§ 98.1.28195 - D.L. 12 gennaio 1991, n. 5 .
Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell'attività amministrativa.


Settore:Normativa nazionale
Data:12/01/1991
Numero:5


Sommario
Art. 1.      1. Dopo l'art. 4 della legge 26 luglio 1975, n. 354, è inserito il seguente
Art. 2.      1. I condannati per i delitti indicati nel comma 1 dell'art. 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, non possono essere ammessi alla liberazione condizionale se non [...]
Art. 3.      1. E' consentito l'arresto anche fuori dei casi di flagranza della persona che ha posto in essere una condotta punibile a norma dell'art. 385 del codice penale. [...]
Art. 4.      1. Le disposizioni di cui all'art. 1, commi 2, 3, 4, e all'art. 2, comma 2, si applicano esclusivamente nei confronti dei condannati per delitti commessi dopo la data di [...]
Art. 5.      1. Nel comma 3 dell'art. 275 del codice di procedura penale, è aggiunto il seguente periodo: "Quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui [...]
Art. 6.      1. Il primo comma dell'art. 7 della legge 31 maggio 1965, n. 575, già sostituito dall'art. 18 della legge 13 settembre 1982, n. 646, è sostituito dal seguente
Art. 7.      1. Per i delitti punibili con la pena diversa dall'ergastolo commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416-bis del codice penale ovvero al fine di [...]
Art. 8.      1. Per i delitti di cui all'art. 416-bis del codice penale e per quelli commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo ovvero al fine di agevolare [...]
Art. 9.      1. Dopo l'art. 20 della legge 18 aprile 1975, n. 110, è inserito il seguente
Art. 10.      1. La lettera g) del comma 2 dell'art. 380 del codice di procedura penale è sostituita dalla seguente
Art. 11.      1. All'art. 111 del codice penale è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Se si tratta di delitti per i quali è previsto l'arresto in flagranza, la pena è aumentata [...]
Art. 12.      1. Per assicurare il collegamento delle attività investigative relative a delitti di criminalità organizzata, le amministrazioni interessate provvedono a individuare [...]
Art. 13.      1. L'art. 267 del codice di procedura penale è così modificato
Art. 14.      1. Per l'espletamento delle procedure relative ad appalti di opere pubbliche le province, i comuni, i rispettivi consorzi, le unioni di comuni e le comunità montane, [...]
Art. 15.      1. All'art. 45 della legge 8 giugno 1990, n. 142, dopo il comma 5 sono aggiunti i seguenti
Art. 16.      1. Per assicurare il buon andamento, l'imparzialità e l'efficienza dell'azione amministrativa affidata agli organi decentrati dello Stato e agli enti pubblici è [...]
Art. 17.      1. Gli enti pubblici comunque denominati, che gestiscono forme di previdenza e di assistenza, sono tenuti ad utilizzare per il periodo 1990-95 una somma, non superiore [...]
Art. 18.      1. L'art. 2 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come modificato dall'art. 8 della legge 3 agosto 1988, n. 327, è sostituito dal seguente
Art. 19.      1. Le amministrazioni centrali dello Stato e gli organi centrali degli enti pubblici indicati dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al primo comma [...]
Art. 20.      1. Al comma 2 dell'art. 17 della legge 19 marzo 1990, n. 55, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Dette disposizioni si applicano a tutte le procedure delle [...]
Art. 21.      1. Le disposizioni dell'art. 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come modificato dall'art. 3 della legge 19 marzo 1990, n. 55, e quelle dell'art. 10-sexies della [...]
Art. 22.      1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle [...]


§ 98.1.28195 - D.L. 12 gennaio 1991, n. 5 [1].

Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell'attività amministrativa.

(G.U. 12 gennaio 1991, n. 10)

 

Capo I

PERSONE CONDANNATE PER PARTICOLARI DELITTI

 

     Art. 1.

     1. Dopo l'art. 4 della legge 26 luglio 1975, n. 354, è inserito il seguente:

     "Art. 4-bis (Accertamento della pericolosità sociale dei condannati per taluni delitti). - 1. L'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione possono essere concessi ai condannati per delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale, per delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416-bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonchè per i delitti di cui agli articoli 416-bis, 575, 628, terzo comma, 629, secondo comma, e 630 del codice penale e agli articoli 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell'art. 80, comma 2 e 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, solo se sono stati acquisiti elementi tali da escludere l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata o eversiva.

     2. Ai fini della concessione dei benefici di cui al comma 1 il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza decide acquisite dettagliate informazioni per il tramite del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica competente in relazione al luogo di abituale dimora del condannato. In ogni caso il giudice decide trascorsi trenta giorni dalla richiesta delle informazioni.".

     2. Il comma 1 dell'art. 21 della legge 26 luglio 1975, n. 354, già sostituito dall'art. 6 della legge 10 ottobre 1986, n. 663, è sostituito dal seguente:

     "1. I detenuti e gli internati possono essere assegnati al lavoro all'esterno in condizioni idonee a garantire l'attuazione positiva degli scopi previsti dall'art. 15. Tuttavia, se si tratta di persona condannata alla pena della reclusione per uno dei delitti indicati nel comma 1 dell'art. 4-bis, l'assegnazione al lavoro all'esterno può essere disposta dopo l'espiazione di almeno un terzo della pena e, comunque, di non oltre cinque anni. Nei confronti dei condannati all'ergastolo l'assegnazione può avvenire dopo l'espiazione di almeno dieci anni.".

     3. L'art. 30-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, introdotto dall'art. 9 della legge 10 ottobre 1986, n. 663, è così modificato:

     a) nel comma 1, le parole "di particolare pericolosità sociale" sono sostituite dalle seguenti: "socialmente pericolose";

     b) il comma 1-bis è soppresso;

     c) il comma 4 è sostituito dal seguente:

     "4. La concessione dei permessi è ammessa:

     a) nei confronti dei condannati all'arresto o alla reclusione non superiore a tre anni anche se congiunta all'arresto;

     b) nei confronti dei condannati alla reclusione superiore a tre anni, salvo quanto previsto dalla lettera c), dopo l'espiazione di almeno un quarto della pena;

     c) nei confronti dei condannati alla reclusione per taluno dei delitti indicati nel comma 1 dell'art. 4-bis, dopo l'espiazione di almeno metà della pena e, comunque, di non oltre dieci anni;

     d) nei confronti dei condannati all'ergastolo, dopo l'espiazione di almeno dieci anni.".

     4. Il comma 2 dell'art. 50 della legge 26 luglio 1975, n. 354, già sostituito dall'art. 14 della legge 10 ottobre 1986, n. 663, è sostituito dal seguente:

     "2. Fuori dei casi previsti dal comma 1, il condannato può essere ammesso al regime di semilibertà soltanto dopo l'espiazione di almeno metà della pena ovvero, se si tratta di condannato per taluno dei delitti indicati nel comma 1 dell'art. 4-bis, di almeno due terzi di essa. L'internato può esservi ammesso in ogni tempo. Tuttavia, nei casi previsti dall'art. 47, se i risultati dell'osservazione di cui al comma 2 dello stesso articolo non legittimano l'affidamento in prova al servizio sociale ma possono essere valutati favorevolmente in base ai criteri indicati nel comma 4 del presente articolo, il condannato per un reato diverso da quelli indicati nel comma 1 dell'art. 4-bis può essere ammesso al regime di semilibertà anche prima dell'espiazione di metà della pena.".

     5. Dopo l'art. 58-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, introdotto dall'art. 74 della legge 24 novembre 1981, n. 689, è aggiunto il seguente:

     "Art. 58-ter (Persone che collaborano con la giustizia). - 1. Le disposizioni del comma 1 dell'art. 21, del comma 4 dell'art. 30-ter e del comma 2 dell'art. 50, concernenti le persone condannate per taluno dei delitti indicati nel comma 1 dell'art. 4-bis, non si applicano a coloro che, anche dopo la condanna, si sono adoperati per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori ovvero hanno aiutato concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione o la cattura degli autori dei reati.

     2. Le condotte indicate nel comma 1 sono accertate dal tribunale di sorveglianza, assunte le necessarie informazioni e sentito il pubblico ministero presso il giudice competente per i reati in ordine ai quali è stata prestata la collaborazione.".

     6. Dopo l'art. 58-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, è inserito il seguente:

     "Art. 58-quater (Divieto di concessione di benefici). - 1. L'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio, l'affidamento in prova al servizio sociale nei casi previsti dall'art. 47, la detenzione domiciliare e la semilibertà non possono essere concessi al condannato che ha posto in essere una condotta punibile a norma dell'art. 385 del codice penale.

     2. La disposizione del comma 1 si applica anche al condannato nei cui confronti è stata disposta la revoca di una misura alternativa ai sensi dell'art. 47, comma 11, dell'art. 47-ter, comma 6, o dell'art. 51, primo comma.

     3. Il divieto di concessione dei benefici opera per un periodo di tre anni da quando è stata posta in essere la condotta indicata nel comma 1 o è stato emesso il provvedimento di revoca indicato nel comma 2.".

 

          Art. 2.

     1. I condannati per i delitti indicati nel comma 1 dell'art. 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, non possono essere ammessi alla liberazione condizionale se non sono stati acquisiti elementi tali da escludere l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata o eversiva. Si osservano le disposizioni del comma 2 dell'art. 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354.

     2. Fermi restando gli ulteriori requisiti e gli altri limiti di pena previsti dall'art. 176 del codice penale e fatto salvo quanto stabilito dall'art. 8 della legge 29 maggio 1982, n. 304, i soggetti di cui al comma 1 non possono comunque essere ammessi alla liberazione condizionale se non hanno scontato almeno due terzi della pena temporanea.

     3. La disposizione del comma 2 non si applica alle persone indicate nell'art. 58-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354.

 

          Art. 3.

     1. E' consentito l'arresto anche fuori dei casi di flagranza della persona che ha posto in essere una condotta punibile a norma dell'art. 385 del codice penale. Nell'udienza di convalida il giudice, se ne ricorrono i presupposti, dispone l'applicazione di una delle misure coercitive previste dalla legge anche al di fuori dei limiti previsti dall'art. 280 del codice di procedura penale.

 

          Art. 4.

     1. Le disposizioni di cui all'art. 1, commi 2, 3, 4, e all'art. 2, comma 2, si applicano esclusivamente nei confronti dei condannati per delitti commessi dopo la data di entrata in vigore del presente decreto.

     2. Le disposizioni di cui all'art. 58-quater, comma 2, della legge 26 luglio 1975, n. 354, si applicano ai condannati nei confronti dei quali il provvedimento di revoca è stato adottato dopo la data di entrata in vigore del presente decreto.

     3. Per i reati commessi anteriormente alla data di entrata in vigore della legge 26 giugno 1990, n. 162, i riferimenti, contenuti nell'art. 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, ai delitti di cui agli articoli 73, 74 e 80 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, si intendono effettuati alle corrispondenti fattispecie della legge 22 dicembre 1975, n. 685, nel testo vigente anteriormente alla data di entrata in vigore della legge 26 luglio 1990, n. 162.

 

Capo II

DISPOSIZIONI IN MATERIA DI MISURE CAUTELARI

 

          Art. 5.

     1. Nel comma 3 dell'art. 275 del codice di procedura penale, è aggiunto il seguente periodo: "Quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui agli articoli 285, 286, 416-bis, 422, 575, 628, terzo comma, 629, secondo comma, e 630 del codice penale, ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto art. 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, ai delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni ovvero ai delitti di cui agli articoli 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell'art. 80, comma 2, e 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari o che le stesse possono essere soddisfatte con altre misure.".

     2. L'art. 292 del codice di procedura penale è così modificato:

     a) nella lettera a) del comma 2 sono soppresse le parole: "e, se possibile, l'indicazione del luogo in cui probabilmente egli si trova";

     b) la lettera e) del comma 2 è sostituita dalla seguente:

     "e) la data e la sottoscrizione del giudice.";

     c) dopo il comma 2 è inserito il seguente:

     "2-bis. L'ordinanza contiene altresì la sottoscrizione dell'ausiliario che assiste il giudice, il sigillo dell'ufficio e, se possibile, l'indicazione del luogo in cui probabilmente si trova l'imputato.".

     3. La mancanza dei requisiti indicati dall'art. 292, comma 2-bis del codice di procedura penale non comporta la nullità delle ordinanze che hanno applicato misure cautelari personali anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

Capo III

CIRCOSTANZE AGGRAVANTI E ATTENUANTI PER REATI COMMESSI DA PERSONE SOTTOPOSTE A MISURE DI PREVENZIONE O PER REATI CONNESSI AD ATTIVITA' MAFIOSE

 

          Art. 6.

     1. Il primo comma dell'art. 7 della legge 31 maggio 1965, n. 575, già sostituito dall'art. 18 della legge 13 settembre 1982, n. 646, è sostituito dal seguente:

     "Le pene stabilite per i delitti previsti dagli articoli 336, 338, 353, 378, 379, 416, 416-bis, 424, 435, 513-bis, 575, 605, 610, 611, 612, 628, 629, 630, 632, 633, 634, 635, 636, 637, 638, 640-bis, 648-bis, 648-ter del codice penale sono aumentate da un terzo alla metà e quelle stabilite per le contravvenzioni di cui agli articoli 695, primo comma, 696, 697, 698, 699 del codice penale sono raddoppiate se il fatto è commesso da persona già sottoposta con provvedimento definitivo a una misura di prevenzione salvi gli effetti della riabilitazione.".

     2. L'art. 9 della legge 31 maggio 1965, n. 575, è sostituito dal seguente:

     "Art. 9. - Le pene stabilite per i reati concernenti le armi alterate nonchè le armi e le munizioni di cui all'art. 1 della legge 18 aprile 1975, n. 110, sono triplicate e quelle stabilite per i reati concernenti le armi e le munizioni di cui all'art. 2, commi primo e secondo, della stessa legge sono raddoppiate, se i fatti sono commessi da persona già sottoposta con provvedimento definitivo ad una misura di prevenzione, salvi gli effetti della riabilitazione.".

 

          Art. 7.

     1. Per i delitti punibili con la pena diversa dall'ergastolo commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416-bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, la pena è aumentata da un terzo alla metà.

     2. Le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall'art. 98 del codice penale, concorrenti con l'aggravante di cui al comma 1 non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a questa e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall'aumento conseguente alla predetta aggravante.

 

          Art. 8.

     1. Per i delitti di cui all'art. 416-bis del codice penale e per quelli commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni di tipo mafioso, nei confronti dell'imputato che, dissociandosi dagli altri, si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione o la cattura degli autori dei reati, la pena dell'ergastolo è sostituita da quella della reclusione da dodici a venti anni e le altre pene sono diminuite da un terzo alla metà.

     2. Nei casi previsti dal comma 1 non si applicano le disposizioni dell'art. 7.

     3. Quando le attenuanti previste dal comma 1 sono state applicate per effetto di false o reticenti dichiarazioni, è ammessa la revisione della sentenza su richiesta del procuratore generale della corte di appello nel cui distretto è stata pronunciata la sentenza medesima.

     4. Nel giudizio di revisione si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del titolo IV del libro IX del codice di procedura penale. In caso di accoglimento della richiesta di revisione il giudice riforma la sentenza di condanna e determina la nuova misura della pena.

     5. Nel corso del giudizio di revisione il giudice, su richiesta del pubblico ministero, può disporre la sospensione delle misure alternative alla detenzione e l'applicazione delle misure cautelari previste dalla legge.

 

Capo IV

DISPOSIZIONI IN TEMA DI ARMI

 

          Art. 9.

     1. Dopo l'art. 20 della legge 18 aprile 1975, n. 110, è inserito il seguente:

     "Art. 20-bis (Omessa custodia di armi). - Chiunque consegna a minori degli anni diciotto, che non siano in possesso della licenza dell'autorità, ovvero a persone anche parzialmente incapaci, a tossicodipendenti o a persone imperite nel maneggio, un'arma fra quelle indicate nel primo e secondo comma dell'art. 2, munizioni o esplosivi diversi dai giocattoli pirici è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con l'arresto fino a due anni.

     La stessa pena si applica a chiunque trascura di adoperare nella custodia delle armi, munizioni ed esplosivi predetti le cautele necessarie per impedire che alcune delle persone indicate nel primo comma giunga ad impossessarsene agevolmente.

     Quando il fatto di cui al primo comma è commesso in luoghi predisposti per il tiro o in quelli in cui può svolgersi l'esercizio dell'attività venatoria, la pena è dell'ammenda fino a lire un milione.

     Quando i fatti di cui ai commi precedenti riguardano le armi, le munizioni o gli esplosivi indicati nell'art. 1 o armi clandestine, la pena è della reclusione da uno a tre anni."

     2. L'art. 702 del codice penale è abrogato.

     3. I commi secondo, terzo e quarto dell'art. 23 della legge 18 aprile 1975, n. 110, sono sostituiti dai seguenti:

     "E' punito con la reclusione da tre a dieci anni e con la multa da lire quattrocentomila a lire tre milioni chiunque fabbrica, introduce nello Stato, esporta, commercia, pone in vendita o altrimenti cede armi o canne clandestine.

     Chiunque detiene armi o canne clandestine è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da lire duecentomila a lire due milioni.

     Si applica la pena della reclusione da due a otto anni e la multa da lire trecentomila a lire tre milioni a chiunque porta in luogo pubblico o aperto al pubblico armi o canne clandestine. La stessa pena si applica altresì a chiunque cancella, contraffà o altera i numeri di catalogo o di matricola e agli altri segni distintivi di cui all'art. 11.".

 

          Art. 10.

     1. La lettera g) del comma 2 dell'art. 380 del codice di procedura penale è sostituita dalla seguente:

     "g) delitti di illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine nonchè di più armi comuni da sparo escluse quelle previste dall'art. 2, comma terzo, della legge 18 aprile 1975, n. 110;".

 

Capo V

AGGRAVANTI PER LA DETERMINAZIONE O LA UTILIZZAZIONE DI MINORENNI E DI NON IMPUTABILI O NON PUNIBILI NELLA COMMISSIONE DI REATI

 

          Art. 11.

     1. All'art. 111 del codice penale è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Se si tratta di delitti per i quali è previsto l'arresto in flagranza, la pena è aumentata da un terzo alla metà.".

     2. All'art. 112, primo comma, del codice penale, il n. 4) è sostituito dal seguente:

     "4) per chi, fuori del caso preveduto dall'articolo precedente, ha determinato a commettere il reato un minore di anni diciotto o una persona in stato d'infermità o di deficienza psichica ovvero si è comunque avvalso degli stessi, o di persona non imputabile o non punibile a cagione di una condizione o qualità personale, nella commissione di un delitto per il quale è previsto l'arresto in flagranza.".

 

Capo VI

COORDINAMENTO E SPECIALIZZAZIONE DEI SERVIZI DI POLIZIA GIUDIZIARIA

 

          Art. 12.

     1. Per assicurare il collegamento delle attività investigative relative a delitti di criminalità organizzata, le amministrazioni interessate provvedono a individuare servizi centrali e interprovinciali della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza.

     2. In determinate regioni e per particolari esigenze, i servizi previsti dal comma 1 possono essere costituiti in servizi interforze.

     Alla costituzione e alla organizzazione dei servizi interforze provvede con decreto il Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri di grazia e giustizia, della difesa e delle finanze, assicurando la pari valorizzazione delle forze di polizia che vi partecipano.

     3. A fini informativi, investigativi e operativi, i servizi indicati nei commi 1 e 2 si coordinano fra loro, nonchè, se necessario, con gli altri organi o servizi di polizia giudiziaria previsti dalla legge e con gli organi di polizia esteri eventualmente interessati.

     4. Quando procede a indagini per delitti di criminalità organizzata, il pubblico ministero si avvale di regola, congiuntamente, dei servizi di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e, se richiesto dalla specificità degli accertamenti, del Corpo della guardia di finanza, ai quali, a norma dei commi 1 e 2, è attribuito il compito di svolgere indagini relative a tali delitti.

     5. Il pubblico ministero impartisce le opportune direttive per l'effettivo coordinamento investigativo e operativo tra i diversi organismi di polizia giudiziaria.

 

Capo VII

MODIFICHE ALLA DISCIPLINA DELLE INTERCETTAZIONI DI CONVERSAZIONI O COMUNICAZIONI

 

          Art. 13.

     1. L'art. 267 del codice di procedura penale è così modificato:

     a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

     "1. Il pubblico ministero richiede al giudice per le indagini preliminari l'autorizzazione a disporre le operazioni previste dall'art. 266. L'autorizzazione è data con decreto motivato quando l'intercettazione è necessaria per lo svolgimento delle indagini in relazione a un reato in ordine al quale sussistono sufficienti indizi.";

     b) il comma 3 è sostituito dal seguente:

     "3. Il decreto del pubblico ministero che dispone l'intercettazione indica le modalità e la durata delle operazioni. Tale durata non può superare i quaranta giorni, ma può essere prorogata dal giudice con decreto motivato per periodi successivi di venti giorni, qualora permangano i presupposti indicati nel comma 1. Nei casi di urgenza, alla proroga provvede direttamente il pubblico ministero; in tal caso si osservano le disposizioni del comma 2.";

     c) nel comma 4 è aggiunto il seguente periodo: "Il pubblico ministero e l'ufficiale di polizia giudiziaria possono farsi coadiuvare da agenti di polizia giudiziaria.".

 

Capo VIII

DISPOSIZIONI IN MATERIA DI TRASPARENZA E DI BUON ANDAMENTO DELL'ATTIVITA' AMMINISTRATIVA

 

          Art. 14.

     1. Per l'espletamento delle procedure relative ad appalti di opere pubbliche le province, i comuni, i rispettivi consorzi, le unioni di comuni e le comunità montane, fermi restando i compiti e le responsabilità stabiliti in materia dalla legge 8 giugno 1990, n. 142, possono avvalersi di un'apposita unità specializzata istituita dal presidente della Giunta regionale presso ciascun ufficio del genio civile.

     2. Il competente provveditorato regionale alle opere pubbliche nonchè l'Agenzia per lo sviluppo del Mezzogiorno forniscono la necessaria assistenza tecnica.

     3. All'unità specializzata di cui al comma 1 può essere altresì preposto un funzionario con qualifica dirigenziale, anche in quiescenza, della regione o dello Stato. In quest'ultimo caso, il presidente della Giunta regionale procede d'intesa con il Ministero dal quale il funzionario dipende.

 

          Art. 15.

     1. All'art. 45 della legge 8 giugno 1990, n. 142, dopo il comma 5 sono aggiunti i seguenti:

     "5-bis. Le deliberazioni di cui al comma 2, lettera a), e quelle di cui al comma 4, concernenti le stesse materie, sono altresì sottoposte al controllo preventivo di legittimità quando il prefetto ne faccia motivata richiesta con le modalità e nei termini previsti nel predetto comma 2.

     5-ter. Ai fini di cui al comma 5-bis le deliberazioni ivi indicate sono comunicate al prefetto contestualmente all'affissione all'albo.".

 

          Art. 16.

     1. Per assicurare il buon andamento, l'imparzialità e l'efficienza dell'azione amministrativa affidata agli organi decentrati dello Stato e agli enti pubblici è istituito, presso ciascuna prefettura, il comitato provinciale della pubblica amministrazione quale organo di coordinamento delle attività statali in ambito provinciale, nonchè di informazione e di consulenza del prefetto per l'esercizio delle attribuzioni ad esso affidate dalla legge.

     2. Il comitato è presieduto dal prefetto ed è composto dai responsabili degli uffici decentrati delle amministrazioni statali, comprese quelle ad ordinamento autonomo, e degli enti pubblici non territoriali aventi sede nella provincia. Le riunioni del comitato sono indette, di norma, con la partecipazione dei responsabili degli uffici interessati alle materie da trattare.

     3. Quando è necessario ai fini conoscitivi o di raccordo con le iniziative di altri organismi o delle amministrazioni locali, il prefetto può chiamare a partecipare alle sedute del comitato rappresentanti delle organizzazioni sindacali o di categoria più rappresentative, nonchè degli enti locali o di altri organismi interessati ai problemi da trattare.

     4. Quando, sulla base di elementi comunque acquisiti, ravvisi l'esistenza di carenze, inefficienze o disservizi, il comitato provinciale può impartire direttive allo scopo di accertarne le cause ed eliminarne gli effetti, anche richiedendo, ove occorra, che siano eseguite ispezioni nell'ambito degli uffici di cui al comma 2, nonchè verifiche delle procedure poste in essere per l'attuazione di attività amministrative, comprese quelle derivanti dai contratti dell'amministrazione interessata. Degli accertamenti richiesti e dell'esito degli stessi è informata immediatamente l'amministrazione centrale competente.

     5. Il prefetto, nell'esercizio delle funzioni attribuitegli dalla legge e in attuazione di quanto previsto nel presente articolo, vigila sulla esecuzione delle determinazioni adottate dal comitato provinciale della pubblica amministrazione e riferisce al Presidente del Consiglio dei Ministri, informando il commissario del Governo e i Ministri di volta in volta interessati, mediante relazioni sull'attività svolta dal comitato e dagli uffici di cui al comma 2 in riferimento alle finalità del presente articolo.

 

          Art. 17.

     1. Gli enti pubblici comunque denominati, che gestiscono forme di previdenza e di assistenza, sono tenuti ad utilizzare per il periodo 1990-95 una somma, non superiore al 40% dei fondi destinati agli investimenti immobiliari, per la costruzione e l'acquisto di immobili a destinazione residenziale, da destinare a dipendenti statali trasferiti per esigenze di servizio, tenendo conto nella costruzione e nell'acquisto di immobili della intensità abitativa e della consistenza degli uffici statali.

     2. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale determina, con proprio decreto, di concerto con il Ministro del tesoro, l'ammontare delle risorse da destinare agli interventi di cui al comma 1.

 

Capo IX

MODIFICAZIONI ALLA LEGISLAZIONE ANTIMAFIA

 

          Art. 18.

     1. L'art. 2 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come modificato dall'art. 8 della legge 3 agosto 1988, n. 327, è sostituito dal seguente:

     "Art. 2. - Le misure di prevenzione della sorveglianza speciale e del divieto e dell'obbligo di soggiorno, ai sensi degli articoli 3 e 4 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, possono altresì essere proposte dal procuratore della Repubblica presso il tribunale nel cui circondario dimora la persona, anche se non vi è stato preventivo avviso. Il suddetto procuratore della Repubblica interviene nel procedimento davanti al tribunale indicato nell'art. 4 della legge citata.".

     2. Dopo il comma 5 dell'art. 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'art. 3 della legge 19 marzo 1990, n. 55, è aggiunto il seguente:

     "5-bis. Salvo che si tratti di provvedimenti di rinnovo, attuativi o comunque conseguenti a provvedimenti già disposti, ovvero di contratti derivati da altri già stipulati dalla pubblica amministrazione, le licenze, le autorizzazioni, le concessioni, le erogazioni, le abilitazioni e le iscrizioni indicate nel comma 1 non possono essere rilasciate o consentite e la conclusione dei contratti o subcontratti indicati nel comma 2 non può essere consentita a favore di persone nei cui confronti è in corso il procedimento di prevenzione senza che sia data preventiva comunicazione al giudice competente, il quale può disporre, ricorrendone i presupposti, i divieti e le sospensioni previsti a norma del comma 3. A tal fine, i relativi procedimenti amministrativi restano sospesi fino a quando il giudice non provvede e, comunque, per un periodo non superiore a venti giorni dalla data in cui la pubblica amministrazione ha proceduto alla comunicazione.".

     3. Il comma 1 dell'art. 10-sexies della legge 31 maggio 1965, n. 575, introdotto dall'art. 7 della legge 19 marzo 1990, n. 55, è sostituito dal seguente:

     "1. La pubblica amministrazione, prima di rilasciare o consentire le licenze, le autorizzazioni, le concessioni, le erogazioni, le abilitazioni e le iscrizioni previste dall'art. 10, e prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e i subcontratti di cui al medesimo articolo deve acquisire apposita certificazione relativa all'interessato circa la sussistenza a suo carico di un procedimento per l'applicazione, a norma della presente legge, di una misura di prevenzione, nonchè circa la sussistenza di provvedimenti che applicano una misura di prevenzione e dispongono divieti, sospensioni o decadenze a norma dell'art. 10, ovvero del secondo comma dell'art. 10-quater. Per i rinnovi, allorchè la legge dispone che gli stessi abbiano luogo con provvedimento formale, per i provvedimenti comunque conseguenti a provvedimenti già disposti, salvo gli atti di esecuzione, e per i contratti derivati da altri già stipulati dalla pubblica amministrazione l'obbligo sussiste con riguardo alla certificazione dei provvedimenti definitivi o provvisori che applicano la misura di prevenzione o dispongono i divieti, le sospensioni o le decadenze. Per i contratti concernenti obbligazioni a carattere periodico o continuativo per forniture di beni o servizi, la certificazione deve essere acquisita per ciascun anno di durata del contratto".

     4. Il comma 4 dell'art. 10-sexies della legge 31 maggio 1965, n. 575, introdotto dall'art. 7 della legge 19 marzo 1990, n. 55, è sostituito dal seguente:

     "4. Quando gli atti o i contratti riguardano società, la certificazione è richiesta nei confronti della stessa società. Essa è altresì richiesta, se trattasi di società di capitali anche consortili ai sensi dell'art. 2615-ter del codice civile, o di società cooperative, di consorzi cooperativi, ovvero di consorzi di cui al libro V, titolo X, capo II, sezione II del codice civile, nei confronti del legale rappresentante e degli eventuali altri componenti l'organo di amministrazione, nonchè di ciascuno dei consorziati che nei consorzi e nelle società consortili detenga una partecipazione superiore al 10 per cento, o di quei soci o consorziati per conto dei quali le società consortili o i consorzi operino in modo esclusivo nei confronti della pubblica amministrazione; per i consorzi di cui all'art. 2602 del codice civile, la certificazione è richiesta nei confronti di chi ne ha la rappresentanza e degli imprenditori o società consorziate. Se trattasi di società in nome collettivo, la certificazione è richiesta nei confronti di tutti i soci; se trattasi di società in accomandita semplice, nei confronti dei soci accomandatari. Se trattasi delle società di cui all'art. 2506 del codice civile, la certificazione è richiesta nei confronti di coloro che le rappresentano stabilmente nel territorio dello Stato.".

     5. Il comma 6 dell'art. 10-sexies della legge 31 maggio 1965, n. 575, introdotto dall'art. 7 della legge 11 marzo 1990, n. 55, è sostituito dal seguente:

     "6. Le certificazioni possono anche essere rilasciate su richiesta del privato interessato presentata alla prefettura competente per il luogo ove lo stesso ha la residenza ovvero la sede, se trattasi di società, impresa o ente. La relativa domanda, alla quale vanno allegati i certificati prescritti, deve specificare i provvedimenti, atti o contratti per i quali la certificazione è richiesta o anche solo le amministrazioni o enti pubblici interessati ed indicare il numero degli esemplari occorrenti e la persona, munita di procura speciale, incaricata di ritirarli. La certificazione deve essere acquisita dalla pubblica amministrazione o dal concessionario entro tre mesi dalla data del rilascio prodotta anche in copia autenticata ai sensi dell'art. 14 della legge 4 gennaio 1968, n. 15.".

     6. Al comma 7 dell'art. 10-sexies della legge 31 maggio 1965, n. 575, introdotto dall'art. 7 della legge 19 marzo 1990, n. 55, dopo le parole "a suo carico" sono aggiunte le seguenti: "e dei propri conviventi".

 

          Art. 19.

     1. Le amministrazioni centrali dello Stato e gli organi centrali degli enti pubblici indicati dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al primo comma dell'art. 10-bis della legge 31 maggio 1965, n. 575, come da ultimo modificato dall'art. 4 della legge 19 marzo 1990, n. 55, possono realizzare intese con il Dipartimento della pubblica sicurezza per la comunicazione su supporto informatico dei dati essenziali oggetto della certificazione di cui all'art. 10-sexies della citata legge n. 575 del 1965, introdotto dall'art. 7 della legge n. 55 del 1990, concernenti le persone nei confronti delle quali si applicano i divieti previsti dall'art. 10 della medesima legge n. 575, come da ultimo sostituito dall'art. 3 della legge n. 55 del 1990. Per le amministrazioni e gli organi di cui al presente comma, l'obbligo previsto dal primo comma del citato art. 10-sexies è assolto con l'acquisizione dell'estratto delle predette comunicazioni e dei certificati di residenza e di stato di famiglia, di data non anteriore a tre mesi, relativi all'interessato.

 

          Art. 20.

     1. Al comma 2 dell'art. 17 della legge 19 marzo 1990, n. 55, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Dette disposizioni si applicano a tutte le procedure delle amministrazioni e degli enti pubblici relative agli appalti di opere e di lavori pubblici, nonchè alle concessioni di costruzione e di gestione.".

     2. Al comma 2 dell'art. 18 della legge 19 marzo 1990, n. 55, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Il contratto non può essere ceduto, a pena di nullità.".

 

          Art. 21.

     1. Le disposizioni dell'art. 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come modificato dall'art. 3 della legge 19 marzo 1990, n. 55, e quelle dell'art. 10-sexies della stessa legge n. 575, introdotto dall'art. 7 della legge n. 55, si applicano alle licenze, autorizzazioni, concessioni, erogazioni, abilitazioni e iscrizioni disposte successivamente alla data di entrata in vigore delle norme che hanno previsto i relativi divieti, sospensioni o decadenze o l'onere di acquisire la certificazione del prefetto.

     2. Ai fini di cui al comma 1 non si tiene conto della data dei provvedimenti attuativi o comunque conseguenti a provvedimenti già disposti anteriormente alla data di entrata in vigore della legge 19 marzo 1990, n. 55. Per questi ultimi provvedimenti e per ogni altro adempimento amministrativo o esecutivo relativo a provvedimenti disposti, i divieti, le decadenze e le sospensioni stabiliti dall'art. 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, operano a norma dell'art. 10-bis della medesima legge.

     3. Sono abrogati i commi 3 e 4 dell'art. 23-bis della legge 13 settembre 1982, n. 646, introdotto dall'art. 9 della legge 19 marzo 1990, n. 55.

 

          Art. 22.

     1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.


[1]  Non convertito in legge. Per effetto dell'art. 1 della L. 12 luglio 1991, n. 203, restano validi gli atti ed i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodotti e i rapporti giuridici sorti sulla base del presente decreto.