§ 98.1.37797 - Circolare 21 maggio 1997, n. 37 .
Massimario dei pareri sui quesiti delle Prefetture.


Settore:Normativa nazionale
Data:21/05/1997
Numero:37

§ 98.1.37797 - Circolare 21 maggio 1997, n. 37 .

Massimario dei pareri sui quesiti delle Prefetture.

 

Emanata dal Ministero dell'interno, Direzione generale per l'amministrazione generale e per gli affari del personale.

 

 

Ai Prefetti della Repubblica 

 

Loro Sedi 

 

Al commissario del Governo per la Provincia  

 

di Trento 

 

Al commissario del Governo per la Provincia  

 

di Bolzano 

 

Al Presidente della Giunta regionale della Valle 

 

d'Aosta 

 

Aosta 

e, p.c.: 

Al Gabinetto del Sig. Ministro 

 

Al Dipartimento della P.S.  

 

 

Di seguito alla circolare 20 dicembre 1996, n. 112, si trasmette il sesto volume del massimario specificato in oggetto, che raccoglie pareri resi da questo Ufficio in tema di applicazione del codice della strada, di depenalizzazione e sanzioni amministrative, di disciplina delle sostanze stupefacenti, di diritto di accesso ai documenti amministrativi e di graduazione degli sfratti.

Si prega di voler fornire un cortese cenno di ricevuta.

Il Direttore generale

Marino

 

 

Massimario dei pareri sui quesiti delle Prefetture - VI

1. Codice della strada

Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 - nuovo codice della strada - art. 120 - legge 13 dicembre 1989, n. 401 - art. 6 - divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono competizioni agonistiche - non assimilabilità alla misura di prevenzione.

Il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono competizioni agonistiche, di cui all'art. 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, rientra nel novero dei cd. ordini di polizia e, non delle misure di prevenzione «strictu sensu» disciplinate dalla legge n. 1423 del 1956 e successive modificazioni e integrazioni.

Ne deriva che la osservanza dei principi di tipicità e nominatività dei provvedimenti amministrativi, nonché del principio di legalità che presiede alla interpretazione delle leggi, non permette di riconoscere al divieto di accesso ex art. 6 della legge n. 401 del 1989 quella efficacia preclusiva sulla patente di guida che la norma del codice della strada riconosce esclusivamente ai provvedimenti disciplinati dalle leggi speciali.

(In senso conforme alla massima si è pronunciata l'Avvocatura Generale dello Stato con parere del 5 maggio 1997)

Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 - nuovo codice della strada - art. 120 - affidamento in prova al servizio sociale - irrilevanza ai fini della valutazione dei requisiti morali.

L'esito positivo della misura dell'affidamento in prova al servizio sociale esplica la sua efficacia su di un piano di esclusivo rilievo penale determinando la cessazione di ogni effetto penale della condanna, e pertanto non incide sul procedimento amministrativo che - attraverso la verifica della sussistenza dei requisiti morali richiesti dall'art. 120 del codice della strada - attiene al diverso profilo della salvaguardia della sicurezza collettiva.

Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 - nuovo codice della strada - Art. 120 - applicabilità della misura interdittiva della patente a persona assolta per vizio totale di mente e sottoposta a misura di sicurezza del ricovero presso ospedale psichiatrico giudiziale, successivamente revocata.

Nei riguardi della persona assolta per vizio totale di mente e sottoposta alla misura di sicurezza del ricovero presso un ospedale psichiatrico giudiziale, non è applicabile la revoca della patente di guida ai sensi dell'art. 120 del codice della strada, qualora la misura sia stata revocata con provvedimento del magistrato di sorveglianza.

Nella fattispecie, infatti, sussistono i medesimi presupposti che hanno indotto a ritenere che - nella ipotesi di cui al comma 2 dell'art. 202 c.p. (sottoposizione a misura di sicurezza per un fatto non previsto dalla legge come reato), a differenza di quella di cui al comma 1 (sottoposizione a misure di sicurezza per un fatto previsto come reato) - l'interessato non può essere assoggettato alla misura interdittiva della patente qualora il giudice, ai sensi dell'art. 207 c.p., abbia revocato la misura di sicurezza.

Ancorché il dispositivo della sentenza di assoluzione per infermità mentale (art. 530 c.p.p.) richieda il riconoscimento in motivazione del fondamento dell'accusa e quindi presuppone un reato completo in tutti i suoi elementi, tuttavia, anche in tale caso risulta inapplicabile l'art. 179 c.p., che consente la riabilitazione quando siano decorsi 5 anni dal giorno in cui la pena principale sia stata eseguita o siasi in altro modo estinta, in quanto manca nella fattispecie l'applicazione della pena: la mancanza di imputabilità costituisce, infatti, una causa personale di esenzione della pena. (In tal senso cons. n. 3958/97 del 28 aprile 1997 dell'Avvocatura Generale dello Stato).

Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 - nuovo codice della strada - art. 176 - comunicazione all'A.G. della notizia di reato a mezzo di querela da parte di agenti di una concessionaria di opera pubblica - insussistenza dell'illecito penale - qualificazione della fattispecie quale violazione amministrativa - trasmissione degli atti al Prefetto - prassi.

Laddove l'Autorità giudiziaria, ricevuta notizia di reato a mezzo di querela da un agente di una concessionaria di opera pubblica (la Società Autostrade), non ravvisi gli estremi dell'illecito penale di cui all'art. 641 c.p. (insolvenza fraudolenta) e trasmetta ai sensi dell'art. 220, D.Lgs. n. 285 del 1992 gli atti al Prefetto, ritenendo il fatto denunciato qualificabile come violazione dell'art. 176, comma 17, del cennato decreto legislativo (elusione del pagamento di pedaggio) l'Autorità amministrativa può trasmettere la documentazione alla locale sezione della Polizia stradale affinché questa, sulla base della querela a suo tempo presentata dalla società autostradale, predisponga il relativo verbale per violazione dell'art. 176 del codice della strada e provveda alla notifica all'interessato.

Tale prassi, pur non corrispondendo integralmente alle previsioni del comma 4 dell'art. 220 del codice della strada - secondo le quali l'Autorità giudiziaria, nella fattispecie, rimette gli atti all'organo di polizia che ha già rilevato il presunto reato - persegue peraltro le finalità proprie della norma - tanto più che essa muove da una determinazione del giudice tendente a ritenere sussistente la fattispecie di illecito amministrativo di che trattasi e soprattutto consente di evitare che la cennata violazione risulti insanzionabile.

Infatti la rigorosa applicazione della norma recata dall'art. 220 porterebbe di fatto a legittimare la condizione di impunità per il trasgressore alla disposizione dell'art. 176, comma 17, del codice della strada, considerato che gli agenti delle società concessionarie della gestione delle autostrade non compaiono né tra i soggetti competenti a rilevare le infrazioni al codice della strada ex art. 12 del codice della strada, né tra gli agenti muniti della qualifica di agenti di polizia giudiziaria a norma del codice di procedura penale.

Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 - nuovo codice della strada - art. 193 - circolazione di veicolo a motore sprovvisto di assicurazione contro la responsabilità civile - sequestro cautelare dei rimorchi - applicabilità.

Non esiste alcuna fondata ragione per sottrarre i rimorchi al sequestro cautelare previsto come atto prodromico alla confisca obbligatoria, atteso il rinvio recettizio operato dall'art. 193 del codice della strada, recante la prescrizione dell'obbligo di assicurare contro la responsabilità civile le suddette pertinenze del veicolo, all'art. 13 della legge n. 689 del 1981.

Occorre distinguere il caso in cui il rimorchio staziona distaccato dalla motrice su strade di uso pubblico o su aree a queste equiparate, dal caso in cui circoli al traino della motrice.

Nel primo caso è da ritenere che il rimorchio debba essere assicurato tanto per il rischio dinamico che per quello statico, mentre nel secondo è sufficiente che sia assicurato per il rischio dinamico.

Ne consegue che il proprietario dell'autoarticolato, nel caso in cui abbia stipulato un'unica polizza assicurativa riferentesi al veicolo motore ed estesa - per quanto concerne il solo rischio dinamico - anche al rimorchio, è perseguibile, ai sensi dell'art. 193 del codice della strada, per violazioni dell'obbligo di assicurazione, qualora lasci il rimorchio stazionante su strada pubblica staccato dalla motrice. Con la conseguenza che, in questo caso, il rimorchio è soggetto a sequestro e a confisca, sempre che ovviamente non si verta nella diversa ipotesi di illecito amministrativo prevista dall'art. 181 del codice della strada (mancata esposizione del contrassegno assicurativo).

Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 - nuovo codice della strada - articoli 193 e 202 - circolazione di veicolo sprovvisto di assicurazione contro la responsabilità civile - iscrizione a ruolo esattoriale della sanzione pecuniaria - esclusione.

La regolamentazione del procedimento di applicazione della sanzione della confisca accessoria alla sanzione principale per la violazione di norme sulla circolazione stradale o da queste richiamate risulta, allo stato attuale e salve le innovazioni che il legislatore riterrà in futuro di introdurre, dal coordinamento e dal raccordo della generale normativa del 1981 sulle sanzioni amministrative con la normativa - speciale - introdotta dal legislatore del 1992.

Dunque non pare possibile, senza violare le regole procedimentali che devono essere osservate per il legittimo esercizio del potere sanzionatorio, procedere alla iscrizione a ruolo esattoriale delle sanzioni pecuniarie per la violazione dell'art. 193 del codice della strada e comminare la sanzione reale della confisca in mancanza della ordinanza-ingiunzione richiesta dall'art. 21 della legge n. 689.

Il punto di contemperamento nell'applicazione delle norme dell'art. 202 del codice della strada e dell'art. 21 della legge n. 689 può essere trovato in una ipotesi procedimentale che con riguardo al caso in cui il trasgressore si sia avvalso della sola facoltà di effettuare il pagamento in misura ridotta, configuri l'emanazione del provvedimento prefettizio di confisca con la esplicita previsione della sua successiva revoca per il caso che l'interessato provveda in un termine appositamente indicato ad assicurare il veicolo per almeno sei mesi e a presentare nello stesso termine alla Prefettura la relativa documentazione probatoria.

Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 - nuovo codice della strada - articoli 202 e 203 - D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495 e successive modificazioni - regolamento di esecuzione e attuazione del codice della strada - sanzioni pecuniarie amministrative - pagamento tardivo e pagamento parziale - iscrizione a ruolo esattoriale.

I commi 1 e 2 dell'art. 389 del regolamento di esecuzione e attuazione del codice della strada, opportunamente coordinati, disciplinano la ricevibilità e gli effetti del pagamento parziale delle sanzioni pecuniarie previste per le violazioni al codice della strada.

La norma, modificata dall'art. 219 del D.P.R. 16 settembre 1996, n. 212, chiarisce che nei casi di pagamento parziale la somma versata è tenuta in acconto per la completa estinzione della obbligazione conseguente al verbale divenuto titolo esecutivo e che la somma da iscrivere a ruolo è pari alla differenza tra quella dovuta ai sensi dell'art. 203, comma 3, del codice (metà del massimo della sanzione pecuniaria edittale) e l'acconto fornito (comma 2).

Il successivo comma della norma disciplina il pagamento tardivo, ma effettuato prima della formazione del ruolo, lasciando intendere che soltanto il pagamento «fuori termine» della somma esattamente corrispondente a quella dovuta ai sensi dell'art. 203, comma 3, del codice della strada impedisce la emissione del ruolo.

Dall'insieme delle disposizioni normative riportate emerge allora che, decorso il termine fissato dal comma 1 dell'art. 202, la somma da versare ai fini di evitare la riscossione forzata della sanzione pecuniaria non potrà più corrispondere al minimo edittale, bensì alla metà del massimo della sanzione edittale, con la conseguenza che, ove la somma versata risulti al di sotto della anzidetta «soglia», si imporrà la iscrizione a ruolo per la differenza tra la somma indicata dall'art. 203, comma 3, del codice della strada e la somma versata.

Ne consegue che il pagamento tardivo nella misura del minimo edittale costituisce acconto sulla somma che il trasgressore è tenuto a versare per liberarsi dalla obbligazione sanzionatoria contratta con l'amministrazione.

Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 - nuovo codice della strada - art. 203 - art. 26, legge 24 novembre 1981, n. 689 - rateizzazione della sanzione pecuniaria - applicabilità - pagamento in misura ridotta - esclusione.

Non può dubitarsi circa la diversità della fattispecie disciplinata dall'art. 202 del codice della strada, pensata dal legislatore in funzione di agevolazione dei contravventori e di deflazione del contenzioso, rispetto a quella disciplinata dall'art. 204 dello stesso codice e dall'art. 26 della legge depenalizzatrice, che sono entrambe fattispecie di applicazione coattiva, con provvedimento amministrativo, di una sanzione pecuniaria.

Non è autorizzata da alcuna norma la rateizzazione del minimo edittale della sanzione prevista per una violazione del Codice della strada a beneficio di soggetti che, chiedendo di effettuare il pagamento in misura ridotta, assumano di versare in condizioni di disagio economico.

L'art. 26 della legge n. 689 del 1981 ammette, previa istanza dell'interessato il frazionamento in rate mensili della sola somma di cui l'autorità amministrativa ingiunge il pagamento con la ordinanza conclusiva del procedimento sanzionatorio.

Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 - nuovo codice della strada - art. 203 - presentazione da parte di chi assuma la qualità di conducente al tempo della rilevazione dell'illecito - omessa notifica - effetti.

Non è ammissibile il ricorso al Prefetto presentato da soggetto che assuma la qualità di conducente del veicolo al tempo della rilevazione dell'illecito ma che non risulti destinatario di contestazione immediata o di notificazione del verbale di accertamento.

Nella fattispecie non sembra sussistere relazione diretta tra l'atto impugnato e la lesione dallo stesso arrecata, stante che l'interessato non è assoggettato al procedimento sanzionatorio e soltanto indirettamente ed eventualmente potrebbe subire nocumento per effetto di esso (il proprietario reso destinatario della sanzione potrebbe rivalersi civilmente nei riguardi del conducente che, con la sua violazione delle norme sulla circolazione veicolare, lo ha reso passibile della sanzione pecuniaria).

Tuttavia può ritenersi che l'ufficio o il comando cui appartiene l'organo accertatore - al quale il ricorso è presentato ai sensi dell'art. 203 del codice della strada - debba vagliarne il contenuto, potendo dallo stesso emergere elementi in grado di giustificare la formulazione al Prefetto di una proposta di archiviazione del verbale in sede di autotutela (cfr. circolare n. 66 del 17 luglio 1995).

Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 - nuovo codice della strada - art. 210, comma 4 - sanzione pecuniaria amministrativa - sanzione accessoria della confisca - intrasmissibilità agli eredi - limiti.

La disposizione dell'art. 210, comma 4, del codice della strada, che fa conseguire alla intrasmissibilità della obbligazione di pagamento a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria la intrasmissibilità di qualsiasi obbligo relativo alla sanzione accessoria, non può trovare concreta applicazione qualora, intervenuta la confisca del veicolo sequestrato e notificata la medesima quando il contravventore si trova ancora in vita, il decesso del titolare del veicolo sopravvenga alla conclusione del procedimento.

In tali condizioni legittimamente l'autorità procedente notifica il provvedimento agli eredi del titolare del bene in quanto, risultando carente il presupposto fattuale degli effetti (estinzione della procedura) disciplinati dal comma 4 dell'art. 210 del codice della strada, il procedimento sanzionatorio può essere portato a termine e possono essere adottati tutti gli atti conseguenziali alla adozione della sanzione accessoria.

Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 - nuovo codice della strada - artt. 214 e 215 - fermo amministrativo e rimozione del veicolo - veicolo fermato non ritirato - vendita - ammissibilità.

Il codice della strada disciplina espressamente (consentendo la alienazione del veicolo) tanto il caso della mancata presentazione della istanza di dissequestro che quello del mancato ritiro del veicolo rimosso (art. 215, comma 4), ma nulla dispone per la fattispecie del fermo amministrativo.

In tutti i casi descritti sussiste la medesima esigenza di dare una soluzione giuridica (e quindi provvedimentale) alla ipotesi del disinteresse della parte privata per le sorti del veicolo fatto oggetto di apprensione da parte della pubblica amministrazione.

Il provvedimento che dispone la vendita del veicolo in caso di cessazione della efficacia del sequestro o della rimozione non ha natura sanzionatoria, ma riflette la disciplina generale della «res derelicta» recata dal codice civile (art. 923 c.c.), in base alla quale la cosa abbandonata entra nel patrimonio di chi la detiene per «occupazione».

L'art. 213, comma 5, non fa altro che procedimentalizzare l'«iter» attraverso il quale la pubblica amministrazione attua, nella fattispecie in esame, la «occupazione», introducendo adeguate garanzie per il cittadino (decorso di 180 giorni).

Se la misura non ha carattere sanzionatorio, è consentito applicare l'analogia e, quindi, è possibile estendere l'applicazione del 5° comma dell'art. 213 del codice della strada anche al fermo amministrativo.

Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 - nuovo codice della strada - artt. 214 e 215 - fermo amministrativo e rimozione del veicolo - veicolo fermato non ritirato - vendita - procedimento.

Nella ipotesi in cui l'interessato non provveda, alla scadenza del periodo di fermo amministrativo, a ritirare il veicolo, l'organo di polizia che ha proceduto alla sua esecuzione deve diffidare l'interessato a ritirarlo, con espressa avvertenza che, in caso di persistente omissione, si procederà alla vendita dello stesso.

Successivamente, decorso il termine di 180 giorni dalla scadenza del fermo, l'organo di polizia procedente potrà inoltrare gli atti alla Sezione staccata del demanio perché provveda alla alienazione del veicolo in applicazione analogica del comma 5 della richiamata disposizione e del comma 2 dell'art. 395 del regolamento di esecuzione del codice della strada. Il ricavato della vendita è destinato prioritariamente alla copertura delle spese di trasporto e di custodia.

Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 - nuovo codice della strada - art. 390, D.P.R. n. 495 del 1992 - cancellazione della somma iscritta a ruolo - cartella esattoriale - opposizione innanzi al Pretore.

Il riconoscimento della giurisdizione del giudice ordinario relativamente alle controversie concernenti la legittimità della iscrizione a ruolo esattoriale delle sanzioni amministrative - sancito prima che dal decreto-legge 17 maggio 1996, n. 270, poi decaduto per mancata conversione nei termini costituzionali, da una ormai consolidata giurisprudenza regolatrice (cfr. Cass. - Sez. U. - 10 gennaio 1992, n. 190; Cass. - Sez. U. civili - 23 novembre 1995, n. 12107) - non interferisce affatto sull'esercizio della potestà prefettizia, disciplinata dalla norma regolamentare dell'art. 390 del D.P.R. n. 495 del 1992, di chiedere all'esattore la cancellazione dal ruolo delle somme erroneamente iscritte per violazioni alla normativa sulla circolazione stradale.

Pertanto tale potestà prefettizia - che pure non può tradursi in un sindacato sulla fondatezza dell'accertamento delle infrazioni amministrative - può essere esercitata, di ufficio, in tutte le ipotesi in cui risulti evidente la erronea iscrizione a ruolo di somme dovute a titolo di sanzione pecuniaria per le infrazioni al codice della strada (ad es. iscrizione a ruolo di somme già pagate oppure duplice iscrizione a ruolo di somme a carico del medesimo soggetto ovvero erronea iscrizione a ruolo di somme diverse da quelle dovute).

La norma dell'art. 390 del regolamento di esecuzione del codice della strada non attribuisce al Prefetto una potestà esercitabile in funzione decisoria di un gravame amministrativo bensì una potestà esercitabile di ufficio, in nessun modo connessa alla presentazione di ricorsi gerarchici, che «in subiecta materia» sono da reputare inammissibili.

 

 

2. Depenalizzazione e sanzioni amministrative

D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 - codice postale e norme integrative - art. 195 - legge 28 dicembre 1993, n. 561 - determinazione della sanzione minima.

La sanzione minima prevista per le violazioni alla norma recata dall'art. 195, comma 2, del D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, stabilita dall'art. 2, comma 1, lett. d), della legge 28 dicembre 1993, n. 561, nella misura pari alla sanzione amministrativa stabilita dal comma 1 dell'art. 195 della citata legge n. 156 del 1973, elevata del triplo, corrisponde all'importo di lire due milioni.

 

 

3. Disciplina stupefacenti

D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 - Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope - articolo 75 - D.P.R. 19 aprile 1994, n. 575 - regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada - artt. 119, 128, 130, 187 - detenzione per uso personale di stupefacenti - revisione della patente di guida - tutela della riservatezza.

L'accertamento della violazione di cui all'art. 75, D.P.R. n. 309 del 1990 - detenzione di sostanze stupefacenti, finalizzata all'uso personale - non costituisce, di per sé, legittimo presupposto per l'attivazione della procedura di revisione della patente di guida.

Peraltro, considerato che ciò che rileva ai fini della attivazione delle procedure di revisione è la condizione soggettiva di alterazione psico-fisica, nulla sembra ostare a che l'organo di polizia, indipendentemente dalla rilevazione della violazione prevista dal richiamato art. 75 ed al di fuori delle ipotesi ricadenti sotto il disposto dell'art. 187 del codice della strada («guida sotto l'influenza di sostanze stupefacenti»), ove accerti - sulla base di verifiche autonomamente operate rispetto al riscontro della detenzione per uso personale - una condizione soggettiva che dia luogo a dubbi sulla persistenza dei requisiti psico-fisici prescritti per la guida, possa legittimamente farne oggetto di segnalazione direttamente all'ufficio M.C.T.C. competente per territorio ai fini della revisione.

Laddove poi la segnalazione dell'organo di polizia fosse effettuata unicamente al Prefetto sembra doversi considerare legittima - al pari del caso in cui quest'ultimo venisse a conoscenza per qualsiasi altro motivo di una condizione di tossicodipendenza tale da giustificare il dubbio sulla persistenza dei cennati requisiti psico-fisici - una sua iniziativa presso l'Ufficio della M.C.T.C. per gli eventuali provvedimenti di competenza.

D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 - Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope - artt. 73 e 75 - consumo di gruppo - acquisto comune per uso personale di droga - acquisto di droga effettuato da alcuni degli appartenenti al gruppo - acquisto di droga per conto di altri senza contribuzione economica - reato - esclusione.

Nell'ipotesi di acquisto di sostanze stupefacenti per uso personale effettuato congiuntamente da più consumatori, ovvero da due tossicodipendenti per proprio uso nonché per uso anche di altri, ovvero ancora da parte di un soggetto su incarico di altri - qualora l'incarico all'acquisto sia stato accettato ed eseguito per poter a sua volta fare uso personale e gratuito della droga acquistata per altri - non si concreta la fattispecie di reato di cui all'art. 73, D.P.R. n. 309 del 1990, bensì solo quella di illecito amministrativo prevista dall'art. 75, con conseguente applicazione delle sanzioni ivi previste (cfr., rispettivamente, Cass., IV sez. penale, sent. 23 novembre 1995; Cass., IV sez. penale, 19 dicembre 1996; Cass. IV sez. pen. 23 settembre 1996).

D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 - Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope - artt. 75, 116 e 122 - colloquio - residente all'estero.

L'attività colloquiale di cui all'art. 75, D.P.R. n. 309 del 1990, deve ritenersi obbligatoria ed inderogabile, atteso il ruolo ad essa attribuito nel procedimento tracciato dall'art. 75. Il colloquio è infatti preordinato ad accertare le ragioni della violazione e ad incentivare l'avvicinamento dei soggetti tossicodipendenti alle strutture di recupero.

La rilevanza riconosciuta dal legislatore alle finalità di reinserimento sociale è tale che le opportunità riabilitative sono offerte in alternativa ai provvedimenti sanzionatori, venendo in tal modo in evidenza come il rilievo etico-sociale attribuito dallo Stato al momento del recupero risulti prevalente rispetto alla funzione sanzionatoria.

Peraltro, poiché l'attivazione dell'«iter» riabilitativo deve costituire una scelta responsabile del tossicodipendente - a fronte della quale lo Stato rinuncia, sia pure in via eventuale e provvisoria, all'esercizio della potestà sanzionatoria - occorre che la volontà del soggetto di aderire ai programmi emerga in modo chiaro ed inequivocabile. Ed è proprio nel colloquio con il Prefetto che l'atto di volizione deve essere posto in essere.

Dunque neanche nell'ipotesi di soggetto segnalato per detenzione di stupefacenti per uso personale che si trovi all'estero ed abbia rappresentato la impossibilità a presentarsi al colloquio per motivi di lavoro, l'attività colloquiale può essere omessa.

Una volta effettuato il previsto colloquio, stante l'espressa previsione recata dall'art. 122, comma 3, D.P.R. n. 309 del 1990, il tossicodipendente residente fuori dal territorio dello Stato potrà realizzare il programma terapeutico sia presso strutture riabilitative site all'estero - purché iscritte ex art. 116, comma 5, in un albo regionale italiano - sia mediante l'assistenza diretta del proprio medico di fiducia, sotto il controllo del competente SERT, cui è rimessa altresì la verifica finale dei risultati.

D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 - Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope - art. 75 - codice di procedura civile - artt. 142, 143 - D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200 - artt. 30 e 75 - notificazioni all'estero.

I provvedimenti sanzionatori riguardanti soggetti residenti all'estero devono essere notificati ai sensi degli artt. 142 e 143 c.p.c. nonché degli artt. 30 e 75 del D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200, recante disposizioni sulle funzioni e sui poteri dell'autorità consolare cui spetta provvedere, direttamente o tramite le autorità locali, alla notificazione degli atti anche in conformità alle leggi dello Stato di residenza dello straniero.

D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 - Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope - articolo 75 - legge 24 novembre 1981, n. 689 - artt. 16 e 18 - analisi - spese.

Stante il richiamo operato dall'art. 75, comma 4, D.P.R. n. 309 del 1990, alle disposizioni recate dalla sezione II della legge n. 689 del 1981, si ritiene che le spese relative alle analisi compiute in sede di accertamento possano essere poste a carico del soggetto autore dell'illecito - insieme alle altre spese del procedimento - solo nel caso in cui lo stesso procedimento si concluda con provvedimento sanzionatorio, alla stregua di quanto previsto dagli artt. 16 e 18, legge n. 689 del 1981.

 

 

4. Diritto di accesso ai documenti amministrativi

Legge 7 agosto 1990, n. 241 - art. 5 - D.P.R. 27 giugno 1992, n. 352 - art. 35 - D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642 - diritto di accesso ai documenti amministrativi - imposta di bollo sulle istanze e sulle copie.

In tema di applicabilità dell'imposta di bollo sulle istanze di accesso ai documenti amministrativi, non sussiste antinomia tra il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642, che prevede il pagamento dell'imposta sulle istanze di rilascio di copia di documenti e la speciale disciplina sull'accesso che ha sancito invece il principio della gratuità (artt. 25, legge n. 241 del 1990 e 3, D.P.R. n. 352 del 1992).

La lettera e la «ratio» delle disposizioni in materia di accesso ai documenti amministrativi contenute nella legge n. 241 del 1990 e nella legge n. 142 del 1990, escludono che sia dovuta l'imposta di bollo tanto sulla richiesta di accesso quanto sulla copia conforme eventualmente rilasciata, ferma restando invece la assoggettabilità a bollo della copia conforme eventualmente richiesta ai sensi dell'art. 6 della tariffa.

Deve ritenersi infatti che in materia di accesso ai documenti amministrativi il D.P.R. n. 642 del 1972 sia stato, in virtù del principio «lex specialis posterior derogat generali», superato dalla successiva disciplina recata dalle leggi n. 241 del 1990, n. 142 del 1990 e dal D.P.R. n. 352 del 1992. (Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi - parere del 3 aprile 1997, n. UCA 5054/II 4.5.2.4).

Legge 7 agosto 1990, n. 241 - art. 22 - nozione di documento amministrativo - cartella clinica - Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi - parere UCA 3824 II 4.5.2.4. del 13 marzo 1997.

Le cartelle cliniche compilate nelle strutture pubbliche sanitarie sono senz'altro riconducibili all'ampia nozione di documento amministrativo di cui all'art. 22, secondo comma, legge n. 241 del 1990. Ciò sia sotto il profilo formale della definizione legislativa e del requisito della provenienza da una pubblica amministrazione, sia sotto il profilo sostanziale quanto al contenuto ed alla rilevanza delle stesse nell'esercizio dell'attività sanitaria.

La cartella clinica è infatti atto rilevante, oltre che nell'esercizio dell'attività amministrativa sanitaria genericamente intesa - consistente, ad esempio, nel ricovero in struttura pubblica ospedaliera - altresì come oggetto di valutazione o di verifica nell'ambito di procedimenti amministrativi diretti all'accertamento di requisiti costitutivi di diritti.

Legge 7 agosto 1990, n. 241 - artt. 22 e 24 - D.P.R. 27 giugno 1992, n. 352 - articolo 8 - diritto di accesso - diritto alla riservatezza.

Con il riconoscimento del diritto di accesso di cui all'art. 22, legge n. 241 del 1990, il legislatore ha dato consacrazione formale al principio di «pubblicità» della documentazione amministrativa. Da ciò discende che nella configurazione dei rapporti tra P.A. e cittadino la regola oggi sia - con un'inversione di tendenza rispetto al passato - la generale accessibilità agli atti, ed il segreto l'eccezione.

Il diniego all'accesso infatti può essere opposto solo in specifiche ipotesi tassativamente previste dalla stessa legge n. 241 del 1990, a fronte della prevalente esigenza di salvaguardare quegli interessi pubblici prioritari di natura collettiva o individuale, specificamente individuati dall'art. 24.

Tra tali interessi è ricompreso il diritto alla riservatezza del terzo. Peraltro, alla stregua di quanto disposto dall'ultimo inciso della lettera d) del comma 2 dell'art. 24, legge n. 241 del 1990, nella contrapposizione tra diritto di accesso e diritto alla riservatezza, qualora il primo venga in rilievo per la cura o la difesa dei propri interessi giuridici, deve ritenersi che esso prevalga rispetto all'esigenza di riservatezza del terzo, nei limiti ovviamente in cui esso è necessario alla difesa di quegli interessi (Cons. Stato, Ad. Plen. , n. 5/97).

 

 

5. Graduazione degli sfratti

Legge 21 febbraio 1989, n. 61 - procedure di sfratto - concessione dell'assistenza della forza pubblica - provvedimenti esecutivi di sfratto ricadenti nella disciplina.

I provvedimenti esecutivi di rilascio di immobili ad uso abitativo emessi successivamente alla data di entrata in vigore della legge n. 61 del 1989 devono ritenersi assoggettati - al pari di quelli già formatisi a tale data - al regime di graduazione dell'impiego della forza pubblica di cui all'art. 3 della medesima legge.

In assenza di chiari riferimenti normativi a parametri temporali (quali la data di stipula dei contratti o di esecutività dei provvedimenti interessati) idonei ad individuare l'ambito di applicazione del citato regime, soccorrono, a favore di una interpretazione estensiva della disciplina, le seguenti considerazioni: la prima, connessa alle finalità precipue della legge le quali non si limitano a proporre il mero smaltimento di «un contenzioso arretrato» ma tendono, essenzialmente, a prevenire l'insorgere di pericolose tensioni abitative valutabili, come tali, in correlazione all'intero complesso di provvedimenti di volta in volta convergenti nella fase esecutiva; la seconda, che denota come una opposta chiave di lettura della norma condurrebbe alla incongrua conseguenza di garantire il beneficio di una dilazione dei tempi esecutivi solo a provvedimenti di antica emissione, i quali verrebbero ad essere così posposti a quelli di più recente adozione.

Legge 21 febbraio 1989, n. 61 - procedure di sfratto - concessione dell'assistenza della forza pubblica - applicazione della disciplina - limiti temporali.

L'art. 3 della legge n. 61 del 1989 aveva originariamente disposto, al comma 5, che per i provvedimenti di rilascio di immobili ad uso abitativo non sostenuti da cause di priorità l'assistenza della forza pubblica dovesse essere concessa entro un periodo non superiore a 48 mesi con decorrenza non successiva al 1° gennaio 1990. Il citato termine, più volte reiterato, è stato da ultimo prorogato con legge n. 556 del 1996 al 30 giugno 1997.

Ciò conduce sostanzialmente ad escludere, sotto il profilo interpretativo, che in tale arco temporale possano essere adottati dall'organo prefettizio atti di concessione della forza pubblica deputati ad esplicare i propri effetti oltre la data di scadenza del regime da cui essi stessi traggono legittimazione.