§ 4.4.1268 - D.G.R. 11 dicembre 2001, n. 7/7365 .
Attuazione del Piano Stralcio per l'Assetto idrogeologico del bacino del fiume Po (PAI) in campo urbanistico. Art. 17, comma 5 della legge [...]


Settore:Codici regionali
Regione:Lombardia
Materia:4. assetto del territorio
Capitolo:4.4 tutela dell'ambiente
Data:11/12/2001
Numero:7

§ 4.4.1268 - D.G.R. 11 dicembre 2001, n. 7/7365 .

Attuazione del Piano Stralcio per l'Assetto idrogeologico del bacino del fiume Po (PAI) in campo urbanistico. Art. 17, comma 5 della legge 18 maggio 1989, n. 183.

(B.U. 20 dicembre 2001, n. 51, II S.S..)

 

La Giunta regionale

Vista la deliberazione 26 aprile 2001, n. 18, del Comitato Istituzionale dell'Autorità di Bacino del Fiume Po inerente la «Adozione del Piano stralcio per l'assetto idrogeologico per il bacino idrografico di rilevo nazionale del fiume Po», pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 166 del 19 luglio 2001;

Visto il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 24 maggio 2001, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 183 del 8 agosto 2001, con cui è stato approvato il Piano stralcio per l'assetto idrogeologico del bacino idrografico del fiume Po (di seguito denominato PAI);

Ricordato che il PAI, tra l'altro, contiene norme e vincoli specifici di natura idraulica ed idrogeologica che, in alcune aree, limitano l'uso del suolo a scopo urbanistico e, in altre, demandano ai Comuni approfondimenti per verificare la compatibilità delle previsioni urbanistiche contenute nei Piani Regolatori con le condizioni di dissesto idraulico ed idrogeologico delimitate nella cartografia del PAI stesso;

Considerato che:

- l'art. 5, comma 2, delle Norme di Attuazione del PAI prevede che le Regioni, ai sensi dell'art. 17, comma 5, della L. 18 maggio 1989, n. 183, emanino, ove necessario, le disposizioni concernenti l'attuazione del Piano stesso nel settore urbanistico;

- che l'art. 18, comma 1, delle stesse Norme dispone che le Regioni nell'ambito delle disposizioni di cui al precedente alinea, provvedano, ove necessario, all'indicazione dei Comuni esonerati dalla verifica di compatibilità tra le proprie previsioni urbanistiche e le condizioni di dissesto presente o potenziale delimitate negli elaborati tecnici del PAI stesso;

Rilevato che la L.R. 7 novembre 1997, n. 41 «Prevenzione del Rischio geologico, idrogeologico e sismico mediante strumenti urbanistici generali e loro varianti» ha anticipato alcuni dei contenuti previsti dal PAI, specificamente nel campo della prevenzione del dissesto idrogeologico attraverso disposizioni nel settore urbanistico;

Dato atto che ai sensi dell'art. 3 della L.R. n. 41/97, sono stati definiti i «Criteri ed indirizzi relativi alla componente geologica nella pianificazione comunale» con Delib.G.R. 6 agosto 1998, n. 6/37918, e che tali criteri sono stati aggiornati, anche ai sensi dei disposti del PAI, mediante nuove direttive approvate con Delib.G.R. 29 ottobre 2001, n. 7/6645, a seguito del parere della competente commissione consiliare;

Ritenuto necessario ricondurre ad unitarietà il predetto sistema prescrittivo, definendo disposizioni concernenti l'attuazione del PAI nel settore urbanistico, vista la rilevanza e la complessità delle disposizioni che il PAI introduce sull'uso ed il governo del territorio, anche al fine di indirizzare e coordinare le attività dei Comuni e delle Province nella materia di che trattasi;

Visti gli allegati 1, 2 e 3 al presente atto che costituiscono nel complesso l'insieme delle disposizioni suddette;

Ritenuto inoltre di individuare nell'Allegato A, che è parte integrante e sostanziale del presente provvedimento, i Comuni esonerati dall'applicazione delle procedure di cui all'art. 18 delle Norme di attuazione del PAI, in quanto già dotati di strumenti urbanistici compatibili con le condizioni di dissesto presente o potenziale e negli Allegati B e C, che pure costituiscono parte integrante del presente provvedimento, i Comuni non esonerati parzialmente o non esonerati dalle applicazioni delle procedure previste dallo stesso art. 18;

A voti unanimi espressi secondo le modalità di legge

delibera

 

 

1. di approvare, ai sensi dell'art. 17, comma 5, della L. 18 maggio 1989, n. 183, la direttiva, di cui agli Allegati 1, 2 e 3 che costituiscono parte integrante e sostanziale del presente provvedimento, per l'applicazione del Piano Stralcio per l'Assetto idrogeologico del bacino del fiume Po (PAI) con particolare riferimento al campo urbanistico;

2. di individuare nell'Allegato A, che è parte integrante e sostanziale del presente provvedimento, i Comuni esonerati dall'applicazione delle procedure di cui all'art. 18 delle Norme di attuazione del PAI, in quanto già dotati di strumenti urbanistici compatibili con le condizioni di dissesto presente o potenziale;

3. di individuare negli Allegati B e C, che costituiscono parte integrante e sostanziale del presente provvedimento, i Comuni non esonerati parzialmente o non esonerati dalle applicazioni delle procedure previste dal sopra citato art. 18;

4. di riservarsi di aggiornare con apposito provvedimento gli elenchi dei Comuni sopra richiamati per motivazioni di ordine tecnico, in accordo con i criteri stabiliti nella direttiva di cui al punto 1 della presente deliberazione;

5. di disporre la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia del presente provvedimento;

6. di disporre che la Direzione Territorio e Urbanistica invii la presente deliberazione ai comuni interessati.

 

 

Allegato 1

Direttiva, ai sensi dell'art. 17, comma 5, della L. 18 maggio 1989 n. 183, per l'applicazione del Piano Stralcio per l'Assetto idrogeologico del bacino del fiume Po (PAI) in campo urbanistico.

1. Premessa

Con la pubblicazione del D.P.C.M. 24 maggio 2001 sulla G.U. n. 183 dell'8 agosto 2001 il Piano Stralcio per l'Assetto idrogeologico del bacino del fiume Po (nel seguito denominato PAI) è entrato definitivamente in vigore e dispiega pertanto integralmente i suoi effetti normativi.

L'approvazione di tale strumento di pianificazione, comportando effetti immediati in termini di indirizzi e limitazioni d'uso del suolo, determina la necessità di avviare le procedure di adeguamento degli strumenti urbanistici.

La presente direttiva, ai sensi dell'art. 17, comma 5, della L. 18 maggio 1989, n. 183, fornisce disposizioni di carattere integrativo per l'applicazione del PAI in campo urbanistico.

2. Procedura di approvazione del PAI

Con deliberazione n. 1 dell'11 maggio 1999 l'Autorità di Bacino del fiume Po ha adottato il «Progetto di Piano Stralcio per l'Assetto Idrogeologico» (pubblicato sulla G.U. n. 175 del 28 luglio 1999); l'Autorità di bacino ha poi inviato il 13 luglio 1999 ai comuni interessati il Progetto di piano per l'applicazione delle norme di salvaguardia.

La Regione Lombardia ha raccolto e analizzato le oltre 700 osservazioni pervenute al Progetto di PAI in seguito al periodo di consultazione.

La L. 11 dicembre 2000, n. 365, si è inserita nel procedimento di approvazione definito dalla L. 18 maggio 1989, n. 183, stabilendo che, ai fini dell'adozione ed attuazione dei Piani Stralcio per l'Assetto Idrogeologico e della necessaria coerenza tra pianificazione di bacino e pianificazione territoriale, le regioni convochino una «conferenza programmatica» con la partecipazione delle province e dei comuni interessati, oltre che della regione stessa e dell'Autorità di bacino. Il parere espresso da tale conferenza con particolare riferimento alla integrazione a scala provinciale e comunale dei contenuti del Piano stesso tiene luogo di quello regionale previsto dalla legge n. 183/89. La legge n. 365/2000, ha stabilito nel 30 aprile 2001 il termine perentorio per la suddetta adozione.

Con nota prot. n. 8721 del 27 febbraio 2001, in accordo con l'Autorità di Bacino, la D.G. Territorio e Urbanistica ha pertanto provveduto alla convocazione della Conferenza programmatica, il cui documento conclusivo è stato approvato con Delib.G.R. 20 aprile 2001, n. 7/4393.

L'Autorità di Bacino ha quindi valutato gli esiti della Conferenza programmatica e, con Deliberazione del Comitato istituzionale n. 18 del 26 aprile 2001 pubblicata sulla G.U. n. 166 del 19 luglio 2001, ha provveduto all'adozione del «Piano Stralcio per l'Assetto Idrogeologico».

Con D.P.C.M. 24 maggio 2001, pubblicato sulla G.U. n. 183 dell'8 agosto 2001, è stato definitivamente approvato il Piano stesso.

Infine, con nota prot. 40849 dell'11 settembre 2001 la D.G. Territorio e Urbanistica ha trasmesso ai Comuni interessati la seguente documentazione:

- deliberazione di adozione n. 18 del 26 aprile 2001;

- D.P.C.M. 24 maggio 2001 di approvazione del PAI;

- norme di attuazione;

- atlante dei rischi idraulici ed idrogeologici

- Inventario dei centri abitati montani esposti a pericolo. Allegato 4 e 4.1: Delimitazione delle aree in dissesto - Cartografia in scala 1:25.000 e 1:10.000;

- tavole di delimitazione delle Fasce Fluviali, in scala 1:25.000.

Gli elaborati cartografici riportanti la delimitazione delle aree in dissesto e delle fasce fluviali sono stati forniti ai Comuni limitatamente al territorio di loro competenza e solo per quanto modificato e/o integrato rispetto al progetto di PAI adottato con deliberazione 1/99; per le carte non modificate si confermano pertanto quelle del progetto di PAI.

3. Struttura e contenuti del PAI

Il PAI è fondamentalmente costituito da:

- una cartografia con la delimitazione delle fasce di pertinenza fluviale, che individua le aree soggette a diversi gradi di pericolosità idraulica;

- una cartografia del dissesto che individua le aree soggette ad instabilità dei versanti, fenomeni valanghivi e dissesti della rete idrografica minore;

- l'insieme di norme che disciplinano l'utilizzo del territorio su tali aree, comprese quelle che forniscono indirizzi alla pianificazione urbanistica;

- i criteri generali, che rinviano a direttive successive, per la progettazione e la gestione delle opere idrauliche e di sistemazione dei versanti, nonché i criteri per la gestione del reticolo idrografico artificiale in relazione a quello naturale.

Più in particolare la normativa del PAI disciplina:

a) quanto al Titolo I, le azioni e le norme d'uso riguardanti l'assetto della rete idrografica e dei versanti;

b) quanto al Titolo II, l'assetto delle fasce fluviali dei corsi d'acqua principali di pianura e fondovalle;

c) quanto al Titolo III, le derivazioni di acque pubbliche in attuazione dell'articolo 8, comma 3, della L. 2 maggio 1990, n. 102;

d) quanto al Titolo IV, le azioni e le norme d'uso riguardanti le aree a rischio idrogeologico molto elevato.

Poiché le norme relative ai diversi Titoli sopracitati comportano adempimenti di competenza comunale aventi modalità, procedure e tempistiche differenti tra loro, la trattazione degli articoli della normativa relativi alle diverse fattispecie verrà effettuata separatamente nei paragrafi che seguono.

4. Fasce fluviali

L'ambito territoriale di riferimento è costituito dal sistema idrografico dell'asta del Po e dei suoi affluenti. Questi ultimi, per la parte non considerata nel primo Piano Stralcio delle Fasce Fluviali [1], sono inseriti nell'Allegato 1 al Titolo II del Piano «Corsi d'acqua oggetto di delimitazione delle fasce fluviali»; per tali corsi d'acqua la delimitazione territoriale delle fasce fluviali è individuata e rappresentata nella cartografia del Piano e riguarda i territori dei Comuni elencati nell'Allegato 2 al Titolo II del Piano «Comuni interessati dalle fasce fluviali».

Si evidenzia pertanto che le disposizioni del Titolo II della normativa del PAI non si riferiscono alle aree di esondazione per fenomeni torrentizi (Ee, Eb, Em) contenute nella delimitazione delle aree in dissesto.

_______________

[1] Piano Stralcio delle Fasce Fluviali (PSFF) approvato con D.P.C.M. 24 luglio 1998.

4.1. Rapporto con il Piano Stralcio per le Fasce Fluviali (PSFF)

Il PAI completa la delimitazione delle Fasce Fluviali effettuata dal Piano Stralcio delle Fasce Fluviali, estendendola ai principali affluenti di Po nel loro tratto di pianura e fondovalle.

L'articolo 9 della deliberazione di adozione n. 18 del 26 aprile 2001 dispone che le Fasce Fluviali del PAI, per le parti difformi, modificano ed integrano il Piano Stralcio delle Fasce Fluviali vigente, per quanto attiene sia alla delimitazione grafica, sia alla normativa; in altri termini, laddove le disposizioni del PAI si discostano da quelle del Piano Fasce vigente, prevalgono quelle del PAI.

A tal proposito si segnala che l'articolo 11 della deliberazione richiamata introduce l'obbligo di un adempimento in ambito comunale che non era previsto dal PSFF: per i territori delle fasce C retrostanti i limiti di progetto tra la Fascia B e la Fascia C i Comuni (e pertanto anche quelli compresi nel precedente PSFF), in sede di adeguamento degli strumenti urbanistici alle disposizioni del PAI, sono tenuti a valutare le condizioni di rischio e ad applicare, le disposizioni relative alla Fascia B secondo modalità e nei tempi previsti dalle Norme di attuazione (si veda a tal proposito il successivo paragrafo 4.3).

4.2. Disposizioni immediatamente vincolanti

Ai sensi dell'art. 27, comma 1, delle Norme del PAI, i Comuni nei cui territori ricadono le aree classificate come Fascia Fluviale A e B, delimitate da apposito segno grafico nelle Tavole dell'Elaborato 8, sono tenuti da subito ad applicare l'art. 1, commi 5 e 6, l'art. 29, comma 2, l'art. 30, comma 2, l'art. 32 commi 3 e 4, l'art. 38, l'art. 38 bis, l'art. 39, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, e l'art. 41 che stabiliscono prescrizioni riguardo alle trasformazioni d'uso del territorio possibili in relazione agli obiettivi di sicurezza idraulica del piano.

In tutti i casi richiamati, in cui le prescrizioni del PAI sono immediatamente vincolanti, si ritengono fatti salvi gli interventi già autorizzati (o per i quali sia già stata presentata denuncia di inizio di attività ai sensi dell'articolo 4, comma 7 del D.L. 5 ottobre 1993, n. 398, convertito in L. 4 dicembre 1993, n. 493 e successive modifiche), rispetto ai quali i relativi lavori siano già stati iniziati al momento di entrata in vigore del PAI e vengano completati entro il termine di tre anni dalla data di inizio.

4.3. Adeguamento degli strumenti urbanistici

Fermo il carattere immediatamente vincolante delle prescrizioni di cui al citato art. 27 comma 1, come già precisato gli Enti territorialmente interessati, ai sensi dell'art. 17, comma 6, della richiamata legge n. 183/89, hanno l'obbligo di adeguare i propri strumenti urbanistici entro nove mesi dalla pubblicazione dell'atto di approvazione del presente Piano.

In particolare, i Comuni, nei cui territori ricadono aree classificate come Fascia Fluviale A e B, dovranno mettere in atto le seguenti attività:

1. Tracciamento delle Fasce Fluviali alla scala dello strumento urbanistico comunale.

A tal fine si ricorda che:

a) il limite di cui tenere conto per il tracciamento delle fasce sulla cartografia comunale è costituito dal bordo interno del graficismo (come specificato nella legenda delle tavole delle fasce fluviali);

b) laddove la Fascia A e la Fascia B coincidono, si applicano le norme di Fascia A; in tali casi viene indicato il graficismo corrispondente al limite di Fascia B;

c) l'art. 27, comma 3, prevede che gli strumenti di pianificazione provinciali e comunali possano fare coincidere i limiti delle Fasce A, B e C con elementi fisici rilevabili alla scala di maggior dettaglio della cartografia dei piani in parola rispettandone comunque l'unitarietà. A chiarimento si precisa che le modifiche consentite da tale articolo devono limitarsi a variazioni di modesta entità ed essere tali da soddisfare le condizioni previste dalla normativa, ossia che:

- discendano unicamente da una valutazione di maggior dettaglio degli elementi morfologici del territorio, costituenti un rilevato idoneo a contenere la piena di riferimento (non sono pertanto ammesse modifiche conseguenti a studi idrologico-idraulici di maggior dettaglio);

- siano riferite a elementi morfologici non rilevabili alla scala della cartografia del PAI (pertanto, se un elemento morfologico e le relative quote sono correttamente rilevabili dalla cartografia del PAI, non deve ritenersi consentita la modifica della Fascia);

- venga mantenuta l'unitarietà delle Fasce, con particolare riguardo al loro andamento nell'attraversamento del confine amministrativo del territorio comunale.

2. Recepimento, nelle Norme Tecniche di Attuazione degli strumenti urbanistici comunali., delle norme del PAI riguardanti le Fasce Fluviali, con particolare riguardo a quanto stabilito dagli articoli 1 (comma 6), 29, 30, 32, 38, 38 bis, 38 ter e 39.

3. Modifica delle previsioni degli strumenti urbanistici comunali in contrasto con la delimitazione delle Fasce Fluviali e con le relative Norme del PAI.

Inoltre, ai sensi dell'art. 31 comma 5, i Comuni nei quali ricadono aree classificate come «limite di progetto tra la Fascia B e la Fascia C», in sede di adeguamento degli strumenti urbanistici sono tenuti a valutare le condizioni di rischio e, al fine di minimizzare le stesse ad applicare anche parzialmente, fino alla avvenuta realizzazione delle opere, gli articoli delle presenti norme relative alla Fascia B.

Le valutazioni delle condizioni di rischio possono essere effettuate a due diversi livelli di approfondimento (metodo semplificato e metodo di approfondimento) riportati rispettivamente nell'allegato 2 e nell'allegato 3 alla delibera di approvazione della presente direttiva.

Nel caso in cui venga applicato il metodo semplificato, nelle aree esondabili individuate secondo tale metodo i Comuni dovranno applicare, fino alla avvenuta realizzazione delle opere di contenimento o di regimazione idraulica, gli articoli delle Norme di attuazione del PAI relativi alla Fascia B.

Nel caso in cui venga applicato il metodo di approfondimento, nelle aree esondabili individuate secondo tale metodo i Comuni potranno definire gli usi compatibili con le condizioni di rischio.

4.4. Aree classificate come Fascia A e B ricadenti all'interno dei centri edificati

L'art. 39 comma 2 delle Norme di Attuazione dispone che qualora all'interno dei centri edificati (così come definiti dal comma 1, lett. c, del medesimo articolo) ricadano aree comprese nelle Fasce A e/o B, il Comune è tenuto a valutare, d'intesa con l'autorità regionale o provinciale competente in materia urbanistica, le condizioni di rischio provvedendo, qualora necessario, a modificare lo strumento urbanistico al fine di minimizzare le condizioni stesse.

Si evidenzia che tale valutazione può essere effettuata al momento dell'adeguamento del PRG al PAI o in un momento successivo con apposita variante; fino ad avvenuta valutazione si applicano anche all'interno dei centri edificati le norme riguardanti le fasce A e B.

Le modalità e le condizioni con cui effettuare la valutazione per conseguire l'intesa di cui sopra sono riportate nell'allegato 3 alla delibera di approvazione della presente direttiva.

4.5. Aree ricadenti in Fascia C

Per le aree ricadenti in Fascia C l'art. 31 delle Norme di attuazione stabilisce che siano gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica a regolamentare le attività consentite, i limiti e i divieti.

Il Comune ha pertanto la facoltà di definire le norme d'uso del suolo per tali aree in sede di variante di adeguamento o in un momento successivo.

4.6 Procedure

Le varianti aventi per oggetto l'adeguamento dello strumento urbanistico alla delimitazione delle fasce fluviali dovranno essere adottate secondo le normative vigenti.

Nei casi in cui la normativa prevede l'intesa con l'autorità regionale o provinciale competente in materia urbanistica la stessa deve intendersi raggiunta a condizione che le valutazioni del rischio vengano effettuate secondo quanto prescritto dalla presente direttiva e che le risultanze degli stessi vengano recepite negli strumenti urbanistici comunali.

5. Aree in dissesto

5.1 Premessa

Relativamente alle aree in dissesto (frane, conoidi, valanghe, aree soggette ad esondazioni e dissesti di carattere torrentizio), l'approvazione del PAI ha prodotto sia disposizioni immediatamente vincolanti sia cautele per un periodo transitorio (art. 6 della Deliberazione n. 18/2001 dell'Autorità di Bacino) trascorso il quale, in assenza di proposte di aggiornamento, divengono esecutivi i vincoli alla trasformazione territoriale (art. 9 delle NdA del PAI).

Sono immediatamente vincolanti le disposizioni relative alle delimitazioni delle aree in dissesto riportate nell'allegato 4.2 dell'elaborato 2 e rappresentate in rosso [2] sui Fogli in scala 1:25.000, a cui si applica l'art. 9 delle NdA del PAI e alle aree a rischio idrogeologico molto elevato dell'allegato 4.1 dell'elaborato 2 (ex aree l. 267/98) riportate in verde nei Fogli in scala 1:25.000, a cui si applica il titolo IV delle Norme stesse.

Per le altre aree in dissesto (cartografate in nero-grigio) non vigono da subito i vincoli di cui all'art. 9 delle NdA del PAI, ma si applica quanto definito nell'art. 6 della deliberazione 18/2001 del Comitato Istituzionale dell'Autorità di Bacino del Fiume Po, come meglio specificato al seguente punto 5.3.

Si precisa che l'ambito di applicazione delle norme relative alle aree in dissesto riguarda i comuni dei territori montuosi e collinari della Regione Lombardia e tutti quelli che comunque contengono dissesti nel proprio territorio rappresentati nella cartografia dell'elaborato n. 2 del PAI.

_______________

[2] Qualora vi siano difficoltà interpretative in merito alla delimitazione e/o attribuzione dello stato di attività delle aree aggiornate in rosso sulla cartografia a scala 1:25.000 si dovrà fare riferimento a quanto riportato nelle tavole a scala 1:10.000 dell'allegato 4.2 dell'elaborato 2.

5.2. Criteri per la definizione dei Comuni esonerati dalla applicazione delle norme di cui all'art. 9 delle NdA del PAI

La rilevanza delle verifiche di compatibilità introdotte dal PAI impone di rivalutare quanto già prodotto dai comuni e valutato o approvato dalla Regione per le finalità richieste dal PAI stesso. Infatti, si ricorda che il PAI (art. 1, comma 3) si pone come obbiettivo primario quello di garantire al territorio del Bacino un livello di sicurezza adeguato rispetto ai fenomeni di dissesto idraulico ed idrogeologico, anche attraverso l'adeguamento degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica.

Per «comuni esonerati» il Piano di Assetto Idrogeologico dell'Autorità di Bacino (art. 18, comma 1) si intendono quelli che sono già dotati di uno strumento urbanistico (P.R.G.) compatibile con le condizioni di dissesto idraulico ed idrogeologico presente o potenziale; la compatibilità ricorre quando lo strumento urbanistico è stato redatto sulla base delle risultanze di uno studio idrogeologico finalizzato ad individuare ambiti di criticità per i quali lo strumento urbanistico stesso stabilisca norme e prescrizioni d'uso del territorio, al fine della prevenzione del rischio esistente.

La Regione ha affrontato questa problematica già dal 1997 con la legge regionale n. 41/97 «Prevenzione del rischio geologico, idrogeologico e sismico mediante strumenti urbanistici generali e loro varianti». Mediante la Direttiva attuativa della legge, si è introdotta una cartografia applicativa, denominata Carta di Fattibilità geologica delle azioni di piano, che associa gli esiti della valutazione idrogeologica del territorio a norme di utilizzo dello stesso in termini di vincoli, prescrizioni o necessità di approfondimenti in tempi successivi.

Per l'individuazione dei comuni esonerati si è fatto in primo luogo riferimento a quelli dotati di strumento urbanistico corredato di uno studio geologico redatto conformemente alla Delib.G.R. 6 agosto 1998, n. 6/37918 «Criteri ed indirizzi relativi alla componente geologica della pianificazione comunale, secondo quanto disposto dall'art. 3 della legge regionale n. 41/1997».

Si sottolinea che l'approvazione dello strumento urbanistico dotato di uno studio geologico, che ha garantito la compatibilità solo per alcuni ambiti territoriali definiti, non necessariamente garantisce la compatibilità tra lo stato di dissesto reale o potenziale con lo strumento urbanistico comunale vigente.

A tal proposito si fa presente che:

- Alcuni studi non sono stati redatti in conformità alle direttive della legge regionale, in quanto nel periodo transitorio di applicazione della legge stessa sono stati ammessi anche studi incompleti;

- Per gli strumenti urbanistici adottati entro il termine della norma transitoria di cui all'art. 8 della legge regionale n. 41/97, i Comuni non avevano l'obbligo del recepimento delle risultanze dello studio idrogeologico realizzato e delle prescrizioni regionali, fatta eccezione per le aree di nuova trasformazione urbanistica incompatibili con le condizioni di dissesto idrogeologico;

- In taluni casi si è verificato il mancato recepimento di tutte le prescrizioni relative alle classi di fattibilità geologica delle azioni di Piano all'interno delle Norme Tecniche di Attuazione dei PRG;

- I numerosi eventi calamitosi che hanno interessato in questi ultimi anni il territorio lombardo determinano la necessità di adeguare gli strumenti urbanistici; tali nuovi eventi, in molti casi, possono aver modificato l'assetto geomorfologico del territorio successivamente alla redazione degli studi geologici di supporto ai PRG che quindi non ne hanno potuto tener conto.

Per altro appare evidente l'opportunità che lo stato del dissesto previsto negli studi geologici a supporto degli strumenti di pianificazione urbanistica sia continuativamente verificato con nuovi dati ed informazioni omogeneamente distribuite sul territorio. In tale ottica elementi aggiornati di valutazione circa le condizioni di dissesto presente o potenziale possono desumersi dalla nuova cartografia del dissesto idrogeologico redatta dalla Regione sulla base di più moderni criteri di interpretazione dei fenomeni. Alla luce di questi nuovi dati acquisiti si sono potute rilevare incongruenze fra le fasi di analisi degli studi geologici comunali e le relative classi di fattibilità geologica che forniscono la garanzia della effettiva compatibilità tra aspetti urbanistici e dissesto.

Per approfondire le problematiche connesse a tali attività in relazione agli «adempimenti di competenza regionale conseguenti all'adozione del Piano Stralcio per l'assetto idrogeologico» la Direzione Generale Territorio ed Urbanistica ha costituito un apposito Gruppo di Lavoro con D.Dirett. 27 luglio 2001, n. 18312.

Il Gruppo ha:

- definito i criteri per l'individuazione dei comuni esonerabili ai sensi dell'art. 18, comma 1, in quanto già dotati di strumenti urbanistici compatibili con le condizioni di dissesto presente o potenziale;

- impostato i lavori per le verifiche della documentazione geologico-tecnica pervenuta in Regione a supporto degli strumenti urbanistici dei comuni appartenenti agli ambiti montuosi e collinari della Regione e di quelli che comunque contengono aree in dissesto nella cartografia dell'elaborato n. 2 del PAI (sono stati visionati e valutati 338 studi geologici comunali desunti da un insieme di 385 con analisi completa su tutto il territorio comunale comprensivi di studi non conformi alle direttive di attuazione della L.R. n. 41/97);

- implementato un data base di sintesi con le informazioni relative alla Provincia, al Comune, all'autore e all'anno dello studio, al tipo ed agli estremi di istruttoria effettuata dalle strutture regionali, alla presenza sui territori presi in considerazione di vincoli idrogeologici legati alla legge n. 267/98 e alla legge n. 102/90, nonché allo stato di emergenza dichiarato in Ordinanze di Protezione Civile successive al 1995;

- effettuato un confronto tra il quadro del dissesto idrogeologico desunto dagli studi geologici di supporto ai PRG e relativa carta di fattibilità con il Censimento dei dissesti - Carte Inventario dei fenomeni franosi in scala 1:10.000 ed archivio delle segnalazioni storiche - della Direzione Territorio ed Urbanistica.

Per individuare i Comuni esonerati ai sensi dell'art. 18 comma 1, delle NdA del PAI in quanto già dotati di strumenti urbanistici compatibili con le condizioni di dissesto presente e potenziale sono stati adottati i seguenti criteri:

- conformità dello studio geologico di supporto allo Strumento Urbanistico alla direttiva in attuazione dell'art. 3 della L.R. n. 41/97 comprensivo dell'avvenuto recepimento delle eventuali prescrizioni o modifiche contenute nel parere regionale di competenza;

- accertamento della non rilevabilità sul territorio comunale di dissesti idrogeologici, successivamente alla redazione dello studio geologico dello strumento urbanistico vigente, tali da determinare la necessità di una revisione completa o parziale dello studio stesso;

- coerenza tra il quadro comunale del dissesto contenuto nello studio geologico di supporto allo strumento urbanistico e quello rappresentato nel Censimento dei dissesti - Carte Inventario dei fenomeni franosi in scala 1:10.000 ed archivio delle segnalazioni storiche - della Direzione Generale Territorio ed Urbanistica, che costituiscono la base conoscitiva più idonea per questo tipo di verifiche;

- coerenza tra l'attribuzione delle classi di fattibilità geologica per le azioni di piano contenute negli studi di supporto agli strumenti urbanistici e il quadro complessivo del dissesto così come rappresentato dalle analisi condotte dai Comuni e da quelle del Censimento dei dissesti sopracitato.

Si precisa che la condizione di esonero così come definita all'art. 18 delle NdA del PAI stabilisce la non necessità di riferirsi al quadro del dissesto del PAI congiuntamente alla non necessità di effettuare le verifiche di compatibilità di cui al comma 3 del medesimo art. 18.

5.2.1 Comuni esonerati

I comuni riportati nell'allegato A della deliberazione di approvazione della presente direttiva, sono risultati dotati di uno strumento urbanistico compatibile con le condizioni di dissesto presente o potenziale e pertanto sono esonerati dall'effettuare le verifiche di compatibilità di cui al comma 3 dell'art. 18 delle Norme di Attuazione del PAI e possono conseguentemente fare riferimento allo studio geologico di supporto allo strumento urbanistico comprensivo delle prescrizioni date in sede di approvazione regionale. In particolare, dovranno essere ottemperate le prescrizioni relative alle Carte di Fattibilità geologica per le azioni di Piano, come parte integrante delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano regolatore generale comunale.

Per la gestione del proprio territorio i suddetti Comuni dovranno comunque tenere conto dei dati contenuti nelle Carte Inventario dei dissesti in scala 1:10.000 redatte dalla Direzione Generale Territorio ed Urbanistica sulla base delle quali sono state accertate le condizioni per l'esonero.

In ogni caso gli stessi comuni sono comunque tenuti a recepire nei propri strumenti urbanistici, entro nove mesi dalla pubblicazione del D.P.C.M. di approvazione del PAI, le delimitazioni con le relative norme inerenti:

- le fasce fluviali;

- le aree in dissesto riportate nell'allegato 4.2 dell'elaborato 2 e rappresentate in rosso sui Fogli in scala 1:25.000;

- le aree a rischio idrogeologico molto elevato dell'allegato 4.1 dell'elaborato 2, riportate in verde nei Fogli in scala 1:25000.

Relativamente alle aree a rischio geologico molto elevato, aree verdi, presenti nei territori dei comuni appartenenti all'elenco di cui sopra, potranno essere proposte tramite varianti dello strumento urbanistico modifiche ed integrazioni dei perimetri attuali secondo quanto stabilito al punto 6 della presente direttiva.

5.2.2 Comuni parzialmente non esonerati

I Comuni riportati nell'allegato B della deliberazione di approvazione della presente direttiva risultano avere già effettuato studi geologici di supporto ai propri strumenti urbanistici, avendo avviato il processo di verifica richiesto dall'art. 18 comma 3 delle NdA del PAI; tuttavia dalle verifiche effettuate secondo i criteri di cui al punto 5.2 della presente direttiva risulta che per una piena rispondenza ai criteri sopra richiamati, tali comuni debbano ottemperare ad uno od entrambi dei seguenti adempimenti:

1. recepimento delle prescrizioni contenute nel parere relativo allo studio geologico di supporto allo strumento urbanistico, formulato nell'ambito delle istruttorie tecniche regionali ai sensi della L.R. n. 41/97;

2. effettuazione di limitati aggiornamenti dello studio geologico di supporto allo strumento urbanistico al fine di rendere coerenti le risultanze degli studi geologici al quadro dei dissesti contenuto nel Censimento dei dissesti della Regione Lombardia Carte inventario dei fenomeni franosi in scala 1:10.000 ed archivio delle segnalazioni storiche - della Direzione Territorio ed Urbanistica e tenendo altresì conto di eventuali incongruenze rilevate nelle analisi condotte dal Gruppo di Lavoro che ha esaminato gli studi.

Pertanto nell'allegato B sono specificati i comuni che ottemperando al punto 1, al punto 2 o ad entrambi potranno essere esonerati secondo le modalità di seguito indicate.

I comuni ricompresi nell'elenco B1 dovranno dare comunicazione alla Giunta Regionale dell'avvenuto recepimento del parere geologico regionale attinente allo strumento urbanistico con conseguente adeguamento della carta di fattibilità ed integrale inserimento delle relative prescrizioni all'interno delle NTA del PRG; tali comuni dovranno infine inviare il quadro del dissesto risultante su tutto il territorio comunale con legenda uniformata a quella del PAI alla Giunta Regionale D.G. Territorio ed Urbanistica entro il 31 agosto 2002 ai fini della definizione delle proposte di aggiornamento del PAI.

La trasmissione alla Regione dei documenti sopracitati da parte dei comuni costituirà adempimento ai fini dell'esonero ai sensi e per gli effetti dell'art. 18 delle NdA del PAI.

Nell'allegato B2 sono ricompresi i comuni per i quali in sede delle verifiche effettuate dal richiamato gruppo di lavoro sono emerse criticità o lacune relativamente a taluni ambiti. I suddetti comuni se interessati a conseguire la condizione di esonero ai sensi dell'art. 18 delle NdA del PAI dovranno parzialmente modificare ed integrare lo studio geologico di supporto allo strumento urbanistico ed adeguare conseguentemente la carta di fattibilità al fine di renderla coerente al quadro di dissesto reale e potenziale. Tali comuni inviano gli aggiornamenti delle analisi e le modifiche alla carta di fattibilità alla Direzione Territorio ed Urbanistica, U.O. Attività Generali e di Conoscenza del Territorio per il parere di competenza. L'U.O. si esprime sulla proposta comunale formulando eventuali prescrizioni. Successivamente il comune invia comunicazione dell'avvenuto inserimento delle prescrizioni della carta di fattibilità adeguata all'interno delle NTA del PRG unitamente al quadro del dissesto, con legenda uniformata a quella del PAI, comprensivo delle modifiche apportate ed in coerenza con il parere regionale entro il 31 dicembre 2002 per l'aggiornamento del PAI. La trasmissione alla Regione dei documenti sopracitati da parte dei comuni costituirà adempimento ai fini dell'esonero ai sensi e per gli effetti dell'art. 18 delle NdA del PAI.

Per la redazione della cartografia contenente il quadro del dissesto con legenda uniformata a quella del PAI dovranno essere utilizzate le tab. 1 e 2 del presente allegato 1.

I Comuni ricompresi negli elenchi B1 e B2 che non attuino le procedure per ottenere l'esonero ai sensi dell'art. 18 come sopra descritte, ovvero pur avendole attivate queste non abbiano avuto esito positivo, saranno a tutti gli effetti considerati comuni non esonerati e potranno dunque, se interessati, ricorrere alle procedure di cui al punto 5.3 per la formulazione delle proposte di aggiornamento al quadro del dissesto del PAI.

5.2.3 Comuni non esonerati

Nell'allegato C della deliberazione di approvazione della presente direttiva sono riportati i comuni che non sono risultati esonerati in quanto sono state riscontrate le seguenti condizioni:

- assenza di studio geologico a supporto dello strumento urbanistico;

- non conformità dello studio geologico ai criteri applicativi della L.R. n. 41/97;

- conformità formale dello studio geologico ai criteri applicativi della L.R. n. 41/97 ma incongruità ai criteri di cui al punto 5.2 della presente direttiva, sulla base delle verifiche effettuate per le seguenti motivazioni:

- non vi è piena coerenza su tutto il territorio comunale tra il quadro comunale del dissesto contenuto nello studio geologico di supporto allo strumento urbanistico e quello rappresentato nel Censimento dei dissesti della Regione Lombardia composto dalle Carte inventario dei fenomeni franosi in scala 1:10.000 ed archivio delle segnalazioni storiche della Direzione Territorio ed Urbanistica;

- non vi è sempre coerenza tra l'attribuzione delle classi di fattibilità geologica per le azione di piano contenute negli studi di supporto agli strumenti urbanistici con il quadro complessivo del dissesto così come rappresentato dalle analisi condotte dai comuni e quello del Censimento dei dissesti della Regione Lombardia composto dalle Carte inventario dei fenomeni franosi in scala 1:10.000 ed archivio delle segnalazioni storiche della Direzione Territorio ed Urbanistica;

- le risultanze degli studi geologici non sono compiutamente tradotte in prescrizioni d'uso del territorio all'interno delle Norme Tecniche di Attuazione del PRG.

I comuni appartenenti a questo elenco sono tenuti a seguire le procedure di cui al punto 5.3 della presente direttiva se interessati a formulare proposte di aggiornamento al quadro dei dissesti del PAI, evitando quindi che al termine del periodo transitorio previsto dall'art. 6 della delibera 18/2001 dell'Autorità di Bacino divengano esecutivi i vincoli di cui all'art. 9 sulla totalità di tali aree.

I comuni appartenenti a questo elenco sono tenuti, in sede di formazione e adozione degli strumenti urbanistici generali o loro varianti, ad effettuare la verifica di compatibilità idraulica ed idrogeologica ai sensi delle direttive attuative della L.R. n. 41/97 approvate con Delib.G.R. 29 ottobre 2001, n. 7/6645 e pubblicate sul BURL 3 Supplemento Straordinario al n. 48 del 30 novembre 2001.

Nell'allegato C sono altresì elencati gli studi già inviati in Regione da parte dei Comuni ma per i quali è in corso di istruttoria, al momento della redazione della presente direttiva, la valutazione dello studio geologico e pertanto la condizione di esonero verrà definita nel parere regionale di competenza.

Negli schemi n. 1, 2, e 3 sono rappresentati a scopo chiarificatorio i principali adempimenti dei comuni in relazione alla condizione di esonero.

5.3 Modalità di aggiornamento del quadro del dissesto del PAI tramite varianti di adeguamento dei comuni non esonerati

Si premette che in base all'art. 6 della deliberazione di adozione del PAI (18/2001) per le aree in dissesto contenute nell'elaborato 2 «Atlante dei rischi idraulici ed idrogeologici allegato 4 - Delimitazioni delle aree in dissesto» rappresentate sulla cartografia in scala 1:25.000 con colori nero e grigio, entro 18 mesi dalla entrata in vigore del D.P.C.M. di approvazione del PAI (pubblicato sulla G.U. l'8 agosto 2001) e cioè entro l'8 febbraio 2003 la Regione è tenuta a trasmettere all'Autorità di Bacino le proposte di aggiornamento del medesimo elaborato risultanti dalle varianti di adeguamento adottate dai comuni ai sensi dell'art. 18, commi 2 e 3, delle NdA del PAI.

Perché sia soddisfatto tale adempimento i comuni non esonerati, ovvero i comuni parzialmente non esonerati che non abbiano attuato le procedure descritte al punto 5.2 della presente direttiva, se interessati a proporre aggiornamenti dell'elaborato 2 del PAI, dovranno adottare una variante al proprio strumento urbanistico sulla base delle risultanze di uno studio geologico redatto ai sensi della L.R. n. 41/97 secondo le modalità di seguito descritte:

1. il comune invia gli studi geologici di supporto della variante urbanistica alla Direzione Generale Territorio e Urbanistica - U.O. Attività Generali e di Conoscenza del Territorio per la valutazione tecnica degli elaborati e delle conseguenti proposte di aggiornamento delle aree in dissesto. La U.O. Attività Generali e di Conoscenza del Territorio esprime il parere di congruità tecnica degli elaborati con o senza prescrizioni, a seguito del quale il Comune adotta la variante urbanistica relativa.

Si fa presente che la valutazione delle proposte verrà operata sulla base della coerenza con i dati rilevabili nella cartografia inventario dei dissesti della Direzione Generale Territorio e Urbanistica;

2. il comune trasmette alla Regione Lombardia - D.G. Territorio e Urbanistica - U.O. Attività Generali e di Conoscenza del Territorio il provvedimento di adozione unitamente alla documentazione tecnica, aggiornata secondo le eventuali prescrizioni regionali di cui al punto precedente entro il 15 dicembre 2002;

3. con successivo atto amministrativo, la Regione fa proprie e trasmette le proposte di aggiornamento dell'elaborato 2 del PAI - Delimitazione delle aree in dissesto all'Autorità di Bacino per i provvedimenti di competenza così come previsto dall'art. 6 della deliberazione n. 18/2001 dell'Autorità di Bacino.

Si ricorda che per l'approvazione delle varianti adottate i comuni potranno utilizzare le procedure semplificate previste dalla normativa regionale qualora ne ricorrano le condizioni.

La variante dovrà riguardare gli ambiti in dissesto (Frane, Trasporto di massa su Conoidi, Valanghe, Esondazioni e dissesti morfologici a carattere torrentizio) comprensivo delle eventuali aree su cui il dissesto esercita un effetto indesiderato (area di influenza del fenomeno).

Gli standard metodologici per la realizzazione degli studi necessari sono quelli contenuti nelle «Direttive regionali in attuazione dell'art. 3 per lo studio geologico a supporto dei P.R.G.» approvati con Delib.G.R. 29 ottobre 2001, n. 7/6645.

L'esito finale dello studio geologico di supporto e della variante conseguente dovrà essere una cartografia contenente la nuova perimetrazione dei dissesti classificati secondo la legenda dell'elaborato n. 2 «Atlante dei rischi idraulici ed idrogeologici - Delimitazioni delle aree in dissesto» del PAI.

A titolo esemplificativo la perimetrazione di un fenomeno di trasporto in massa su conoide classificato come «area di conoide attiva non protetta - Ca», a seguito delle risultanze dello studio geologico tecnico di dettaglio, potrà essere: ridelimitata nei suoi limiti esterni, ovvero riclassificata (come «area di conoide attiva parzialmente protetta - Cp» o «area di conoide non recentemente attivatasi o completamente protetta Cn») ovvero zonata al suo interno, sempre secondo le medesime categorie.

Analogamente per quanto concerne i dissesti per frana riportate nella cartografia PAI, dovranno essere proposte le reali delimitazioni delle aree in dissesto per frana al cui interno potranno essere individuate porzioni in diverso stato di attività, sempre secondo la legenda della cartografia PAI.

Parimenti per i fenomeni di esondazione si potranno proporre le aree potenzialmente interessate da esondazione sempre secondo la legenda PAI.

Infine potranno essere proposte integrazioni relative alle aree soggette a fenomeni di valanga.

Poiché le proposte di aggiornamento del PAI sono formulate tramite variante urbanistica al Piano Regolatore comunale e pertanto soggette alla legge regionale n. 41/97 e relativa direttiva, devono contenere, unitamente alla cartografia con legenda PAI come sopra illustrato, la valutazione della Fattibilità geologica per le azioni di Piano, secondo le specifiche della già citata direttiva regionale del 29 ottobre 2001, ciò consente di meglio dettagliare le prescrizioni e le tipologie degli interventi urbanistici consentiti sempre nel rispetto delle norme contenute nelle NdA del PAI.

Per orientare e compatibilizzare gli esiti dello studio geologico ai sensi della Direttiva sopra richiamata con la legenda e le norme dell'art. 9 del PAI si riporta di seguito la tabella n. 1 di correlazione tra classi di Pericolosità, classi di Fattibilità geologica per le azioni di piano e voci della legenda PAI precisando che la colonna relativa alla pericolosità viene indicata solo per i conoidi in quanto per questi particolari ambienti, gli studi geologici dovranno fare riferimento alle metodologie contenute nell'Allegato 2 della Direttiva approvata con Delib.G.R. 29 ottobre 2001, n. 7/6645.

Tab. 1: Correlazione tra classi di Pericolosità, classi di Fattibilità geologica per le azioni di piano e voci della legenda PAI

PERICOLOSITÀ 

CLASSI DI FATTIBILITÀ 

VOCI LEGENDA PAI 

H1 su conoide 

Classe 1/2 - senza o con modeste limitazioni 

Cn - conoide protetta... 

H2 su conoide 

Classe 2/3 - modeste o consistenti limitazioni 

Cn - conoide protetta... 

H3 su conoide 

Classe 3 - consistenti limitazioni 

Cn - conoide protetta... 

H4 su conoide 

Classe 4 - gravi limitazioni 

Cp - conoide parz. prot. 

H5 su conoide 

Classe 4 - gravi limitazioni 

Ca - conoide attiva non protetta 

 

 

 

 

Classe 2/3 - modeste o consistenti limitazioni 

Fs - frana stabilizzata 

 

Classe 3 - gravi limitazioni 

Fq - frana quiescente 

 

Classe 4 - gravi limitazioni 

Fa - frana attiva 

 

 

 

 

Classe 2/3 - modeste o consistenti limitazioni 

Em - pericolosità media o moderata di esondazione 

 

Classe 3/4 - gravi limitazioni 

Eb - pericolosità elevata di esondazione 

 

Classe 4 - gravi limitazioni 

Eb - pericolosità elevata di esondazione 

 

 

 

 

Classe 4 - gravi limitazioni 

Va - pericolosità molto elevata per valanga 

 

Classe 4/3 - gravi o consistenti limitazioni 

Vm - pericolosità media per valanga 

5.4 Valutazione della compatibilità delle attività di trasformazione ed uso del territorio con le condizioni di dissesto idrogeologico nel periodo transitorio (aree nere o grigie)

Nel periodo transitorio fino all'aggiornamento dell'elaborato 2 «Atlante dei rischi idraulici ed idrogeologici - Inventario dei centri abitati montani esposti a pericolo. Delimitazione delle aree in dissesto», previsto dall'art. 6 della Deliberazione di adozione del PAI, inerente le varianti di adeguamento proposte dai comuni, all'interno delle aree perimetrate con colore nero o grigio (poligono o punti) non possono essere rilasciate concessioni, autorizzazioni o nulla osta o atti equivalenti relativi ad attività di trasformazione ed uso del territorio, in assenza di una documentata valutazione della compatibilità dell'intervento con le condizioni di dissesto, effettuata a cura del richiedente, sulla base di idonea documentazione tecnica prodotta da un professionista.

La documentazione di cui sopra dovrà essere elaborata tenendo conto dei seguenti criteri:

- Approfondimento delle condizioni di rischio rispetto alla specifica criticità individuata nella cartografia dell'elaborato 2 «Atlante dei rischi idraulici ed idrogeologici - Inventario dei centri abitati montani esposti a pericolo. Delimitazione delle aree in dissesto». A titolo esemplificativo si evidenzia che se l'intervento del richiedente ricade in un area di conoide gli approfondimenti dovranno accertare la compatibilità fra la presenza di flussi di detrito e fenomeni di esondazione con l'intervento previsto; non si tratta pertanto di valutare l'idoneità del sito rispetto alle locali caratteristiche geologico tecniche ma la compatibilità dell'inserimento di un nuovo intervento in un'area potenzialmente interessabile da fenomeni di trasporto in massa ed esondazioni.

- Correlazione del livello di approfondimento, con l'intensità del fenomeno prevedibile e con l'ubicazione dell'area di intervento rispetto a quella prevedibilmente più soggetta all'influenza del processo di dissesto. Si chiarisce a tal riguardo che l'approfondimento si diversifica nel caso riguardi un intervento di manutenzione straordinaria di un edificio esistente piuttosto che di nuova edificazione così come sarà differenziato nel caso che una nuova edificazione si trovi nelle immediate vicinanze delle porzioni più attive del processo di dissesto prevedibile ovvero nelle zone più distali del processo nelle quali risulta inferiore l'intensità.

- Coerenza dei contenuti tecnici con le seguenti direttive tecniche:

- Direttive tecniche contenute nel Piano di Assetto Idrogeologico e specificamente le «Direttive di Piano» contenute nelle Norme di Attuazione del PAI; tali direttive sono scaricabili dal sito Internet dell'Autorità di Bacino del Po (www.adbpo.it)

- Direttive regionali in attuazione dell'art. 3 per lo studio geologico a supporto dei PRG approvate con Delib.G.R. 29 ottobre 2001, n. 7/6645.

Si ricorda che ai sensi dell'art. 6 della deliberazione n. 18/2001 dell'Autorità di Bacino:

- i comuni dovranno rilasciare concessioni, autorizzazioni o nulla osta sulla base delle valutazioni di compatibilità come sopra descritte;

- i comuni devono dare comunicazione alla Regione dei provvedimenti autorizzativi rilasciati tramite nota informativa alla Direzione Generale Territorio e Urbanistica.

5.5 Verifica di compatibilità idraulica ed idrogeologica delle previsioni degli strumenti urbanistici comunali

In sede di formazione e adozione degli strumenti urbanistici generali o di loro varianti, tutti i comuni della Regione sono tenuti a conformare le loro previsioni con le condizioni di dissesto reale o potenziale presenti sul proprio territorio secondo le modalità ed i criteri di cui al comma 3 dell'art. 18 delle NdA del PAI.

In proposito si ritiene che le analisi condotte secondo le nuove direttive ai sensi dell'art. 3 della L.R. n. 41/97 approvate con Delib.G.R. 29 ottobre 2001, n. 7/6645 (pubblicazione BURL del 30 novembre 2001) sono da considerarsi adeguate e conformi rispetto a quanto richiesto dal PAI.

In particolare, come prescritto nella parte 6 di dette direttive regionali, la verifica di compatibilità dovrà sempre contenere, oltre agli elaborati richiesti, anche una cartografia del dissesto classificato secondo la legenda PAI per l'aggiornamento del PAI medesimo.

Per la conversione delle legende si dovrà fare riferimento alla seguente tabella:

Tab. 2: Correlazione fra tipologie di processi e legenda

TIPOLOGIA DI PROCESSO E STATO DI ATTIVITÀ 

CLASSI DI FATTIBILITÀ 

LEGENDA PAI 

Frane ed in generale processi attivi a pericolosità molto elevata 

4 

Fa, Ca, Va 

Frane ed in generale processi quiescenti pericolosi  

4/3 

Fq, Cp, Vm 

Frane ed in generale processi quiescenti mitigati da opere di difesa  

3/2 

Fs, Cn 

Aree a pericolosità di esondazione molto elevata  

4 

Ee 

Aree a pericolosità di esondazione elevata  

4/3 

Eb 

Aree a pericolosità di esondazione media moderata 

3/2 

Em 

Al fine di rendere più agevole l'applicazione della L.R. n. 41/97 e di ottimizzare il perseguimento degli obiettivi in rapporto alle previsioni del PAI, anche al fine delle conseguenti istruttorie regionali, si dispone quanto segue:

a) quanto agli studi geologici di supporto agli strumenti urbanistici che saranno adottati dai comuni successivamente al novantesimo giorno dalla pubblicazione della presente direttiva sul BURL dovranno obbligatoriamente essere redatti sulla base dei criteri di cui alle direttive ai sensi dell'art. 3 della L.R. n. 41/97 approvate con Delib.G.R. 29 ottobre 2001, n. 7/6645 (pubblicazione BURL del 30 novembre 2001);

b) per gli studi adottati antecedentemente al suddetto termine, i Comuni dovranno adeguarli ai criteri del PAI anche sulla base dei pareri espressi dalle competenti strutture regionali. I medesimi comuni a seguito degli adeguamenti dovranno comunque allegare allo studio una cartografia del dissesto classificato secondo la legenda PAI per l'aggiornamento del PAI medesimo.

6. Norme per le aree a rischio idrogeologico molto elevato

Al titolo IV delle NdA del PAI vengono disciplinate la aree a rischio geologico molto elevato.

L'art. 51, comma 4 stabilisce in particolare che nelle aree della ZONA B-Pr e ZONA I interne ai centri edificati si applicano le norme degli strumenti urbanistici generali vigenti fatta salva la valutazione d'intesa con l'autorità regionale o provinciale competente in materia urbanistica in ordine alle condizioni di rischio. Qualora necessario lo strumento urbanistico dovrà essere modificato al fine di minimizzare tali condizioni di rischio.

Per l'effettuazione di tale valutazione di compatibilità, il comune dovrà seguire le procedure indicate negli allegati 2 e 3, avvertendo che dovrà essere garantita la coerenza con i dati contenuti negli studi utilizzati per la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico molto elevato.

In considerazione dell'elevata criticità di tali aree le suddette valutazioni di compatibilità effettuate dal comune dovranno essere inviate alla Direzione Territorio e Urbanistica U.O. Difesa e Valorizzazione del Territorio che esprimerà parere sulle stesse.

L'art. 54 delle NdA del PAI stabilisce che le norme del titolo IV restano in vigore fino all'adeguamento dello strumento urbanistico ai sensi e per gli effetti dell'art. 18, anche con riferimento alla realizzazione delle azioni di mitigazioni del rischio.

Si fa presente che la riperimetrazione delle aree a rischio geologico molto elevato (Zona 1 e Zona 2) potrà essere effettuata in sede di redazione di PRG solo nel caso in cui vengano rispettate entrambe le seguenti condizioni:

a) gli approfondimenti siano condotti con le medesime procedure utilizzate per la perimetrazione e zonazione dell'area a rischio geologico molto elevato così come definite nelle procedure di cui al punto 2.1.3 delle direttive regionali approvate con Delib.G.R. 29 ottobre 2001, n. 7/6645;

b) gli approfondimenti siano condotti con analisi e valutazioni di maggior dettaglio rispetto a quelle utilizzate per la precedente perimetrazione e zonazione ovvero tenendo conto degli effetti di mitigazione del rischio conseguenti alla realizzazione di opere di difesa.

7. Modalità e criteri di erogazione dei contributi

Per la redazione degli studi geologici di supporto alle varianti relative alle proposte di aggiornamento del PAI, nonché per gli eventuali adeguamenti di cui al punto 6 della presente direttiva, la Regione può concedere contributi ai Comuni (art. 18, comma 8 delle NdA del PAI). Le modalità di accesso ai finanziamenti saranno definite con la deliberazione che annualmente disciplina le procedure previste dall'art. 7 della L.R. n. 41/97.

 

 

Allegato 2

Indirizzi per la valutazione delle condizioni di rischio nei territori della Fascia C, delimitati con segno grafico indicato come «limite di progetto tra la Fascia B e la Fascia C»

METODO SEMPLIFICATO

Le aree inondabili lungo il reticolo idrografico principale di pianura e lungo l'asta del fiume Po sono state individuate tramite l'applicazione del «Metodo di delimitazione delle fasce fluviali» (all. 3 al titolo II delle NtA del PAI). La delimitazione delle fasce fluviali non si limita alla rappresentazione dello stato di fatto, ma definisce la localizzazione delle nuove opere idrauliche per il controllo delle piene. In particolare, laddove abitati, infrastrutture ed attività esistenti risultano a rischio cioè non adeguatamente protetti da eventi della piena di riferimento, il Piano prevede di contenere l'esondazione entro limiti definiti da opere di nuova realizzazione o da interventi di adeguamento delle opere esistenti; in tal caso compare nella delimitazione delle fasce il cosiddetto «limite di progetto tra la Fascia B e la Fascia C» contrassegnato con apposito segno grafico.

In tali porzioni di territorio assume particolare rilevanza la valutazione delle attuali condizioni di pericolosità e rischio poiché tali ambiti, fino al completamento delle opere previste, permangono in condizioni di rischio molto maggiori di quelle previste per l'assetto definitivo.

Nel seguito si forniscono indirizzi per l'individuazione delle aree esondabili dalla piena di riferimento a tergo del «limite di progetto tra la Fascia B e la Fascia C».

In considerazione del limitato tempo a disposizione per l'effettuazione delle verifiche in questione si ritiene di fornire due possibili metodologie.

La prima, di tipo semplificato (riportata nel presente allegato), costituisce il livello minimo di approfondimento da effettuare in fase di adeguamento dello strumento urbanistico al PAI e pertanto entro il termine ultimo di nove mesi dalla pubblicazione del D.P.C.M. di approvazione del PAI.

La seconda (riportata nel successivo allegato 3) costituisce il livello di approfondimento considerato ottimale, che potrà essere sviluppato anche in tempi successivi e costituisce altresì lo standard per la valutazione delle condizioni di rischio nei territori classificati come fascia A e B ricadenti all'interno dei centri edificati.

In entrambi i casi le attività andranno condotte da parte di un tecnico abilitato avente comprovata esperienza nella mappatura delle aree a rischio idrogeologico e, nel caso del metodo di approfondimento, nell'utilizzo di modelli di calcolo per l'idraulica fluviale.

Per l'applicazione del metodo semplificato il tecnico dovrà riferirsi alle sezioni di calcolo e ai livelli di piena utilizzati per il tracciamento delle fasce fluviali del PAI o ai dati di tipo analogo contenuti in studi di maggior dettaglio eventualmente effettuati per approfondimenti o per la formulazione di osservazioni al PAI (il cui elenco è riportato in tab. 1).

Il tempo di ritorno della piena di riferimento deve essere lo stesso utilizzato per il tracciamento della fascia B, ossia 200 anni, ad esclusione dei fiumi Olona, Arno, Rile, Tenore, per i quali è stato assunto il tempo di ritorno centennale.

I valori di portata e dei livelli di piena utilizzati per il tracciamento delle fasce fluviali del PAI sono contenuti nella Direttiva «Piena di Progetto» dell'Autorità di Bacino (disponibile sul sito dell'Autorità di Bacino www.adbpo.it) mentre le relative sezioni di calcolo saranno rese disponibili presso la Direzione Generale Territorio ed Urbanistica; gli studi di approfondimento elencati in tab. 1 sono disponibili presso la Direzione Regionale Territorio e Urbanistica., U.O. Difesa e Valorizzazione del Territorio.

Una volta acquisiti i dati relativi alle sezioni e ai livelli della piena di riferimento, il tecnico dovrà effettuare le seguenti operazioni:

1. riportare tali livelli di piena su una cartografia aerofotogrammetrica di dettaglio, possibilmente alla scala dello strumento urbanistico comunale. Tale operazione si presenta quanto mai delicata e non priva di incertezze. In particolare si dovrà prestare attenzione alle possibili incongruenze fra le quote del rilievo delle sezioni del PAI (o degli studi di tab. 1) e la cartografia comunale, a causa dell'utilizzo di diversi caposaldi nonché del diverso grado di precisione delle cartografie. A tal proposito particolarmente utile potrà essere il confronto fra le quote delle sezioni del PAI (o degli studi di tab. 1) in corrispondenza di manufatti o altre sezioni fisse che non abbiano subìto modifiche successive al rilievo e le quote delle medesime sezioni ripetute nella cartografia comunale. L'eventuale scarto tra i due valori consentirà di trasformare le quote di piena dei calcoli idraulici nei valori coerenti con le quote della cartografia di dettaglio. Laddove le caratteristiche del rilievo non consentano tale operazione, sarà necessario effettuare il rilievo topografico di alcuni punti significativi che consentano il collegamento delle sezioni di calcolo idraulico con la cartografia comunale.

2. Tracciare le aree esondabili dalla piena di riferimento ottenute riportando orizzontalmente le quote del pelo libero individuate al precedente punto 1, fino ad incontrare le quote di piano campagna o di rilevati atti contenere la piena (e comunque non oltre il limite di fascia C).

3. Confrontare la delimitazione delle aree ottenute al precedente punto 2 con le informazioni disponibili relative a eventuali eventi alluvionali recenti e storici e con le informazioni di carattere geomorfologico desumibili dall'analisi del territorio.

4. Nel caso di corsi d'acqua arginati, potrà essere utile effettuare una valutazione di massima dei volumi esondabili durante l'evento di piena di riferimento; gli stessi potranno quindi essere «distribuiti» sull'area esondabile, eventualmente determinata in base alle analisi geomorfologiche, al fine di stimare i livelli idrici raggiungibili in caso di sormonto arginale.

Nelle aree esondabili individuate secondo tale metodo i Comuni dovranno applicare, fino alla avvenuta realizzazione delle opere di contenimento o di regimazione idraulica, gli articoli delle Norme di attuazione del PAI relativi alla Fascia B.

 

 

Allegato 3

Indirizzi per la valutazione delle condizioni di rischio nei territori della Fascia C, delimitati con segno grafico indicato come «limite di progetto tra la Fascia B e la Fascia C», nonché nei territori classificati come fascia A e B ricadenti all'interno dei centri edificati

METODO DI APPROFONDIMENTO

Tale metodo prevede i seguenti passaggi:

1. realizzazione di un nuovo rilievo topografico: dovranno essere ribattute le sezioni utilizzate per il tracciamento delle fasce, avendo cura di collegarsi alla stessa rete di capisaldi utilizzata per il rilievo delle sezioni di calcolo del PAI o degli studi di tab. 1. Le sezioni dovranno inoltre essere raffittite sino a conseguire un grado di dettaglio adeguato per le modellazioni da effettuare; le specifiche tecniche per l'effettuazione del rilievo topografico sono contenute nella Direttiva «Verifica di compatibilità idraulica delle infrastrutture pubbliche e di interesse pubblico in fascia A e B» reperibile sul sito Internet dell'Autorità di Bacino;

2. modellazione in moto permanente (o se ritenuto necessario in moto vario) utilizzando le portate della citata Direttiva «Piena di Progetto», per il tracciamento della fascia B (o degli studi di tab. 1) e secondo le metodologie di calcolo della citata Direttiva «Verifica di compatibilità idraulica delle infrastrutture pubbliche e di interesse pubblico in fascia A e B»;

3. confronto dei livelli di piena ottenuti con la morfologia del territorio e tracciamento delle aree esondabili dalla piena di riferimento;

4. confronto critico fra la delimitazione delle aree ottenute al precedente punto 2 con le informazioni disponibili relative a eventi di piena precedenti e con le informazioni di carattere geomorfologico desumibili dall'analisi del territorio;

5. nel caso di corsi d'acqua arginati, potrà essere utile effettuare una valutazione di massima dei volumi esondabili durante l'evento di piena di riferimento; gli stessi potranno quindi essere «distribuiti» sull'area esondabile eventualmente determinata in base alle analisi morfologiche, al fine di stimare i livelli idrici raggiungibili in caso di sormonto arginale. Solo nei casi più complessi si potrà valutare l'opportunità di effettuare modellazioni bidimensionali, con eventuale ipotesi di crollo arginale;

6. all'interno dell'area esondabile come sopra determinata si dovrà quindi procedere a una suddivisione in zone da assoggettare a differenti norme di uso del suolo in funzione dei diversi livelli di rischio, per la cui quantificazione si può fare riferimento alle quattro classi definite nel PAI:

moderato (R1) 

per il quale sono possibili danni sociali ed economici marginali; 

medio (R2) 

per il quale sono possibili danni minori agli edifici e alle infrastrutture che non pregiudicano l'incolumità delle persone, l'agibilità degli edifici e lo svolgimento delle attività socio-economiche; 

elevato (R3) 

per il quale sono possibili problemi per l'incolumità delle persone, danni funzionali agli edifici e alle infrastrutture con conseguente inagibilità degli stessi e l'interruzione delle attività socio-economiche, danni al patrimonio culturale; 

molto elevato (R4) 

per il quale sono possibili la perdita di vite umane e lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici e alle infrastrutture, danni al patrimonio culturale. 

La quantificazione del rischio dovrà essere effettuata essenzialmente sulla base dei seguenti parametri:

- probabilità di esondazione;

- livelli idrici;

- velocità di scorrimento;

- analisi delle tipologie insediative attuali e di quelle previste dallo strumento urbanistico.

La delimitazione delle aree a diverso rischio sarà riportata sulla cartografia dello strumento urbanistico comunale.

Le aree caratterizzate da un livello di rischio R1 o R2 possono ritenersi generalmente in condizioni di compatibilità.

Le aree caratterizzate da livelli di rischio pari a R3 ed R4 sono da ritenersi in condizioni di non compatibilità e in suddette aree dovranno essere escluse nuove edificazioni e/o dovranno essere individuate e attuate le misure di mitigazione del rischio necessarie per rendere compatibili le previsioni urbanistiche con la situazione di dissesto. Tali prescrizioni dovranno essere recepite nelle norme tecniche di attuazione dello strumento urbanistico.

Se l'approfondimento dello studio lo consente, potrà essere utilizzato il grafico contenuto all'allegato 3 della nuova direttiva regionale in attuazione dell'art. 3 della L.R. n. 41/97 approvata con Delib.G.R. 29 ottobre 2001, n. 7/6654 che fornisce le condizioni di rischio in funzione del tirante idrico, h (m), e della velocità della corrente, U (m/s), al margine (lato fiume) della zona di interesse. Qualora il calcolo idraulico non consenta di differenziare il valore della velocità nelle diverse porzioni della sezione, il grafico viene letto in funzione della velocità media nella sezione.

In tale grafico sono individuate 2 condizioni a differente livello di pericolosità:

- area pericolosa e incompatibile con qualunque tipo di infrastruttura di urbanizzazione (edifici, industrie, depositi, parcheggi, ecc.), che si ritiene possa essere assimilabile alla classe di rischio R4;

- area urbanizzabile con accorgimenti costruttivi che impediscano danni a beni e strutture e/o che consentano la facile e immediata evacuazione dell'area inondabile da parte di persone e beni mobili, assimilabile alla classe di rischio R3.

Di seguito si elencano, a titolo di esempio e senza pretesa di esaustività, alcuni dei possibili accorgimenti che dovranno essere presi in considerazione per la mitigazione del rischio e da indicare quali prescrizioni al fine di garantire la compatibilità degli interventi di trasformazione territoriale:

A) Misure per evitare il danneggiamento dei beni e delle strutture:

A1) realizzare le superfici abitabili, le aree sede dei processi industriali, degli impianti tecnologici e degli eventuali depositi di materiali sopraelevate rispetto al livello della piena di riferimento, evitando in particolare le realizzazione di piani interrati;

A2) realizzare le aperture degli edifici situate al di sotto del livello di piena di riferimento a tenuta stagna; disporre gli ingressi in modo che non siano perpendicolari al flusso principale della corrente;

A3) progettare la viabilità minore interna e la disposizione dei fabbricati così da limitare allineamenti di grande lunghezza nel senso dello scorrimento delle acque, che potrebbero indurre la creazione di canali di scorrimento a forte velocità;

A4) progettare la disposizione dei fabbricati in modo da limitare la presenza di lunghe strutture trasversali alla corrente principale;

A5) favorire il deflusso/assorbimento delle acque di esondazione, evitando interventi che ne comportino l'accumulo.

B) Misure atte a garantire la stabilità delle fondazioni:

B1) opere drenanti per evitare le sottopressioni idrostatiche nei terreni di fondazione;

B2) opere di difesa per evitare i fenomeni di erosione delle fondazioni superficiali;

B3) fondazioni profonde per limitare i fenomeni di cedimento o di rigonfiamento di suoli coesivi;

C) Misure per facilitare l'evacuazione di persone e beni in caso di inondazione:

C1) uscite di sicurezza situate sopra il livello della piena centennale aventi dimensioni sufficienti per l'evacuazione di persone e beni verso l'esterno o verso i piani superiori;

C2) vie di evacuazione situate sopra il livello di piena centennale.

D) Utilizzo di materiali e tecnologie costruttive che permettano alle strutture di resistere alle pressioni idrodinamiche.

E) Utilizzo di materiali per costruzione poco danneggiabili al contatto con l'acqua.

Tabelle e Schemi