§ 4.2.4 – L.R. 10 aprile 1996, n. 8.
Norme per la protezione della fauna selvatica e disciplina dell'attività venatoria in Campania.


Settore:Codici regionali
Regione:Campania
Materia:4. assetto e utilizzazione del territorio
Capitolo:4.2 caccia e pesca
Data:10/04/1996
Numero:8


Sommario
Art. 1.  Finalità.
Art. 2.  Patrimonio faunistico regionale e tutela.
Art. 3.  Divieto di uccellagione.
Art. 4.  Cattura temporanea e inanellamento.
Art. 5.  Centri di recupero della fauna selvatica.
Art. 6.  Esercizio venatorio da appostamento fisso.
Art. 7.  Allevamento, detenzione e uso dei richiami per la caccia da appostamento.
Art. 8.  Tassidermia.
Art. 9.  Funzioni amministrative.
Art. 10.  Pianificazione faunistico venatoria. Strumenti di attuazione.
Art. 11.  Piano faunistico.
Art. 12.  Oasi di protezione e zone di ripopolamento e cattura.
Art. 13.  Centri pubblici di produzione della selvaggina.
Art. 14.  Allevamenti privati.
Art. 15.  Zone di addestramento cani e campi di gare.
Art. 16.  Specie cacciabili e periodi di attività venatoria.
Art. 17.  Controllo della fauna selvatica.
Art. 18.  Introduzione di fauna selvatica dall'estero.
Art. 19.  Esercizio dell'attività venatoria.
Art. 20.  Mezzi per l'esercizio dell'attività venatoria.
Art. 21.  Fondi chiusi.
Art. 22.  Divieto di caccia nei terreni in attualità di coltivazione.
Art. 23.  Aziende faunistico-venatorie e aziende agri-turistico- venatorie
Art. 24.  Calendario Venatorio Regionale.
Art. 25.  Divieti.
Art. 26.  Risarcimento danni alle produzioni agricole.
Art. 27.  Associazioni Venatorie.
Art. 28.  Vigilanza Venatoria.
Art. 29.  Poteri e compiti degli addetti alla vigilanza venatoria.
Art. 30.  Agenti dipendenti degli enti locali.
Art. 31.  Sanzioni penali.
Art. 32.  Sanzioni amministrative.
Art. 33.  Sospensione, revoca e divieto di rilascio della licenza di porto di fucile per uso di caccia. Chiusura o sospensione dell'esercizio commerciale.
Art. 34.  Oblazione e definizione amministrativa delle sanzioni.
Art. 35.  Licenza di porto di fucile per uso di caccia e abilitazione all'esercizio venatorio.
Art. 36.  Gestione programmata della caccia.
Art. 37.  Compiti dei Comitati di gestione.
Art. 38.  Funzione delle Province nella gestione degli A.T.C.
Art. 39.  Tassa di Concessione Regionale.
Art. 40.  Utilizzazione dei proventi.
Art. 41.  Disposizioni transitorie e finali.


§ 4.2.4 – L.R. 10 aprile 1996, n. 8. [1]

Norme per la protezione della fauna selvatica e disciplina dell'attività venatoria in Campania.

(B.U. n. 22 del 19 aprile 1996).

 

Art. 1. Finalità.

     1. La Regione Campania, nell'ambito dei principi di cui all'art. 5 dello Statuto regionale e conformemente a quanto disciplinato, in via generale, dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157, e dalla legge regionale 1° settembre 1993, n. 33, tutela le specie faunistiche viventi anche temporaneamente sul territorio regionale e, al fine di regolamentare l'attività venatoria, adotta la presente legge.

     2. Le norme dettate dalle convenzioni internazionali e dalle direttive comunitarie in materia di tutela del patrimonio faunistico, informano, altresì, l'azione amministrativa della Regione e degli Enti delegati.

 

     Art. 2. Patrimonio faunistico regionale e tutela.

     1. La fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità regionale, nazionale ed internazionale.

     2. Fanno parte del patrimonio faunistico regionale i mammiferi e gli uccelli temporaneamente o stabilmente dimoranti in stato di naturale libertà in Campania.

     3. L'esercizio dell'attività venatoria è consentito purché non contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica e non arrechi danno effettivo alle produzioni agricole.

     4. Le direttive 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979, 85/411/CEE della Commissione del 25 luglio 1985 e 91/244/CEE della Commissione del 6 marzo 1991, con i relativi allegati, concernenti la conservazione degli uccelli selvatici, sono integralmente recepite ed attuate nei modi e nei termini previsti dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157, la quale costituisce inoltre attuazione della Convenzione di Parigi del 18 ottobre 1950, resa esecutiva con legge 24 novembre 1978, n. 812, e della Convenzione di Berna del 19 settembre 1979, resa esecutiva con legge 5 agosto 1981, n. 503.

     5. La Regione, in attuazione delle citate direttive 79/409/CEE, 85/411/CEE e 91/244/CEE, provvede ad istituire lungo le rotte di migrazione dell'avifauna segnalate dall'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, zone di protezione finalizzate al mantenimento degli habitat, alla tutela del transito migratorio ed al ripristino dei biotopi eventualmente danneggiati.

     6. Sono particolarmente protette, anche sotto il profilo sanzionatorio, le specie di fauna selvatica comunque presenti nel territorio regionale elencate dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157, art. 2 e quelle indicate dagli atti della CEE, o convenzioni internazionali, come minacciate di estinzione.

     7. Per le specie di cui al precedente comma, ancorché non presenti attualmente nel territorio della Regione Campania, è vietata comunque la detenzione sotto qualsiasi forma.

     8. Sono escluse dalla tutela le talpe, i ratti, le arvicole e i topi propriamente detti.

 

     Art. 3. Divieto di uccellagione.

     1. E' vietata in tutto il territorio regionale ogni forma di uccellagione e di cattura di uccelli e di mammiferi selvatici, nonché il prelievo di uova, nidi e piccoli nati.

     2. Sono fatte salve le forme di cattura previste e regolamentate dalla presente legge.

 

     Art. 4. Cattura temporanea e inanellamento.

     1. E' vietata su tutto il territorio regionale qualsiasi cattura di fauna selvatica per la vendita a fini di richiamo.

     2. La Giunta Regionale, su parere dell'Istituto Nazionale della Fauna Selvatica - I.N.F.S. -, può autorizzare, con decreto del Presidente, esclusivamente Istituti Scientifici delle Università e del Consiglio Nazionale delle Ricerche e i musei di storia naturale ad effettuare, a scopo di studio e ricerca scientifica, la cattura e l'utilizzazione di mammiferi ed uccelli, nonché il prelievo di uova, nidi e piccoli nati.

     3. L'attività di cattura temporanea per inanellamento può essere svolta esclusivamente da titolari di specifica autorizzazione, rilasciata dalla Regione con decreto del Presidente della Giunta previa acquisizione del parere dell'I.N.F.S. che sarà espresso dopo superamento, da parte del richiedente, di esame, a termine di apposito corso organizzato dallo stesso Istituto, al quale il richiedente è tenuto a partecipare.

     4. E' fatto obbligo a chiunque abbatte, cattura o rinviene uccelli inanellati di darne notizia all'I.N.F.S. o all'Amministrazione Provinciale nel cui territorio si verifica il fatto che provvederà ad informare l'I.N.F.S..

 

     Art. 5. Centri di recupero della fauna selvatica.

     1. La Giunta Regionale, sentito l'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, autorizza l'istituzione di Centri di Recupero della Fauna Selvatica ai sensi dell'articolo 4, comma 6, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, aventi le finalità di soccorrere, riabilitare e reintrodurre esemplari di fauna selvatica feriti. Tali autorizzazioni possono essere concesse ai Dipartimenti scientifici delle Università, alle Associazioni venatorie e a quelle di protezione ambientale riconosciute dal Ministero dell'Ambiente e operanti in Campania.

     2. I requisiti tecnici e scientifici necessari per l'istituzione di un Centro di Recupero della Fauna Selvatica, sono:

     a) una struttura medico-veterinaria in grado di far fronte anche a difficili patologie e diretta da un medico veterinario;

     b) voliere di misura adeguata per la riabilitazione degli animali costruite con particolari materiali in grado di evitare la vista dell'uomo;

     c) disponibilità di personale qualificato con esperienza almeno biennale nel recupero di fauna selvatica, certificata da altri centri autorizzati già operanti.

     3. La Giunta Regionale autorizza l'istituzione dei centri di cui al comma 1 del presente articolo, previo accertamento dei suddetti requisiti, e con propria delibera stabilisce l'assegnazione di eventuali contributi da versarsi annualmente all'inizio della stagione venatoria.

     4. I Centri di Recupero della Fauna Selvatica faranno pervenire annualmente alla Giunta Regionale e all'Amministrazione Provinciale, nel cui territorio ricade il centro, dettagliate relazioni sulle attività svolte.

     5. Le relazioni dovranno essere portate a conoscenza dei comitati provinciali e regionali della caccia. La mancata presentazione di dette relazioni comporta la revoca dell'autorizzazione. Per la liberazione degli animali recuperati è necessario il marcaggio operato da personale tecnico autorizzato dall'I.N.F.S..

 

     Art. 6. Esercizio venatorio da appostamento fisso.

     1. Sono considerati fissi gli appostamenti di caccia costruiti con adeguati materiali, con preparazione di sito, destinati all'esercizio venatorio almeno per un'intera stagione di caccia e/o ogni altro appostamento realizzato con strutture fisse o mobili che comportino preparazione di sito o modifica delle condizioni del luogo.

     2. Sono anche considerati appostamenti fissi di caccia le tine, le zattere e le imbarcazioni stabilmente e saldamente ancorate nelle paludi e negli stagni o sui margini di specchi di acqua naturali o artificiali e quelli ubicati al largo dei laghi e dei fiumi, destinati all'esercizio venatorio agli acquatici.

     3. Gli appostamenti fissi di caccia non possono avere più di un impianto stabile e non più di due postazioni di osservazione o di sparo.

     4. Per gli appostamenti all'avifauna selvatica acquatica, collocati in terra ferma, gli impianti devono avere una stabile occupazione di sito ed apprestamenti idonei a consentire il costante allagamento del suolo pena la revoca dell'autorizzazione.

     5. L'autorizzazione per l'impianto di appostamento fisso è rilasciata dalla Provincia, ha validità minima per 5 anni, salvo revoca, deve essere corredata da planimetria in scala 1:2000 indicante l'ubicazione dell'appostamento ed è inoltre subordinata al possesso, da parte del richiedente, del consenso scritto del proprietario e del conduttore del terreno, lago o stagno privato qualora trattasi di diversa persona.

     6. La Provincia autorizza la costituzione e il mantenimento degli appostamenti fissi anche con uso di richiami vivi di allevamento che richiedono l'opzione per la forma di caccia in via esclusiva e la cui ubicazione non deve comunque ostacolare l'attuazione del piano faunistico- venatorio.

     7. Ai fini dell'attuazione di quanto previsto al 3° comma dell'art. 5 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, il numero degli appostamenti autorizzati non potrà essere superiore a un appostamento per ogni 3000 ha di superficie provinciale utile alla caccia e non potranno essere ubicati a meno di 1.000 metri dalla battigia del mare nè avere superficie inferiore a 10.000 mq.

     8. Ogni appostamento fisso è soggetto al versamento annuale della tassa di concessione regionale prevista dalle tabelle annesse al decreto legislativo 23 giugno 1991, n. 230 e successive modificazioni ed integrazioni.

     9. Non è consentito costruire appostamenti fissi di caccia a distanza inferiore a 400 metri dai confini di parchi e riserve naturali, dalle oasi di protezione e dalle zone di ripopolamento e cattura. La distanza fra appostamenti non deve essere inferiore a 500 metri.

     10. Ferma restando l'esclusività della forma di caccia ai sensi e per gli effetti del disposto di cui al comma 5 dell'art. 12 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 è consentito al titolare ed alle persone autorizzate il vagare o il soffermarsi in attitudine di caccia, entro il raggio di 200 metri dall'appostamento fisso per il recupero della selvaggina ferita anche con l'uso del cane da riporto.

     11. E' vietata la caccia in forma vagante ad una distanza minore di metri 100 dagli appostamenti fissi segnalati con apposite tabelle a cura del titolare, durante l'effettivo esercizio di essi, salvo il consenso del titolare.

     12. L'accesso all'appostamento fisso con armi proprie e con l'uso di richiami è consentito unicamente a coloro che abbiano esercitato l'opzione per la specifica forma di caccia. Oltre al titolare, possono accedere all'appostamento fisso le persone autorizzate dal titolare medesimo.

     13. Le Province, nel limite di cui al comma 7, possono rilasciare autorizzazioni dando priorità alle domande di ultrasessantenni, di inabili, di portatori di handicap fisici e di coloro che per sopravvenuto impedimento fisico non siano più in condizioni di esercitare la caccia in forma vagante.

     14. Per motivate ragioni le Province possono consentire al titolare di impiantare l'appostamento fisso di caccia in una zona diversa da quella in cui era stato in precedenza autorizzato.

     15. Gli appostamenti che non comportino modificazione del sito e siano destinati all'esercizio venatorio per non più di una giornata di caccia sono considerati temporanei. Al termine della giornata il cacciatore deve rimuovere il materiale usato per la costruzione dell'appostamento.

     16. La preparazione dell'appostamento temporaneo non può essere effettuata mediante taglio di piante, nè con impiego di parti di piante appartenenti alla flora spontanea protetta.

     17. Il titolare dell'autorizzazione dell'appostamento fisso di caccia, previo accordo con il proprietario o conduttore del fondo, provvede di norma, durante il corso dell'anno, al mantenimento delle caratteristiche naturali dell'ambiente circostante, per la tutela della fauna selvatica e della flora, almeno nel raggio di 100 metri dal centro dell'impianto.

     18. E' vietato l'uso di richiami vivi che non siano identificati mediante anello inamovibile numerato ed apposto sul tarso di ogni singolo esemplare.

 

     Art. 7. Allevamento, detenzione e uso dei richiami per la caccia da appostamento.

     1. La Giunta Regionale con apposito provvedimento disciplina l'allevamento, la vendita e la detenzione di uccelli allevati appartenenti alle specie cacciabili, nonché il loro uso in funzione di richiami per la caccia da appostamento temporaneo.

     2. La Giunta Regionale disciplina con apposito provvedimento la costituzione e la gestione del patrimonio di richiami vivi da appostamento temporaneo di cattura dell'annata, appartenenti alle seguenti specie: allodola, cesena, tordo bottaccio, tordo sassello, storno, merlo, passero, passera mattugia, pavoncella e colombaccio. Ad ogni cacciatore che eserciti l'attività venatoria da appostamento fisso in via esclusiva, è consentita la detenzione di richiami in un numero massimo di dieci unità per ogni specie, fino ad un massimo complessivo di quaranta unità. Per i cacciatori che esercitano l'attività venatoria da appostamento temporaneo con i richiami vivi, il numero massimo complessivo di richiami non può superare le dieci unità.

     3. Su tutta la Regione Campania è vietata la vendita di uccelli di cattura.

     4. La sostituzione di un richiamo di cattura può avvenire dietro consegna alla Provincia del richiamo morto da sostituire, ovvero previa presentazione di certificato del servizio veterinario della A.S.L. competente e del relativo anellino ovvero per altri comprovati motivi da stabilirsi con norme regionali.

     5. Alle Province spettano compiti di vigilanza e di controllo sull'osservanza delle disposizioni del presente articolo.

 

     Art. 8. Tassidermia.

     1. E' a tutti vietata la detenzione, il commercio, la detenzione a tal fine e la preparazione di uccelli o mammiferi, trattati con procedimento tassidermico o con analoghi procedimenti, appartenenti alla specie non cacciabili ai sensi della legge 11 febbraio 1992, n. 157, delle direttive CEE e convenzioni internazionali in materia di caccia ed ogni altra disposizione emanata dalla Regione Campania.

     1bis. Fatto salvo quanto disposto al successivo comma, la preparazione tassidermica delle spoglie è consentita esclusivamente per esemplari appartenenti alle seguenti categorie:

     a) fauna selvatica di cui all’articolo 18 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, purché abbattuta nel rispetto delle normative vigenti in materia;

     b) fauna proveniente dall’estero, purché l’abbattimento o comunque l’impossessamento siano avvenuti in conformità alle legislazioni vigenti in materia nel paese di origine e nel rispetto degli accordi internazionali e della normativa prescritta dalla Convenzione di Whashington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione - CITES ;

     c) fauna domestica;

     d) fauna di comprovata provenienza da allevamenti autorizzati, purché appartenenti a specie cacciabili. [2]

     2. I possessori a qualsiasi titolo di fauna selvatica protetta imbalsamata o di fauna appartenente alle specie di cui al successivo articolo 16, entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge debbono presentare alle Amministrazioni Provinciali un elenco contenente il numero di esemplari posseduti, la specie a cui appartengono e la presunta epoca di cattura e imbalsamazione. Sono esenti da tale obbligo gli Istituti universitari e i musei naturalistici.

     3. Le Amministrazioni Provinciali a mezzo di proprio personale procederanno alla apposizione di proprie targhette inamovibili ed inalterabili su ciascun esemplare denunciato contenente il numero di matricola ad esso assegnato.

     4. Le Amministrazioni Provinciali debbono istituire un registro dei soggetti imbalsamati appartenenti alla fauna selvatica protetta ed un registro per le specie di cui al successivo articolo 16, in cui siano indicate le generalità del possessore, le specie dichiarate, il numero di matricola assegnato, la data presunta di cattura e la data di apposizione del contrassegno. Le Amministrazioni Provinciali possono richiedere rimborso delle spese sostenute per l'apposizione dei contrassegni.

     5. I possessori di selvaggina abbattuta, appartenente alle specie di cui al successivo art. 16, che intendano preparare tali animali con trattamento tassidermico, entro due giorni dall'uccisione dell'esemplare, devono richiedere l'autorizzazione all'Amministrazione Provinciale competente per territorio. Tale autorizzazione può essere concessa soltanto nel periodo intercorrente tra la data di apertura e quella di chiusura della stagione venatoria di cui al successivo art. 16.

     6. La mancata osservanza delle norme di cui al presente articolo comporta le sanzioni di cui all’articolo 32, comma 1, lettera c). Sono fatte salve le sanzioni penali di cui alla Legge 11 febbraio 1992, n. 157, articolo 30, comma 2 [3].

     7. Le autorizzazioni all'esercizio dell'attività di tassidermista saranno rilasciate dal Presidente dell'Amministrazione Provinciale, a persone nominativamente indicate, che abbiano superato apposito esame colloquio con la commissione di esami di cui all'art. 35 della presente legge. La prova dovrà riguardare il riconoscimento delle specie animali oggetto della tutela della presente legge. L'autorizzazione di cui al presente comma non esime da altri obblighi previsti da altre leggi per l'esercizio dell'attività in argomento.

 

     Art. 9. Funzioni amministrative.

     1. Le funzioni amministrative in materia di caccia, salvo quelle espressamente riservate dalla presente legge e dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157, alla Regione, sono delegate alle Amministrazioni Provinciali che le esercitano in conformità alle norme statali vigenti ed alla presente legge.

     2. La Regione e le Province, per l'espletamento delle funzioni di propria competenza si avvalgono dei pareri del Comitato Tecnico Faunistico Venatorio Regionale e del Comitato Tecnico Faunistico Venatorio Provinciale della caccia, organi tecnici consultivi, da istituirsi entro sei mesi dall'approvazione della presente legge, e così costituiti:

     a) Comitato Tecnico Faunistico Venatorio Regionale (C.T.F.V.R.).

     1) dall'Assessore Regionale alla caccia o suo delegato che la presiede;

     2) dal Dirigente del Settore Regionale Foreste, Caccia e Pesca;

     3) dai Presidenti, o loro delegati, delle Amministrazioni Provinciali della Campania;

     4) da un rappresentante per ciascuna associazione venatoria riconosciuta a livello nazionale;

     5) da tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali e professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale ed operanti in Campania;

     6) da un rappresentante per ciascun ente od associazione di protezione presente nel Comitato Tecnico Faunistico Venatorio Nazionale (C.T.F.V.N.) ed operanti in Campania;

     7) da un rappresentante della Delegazione Regionale dell'Ente Nazionale per la Cinofilia Italiana (E.N.C.I.);

     8) da un Funzionario regionale del Servizio Caccia e Pesca con funzioni anche di segretario, designato dall'Assessore Regionale competente;

     b) Comitato Tecnico Faunistico Venatorio Provinciale (C.T.F.V.P.)

     1) dal Presidente dell'Amministrazione Provinciale, o da un suo delegato, che la presiede;

     2) dal Dirigente dell'Ufficio Provinciale Caccia e Pesca;

     3) da un rappresentante per ciascuna associazione venatorio riconosciuta a livello nazionale ed operante in provincia;

     4) da un rappresentante per ciascun Ente od associazione di protezione presente nel C.T.F.V.N. ed operante a livello provinciale;

     5) da tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali e professionali agricole maggiormente rappresentative in campo nazionale ed operanti a livello provinciale;

     6) da un rappresentante della Delegazione Provinciale dell'Ente Nazionale per la Cinofilia Italiana (E.N.C.I.);

     6-bis) [da un rappresentante provinciale della Società Italiana Pro Segugio] [4];

     7) da un funzionario regionale del Settore Foreste, Caccia e Pesca designato dall'Assessore Regionale competente;

     8) da un funzionario regionale del Settore Tecnico Amministrativo Provinciale dell'Agricoltura designato dall'Assessore al ramo;

     9) da un dipendente dell'Amministrazione Provinciale del Settore competente con funzione anche di segretario.

     3. I componenti dei Comitati durano in carica 5 anni e sono riconfermabili.

     4. La Regione e le Province, nell'espletamento delle funzioni legislative ed amministrative, possono avvalersi della collaborazione dell'Istituto Nazionale della Fauna Selvatica, dei dipartimenti scientifici delle Università, di altri enti ed istituti pubblici specializzati nonché delle Associazioni venatorie e di protezione ambientale riconosciute a livello nazionale.

     5. Il Comitato regionale sarà convocato almeno ogni sei mesi ed ogni qualvolta lo richiede la maggioranza dei componenti o il Presidente.

     6. Il Comitato provinciale viene convocato almeno ogni tre mesi e qualora lo richieda la maggioranza dei componenti o il Presidente.

     7. La Giunta Regionale esercita i poteri di iniziativa e di vigilanza in ordine all'esercizio dei poteri delegati.

     8. In caso di accertata inerzia od inosservanza delle direttive impartite la Giunta Regionale può sostituirsi all'Ente delegato nel compimento degli atti o revocare provvedimenti adottati.

     9. Ai componenti i Comitati tecnici di cui al presente articolo compete una indennità pari a quella prevista all'art. 35 - comma 9 - della presente legge. La Giunta Regionale, annualmente, utilizzando parte dei fondi di cui al successivo art. 40 - lettera d), provvederà al pagamento delle indennità di propria competenza e fornirà alle Province i mezzi per il funzionamento di comitati e commissioni a carattere provinciale.

 

     Art. 10. Pianificazione faunistico venatoria. Strumenti di attuazione.

     1. Gli obiettivi di cui al precedente art. 1 saranno perseguiti mediante:

     a) la destinazione di una quota di territorio agro-silvo-pastorale regionale, compresa tra il 20 ed il 30%, a protezione della fauna selvatica. In detta percentuale sono compresi i territori ove sia comunque vietata l'attività venatoria anche per effetto di altre leggi o disposizioni. Si intende per protezione il divieto di abbattimento e cattura a fini venatori accompagnata da provvedimenti atti ad agevolare la sosta della fauna, la riproduzione e la cura della prole;

     b) la destinazione di una quota massima del 15% del territorio agro- silvo-pastorale regionale all'istituzione di strutture per la gestione privata della caccia;

     c) la destinazione della rimanente parte del territorio agro-silvo- pastorale regionale, ivi comprese le aree contigue dei parchi nazionali e regionali, a forme di gestione programmata della caccia previste dall'art. 36 e seguenti della presente legge.

     2. La quota del 15% di territorio da destinare a gestione privata va sottratta alla gestione programmata man mano che vengono autorizzate ed istituite strutture private di gestione dell'attività.

 

     Art. 11. Piano faunistico.

     1. Le Province, previo parere dei Comitati Tecnici di cui all'art. 9, entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, predispongono, articolandoli per ambiti omogenei, piani faunistico-venatori tenendo conto di quanto previsto dall'art. 10.

     2. I piani comprendono indicazioni e perimetrazioni di massima dove potranno essere istituite:

     a) oasi di protezione, destinate al rifugio, alla sosta ed alla riproduzione della fauna selvatica;

     b) zone di ripopolamento e cattura, destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, alla cattura della stessa per l'immissione sul territorio in tempi e condizioni utili all'ambientamento e fino alla ricostituzione ed alla stabilizzazione della densità faunistica ottimale per il territorio;

     c) centri pubblici di produzione della fauna selvatica allo stato naturale o intensivo;

     d) centri privati di produzione di selvaggina anche allo stato naturale, organizzati in forma di azienda agricola, singola, consortile o cooperativa, ove è vietato l'esercizio dell'attività venatoria;

     e) zone e relativi periodi per l'addestramento, l'allenamento e le gare dei cani su fauna selvatica naturale senza l'abbattimento del selvatico;

     f) zone e periodi per l'addestramento, l'allenamento e le gare di cani con l'abbattimento esclusivo di fauna di allevamento appartenente a specie cacciabili;

     g) zone in cui sono collocabili gli appostamenti fissi;

     h) valichi montani interessati dalle rotte di migrazione;

     i) il piano dovrà inoltre prevedere i criteri per la determinazione del risarcimento in favore dei conduttori di fondi rustici per i danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e le forme di collaborazione ed incentivazione per la migliore gestione delle strutture di cui ai punti a), b) e c) del presente articolo ai fini del ripristino degli habitat naturali ed all'incremento della fauna;

     l) i piani di ripopolamento di fauna selvatica anche tramite la cattura di soggetti, geneticamente compatibili, presenti in soprannumero in altri ambiti faunistici.

     3. La Giunta Regionale, sulla base anche dei criteri forniti dai Ministeri competenti ai sensi del comma 11 art. 10 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, attua il coordinamento dei piani faunistici provinciali nonché, in caso di inadempienza, esercita i poteri sostitutivi di cui al comma 10 dello stesso art. 10 della legge 11.2.1992, n. 157, e, sentito il C.T.F.V.R. di cui al precedente art. 9, propone al Consiglio Regionale il Piano Faunistico Regionale.

     4. La Giunta Regionale, con proprio atto, determina i criteri per la costituzione di aziende faunistico-venatorie, di aziende agri-turistico- venatorie, di centri pubblici e privati di produzione della fauna selvatica allo stato naturale.

     5. Il piano faunistico-venatorio regionale viene approvato dal Consiglio Regionale previo parere della Commissione Consiliare competente ed ha validità decennale.

     6. Con le stesse modalità vengono approvate varianti, integrazioni e modifiche al piano decennale.

 

     Art. 12. Oasi di protezione e zone di ripopolamento e cattura.

     1. Le oasi di protezione sono istituite dalla Provincia sentito il C.T.F.V.P.

     2. Le oasi di protezione sono finalizzate ad assicurare la sopravvivenza di specie faunistiche in diminuzione, a consentire la sosta e la riproduzione della fauna selvatica, con particolare riferimento alla fauna migratoria, a garantire l'integrità ambientale dei territori di particolare valore naturalistico anche al fine di preservare il flusso delle correnti migratorie.

     3. Le zone di ripopolamento e cattura, istituite con le modalità di cui al punto 1) per la durata minima di cinque anni, sono destinate a consentire la riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale ed alla cattura della stessa per l'immissione nei terreni liberi o nelle strutture di nuova istituzione.

     4. La deliberazione che determina i confini delle strutture deve essere notificata ai proprietari ed ai conduttori dei fondi interessati mediante affissione all'albo pretorio dei comuni territorialmente interessati. Avverso tale deliberazione i proprietari o i conduttori dei fondi, entro 60 giorni dalla notifica, possono produrre opposizione motivata, in carta semplice ed esente da oneri fiscali. Qualora le opposizioni riguardino almeno il 40% del territorio da vincolare la struttura non può essere istituita. Nelle zone non vincolate a seguito delle opposizioni dei proprietari resta vietata ogni attività venatoria e le Province possono destinare le predette zone ad altro uso nell'ambito della pianificazione faunistico-venatoria.

     5. La gestione delle oasi può essere affidata dalla Provincia, mediante convenzioni, ad associazioni ambientaliste presenti nel C.T.F.V.P.; la gestione delle zone di ripopolamento e cattura può essere affidata dalla Provincia ad una o più associazioni venatorie presenti nel C.T.F.V.P.. Le Province possono richiedere altresì consulenze specialistiche ai Dipartimenti di Zoologia delle Università. Le convenzioni saranno stipulate con modalità stabilite dalla Giunta Regionale e saranno operative ad acquisizione del parere favorevole del competente Settore regionale.

     6. Il territorio adibito a protezione della fauna selvatica di cui al 3° comma dell'art. 10 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 deve essere delimitato preferibilmente da confini naturali o strade e tabellato perimetralmente. Le tabelle debbono essere visibili contiguamente.

     7. Le strutture anzidette possono essere revocate dalla Giunta Regionale, sentito il C.T.F.V.R., qualora vengano meno i motivi che ne determinarono l'istituzione.

     8. Qualora ricorrano eccezionali e particolari necessità ambientali e faunistiche, anche al fine di raggiungere la percentuale di territorio da destinare a protezione ai sensi del precedente art. 10, la Regione, sentito il C.T.F.V.R., con delibera della Giunta Regionale può istituire coattivamente zone di ripopolamento e cattura.

     9. Nelle zone di ripopolamento e cattura l'associazione che stipula la convenzione per la gestione può, sentito il C.T.F.V.R., autorizzare gare cinofile con divieto assoluto di abbattimento di fauna di qualsiasi tipo e a condizione che non si arrechi danno alle produzioni agricole.

 

     Art. 13. Centri pubblici di produzione della selvaggina.

     1. I centri Pubblici di produzione della selvaggina hanno lo scopo di produrre selvaggina sia allo stato naturale che in cattività e sono istituiti prevalentemente su terreni di proprietà di enti pubblici. Tali centri possono essere regionali, provinciali e comprensoriali.

     a) La Regione può istituire centri pubblici di produzione della selvaggina allo stato naturale utilizzando proprietà demaniali regionali o comunali o anche proprietà private che abbiano i requisiti necessari previo assenso del proprietario. Hanno lo scopo di produrre selvaggina allo stato naturale, con particolare riferimento agli ungulati, in forma-estensiva e possono attrezzarsi anche per la produzione intensiva di altre specie di piccola mole. La gestione dei medesimi è affidata al Settore Tecnico Amministrativo Provinciale delle Foreste competente, di intesa con il Settore Foreste Caccia e Pesca. I relativi programmi di intervento, vengono approvati e finanziati dalla Giunta Regionale sentito il Comitato Tecnico Regionale;

     b) Le Amministrazioni Provinciali possono istituire "Centri Pubblici provinciali di produzione della selvaggina allo stato naturale" utilizzando proprietà demaniali provinciali o comunali concessi in uso dall'ente proprietario. I centri provinciali hanno gli stessi scopi di quelli regionali, sono gestiti direttamente dalle Province che attuano i programmi di gestione sentito il proprio Comitato Tecnico Faunistico Venatorio Provinciale.

     c) I Comuni singoli o associati possono richiedere la istituzione di "Centri Pubblici comprensoriali di produzione della selvaggina allo stato naturale". Detti centri hanno le stesse finalità dei centri Regionali e Provinciali. Il programma di gestione, redatto annualmente, deve essere preventivamente approvato dall'Amministrazione Provinciale competente per territorio.

     2. L'istituzione dei Centri Pubblici di produzione della Selvaggina allo stato naturale è demandata alla Regione Campania che vi provvede con delibera della Giunta Regionale.

     3. Il prodotto dei Centri Pubblici di produzione della selvaggina allo stato naturale è destinato di norma ai ripopolamenti invernali. L'eventuale eccedenza di produzione ed i capi ottenuti in produzione intensiva possono essere venduti ad enti o privati, a prezzo di mercato, per l'utilizzo nelle aziende faunistiche o nelle aziende agri-turistico-venatorie di cui al successivo art. 23, per scopo alimentare o per la caccia di selezione a pagamento da disciplinare con apposito provvedimento.

 

     Art. 14. Allevamenti privati.

     1. Gli allevamenti privati di specie cacciabili possono essere a scopo di ripopolamento, alimentare, amatoriale, ornamentale o per la cessione quali richiami vivi per la caccia da appostamento. Inoltre possono essere allo stato naturale o di tipo intensivo:

     a) Centri privati di produzione della selvaggina allo stato naturale a scopo di ripopolamento o alimentare. La Giunta Regionale, con decreto del Presidente, sentito il Comitato Tecnico Faunistico Venatorio Regionale può autorizzare l'istituzione di centri privati di produzione della selvaggina allo stato naturale con esclusione nell'impianto di qualsiasi attività venatoria. Nel caso in cui l'allevamento sia gestito da impresa agricola singola, consortile o cooperativa, con una superficie minima di 150 ettari in zone riconosciute svantaggiate ai fini dell'agricoltura, con il decreto di concessione, è possibile consentire al titolare ed a persone dallo stesso incaricate, nel rispetto delle norme della presente legge e della legge 11 febbraio 1992, n. 157, il prelievo di mammiferi ed uccelli in stato di cattività con i mezzi di cui al successivo articolo 20. La concessione è subordinata al pagamento di una tassa di concessione regionale annuale di L. 539.000 ed alla osservanza di un apposito disciplinare contenente le modalità di esercizio dell'attività che sarà emanato, con il decreto di concessione, dal Presidente della Giunta Regionale. La selvaggina prodotta potrà essere venduta previa autorizzazione del Presidente dell'Amministrazione Provinciale che può esercitare il diritto di prelazione al prezzo corrente di mercato. L'inosservanza del disciplinare comporta l'immediata revoca della concessione;

     b) Centri privati di produzione della selvaggina a scopo ripopolamento di tipo intensivo. I centri sono autorizzati con decreto del Presidente della Giunta Regionale, assentito il Comitato Tecnico Faunistico Venatorio Regionale, previa approvazione del progetto di impianto da parte dell'I.N.F.S.. I centri sono soggetti ad una tassa di concessione regionale annuale di L. 539.000.= Il mancato pagamento comporta la revoca della concessione;

     c) I Centri privati di allevamento a scopo alimentare, amatoriale o ornamentale sono a carattere familiare o industriale:

     1) Allevamenti di ungulati, conigli selvatici, lepri, galliformi e anatidi a scopo alimentare, a carattere familiare. Fanno parte di questa categoria gli allevamenti che presentano le seguenti caratteristiche:

     - cinghiali per un numero complessivo non superiore a 5 capi. Per il conteggio del numero dei capi non vengono considerati i soggetti nati nell'anno;

     - conigli selvatici non più di 70 capi, non vengono considerati i soggetti di età inferiore a 60 gg.;

     - fagiani non più di 50 capi;

     - lepri non più di 10 capi non considerando nel numero i soggetti fino a tre mesi;

     - quaglie non più di 100 capi;

     - germano reale non più di 25 capi.

     L'autorizzazione viene rilasciata dall'Assessore Regionale competente a persona nominativamente indicata;

     2) Allevamenti a scopo alimentare e amatoriale che rivestono carattere industriale. Rientrano nella suddetta categoria gli allevamenti che prevedono un numero di capi superiore a quello massimo previsto per gli allevamenti di cui al precedente punto 1. L'autorizzazione viene rilasciata dalla Giunta Regionale previa presentazione da parte dell'interessato, al Settore Foreste Caccia e Pesca, di istanza corredata della seguente documentazione:

     - titolo di possesso del fondo da utilizzare per l'allevamento con allegato estratto di mappa;

     - dettagliata relazione tecnico-economica;

     - grafici delle strutture dell'allevamento da realizzare vistati dall'Ufficio sanitario competente per Comune e relativo computo metrico estimativo;

     - licenza edilizia ove le strutture da realizzare lo richiedano. L'autorizzazione di cui al presente punto è soggetta a tassa di concessione regionale di importo pari alla tassa di cui al comma 1 lett. b) del presente articolo.

     3) Allevamenti a scopo ornamentale o amatoriale di fauna autoctona od esotica:

     A) La Giunta Regionale, con atto deliberativo, autorizza gli allevamenti di mammiferi ed uccelli appartenenti alla fauna autoctona od esotica a scopo ornamentale ed amatoriale;

     B) I permessi ed autorizzazioni di cui al punto precedente vengono rilasciati a persone nominativamente indicate;

     C) Le attività amatoriali di ornicultura e relative alla nidificazione ed all'allevamento in cattività, nonché alla creazione di ibridi, possono essere svolte esclusivamente con i soggetti appartenenti alle famiglie dei fringillidi, dei passeridi, degli emberizidi e dei fasianidi;

     D) Le autorizzazioni di cui al punto C) sono rilasciate dal Presidente dell'Amministrazione Provinciale competente;

     E) I soggetti ottenuti dagli allevamenti debbono essere muniti di anelli inamovibili riportanti l'anno di nascita, il numero progressivo del soggetto e la matricola dell'allevatore;

     F) L'allevatore è tenuto, altresì, a denunciare alla Provincia, entro il mese di dicembre di ogni anno, i soggetti nati nel proprio allevamento nel corso dell'anno indicando i dati riportati sui singoli anelli dei soggetti; è inoltre tenuto a compilare un registro personale dove devono essere indicati tutti i soggetti presenti nell'allevamento. Eventuali nuovi acquisti o scambi devono essere denunciati entro tre giorni all'Amministrazione Provinciale;

     G) In occasione della prima denuncia gli allevatori sono tenuti ad indicare i numeri degli anelli apposti ai soggetti in loro possesso alla data dell'entrata in vigore della presente legge;

     H) Le Amministrazioni Provinciali istituiranno un registro contenente i dati di ogni allevatore autorizzato;

     I) Le Amministrazioni Provinciali autorizzeranno le manifestazioni ornitologiche nelle quali potranno essere esposti esclusivamente soggetti compresi nelle denunce di cui ai commi precedenti.

     4) La mancata osservanza delle norme di cui alla presente lett. C) comporta le sanzioni stabilite dal successivo articolo 32 comma 1 lett c) e l'immediata revoca dell'autorizzazione.

     2. Ai titolari dei centri di cui alle lettere A) e B) possono essere concessi contributi fino al 30% della spesa, elevabile al 50% nei territori montani o ad agricoltura svantaggiata, per l'acquisto di riproduttori, attrezzature e per la realizzazione dell'impianto. All'approvazione dei progetti ed alla concessione del contributo provvede la Giunta Regionale con proprie deliberazioni. Alla liquidazione del contributo ed al pagamento si provvede con Decreto del Presidente della Giunta Regionale previo accertamento di regolare esecuzione degli stati di avanzamento e dello stato finale effettuato da personale del Settore Foreste Caccia e Pesca regionale, ai sensi della legge regionale 31 ottobre 1978, n. 51.

 

     Art. 15. Zone di addestramento cani e campi di gare.

     1. Le Province, su richiesta delle Associazioni venatorie e cinofili ovvero di imprenditori agricoli singoli o associati, istituiscono, su terreni incolti o ad agricoltura svantaggiata, zone destinate all'addestramento, l'allenamento dei cani da caccia ed allo svolgimento delle gare e prove cinofili.

     2. Le zone di addestramento cani già esistenti possono continuare l'attività, previa istanza da presentare all'Amministrazione Provinciale competente per territorio entro e non oltre quattro mesi dall'entrata in vigore della presente legge.

     3. Le Province, su richiesta delle categorie di cui al punto 1., istituiscono zone per l'addestramento, l'allenamento e le gare dei cani da caccia in cui è consentito l'abbattimento di fauna selvatica di allevamento. La concessione o revoca viene effettuata dalla Giunta Provinciale.

     4. Le zone di addestramento cani di cui al punto 1. non potranno avere una superficie inferiore a 100 ettari e potranno anche essere confinanti con le oasi di protezione naturale o con le zone di ripopolamento e cattura o con i parchi e riserve naturali:

     a) La concessione viene rilasciata dal Presidente dell'Amministrazione Provinciale e potrà essere richiesta preferibilmente dalle Associazioni venatorie e cinofili a livello provinciale ed in misura non superiore ad una unità per associazione o gruppo cinofilo affiliato all'Ente Nazionale dei Cinofili Italiani;

     b) alla domanda di concessione dovrà essere allegata una planimetria dei terreni e l'assenso dei proprietari;

     c) alle zone, di cui al comma 1 del presente articolo, dovrà essere consentito il libero accesso a tutti i richiedenti a parità di diritti e di obblighi e potrà essere richiesto il pagamento di un biglietto di ingresso giornaliero;

     d) Nelle predette zone l'addestramento e le gare dei cani sono vietati dal 1° maggio al 31 luglio;

     e) Le gare e l'addestramento dei cani dovranno essere effettuate sotto la sorveglianza di apposito personale, a cura dell'associazione od ente gestore, che assicurerà l'incolumità della selvaggina;

     f) nel decreto di concessione dovranno essere indicate le specie ed il numero dei capi di selvaggina che periodicamente dovranno essere immessi nella struttura a cura del concessionario.

     5. Le zone per addestramento cani con abbattimento di selvaggina di allevamento appartenente alle specie cacciabili di cui al punto 3, dovranno essere istituite in località distanti almeno 150 metri dai centri abitati e da importanti vie di comunicazione e 500 metri dalle strutture faunistiche di cui alle lettere a), b), c), d), e), g), ed h) del precedente articolo 11 e dalle aree protette di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394:

     a) tali zone dovranno essere appositamente tabellate con vistose indicazioni a cura del concessionario e non potranno avere una superficie superiore a 15 ettari nè inferiore a 3 ettari;

     b) in ciascuna Provincia il numero delle zone di cui al comma precedente, è di una per ogni Associazione venatoria e cinofila aumentato di una unità per ogni duemila tesserati;

     c) l'esercizio dell'attività su esclusiva selvaggina di allevamento appartenente alle specie cacciabili è consentito nei modi e tempi disciplinati con apposito provvedimento della Giunta Regionale da adottare entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge;

     d) la concessione viene rilasciata dal Presidente della Giunta Provinciale. Alla richiesta dovrà essere allegata una planimetria del terreno e l'assenso dei proprietari dei terreni oggetto della concessione;

     e) la mancata osservanza delle disposizioni contenute nel presente articolo comporta la revoca immediata della concessione.

     6. Le Province possono autorizzare nei territori previsti dalla presente legge, le rappresentanze provinciali dell'Ente Nazionale per la Cinofilia Italiana ad effettuare prove attitudinali sui selvatici di allevamento previo assenso dei proprietari e conduttori dei fondi territorialmente interessati.

     7. Le Province possono altresì autorizzare le Associazioni venatorie e cinofili ad istituire zone per l'addestramento e l'allenamento dei cani da seguita, purché recintati con rete metallica di maglia non superiore a cm. 4x4 e di altezza non inferiore a m. 1,5.

 

     Art. 16. Specie cacciabili e periodi di attività venatoria.

     1. Ai fini dell'esercizio venatorio è consentito abbattere esemplari di fauna selvatica appartenenti alle seguenti specie e per i periodi sottoindicati:

     a) specie cacciabili dal 1 settembre al 31 dicembre: quaglia (Coturnix coturnix), tortora (Streptopeia turtur), merlo (Turdus merula), allodola (Alauda arvensis), starna (Perdix perdix), pernice rossa (Alectoris rufa), coniglio selvatico (Oryctolagus cuniculus), lepre comune (Lepus europaeus) e fagiano (Phasianus Colchicus) [5];

     b) specie cacciabili dalla terza domenica di settembre al 28 febbraio: storno (Sturnus vulgaris), cesena (Turdus pilaris), tordo bottaccio (Turdus philomelos), tordo sassello (Turdus iliacus), germano reale (Anas platyrhynchos), folaga (Fulica atra), gallinella d'acqua (Gallinula chloropus), alzavola (Anas crecca), canapiglia (Anas stepera), porciglione (Rallus aquaticus), fischione (Anas penepole), codone (Anas acuta), marzaiola (Anas querquedula), mestolone (Anas clypeata), moriglione (Aythya ferina), moretta (Aythya fuligula), beccaccino (Gallinago gallinago), colombaccio (Columba palumbus), frullino (Lymnocryptes minimus), beccaccia (Scolopax rusticola), taccola (Corvus monedula), pavoncella (Vanellus vanellus), cornacchia grigia (Corvus corone cornix), corvo (Corvus frugilegus), cornacchia nera (Corvus corone), ghiandaia (Garrulus glandarius), gazza (Pica pica) e volpe (Vulpes vulpes) [6];

     c) specie cacciabili dal 1° ottobre al 30 novembre: coturnice (Alectoris gaeca), capriolo (Capreolus capreolus), cervo (Cervus elaphus), daino (Dama dama) [7];

     d) specie cacciabili dal 1° ottobre al 31 dicembre oppure dal 1° novembre al 31 gennaio: cinghiale (Sus scrofa).

     2. La Giunta Regionale, con l'emanazione del calendario venatorio di cui al successivo art. 24 può prevedere l'esclusione di alcune specie qualora se ne ravvisi la necessità ai sensi del successivo art. 17.

     3. I termini di cui al comma 1) sono modificati in sede di emanazione del calendario venatorio per determinate specie in relazione alle situazioni ambientali delle diverse realtà territoriali. La Giunta Regionale autorizza le modifiche sentito l'I.N.F.S.. I termini restano comunque compresi tra il 1° settembre ed il 28 febbraio nel rispetto dell'arco temporale massimo indicato al comma 1. L'autorizzazione regionale è condizionata alla preventiva predisposizione dei piani faunistici venatori [8].

 

     Art. 17. Controllo della fauna selvatica.

     1. La Giunta Regionale, per ragioni connesse alla consistenza faunistica o per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o altre calamità, può vietare o ridurre, per periodi prestabiliti, la caccia a determinate specie di fauna selvatica di cui all'art. 16.

     2. La Giunta Regionale, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, dispone il controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia di cui al precedente art. 11 lett. a), b) e c). Tale controllo, esercitato selettivamente, viene praticato di norma mediante l'utilizzo di metodi ecologici su parere dell'I.N.F.S.. Qualora l'Istituto verifichi l'inefficacia dei predetti metodi, la Giunta Regionale può autorizzare piani di abbattimento. Tali piani devono essere attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle Province. Queste ultime possono avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi o di altre persone, purché tutti muniti di licenza per l'esercizio venatorio, nonché delle guardie forestali, delle guardie comunali e delle guardie venatorie volontarie delle Associazioni, tutti muniti di licenza per l'esercizio venatorio.

     3. Nel caso che il controllo della fauna selvatica sia effettuato nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali regionali per ricomporre squilibri ecologici, lo stesso deve essere attuato dal personale dipendente del parco, munito di licenza per l'esercizio venatorio ed in mancanza od insufficienza con le modalità di cui al comma precedente d'intesa con l'Ente gestore della struttura nel rispetto dei principi di cui agli artt. 11 - 4° comma - e 22 - 6° comma della legge 6 dicembre 1991, n. 394.

     4. La Giunta Regionale, per comprovate ragioni di protezione dei fondi coltivati e degli allevamenti da forme inselvatichite di specie domestiche, può autorizzare, su proposta delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale tramite le loro strutture regionali, piani di abbattimento attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle Province con la collaborazione dei proprietari o conduttori dei fondi su cui si attuano i piani medesimi se questi ultimi sono muniti di licenza per l'esercizio venatorio.

 

     Art. 18. Introduzione di fauna selvatica dall'estero.

     1. E' vietato introdurre nel territorio della Regione Campania fauna selvatica viva proveniente dall'estero senza la preventiva autorizzazione del Ministero delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali rilasciata previo parere dell'I.N.F.S..

     2. L'introduzione di selvaggina dall'estero è comunque regolamentata dall'art. 20 della legge 11 febbraio 1992 n. 157.

 

     Art. 19. Esercizio dell'attività venatoria.

     1. L'esercizio dell'attività venatoria è consentito, purché non contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica e non arrechi danno effettivo alle produzioni agricole.

     2. Costituisce esercizio venatorio ogni atto diretto all'abbattimento o alla cattura di fauna selvatica mediante l'impiego dei mezzi di cui al successivo articolo 20.

     3. E' considerato, altresì, esercizio venatorio il vagare o il soffermarsi con i mezzi destinati a tale scopo o in attitudine di ricerca della fauna selvatica o di attesa della medesima per abbatterla.

     4. Ogni altro modo di abbattimento è vietato, salvo che non avvenga per caso fortuito o per forza maggiore.

     5. La fauna selvatica abbattuta durante l'esercizio venatorio, nel rispetto delle disposizioni della presente legge, appartiene a colui che l'ha cacciata.

     6. L'attività venatoria può essere esercitata da chi abbia compiuto il diciottesimo anno di età e sia munito della licenza di porto di fucile per uso di caccia, di polizza assicurativa per la responsabilità civile verso terzi derivante dall'uso delle armi o degli arnesi utili all'attività venatoria, con massimale di lire un miliardo per ogni sinistro, di cui lire 750 milioni per ogni persona danneggiata e lire 250 milioni per danni ad animali ed a cose, nonché di polizza assicurativa per infortuni correlata all'esercizio dell'attività venatoria, con massimale di lire 100 milioni per morte o invalidità permanente.

     7. In caso di sinistro colui che ha subito il danno può procedere ad azione diretta nei confronti della compagnia di assicurazione presso la quale colui che ha causato il danno ha contratto la relativa polizza.

     8. Ai fini dell'esercizio dell'attività venatoria è altresì necessario il possesso di un apposito tesserino predisposto dalla Regione Campania e distribuito gratuitamente dai Comuni ai richiedenti iscritti nella propria anagrafe, previa consegna della ricevuta di versamento della tassa di concessione regionale di cui all'art. 38 della presente legge da effettuare su appositi modelli predisposti dalla Regione. La tassa è dovuta anche dai residenti nei Parchi Nazionali e Regionali.

     9. Nei Comuni capoluogo di Provincia il tesserino sarà distribuito dalle Amministrazioni Provinciali a mezzo dei propri uffici.

     10. Il tesserino dovrà contenere le generalità complete del titolare, il numero della licenza di caccia, le norme inerenti il calendario regionale e gli ambiti territoriali di caccia ove è consentita l'attività venatoria.

     11. Per l'esercizio dell'attività venatoria in regioni diverse da quella di residenza è necessario che, a cura di quest'ultima, vengano apposte sul predetto tesserino le indicazioni sopramenzionate.

 

     Art. 20. Mezzi per l'esercizio dell'attività venatoria.

     1. L'attività venatoria è consentita con l'uso del fucile con canna ad anima liscia fino a due colpi, a ripetizione e semiautomatico, limitato con apposito accorgimento tecnico fisso a contenere nel serbatoio non più di due cartucce, di calibro non superiore al 12, nonché con fucile con canna ad anima rigata a caricamento singolo manuale o a ripetizione semiautomatica di calibro non inferiore a millimetri 5,6 con bossolo a vuoto di altezza non inferiore a millimetri 40.

     2. E' consentito, altresì, l'uso del fucile a due o tre canne (combinato), di cui una o due ad anima liscia di calibro non superiore al 12 ed una o due ad anima rigata di calibro non inferiore a millimetri 5,6, nonché l'uso dell'arco e del falco.

     3. I bossoli delle cartucce devono essere recuperati dal cacciatore e non lasciati sul luogo di caccia.

     4. Sono vietati tutte le armi e tutti i mezzi per l'esercizio venatorio non esplicitamente ammessi dal presente articolo.

     5. Il titolare della licenza di porto di fucile anche per uso di caccia è autorizzato, per l'esercizio venatorio, a portare, oltre alle armi consentite, gli utensili da punta e da taglio atti alle esigenze venatorie.

     6. La Giunta Regionale con propria deliberazione provvederà ad emanare le norme di regolamentazione per la detenzione l'uso e l'addestramento dei falchi quali mezzi di caccia.

 

     Art. 21. Fondi chiusi.

     1. L'esercizio venatorio è vietato a chiunque nei fondi chiusi da muro o da rete metallica o da altra effettiva chiusura, di altezza non inferiore a metri 1,20, o da corsi o specchi d'acqua il cui letto abbia la profondità di almeno metri 1,50 e la larghezza di almeno 3 metri.

     2. I fondi chiusi esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge e quelli che si intenderà successivamente istituire devono essere notificati alle componenti Amministrazioni Provinciali.

     3. I proprietari o conduttori dei fondi di cui ai commi precedenti provvederanno ad apporre a loro carico adeguate tabellazioni, esenti da tasse, secondo le modalità della legge.

     4. La superficie dei fondi di cui ai commi precedenti entra a far parte della quota dal 20 al 30 per cento a protezione della fauna selvatica ai sensi del precedente articolo 10, comma 1, lettera a).

 

     Art. 22. Divieto di caccia nei terreni in attualità di coltivazione.

     1. E' vietato a chiunque l'esercizio venatorio in forma vagante e l'addestramento dei cani sui terreni in attualità di coltivazione, quali: i giardini, i vivai, le colture floreali, gli orti, i terreni con coltivazioni erbacee da seme, le colture cerealicole ed in particolare quelle a soia, a riso e a mais per la produzione di seme fino alla data del raccolto, le colture foraggere, le colture industriali, le sarchiate, dal momento della semina o del trapianto alla raccolta del prodotto, i prati artificiali e naturali nel periodo immediatamente precedente la falciatura, i terreni oggetto di rimboschimenti, i frutteti, i vigneti e gli uliveti specializzati fino alla data del raccolto, privi di colture intercalari.

     2. L'esercizio venatorio in forma vagante è inoltre vietato sui terreni in attualità di coltivazione individuati dalla Regione Campania, sentite le organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, tramite le loro strutture regionali, in relazione all'esigenza di protezione di altre colture specializzate o intensive.

     3. I proprietari o conduttori dei terreni in attualità di coltivazione possono delimitare con apposite tabelle, esenti da tasse, secondo le modalità previste dalla legge, gli appezzamenti che intendono vietare alla caccia. Le tabelle saranno fornite gratuitamente dall'Amministrazione Provinciale su richiesta, in carta legale, contenente gli estremi catastali e la coltura in atto sui terreni delimitati e i proprietari o conduttori dei terreni hanno l'obbligo della rimozione delle stesse dopo il raccolto.

     4. La delimitazione va comunicata preventivamente all'Amministrazione Provinciale competente per territorio.

 

     Art. 23. Aziende faunistico-venatorie e aziende agri-turistico- venatorie

     1. La Giunta Regionale della Campania, su richiesta degli interessati e sentito l'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, autorizza con decreto del Presidente o dell'Assessore delegato, entro i termini del 12 per cento del proprio territorio agro-silvo-pastorale, l'istituzione di:

     a) aziende faunistico-venatorie;

     b) aziende agri-turistico-venatorie.

     2. Le aziende faunistico-venatorie non hanno fini di lucro e sono soggette a tassa di concessione regionale. Queste hanno prevalenti finalità naturalistiche e faunistiche con particolare riferimento alla tipica fauna appenninica, alla grossa fauna europea e a quella acquatica; dette concessioni devono essere corredate da programmi di conservazione e di ripristino ambientale al fine di garantire l'obiettivo naturalistico e faunistico. In tali aziende la caccia è consentita nelle giornate indicate dal calendario venatorio secondo i piani di assestamento e di abbattimento. In ogni caso, nelle aziende faunistico-venatorie non è consentito immettere o liberare fauna selvatica posteriormente alla data del 31 agosto.

     3. Le aziende agri-turistico-venatorie sono costituite ai fini di impresa agricola e sono soggette a tassa di concessione regionale. In tali aziende sono consentiti l'immissione e l'abbattimento per tutta la stagione venatoria di fauna selvatica di allevamento senza limitazione di capi.

     4. Le aziende agri-turistico-venatorie devono:

     a) essere situate nei territori di scarso rilievo faunistico;

     b) coincidere preferibilmente con il territorio di una o più aziende agricole ricadenti in aree di agricoltura svantaggiata, ovvero dismesse da interventi agricoli ai sensi del citato regolamento CEE n. 1094/88.

     5. Le aziende agri-turistico-venatorie nelle zone umide e vallive possono essere autorizzate solo se comprendono bacini artificiali e fauna acquatica di allevamento, nel rispetto delle convenzioni internazionali.

     6. L'esercizio dell'attività venatoria nelle aziende di cui al comma 1 del presente articolo è consentito nel rispetto delle norme della presente legge.

     7. La vigilanza all'interno di tali aziende è affidata, oltre alle guardie previste dall'organismo di gestione, agli Organi di cui al successivo art. 28.

     8. La mancata osservanza delle norme di cui al presente articolo, comporta la revoca della concessione e le sanzioni stabilite dall'articolo 32, lett. d) fatti salvi gli altri divieti e sanzioni previste dalla presente legge.

     9. La Giunta Regionale, con propria deliberazione, stabilisce i criteri per il proseguimento dell'attività o la trasformazione delle Aziende Faunistiche esistenti nonché l'istituzione di nuove aziende faunistico-venatorie e di aziende agri-turistico-venatorie sempre nel rispetto del limite del 12% del territorio agro-silvo-pastorale regionale.

     10. Le tasse di concessione regionale dovute dai concessionari delle Aziende di cui al presente articolo sono previste per le Aziende faunistiche dal Decreto Legislativo 22 giugno 1991 n. 230 e successive modificazioni ed integrazioni.

     11. La restante superficie del 3% di cui all'art. 10 lett. b) viene destinato alla istituzione di strutture previste dall'art. 11 lettere d), e) e f).

 

     Art. 24. Calendario Venatorio Regionale. [9]

     [1. La Giunta Regionale, sentito l'I.N.F.S. ed il C.T.F.V.R. di cui al precedente art. 9 entro e non oltre il 15 giugno pubblica il calendario regionale ed il regolamento relativo all'intera annata venatoria, per i periodi e per le specie previste dall'articolo 16, con la indicazione del numero massimo dei capi da abbattere per ciascuna giornata di caccia.

     2. Il numero delle giornate di caccia settimanali non può essere superiore a tre. La Giunta Regionale può consentire la libera scelta del cacciatore con esclusione del martedì e del venerdì, nei quali giorni l'esercizio della caccia è in ogni caso sospeso. La caccia è consentita da un'ora prima del sorgere del sole fino al tramonto. La Giunta Regionale, nell'emanazione del calendario venatorio, definisce l'ora legale dell'inizio e della fine della caccia.

     3. Non è consentita la posta alla beccaccia nè la caccia da appostamento, sotto qualsiasi forma, al beccaccino.

     4. L'addestramento dei cani da ferma e da seguita è consentito, nei territori ove non sussista il divieto di caccia e non vi siano colture in atto, per 45 giorni nei due mesi precedenti il mese di apertura della caccia ad esclusione del martedì e venerdì.

     5. La Giunta Regionale, fermo restando il silenzio venatorio nei giorni di martedì e venerdì, sentito l'I.N.F.S., e tenuto conto delle consuetudini locali, può, in deroga a quanto stabilito al comma 2, regolamentare diversamente l'esercizio venatorio alla fauna selvatica migratoria nei periodi intercorrenti tra il 1° ottobre ed il 30 novembre.]

 

     Art. 25. Divieti.

     1. Oltre quanto previsto agli artt. 3 e 21 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, è sempre vietato:

     a) usare fonti luminose per la ricerca di fauna selvatica durante le ore notturne:

     b) causare volontariamente la fuoriuscita di selvaggina da ambiti protetti;

     c) l'addestramento e allevamento dei cani in periodi non previsti dal calendario venatorio o in zone non comprese da quelle previste da disposizioni delle Amministrazioni provinciali;

     d) introdurre cani da caccia nelle oasi di protezione;

     e) la caccia a distanza inferiore a 1000 metri da valichi montani o praticare la caccia vagante a meno di 150 metri di distanza da zone di ripopolamento e cattura, oasi di protezione, centri pubblici o privati di produzione della selvaggina allo stato naturale, campi di addestramento cani;

     f) la bruciatura delle stoppie delle colture graminacee e leguminose, nonché prati, erbe palustri ed infestanti, anche nei terreni incolti, in tutto il territorio regionale dal 1° giugno al 20 settembre. Deroghe al periodo di divieto possono essere adottate dal Presidente della Provincia su motivata richiesta del Sindaco del Comune interessato. In caso di infrazione la responsabilità è del conduttore del fondo;

     g) abbandonare e lasciare incustoditi i cani di qualsiasi razza. I cani trovati a vagare sul territorio utile alla caccia in tempo di divieto o sui terreni comunque vincolati a fini faunistici e venatori, devono essere catturati e, se non è possibile la cattura, allontanati;

     h) usare, anche senza manifesta attitudine alla caccia, i richiami di cui all'art. 21, comma 1, lett. r) della legge 11 febbraio 1992, n. 157;

     i) detenere e commerciare esemplari di mammiferi ed uccelli vivi o morti presi con mezzi non consentiti dalla presente legge;

     l) cacciare nelle zone colpite in tutto o in parte da incendio per dodici mesi successivi all'incendio;

     m) cacciare sulle spiagge, terre emerse, opere frangiflutti e altri manufatti fissi atti a limitare i flutti marini.

 

     Art. 26. Risarcimento danni alle produzioni agricole.

     1. Per far fronte ai danni non altrimenti risarcibili causati alle produzioni agricole dalla fauna selvatica, in particolare da quella protetta, e dall'attività venatoria è costituito un fondo regionale che annualmente la Giunta ripartirà tra le Amministrazioni Provinciali in misura corrispondente alla percentuale di territorio agro-silvo-pastorale di ciascuna.

     2. Alla costituzione del fondo di cui al comma 1) provvederà la Regione con la legge di approvazione del bilancio con l'istituzione di un apposito capitolo. Lo stanziamento sarà formato per il 50% con proventi della tassa di concessione regionale di cui all'art. 38 della presente legge e per il 50% da fondi propri della Regione.

     3. In ciascuna Provincia viene costituito dalla Giunta Provinciale un Comitato composto dall'Assessore Provinciale delegato alla materia che lo presiede, tre rappresentanti delle organizzazioni agricole maggiormente rappresentative a livello provinciale designati dalle organizzazioni di appartenenza; da un Funzionario Regionale del Settore Tecnico Amministrativo Provinciale dell'Agricoltura della provincia competente e da un Funzionario del Settore Foreste, Caccia e Pesca designati dall'Assessore Regionale delegato al ramo; da un dipendente dell'Ufficio Caccia dell'Amministrazione Provinciale, con funzione di segretario, designato dall'Assessore Provinciale delegato alla materia.

     4. Il proprietario o il conduttore del fondo è tenuto a denunciare il danno, entro cinque giorni dall'evento, all'Ufficio Caccia della Provincia il quale entro i successivi trenta giorni procederà agli accertamenti del caso anche mediante verifiche ed ispezioni sopralluogo. La denunzia del danno deve essere corredata di idonea documentazione che certifichi anche l'importo del danno subito.

     5. Entro novanta giorni dal ricevimento della denunzia, previo esame della pratica da parte del Comitato di cui al comma 3), la Provincia comunica al danneggiato l'importo del danno accertato.

     6. A fine esercizio finanziario e non oltre il mese di marzo dell'anno successivo a quello cui si riferisce, la Provincia provvederà al risarcimento del danno accertato nella misura del 100% dell'ammontare, o, compatibilmente con la disponibilità dei fondi stanziati dalla Regione, in percentuale inferiore in proporzione all'ammontare complessivo dei danni denunziati nell'anno.

     7. I danni arrecati dalle specie selvatiche possono essere risarciti anche mediante polizze assicurative stipulate dalle Province o dagli organi di gestione degli Ambiti Territoriali di Caccia - A.T.C. - di cui all'art. 36.

     8. Il risarcimento dei danni provocati nelle strutture faunistiche a gestione privata fanno carico ai rispettivi concessionari. Il risarcimento dei danni provocati negli A.T.C. sono accertati e risarciti dagli organi - di gestione degli stessi. La Provincia, obbligatoriamente informata per conoscenza, può disporre accertamenti a mezzo dei propri uffici tecnici.

 

     Art. 27. Associazioni Venatorie.

     1. Le Associazioni venatorie sono libere.

     2. Le Associazioni venatorie sono quelle previste dall'art. 34 della Legge 11 febbraio 1992, n. 157.

     3. Le Associazioni venatorie riconosciute, oltre ai compiti loro affidati dalla legislazione nazionale vigente provvedono:

     a) ad organizzare i cacciatori e a tutelare i loro interessi;

     b) a promuovere e diffondere tra i cacciatori una conoscenza venatoria consapevole delle esigenze di difesa della fauna e degli ambienti naturali, anche a mezzo di adeguate iniziative ed interventi;

     c) a collaborare nel campo tecnico organizzativo della caccia, con gli organi dello Stato e delle Regioni e con gli Enti da esse delegati, ai sensi del precedente articolo 9;

     d) ad assistere gli organizzati con provvidenze tecniche;

     e) a divulgare tra i cacciatori la conoscenza delle leggi che regolano l'esercizio venatorio, con particolare riguardo al corretto uso delle armi e al comportamento in territorio di caccia;

     f) a proporre alle autorità di pubblica sicurezza il riconoscimento delle guardie volontarie venatorie;

     g) a curare l'aggiornamento professionale delle predette guardie;

     h) ad emanare sanzioni disciplinari nei confronti di loro iscritti che si sono resi responsabili di violazioni della presente legge.

     4. La Regione e le Amministrazioni Provinciali possono affidare, a mezzo di apposite convenzioni, alle Associazioni venatorie ed alle Associazioni protezionistiche riconosciute, i compiti di vigilanza in strutture faunistiche od in ambiti territoriali ben definiti.

     5. Alla stipula delle convenzioni dovranno essere invitati tutti gli Enti o Associazioni di cui al comma precedente e gli incarichi saranno attribuiti a condizioni paritetiche purché sia garantita l'efficienza e la capacità.

 

     Art. 28. Vigilanza Venatoria.

     1. La vigilanza sull'applicazione delle leggi venatorie è delegata alle Province che vi provvedono:

     a) a mezzo dei propri agenti. A tali agenti è riconosciuta, ai sensi della legislazione vigente, la qualifica di agenti di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza. Detti agenti possono portare durante il servizio e per i compiti di istituto le armi da caccia di cui all'articolo 20, nonché armi con proiettile a narcotico. Le armi di cui sopra sono portate e detenute in conformità al regolamento di cui all'articolo 5, comma 5, della legge 7 marzo 1986, n. 65. Gli agenti di vigilanza dipendenti dalla Regione Campania svolgono le stesse mansioni e rivestono le stesse qualifiche degli agenti dipendenti dagli Enti delegati;

     b) delle guardie volontarie delle Associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale nazionali presenti nel Comitato Tecnico Faunistico Venatorio Nazionale alle quali sia riconosciuta la qualifica di guardia giurata ai sensi del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio-decreto 18 giugno 1931, n. 773 alle quali è consentito portare durante il servizio le armi da caccia di cui all'art. 20 con munizione intera nonché utensili da punta e taglio atti alle esigenze di servizio.

     2. La vigilanza di cui al comma 1 è, altresì, affidata agli ufficiali e guardie del Corpo Forestale dello Stato, alle guardie addette a parchi nazionali e regionali, agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, alle guardie giurate comunali forestali e campestri ed alle guardie private riconosciute ai sensi del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza; è affidata altresì, alle guardie ecologiche e zoofile riconosciute da leggi regionali.

     3. Gli agenti svolgono le proprie funzioni, di norma, nell'ambito della circoscrizione territoriale di competenza.

     4. La qualifica di guardia volontaria può essere concessa, a norma del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, a cittadini in possesso di un attestato di idoneità rilasciato dalla Regione previo superamento di apposito esame. La Commissione regionale esaminatrice deve garantire la presenza tra loro paritaria di rappresentanti di Associazioni venatorie, agricole ed ambientaliste. Con provvedimento della Giunta Regionale verrà disciplinato lo svolgimento e le materie degli esami.

     5. Agli agenti di cui ai commi 1 e 2 con compiti di vigilanza è vietato l'esercizio venatorio nell'ambito del territorio in cui esercitano le funzioni. Alle guardie venatorie volontarie è vietato praticare la caccia durante l'esercizio delle loro funzioni.

     6. La Regione Campania e le Amministrazioni Provinciali organizzano corsi di formazione e di aggiornamento per le guardie venatorie volontarie. I corsi possono anche essere organizzati dalle Associazioni di cui al comma 1, lettera b), sotto il controllo della Regione.

     7. Le Amministrazioni Provinciali coordinano l'attività delle guardie volontarie delle Associazioni agricole, venatorie ed ambientaliste fornendo ogni tipo di assistenza e consulenza.

     8. La Giunta Regionale, può concedere ad Enti ed Associazioni venatorie, ad Enti ed Associazioni protezionistiche contributi fino al 50% della spesa per corsi di aggiornamento dei propri agenti di vigilanza.

     9. La Commissione regionale di cui al precedente comma 4 è costituita da:

     a) l'Assessore Regionale alla Caccia, o suo delegato, che la presiede;

     b) un esperto in discipline naturalistiche designato dal Dipartimento di zoologia dell'Università Federico II° di Napoli;

     c) un esperto in materie giuridiche designato dal Presidente della Giunta Regionale;

     d) da 2 dipendenti regionali con qualifica non inferiore a funzionario dell'Area G.C. Sviluppo Attività Settore Primario, di cui uno del Servizio Caccia e Pesca, designati dall'Assessore competente;

     e) un componente in rappresentanza delle Associazioni venatorie designato dal C.T.F.V.R.;

     f) un rappresentante delle organizzazioni professionali agricole designato dal C.T.F.V.R;

     g) un rappresentante delle Associazioni protezionistiche designato dal C.T.F.V.R.;

     h) un dipendente regionale - con funzione di segretario - designato dall'Assessore Regionale competente per la Caccia.

     10. La Commissione Regionale, di cui al comma precedente è istituita con decreto del Presidente della Giunta Regionale previa acquisizione delle designazioni come innanzi indicato.

     11. La Commissione dura in carica tre anni ed i componenti possono essere riconfermati.

     12. La Commissione si riunisce presso l'Assessorato all'Agricoltura ogni qualvolta vi siano almeno dodici richieste di esame. La domanda di partecipazione all'esame va inoltrata dall'Associazione cui l'aspirante agente appartiene al Settore Regionale Foreste Caccia e Pesca.

     13. I cittadini in possesso, a norma del testo unico della Legge di pubblica sicurezza, della qualifica di guardia venatoria volontaria, alla data di entrata in vigore della presente legge, non necessitano dell'attestato di idoneità di cui al precedente comma 4.

 

     Art. 29. Poteri e compiti degli addetti alla vigilanza venatoria.

     1. I soggetti preposti alla vigilanza venatoria ai sensi dell'articolo 28 possono chiedere a qualsiasi persona trovata in possesso di armi o arnesi atti alla caccia, in esercizio o attitudine di caccia, la esibizione della licenza di porto di fucile per uso di caccia, del tesserino di cui all'art. 16, del contrassegno della polizza di assicurazione nonché della fauna selvatica abbattuta o catturata.

     2. Nei casi previsti dall'art. 30 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, gli ufficiali ed agenti che esercitano funzioni di polizia giudiziaria procedono al sequestro delle armi, della fauna selvatica e dei mezzi di caccia, con esclusione del cane e dei richiami vivi autorizzati. In caso di condanna per le ipotesi di cui al medesimo art. 30, comma 1, lettere a), b), c), d), ed e), le armi e i suddetti mezzi sono in ogni caso confiscati. In tutti i casi previsti dagli articoli 31 e 32 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, gli agenti di vigilanza redigono verbale e ne rilasciano copia al contravventore immediatamente. Ove ciò non sia possibile ne notificano copia al contravventore entro novanta giorni.

     3. Quando è sequestrata fauna selvatica, viva o morta, gli ufficiali o agenti la consegnano all'Amministrazione Provinciale competente la quale, nel caso di fauna viva provvede a liberarla in località adatta, ovvero qualora non risulti liberabile, la consegnano ad un Centro di recupero per la Fauna Selvatica che provvederà alla sua riabilitazione e cura ed alla successiva reintroduzione del suo ambiente naturale; in caso di fauna viva sequestrata in campagna e che risulti liberabile, la liberazione è effettuata sul posto dagli agenti accertatori. Nel caso di fauna morta l'Amministrazione Provinciale provvede alla sua vendita tenendo la somma ricavata a disposizione della persona cui è contestata l'infrazione ove si accerti successivamente che l'illecito non sussiste; se, al contrario l'illecito sussiste, l'importo relativo deve essere versato su un conto corrente intestato a ciascuna Provincia.

     4. Della consegna o della liberazione di cui al comma 3, gli ufficiali o agenti danno atto in apposito verbale nel quale sono descritte le specie e le condizioni degli esemplari sequestrati, e quant'altro possa avere rilievo ai fini penali.

     5. Gli organi di vigilanza che esercitano funzioni di polizia giudiziaria, i quali accertino, anche a seguito di denunce, violazioni delle disposizioni sull'attività venatoria, redigono verbali conformi alla legislazione vigente, nei quali devono essere specificate tutte le circostanze del fatto e le eventuali osservazioni del contravventore, e li trasmettono all'ente da cui dipendono ed all'autorità competente ai sensi delle disposizioni vigenti. Gli agenti di vigilanza venatoria che non esercitano funzioni di polizia giudiziaria, qualora accertino infrazioni che prevedano il sequestro delle armi e dei mezzi di caccia e di uccellagione, danno immediata comunicazione anche alla Autorità di Pubblica Sicurezza interessata che provvederà al sequestro delle armi e dei mezzi di caccia, a norma dell'articolo 28 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, e darà comunicazione dell'avvenuto sequestro all'Amministrazione Provinciale.

     6. Gli agenti venatori volontari di cui all'art. 28, comma 1, lett. b) esercitano le funzioni proprie della categoria quando sono comandati in servizio di vigilanza dagli Enti od Associazioni di cui fanno parte od in virtù di convenzioni stipulate con le Province.

     7. Gli agenti venatori dipendenti dagli Enti delegati che abbiano prestato servizio sostitutivo ai sensi della Legge 15 dicembre 1972, n. 772 e successive modificazioni ed integrazioni, non sono ammessi all'esercizio di funzioni di pubblica sicurezza, fatto salvo il divieto di cui all'art. 9 della stessa legge.

     8. Gli agenti di vigilanza venatoria che esercitano funzioni di polizia giudiziaria, nei casi previsti dal successivo articolo 32 provvedono al sequestro della fauna selvatica e procedono così come previsto dai commi 3 e 4 del presente articolo.

     9. Gli agenti di polizia giudiziaria, a norma della legislazione statale vigente, nei casi in cui è previsto il sequestro delle armi e dei mezzi di caccia e di uccellagione, provvederanno a conservare nei propri uffici il materiale sequestrato.

     10. Tutti i verbali redatti dagli agenti che esplicano servizio di vigilanza venatoria debbono immediatamente essere trasmessi all'ente da cui dipendono gli agenti, all'Autorità competente ai sensi delle disposizioni vigenti, e all'Amministrazione Provinciale.

     11. Le Amministrazioni Provinciali provvederanno a comunicare le infrazioni commesse dai cacciatori non residenti sul proprio territorio alle Amministrazioni di residenza del contravventore.

     12. Le Amministrazioni Provinciali dovranno impiantare un apposito schedario dei trasgressori della presente legge contenente tutte le indicazioni necessarie ad individuare il tipo di infrazione commessa, la sanzione amministrativa adottata e l'iter del procedimento amministrativo. Tale schedario potrà essere visionato anche dagli agenti che hanno proceduto alla verbalizzazione dei trasgressori.

     13. Tutti gli agenti preposti alla vigilanza sull'applicazione della presente legge cureranno la tutela degli ambienti naturali al fine di salvaguardare gli habitat della fauna e l'equilibrio ecologico. Detti agenti, qualora accertino fatti che determinano deturpazione o degradazione ambientale, sono tenuti a redigere regolare verbale da inoltrarsi alle autorità competenti.

 

     Art. 30. Agenti dipendenti degli enti locali.

     1. Fermo restando le altre disposizioni della legge 7 marzo 1986, n. 65, gli agenti dipendenti degli Enti locali, cui sono conferite a norma di legge le funzioni di agente di polizia giudiziaria e di agente di pubblica sicurezza per lo svolgimento dell'attività di vigilanza venatoria, esercitano tali attribuzioni nell'ambito territoriale dell'ente di appartenenza e nei luoghi nei quali sono comandati a prestare servizio e portano senza licenza le armi di cui sono dotati nei luoghi predetti ed in quelli attraversati per raggiungerli e per farvi ritorno.

     2. Gli stessi agenti possono redigere i verbali di contestazione delle violazioni e degli illeciti amministrativi previsti dalla presente legge, e gli altri atti indicati agli artt. 28 e 29 anche fuori dall'orario di servizio.

 

     Art. 31. Sanzioni penali.

     1. Per le violazioni delle disposizioni della presente legge e della legge 11 febbraio 1992, n. 157 si applicano le sanzioni penali previste dall'art. 30 della stessa legge 11 febbraio 1992, n. 157.

 

     Art. 32. Sanzioni amministrative.

     1. Oltre le sanzioni previste dall'art. 31 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, per le violazioni alla presente legge regionale si applicano le seguenti ulteriori sanzioni amministrative:

     a) sanzione amministrativa da lire 300.000= a lire 1.800.000= per chi esercita la caccia senza essere munito del tesserino regionale prescritto dalla presente legge;

     b) sanzione amministrativa da lire 150.000= a lire 900.000= per chi costruisce appostamenti fissi di caccia in violazione dell'articolo 6. L'appostamento deve essere rimosso entro 2 giorni. Scaduto tale termine, gli agenti verbalizzanti procederanno al ripristino dei luoghi. Le spese del ripristino saranno a carico del contravventore in solido con il proprietario del terreno ove è posto l'appostamento;

     c) sanzione amministrativa da lire 150.000= a lire 900.000= e revoca dell'autorizzazione per chi viola le disposizioni di cui ai precedenti articoli 8 e 14, comma c) se il fatto non costituisce reato;

     d) sanzione amministrativa da lire 200.000= a lire 1.200.000= per chi viola le disposizioni di cui all'art. 21 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 lettere e), f, g), v), z);

     e) sanzione amministrativa di lire 50.000= per ciascun capo abbattuto in violazione dell'art. 21 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 se non diversamente sanzionato;

     f) sanzione amministrativa da lire 50.000= a lire 300.000= per chi viola le disposizioni di cui all'art. 13 - comma 3 - della legge 11 febbraio 1992, n. 157;

     g) sanzione amministrativa da lire 50.000= a lire 300.000= per chi viola le disposizioni della presente legge e della legge 11 febbraio 1992, n. 157 non espressamente richiamate dal presente articolo.

     2. Per le violazioni al presente articolo, gli ufficiali ed agenti che esercitano funzioni di polizia giudiziaria, procedono in ogni caso al sequestro della fauna selvatica.

     3. Per le violazioni alle lettere u), v) e z) dell'art. 21 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, gli agenti di vigilanza procedono al sequestro delle trappole, delle reti e di tutto il materiale utilizzato per l'uccellagione.

     4. In tutti i casi di cui all'articolo 22 comma 1, ed all'articolo 30 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, lettere a), b), g), si procede al ritiro ed alla sospensione dell'apposito tesserino regionale di cui all'articolo 19 commi 8, 9, 10 e 11, fino al termine dell'annata venatoria.

     5. Gli agenti verbalizzanti procedono all'immediato ritiro del tesserino regionale nei casi previsti dal precedente comma e lo consegnano all'Amministrazione Provinciale competente per territorio.

     6. Resta salva l'applicazione delle norme di legge e di regolamento per la disciplina delle armi e in materia fiscale e doganale.

     7. Nei casi previsti dal presente articolo non si applicano gli articoli 624, 625, e 626 del codice penale.

     8. Per quanto non altrimenti previsto dalla presente legge, si applicano le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni.

     9. I proventi delle sanzioni spettano alle Amministrazioni Provinciali le quali utilizzeranno tali somme per lo svolgimento delle funzioni delegate in materia di caccia e per concessione di contributi agli agenti delle Associazioni venatorie riconosciute.

 

     Art. 33. Sospensione, revoca e divieto di rilascio della licenza di porto di fucile per uso di caccia. Chiusura o sospensione dell'esercizio commerciale.

     1. Oltre alle sanzioni penali previste dall'articolo 31 nei confronti di chi riporta sentenza di condanna definitiva o decreto penale di condanna divenuto esecutivo per una delle violazioni di cui al comma 1 dello stesso articolo, l'autorità amministrativa dispone:

     a) la sospensione della licenza di porto di fucile per uso di caccia, per un periodo da uno a tre anni, nei casi previsti dal predetto articolo 31 comma 1, lettere a), b), d) ed i), nonché, relativamente ai fatti previsti dallo stesso comma, lettere f), g) e h), limitatamente alle ipotesi di recidiva di cui all'articolo 99, secondo comma, n. 1, del codice penale;

     b) la revoca della licenza di porto di fucile per uso di caccia ed il divieto di rilascio per un periodo di dieci anni, nei casi previsti dal predetto art. 31, comma 1, lettere c), e), ed m), nonché, relativamente ai fatti previsti dallo stesso comma, lettere d) ed i) limitatamente alle ipotesi di recidiva di cui all'articolo 99, secondo comma, n. 1 del codice penale;

     c) l'esecuzione definitiva della concessione della licenza di porto di fucile per uso di caccia, nei casi previsti dal predetto articolo 31 comma 1, lettere a), b), c), e) ed m), limitatamente alle ipotesi di recidiva di cui all'articolo 99, secondo comma, n. 1, del codice penale;

     d) la chiusura dell'esercizio commerciale o la sospensione del relativo provvedimento autorizzativo per un periodo di un mese, nel caso previsto dal predetto articolo 31 comma 1, lettera l); nelle ipotesi di recidiva di cui all'articolo 99, secondo comma, n. 1 del codice penale, la chiusura o la sospensione è disposta per un periodo da due a quattro mesi.

     2. I provvedimenti indicati nel comma 1 sono adottati dal Questore della provincia del luogo di residenza del contravventore, a seguito della comunicazione del competente ufficio giudiziario, quando è effettuata l'oblazione ovvero quando diviene definitivo il provvedimento di condanna.

     3. Se l'oblazione non è ammessa, o non è effettuata nei sessanta giorni successivi all'accertamento, l'organo accertatore dà notizia delle contestazioni effettuate a norma dell'articolo 31 comma 1, lettere a), b), c), d), e) ed i), della legge 11 febbraio 1992, n. 157, al Questore, il quale può disporre la sospensione cautelare ed il ritiro temporaneo della licenza a norma delle leggi di pubblica sicurezza.

     4. Oltre alle sanzioni amministrative previste dall'articolo 32, si applica il provvedimento di sospensione per un anno della licenza di porto di fucile per uso di caccia nei casi indicati dallo stesso articolo 32, comma 1, lettera a), nonché, laddove la violazione sia nuovamente commessa, nei casi indicati alle lettere b), c) e f) del medesimo comma. Se la violazione di cui alla citata lettera a) è nuovamente commessa, la sospensione è disposta per un periodo di due anni.

     5. Il provvedimento di sospensione della licenza di porto di fucile per uso di caccia di cui al comma 4 è adottato dal Questore della provincia del luogo di residenza di chi ha commesso l'infrazione, previa comunicazione, da parte dell'Amministrazione Provinciale competente, che è stato effettuato il pagamento in misura ridotta della sanzione pecuniaria o che non è stata proposta opposizione avverso l'ordinanza-ingiunzione ovvero che è stato definito il relativo giudizio.

     6. L'organo accertatore da notizia delle contestazioni effettuate a norma del precedente comma 4 al Questore, il quale può valutare il fatto ai fini della sospensione e del ritiro temporaneo della licenza ai sensi delle leggi di pubblica sicurezza.

 

     Art. 34. Oblazione e definizione amministrativa delle sanzioni.

     1. Alle infrazioni amministrative previste dall'articolo 32 della presente legge, si applicano le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689. Alla definizione in via amministrativa delle infrazioni provvede direttamente l'Amministrazione Provinciale competente per territorio. Per la definizione di infrazioni per le quali sono stati prodotti scritti difensivi la Provincia si avvale di un'apposita Commissione nominata dal Presidente dell'Amministrazione Provinciale e così costituita:

     a) l'Assessore provinciale alla caccia che la presiede;

     b) un rappresentante delle Associazioni venatorie, un rappresentante delle organizzazioni professionali agricole ed un rappresentante delle Associazioni protezionistiche designati dal C.T.F.V. Provinciale della Caccia, scelti annualmente ed alternativamente tra i componenti di cui alla lettera b) dell'articolo 4;

     c) il responsabile del Servizio Caccia dell'Amministrazione Provinciale;

     d) un dipendente regionale dell'Area Generale di Coordinamento Sviluppo Attività Settore Primario designato dall'Assessore competente;

     e) un dipendente dell'Amministrazione Provinciale con funzioni di segretario.

     2. Fino all'insediamento della nuova Commissione continua ad operare la Commissione nominata ai sensi della legge regionale 3 dicembre 1980, n. 74.

     3. L'indiziato della trasgressione ed il verbalizzante possono richiedere alla Commissione di essere ascoltati, così come la Commissione può invitare i verbalizzanti a fornire chiarimenti orali sui fatti trascritti nel verbale e negli scritti difensivi. Copia di tali scritti dovranno tempestivamente essere rimessi all'Ente cui appartiene il verbalizzante unitamente all'avviso della fissazione della seduta per la discussione dell'infrazione. Se, entro un anno dalla loro presentazione, gli scritti difensivi non sono esaminati dall'apposita commissione suddetta, s'intendono tacitamente respinti. Si provvede a norma dell'ultimo comma del presente articolo.

     4. La Commissione in caso di fondatezza del processo verbale applica la sanzione discrezionalmente nei limiti fissati dalla legge, indica i motivi che giustificano l'uso del potere discrezionale tenendo conto della gravità e della tenuità dell'infrazione desunta:

     a) dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dal tempo, dal luogo e dalla modalità dell'azione;

     b) dall'entità del danno economico effettivamente cagionato;

     c) dal grado di colpa e dall'intensità del dolo;

     d) da eventuali precedenti infrazioni in materia di legislazione venatoria.

     5. La Commissione applica la sanzione tra il minimo ed il 50 per cento del massimo quando concorrono più circostanze attenuanti, ovvero quando queste siano ritenute prevalenti in concorso con circostanze aggravanti.

     6. Quando concorrano solo circostanze aggravanti o queste siano ritenute prevalenti in concorso con circostanze attenuanti, la Commissione applica una sanzione non inferiore al 50 per cento del massimo.

     7. Quando concorrano circostanze aggravanti e circostanze attenuanti ritenute equivalenti la Commissione applica la sanzione che avrebbe applicato in assenza delle dette circostanze.

     8. In caso di evidente infondatezza dell'accertamento la Commissione, sentiti gli agenti verbalizzanti, propone al Presidente della Provincia l'ordinanza di archiviazione del processo verbale.

     9. La Commissione propone al Presidente dell'Amministrazione Provinciale di ordinare al contravventore il pagamento della sanzione amministrativa stabilita.

     10. Alla definizione dei verbali per i quali i verbalizzanti non si sono avvalsi della facoltà del versamento liberatorio in misura ridotta ad un terzo del massimo della sanzione entro 60 giorni dalla notifica dell'infrazione e che non hanno prodotto all'Amministrazione Provinciale scritti difensivi entro il termine di 30 giorni, il Presidente dell'Amministrazione Provinciale ingiunge il pagamento di una somma compresa tra il massimo ed il 50 per cento della sanzione amministrativa.

 

     Art. 35. Licenza di porto di fucile per uso di caccia e abilitazione all'esercizio venatorio.

     1. La licenza di porto di fucile per uso di caccia è rilasciata in conformità alle leggi di pubblica sicurezza.

     2. Il primo rilascio avviene dopo che il richiedente ha conseguito l'abilitazione all'esercizio venatorio a seguito di esami pubblici dinanzi ad apposita Commissione nominata dalla Giunta regionale in ciascun capoluogo di provincia.

     3. La Commissione di cui al comma 2 è composta da esperti qualificati in ciascuna delle materie indicate al comma 4, di cui almeno un laureato in scienze biologiche o in scienze naturali esperto in vertebrati omeotermi.

     4. La Giunta regionale stabilisce le modalità per lo svolgimento degli esami, che devono in particolare riguardare nozioni nelle seguenti materie:

     a) legislazione venatoria;

     b) zoologia applicata alla caccia con prove pratiche di riconoscimento delle specie cacciabili, mediante utilizzo di esemplari preparati e di supporti audiovisi;

     c) armi e munizioni da caccia e relativa legislazione;

     d) tutela della natura e principi di salvaguardia della produzione agricola;

     e) norme di pronto soccorso.

     5. L'attestato di abilitazione è concesso, se il giudizio è favorevole in tutti e cinque gli esami elencati al precedente comma 4, dal Presidente dell'Amministrazione Provinciale.

     6. Le Commissioni di esame per il rilascio dell'attestato di abilitazione all'esercizio venatorio sono istituite dalla Giunta Regionale su proposta dell'Assessore Regionale competente ed hanno sede presso ogni Amministrazione Provinciale. Sono composte da:

     a) un dipendente regionale con qualifica almeno di funzionario, con funzione di presidente, designato dall'Assessore Regionale al ramo e scelto nell'ambito del personale dell'Area Generale di Coordinamento competente;

     b) da sette componenti effettivi e cinque supplenti, esperti nelle materie di cui al punto 4, designati dall'Assessore Regionale competente per la caccia. Per acquisire i nominativi da designare l'Assessore richiede la segnalazione di terne di esperti per ogni singola materia alle Associazioni presenti nel C.T.F.V. Regionale che in ogni caso debbono essere sentite. L'esperto in Zoologia applicata alla caccia dovrà essere laureato in Biologia o Scienze Naturali e l'esperto in pronto soccorso laureato in Medicina;

     c) dal responsabile del Settore Caccia dell'Amministrazione Provinciale con funzioni di segretario.

     7. I componenti delle Commissioni durano in carica cinque anni e possono essere riconfermati. In caso di dimissioni o, comunque, di vacanza di posto il sostituto, nominato con decreto dell'Assessore Regionale alla Caccia, dura in carica fino alla scadenza del periodo di nomina del membro sostituito.

     8. Il rinnovo delle Commissioni con le modalità indicate nei commi precedenti è disciplinato dalla legge 15.7.1994, n° 444.

     9. Ai membri della Commissione spetta un compenso per ogni giornata di esame pari a cinque ore di lavoro straordinario del dipendente regionale con qualifica di funzionario con maggiore anzianità di servizio oltre le spese di viaggio per i non residenti nel capoluogo di provincia.

     10. La Commissione è validamente insediata dal Presidente o da un suo delegato e da almeno cinque componenti. Il Presidente, per particolari motivi connessi al numero delle domande giacenti, può convocare la Commissione in sezioni distinte utilizzando a tale scopo i membri supplenti. In questo caso il Presidente della sezione aggiunta sarà il componente effettivo più anziano mentre il Segretario sarà un dipendente dell'Ufficio Caccia della Provincia nominato dal Presidente dell'Amministrazione stessa con proprio decreto.

     11. Per ciascuna seduta il numero dei candidati non può essere inferiore a 20 nè superiore a 30. La Commissione e l'eventuale sezione aggiunta non possono tenere più di due sedute di esami per settimana.

     12. La Giunta Regionale, per particolari e documentate esigenze, a richiesta del Presidente dell'Amministrazione Provinciale, può concedere deroghe alle limitazioni di cui al punto 11).

 

     Art. 36. Gestione programmata della caccia.

     1. La Giunta regionale, su parere della Commissione Consiliare competente in materia e sentito il CTFVR, ripartisce il territorio destinato alla caccia programmata di cui all’articolo 10, comma 1, lettera c), in ambiti territoriali di caccia (ATC) alla fauna stanziale di dimensioni sub provinciali, di superficie non inferiore a 65.000 ettari, anche ricadenti in più province o articolati in sub comprensori, possibilmente omogenei e delimitati da confini naturali [10].

     2. Ogni cacciatore residente anagraficamente in Campania, con domanda all’amministrazione provinciale competente, da inoltrarsi dal 1 febbraio al 31 marzo di ciascun anno, ha diritto all’iscrizione come residenza venatoria per l’attività su fauna stanziale, nell’ ambito territoriale di caccia che comprende il luogo di residenza, previo consenso dei relativi organi di gestione e del pagamento della quota d’accesso. Il cacciatore in possesso di residenza venatoria ha diritto a trenta giornate di mobilità venatoria per l’esclusivo esercizio della caccia all’avi-fauna migratoria, con accesso alle zone di territorio utile alla caccia previa prenotazione. Tale diritto è soggetto al pagamento alla Regione di una quota pari a quella prevista al comma 1, lettera d), dell’articolo 38 per i cacciatori residenti in Campania. L’iscrizione ad altri ambiti territoriali di caccia per l’attività su selvaggina stanziale è consentita, anche per periodi inferiori alla stagione venatoria, previo consenso dei relativi organi di gestione ed il pagamento di una quota di partecipazione economica. Una quota non superiore al 5 per cento della disponibilità di iscrizioni agli ambiti territoriali di caccia della Campania può essere riservata per cacciatori non residenti in Campania. La Giunta regionale, con regolamento, disciplina l’attuazione delle precedenti disposizioni e, sulla base delle indicazioni del Ministero delle politiche agricole e forestali , applica l’indice di densità venatoria minima per ogni ambito territoriale di caccia alla fauna stanziale, costituito dal rapporto tra il numero dei cacciatori in esso residenti, ivi compresi quelli che praticano l’esercizio venatorio da appostamento fisso, ed il relativo territorio agro-silvo-pastorale [11].

     3. Entro due mesi dalla comunicazione dell'indice di densità da parte del Ministero competente le Amministrazioni Provinciali adottano i piani faunistici predisposti, per ogni singolo A.T.C., dagli organi di gestione e li trasmettono alla Regione. La Giunta Regionale, con propria deliberazione, approva i piani predisposti dettando le eventuali norme di variazione.

     4. I Comitati di gestione degli ambiti territoriali sono costituiti con provvedimento della Giunta Provinciale e sono così composti:

     a) da tre rappresentanti delle Organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale ed organizzate nella provincia;

     b) da tre rappresentanti delle Associazioni venatorie, riconosciute a livello nazionale ed organizzate nella Provincia e con il maggior numero di iscritti desunti dai tabulati in copia autentica consegnati alle Amministrazioni Provinciali entro il 28 febbraio di ciascun anno;

     c) da due rappresentanti delle Associazioni ambientali, presenti nel Comitato Tecnico Faunistico Venatorio Nazionale e maggiormente operanti nella Provincia;

     d) dal Sindaco, o suo delegato, del Comune territorialmente più esteso tra quelli ricadenti nell'A.T.C.;

     e) da un rappresentante dell'Amministrazione Provinciale competente per territorio designato dal Presidente dell'Amministrazione Provinciale;

     f) da un funzionario regionale dell'A.G.C. competente, in rappresentanza dell'Amministrazione Regionale, designato dall'Assessore Regionale all'Agricoltura;

     g) da un rappresentante provinciale della Società Italiana Pro Segugio [12];

     g bis) da un rappresentante provinciale dell’Ente nazionale per la cinofilia italiana (ENCI) [13].

     4-bis. In caso di modifica delle designazioni effettuate ai sensi del comma 4, la Giunta provinciale provvede alla sostituzione entro e non oltre trenta giorni. In ogni caso, le funzioni dei componenti sostituiti cessano alla scadenza del suindicato termine [14].

     5. Svolge le funzioni di segretario un dipendente dell'Ufficio Caccia dell'Amministrazione Provinciale competente per territorio.

     6. Le designazioni di nomina o di revoca avvengono ad iniziativa delle rispettive strutture provinciali. Qualora le designazioni non dovessero pervenire all'Amministrazione Provinciale entro il termine di 30 giorni dalla data della richiesta la Provincia provvederà d'ufficio.

     7. Gli organi di gestione, così costituiti, eleggono il Presidente ed il Collegio dei revisori dei Conti, in numero non inferiore a tre, nel rispetto delle norme vigenti.

     8. Gli Organi di gestione degli A.T.C. hanno sede presso le competenti Amministrazioni Provinciali e sono convocati dai rispettivi Presidenti. Possono essere convocati anche su richiesta scritta e motivata di almeno un terzo dei componenti. I componenti durano in carica cinque anni e possono essere riconfermati. Le Province assicurano anche il supporto tecnico ed amministrativo.

     9. La Giunta Regionale, in caso di comprovata inefficienza o inerzia, degli organi di gestione degli A.T.C., nomina un Commissario che, coadiuvato dall'Ufficio Caccia dell'Amministrazione Provinciale, sostituisce l'organo inadempiente, acquisisce nuove designazioni e propone alla Giunta Provinciale la nomina di un nuovo organismo di gestione restando in carica fino al suo insediamento.

 

     Art. 37. Compiti dei Comitati di gestione.

     1. Il Comitato di gestione, entro quattro mesi dal suo insediamento, approva un proprio piano programmatico nel quale devono essere comunque previsti:

     a) piani poliennali di utilizzazione del territorio interessato per ciascuna stagione venatoria con i programmi delle immissioni e degli abbattimenti di fauna selvatica;

     b) l'istituzione e le modalità organizzative di centri di allevamenti, da gestire in forma di azienda agricola, della fauna selvatica stanziale, muniti di adeguate strutture venatorie per l'adattamento in libertà;

     c) le condizioni perché venga garantita una sufficiente consistenza di base di fauna selvatica durante tutto l'anno solare.

     2. Il comitato di gestione promuove ed organizza le attività di ricognizione delle risorse ambientali e della consistenza faunistica, programma gli interventi per il miglioramento degli habitat, provvede all'attribuzione degli incentivi economici ai proprietari ed ai conduttori dei fondi rustici per:

     a) la ricostituzione di una presenza faunistica ottimale del territorio anche mediante lanci di selvaggina da ripopolamento;

     b) le coltivazioni per l'alimentazione naturale dei mammiferi e degli uccelli soprattutto nei terreni dismessi da interventi agricoli, ai sensi del regolamento CEE n. 1094/88 del Consiglio del 25 aprile 1988 e successive modificazioni ed integrazioni;

     c) il ripristino di zone umide e di fossati;

     d) la differenziazione e rotazione delle colture;

     e) la ricostituzione di siepi, cespugli ed alberi adatti alla riproduzione ed alla nidificazione della fauna selvatica;

     f) la tutela dei nidi e dei nuovi nati;

     g) la collaborazione operativa ai fini del tabellamento, della difesa preventiva delle coltivazioni passibili di danneggiamento, della pasturazione invernale degli animali in difficoltà, della manutenzione degli apprestamenti di ambientamento della fauna selvatica.

     3. Il comitato di gestione degli A.T.C. provvede, altresì, ad individuare ed accertare i danni causati alle colture agricole dalla fauna selvatica e dall'esercizio dell'attività venatoria da segnalare all'Amministrazione Provinciale ai fini della erogazione di contributi per il risarcimento del danno nonché per gli interventi, preventivamente concordati, atti ad evitare i danni predetti. Per la verifica dei danni il Comitato può richiedere specifici accertamenti agli Uffici Agricoli e Forestali della Regione, della Provincia e delle Comunità Montane presenti sul territorio.

     4. Entro il 31 dicembre dell'anno precedente a quello cui si riferisce viene approvato dal Comitato il bilancio preventivo dell'A.T.C. ed inviato per le opportune verifiche alla Provincia corredato dalla relazione del Collegio dei Revisori dei Conti.

     5. Ogni A.T.C. ha facoltà di spesa nei limiti di disponibilità di bilancio.

     6. Ogni A.T.C. deve trasmettere per l'approvazione alla Provincia, entro il 31 marzo di ogni anno, il rendiconto tecnico finanziario relativo all'esercizio precedente, corredato dalla relazione del Collegio dei Revisori dei Conti.

     [7. I cacciatori residenti in Campania possono effettuare giornate di caccia, secondo il principio della reciprocità, in A.T.C. confinanti. Il numero di tali giornate non può essere superiore a 20.] [15]

     8. I Comitati di cui innanzi, per particolari compiti che richiedono competenze specialistiche, possono avvalersi, mediante apposite convenzioni, della collaborazione dei Dipartimenti di Zoologia, di Agraria e di Scienze Naturali delle Università.

 

     Art. 38. Funzione delle Province nella gestione degli A.T.C.

     1. Ai fini del coordinamento della gestione programmata della caccia, le Province:

     a) regolamentano il prelievo venatorio, nel rispetto della forma e dei tempi di caccia previsti dalla legge, in rapporto alla consistenza delle popolazioni di specie stanziali accertata tramite censimenti effettuati di intesa con i comitati di gestione;

     b) indicano il numero dei capi di fauna selvatica stanziale, distinte per specie, prelevabile durante la stagione venatoria;

     c) determinano il numero, minimo e massimo, dei cacciatori ammissibili in ogni ambito territoriale, in modo che risulti un rapporto cacciatore e territorio utile alla caccia non inferiore alla media regionale ricavato sulla base dei tesserini rilasciati l'anno precedente in conformità all'indice di cui al comma 2 del precedente art. 36;

     d) fissano le quote di partecipazione economica da parte dei cacciatori a favore dei Comitati di Gestione in misura base non superiore all'importo della tassa di concessione regionale in vigore per fucile a due colpi ridotta del quaranta per cento per i cacciatori residenti in Campania.

     2. Le suddette quote vanno versate su apposito conto corrente presso l'Amministrazione Provinciale competente e da quest'ultima accreditate ai singoli A.T.C. su apposito conto presso lo stesso tesoriere dell'Amministrazione Provinciale sul quale il Presidente dell'A.T.C. disporrà pagamenti dovuti per le finalità istituzionali degli A.T.C..

 

NORME FINANZIARIE

 

     Art. 39. Tassa di Concessione Regionale.

     1. Per poter esercitare la caccia è dovuta una tassa di concessione regionale istituita ai sensi dell'articolo 3 della legge 16 maggio 1970, n. 281, e prevista dall'articolo 23 della legge 11 febbraio 1992, n. 157. Una quota parte dei proventi derivanti dall'applicazione di tale tassa è utilizzata per la realizzazione dei fini della presente legge e per il finanziamento o il concorso nel finanziamento di progetti di valorizzazione del territorio presentati anche da singoli proprietari o conduttori di fondi, che nell'ambito della programmazione regionale contemplino, tra l'altro, la creazione di strutture per l'allevamento di fauna selvatica, la manutenzione degli appostamenti, di ambientamento della fauna selvatica, l'adozione di forme di lotta integrata e di lotta guidata, il ricorso a tecniche colturali e tecnologiche innovative non pregiudizievoli per l'ambiente, la valorizzazione agri-turistica di percorsi per l'accesso alla natura e alla conoscenza scientifica e culturale della fauna ospite, la manutenzione e pulizia dei boschi anche al fine di prevenire incendi, il recupero e la riabilitazione di fauna protetta. [16]

     2. La tassa regionale di cui al comma 1 è soggetta al rinnovo annuale ed è pari a quelle fissate dalla tariffa annessa al decreto legislativo 22 giugno 1991, n. 230 e successive modificazioni ed integrazioni.

     3. Nel caso di diniego della licenza di porto di fucile per uso di caccia la tassa regionale deve essere rimborsata. La tassa di concessione regionale viene rimborsata anche al cacciatore che rinunci all'assegnazione dell'ambito territoriale di caccia. La tassa di rinnovo non è dovuta qualora non si eserciti la caccia durante l'anno.

     [4. I proventi della tassa di cui al comma 1 sono utilizzati anche per il finanziamento o il concorso nel finanziamento di progetti di valorizzazione del territorio presentati anche da singoli proprietari o conduttori di fondi, che, nell'ambito della programmazione regionale, contemplino, tra l'altro, la creazione di strutture per l'allevamento di fauna selvatica, la manutenzione degli apprestamenti di ambientamento della fauna selvatica, l'adozione di forme di lotta integrata e di lotta guidata, il ricorso a tecniche colturali e tecnologiche innovative non pregiudizievoli per l'ambiente, la valorizzazione agri-turistica di percorsi per l'accesso alla natura e alla conoscenza scientifica e culturale della fauna ospite, la manutenzione e pulizia dei boschi anche al fine di prevenire incendi, il recupero e la riabilitazione di fauna protetta.] [17]

     5. I centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale ed intensivo, le aziende faunistico-venatorie e le aziende agri- turistico-venatorie sono soggetti a tasse regionali.

 

     Art. 40. Utilizzazione dei proventi.

     1. Tutte le entrate di cui alla presente legge vengono utilizzate per gli scopi che la stessa si prefigge.

     2. La Regione Campania, con la legge di approvazione del bilancio regionale, per ciascun anno finanziario, provvede ad iscrivere stanziamenti in specifici capitoli di previsione della spesa:

     a) "Spese per la ricostituzione del patrimonio faunistico" comprendente spese di impianto e di gestione dei centri pubblici di produzione della selvaggina, spese per ripopolamenti, contributi ai centri privati di produzione di selvaggina allo stato naturale o intensivo, contributi ai centri di recupero della fauna selvatica, spese per le attività di cui alle lettere a) e b) del comma 1) dell'art. 37 della presente legge;

     b) "Fondo per il risarcimento dei danni causati da specie protette o in via di estinzione, da fauna selvatica in strutture faunistiche protette" costituito con le modalità di cui all'art. 26 comma 2) - della presente legge;

     c) "Fondo da ripartire tra le Province per funzioni delegate" contributi a proprietari o conduttori per l'utilizzo di terreni agricoli, contributi spese per corsi di aggiornamento di agenti di vigilanza e guardie giurate volontarie, contributi per miglioramenti ambientali;

     d) "Spese per compiti propri della Regione e per tutte le altre spese comunque riguardanti la materia venatoria ivi comprese le spese di funzionamento di tutte le commissioni e i comitati previsti dalla presente legge".

     3. I singoli stanziamenti annuali dei capitoli vengono stabiliti, nel rispetto delle norme della presente legge, con la legge di approvazione del bilancio.

 

     Art. 41. Disposizioni transitorie e finali.

     1. Al termine dell'annata venatoria 1996/97 la Giunta Regionale trasmette ai Ministeri competenti una relazione sullo stato di attuazione della legge 11 febbraio 1992, n. 157.

     2. Nelle more dell'applicazione della presente legge resta in vigore l'ordinamento precedente per quanto non contrasta con norme tassative della legge 11 febbraio 1992, n. 157.

     3. Per tutto quanto non previsto nella presente legge si applicano le norme contenute nella Legge 11 febbraio 1992, n. 157.

     4. Sono abrogate le leggi regionali 11 novembre 1977, n. 61, 27 ottobre 1978, n. 48, 3 dicembre 1980, n. 74 e successive modifiche ed integrazioni ed ogni altra norma in contrasto con la presente legge regionale, fatta salva la istituzione delle zone di ripopolamento e cattura e delle oasi di protezione naturali vigenti ai sensi della legge regionale 3 dicembre 1980, n. 74, fino a quando non vengano sostituite da nuove analoghe strutture della medesima estensione.

     5. Nelle more dell'elaborazione ed approvazione dei piani faunistici provinciali e di quello regionale di coordinamento degli stessi di cui all'art. 11 della presente legge, il Consiglio Regionale, su proposta della Giunta Regionale, sentita la Commissione Consiliare competente, adotta un piano stralcio regionale provvisorio che avrà efficacia fino all'approvazione di quello definitivo.

     6. Le concessioni di aziende faunistico-venatorie disciplinate dalla legge regionale 3 dicembre 1980, n. 74 restano in vigore fino all'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge a condizione che siano in regola con il pagamento delle tasse di concessione annuali e degli altri obblighi previsti nei rispettivi decreti di concessione.

 

 

 


[1] Abrogata dall'art. 42 della L.R. 9 agosto 2012, n. 26.

[2] Comma inserito dall’art. 5 della L.R. 11 agosto 2005, n. 15.

[3] Comma così sostituito dall’art. 5 della L.R. 11 agosto 2005, n. 15.

[4] Numero inserito dall'art. 1 della L.R. 21 gennaio 2010, n. 2 e abrogato dall'art. 34 della L.R. 27 gennaio 2012, n. 1.

[5] Lettera così modificata dall’art. 49 della L.R. 26 luglio 2002, n. 15.

[6] Lettera così modificata dall’art. 49 della L.R. 26 luglio 2002, n. 15.

[7] Lettera così modificata dall’art. 49 della L.R. 26 luglio 2002, n. 15.

[8] Comma così modificato dall’art. 49 della L.R. 26 luglio 2002, n. 15.

[9] Articolo abrogato dall'art. 1, comma 20, della L.R. 4 agosto 2011, n. 14, con la decorrenza ivi prevista.

[10] Comma così sostituito dall'art. 34 della L.R. 27 gennaio 2012, n. 1.

[11] Comma già sostituito dall’art. 30 della L.R. 29 dicembre 2005, n. 24 e così ulteriormente sostituito dall'art. 34 della L.R. 27 gennaio 2012, n. 1.

[12] Lettera aggiunta dall'art. 1 della L.R. 21 gennaio 2010, n. 2.

[13] Lettera aggiunta dall'art. 34 della L.R. 27 gennaio 2012, n. 1.

[14] Comma inserito dall'art. 19 della L.R. 7 dicembre 2010, n. 16.

[15] Comma abrogato dall’art. 30 della L.R. 29 dicembre 2005, n. 24.

[16] Comma così sostituito dall’art. 1 della L.R. 29 dicembre 2005, n. 24.

[17] Comma abrogato dall’art. 1 della L.R. 29 dicembre 2005, n. 24.