§ 95.21.112 - Circolare 26 ottobre 1999, n. 207.
Modifiche alla disciplina tributaria dei redditi di capitale e dei redditi diversi di natura finanziaria. Decreto legislativo 21 luglio [...]


Settore:Normativa nazionale
Materia:95. Tributi
Capitolo:95.21 imposta sul reddito
Data:26/10/1999
Numero:207

§ 95.21.112 - Circolare 26 ottobre 1999, n. 207. [1]

Modifiche alla disciplina tributaria dei redditi di capitale e dei redditi diversi di natura finanziaria. Decreto legislativo 21 luglio 1999, n. 259.

 

     Nella Gazzetta Ufficiale n. 181 del 4 agosto 1999 è stato pubblicato il decreto legislativo 21 luglio 1999, n. 259, recante, tra l'altro, disposizioni correttive e integrative del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, come modificato dal decreto legislativo 16 giugno 1998, n. 201, in materia di redditi di capitale e redditi diversi di natura finanziaria.

     Tale provvedimento è stato emanato sulla base della delega contenuta nell'articolo 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e, in particolare, ai sensi del comma 17 il quale dispone che, entro due anni dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi previsti nella medesima norma, nel rispetto degli stessi principi e criteri direttivi e previo parere della commissione di cui al comma 13, possono essere emanate disposizioni integrative o correttive.

     Le disposizioni contenute nel citato decreto legislativo hanno apportato rilevanti modifiche al regime tributario applicabile a taluni redditi di capitale e redditi diversi di natura finanziaria imputabili a soggetti non residenti nel territorio dello Stato, ai criteri di determinazione della base imponibile dei proventi derivanti da operazioni di riporto e pronti contro termine su titoli e valute di cui all'articolo 41, comma 1, lettera g-bis), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir), nonché di talune fattispecie produttive di redditi diversi di natura finanziaria.

     Considerato che le predette modifiche si applicano a decorrere dal 1° gennaio 1999, il provvedimento in oggetto ha, tra l'altro, disposto il versamento delle imposte relative alle operazioni divenute imponibili per effetto delle disposizioni ivi contenute.

     Inoltre, è stata prevista la possibilità di regolarizzare gli omessi, i ritardati e gli insufficienti versamenti di imposte sostitutive e di ritenute che si sono verificati in sede di prima applicazione del decreto legislativo n. 461 del 1997 e per i quali i termini sono scaduti alla data del 21 giugno 1999.

     Infine, operando il coordinamento con le norme contenute nei decreti legislativi 18 dicembre 1997, n. 471 e n. 472, è stato modificato il regime sanzionatorio applicabile in materia di redditi di capitale e redditi diversi di natura finanziaria per renderlo omogeneo a quello previsto per le imposte sui redditi.

     Al fine di assicurare una uniforme applicazione delle disposizioni contenute nel provvedimento in oggetto, con la presente circolare vengono fornite le seguenti istruzioni.

 

1. Redditi di capitale e redditi diversi di natura finanziaria imputabili a soggetti non residenti.

 

1.1 Premessa.

     L'articolo 2, comma 1, lettera a), modifica il regime tributario applicabile a determinati redditi di capitale e redditi diversi di natura finanziaria imputabili a soggetti non residenti nel territorio dello Stato. In particolare, sono state integrate talune previsioni dell'articolo 20 del Tuir, contenente disposizioni in merito all'applicazione dell'imposta nei confronti dei soggetti non residenti.

     Come è noto, quest'ultima disposizione, al comma 1, fornisce l'elencazione dei redditi prodotti dai soggetti non residenti che vengono assoggettati a tassazione in Italia. Con riferimento ai redditi di capitale e ai redditi diversi di natura finanziaria, tale disposizione stabilisce che si considerano prodotti nel territorio dello Stato e, quindi, sono imponibili:

     1. i redditi di capitale corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti o da stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti;

     2. i redditi diversi derivanti da attività svolte nel territorio dello Stato e da beni che si trovano nel territorio stesso, nonché le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società residenti.

     Tuttavia, per espressa previsione normativa, talune fattispecie di redditi di capitale e di redditi diversi di natura finanziaria sono state escluse da imposizione ancorché siano prodotti nel territorio dello Stato.

 

1.2 Redditi di capitale.

     Con riferimento ai redditi di capitale di cui al precedente punto 1, è opportuno precisare che, in linea generale, il presupposto di imponibilità deriva innanzitutto dalla circostanza che il reddito sia "prodotto" nel territorio dello Stato, ossia che l'impiego di capitale da cui derivano i proventi sia effettuato in Italia ed è, altresì, necessario che l'effettiva corresponsione dei proventi stessi provenga dallo Stato, da un soggetto residente o da una stabile organizzazione nel territorio dello Stato di soggetti non residenti. In altre parole, ai fini dell'imponibilità, è necessario che la corresponsione si riferisca ad un reddito che rappresenti, per il soggetto residente che lo eroga, l'adempimento del proprio obbligo contrattuale assunto, consistente nella remunerazione delle somme e dei valori ricevuti per l'impiego del capitale. Pertanto, per stabilirne l'imponibilità non è sufficiente che detti proventi siano soltanto materialmente "pagati" dai suddetti soggetti residenti quando essi svolgono la funzione di meri incaricati al pagamento.

     Va, inoltre, osservato che se un soggetto residente si limita ad intervenire nel pagamento di un reddito di capitale di fonte estera (e cioè di redditi dovuti da soggetti non residenti e non prodotti nel territorio dello Stato) a favore di un soggetto non residente, non sostenendone, tra l'altro, il relativo onere, non possono considerarsi verificati i presupposti per attrarre ad imposizione detti redditi nel territorio dello Stato.

     Premesso quanto sopra, in deroga ai principi di carattere generale, con l'articolo 2, comma 1, lettera a), numero 1), del decreto in commento, modificando l'articolo 20, comma 1, lettera b), del Tuir, è stata disposta l'esclusione degli interessi e altri proventi derivanti da depositi e conti correnti bancari e postali intrattenuti in Italia dall'ambito dei redditi di capitale che si considerano prodotti nel territorio dello Stato.

     Conseguentemente, tali proventi devono essere qualificati come redditi non imponibili per carenza del presupposto di territorialità, se percepiti da soggetti non residenti, e, quindi, non sono più interessati dalla disciplina contenuta nell'articolo 26-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. Infatti, quest'ultima disposizione è stata modificata dal successivo comma 2 dell'articolo in esame al fine di eliminare il riferimento agli interessi e altri proventi dei conti correnti e depositi bancari e postali.

     Al riguardo, si ricorda, peraltro, che il regime agevolativo previsto dal citato articolo 26-bis del D.P.R. n. 600 del 1973, diversamente da quanto ora disposto dall'articolo 20 del Tuir, non era applicabile a tutti i soggetti non residenti, ma soltanto a quelli residenti negli Stati esteri che hanno stipulato con l'Italia Accordi bilaterali che consentono lo scambio di informazioni (v. C.M. 24 giugno 1998, n. 165/E, par. 4.6). Per completezza di argomento, si precisa che l'elenco di detti Paesi è contenuto nei decreti ministeriali 4 settembre 1996, 25 marzo 1998, 16 dicembre 1998 e 17 giugno 1999.

     Circa l'ambito oggettivo della disposizione, si osserva che la non imponibilità riguarda gli interessi e gli altri proventi dei conti correnti e depositi, limitatamente però a quelli dovuti da banche italiane (o da filiali italiane di banche estere) e dalla società Poste Italiane S.p.A., compresi i buoni fruttiferi e certificati di deposito emessi dalle banche dal 1° luglio 1998.

     Con riferimento, invece, ai certificati di deposito e buoni fruttiferi emessi fino al 30 giugno 1998, continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti a tale data ai sensi dell'articolo 14, comma 3, del D.Lgs. n. 461 del 1997. Pertanto, ai fini della non imponibilità dei relativi interessi, premi e altri frutti devono ricorrere le condizioni previste dal decreto del Ministro delle finanze 5 dicembre 1997, n. 494, e vanno osservate le modalità indicate nello stesso decreto.

     Va, peraltro, ricordato che, relativamente agli interessi e altri proventi derivanti da depositi e conti correnti diversi da quelli bancari e postali, continua ad applicarsi la disciplina contenuta nell'articolo 26-bis del D.P.R. n. 600 del 1973.

     E' appena il caso di precisare che i proventi derivanti da prestiti di denaro corrisposti a soggetti non residenti sono assoggettabili alle ritenute di cui all'articolo 26, comma 5, del D.P.R. n. 600 del 1973, e, pertanto, non si applicano né le disposizioni dell'articolo 26-bis del D.P.R. n. 600 del 1973, né quelle dell'articolo 20 del Tuir. Tuttavia, rimane in ogni caso ferma l'applicabilità delle convenzioni contro le doppie imposizioni che possono anche prevedere aliquote di ritenute in misura inferiore a quelle stabilite dalla normativa italiana.

 

1.3 Redditi diversi di natura finanziaria.

     L'articolo 2, comma 1, lettera a), numero 2), ha sostituito la lettera f), nel comma 1, dell'articolo 20 del Tuir, concernente le fattispecie produttive di redditi diversi di natura finanziaria che assumono rilevanza ai fini dell'applicazione dell'imposta nei confronti dei soggetti non residenti.

     Si ricorda che si considerano prodotti nel territorio dello Stato i redditi diversi derivanti da attività svolte nel territorio dello Stato e da beni che si trovano nel territorio stesso, nonché le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società residenti. Al riguardo, è opportuno precisare che il termine "beni" deve intendersi riferito anche ai titoli di natura azionaria ed obbligazionaria. Pertanto, per i titoli diversi da quelli rappresentativi di una partecipazione in società residenti, ai fini di individuarne il regime impositivo, occorre verificare se gli stessi si trovino o meno nel territorio dello Stato, mentre sono da considerare rilevanti ai fini dell'applicazione dell'imposta nei confronti di soggetti non residenti le cessioni di partecipazioni in società residenti (ad eccezione di quelle espressamente escluse dalla norma) a prescindere dalla circostanza che i titoli o i diritti rappresentativi della partecipazione si trovino nel territorio dello Stato (cfr. paragrafo 2.3.6. della Circolare n. 165/E del 24 giugno 1998).

     Sono, altresì, rilevanti, agli stessi fini, le cessioni di partecipazioni in società non residenti qualora i titoli o i diritti rappresentativi della partecipazione stessa si trovino nel territorio dello Stato.

     Va osservato, inoltre, relativamente ai titoli non aventi natura partecipativa, che la norma non richiede che l'emittente sia un soggetto residente nel territorio dello Stato, e, pertanto, sono imponibili le plusvalenze derivanti dalla cessione o rimborso di tali titoli anche se emessi all'estero (ad eccezione delle fattispecie espressamente escluse dalla norma), sempreché la cessione o il rimborso riguardi titoli che si trovano nel territorio dello Stato.

     Con la modifica apportata all'articolo 20, comma 1, lettera f), del Tuir e, in particolare, con l'introduzione del punto sub 1), è stata confermata la disposizione in base alla quale sono escluse da imposizione le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni non qualificate in società residenti, così come definite dall'articolo 81, comma 1, lett. c-bis), del Tuir, a condizione che esse siano negoziate in mercati regolamentati. Tale disposizione è ora indicata al punto sub n. 1) della lettera f) stessa.

     La norma prevede che l'esclusione riguardi le cessioni delle predette partecipazioni ovunque detenute e, quindi, anche di quelle che non si trovano nel territorio dello Stato.

     Al riguardo, va precisato che la non imponibilità riguarda non soltanto le cessioni di azioni o altra partecipazione non qualificata al capitale o al patrimonio di società residenti quotate nei mercati regolamentati, sia italiani sia esteri, ma anche le cessioni di diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite le predette partecipazioni, sempreché i diritti o i titoli siano anch'essi negoziati nei mercati regolamentati.

     Con l'introduzione del punto sub 2, nella lettera f), comma 1, dell'articolo 20 del Tuir, è stata prevista un'ulteriore ipotesi di esclusione da imposizione che riguarda le plusvalenze derivanti dalla cessione o dal rimborso di titoli e certificati indicati nell'articolo 81, comma 1, lettera c-ter), del Tuir, negoziati in mercati regolamentati, nonché delle plusvalenze derivanti dalla cessione o dal prelievo di valute estere rivenienti da depositi e conti correnti.

     Per effetto di tale nuova previsione non sono più imponibili in capo ai soggetti non residenti le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso o dal rimborso di titoli non rappresentativi di merci, e di certificati di massa, negoziati nei mercati regolamentati, nonché le plusvalenze derivanti dalla cessione a termine di valute estere o realizzate mediante il prelievo da depositi o conti correnti.

     Rimane, invece, ferma l'imponibilità delle plusvalenze derivanti dalla cessione di metalli preziosi allo stato grezzo o monetato, non essendo tale fattispecie richiamata dalla disposizione in commento.

     Al riguardo, si ricorda che - come precisato nella citata circolare n. 165/E del 1998, par. 2.2.3. - il termine "titoli" viene utilizzato per ricomprendere tutti i titoli diversi da quelli aventi natura partecipativa e da quelli rappresentativi di merci, e quindi sia i titoli di massa, come ad esempio, i titoli obbligazionari e quelli ad essi similari ai sensi dell'articolo 41, comma 2, lettere b) e c), del Tuir, compresi i certificati rappresentativi di partecipazione ad organismi di investimento collettivo, aperti o chiusi, mobiliari o immobiliari, i titoli atipici, sia i titoli individuali, quali ad esempio i certificati di deposito, le cambiali finanziarie e le accettazioni bancarie, nonché gli altri certificati di massa.

     Da ciò consegue che nel caso in cui la cessione o il rimborso riguardi un titolo non quotato, anche se espresso in valuta estera, la non imponibilità non spetta. Ad esempio, il rimborso di un certificato di deposito o di un titolo obbligazionario soggetto alle disposizioni del D.Lgs. n. 239 del 1996, sempreché non quotato, rientra tra le operazioni suscettibili di generare redditi diversi di natura finanziaria ai sensi dell'articolo 81, comma 1, lettera c-ter), del Tuir.

     Va, altresì, precisato che, con riferimento alla cessione dei suddetti titoli, l'esclusione riguarda sia le operazioni di cessione a pronti sia quelle a termine. Qualora invece i titoli, benché quotati, siano oggetto di un'operazione di riporto, di pronti contro termine e di prestito titoli, trattandosi di operazioni che generano redditi di capitale ai sensi dell'articolo 41, comma 1, lettere g-bis e g-ter), del Tuir, l'esclusione in commento non può trovare applicazione. La non imponibilità di tali redditi, infatti, compete alle condizioni e ai presupposti indicati nell'articolo 26-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

     E' appena il caso di precisare che la non imponibilità relativa al prelievo di valute rivenienti da depositi e conti correnti intrattenuti da soggetti non residenti con intermediari residenti compete a prescindere dall'ammontare della relativa giacenza annua.

     Naturalmente in tutti i casi in cui le operazioni indicate nell'articolo 81, comma 1, lettera c-ter), del Tuir, non assumono rilevanza nei confronti dei soggetti non residenti, le medesime fattispecie non possono ritenersi suscettibili di produrre plusvalenze imponibili neanche ai sensi della successiva lettera c-quinquies) dello stesso articolo.

     Inoltre, considerato che la novellata disposizione contenuta nell'articolo 20, comma 1, lettera f), numeri 1) e 2), del Tuir, si riferisce ai titoli o diritti alla sola condizione che essi siano quotati, ossia negoziati nei mercati regolamentati italiani o esteri, la non imponibilità permane anche nei casi in cui la cessione di detti titoli non sia effettuata in un mercato regolamentato.

     Per quanto riguarda la nozione di mercati regolamentati si ricorda che nella circolare n. 165/E del 1998 (par. 2.2.1) è stato chiarito che tra essi rientrano non solo la borsa ed il mercato ristretto, ma ogni altro mercato disciplinato da disposizioni normative e cioè sia i mercati regolamentati di cui al decreto legislativo 23 luglio 1996, n. 415 (ora sostituito dal decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58) sia i mercati di Stati appartenenti all'OCSE, istituiti, organizzati e disciplinati da disposizioni adottate o approvate dalle competenti autorità in base alle leggi in vigore nello Stato in cui detti mercati hanno sede.

     Infine, con l'introduzione nell'articolo 20, lettera f), della fattispecie prevista nel punto sub 3), non sono imponibili i redditi di cui alle lettere c-quater) e c-quinquies) dell'articolo 81, comma 1, del Tuir, derivanti da contratti conclusi in mercati regolamentati anche attraverso l'intervento di intermediari.

     Al riguardo, occorre sottolineare ancora una volta che, per effetto dei principi di carattere generale più volte precisati, i redditi diversi conseguiti dai soggetti non residenti, compresi, quindi, quelli indicati nell'articolo 81, comma 1, lettere c-quater) e c-quinquies) del Tuir, rilevano ai sensi dell'articolo 20 se è possibile individuare un collegamento con il territorio dello Stato. Con riferimento a tali fattispecie, pertanto, occorre verificare in primo luogo l'esistenza del presupposto territoriale.

     Ciò considerato, si ritiene che, affinché tale presupposto possa considerarsi realizzato, i contratti di cui trattasi devono essere conclusi nel territorio dello Stato.

     Alla stregua di tale criterio, per quanto riguarda, in particolare, i redditi diversi di natura finanziaria rivenienti dai c.d. contratti derivati, il collegamento territoriale, e quindi l'imponibilità dell'operazione, ai sensi dell'articolo 20, comma 1, lettera f), del Tuir, si desume dal luogo di residenza fiscale del soggetto nei confronti del quale è esercitabile il diritto contrattuale. Tale luogo coincide con il domicilio fiscale del soggetto che corrisponde il reddito, nel caso in cui il contratto non sia negoziato nei mercati regolamentati. Per quanto attiene, invece, ai contratti negoziati in mercati regolamentati, la circostanza che le parti del contratto non si obbligano l'una nei confronti dell'altra ma unicamente nei confronti della Cassa di compensazione e garanzia, fa ritenere che il luogo di esecuzione della prestazione contrattuale si identifichi con quello in cui si trova la Cassa di compensazione e garanzia, che è strumento imprescindibile per il funzionamento degli scambi nei mercati regolamentati e che assume in proprio le obbligazioni nei confronti delle parti contrattuali. Pertanto, non avendo alcuna rilevanza ai fini impositivi l'esecuzione del contratto in una Cassa di compensazione situata al di fuori del territorio dello Stato, l'esclusione in oggetto non può che essere riferita alle operazioni "concluse", nel senso sopra precisato, in un mercato regolamentato italiano disciplinato ai sensi dell'articolo 70 del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58. Sono, così, non imponibili quei contratti conclusi nell'ambito di un mercato regolamentato direttamente dal soggetto non residente ovvero tramite un intermediario che è abilitato ad operare nel medesimo mercato.

     Va, peraltro, precisato che le plusvalenze e i redditi di cui all'articolo 81, comma 1, lettere da c-bis) a c-quinquies), del Tuir, che non possono essere esclusi da imponibilità per effetto della mancanza del presupposto territoriale, potrebbero comunque essere esenti per effetto delle previsioni contenute nell'articolo 5, comma 5, del decreto legislativo n. 461 del 1997. Inoltre, resta ferma l'applicabilità delle convenzioni contro le doppie imposizioni. Pertanto, ove dette Convenzioni riservino in via esclusiva la tassazione dei redditi di capitale e diversi di natura finanziaria nel Paese estero di residenza del percipiente, detti redditi saranno esclusi da imposizione in Italia.

     E' appena il caso di precisare, infine, che con riferimento alle fattispecie di cui alla novellata lettera f) dell'articolo 20 del Tuir, la non imponibilità comporta l'irrilevanza sia delle plusvalenze sia delle eventuali minusvalenze e differenziali negativi.

 

1.4 Condizioni per l'applicabilità delle disposizioni di cui all'articolo 20 del Tuir.

     Al fine di poter usufruire delle disposizioni che escludono l'imponibilità di determinate fattispecie di redditi di capitale e di redditi diversi di natura finanziaria, la qualità di soggetto non residente deve essere documentata mediante una dichiarazione da parte dell'interessato.

     Pertanto, il riconoscimento dell'esclusione spetta ai soggetti non residenti che presentano al sostituto d'imposta o all'intermediario residente con il quale intrattengono rapporti di custodia, amministrazione, deposito o gestione un'attestazione, nella forma dell'autocertificazione, nella quale dichiarino di non essere residenti in Italia secondo le disposizioni della normativa fiscale italiana. Si tratta di una semplice attestazione sottoscritta dall'interessato con firma non autenticata.

     Qualora i predetti rapporti siano intrattenuti da intermediari non residenti per conto di propri clienti anch'essi non residenti, tale dichiarazione deve essere resa, in luogo dei clienti, dagli intermediari, i quali dovranno dichiarare che tutti i soggetti per conto dei quali sono intrattenuti i predetti rapporti non sono fiscalmente residenti nel territorio dello Stato italiano.

     Al riguardo, si ricorda che ai fini delle imposte sui redditi la qualità di soggetto non residente si acquisisce alle condizioni indicate nell'articolo 2 del Tuir per quanto riguarda le persone fisiche e nell'articolo 87, comma 3, dello stesso testo unico, con riferimento alle società ed enti di ogni tipo.

     In particolare, il citato articolo 2 del Tuir riconduce la qualifica di persona fisica non residente alla mancata presenza di determinati requisiti, quali l'iscrizione nelle anagrafi della popolazione residente, l'effettiva residenza o domicilio nel territorio dello Stato, accomunati dalla sussistenza del requisito temporale.

     Si ricorda, inoltre, che il medesimo articolo 2, al comma 2-bis, stabilisce che si considerano, altresì, residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente ed emigrati in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato, individuati con il decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999 (in G.U. 10 maggio 1999, n. 107).

     Per quanto riguarda, invece, le società e gli enti di ogni tipo il requisito di non residenza si verifica, ai sensi del citato articolo 87, comma 3, del Tuir, qualora essi abbiano per la maggior parte del periodo d'imposta la sede legale o la sede dell'amministrazione o l'oggetto principale nel territorio dello Stato.

     Inoltre, nella circolare ministeriale n. 140/E del 24 giugno 1999 - alla quale si fa rinvio per ulteriori precisazioni in materia - è stato chiarito che i sostituti d'imposta e, quindi, anche gli intermediari incaricati dell'applicazione delle imposte sostitutive, non sono influenzati dalla presunzione contenuta nel suddetto articolo 2, comma 2-bis, del Tuir, dovendo fare riferimento alla qualità di non residente attestata dall'interessato. E' stato chiarito, infatti, che soltanto nel caso in cui l'interessato rappresenti l'effettivo status di residente nazionale, indipendentemente dalle proprie risultanze anagrafiche, il sostituto (e l'intermediario) dovrà attenersi alla corrispondente disciplina di prelievo tributario alla fonte.

     Alla stregua di quanto precede, la predetta dichiarazione deve attestare la qualità di soggetto non residente secondo la normativa sopra descritta ed ha effetto per tutto il periodo d'imposta a condizione che tale qualità sia riferibile alla maggior parte del periodo d'imposta.

     Analogamente, l'interessato è tenuto a comunicare tempestivamente eventuali variazioni della propria condizione che possano comportare il venire meno del regime di esclusione.

     In tal caso, se il contribuente non ha posseduto la qualità di non residente per il periodo minimo richiesto dalle norme, perde tale qualità sin dall'inizio del periodo d'imposta e, conseguentemente, se ha già percepito i proventi al lordo delle imposte, è tenuto a indicare gli importi nella propria dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta in cui essi sono stati percepiti. Qualora non abbia ancora percepito i proventi, il sostituto d'imposta, applicando i principi generali, opererà la ritenuta di cui all'articolo 26, comma 2, del D.P.R. n. 600 del 1973.

     Si ricorda, inoltre, che ai sensi dell'articolo 10, comma 2, del D.Lgs. n. 461 del 1997, i sostituti d'imposta devono comunicare, con il modello 770, i dati identificativi dei soggetti non residenti che hanno percepito redditi di capitale non imponibili.

     Per quanto riguarda, invece, le imposte sostitutive sui redditi diversi di natura finanziaria, l'intermediario applica il regime di non imponibilità in relazione al contenuto dell'attestazione rilasciata dal soggetto non residente, fino a quando il soggetto non comunichi le variazioni intervenute. Pertanto, verificandosi la perdita della qualifica di soggetto non residente sin dall'inizio del periodo d'imposta, il contribuente è tenuto a indicare nella propria dichiarazione dei redditi, le plusvalenze, minusvalenze e gli altri redditi diversi sui quali l'intermediario non ha potuto applicare le imposte sostitutive.

     Al riguardo, si ricorda che in vigenza della disposizione contenuta nel citato articolo 26-bis del D.P.R. n. 600 del 1973, i soggetti non residenti dovevano produrre un attestato di residenza rilasciato dalle Autorità fiscali competenti del Paese di appartenenza.

 

2. Redditi di capitale derivanti da operazioni di pronti contro termine e riporto in valuta.

     L'articolo 2, comma 1, lettera b), del D.Lgs. n. 259 del 1999, ha apportato rilevanti modifiche all'articolo 42, comma 1, quarto periodo, del Tuir, volte ad individuare nuovi criteri di determinazione di taluni redditi di capitale nei casi in cui i relativi corrispettivi siano espressi in valuta estera.

     In particolare, tale disposizione modifica le modalità di determinazione dei redditi di capitale di cui all'articolo 41, comma 1, lettera g-bis), del Tuir, derivanti da operazioni di pronti contro termine e riporto, rendendo rilevante anche l'eventuale variazione della valuta intervenuta tra la data di stipula del contratto e quella della sua esecuzione.

     Come noto, secondo la formulazione originaria dell'articolo 42 in commento, i redditi derivanti dalle suddette operazioni erano determinati calcolando la differenza positiva tra i prezzi globali di trasferimento dei titoli e delle valute. Pertanto, qualora detti corrispettivi fossero stati espressi in valuta, poiché la conversione in lire era effettuata al cambio vigente alla data della chiusura dell'operazione, la valuta non concorreva a formare la base imponibile.

     Con la modifica apportata dall'articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto in commento, è ora previsto che il reddito di capitale si determina computando i corrispettivi a pronti e a termine valutati secondo il cambio del giorno in cui sono stati pagati o incassati. Naturalmente, rimane fermo che dalla differenza positiva tra i corrispettivi globali di trasferimento si scomputano gli interessi e gli altri proventi dei titoli, diversi da quelli aventi natura partecipativa, maturati nel periodo di durata del rapporto, con esclusione dei redditi esenti dalle imposte sui redditi.

     In altre parole, la base imponibile dei redditi derivanti da tali operazioni è determinata tenendo conto del cambio della valuta nel giorno di incasso del prezzo a termine e nel giorno di pagamento del prezzo a pronti, assumendo i prezzi al netto degli interessi e altri proventi maturati sui titoli (diversi da quelli esenti) oggetto del contratto per tutta la durata del rapporto.

     Per completezza di argomento, si ricorda che gli interessi e gli altri proventi dei titoli sottostanti sono tassati:

     1. secondo le disposizioni del D.Lgs. 1 aprile 1996, n. 239, per i titoli indicati nell'articolo 2 dello stesso decreto legislativo;

     2. secondo le disposizioni dell'articolo 26, commi 1 e 2, del D.P.R. n. 600 del 1973, se si tratta di obbligazioni e titoli similari e cambiali finanziari, nonché certificati di deposito.

     Qualora, invece, i titoli indicati nell'articolo 26, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973 costituiscano oggetto di operazioni di pronti contro termine e riporto, sui proventi delle operazioni stesse in luogo della ritenuta prevista dal predetto articolo 26, comma 3, sugli interessi dei titoli sottostanti, è operata la ritenuta di cui all'articolo 26, comma 3-bis, del D.P.R. n. 600 del 1973. La ritenuta si applica sul valore più alto tra il rateo di interessi, premi e altri frutti maturati nel corso del contratto, convertito al cambio del giorno di scadenza del contratto stesso, e la differenza positiva tra il prezzo globale a termine convertito al cambio del giorno dell'incasso del corrispettivo e il prezzo globale a pronti convertito al cambio del giorno del pagamento.

 

3. Redditi diversi di natura finanziaria derivanti dal rimborso o da chiusura di attività finanziarie.

     Con la lettera c) dell'articolo 2, comma 1, del decreto in commento è stato aggiunto all'articolo 81 del Tuir un nuovo comma 1-quater secondo il quale "fra le plusvalenze e i redditi di cui alle lettere c-ter), c-quater) e c-quinquies) si comprendono anche quelli realizzati mediante rimborso o chiusura delle attività finanziarie o dei rapporti ivi indicati, sottoscritti all'emissione o comunque non acquistati da terzi per effetto di cessione a titolo oneroso".

     Tale previsione normativa fa sì che assumano rilevanza ai fini impositivi non soltanto i redditi che emergono da operazioni di negoziazione e cioè la cessione di attività finanziarie sottoscritte all'emissione ovvero il rimborso di attività finanziarie acquistate successivamente all'emissione, ma anche i redditi che emergono dal rimborso di attività finanziarie acquistate all'emissione che non hanno costituito oggetto di cessione a titolo oneroso per tutta la durata dell'attività finanziaria.

     In particolare, assumono rilevanza i differenziali derivanti dall'oscillazione della valuta estera di denominazione dell'attività finanziaria, le perdite conseguenti al sostenimento di commissioni o altri oneri dovuti in relazione alle operazioni di sottoscrizione e rimborso delle attività finanziarie, nonché le perdite derivanti dalla restituzione di un capitale inferiore rispetto a quello impiegato.

     Restano, invece, confermate sia l'indeducibilità delle minusvalenze derivanti dal rimborso di partecipazioni indicate nelle lettere c) e c-bis) dell'articolo 81 del Tuir, dal momento che esse sono estranee alla categoria dei redditi diversi di natura finanziaria rappresentando, invece, perdite di capitale ai sensi dell'articolo 44, comma 3, del Tuir, sia l'indeducibilità delle perdite e delle minusvalenze derivanti dalla chiusura dei rapporti indicati nell'articolo 81, comma 1, lett. c-quinquies), in relazione ai quali sono le stesse norme a prevederne l'irrilevanza.

 

4. Decorrenza.

     L'articolo 2, comma 3, ha previsto che le nuove disposizioni di cui agli articoli 20, 42 e 81 del Tuir trovano applicazione dal 1° gennaio 1999.

     In particolare, con riferimento all'articolo 20, comma 1, lettera b), del Tuir, la non imponibilità riguarda i proventi, divenuti esigibili a decorrere dalla predetta data del 1 gennaio 1999, relativi al periodo d'imposta per il quale sussiste ed è documentata la qualità di soggetto non residente. Ciò vale con riferimento ai proventi la cui esigibilità si verifica a partire dal 1° gennaio 1999 anche se essi sono maturati nel periodo d'imposta precedente, sempreché non siano stati già corrisposti alla data del 31 dicembre 1998.

     Per quanto riguarda, invece, la non imponibilità disposta dall'articolo 20, comma 1, lettera f), del Tuir, essa fa riferimento alle plusvalenze e altri redditi diversi di natura finanziaria realizzati dal 1° gennaio 1999.

     Pertanto, il soggetto non residente che ha subito l'applicazione delle imposte sostitutive e delle ritenute sui proventi divenuti non imponibili per effetto del provvedimento in commento, può richiederne la restituzione all'intermediario che ha trattenuto le imposte e con il quale intrattiene ancora il rapporto di custodia, deposito, amministrazione o gestione sia pure per altre fattispecie. In tal caso, gli importi eventualmente versati in eccesso e restituiti agli interessati possono essere utilizzati dai predetti intermediari in compensazione sulla base della vigente normativa in materia.

     In alternativa, e nelle ipotesi in cui il soggetto non intrattenga più alcun rapporto di custodia, deposito, amministrazione o gestione con l'intermediario che ha effettuato le trattenute, il recupero delle imposte indebitamente subite può essere effettuato direttamente dal soggetto non residente, presentando istanza ai sensi dell'articolo 38 del D.P.R. n. 602 del 1973, ovvero in sede di dichiarazione dei redditi ove vi sia obbligato.

     Relativamente alle modifiche apportate agli articoli 42 e 81 del Tuir, occorre specificare che i redditi di capitale derivanti da operazioni di pronti contro termine e riporto, divenuti esigibili dal 1 gennaio 1999, devono essere determinati secondo le nuove disposizioni, così come assumono rilevanza fiscale i redditi diversi derivanti da operazioni di rimborso di attività finanziarie realizzatesi a partire da tale data, anche se si riferiscono ad attività finanziarie sottoscritte anteriormente. In forza di tale previsione normativa per le attività finanziarie detenute al 1 luglio 1998 sarà possibile procedere alla valorizzazione secondo le disposizioni contenute nell'articolo 14, comma 10, del D.Lgs. n. 461 del 1997 e quindi, per le attività finanziarie espresse in valuta estera, in alternativa al costo storico di acquisto il contribuente potrà assumere il valore dell'attività finanziaria al 1 luglio 1998 assumendo il cambio rilevato a tale ultima data.

     Ciò premesso, si fa presente che, secondo quanto disposto dall'articolo 2, comma 4, del decreto in commento, le plusvalenze, le minusvalenze e gli altri redditi realizzati anteriormente al 19 agosto 1999, data di entrata in vigore del decreto in commento, nonché i redditi di capitale divenuti esigibili anteriormente a tale data, devono essere indicati dal contribuente nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta in cui sono stati percepiti o realizzati i proventi e le imposte sostitutive e le ritenute devono essere versate entro il termine di versamento delle imposte sui redditi dovute a saldo. Si tratta, pertanto, della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta 1999 e dei relativi versamenti a saldo.

     In alternativa, il successivo comma 5 prevede che il contribuente possa rivolgersi entro il 30 novembre 1999 ad un intermediario di cui agli articoli 6 e 7 del D.Lgs. n. 461 del 1997 che provvede alla liquidazione entro il 31 dicembre 1999 e al versamento delle ritenute e delle imposte sostitutive nei termini e con le modalità ordinarie, a seconda della tipologia del rapporto intrattenuto e della natura dei relativi redditi.

     A tale proposito si ritiene che, per quanto riguarda i redditi di capitale derivanti da contratti e rapporti di pronti contro termine e riporto, il contribuente possa rivolgersi allo stesso intermediario che è intervenuto nella riscossione dei proventi; ovvero, con riferimento ai redditi diversi, allo stesso intermediario attraverso il quale ha realizzato il reddito diverso o con il quale ha attivato un rapporto di deposito, custodia, amministrazione o gestione, ancorché chiuso alla data di esercizio dell'opzione.

     Sia con riferimento ai redditi di capitale divenuti esigibili anteriormente al 19 agosto 1999 che ai redditi diversi realizzati anteriormente alla medesima data, gli intermediari che non hanno applicato le disposizioni dell'articolo 2, comma 4, in quanto non hanno ricevuto l'opzione ivi prevista da parte del contribuente, sono tenuti agli obblighi di comunicazione all'Amministrazione finanziaria ai sensi dell'ultimo periodo del comma 5 del medesimo articolo per tutte le fattispecie divenute imponibili per effetto del decreto in commento.

     Si precisa, inoltre, che il contribuente, qualora per effetto delle operazioni di rimborso poste in essere dal 1 gennaio 1999 ed effettuate al di fuori dei rapporti per i quali sono state esercitate le opzioni per l'applicazione dell'imposta a norma degli articoli 6 e 7 del citato D.Lgs. n. 461 del 1997, abbia realizzato minusvalenze, queste ultime non potranno essere dedotte dalle plusvalenze realizzate successivamente nell'ambito di rapporti per i quali sia esercitata l'opzione a norma dell'articolo 6. Infatti, come emerge dalla lettera della disposizione contenuta nell'articolo 2, comma 5, del decreto legislativo in commento, nonché dalla relazione governativa di accompagnamento allo stesso decreto, i particolari criteri fissati per la determinazione della base imponibile e per il versamento delle imposte prevedono che il contribuente possa far valere tali minusvalenze soltanto indicandole nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta in cui esse sono state realizzate.

     Tuttavia, qualora per effetto delle nuove disposizioni in commento, il contribuente abbia realizzato plusvalenze, si ritiene che queste ultime possano compensare eventuali minusvalenze precedentemente realizzate nell'ambito dei rapporti di cui agli articoli 6 e 7 citati. E' appena il caso di sottolineare che, qualora, invece, il contribuente abbia realizzato, per effetto delle medesime nuove disposizioni, sia plusvalenze che minusvalenze, queste ultime possono essere fatte valere anche dall'intermediario ma fino a concorrenza delle plusvalenze stesse.

 

5. Regolarizzazione dei versamenti.

     L'articolo 3 del decreto legislativo in commento ha stabilito che gli omessi, ritardati o insufficienti versamenti delle imposte e delle ritenute di cui al D.Lgs. n. 461 del 1997, i cui termini sono scaduti alla data del 21 giugno 1999, possono essere regolarizzati entro il mese di ottobre 1999, applicando gli interessi calcolati al tasso legale di cui all'articolo 1284 del codice civile.

     Sulla base di tale disposizione, pertanto, i sostituti d'imposta, gli intermediari incaricati al versamento delle imposte, nonché i contribuenti, possono regolarizzare eventuali omissioni, ritardi o irregolarità commesse in esecuzione dei versamenti che sono derivati dall'applicazione della riforma dei redditi di capitale e dei redditi diversi di natura finanziaria contenuta nel decreto legislativo n. 461 del 1997, senza applicazione delle relative sanzioni.

     Tale regolarizzazione riguarda l'applicazione delle ritenute e delle imposte sostitutive secondo quanto disposto dalle nuove disposizioni introdotte dal D.Lgs. n. 461 del 1997, nonché, con riferimento alla normativa preesistente, limitatamente alle singole fattispecie in relazione alle quali il citato decreto ha apportato modifiche.

     Occorre, inoltre, precisare che tale norma fa riferimento soltanto alla regolarizzazione dei versamenti; pertanto, non sono sanabili gli inadempimenti relativi alle dichiarazioni dei redditi e alle dichiarazioni del sostituto d'imposta. Alla stregua di quanto precede, le irregolarità che si riferiscono alle modalità di compilazione delle predette dichiarazioni, ai versamenti di imposte e ritenute i cui termini sono scaduti dopo il 21 giugno 1999, nonché ai versamenti di imposte non disciplinate dal D.Lgs. n. 461 del 1997, possono essere sanate mediante l'applicazione delle disposizioni ordinarie contenute nel D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, sempreché la fattispecie rientri tra quelle che possono essere oggetto di ravvedimento.

     Come accennato, ai fini della regolarizzazione in parola è necessario effettuare il versamento dell'imposta dovuta e dei relativi interessi o dei soli interessi in caso di versamenti effettuati in ritardo rispetto ai termini di legge.

     Al riguardo, si precisa che gli interessi devono essere applicati giorno per giorno, considerando l'anno solare di 365 giorni. Inoltre, se la regolarizzazione ha ad oggetto un versamento che doveva essere effettuato nel 1998, si deve tener presente che il tasso di interesse legale deve essere computato nella misura del 5 per cento fino al 31 dicembre 1998 e nella misura del 2,5 per cento dal 1° gennaio 1999 e fino alla data in cui si effettua la regolarizzazione.

     Detti versamenti devono essere effettuati entro il 2 novembre 1999 - cadendo il 31 ottobre di domenica ed essendo il 1° novembre giorno festivo - secondo le modalità proprie dell'imposta cui si riferiscono e del soggetto che li esegue.

 

6. Equalizzatore.

     Si fa presente, infine, che con la disposizione contenuta nell'articolo 2, comma 1, lettera d), del provvedimento in oggetto, sono state apportate alcune modifiche all'articolo 82, comma 9, del Tuir, recante la disciplina del cosiddetto "equalizzatore".

     Come noto, tale strumento è stato introdotto con la finalità di rendere equivalente dal punto di vista finanziario la modalità di tassazione delle plusvalenze e dei redditi di natura finanziaria utilizzata nell'ambito del regime gestito, che si fonda sul criterio della maturazione, rispetto ai regimi della dichiarazione dei redditi e del risparmio amministrato, i quali si basano invece sull'opposto criterio del realizzo.

     In particolare, attraverso il meccanismo dell'equalizzatore, le plusvalenze e le minusvalenze, i differenziali positivi e negativi, nonché i proventi e gli oneri di cui alle lettere c-bis), c-ter), c-quater) e c-quinquies), per i quali sia superiore a dodici mesi il periodo intercorrente tra la data di acquisizione e quella di cessione, chiusura o rimborso delle partecipazioni, titoli, certificati, strumenti finanziari, crediti o rapporti, sono corretti tenendo conto di un fattore di rettifica finalizzato a rendere equivalente la tassazione in base alla realizzazione con quella in base alla maturazione.

     Tale meccanismo doveva essere determinato annualmente con decreto del Ministro delle finanze, tenendo conto di una serie di parametri ed elementi specificamente indicati nella norma, tra i quali il periodo di possesso, il momento del pagamento dell'imposta, i tassi di rendimento dei titoli di Stato, le quotazioni dei titoli negoziati in mercati regolamentati e ogni altro elemento che possa influenzare la determinazione del valore delle attività finanziarie produttive dei redditi tassabili in base alla maturazione.

     La disposizione in commento ha, invece, stabilito che gli elementi di rettifica da utilizzare per rendere equivalente la tassazione in base alla realizzazione con quella in base alla maturazione devono essere calcolati tenendo conto del periodo di possesso, delle eventuali variazioni delle aliquote d'imposta e del momento del pagamento della stessa.

     Inoltre, è previsto che, ai fini dell'emanazione del decreto ministeriale che deve stabilire i predetti elementi di rettifica, deve essere sentito un apposito organo tecnico.

 

     Gli uffici in indirizzo sono pregati di dare la massima diffusione al contenuto della presente circolare.


[1] Emessa dal Ministero delle Finanze - Dipartimento delle Entrate - Dir.Centrale: Affari giuridici e contenz. tributario.