§ 4.1.141 - L.R. 9 ottobre 2008, n. 29.
Individuazione, istituzione e disciplina dei distretti rurali e dei distretti agroalimentari di qualità e modifiche della legge regionale 12 maggio [...]


Settore:Codici regionali
Regione:Piemonte
Materia:4. sviluppo economico
Capitolo:4.1 agricoltura e zootecnia
Data:09/10/2008
Numero:29


Sommario
Art. 1.  (Finalità)
Art. 2.  (Definizioni)
Art. 3.  (Requisiti per l'individuazione dei distretti rurali)
Art. 4.  (Requisiti per l'individuazione dei distretti agroalimentari di qualità)
Art. 5.  (Individuazione territoriale dei distretti rurali e dei distretti agroalimentari di qualità)
Art. 6.  (Costituzione del distretto)
Art. 7.  (Funzionamento del distretto)
Art. 8.  (Piano di distretto)
Art. 9.  (Procedure di approvazione del piano)
Art. 10.  (Tavolo di distretto)
Art. 11.  (Attuazione del piano)
Art. 12.  (Definizioni territoriali)
Art. 13.  (Istruzioni attuative)
Art. 14.  (Modifiche della l.r. 37/1980)
Art. 15.  (Monitoraggio)
Art. 16.  (Clausola valutativa)
Art. 17.  (Supporto tecnico)
Art. 18.  (Notifica delle azioni configurabili come aiuti di Stato)
Art. 19.  (Norme transitorie)
Art. 20.  (Adeguamenti normativi)
Art. 21.  (Abrogazioni)
Art. 22.  (Norma finanziaria)


§ 4.1.141 - L.R. 9 ottobre 2008, n. 29.

Individuazione, istituzione e disciplina dei distretti rurali e dei distretti agroalimentari di qualità e modifiche della legge regionale 12 maggio 1980, n. 37 (Le enoteche regionali, le botteghe del vino o cantine comunali, i musei etnografico-enologici, le strade del vino).

(B.U. 16 ottobre 2008, n. 42 - S.O. n. 1)

 

Capo I.

DISPOSIZIONI GENERALI

 

Art. 1. (Finalità)

1. La Regione Piemonte con la presente legge disciplina l'individuazione e l'istituzione dei distretti rurali e dei distretti agroalimentari di qualità, ai sensi dell'articolo 13, commi 1 e 2, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228 (Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell'articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57), al fine di promuovere lo sviluppo rurale, di valorizzare le vocazioni naturali dei territori ed i prodotti tipici di qualità, di consolidare l'integrazione tra i diversi settori produttivi, di rafforzare l'integrazione delle filiere agroalimentari ed agroindustriali, di migliorare la qualità ambientale e paesaggistica dello spazio rurale.

2. La Regione persegue una programmazione integrata delle politiche rurali, agricole ed agroindustriali in stretta connessione con i piani dei distretti rurali e dei distretti agroalimentari di qualità.

 

     Art. 2. (Definizioni)

1. Si definiscono:

a) distretti rurali, i sistemi produttivi locali, anche a carattere interregionale, di cui all'articolo 36, comma 1, della legge 5 ottobre 1991, n. 317 (Interventi per l'innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese), caratterizzati da identità storica e territoriale omogenea derivante dall'integrazione tra attività agricole e altre attività locali, nonché dalla produzione di beni e servizi di particolare specificità, coerenti con le tradizioni e le vocazioni naturali e territoriali;

b) distretti agroalimentari di qualità, i sistemi produttivi locali, anche a carattere interregionale, caratterizzati da significativa presenza economica e da interrelazione ed interdipendenza produttiva delle imprese agricole e agroalimentari, nonché da una o più produzioni certificate e tutelate ai sensi della vigente normativa comunitaria, oppure da produzioni tradizionali o riconducibili a sistemi di qualità nazionali di prossimo riconoscimento.

 

Capo II.

DISTRETTI

 

     Art. 3. (Requisiti per l'individuazione dei distretti rurali)

1. Gli elementi che individuano i distretti rurali sono:

a) la presenza di un insieme di attività e funzioni diversificate, quali l'agricoltura con caratteristiche di multifunzionalità, l'artigianato, la piccola industria, il commercio, la ristorazione e la ricettività alberghiera, che hanno una base territoriale comune e sono organizzate in prevalenza per il soddisfacimento del ciclo corto e della conservazione e valorizzazione delle risorse naturali e culturali locali;

b) la produzione agricola realizzata nell'area distrettuale in coerenza con i valori ambientali e paesaggistici dei territori, tale da caratterizzare l'identità dei luoghi e da risultare significativa almeno a livello dell'economia locale;

c) la presenza di un sistema consolidato di relazioni tra le imprese agricole e le imprese locali operanti in altri settori, integrato con i fenomeni culturali e turistici locali;

d) un'offerta locale che soddisfi una parte rilevante della richiesta di innovazione tecnologica ed organizzativa delle imprese agricole, nonché di assistenza tecnica e gestionale e di formazione professionale;

e) la valorizzazione dei prodotti agricoli e del patrimonio rurale e forestale, nonché la tutela del territorio e del paesaggio rurale;

f) l'esistenza di rapporti di tipo collaborativo tra le istituzioni locali, le imprese agricole nonché le imprese di altri settori locali, anche sotto forma di convenzioni;

g) un'identità storica e paesaggistica omogenea del territorio, determinata anche dalle scelte colturali delle imprese agricole e del patrimonio rurale.

2. Le aree prevalentemente urbanizzate, poli urbani, selezionabili ai sensi della normativa regionale sullo sviluppo rurale, possono costituire distretti rurali se caratterizzate da un'agricoltura multifunzionale in grado di realizzare, anche potenzialmente, prodotti e servizi di varia tipologia suscettibili di fruizione urbana.

3. I sistemi produttivi caratterizzati da un'identità territoriale omogenea derivante dalla diffusione in ambito locale dell'attività di valorizzazione del legno e dall'utilizzo dei relativi prodotti e sottoprodotti sia per la commercializzazione sia per la loro trasformazione in energia, definiti distretti del legno d'interesse locale, sono assimilabili ai distretti rurali.

 

     Art. 4. (Requisiti per l'individuazione dei distretti agroalimentari di qualità)

1. I distretti agroalimentari di qualità si caratterizzano per:

a) la realizzazione di uno o più prodotti merceologicamente omogenei, certificati e tutelati ai sensi della vigente normativa comunitaria, oppure di produzioni tradizionali o riconducibili a sistemi di qualità nazionali di prossimo riconoscimento, la cui produzione risulta significativa a livello dell'economia agroalimentare regionale;

b) la presenza di filiere produttive caratterizzate da relazioni di integrazione e di interdipendenza tra le imprese agricole e quelle del settore della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agroalimentari;

c) un'offerta locale che soddisfi una parte rilevante della richiesta di innovazione tecnologica ed organizzativa delle imprese agricole e delle imprese agroalimentari, nonché di assistenza tecnica ed economica e di formazione professionale;

d) l'integrazione tra produzione agroalimentare e fenomeni culturali e turistici;

e) la costituzione di rapporti di tipo collaborativo tra le istituzioni locali e le imprese agricole ed agroalimentari, anche sotto forma di convenzioni, per promuovere lo sviluppo dell'imprenditoria locale e la valorizzazione dei prodotti tipici, biologici e di qualità.

2. I sistemi produttivi locali nei quali assumono carattere principale la produzione biologica e le attività connesse o le attività finalizzate alla valorizzazione dei prodotti locali ottenuti in conformità alle disposizioni del regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio del 28 giugno 2007 (relativo alla produzione biologica e all'etichettatura dei prodotti biologici e che abroga il regolamento (CEE) n. 2092/91), possono costituire distretti agroalimentari di qualità.

3. Ai distretti agroalimentari di qualità sono assimilati i distretti che producono, lavorano o trasformano prodotti di origine agricola non destinati all'alimentazione umana, compresi i prodotti assimilabili ai derivati del legno.

 

     Art. 5. (Individuazione territoriale dei distretti rurali e dei distretti agroalimentari di qualità)

1. L'individuazione dei distretti rurali e dei distretti agroalimentari di qualità avviene sulla base di azioni di animazione del territorio da parte della provincia o delle province territorialmente competenti, destinate a promuovere la costituzione del soggetto giuridico distretto.

2. Le province interessate garantiscono la più ampia concertazione sentendo le rappresentanze economiche, sociali ed istituzionali.

3. Le province elaborano la proposta di individuazione territoriale che contiene:

a) l'analisi socio-economica dell'area;

b) le motivazioni che giustificano le politiche territoriali;

c) l'indicazione degli attori che si costituiscono in distretto nelle forme di cui all'articolo 6, sulla base di patti sottoscritti antecedentemente alla elaborazione della proposta;

d) la valutazione della capacità progettuale degli attori di cui alla lettera c), in funzione dell'idoneità degli stessi a costituirsi in distretto.

4. La provincia territorialmente competente oppure, nel caso di territorio comprendente più province, la provincia designata quale capofila dalle province interessate trasmette la proposta alla Giunta regionale per l'approvazione.

5. Nel caso in cui la Giunta regionale non accolga la proposta di cui al comma 3, rinvia il piano alla provincia proponente per gli adeguamenti necessari. La Giunta regionale ha comunque facoltà di modificare il piano per renderlo compatibile alle normative vigenti.

6. In presenza di aree legate da correlazioni culturali, economiche e di sviluppo tali da rendere necessarie programmazioni congiunte, la contiguità territoriale non è elemento essenziale nella definizione dei confini distrettuali, né è causa di esclusione l'appartenenza ad altro distretto.

7. La procedura di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 si applica alle successive variazioni territoriali.

 

     Art. 6. (Costituzione del distretto)

1. Il distretto è costituito in società o in forma associativa, ove necessariamente sono presenti le province, i comuni singoli o associati e le comunità montane interessati, con la partecipazione anche di soggetti privati.

2. Le forme societarie o associative sono quelle previste e disciplinate dal codice civile, nel rispetto delle indicazioni presenti nelle istruzioni attuative di cui all'articolo 13.

3. Se i distretti rurali ricadono in aree in cui insistono i programmi Leader, i gruppi di azione locale fanno parte della forma societaria o associativa prescelta.

4. Il rappresentante legale garantisce la coerenza nell'attuazione del piano di cui all'articolo 8.

 

     Art. 7. (Funzionamento del distretto)

1. Le province e i comuni territorialmente competenti forniscono servizi che agevolano l'iter procedurale e la realizzazione del piano e mettono a disposizione le proprie risorse umane e fisiche. La Regione partecipa alle spese di funzionamento dei distretti, secondo le modalità di cui all'articolo 13.

2. La sede del distretto è fornita dalla provincia competente per territorio oppure, nel caso di territorio interprovinciale, da una delle province interessate.

3. Allo scopo di assicurare il concorso alle strategie distrettuali e fermo restando il rispetto dei limiti della legislazione in materia, la Regione e gli enti locali con rappresentanza nel distretto possono disporre, con il consenso degli interessati, il comando presso di esso di personale con rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

 

     Art. 8. (Piano di distretto)

1. Il piano di distretto, di seguito denominato "piano", prevede i seguenti contenuti:

a) l'analisi della situazione esistente e delle prospettive della produzione, della trasformazione, della commercializzazione, della distribuzione e del consumo del prodotto o dei prodotti del distretto, nonché delle problematiche ambientali e territoriali;

b) la descrizione della situazione esistente e la valutazione delle diverse forme di interrelazione e di interdipendenza tra imprese della produzione, della trasformazione e della commercializzazione dei prodotti agricoli e altri soggetti locali;

c) l'indicazione delle politiche agricole e rurali rilevanti per il distretto, per la tutela e la valorizzazione delle produzioni agricole e agroindustriali, delle risorse ambientali e territoriali, del paesaggio agrario e delle tradizioni rurali;

d) l'indicazione dei soggetti attuatori e delle fonti di finanziamento;

e) l'indicazione delle sinergie e delle integrazioni con altri strumenti comunitari, nazionali e regionali di intervento.

2. Il piano dà indicazioni circa l'individuazione di strumenti e strutture da istituire per la propria attuazione e per la valorizzazione complessiva del distretto, quali:

a) le strade del vino di cui alla legge 27 luglio 1999, n. 268 (Disciplina delle strade del vino) e le strade dei prodotti agricoli e agroalimentari di qualità, che sono percorsi segnalati e pubblicizzati con appositi sistemi indicatori, lungo i quali insistono valori ed elementi naturali, produttivi, ambientali caratterizzanti i distretti rurali e i distretti agroalimentari di qualità. Le strade del vino e le strade dei prodotti agricoli e agroalimentari di qualità hanno lo scopo di esaltare ed incrementare la fruizione turistica delle aziende, delle cantine, dei laboratori per la preparazione dei prodotti agroalimentari, dei luoghi di degustazione e vendita dei prodotti e, in generale, delle risorse produttive, ambientali, paesaggistiche, rurali, culturali, storiche dei distretti rurali e dei distretti agroalimentari di qualità di riferimento. Le attività di accoglienza, compresa la degustazione dei prodotti aziendali e l'organizzazione di attività ricreative, culturali, didattiche, svolte da aziende agricole nell'ambito del programma delle strade del vino e dei prodotti agroalimentari di qualità sono riconducibili alle attività agrituristiche di cui all'articolo 2 della legge 20 febbraio 2006, n. 96 (Disciplina dell'agriturismo), secondo i principi in essa contenuti e secondo le disposizioni della legge regionale 23 marzo 1995, n. 38 (Disciplina dell'agriturismo);

b) le agroteche regionali, intese come strutture aperte al pubblico, per svolgere, senza fini di lucro, attività di ricerca, esposizione, tutela, divulgazione, informazione, animazione, promozione di tutti gli elementi e i valori ispirati e rappresentati dai sistemi produttivi, territoriali, ambientali, sociali, culturali che caratterizzano i distretti rurali e i distretti agroalimentari di qualità di riferimento;

c) altre strutture e iniziative ritenute utili per l'attuazione del piano e per la valorizzazione complessiva dei distretti rurali e dei distretti agroalimentari di qualità di riferimento.

3. I piani relativi ai distretti dei vini indicano, quali soggetti aventi un ruolo rilevante nell'attuazione dei piani stessi, le enoteche regionali e le botteghe del vino o cantine comunali riconosciute e operanti ai sensi della legge regionale 12 maggio 1980, n. 37 (Le enoteche regionali, le botteghe del vino o cantine comunali, i musei etnografico-enologici, le strade del vino).

 

     Art. 9. (Procedure di approvazione del piano)

1. Il distretto redige la proposta di piano entro e non oltre centottanta giorni dalla sua costituzione ed il rappresentante legale la presenta all'assessore regionale competente in materia di agricoltura, il quale, al fine di garantire un ruolo consultivo alle istituzioni locali e alle rappresentanze economiche e sociali del territorio distrettuale, convoca appositi tavoli di distretto di cui all'articolo 10.

2. L'assessore di cui al comma 1, con le strutture regionali competenti, valuta le osservazioni dei tavoli di distretto e verifica la conformità della proposta di piano:

a) alle politiche dello sviluppo rurale;

b) ai canoni della pianificazione strategica;

c) agli strumenti di programmazione;

d) ai criteri della qualità della spesa.

3. La Giunta regionale, sentita la Commissione consiliare competente, approva la proposta di piano entro novanta giorni dal suo ricevimento.

4. La Giunta regionale ha facoltà di rigettare, anche parzialmente, la proposta di piano. Ha inoltre, facoltà di proporre progetti distrettuali o interdistrettuali di interesse strategico, nel rispetto dei propri strumenti di programmazione, sentiti i distretti interessati.

5. Il piano approvato ha validità triennale e può essere aggiornato secondo la procedura di cui ai commi 1, 2, 3 e 4.

 

     Art. 10. (Tavolo di distretto)

1. Il tavolo di distretto è collegio di consultazione obbligatoria ed è composto da:

a) una rappresentanza delle organizzazioni professionali agricole;

b) una rappresentanza delle organizzazioni di prodotto;

c) una rappresentanza della cooperazione di settore;

d) una rappresentanza delle organizzazioni di promozione turistica;

e) una rappresentanza delle organizzazioni sindacali di settore;

f) una rappresentanza della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura;

g) una rappresentanza per ciascuna delle province interessate territorialmente;

h) una rappresentanza dei comuni;

i) una rappresentanza delle comunità montane, ove presenti;

j) una rappresentanza delle comunità collinari, ove presenti;

k) una rappresentanza delle associazioni industriali, artigianali e commerciali.

2. L'assessore regionale competente in materia di agricoltura valuta l'opportunità di estendere la partecipazione al tavolo anche ad altri soggetti, individuati sulla base delle caratteristiche del distretto e provvede alla loro convocazione.

3. Il numero dei rappresentanti, le modalità di designazione e di nomina degli stessi e le norme per il funzionamento del tavolo di distretto sono definite dalle istruzioni attuative di cui all'articolo 13.

 

     Art. 11. (Attuazione del piano)

1. Il piano è attuato mediante l'esecuzione di programmi annuali.

2. Gli interventi previsti dal piano, qualora di competenza della provincia, sono inseriti nel programma operativo provinciale di cui all'articolo 10 della legge regionale 8 luglio 1999, n. 17 (Riordino dell'esercizio delle funzioni amministrative in materia di agricoltura, alimentazione, sviluppo rurale, caccia e pesca) e possono essere cofinanziati con risorse aggiuntive regionali, secondo le modalità di cui all'articolo 13.

3. La Giunta regionale indirizza i propri strumenti di programmazione e di intervento a sostegno dell'attuazione dei piani di distretto e dei relativi programmi annuali.

 

     Art. 12. (Definizioni territoriali)

1. Resta ferma l'individuazione dei territori dei distretti agroalimentari di qualità, definita sulla base della legge regionale 13 ottobre 2003, n. 26 (Istituzione dei distretti rurali e dei distretti agroalimentari di qualità).

2. I distretti dei vini sono riuniti in un unico distretto. Denominazione e definizione territoriale sono individuate nelle istruzioni attuative di cui all'articolo 13.

 

Capo III.

ATTUAZIONE E MODIFICHE

 

     Art. 13. (Istruzioni attuative)

1. La Giunta regionale, sentita la Commissione consiliare competente, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge approva con propria deliberazione le istruzioni attuative che definiscono:

a) gli indirizzi e le modalità per la costituzione dei distretti, di cui all'articolo 6, comma 1 e per l'adeguamento alla normativa vigente dei distretti di cui alla legge regionale 9 agosto 1999, n. 20 (Disciplina dei distretti dei vini e delle strade del vino del Piemonte. Modifiche della legge regionale 12 maggio 1980, n. 37) e alla l.r. 26/2003;

b) i criteri operativi per lo svolgimento dell'attività di monitoraggio di cui all'articolo 15;

c) le modalità di partecipazione e la percentuale di cofinanziamento della Regione alle spese di funzionamento dei distretti, di cui all'articolo 7, comma 1, entro il tetto massimo di spesa stabilito dalle leggi annuali di bilancio;

d) le modalità per garantire il raccordo delle strutture regionali nell'attuazione delle politiche agrarie distrettuali;

e) il numero dei rappresentanti del tavolo di distretto di cui all'articolo 10, le modalità di designazione e di nomina degli stessi, nonché le norme per il suo funzionamento.

2. Le istruzioni attuative prevedono altresì:

a) le indicazioni inerenti alle procedure ed alle modalità per la costituzione delle strade del vino, delle strade dei prodotti agricoli e agroalimentari di qualità, nonché l'efficacia del piano triennale e dei conseguenti programmi annuali di attuazione;

b) le indicazioni inerenti alle procedure e alle modalità per la costituzione delle agroteche regionali. La facoltà di promuovere le agroteche è riconosciuta ad uno o più enti pubblici che presentano relativa richiesta di riconoscimento alla Regione. La Giunta regionale assicura la collaborazione e l'assistenza agli enti pubblici nella fase propedeutica la costituzione delle agroteche regionali. Con propria deliberazione provvede al riconoscimento ed ha facoltà di concedere un contributo fino al 50 per cento delle spese di costituzione, di adeguamento delle strutture ed attrezzature e per i programmi di attività;

c) le indicazioni cui attenersi nella predisposizione dei disciplinari delle strade del vino, delle strade dei prodotti agricoli e agroalimentari di qualità e delle agroteche regionali;

d) la possibilità per i soggetti pubblici e privati di proporre, in via sperimentale, aggregazioni distrettuali temporanee e flessibili su economie territoriali non significative a livello regionale, con relative forme e modalità costitutive;

e) i termini di cui all'articolo 19, commi 2 e 3.

 

     Art. 14. (Modifiche della l.r. 37/1980)

1. L'articolo 2 della l.r. 37/1980, come modificato dall'articolo 11 della l.r. 20/1999, è sostituito dal seguente:

"Art. 2. (Enoteche regionali)

1. La Regione riconosce, promuove e incentiva le enoteche regionali che presentano i seguenti requisiti:

a) siano costituite con atto pubblico, con la partecipazione di enti di diritto pubblico;

b) espongano vini piemontesi VQPRD (vini di qualità prodotti in regioni determinate), in idonea sede caratterizzata da requisiti storici, artistici e architettonici e che sia aperta al pubblico;

c) promuovano attività di conservazione e documentazione della cultura contadina, anche al di fuori dell'ambiente vitivinicolo;

d) svolgano, senza fini di lucro, un'attività tendente a valorizzare, a promuovere e diffondere la conoscenza dei vini del Piemonte, anche in relazione agli accostamenti con la tradizionale gastronomia piemontese e con le altre produzioni agroalimentari di qualità del territorio di riferimento.

2. Ciascuna enoteca regionale, per la selezione dei vini, si avvale di una commissione tecnica che opera secondo la metodologia stabilita dalla Giunta regionale ai sensi dell'articolo 6.

3. Le enoteche regionali partecipano all'elaborazione ed all'attuazione del piano di distretto dei vini di riferimento.

4. Le enoteche regionali hanno facoltà di istituire centri di informazione finalizzati alla produzione e diffusione di notizie sulle aree vitivinicole dei distretti dei vini e delle strade del vino.

5. I centri di informazione svolgono attività di prenotazione visite e soggiorni a carattere locale, per conto di strutture private e pubbliche, con le quali hanno in precedenza stipulato accordi e convenzioni.

6. Le enoteche costituiscono a tutti gli effetti uffici di informazione e di accoglienza turistica (IAT), ai sensi della legge regionale 22 ottobre 1996, n. 75 (Organizzazione dell'attività di promozione, accoglienza e informazione turistica in Piemonte).

7. Le enoteche regionali hanno facoltà sia di realizzare e gestire strutture esterne alla propria sede sia di partecipare ad associazioni, società ed enti senza fini di lucro.

8. Le caratteristiche tecniche, gli standard qualitativi e le modalità di funzionamento dei musei e dei centri di documentazione sono definite in uno specifico disciplinare.".

 

Capo IV.

DISPOSIZIONI TRANSITORIE, FINALI E FINANZIARIE

 

     Art. 15. (Monitoraggio)

1. Il rappresentante di distretto, entro il 31 dicembre di ogni anno, trasmette alla Giunta regionale una relazione sullo stato di attuazione del piano e sull'attività svolta.

 

     Art. 16. (Clausola valutativa)

1. La Giunta regionale, a tre anni dall'entrata in vigore della legge, trasmette al Consiglio regionale una relazione sullo stato di attuazione della legge.

2. La relazione contiene anche risposte documentate ai seguenti quesiti:

a) quali nuovi distretti sono stati istituiti in applicazione della legge;

b) quale forma societaria o associativa caratterizza i singoli distretti istituiti;

c) la natura delle risorse allocate;

d) i benefici ottenuti dall'azione di intervento di programmazione regionale;

e) eventuali difficoltà verificatesi in sede di applicazione della legge.

 

     Art. 17. (Supporto tecnico)

1. L'assessorato regionale competente in materia di agricoltura, per l'attuazione della legge e al fine di garantire la programmazione ed il raccordo delle politiche distrettuali con le politiche comunitarie, nazionali e regionali, ha facoltà di avvalersi della collaborazione di istituzioni pubbliche di ricerca nel campo agricolo, economico e sociale.

2. La collaborazione può essere estesa alla redazione della relazione di cui all'articolo 16.

 

     Art. 18. (Notifica delle azioni configurabili come aiuti di Stato)

1. Gli atti emanati in applicazione della presente legge, che prevedano l'attivazione di azioni configurabili come aiuti di Stato, ad eccezione dei casi in cui detti aiuti siano erogati in conformità a quanto previsto dai regolamenti comunitari di esenzione, sono oggetto di notifica ai sensi degli articoli 87 e 88 del Trattato.

 

     Art. 19. (Norme transitorie)

1. I distretti agroalimentari di qualità costituiti ai sensi della l.r. 26/2003 sono da essa disciplinati fino all'approvazione delle istruzioni attuative di cui all'articolo 13.

2. I distretti dei vini sono soggetti alla disciplina della l.r. 20/1999 sino al termine perentorio fissato dalla Giunta regionale nelle istruzioni attuative di cui all'articolo 13, al fine di consentire la conclusione dei procedimenti in corso all'entrata in vigore della presente legge.

3. I Consigli dei distretti dei vini, i relativi Presidenti e Comitati esecutivi, di cui all'articolo 6 della l.r. 20/1999, decadono con l'entrata in vigore della presente legge. L'Assessore regionale competente in materia di agricoltura nomina un Commissario con poteri di ordinaria amministrazione, che resta in carica fino al termine perentorio fissato dalla Giunta regionale nelle istruzioni attuative di cui all'articolo 13.

4. I piani di distretto già approvati dalle province ai sensi della l.r. 26/2003 restano in vigore e vengono attuati nell'arco dei tre anni a partire dall'entrata in vigore della presente legge.

5. Il piano del distretto del riso, in fase di elaborazione a livello provinciale, è approvato secondo le modalità di cui alla l.r. 26/2003 ed ha durata triennale a partire dall'entrata in vigore della presente legge.

6. Nelle more dell'approvazione delle istruzioni attuative, il coordinamento delle politiche distrettuali è svolto dall'Assessore regionale competente in materia di agricoltura e dalla struttura regionale competente in materia di politiche distrettuali.

 

     Art. 20. (Adeguamenti normativi)

1. La Giunta regionale provvede, con proprio regolamento e sentita la Commissione consiliare competente, ad adeguare la disciplina regionale in materia di distretti alle successive disposizioni normative nazionali e comunitarie.

 

     Art. 21. (Abrogazioni)

1. Sono abrogate le seguenti disposizioni:

a) L'articolo 5 della legge regionale 12 maggio 1980, n. 37 (Le enoteche regionali, le botteghe del vino o cantine comunali, i musei etnografico-enologici, le strade del vino), come sostituito dall'articolo 12 della l.r. 20/1999;

b) la legge regionale 9 agosto 1999, n. 20 (Disciplina dei distretti dei vini e delle strade del vino del Piemonte. Modifiche della legge regionale 12 maggio 1980 n. 37);

c) la legge regionale 13 ottobre 2003, n. 26 (Istituzione dei distretti rurali e dei distretti agroalimentari di qualità).

 

     Art. 22. (Norma finanziaria)

1. Alla spesa, stimata a partire dall'esercizio finanziario 2008 nell'importo massimo di 45.000,00 euro annui, in termini di competenza e di cassa, e stanziata nell'unità previsionale di base (UPB) DA11041 del bilancio di previsione per l'anno finanziario 2008, si provvede con le risorse della medesima unità, che ha la necessaria copertura finanziaria.

2. La presente legge utilizza le fonti di finanziamento esistenti ai sensi della normativa comunitaria, statale e regionale operante. Fonti aggiuntive possono essere previste ai sensi dell'articolo 18.