno specifico passaggio della sentenza citata secondo la quale «è da precisare esplicitamente che sono al di fuori dello schema ablatorio-espropriativo con le connesse garanzie costituzionali (...) - i vincoli che importano una destinazione (anche il contenuto specifico) realizzabile ad iniziativa privata o promiscua pubblico-privata, che non comportino necessariamente espropriazione o interventi ad esclusiva iniziativa pubblica e quindi siano attuabili anche dal soggetto privato e senza necessità di previa ablazione del bene. Ciò può essere il risultato di una scelta di politica programmatoria tutte le volte che gli obiettivi di interesse generale, di dotare il territorio di infrastrutture e servizi, siano ritenuti realizzabili (e come tali specificatamente compresi nelle previsioni pianificatorie) anche attraverso l'iniziativa economica privata - pur se accompagnati da strumenti di convenzionamento».

I principi affermati nella decisione citata, oltre a confermare la validità e correttezza dell'impostazione recepita nella legge regionale, consentono di individuare una modalità di impostazione nei Programmi Integrati di intervento della tematica dello standards alternativa, anche se prossima, anche a quella disciplinata dal comma quinto della norma in esame.

È infatti possibile che il comune, esprimendo con il programma di intervento una propria specifica scelta programmatoria, imprima alle aree già previste o comunque riservate a destinazioni di interesse generale una particolare funzione, comunque idonea a soddisfare l'interesse generale perseguito (di dotare il territorio di infrastrutture o servizi) ma al contempo compatibile con l'attuazione ad iniziativa privata svolgentesi in regime di mercato.

In quest'ultimo caso, l'area (e quindi la struttura che vi viene realizzata) non viene acquisita al patrimonio comunale né è asservita all'uso pubblico, ma resta in piena proprietà dei soggetti attuatori, per l'attuazione di iniziative, eventualmente regolate da regime convenzionato, conformi alle esigenze di interesse generale determinate dal programma e quindi alla specifica destinazione dell'area a standards.

Tale specifica modalità di risoluzione degli aspetti inerenti il reperimento degli standards appare particolarmente opportuna qualora il Programma Integrato comprenda aree oggetto di vincolo espropriativo decaduto, dato che l'eventuale reiterazione su di esse di vincolo espropriativo comporterebbe, rispetto alla sentenza citata, rilevanti problematiche di compatibilità costituzionale, per la necessità di corrispondere comunque al proprietario un indennizzo per la conservazione della vocazione ablativa.

Per l'ottimale ed organica attuazione di tali principi, appare particolarmente opportuno che il documento di inquadramento operi, nell'ambito dei criteri ed indirizzi generali della programmazione integrata, una selezione delle iniziative private suscettibili di corrispondere a finalità di interesse generale e quindi di costituire specifica modalità attuativa di destinazione a standard.

Si rileva, infine, che la peculiare fattispecie individuata dalla Corte Costituzionale è distinta, per quanto oggettivamente prossima, a quella del c.d. standard qualitativo introdotta dall'art. 6, comma 5, della L.R. n. 9 del 1999.

In quest'ultimo caso, infatti, a fronte dell'obbligo di legge di cedere al comune aree preordinate alla realizzazione di strutture pubbliche o di interesse pubblico, la norma della L.R. n. 9 del 1999 ammette quale modalità integralmente equivalente di adempimento la realizzazione e cessione al comune da parte del privato, di opere idonee a soddisfare l'interesse generale previsto. Con l'ulteriore possibilità, prevista dall'art. 6, comma 5, che dette opere vengano conservate in proprietà dal privato e asservite all'interesse generale tramite un regolamento convenzionale della gestione.

Nel primo caso, individuato dalla Corte Costituzionale, il comune invece assume "a monte" una specifica scelta pianificatoria che investe direttamente la qualificazione dell'area, destinando quest'ultima a finalità di interesse generale che già in origine vengono definite e disciplinate come oggetto di possibile attuazione ad iniziativa privata in regime di libero mercato: in tal caso, il convenzionamento della gestione ha carattere meramente eventuale e non rappresenta asservimento dell'area o dell'opera che vi verrà realizzata all'interesse espresso dall'ente pubblico, quanto garanzia, ove necessario, del perseguimento delle finalità di interesse generale sottese alla destinazione pianificatoria stabilita.

Nell'ipotesi disciplinata dall'art. 6, comma 5, quindi, la qualificazione a standard riguarda l'opera (pur comprendendo ovviamente anche l'area di sedime o di pertinenza della stessa); nella fattispecie cui fa riferimento la Corte Costituzionale, invece, l'area stessa, nonostante il suo mantenimento in proprietà privata, è da qualificarsi come standard, in conseguenza della scelta programmatoria del comune di individuare, determinate iniziative private come specifica esplicazione della destinazione d'interesse generale conferita all'area.

I CONTENUTI DELL'ART. 6

Per quanto concerne le specifiche previsioni contenute nell'art. 6, si rileva che tale norma ai primi tre commi stabilisce i criteri per determinare il quantitativo di aree a standards dovute per ogni Programma Integrato; ai tre commi successivi, definisce invece le modalità alternative per il reperimento della dotazione e per il soddisfacimento degli obblighi in materia.

a) Determinazione delle dotazioni di standard minime obbligatorie per i Programmi Integrati di Intervento

Quanto al primo aspetto, il comma primo e secondo della norma stabiliscono che per ciascun Programma Integrato di Intervento è dovuta la quantità minima di standards richiesta dalla vigente legislazione, con riferimento, quindi, ai disposti dell'art. 22 della L.R. n. 51 del 1975, nella parte riferentesi al fabbisogno minimo di aree di cui è obbligatorio il reperimento nei piani attuativi (con esclusione, quindi, della dotazione aggiuntiva di aree per infrastrutture pubbliche di interesse generale a carattere sovracomunale, richiesta solo nell'ambito dei piani regolatori generali).

I parametri a tal fine stabiliti dall'art. 22 citato, rispetto alle diverse tipologie funzionali ivi previste, devono inoltre essere verificati ed applicati, ai sensi del comma secondo dell'articolo in commento, esclusivamente all'incremento di peso o capacità insediativa aggiuntivi, introdotto dal programma stesso rispetto a quelli esistenti.

Per incremento di capacità insediativa indotto dal programma, si intende l'aumento che questo prevede del volume o della superficie lorda di pavimento da realizzarsi nel comparto di intervento: a tal fine si utilizzerà il parametro di densità edilizia (volume o superficie) previsto dal P.R.G. comunale per la specifica funzione d'uso da insediare, o comunque quello che viene ritenuto maggiormente corrispondente rispetto al complesso integrato delle funzioni previste.

Per incremento di peso insediativo indotto dal programma, si fa riferimento alle operazioni di trasformazione urbanistica che, a parità di volume o superficie rispetto a quella preesistente, comportano variazioni d'uso suscettibili di modificare la dotazione di standards dovuta in rapporto alla situazione preesistente, con riferimento quindi ai disposti dell'art. 2 della L.R. n. 19 del 1992.

Il Programma Integrato di Intervento, in base ai comma citati, non comporta la necessaria verifica della sussistenza della dotazione minima dovuta rispetto al complesso del territorio comunale, anche perché tale obbligo pertiene tipicamente agli strumenti di pianificazione generale.

Si ricorda che l'evidenziazione con apposita tavola del rapporto intercorrente tra il Programma Integrato e le previsioni del piano generale è richiesta, quale documentazione necessaria a corredo del Programma Integrato stesso, dal comma quinto dell'art. 8.

Il comma terzo dell'articolo, inoltre, al fine di assicurare che il programma non riduca la dotazione di standards individuata dallo strumento generale vigente, impone che, in caso di programmi incidenti su aree già destinatarie di previsioni a standards, delle quali sia prevista una nuova destinazione non a standard, il programma debba contestualmente assicurare, oltre alla quota minima determinata ai sensi del comma primo e secondo, altresì il recupero della dotazione di standards in tal modo venuta meno.

Relativamente alle aree gravate da vincolo decaduto, alla luce della sopravvenuta decisione n. 179 del 1999 della Corte Costituzionale, nell'applicazione del comma terzo in esame si deve peraltro tenere conto dei principi innovativamente affermati da tale sentenza.

A tal fine, si rileva innanzitutto che la pronuncia citata conferma esplicitamente la legittimità della motivata reiterazione dei vincoli urbanistici a carattere espropriativo: «(...) può essere confermato che la reiterazione in via amministrativa degli anzidetti vincoli decaduti (preordinati all'espropriazione o con carattere sostanzialmente amministrativo (...) non sono fenomeni di per sé inammissibili dal punto di vista costituzionale. Infatti possono esistere ragioni giustificative accertate attraverso una valutazione procedimentale (con adeguata motivazione) dall'amministrazione preposta alla gestione del territorio (...) entro i limiti della non irragionevolezza e non arbitrarietà».

La medesima sentenza, peraltro, ha stabilito che, in presenza di una pur legittima reiterazione, sussiste l'obbligo dell'amministrazione di corrispondere al privato un indennizzo «non necessariamente integrale o equivalente al sacrificio, ma neppure simbolico», del quale demanda al legislatore statale la definizione.

Conseguentemente, per quanto concerne le aree oggetto di vincolo decaduto, possono darsi nel Programma Integrato di Intervento le seguenti ipotesi:

- il Programma Integrato prevede la diretta reiterazione del vincolo, confermando la destinazione dell'area a usi pubblici e imponendone al privato la cessione gratuita a favore del comune; tale reiterazione dovrà essere adeguatamente motivata con dimostrazione oggettiva e approfondita della sussistenza delle ragioni che, secondo la Corte Costituzionale, legittimano la reiterazione e dovrà comunque dare luogo alla corresponsione di indennizzo che potrà essere convenzionalmente stabilito tra le parti, salvo l'eventuale conguaglio che risulti dovuto in base alla futura legge statale di recepimento della sentenza della Corte.

- il Programma Integrato prevede l'indiretta reiterazione del vincolo, nel senso di consentire al proprietario di adibire l'area ad usi non di interesse pubblico o generale, richiedendo però, al contempo, il recupero della dotazione in base al comma 3 dell'art. 6 in esame (il che evidentemente equivale a conservare la qualificazione dell'area medesima quale standard o urbanizzazione): anche in questo caso, si pone per il comune la necessità di soddisfare il duplice obbligo, di motivazione ed indennizzo, stabilito dalla Corte Costituzionale.

- il Programma Integrato prevede la non reiterazione del vincolo, e la destinazione dell'area ad altri usi non aventi carattere di interesse pubblico o generale: in tal caso, viene meno ogni problematica di motivazione specifica o indennizzo, nonché altresì l'obbligo di recupero della dotazione previsto dal comma 3 in esame dell'art. 6.

Qualora, invece, il Programma Integrato concerna aree oggetto di vincolo urbanistico vigente ed efficace, fatte salve eventuali contestazioni pendenti relativamente al più recente atto di reiterazione del vincolo, la previsione del comma 3 citato dovrà essere osservata.

In ogni caso, si specifica che, ai fini del recupero previsto dal comma 3 delle dotazioni di aree a standard eventualmente venute meno con il Programma Integrato, si potrà fare ricorso a tutte le modalità previste dall'art. 6 per il soddisfacimento di tali obblighi, ivi compresa quella del c.d. standard qualitativo.

In alternativa a quanto fin qui esposto, sussiste la facoltà per i comuni di procedere con il Programma Integrato, per tutte le aree oggetto di previsione vincolistica sia decaduta che efficace, a modificare la specifica previsione pianificatoria inerente tale vincolo, ammettendo che l'attuazione di quest'ultimo possa intervenire anche ad iniziativa privata o pubblico/privata (e quindi eliminando la natura ablatorio-espropriativa del vincolo).

Come già si è anticipato sopra sviluppando indicazioni contenute nella sentenza della Corte Costituzionale citata, all'area può infatti essere conferita una funzione attuabile ad iniziativa privata svolgentesi in "libero regime di economia di mercato" ma corrispondente a finalità di interesse generale, eventualmente garantite da convenzionamento: in tal caso, il programma conferma la preordinazione dell'area a standards, pur modificandone la specifica funzione di servizio, con conseguente inapplicabilità sia dell'obbligo di recupero della dotazione previsto dal comma terzo dell'articolo in commento, sia delle garanzie costituzionali (indennizzo) connesse ad una destinazione ablatorio-espropriativa.

b) Modalità di soddisfacimento della dotazione di standards dovuta

1) Cessione o asservimento di aree libere

Per quanto concerne le modalità di soddisfacimento dell'obbligo di reperimento dello standard, il comma quarto dell'articolo introduce, con riferimento alla ordinaria tipologia della cessione gratuita al comune di aree libere, la previsione esplicita della possibilità di cessione di aree esterne al comparto di intervento, contestualmente prevedendo, peraltro, specifici correttivi e limitazioni rispetto alle categorie di infrastrutture (parcheggi) e alle tipologie funzionali di interventi (attività commerciali o terziarie aperte al pubblico) che comunque necessitano di essere allocate all'interno o nelle immediate prossimità dell'insediamento.

In conformità al disposto, di valenza generale, contenuto nell'art. 22 della L.R. n. 51 del 1975 alla cessione gratuita di aree libere è comunque equiparato l'asservimento ad uso pubblico delle stesse.

2) Realizzazione sostitutiva di opere di interesse generale

Relativamente al comma quinto, che introduce l'istituto che è stato convenzionalmente definito come standard qualitativo dettandone i contenuti e la disciplina, fermo quanto già anticipato in merito, si deve specificare, ad ulteriore chiarimento del disposto normativo, quanto segue.

In primo luogo, la determinazione contenuta nel Programma di avvalersi del c.d. standard qualitativo ha carattere sostitutivo della cessione gratuita di aree libere prevista al comma quarto, e ha valenza egualmente satisfattiva degli obblighi di reperimento delle aree per infrastrutture e servizi pubbliche e di uso generale, data che tali infrastrutture e servizi effettivamente vengono previsti e realizzati.

A tal fine, il programma dovrà specificare l'esatto quantitativo di metri quadri di aree a standards cui corrisponde l'infrastruttura eseguita dal soggetto attuatore, al fine di computare tali spazi per attrezzature pubbliche o di uso pubblico nella documentazione richiesta dal comma quinto dell'art. 8, nonché nei successivi atti comunali di pianificazione.

Si pone quindi la necessità di individuare un idoneo criterio di rapporto delle infrastrutture e servizi di cui al comma quinto in commento con un corrispondente quantitativo di dotazioni di standards.

In merito, la norma non indica alcun criterio vincolante, quale ad esempio potrebbe essere quello del conteggio della s.l.p. complessiva realizzata già stabilito dall'art. 22 della L.R. n. 51 del 1975 per i parcheggi multipiano (che costituiscono l'unico caso assimilabile al c.d. standard qualitativo attualmente previsto dalla legislazione urbanistica generale).

In sede legislativa si è tenuto conto, infatti, dell'estrema varietà delle strutture potenzialmente suscettibili di essere comprese nell'applicazione del comma quinto, molte delle quali hanno un rilievo territoriale, per la qualità del servizio e il costo dell'opera, difficilmente quantificabile in termini di s.l.p. (ad esempio le strutture sportive).

L'unico parametro oggettivo previsto dalla norma è quello per il quale il valore dell'opera deve essere almeno pari a quello delle aree che avrebbero dovuto essere cedute: conseguentemente, si può ritenere che, pur essendo rimessa al comune (in particolare nell'ambito del documento di inquadramento) la definizione in dettaglio del criterio di equivalenza tra strutture e metri quadrati computabili come standard, tale definizione dovrà comunque motivatamente tenere conto del valore dell'opera, in rapporto alle specifiche caratteristiche delle strutture individuate come possibili standard c.d. qualitativo.

Si può comunque ritenere, sulla base della citata prescrizione normativa, che il criterio tipo per effettuare tale ragguaglio possa essere costituito (salvi i casi di applicazione del criterio basato sulla somma della s.l.p., come ad esempio nel già richiamato caso dei parcheggi) dal computo del valore dell'opera, suddiviso per il prezzo al mq delle aree a standards previsto per la motivazione dalle relative deliberazioni comunali.

La relativa definizione del criterio di equivalenza tra strutture e metri quadri computabili come standard è quindi rimessa al comune, in particolare nell'ambito del documento di inquadramento.

Si dovrà in ogni caso tenere conto delle specifiche caratteristiche delle strutture individuate come possibile standard c.d. qualitativo; conseguentemente, il criterio di ragguaglio del valore in mq di standards delle infrastrutture realizzate con i Programmi Integrati può, alternativamente, essere costituito:

- dal computo della s.l.p. complessiva dell'opera, per le tipologie che si prestano ad essere valutate sotto tale aspetto (ad esempio: uffici amministrativi, strutture sociali, culturali, sanitarie, parcheggi, ecc.);

- dal computo del valore dell'opera, suddiviso per il prezzo al mq delle aree a standards previsto per la monetizzazione dalle relative deliberazioni comunali, per quanto concerne le tipologie di opere insuscettibili di essere valorizzate in termini di s.l.p. (ad esempio: piscine e strutture sportive).

In secondo luogo, si precisa che, ai fini della realizzazione del c.d. standard qualitativo, l'attribuzione diretta dell'obbligo in tal senso a cura ed onere del soggetto privato attuatore dei P.I.I. non richiede l'esperimento di procedure concorsuali.

Qualora, infatti, sia previsto che la struttura resti a gestione privata convenzionata, si è evidentemente al di fuori della fattispecie delle opere pubbliche per le quali tali obblighi procedurali sono stabilite; qualora invece, il programma preveda la cessione della struttura al comune, la realizzazione da parte del soggetto attuatore si configura come obbligo esecutivo di opera di urbanizzazione, corrispondente agli usuali oneri gravanti sui privati nell'ambito delle convenzioni urbanistiche, il cui adempimento, secondo la vigente legislazione generale, non richiede l'esperimento di procedure concorsuali.

Fa eccezione a tale principio il caso, previsto dall'art. 7, comma quarto, della legge, di attivazione del Programma Integrato di Intervento tramite procedure di project financing.

Si sottolinea peraltro che l'ipotesi indicata dal comma citato è strutturalmente differente da quella del c.d. standard qualitativo, in quanto fa riferimento alla possibilità di proporre all'amministrazione la realizzazione, nell'ambito del Programma Integrato, di opere o infrastrutture pubbliche già previste nella programmazione triennale delle opere pubbliche comunali, la cui necessità, quindi, non è connessa al programma medesimo, e il cui regime, a differenza dell'ipotesi di cui all'art. 6, comma 5, è quello della concessione di costruzione e gestione.

La norma dell'art. 7, comma 4, si limita quindi a prevedere la facoltà dei proponenti di introdurre, tra i possibili e facoltativi contenuti del Programma, altresì l'esecuzione di opere pubbliche in senso proprio in regime di concessione di costruzione e gestione, nel qual caso sarà necessario avvalersi, per tale parte del Programma, della particolare procedura dettata dalla L. n. 415 del 1998.

In caso di previsione di gestione privata della struttura individuata come standard c.d. qualitativo, è necessario precisare o con apposito atto convenzionale, oppure nell'ambito della convenzione ordinariamente da allegarsi al P.I.I., le pattuizioni dirette ad assicurarne la conformità all'interesse generale determinato nel Programma: i contenuti di tale schema convenzionale sono indicati dal comma secondo dell'art. 10.

3) Monetizzazione

Ulteriore modalità di assolvimento dell'onere di conferimento degli standards prevista dalla norma in esame è quella della monetizzazione (già ammessa in via generale dell'art. 12 della L.R. n. 60 del 1977).

Quest'ultima costituisce peraltro l'unica modalità che, a differenza della cessione gratuita o asservimento ad uso pubblico, da un lato, e del c.d. standard qualitativo, dall'altro, non assicura l'effettivo soddisfacimento delle infrastrutture e servizi necessari, limitandosi ad attribuire al comune le risorse finanziarie per provvedere successivamente in merito.

Per tali motivi, il ricorso a tale istituto è da considerarsi, indicativamente, quale soluzione utilizzabile solo in caso di impossibilità o assoluta inopportunità di ogni altra modalità alternativa, ferma restando l'osservanza dei particolari obblighi che il comma sesto dell'art. 6 impone, in tal caso, al fine di assicurare che la monetizzazione dia effettivamente luogo all'acquisizione delle aree ad uso pubblico.

 

 

7. Modalità di attivazione e di finanziamento

(art. 2, comma 3; art. 7)

Ai sensi dell'art. 7 legittimati a presentare al comune un ipotesi di intervento, sono soggetti pubblici e privati, anche riuniti in consorzio o associati tra loro (enti pubblici, imprese, singoli proprietari), ivi comprese le cooperative e loro consorzi.

L'impulso procedimentale può essere, quindi, sia l'ufficio che di parte.

La possibilità dei privati di presentare proposte, è però subordinata all'effettiva disponibilità, nelle varie forme previste del codice civile, degli immobili (aree e fabbricati) ricompresi nel programma.

In caso di disponibilità solo parziale di questi ultimi, il comma secondo prevede la possibilità di avvalersi della vigente disciplina dei comparti edificatori.

 

 

8. Documentazione minima a corredo del Programma Integrato di Intervento

(art. 7, comma 4)

La documentazione minima da allegarsi necessariamente al Programma Integrato di Intervento è la seguente:

1. Planimetria di inquadramento territoriale (scala 1:10.000) con la individuazione del comparto oggetto di intervento, dei sistemi e dei sub-sistemi ambientali (come individuati dalle vigenti prescrizioni) infrastrutturali e dei servizi urbani e territoriali e della loro accessibilità, nonché delle previsioni, ritenute significative rispetto alla proposta del Programma Integrato di Intervento, contenute negli strumenti di pianificazione e programmazione sovracomunali.

La rappresentazione cartografica in scala 1:10.000 dovrà essere effettuata sulla carta tecnica regionale, eventualmente su supporto informatico e dovrà evidenziare lo stato dei servizi specificando in particolare e con apposita simbologia grafica, se trattasi di opere e/o servizi esistenti, in corso di realizzazione e/o programmate dagli enti competenti (Secondo le indicazioni fornite dal servizio strumenti integrati urbani e territoriali della Direzione Generale Territorio ed Edilizia Residenziale).

2. Stato di fatto degli ambiti di intervento (da realizzare utilizzando idonee cartografie, purché in scala 1:500 o 1:1000 o 1:2000) contenente le infrastrutture per la mobilità, la consistenza edilizia del comparto, le presenze monumentali, naturalistiche ed ambientali, le urbanizzazioni primarie, i sottoservizi tecnologici (direttiva 3 marzo 1999 della presidenza del Consiglio dei ministri, dipartimento della aree urbane), nonché le caratteristiche morfologiche funzionali e i profili altimetrici estesi ad un intorno significativo, tale da consentire un'opportuna conoscenza del contesto di intervento.

3. Azzonamento del piano regolare generale vigente ed eventualmente adottato, con la documentazione di cui all'art. 8, comma 5 della legge; stralcio del programma pluriennale di attuazione per i casi previsti dalla legge.

4. Progetto planivolumetrico, almeno in scala 1:1.000, definito nelle sue componenti tipologiche, di destinazione e di funzioni, con indicazione delle sagome di ingombro, delle masse e delle altezze dei singoli edifici, nonché del rapporto morfologico e tipologico con il tessuto urbano esistente; individuazione delle aree per infrastrutture pubbliche e di uso pubblico; progetto di insieme degli spazi liberi di interconnessione con l'edificato e con le aree libere;

5. Progetto delle opere di adeguamento dei servizi tecnologici, delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, sviluppato ad un livello di dettaglio utile, a definire gli impegni assunti da parte del proponente nella convenzione di cui all'art. 10 della legge.

6. Computo estimativo di massima dei costi delle opere pubbliche e di interesse pubblico.

7. Documentazione fotografica a colori, che rappresenti da più punti di vista lo stato di fatto dell'area di intervento, le caratteristiche ambientali e naturali della stessa, nonché i rapporti intercorrenti con il territorio circostante.

8. Relazione tecnica contenente in particolare:

- descrizione delle finalità del programma, degli elementi qualitativi e dei risultati attesi anche in rapporto agli obiettivi generali e agli indirizzi fissati dalla amministrazione comunale nel documento di inquadramento ed ai documenti di programmazione sovracomunale;

- dimostrazione degli standard urbanistici in rapporto alla capacità ed ai pesi insediativi indotti dal Programma Integrato di Intervento suddivisi tra le diverse funzioni previste dal programma, secondo il disposto dell'art. 6 della L.R. n. 9 del 1999;

- analisi degli effetti dell'intervento relativamente a suolo, acque, aria, secondo i dati resi obbligatoriamente disponibili dagli enti competenti (o, in assenza di questi ultimi, con rilievi effettuati dai soggetti attuatori), nonché indicazione di eventuali interventi necessari a garantire il rispetto delle prescrizioni delle leggi di settore;

- analisi degli effetti dell'intervento in relazione all'impatto acustico, ove prescritta dalla vigente legislazione, ed indicazione di eventuali misure compensative;

- valutazione della compatibilità geologica dell'intervento;

- descrizione degli effetti dell'intervento sulla funzionalità dei servizi urbani ed extraurbani, dei sottoservizi tecnologici, sul sistema di mobilità e di accessibilità trasportistica.

9. Relazione economica sulla fattibilità del programma, che evidenzi in particolare:

- il concorso delle risorse private e l'eventuale concorso di risorse dei soggetti attuatori pubblici, con riferimento sia alla realizzazione che alla gestione di opere o interventi di interesse pubblico;

- il programma temporale di attuazione degli interventi ed eventuale frazionamento in stralci funzionali.

10. Schema di convenzione contenente gli impegni assunti dai privati e le garanzie finanziarie richieste per l'attuazione del Programma Integrato di Intervento.

Si ricorda che nei casi in cui il Programma Integrato di Intervento comporti variante urbanistica dovrà essere allegata nei casi previsti dalle circolari attuative della L.R. 24 novembre 1997, n. 41 (adottate con le seguenti deliberazioni di Giunta: Delib.G.R. 6 agosto 1998, n. 6/37918 - Delib.G.R. 6 agosto 1998, n. 6/37919 - Delib.G.R. 6 agosto 1998, n. 6/37920 e pubblicate sul B.U.R.L., 1° Supplemento Straordinario n. 36 dell'8 settembre 1998) apposita perizia geologica da redigersi secondo le modalità in esse indicate.

Inoltre, nei casi in cui i progetti degli interventi ricompresi nel Programma Integrato di Intervento rientrino in una delle ipotesi di cui agli allegati A e B del D.P.R. 12 aprile 1996 (Atto di indirizzo e coordinamento in materia di V.I.A. regionale), si rammenta che ai fini dell'espletamento procedura di valutazione di impatto ambientale o di verifica, dovrà essere allegato al Programma Integrato di Intervento l'apposito studio previsto del D.P.R. stesso.

Ai fini dell'adozione o promozione da parte del comune il Programma Integrato deve obbligatoriamente essere corredato con la documentazione sopra elencata.

A corredo, invece, della proposta iniziale inoltrata all'amministrazione comunale è sufficiente che il proponente presenti la seguente documentazione:

- schema di massima del progetto planivolumetrico di cui al punto 4

- relazione tecnica contenente la descrizione delle finalità del programma, degli elementi qualitativi e dei risultati attesi anche in rapporto agli obiettivi generali e agli indirizzi fissati dalla amministrazione comunale nel documento di inquadramento ed ai documenti di programmazione sovracomunale

- relazione economica di massima con riferimento in particolare alla necessità di realizzazione e conseguente gestione delle opere o interventi di interesse pubblico.

È in facoltà dell'amministrazione comunale di motivatamente richiedere eventuale documentazione integrativa, in relazione alle caratteristiche peculiari del proprio territorio o dello specifico ambito di intervento.

 

 

9. Procedura di approvazione. Varianti alla strumentazione generale urbanistica vigente

(artt. 8 e 9)

L'impianto normativo della legge, per quel che concerne la procedura di approvazione dei programmi integrati di intervento, distingue le seguenti ipotesi:

a) per i programmi integrati di intervento conformi al P.R.G. la procedura è esclusivamente comunale ed è caratterizzata da una fase di adozione di competenza della Giunta comunale, da un successivo deposito per 15 giorni consecutivi presso la segreteria comunale (di tale deposito va dato avviso da pubblicarsi all'albo pretorio e su almeno un quotidiano di interesse locale), cui segue, nei successivi 15 giorni, la presentazione di osservazioni e, infine, l'approvazione definitiva di competenza del Consiglio comunale;

b) nel caso di programmi integrati di intervento comportanti variante urbanistica si applicano le procedure semplificate di cui alla L.R. n. 23 del 1997 nelle fattispecie di variante non sostanziale previste dalla stessa legge;

c) nel caso di programmi integrati di intervento comportanti variante urbanistica non rientrante nelle ipotesi di cui alla L.R. n. 23 del 1997 il sindaco può promuovere il procedimento nell'accordo di programma.

Tale procedura può inoltre essere utilizzata qualora, pur non ricorrendo l'efficacia di variante urbanistica, risulti opportuno avvalersi dell'accordo di programma in relazione alla rilevanza dell'intervento, alla necessità di partecipazione di più soggetti pubblici e privati o alla molteplicità degli interessi coinvolti o qualora il Programma Integrato di Intervento interessi aree socialmente degradate specificatamente individuate dal Consiglio comunale secondo le indicazioni illustrate al punto 2 della presente circolare.

Anche nell'ipotesi dell'accordo di programma con effetto di variante urbanistica la legge (art. 9) pone obbligo di assicurare partecipazione e conoscibilità delle scelte di pianificazione, mediante la pubblicazione della proposta di accordo di programma stesso e la raccolta delle relative osservazioni.

Poiché, peraltro, la norma che regola la fattispecie dell'accordo (art. 27 della legge n. 142 del 1990) prevede un'unica deliberazione consiliare, quella di ratifica dell'accordo sottoscritto, ed esclusivamente nel caso siano concessi all'accordo effetti di variante urbanistica, è da ritenersi che l'incombente della pubblicazione debba previamente essere disposto dal soggetto promotore di detto accordo e cioè dal Sindaco, che provvede a disporre la pubblicazione rispetto agli elaborati costituenti il contenuto della proposta di accordo sottoposta alla regione.

Tale pubblicazione potrà, beninteso, essere effettuata anche a seguito di una deliberazione consiliare programmatica e di indirizzo in merito all'accordo stesso, la quale, pur non prevista (ma neppure esclusa) dalla legge, potrà essere, facoltativamente, assunta dall'amministrazione comunale; in particolare, la sottoposizione preventiva dell'accordo di programma alle indicazioni programmatiche del consiglio potrà essere ritenuta opportuna relativamente agli A.d.P. comportanti variante urbanistica, ai fini della preventiva informazione del medesimo organo consiliare, che sarà successivamente competente a ratificare l'accordo di programma.

L'esame valutazione e controdeduzione delle osservazioni presentate spettano, nel caso di accordo di programma, al comitato per l'accordo.

Qualora l'accordo di programma preveda effetti di variante urbanistica, con la deliberazione di ratifica da parte del Consiglio si procederà inoltre a definitiva e formale decisione delle osservazioni presentate, tramite presa d'atto delle controdeduzioni formulate dal comitato.

La deliberazione di ratifica dell'accordo di programma costituisce, infatti, l'unico atto della procedura avente contenuto propriamente urbanistico, anche se, è naturale che dette osservazioni siano state oggetto di valutazione preventiva in sede di redazione dell'accordo stesso da parte di tutti i soggetti pubblici interessati.

 

 

10. Convenzione attuativa e varianti al Programma Integrato di Intervento

(art. 10)

L'art. 10 disciplina i contenuti della convenzione attuativa da stipularsi successivamente all'approvazione del Programma Integrato di Intervento, con riferimento, in primo luogo, alle ordinarie previsioni inerenti i reciproci diritti ed obblighi stabiliti per l'esecuzione del programma, e la relativa tempistica, che comunque non può eccedere il termine di dieci anni.

Si sottolinea in particolare la necessità che lo schema di convenzione preveda idonee garanzie finanziarie (fideiussioni bancarie o assicurative) di valore pari all'importo delle opere che i soggetti attuatori si impegnano a realizzare, incrementato eventualmente dalle variabili prevedibili (ad esempio: eventuali interessi per il ritardo, variazione dei prezzi): ciò, al fine di assicurare l'effettiva esecuzione delle opere stesse, in sintonia con quanto previsto, ad esempio, al punto 9 dell'elenco documenti, che richiede di allegare al Programma Integrato una apposita relazione economica.

Di particolare interesse è il disposto del comma terzo, che ammette, in caso di programmi particolarmente complessi o rilevanti, di suddividerne l'attuazione in stralci funzionali.

Con la stessa convenzione, o con altro atto convenzionale apposito, devono inoltre essere regolati i rapporti attinenti alla gestione delle strutture realizzate a titolo di standard qualitativo.

Il comma quarto disciplina una specifica procedura di messa in mora del soggetto attuatore privato ai fini della declaratoria di decadenza del Programma Integrato, in caso di mancata stipulazione della convenzione attuativa decorso un anno dalla definitiva approvazione del programma.

Si specifica che, qualora l'inerzia o il rifiuto di sottoscrizione derivi dal comune o comunque da soggetto pubblico partecipante al programma, il privato potrà esperire le ordinarie procedure previste dalla normativa e prassi giurisprudenziale vigente per la formazione di silenzio rifiuto suscettibile di impugnativa avanti i competenti organi giurisdizionali, o per la richiesta di attivazione dei poteri sostitutivi spettanti alla regione in base alla L.R. 23 giugno 1997, n. 23, ai sensi della L. 30 aprile 1999, n. 136.

Il comma quinto, infine, stabilisce che le varianti al Programma Integrato di intervento devono essere ordinariamente approvate con le stesse procedure previste per l'approvazione del programma stesso, qualora il programma sia stato approvato tramite accordo di programma, la competenza ad approvarne le varianti spetta, peraltro, al collegio di vigilanza pervisto dall'art. 27 della L. n. 142 del 1990.

Le varianti indicate dall'art. 10, comma 7, della L.R. n. 23 del 1997, potranno invece essere assentite, in ogni caso, direttamente dal comune in sede di rilascio delle concessioni edilizie e relative varianti.

Relativamente all'applicazione di tale norma, si ritiene opportuno, per evitare successivi contrasti interpretativi, che il Programma Integrato indichi espressamente, nell'ambito del progetto planivolumetrico richiesto dal punto 4 dell'elenco documenti, quali documenti e componenti tipologiche abbiano carattere essenziale, e siano quindi insuscettibili di formare oggetto di varianti con le procedure semplificate.

 

 

11. Modificazioni ed integrazioni alla legislazione vigente

(art. 11)

L'art. 11 prevede, al comma primo, l'applicabilità delle disposizioni della legge al diverso ma affine istituto dei programmi di recupero urbano (art. 11 della L. n. 493 del 1993).

Il secondo comma concerne invece i Programmi integrati di recupero (L.R. n. 23 del 1990), per disporne, oltre alla proroga dei termini di inizio lavori al 31 dicembre 1999, altresì la possibilità per i comuni di apportare modifiche ai programmi già approvati dal Consiglio comunale e dalla regione senza necessità di approvazione di quest'ultima, qualora trattasi di varianti non incidenti né sull'assetto urbanistico né sugli elementi a suo tempo valutati per l'attribuzione dei finanziamenti regionali.

 

 

12. Entrata in vigore delle legge

(art. 12)

In conformità ai principi generali dell'ordinamento, si precisa che la legge n. 9 del 1999 potrà essere applicata anche alle procedure già in corso alla data della sua entrata in vigore, purché compatibili: è quindi in facoltà delle amministrazioni ricondurre all'istituto del Programma Integrato procedure in itinere di approvazione di piani attuativi in variante urbanistica ai sensi dell'art. 6 della L.R. n. 23 del 1997, procedure di accordo di Programma, ecc., sempre che ciò non contrasti con lo stato di avanzamento della procedura interessata o con specifiche esigenze del comune.

A tal fine, è peraltro necessario che, in sede di documento di inquadramento, da assumersi comunque preliminarmente all'approvazione definitiva del Programma Integrato o alla stipulazione dell'eventuale accordo di Programma, il comune dia atto dell'intento di ricondurre all'istituto dei Programmi Integrati di Intervento la specifica procedura in corso.