§ 4.4.1248 - D.G.R. 6 luglio 2001, n. 7/5410 .
Approvazione «Linee guida di politica forestale regionale» e «Piano triennale (2001-2003) di iniziative, interventi e ricerche in campo [...]


Settore:Codici regionali
Regione:Lombardia
Materia:4. assetto del territorio
Capitolo:4.4 tutela dell'ambiente
Data:06/07/2001
Numero:7

§ 4.4.1248 - D.G.R. 6 luglio 2001, n. 7/5410 .

Approvazione «Linee guida di politica forestale regionale» e «Piano triennale (2001-2003) di iniziative, interventi e ricerche in campo forestale e per l'agricoltura di montagna».

(B.U. 30 luglio 2001, n. 31.)

 

La Giunta regionale

Visto il Piano Agricolo Triennale 2000-2002 approvato con Delib.C.R. 5 ottobre 1999, n. VI/1324;

Preso atto dal Dirigente dell'Unità Organizzativa Gestione Ambientale, Rurale e Forestale, che il suddetto piano, in considerazione delle peculiarità del settore forestale, rimandava ad uno specifico documento programmatico la definizione delle linee di indirizzo della politica forestale regionale;

Richiamato il Programma Regionale di Sviluppo della VII legislatura, approvato con Delib.C.R. 10 ottobre 2000, n. VII/39;

Richiamato in particolare l'obiettivo specifico 3.4.6 «Protezione, sviluppo e gestione del territorio, del paesaggio rurale e delle superfici forestali» e gli obiettivi gestionali 3.4.6.1 «Iniziative di salvaguardia, gestione e valorizzazione delle superfici e delle produzioni forestali» e 3.4.6.2 «Difesa del patrimonio boschivo dalle avversità biotiche, abiotiche e dagli incendi boschivi»;

Viste le previsioni di intervento contenute nelle misure h (2.8) «Imboschimento delle superfici agricole» e i (2.9) «Altre misure forestali» del Piano di sviluppo rurale 2000-2006 della Regione Lombardia, adottato con Delib.G.R. 28 luglio 2000, n. VII/724;

Ritenuto dal Dirigente dell'Unità Organizzativa proponente di dare concretezza e praticabilità alle linee di politica forestale, oltre che con le specifiche misure del Piano di Sviluppo Rurale, anche attraverso un Piano Triennale di iniziative, interventi e ricerche nel settore;

Valutata altresì dal Dirigente dell'Unità Organizzativa proponente l'opportunità di estendere il suddetto Piano triennale anche al comparto agro-pastorale di montagna, con riferimento alle indicazioni dell'obiettivo gestionale del Piano Regionale di Sviluppo 3.4.6.3 «Sviluppo dell'agricoltura di montagna e degli alpeggi e valorizzazione delle imprese agricole di montagna» e alle previsioni della L.R. n. 7/2000 e delle misure j (3.10) «Aiuto in conto capitale al sostegno, sviluppo e valorizzazione degli alpeggi» e r (3.18) «Sviluppo e miglioramento del Piano di Sviluppo Rurale»;

Preso atto altresì dal Dirigente dell'Unità Organizzativa proponente che le Province e le Comunità Montane hanno espresso parere favorevole alle «Linee guida di politica forestale regionale» e al «Piano triennale (2001-2003) di iniziative, interventi e ricerche in campo forestale e per l'agricoltura di montagna» nell'ambito del tavolo istituzionale per le politiche agricole regionali, istituito ai sensi dell'art. 7 della L.R. n. 11/98, svoltosi il giorno 21 marzo 2001;

Ritenuto pertanto dal Dirigente dell'Unità Organizzativa Gestione Ambientale, Rurale e Forestale di proporre per l'approvazione i documenti:

- «Linee guida di politica forestale regionale», composte da n. 11 pagine, parte integrante e sostanziale del presente provvedimento;

- «Piano triennale (2001-2003) di iniziative, interventi e ricerche in campo forestale e per l'agricoltura di montagna» triennale (2001-2003) di iniziative, interventi e ricerche in campo forestale e per l'agricoltura di montagna», composto da n. 8 pagine, parte integrante e sostanziale del presente provvedimento;

Vagliate e assunte come proprie le predette valutazioni;

Ad unanimità di voti espressi nelle forme di legge,

delibera

 

 

Recepite le motivazioni in premessa;

1. di approvare le «Linee guida di politica forestale regionale», composte da n. 11 pagine, parte integrante e sostanziale del presente provvedimento;

2. di approvare il «Piano triennale (2001-2003) di iniziative, interventi e ricerche in campo forestale e per l'agricoltura di montagna» triennale (2001-2003) di iniziative, interventi e ricerche in campo forestale e per l'agricoltura di montagna», composto da n. 8 pagine, parte integrante e sostanziale del presente provvedimento;

3. di disporre la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia del presente provvedimento.

 

 

Regione Lombardia

Direzione Generale Agricoltura

Servizio Ambiente Rurale e Politiche Forestali

Piano Agricolo Triennale Regionale 2000-2002 - Linee guida di politica forestale regionale

1. Raccordo programmatico

La protezione, lo sviluppo e la gestione del territorio, del paesaggio rurale e delle superfici forestali costituiscono uno degli obiettivi specifici del Programma Regionale di Sviluppo 2001-2003.

In particolare l'azione regionale a sostegno del settore forestale trova una precisa esplicitazione nei due obiettivi gestionali «Iniziative di salvaguardia, gestione e valorizzazione delle superfici e delle produzioni forestali e «Difesa del patrimonio boschivo dalle avversità biotiche, abiotiche e dagli incendi boschivi».

Tra le politiche di intervento definite dalla Regione Lombardia nel Piano Agricolo Triennale 2000-2002 è prevista l'individuazione degli obiettivi, delle strategie e delle azioni prioritarie per la gestione del settore forestale, a fianco di quelle - già messe a punto - per la valorizzazione e la tutela dell'agricoltura di montagna e delle aree più fragili e quelle orientate al consolidamento e al miglioramento del rapporto tra agricoltura, ambiente e paesaggio rurale.

Nell'ambito del Piano di Sviluppo Rurale 2000-2006 sono previste 2 misure e precisamente la 2.8 «Imboschimento delle superfici agricole» e la 2.9 «Altre misure forestali» che attengono in modo specifico al settore forestale e alle attività ad esso collegate, proponendo mirate strategie e forme di intervento volte a favorirne il rilancio.

Le presenti Linee Guida di Politica Forestale Regionale costituiscono pertanto l'integrazione e il completamento del Piano Agricolo Triennale 2000-2002, assumendo come riferimento programmatico settoriale l'obiettivo specifico 3.4.6 del P.R.S. ed i relativi obiettivi gestionali, e individuano nelle citate misure del Piano di Sviluppo Rurale due fondamentali strumenti di operatività.

2. Premessa

Un'azione specifica di programmazione di settore si rende necessaria non solo per le caratteristiche intrinseche del sistema forestale lombardo ma anche per alcuni elementi nuovi che caratterizzano e condizionano l'impostazione dell'intervento pubblico:

- la necessità di perseguire, anche nell'ambito della Regione Lombardia, una serie di politiche di tutela e sviluppo delle risorse forestali definite in ambito internazionale e comunitario (vd. Principi forestali UNCED e cap. 11 di Agenda 21, la Convenzione Quadro per i Cambiamenti Climatici, la Convenzione per la Difesa della Biodiversità, le Risoluzioni per il Processo PanEuropeo per la Protezione delle Foreste, la Strategia forestale dell'UE, le nuove misure forestali di Agenda 2000, il protocollo Foreste della Convenzione per la Protezione delle Alpi, ecc.);

- l'interesse crescente della società civile verso la tutela e la gestione delle risorse forestali, interesse particolarmente evidente nelle società ad alto tasso di sviluppo e di urbanizzazione quale quella lombarda e che si esprime in una domanda di informazione e partecipazione alle scelte di indirizzo del settore;

- la necessità di promuovere politiche di filiera in particolare in un paese che ha nel comparto dei prodotti legnosi grezzi e semilavorati la seconda voce di dipendenza commerciale dall'estero e in una Regione dove la presenza dell'industria del legno e delle paste-carta riveste un ruolo strategico.

3. Le risorse forestali lombarde: elementi di biodiversità e problemi di squilibrio

I boschi occupano poco più di un quinto della superficie territoriale lombarda ed il 28% della superficie agraria e forestale della Regione. Quasi tre quarti dei boschi sono localizzati in zone montane, mentre la parte rimanente è equamente suddivisa tra collina e pianura. Circa il 40% dei boschi è governato ad alto fusto mentre il 60% a ceduo. I privati detengono circa 2/3 del patrimonio boschivo regionale (in prevalenza cedui), il restante 33% appartiene ad enti pubblici, prevalentemente governati a fustaia.

Alla superficie forestale tradizionalmente definita come tale nelle statistiche di settore (490.000 ha), si è andata affiancando negli ultimi decenni un'area di boschi di neoformazione derivante dalla progressiva ricolonizzazione naturale di prati ed ex-coltivi. Quest'area in transizione è di difficile quantificazione, ma presumibilmente risulta pari a circa 200.000 ha (secondo i dati CORINE Land Cover la superficie forestale complessiva è infatti di 661.000 ha). Considerando il complesso delle aree boscate, la Lombardia, è una regione di primaria importanza forestale sia in termini assoluti (è infatti la quarta regione italiana per estensione della superficie forestale dopo Toscana, Piemonte e Trentino-Alto Adige), che in termini relativi.

Analizzando il coefficiente di boscosità (rapporto tra superficie forestale e superficie territoriale) si osservano tuttavia rilevanti differenze su scala locale: la presenza di aree boscate raggiunge infatti il 40% in montagna, il 20% in collina ed il 7% in pianura; tuttavia in quest'ultima il 60% circa della superficie è investita a pioppeti, localizzati soprattutto lungo il corso dei fiumi. Quindi, mentre nelle zone alpine le aree forestali hanno spesso raggiunto livelli di estensione che pongono problemi di mantenimento della diversificazione ambientale degli spazi rurali (ovvero di mantenimento di un equilibrato rapporto tra pascoli, prati, coltivi e un bosco in continua crescita), nella gran parte delle aree di pianura il tasso di copertura forestale è estremamente ridotto o nullo anche per la concentrazione dei pochi boschi lungo le aste fluviali e nei parchi e per la presenza di formazioni forestali a bassa valenza ecologico-naturalistica e turistico-ricreativa. Non esistono sostanzialmente collegamenti ecologici nella pianura in senso est-ovest.

Il patrimonio forestale regionale è caratterizzato nel complesso da fattori di biodiversità di notevole importanza comprendendo associazioni vegetali quali i saliceti, gli ontaneti ad ontano nero, i querco-carpineti planiziali, le boscaglie xerofile, gli ostrieti, i querceti mesofili, gli aceri-tiglieti e gli aceri-frassineti, oltre a tutte le associazioni tipiche della montagna alpina, nonché alcune associazioni particolari come quelle che caratterizzano le aree dei fontanili.

Questi elementi di diversità vegetazionale si accompagnano a differenti condizioni di pressione antropica e quindi, di modalità gestionali: dalle piantagioni di pioppo ad alta produttività legnosa delle aree di pianura, alle formazioni cedue prealpine a prevalente produzione di legna da ardere, agli altofusti a lungo ciclo produttivo delle aree montane. A fianco di boschi tuttora soggetti ad intenso utilizzo, sono presenti formazioni saltuariamente gestite e molte altre che da oltre un trentennio risultano virtualmente abbandonate ad una evoluzione naturale non sempre conforme alle esigenze di creazione di boschi ricchi, stabili, a funzioni plurime. In ogni caso l'abbandono dei boschi coincide con la mancanza della manutenzione, sorveglianza e presidio del territorio.

La filiera bosco-legno comporta un'occupazione in Lombardia di oltre 100.000 addetti, in prevalenza nel settore industriale, con un consumo annuo stimabile in 4,5 milioni metri cubi di legname, di cui solo 1,5 prodotti nella regione, i 2/3 dei quali derivanti dall'arboricoltura da legno (pioppicoltura). Benché, in termini di quantità totali prelevate, la Regione si ponga al primo posto in Italia per prelievi di masse legnose, la produzione di legname non è che una componente dell'insieme di servizi che il bosco lombardo rende disponibili, servizi la cui dimensione economica non è facilmente quantificabile ma che, per evidenza empirica, sono di rilevante impatto sull'ambiente e sulla struttura socio-economica della Regione: conservazione e tutela della biodiversità, stabilizzazione idrogeologica, regolazione del ciclo delle acque, miglioramento della qualità del paesaggio, offerta di aree turistiche e ricreative, fissazione di anidride carbonica, rifugio e ambito di riproduzione di specie animali a fini venatori, produzione di funghi, tartufi, castagne, piccoli frutti, erbe medicinali e aromatiche, ecc.. La presenza di boschi, soprattutto in pianura, qualifica le zone residenziali ad essi limitrofe, i nuovi insediamenti ai margini delle zone urbane più densamente popolate, il cui sviluppo è collegato alla accresciuta possibilità di pendolarismo e ai fenomeni di de-urbanizzazione.

La Lombardia vanta una discreta tradizione di gestione pianificata delle risorse forestali (120.000 ha assestati, per lo più di boschi comunali). La gestione forestale presenta tuttavia notevoli difficoltà: non di rado le proprietà pubbliche sono caratterizzate da un disinteresse gestionale, anche quando i piani di assestamento prevedono precisi interventi colturali; nelle proprietà private sono frequenti le situazioni di assenteismo e gli interventi del tutto episodici, imputabili alla polverizzazione e alla frammentazione della proprietà, alle difficili condizioni orografiche del territorio montano, alla carente rete viaria forestale di accesso e di servizio, ai gravi problemi organizzativi delle imprese boschive.

Le condizioni congiunturali del mercato, caratterizzato da una sovradisponibilità di legname a seguito dei gravi danni meteorici che hanno colpito la Francia, la Svizzera e la Germania nel dicembre 1999, stanno ulteriormente aggravando la disponibilità locale di imprese boschive e riducendo i margini di convenienza alla vendita di legname.

La carente gestione del patrimonio forestale, sia in termini di utilizzazioni boschive (si preleva molto meno dell'incremento corrente) che di interventi colturali, si traduce in un invecchiamento generalizzato dei popolamenti, per lo più coetaneiformi, e quindi in un indebolimento strutturale dei soprassuoli che risultano vulnerabili alle avversità di natura biotica, ma soprattutto abiotica.

Lo stato fitosanitario dei boschi lombardi è da ritenersi soddisfacente; infatti, gli attacchi riscontrati (bostrico dell'abete rosso, processionaria del pino, limantria, ecc.), quasi sempre circoscritti localmente e nel tempo, sono attribuibili a parassiti i cui danni si mantengono a livelli non preoccupanti. Riguardo alle patologie, sulle conifere si segnalano attacchi degli agenti delle ruggini, mentre, tra le latifoglie, il castagno è colpito dal cancro corticale (Cryphonectria parasitica) e in minor misura dal mal dell'inchiostro (Phytophora cambivora).

Danni di una certa rilevanza sono arrecati dalle avversità atmosferiche (vento e neve) che provocano schianti, sia di singole o gruppi di piante che di intere porzioni di bosco tant'è che molti interventi selvicolturali sono finalizzati a fronteggiare queste emergenze.

Gli incendi boschivi, prevalentemente di origine colposa e dolosa, costituiscono il fattore di degrado più temibile, in quanto negli ultimi 30 anni hanno interessato una superficie boscata media annua di 3.000 ettari.

4. Linee strategiche per lo sviluppo del settore forestale in Regione Lombardia

Gli assi attuali dell'azione forestale regionale

Riprendendo gli indirizzi formulati nel Piano Forestale Regionale del 1989 la attuale azione forestale della Regione ruota attorno ad una serie di linee di intervento che possono essere così sintetizzate:

- decentramento delle competenze in materia forestale, con un ruolo sempre più significativo attribuito alle Province, alle Comunità Montane e agli Enti Parco. L'amministrazione centrale mantiene tuttavia una funzione di indirizzo e di coordinamento generale e una limitata capacità operativa legata alla realizzazione di interventi di rilevanza regionale e all'attività dell'Azienda Regionale delle Foreste quale organo tecnico centrale;

- associazionismo tra proprietari forestali, sia pubblici che privati, promosso in questi ultimi anni attraverso interventi di sostegno per la costituzione di numerosi consorzi forestali al fine di superare le criticità riconducibili soprattutto alla elevata polverizzazione e frammentazione della proprietà;

- predisposizione e revisione dei piani di assestamento, e in genere dei piani di gestione forestale a scala diversa (piani di indirizzo forestale, piani di settore e piani di assestamento degli Enti Parco, ecc.); alla maggior parte dei piani comunali nel corso degli ultimi anni si è cercato di dare piena attuazione privilegiando, nell'ambito dei vari programmi, il finanziamento degli interventi da essi previsti;

- snellimento e semplificazione degli iter amministrativi connessi alla gestione delle risorse, basata su un ruolo sempre più ampio attribuito ai liberi professionisti nell'analisi e nella pianificazione di interventi nel settore forestale in ambiti territoriali ampi, quali le Comunità montane, attraverso la redazione dei Piani generali di indirizzo forestale;

- supporto finanziario alle aziende agricole, la cui integrità e funzionalità sono riconosciute quali elementi essenziali per il mantenimento, soprattutto in zone montane, del paesaggio agroforestale e per la tutela del territorio;

- sviluppo delle attività forestali in aree urbane, sia tramite rimboschimenti ex novo su aree agricole che tramite riqualificazione di aree industriali o di infrastrutturali dimesse; tali interventi vengono perseguiti con l'obiettivo di ricostruire aree boscate a diversa scala: dai filari, siepi campestri e piccoli boschetti, ai grandi boschi a destinazione plurima;

- lotta agli incendi boschivi attraverso un'efficace azione di monitoraggio con l'ausilio di sofisticati sistemi di avvistamento, di prevenzione e di miglioramento delle modalità di intervento.

La montagna e la pianura nella definizione delle nuove linee di politica forestale

Data la grande diversificazione delle situazioni forestali regionali e in particolare dei diversi rapporti tra superfici boscate e popolazione residente, è fondamentale che la definizione delle nuove linee di politica forestale sia differenziata, in prima approssimazione, per due grandi ambiti territoriali: le zone di pianura e quelle di montagna

A. Le aree di pianura rivelano problematiche del tutto distinte ed a volte antitetiche rispetto a quelle di collina e quelle montane, tanto da richiedere l'adozione di politiche di intervento affatto diverse, mirate ad obiettivi specificamente definiti per i diversi ambiti Nelle aree di pianura, infatti, benché permanga un interesse generale allo sviluppo di servizi atti a favorire una migliore gestione dei boschi esistenti, anche in funzione di una maggiore redditività degli stessi, si manifesta un'evidente priorità nello sviluppo di azioni rivolte all'incremento delle superfici destinate a bosco e a impianti specializzati produttivi anche di tipo innovativo per la produzione di biomasse.

Il prevalente interesse pubblico che riveste in tale contesto la presenza di superfici boscate, o anche soltanto di formazioni arboree ed arbustive che arricchiscano il paesaggio agrario, richiede un più diretto e rilevante intervento pubblico. Le linee di indirizzo forestali della Regione devono, quindi, prevedere, al fine di favorire l'espansione dei boschi nella pianura e nei grandi fondovalle, l'adozione di strumenti speciali, che affianchino alle ormai consolidate forme di incentivazione dei rimboschimenti di privati, incentivi per gli enti locali volti a realizzare interventi di consistenza e caratteristiche adeguate ad assicurare le funzioni plurime a cui le foreste sono destinate. A questo fine vanno tenute in considerazione anche le possibili sinergie legate a funzioni diverse di interesse pubblico o privato, relative alla protezione idrogeologica (ad esempio: legge 37/96 per le aree del demanio fluviale), agli istituendi sistemi di reti ecologiche ad azioni compensative di grandi interventi infrastrutturali o connesse a recuperi di aree degradate anche in applicazione di convenzioni o accordi tra enti pubblici e privati. Le nuove foreste potrebbero adempiere anche alla applicazione della legge 113/92 «una pianta per ogni nuovo nato» ora di competenza regionale ma non applicata.

Sempre in relazione all'obiettivo di espansione della superficie forestale nelle aree di pianura, si dovranno definire politiche di intervento che consentano di associare le forme di incentivazione o le misure di sostegno, sia nei confronti dei soggetti pubblici che dei privati, agli indirizzi derivanti dalle previsioni contenute in strumenti di pianificazione territoriale, paesistica o ambientale già vigenti sul territorio.

Gli interventi di tutela ambientale delle formazioni forestali dovranno essere infine coerenti con gli impegni dalla Regione, ed in concorso con essa anche di Province, Enti parco ed enti locali, per la formazione di reti ecologiche interconnesse, in applicazione di indirizzi nazionali e comunitari (Programma Interreg - Rete Natura 2000). A tal fine si ritiene che le politiche di intervento in questo campo debbano essere chiaramente esplicitate negli strumenti di programmazione definiti dalle singole Province, attraverso i quali le misure e gli strumenti attivabili per il potenziamento delle superfici a bosco, ivi compresi quelli per gli interventi fuori foresta e l'arboricoltura da legno, vengano definiti ed orientati in funzione di obiettivi coerenti con le politiche territoriali e le specificità socio-economiche locali, configurando le strategie adeguate ed i livelli di responsabilità e di compartecipazione da parte dei diversi attori pubblici e privati interessati. Nell'ambito della pianificazione provinciale possono essere adeguatamente considerati gli interventi volti a creare grandi aree verdi (vd. progetto «Dieci grandi foreste per la pianura»), «corridoi verdi» di collegamento tra aree urbane e aree forestali preesistenti e sistemi di aree verdi a rete. È importante che la creazione e gestione di nuove aree forestali possa avvenire in territori anche al di fuori di quelli soggetti a regimi di tutela speciale quali le aree dei Parchi. I PTCP sono gli ambiti privilegiati della programmazione di tali interventi.

B. L'ambiente montano della Regione Lombardia si presenta fortemente eterogeneo per caratteristiche territoriali, ecologico-colturali e soprattutto di assetto socio-economico, in relazione al quale si possono distinguere aree con sensibili dinamiche di crescita e di sviluppo economico (aree a prevalente sviluppo turistico), aree ad attività agricola prevalente o ad economia integrata (zone pedemontane e fondovalle) e aree marginali caratterizzate da fenomeni di spopolamento ed isolamento culturale e socio-economico (comuni di piccola dimensione esclusi dal circuito turistico). In questo contesto, nonostante la loro crescente estensione territoriale, le superfici boscate (e in genere le aree silvo-pastorali) raramente riescono a mantenere ancora un ruolo prioritario nello sviluppo dell'economia montana. Dal punto di vista prettamente economico-produttivo, sono sempre più frequenti situazioni in cui le imprese boschive e conseguentemente l'intera filiera bosco-legno non riescono a superare, in termini di condizioni di lavoro e di efficienza economica, le soglie minime di convenienza.

Nello stesso tempo, le molteplici funzioni di interesse pubblico svolte dal bosco, ancorché riconosciute sulla carta, risultano difficilmente valutabili in termini monetari. Ne consegue che l'importanza e il ruolo delle attività agro-silvo-pastorali e del presidio umano nei territori di montagna, che garantiscono il mantenimento e la sopravvivenza degli spazi alpini, vengono riconosciuti solo parzialmente. Le linee di indirizzo delle politiche agro-forestali della Regione si propongono quindi di favorire il presidio del territorio montano riconoscendo a chi vive in montagna, e di montagna vive, la possibilità di fornire beni e servizi pubblici alla collettività.

Alla luce di queste considerazioni è necessario portare a compimento le previsioni degli strumenti di azione comprensoriale, quali i Piani Socio-Economici, nonché gli interventi infrastrutturali previsti nella pianificazione forestale attraverso azioni di programmazione coordinata e ovunque possibile anche concordata, all'interno di ogni Comunità Montana. La promozione di nuove forme di imprenditorialità, legate ai beni e servizi del bosco, dovrebbe rappresentare un obiettivo irrinunciabile nelle strategie di azione e nello sviluppo dei programmi di intervento degli enti delegati. Il preventivo sviluppo di programmi e di progetti integrati dovrà rappresentare l'elemento qualificante e trainante per l'accesso alle diverse forme di finanziamento a livello europeo quali ad esempio Agenda 2000, Fondi Strutturali (Obiettivo 2 - ex Obiettivo 5b, FEOAG - Orientamento), Leader+, Interreg e LIFE e a livello regionale, quali quelle previste in leggi regionali (L.R. n. 11/98, L.R. n. 10/98, L.R. n. 86/83, L.R. n. 31/96, L.R. n. 7/2000 e altre ancora) e in altri tipi di strumenti (Patti Territoriali).

È opportuno che le linee di intervento per le aree di pianura e di montagna sopra enunciate siano meglio inquadrate in base a 3 criteri di orientamento generale dell'azione pubblica nel settore:

- la valorizzazione multifunzionale delle risorse forestali regionali, da ritenere di importanza strategica per lo sviluppo sostenibile della Regione non solo per la loro valenza produttiva, ma anche e soprattutto per la loro capacità di fornire alla collettività beni e servizi tipicamente pubblici, quali la protezione idrogeologica e la difesa del suolo, la conservazione della biodiversità, il mantenimento del paesaggio e le opportunità di una fruizione ricreativa dei boschi;

- la rilevanza del bosco nel contesto urbanistico e territoriale e quindi la necessità di un coordinamento tra pianificazione territoriale e pianificazione forestale;

- la necessità di un decentramento delle competenze accompagnato da un coordinamento interistituzionale tra gli organismi pubblici con funzioni nel settore e di un attivo coinvolgimento dei privati: i proprietari fondiari, le aziende agricole, le imprese boschive e di servizio alla gestione e ogni altro soggetto singolo o associato Il corretto assetto istituzionale, la massima comunicazione, trasparenza e verificabilità degli atti amministrativi è un requisito essenziale, in un momento di forte innovazione istituzionale come l'attuale, perché l'azione della Regione, delle Province, delle Comunità Montane, degli Enti parco e degli altri enti locali sia efficace e incisiva.

I tre criteri vengono meglio sviluppati di seguito.

4.1 La valorizzazione multifunzionale

La globalizzazione degli scambi commerciali ha inciso profondamente sul mercato del legno, tanto da rendere l'utilizzazione delle superfici forestali lombarde ormai sporadica e poco rilevante a fronte di un fortissimo incremento dell'importazione di legname dall'estero. D'altra parte, le caratteristiche delle superfici forestali lombarde, ed in particolare le sfavorevoli condizioni di giacitura e di accessibilità, condizioneranno in misura irrisolvibile la possibilità di incrementare in misura molto incisiva l'attuale tasso di utilizzazione dei boschi.

Va comunque ricordato come l'utilizzazione boschiva rappresenta a tutt'oggi l'unica modalità di intervento manutentivo e migliorativo della qualità strutturale ed ecologica delle superfici forestali, e come pertanto l'abbandono di ogni forma di intervento attivo in bosco non porti affatto all'aumento della naturalità, ma piuttosto al collasso più o meno vicino dei soprassuoli.

L'estensione dei boschi lombardi, la forte presenza di una proprietà fondiaria privata, impongono così lo sviluppo di tutte le altre forme di valorizzazione, alternative o aggiuntive rispetto alla classica utilizzazione di legna e legname.

A questo riguardo assume specifica importanza e significato lo sviluppo dell'associazionismo forestale, che appare l'unico strumento per assicurare l'indispensabile supporto ed assistenza tecnica specialistica ai proprietari, in particolare privati.

Non mancano, in Lombardia, positivi esempi già operativi di valorizzazione multifunzionale delle superfici forestali, che hanno in genere saputo sfruttare spazi di nicchia, anche importanti ed ad elevato valore aggiunto, quali ad esempio la raccolta di funghi e tartufi, l'attività venatoria, la didattica. Resta, ancora in gran parte da esplorare, l'immenso spazio offerto dalle iniziative nei confronti della fruizione turistica, così come iniziano solo ora ad emergere iniziative legate alla certificazione di sostenibilità ambientale delle produzioni di legname. Specifica attenzione, anzi la predisposizione di uno specifico programma, merita la promozione di iniziative a carattere locale, o da svilupparsi preferibilmente a livello di filiera, che sappiano incentivare una imprenditorialità diffusa sul territorio capace di utilizzare tutte le opportunità.

4.2 Il bosco nella pianificazione territoriale

Attualmente non esiste un forte legame tra pianificazione territoriale e pianificazione forestale, anche in virtù dell'attuale legislazione che ha operato in modo abbastanza settoriale. La rilevanza del bosco nel contesto urbanistico e territoriale e quindi la necessità di un contributo al coordinamento tra pianificazione territoriale e pianificazione forestale sono problemi da affrontare in sede di pianificazione territoriale alla scala provinciale, tramite i Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale (PTCP).

Con la L.R. n. 1/2000 «Riordino delle autonomie in Lombardia. Attuazione del D.Lgs 31 marzo 1998 n. 112 (conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59)» ed in particolar modo con l'art. 3 sono state riorganizzate le competenze territoriali-urbanistiche di Regioni, Province e Comuni tenendo conto dei principi di sussidiarietà e di snellimento di funzioni. Nello specifico l'art. 3 comma 26 individua nel PTCP lo strumento di programmazione generale atto a definire anche le linee di intervento per la sistemazione idrica, idrico-geologica ed idraulico-forestale, nonché per il consolidamento del suolo e la regimazione delle acque. All'interno di queste ultime competenze dovranno rientrare anche quelle relative all'individuazione e destinazione delle aree boscate e di quelle da rimboschire.

Per la realizzazione dei PTCP, la Giunta ha approvato un documento denominato «Linee generali di assetto del territorio lombardo» al fine di orientare le province nella stesura dei Piani Territoriali di Coordinamento (che in Regione Lombardia hanno anche valenza di Piani Paesistici) in materia di ambiente, aree verdi e reti verdi. In esso sono, inoltre, illustrate tendenze e orientamenti per la pianificazione comunale (PRG). I contenuti di tale documento andranno meglio specificati in relazione alle modalità di programmazione delle aree a destinazione forestale.

Un principio da sviluppare sarà quello della compensazione dei boschi comunque distrutti, anche da opere pubbliche, con interventi di nuove superfici forestali o migliorativi di quelle esistenti, ma di pari valore biologico.

4.3 Le istituzioni e i principali soggetti economici

Con la L.R. 4 luglio 1998, n. 11, «Riordino delle competenze regionali e conferimento di funzioni in materia di agricoltura» è stato completato il processo di delega in campo forestale, avviato nel 1976 con la legge forestale regionale (L.R. n. 8/76) valorizzando notevolmente il ruolo degli enti delegati.

Il nuovo assetto istituzionale ben delineato dalla L.R. n. 11/98 e completato dalla L.R. n. 7/2000, vede come protagonisti la Regione, le Province, le Comunità Montane nonché gli Enti Gestori dei Parchi Regionali e in minor misura i Comuni.

Nel panorama delle istituzioni operanti nel settore va ricordato il ruolo svolto dall'Azienda Regionale delle Foreste, strumento operativo della Regione nel settore forestale, la cui funzione di gestione del patrimonio forestale regionale, di tutela della biodiversità delle specie forestali attraverso l'azione vivaistica, di assistenza tecnica agli operatori e di cerniera tra l'area della ricerca, della sperimentazione e dell'innovazione ed il mondo dei gestori delle risorse forestali deve essere ulteriormente sviluppato nel quadro degli indirizzi e delle linee indicate dal presente documento.

Alle istituzioni sopra richiamate si associano altri enti con competenze meno rilevanti ma pur significative, nella gestione del settore forestale. All'Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente compete il monitoraggio delle funzioni non produttive dei boschi e, con l'Azienda Regionale delle Foreste, dello stato delle risorse forestali. I Consorzi forestali, anche tra soggetti privati, rappresentano lo strumento fondamentale per l'attivazione delle funzioni gestionali su scala locale In questo ruolo i Consorzi, come soggetto economico con valenza operativa, integreranno l'azione delle Comunità Montane e delle province quali enti di sola programmazione economica e territoriale. I Bacini Imbriferi Montani e le Autorità di Bacino hanno una specifica responsabilità nella gestione delle risorse forestali in relazione alla regolazione del ciclo dell'acqua e della programmazione delle forme d'uso dei territori lungo le aste fluviali. Nelle aree di pianura i Consorzi di bonifica potranno essere validi strumenti di catalizzazione e operativi per interventi integrati di riqualificazione territoriale.

Essenziale è il ruolo che i soggetti privati devono assumere nel partecipare alla definizione delle politiche di programmazione settoriale e nella gestione diretta delle risorse forestali. Al tradizionale ruolo-chiave dei proprietari forestali, soprattutto degli agricoltori, nella conduzione di fondi forestali, va affiancato quello delle imprese di servizio alla gestione, soprattutto dove - per fenomeni di allontanamento dei proprietari dai fondi e/o per assenteismo gestionale - i proprietari non riescano ad assicurare essenziali interventi di mantenimento della stabilità dei soprassuoli. Soggetto privilegiato di intervento di sostegno finanziario, riqualificazione professionale e controllo saranno le imprese boschive, considerate l'anello debole della filiera foresta-legno. In questo comparto, vitale per assicurare i collegamenti con il mercato, andranno previste forme di job creation e iniziative di professionalizzazione attente anche alle nuove dinamiche che caratterizzano il settore (entrata sul mercato di lavoratori extra-comunitari). Il modello di riferimento deve essere quello di ditte boschive che operano con una certa garanzia di continuità di lavoro (contratti pluriennali con enti pubblici), fortemente sostenute nell'acquisto di macchine e attrezzature, soggette ad attività continua di aggiornamento professionale e, quindi, con personale (evidentemente anche extra-comunitario) specificatamente abilitato per le diverse mansioni delle operazioni di abbattimento ed esbosco. Un soggetto economico da considerare con attenzione nelle politiche del settore industriale ancor prima che in quello del settore forestale - è costituito dalle segherie e dalle altre industrie di prima lavorazione del legno. Soprattutto il tessuto delle piccole-medie segherie di montagna rappresenta, infatti, una condizione essenziale per mantenere in vita sbocchi di mercato per l'offerta locale. Andranno quindi favorite forme di consolidamento delle imprese del settore, contrastando i fenomeni recenti di chiusura di segherie, in primis stimolando le imprese a raggiungere forme di integrazione verticale per l'offerta di prodotti ad un più alto grado di lavorazione e di servizi (produzione e vendita di elementi di arredo da esterni, di prodotti del fai da te, produzione, messa in opera di travature in interventi di ristrutturazione, produzione di infissi su misura, ecc.).

Dagli anni settanta anche le associazioni ambientaliste, del tempo libero, faunistiche, venatorie e culturali, mostrano interesse per il settore forestale; tale interesse spesso si è tradotto in interventi territoriali anche innovativi.

Proprio per la polifunzionalità del bosco, la sua rilevanza territoriale e le sue implicazioni intersettoriali, la politica forestale regionale dovrà essere concertata e svolta unitamente ad altre direzioni generali, che del resto hanno contribuito alla redazione preliminare del presente documento.

Alcune iniziative poi dovranno essere attuate anche in accordo con altre Regioni italiane, quali la certificazione forestale o la lotta agli incendi boschivi.

5. Le specifiche politiche di intervento

Le politiche di intervento nel settore forestale si concentreranno su una serie di obiettivi e linee operative ben precise, che tengano conto dei problemi e criteri guida sopra evidenziati. Si tratterà in sostanza di perseguire questi obiettivi, riassumibili in alcuni concetti-chiave:

a) «Occupazione e lavoro dalla foresta»: un'occasione di difesa e di gestione del territorio rurale. Favorire la gestione attiva del bosco e le attività di prima lavorazione del legno, sostenere gli interventi di miglioramento, rinnovazione e rinaturalizzazione dei boschi già esistenti in montagna e l'espansione della superficie forestale in pianura; le aziende agricole, soprattutto nei territori di montagna che assumono un ruolo attivo nella gestione del patrimonio forestale, andranno opportunamente compensate e supportate, anche ipotizzando la loro trasformazione in aziende multifunzionali e multiservizi; la creazione di nuovi boschi in pianura può essere effettuata con il pieno coinvolgimento ultradecennale di aziende agricole.

b) «Una foresta che produce beni e servizi»: l'estensione delle superfici forestali lombarde impone una politica attiva, finalizzata a promuovere lo sviluppo di una offerta di beni e servizi in grado di sostenere un circuito di aziende e di imprese. Va pertanto spinto e sostenuto l'associazionismo forestale quale strumento indispensabile di supporto tecnico e di organizzazione di impresa, così come riformulata una programmazione degli interventi in grado di far emergere una significativa incisività, ovvero una reale ricaduta e un valore aggiunto a carattere economico.

c) «Conoscere i boschi lombardi: oggi un patrimonio, domani un'eredità»: effettuare un monitoraggio e un controllo su basi sistematiche dello stato delle risorse forestali e della realizzazione delle politiche di intervento anche per ciò che attiene alla spesa pubblica nel settore forestale e agli impatti ambientali da questa determinati; promuovere un programma di formazione, divulgazione non specialistica, ricreazione e grandi interventi ben visibili, che aumentino, soprattutto nei giovani, il livello di conoscenza e responsabilità nei riguardi del patrimonio forestale regionale e valorizzino la funzione divulgativa e sociale assicurata dal Demanio Forestale Regionale, rivedere la legislazione forestale semplificandola e trasformandola in uno strumento di gestione del territorio e del paesaggio forestale.

6. Le azioni per l'attuazione delle Linee Guida

Nell'ambito di una programmazione triennale, per il conseguimento degli obiettivi precedentemente esposti e in coerenza e a parziale integrazione delle misure definite nel Piano di Sviluppo Rurale, del Piano per la difesa dei boschi dagli incendi e delle ordinarie linee di intervento regionale, sono definite le seguenti azioni avviate e da sviluppare nel triennio 2001-2003.

a) Occupazione e lavoro dalla foresta

- Miglioramento e valorizzazione del patrimonio boschivo esistente e dei boschi di neoformazione.

- Riqualificazione e valorizzazione delle superfici forestali artificiali e conversione dei cedui ad alto fusto. Un programma di coinvolgimento delle aziende agricole negli interventi di manutenzione e miglioramento dei rimboschimenti esistenti (in genere di resinose su proprietà pubbliche) e di conversione dei cedui in fustaie di latifoglie.

- Ripotenziamento della filiera bosco legno, stimolando un migliore collegamento tra la trasformazione e la produzione intervenendo nel settore della formazione professionale, dell'adeguamento strutturale e tecnologico e normativo, promuovendo ovunque possibile la ecocertificazione delle produzioni.

- Miglioramento della gestione delle proprietà forestali, attraverso il sostegno ai consorzi forestali ed all'associazionismo, quale strumento per incrementare l'assistenza tecnica nei confronti delle aziende forestali.

- Razionalizzazione e sviluppo dell'arboricoltura specializzata e fuori foresta, valorizzando le nuove metodologie di coltivazione (produzione di biomasse, latifoglie pregiate, pioppicoltura a ciclo medio-breve) allo scopo di sostenere l'autoapprovvigionamento dell'industria del legno lombarda ed incrementare la compatibilità ecologica degli spazi rurali.

b) Una foresta che produce beni e servizi

- Riorganizzazione della pianificazione forestale, allo scopo di evidenziare e sviluppare le opportunità di sviluppo multifunzionale e realizzazione di un programma di interventi di valorizzazione delle produzioni non legnose e dei servizi (funghi, tartufi, prodotti del sottobosco, fauna, servizi ricreativi e per il tempo libero, turismo ambientale ecc.).

- Realizzazione di uno specifico programma di interventi di adeguamento strutturale e infrastrutturale finalizzato alla valorizzazione delle produzioni legnose, attraverso una specifica selezione dei progetti a miglior rapporto costo/benefici.

- Realizzazione di progetti pilota per la promozione e gestione della fruizione a fini turistici e ricreativi di alcuni ambiti significativi dei boschi lombardi.

- Attuazione delle convenzioni internazionali sul clima, biodiversità e desertificazione.

c) Conoscere i boschi lombardi, oggi un patrimonio domani una eredità

- Realizzazione del progetto «dieci foreste di pianura», rendendo prioritari gli interventi nelle Province a minor densità di aree boscate, finalizzando gli impianti alla didattica ed alla fruizione .

- Incremento dei boschi e delle fasce verdi multifunzionali in pianura e nei fondovalle.

- Monitoraggio del territorio e del paesaggio forestale, completando la definizione delle tipologie forestali, avviando la realizzazione della carta degli ecosistemi forestali lombardi e dell'osservatorio del comparto bosco legno.

- Difesa del patrimonio boschivo dagli attacchi parassitari, dalle calamità naturali e dagli incendi boschivi, tramite adeguate azioni di prevenzione, vigilanza, pronto intervento anche attraverso il diretto coinvolgimento dei proprietari e del volontario, adeguatamente professionalizzato, attrezzato e coordinato.

- Informazione e ricerca attraverso lo sviluppo di un programma che sappia riavviare, anche nella nostra Regione e nel nostro Paese, la ricerca di base e la informazione e divulgazione scientifica nel settore degli spazi forestali, anche attraverso la relazione con le realtà di altre Regioni e di altri Stati.

 

 

Piano triennale (2001-2003) di iniziative interventi e ricerche in campo forestale e per l'agricoltura di montagna

1. Descrizione del settore e delle problematiche

Il settore forestale lombardo è stato ampiamente analizzato e descritto nella ricerca sulla filiera bosco legno recentemente svolta dalla Università di Padova su incarico e collaborazione della DG Agricoltura e con la collaborazione delle province, comunità montane, parchi, consorzi forestali.

Durante la ricerca si sono svolti numerosi incontri con gli enti e le categorie interessate.

Il presente documento inoltre si collega direttamente per il settore forestale con le «Linee guida di politica forestale regionale».

I boschi occupano poco più di un quinto della superficie territoriale lombarda ed il 28% della superficie agraria e forestale della Regione.

Alla superficie forestale tradizionalmente definita come tale nelle statistiche di settore (490.000 ha), si è andata affiancando negli ultimi decenni un'area di boschi di neoformazione di circa 200.000 ha. Mentre la montagna presenta una discreta superficie a bosco, la pianura ne è quasi sprovvista, anche se nella pianura, per merito dei pioppeti, si concentra la maggior parte della produzione legnosa.

Per molteplici motivi gran parte dei boschi lombardi sono abbandonati o non sufficientemente gestiti con grandi problematiche ambientali e sociali collegate anche alla assenza di un adeguato presidio dell'uomo sul territorio rurale.

Con i piani generali di indirizzo forestale si è introdotto un livello di pianificazione, superiore, rispetto ai piani di assestamento, completando così il quadro pianificatorio.

La filiera bosco-legno induce un'occupazione in Lombardia di oltre 100.000 addetti, in prevalenza nel settore industriale con un consumo annuo stimabile in 4,5 milioni metri cubi di legname, di cui solo 1,5 prodotti nella regione, i 2/3 dei quali derivanti dall'arboricoltura da legno (pioppicoltura).

I boschi lombardi svolgono soprattutto una funzione ambientale direttamente collegata alle tematiche dei tre grandi accordi internazionali relativi alla biodiversità, desertificazione e difesa del clima.

La consapevolezza di questa multifunzionalità richiede una particolare attenzione sia in fase di pianificazione sia di gestione del patrimonio forestale.

Il comparto agro-pastorale di montagna è rappresentato da circa 40.000 aziende, che insistono su una superficie di 550.000 ha e su una S.A.U. di poco superiore a 220.000 ha. Il patrimonio zootecnico si compone di 105.000 capi bovini, di cui 60.000 vacche, a cui si aggiungono rispettivamente 52.000 e 46.000 ovini e caprini. Una componente importante dell'agricoltura di montagna è tuttora rappresentata dalla monticazione estiva del bestiame che si realizza su circa 850 alpeggi.

La principale attività produttiva dell'economia agricola montana è sicuramente l'allevamento bovino ad indirizzo lattiero in quanto unico strumento di utilizzo razionale ed economico di un territorio costituito da vaste aree, vocate quasi esclusivamente alla produzione foraggera spontanea.

La produzione di latte è stimabile in 2.000.000 di q., il 75% dei quali è destinato alla trasformazione casearia da cui derivano formaggi tipici dalle particolari caratteristiche organolettiche e molto apprezzati dal mercato.

Processi produttivi alternativi e/o complementari all'allevamento del bestiame di assoluta validità tecnica ed economica si sono sviluppati in Valtellina e nell'Oltrepò Pavese dove si sono affermate una fiorente viticoltura e melicoltura.

L'agricoltura di montagna della Lombardia presenta in generale i caratteri strutturali e produttivi tipici dell'agricoltura alpina condividendone al tempo stesso la situazione di disagio e progressiva marginalità.

La presenza di forti svantaggi naturali (orografia, rigidità del clima, ecc.) caratterizza l'agricoltura di montagna per condizioni di vita e produzione decisamente più difficili e onerose rispetto alle aree di pianura.

In queste condizioni l'esercizio di una agricoltura di tipo professionale capace di assicurare livelli di reddito soddisfacenti risulta problematico e difficoltoso. Questa situazione può essere schematizzata nell'individuazione di due forme di agricoltura, nettamente distinte sul piano strutturale e funzionale.

La prima è rappresentata da numerose aziende di piccole dimensioni, localizzate prevalentemente in quota con insufficienti dotazioni strutturali e infrastrutturali, alle quali oggi si attribuiscono essenzialmente funzioni di presidio del territorio, relegando la tradizionale funzione produttiva ad un ruolo marginale. La seconda forma di agricoltura, che si svolge in gran parte nei fondovalle, presenta invece connotazioni molto simili a quelle dell'agricoltura di pianura sia per ordinamenti produttivi che per modelli gestionali concentrando su di sé una quota rilevante di fattori produttivi.

Le azioni a sostegno dell'agricoltura di montagna vanno necessariamente differenziate in funzione delle due distinte tipologie di agricoltura montana. Nelle aziende più marginali, alle quali si vuol riservare un ruolo esclusivamente di tutela ambientale e territoriale, occorre comunque mantenere viva una funzione produttiva, in mancanza della quale finirebbe col morire l'impresa stessa e con essa la funzione di presidio.

Per le aziende con livello imprenditoriale avanzato gli interventi devono puntare al loro ammodernamento e ad accrescerne la competitività affinché possano continuare a contribuire allo sviluppo dell'economia montana nel suo complesso.

Il sistema degli alpeggi, elemento tuttora caratterizzante e qualificante dell'agricoltura alpina, in prevalenza di proprietà pubblica (Comuni), presenta ancora oggi una serie di problemi riconducibili in larga misura alla insufficiente rete viaria di accesso e di servizio, alle spesso precarie condizioni di vita e di lavoro degli addetti a causa delle non buone condizioni in cui versano i fabbricati d'alpe e dell'insufficiente e inadeguato approvvigionamento idrico ed energetico.

Una criticità di rilievo è costituita dall'adeguamento igienico-sanitario dei fabbricati e dei locali di lavorazione del latte e conservazione dei prodotti, alle direttive del D.P.R. n. 54/97 e alle relative linee guida regionali di applicazione.

2. Normativa, programmazione di riferimento

Le attività regionali per il settore forestale e per l'agricoltura di montagna, sono sostanzialmente disciplinate dalle leggi regionali n. 8/76 (e successive modificazioni ed integrazioni) 11/98 e 7/2000 (artt. 20, 23 e 25). L'utilizzo dei boschi è invece regolamentato dalle prescrizioni di massima e di polizia forestale regionali (r.r. 1/93) e dalle prescrizioni contenute negli strumenti di pianificazione forestale (Piani di assestamento e piani generali di indirizzo forestale).

L'azione di prevenzione e difesa dagli incendi boschivi trova un preciso riferimento normativo nella L.R. 32/72 e nella legge nazionale n. 353/2000. Il riferimento programmatico è costituito dal Piano per la difesa dei boschi dagli incendi, di cui alla Delib.G.R. 23 febbraio 1999, n. 6/1151.

Nel Programma Regionale di Sviluppo della VII legislatura le attività del comparto agro-silvo-pastorale sono ricondotte all'obiettivo specifico 34.6 «protezione, sviluppo e gestione del territorio, del paesaggio rurale e delle superfici forestali» e trovano una puntuale esplicitazione nei 4 obiettivi gestionali: 3.4.6.1 «Iniziative di salvaguardia gestione e valorizzazione delle superfici e delle produzioni forestali»; 3.4.6.2 «Difesa del patrimonio boschivo dalle avversità biotiche, abiotiche e dagli incendi boschivi»; 3.4.6.3 «Sviluppo dell'agricoltura di montana e degli alpeggi e valorizzazione delle imprese agricole di montagna».

Altri riferimenti programmatici sono il Piano agricolo triennale 2000-2002, il Piano di sviluppo rurale 2000-2006, con le misure h (2.8) «Imboschimento delle superfici agricole», i (2.9) «Altre misure forestali», j (3.10) «Miglioramento fondiario», r (3.18) «Sviluppo e miglioramento delle infrastrutture rurali», e le Linee guida di politica forestale regionale, che integrano e completano il Piano Agricolo Triennale 2000-2002, in corso di approvazione.

3. Ipotesi di risorse prefigurabili

Per realizzare interventi strutturali nel comparto agro-silvo-pastorale nel prossimo triennio è possibile prefigurare l'impiego dei seguenti strumenti e fonti finanziarie:

- Piano di Sviluppo Rurale. Per la realizzazione di interventi strutturali nel comparto agro-silvo-pastorale nel prossimo triennio le risorse finanziarie disponibili ammontano a L. 106 miliardi circa per le misure h, i, j, r del PSR 2000-2003, alle quali si dovranno aggiungere quelle trasferite dallo Stato. Si aggiungono inoltre le altre misure che finanziano interventi nelle aziende agricole di montagna e concedono aiuti come le indennità compensative;

- L.R. n. 7/2000, art. 23, art. 25;

- trasferimenti statali;

- fondi comunitari: per realizzare specifici progetti di rilevanza;

- risorse di altre Direzioni Generali, per interventi quali: Piano delle manutenzioni diffuse in attuazione della legge Valtellina (legge n. 102/92);

- fondi della D.G. Presidenza per sviluppare ed implementare il sistema informativo degli alpeggi;

- progetti straordinari di investimento regionali;

- fondi di altri Enti e soggetti privati che compartecipano con la Regione nella realizzazione di alcune iniziative;

- altri fondi autonomi a disposizione della D.G. Agricoltura per interventi di livello regionale, pronto intervento, usi civici, ricerca, divulgazione, assistenza tecnica.

4. Le proposte normative

Occorre rivedere la legislazione vigente con normative integrate anche intersettoriali che considerino il bosco non solo per il suo aspetto arboreo ma come ecosistema inserito nel territorio, costituito da fattori biotici (vegetazione, fauna) e abiotici e comprendente le attività antropiche compatibili e sostenibili. Si tratta di pensare anche al nuovo ambiente e paesaggio futuro della Lombardia proponendo una nuova legge quadro del territorio agro-silvo-pastorale in armonia con la multifunzionalità, le convenzioni internazionali, il decentramento, la sussidiarietà e la semplificazione amministrativa, introducendo il principio di compensazione dei boschi comunque distrutti, prevedendo la individuazione di criteri e indicatori di gestione forestale sostenibile e definendo la ipotesi di un Corpo forestale regionale.

Occorre inoltre:

- definire circolari attuative degli artt. 24 e 25 della legge n. 7/2000;

- integrare le norme urbanistiche con linee di indirizzo per le aree boscate;

- attuare la legge n. 113/92, ora di competenza regionale, con la creazione di nuove foreste regionali attrezzate da dedicare ai nuovi nati di ogni anno;

- regolamentare nel territorio regionale la produzione e la commercializzazione del materiale di propagazione forestale, occorre recepire ed applicare le disposizioni di cui alla legge n. 269/73 e alle disposizioni comunitarie;

- definire linee di indirizzo per la gestione del demanio regionale forestale e per il patrimonio forestale degli Enti pubblici.

5. Gli interventi

Per perseguire gli obiettivi gestionali indicati dal Programma Regionale di Sviluppo, si prevede, in coerenza con gli obiettivi del PRS e le Linee guida di politica forestale regionale, di attuare nel triennio gli interventi di seguito indicati secondo i quattro concetti chiave:

a) occupazione e lavoro dalla foresta;

b) una foresta che produce beni e servizi;

c) conoscere i boschi lombardi: oggi un patrimonio, domani una eredità;

d) una montagna equilibrata e viva.

a) Occupazione e lavoro dalla foresta

Miglioramento e valorizzazione del patrimonio boschivo esistente e riqualificazione e valorizzazione delle superfici forestali artificiali attraverso la promozione e il sostegno degli interventi di gestione, rinnovazione e rinaturalizzazione delle formazioni artificiali, la gestione dei boschi di neo-formazione e dei soprassuoli con provvigioni ancora lontane dalla normalità e l'adeguamento delle infrastrutture forestali. In un momento di congiuntura negativa per il legname derivato dai nostri boschi, si devono incentivare i diradamenti, le utilizzazioni a macchiatico negativo indispensabili, i tagli da parte dei comuni non solo per trarne un reddito, quanto per il miglioramento del bosco stesso. Le aziende agricole e i residenti collegati anche parzialmente con la realtà forestale devono essere coinvolti attraverso programmi e azioni specifiche.

Ripotenziamento della filiera bosco legno attraverso:

- iniziative su piccola scala che consolidino i legami di filiera tra ditte boschive, segherie e altre attività di lavorazione industriale e artigianale del legno; nel sostegno di tali attività devono essere richieste adeguate garanzie in relazione alla provenienza locale del legname utilizzato;

- la qualificazione e aggiornamento professionale degli operatori forestali attraverso corsi di formazione e addestramento volti, in tempi non immediati, al rilascio di un patentino individuale di idoneità all'attività in foresta. In assenza di specifiche scuole professionali localizzate in territorio lombardo, andranno organizzati brevi corsi residenziali, monotematici, intensivi e pratici volti all'aggiornamento continuo e sistematico sulle attività di gestione forestale;

- la realizzazione di un nuovo albo delle ditte boschive, sulla base del quale attivare iniziative di sostegno all'innovazione del parco macchine, di formazione e di informazione;

- attuazione dell'osservatorio del comparto bosco legno previsto dalla L.R. n. 7/2000;

- la promozione di iniziative di valorizzazione degli impieghi del legno lombardo, come prodotto rinnovabile e proveniente da boschi correttamente gestiti, impiegabile sia in attività di trasformazione industriale che per la produzione di energia privilegiando gli impianti di produzione di calore di piccole-medie dimensioni. La presenza di vaste superfici boscate caratterizzate da cedui castanili e robinieti costituisce una risorsa da valorizzare, in particolare per la produzione di paleria per recinzioni ed interventi di ingegneria naturalistica;

- il monitoraggio e valorizzazione dei prodotti forestali non legnosi, anche tramite l'estensione della normativa locale sulla raccolta e la creazione di organismi associati di trasformazione e commercializzazione; le politiche di valorizzazione dei prodotti forestali non legnosi saranno prioritarie nella creazione di forme di integrazione tra agricoltura e selvicoltura (vd. sviluppo dell'agriturismo e delle attività venatorie);

- l'introduzione di strumenti innovativi di green marketing per la valorizzazione commerciale dei boschi lombardi; tra questi una speciale attenzione viene rivolta all'ecocertificazione e all'ecolabeling delle forme di gestione forestale e dei prodotti e servizi che da essa derivano.

Miglioramento della gestione delle proprietà forestali:

- la promozione dell'associazionismo dei proprietari, anche attraverso il sostegno della loro adesione diretta o indiretta ai consorzi forestali; attivazione di strumenti volti a favorire l'accorpamento gestionale delle proprietà, anche tramite la promozione di nuove modalità di gestione conto terzi del patrimonio forestale abbandonato, sia di proprietà pubblica che privata, quali la predisposizione di contratti di compartecipazione e concessione;

- il coinvolgimento dell'associazionismo no-profit nella attività di valorizzazione di aree forestali prevalentemente destinate a finalità d'interesse pubblico, anche tramite la definizione di convenzioni per l'affidamento in gestione di fondi forestali.

Razionalizzazione e sviluppo dell'arboricoltura specializzata e fuori foresta:

- il sostegno e la stabilizzazione dell'arboricoltura da legno, e in particolare della pioppicoltura, tramite interventi volti alla promozione dell'offerta di assortimenti di alto valore qualitativo e di rafforzamento del potere contrattuale dei produttori; valorizzazione della forestazione e della pioppicoltura lineare, anche come strumento di miglioramento delle condizioni paesaggistiche; ricerca del massimo consenso tra i diversi soggetti interessati alla gestione delle aree demaniali golenali ed esercizio del diritto di prelazione alla scadenza dei contratti di affitto solo in presenza di effettivi interventi di valorizzazione forestale delle aree ex-pioppicole; promozione di impianti a ciclo breve per la produzione di biomasse sia per uso energetico che dell'industria del legno;

- adozione di adeguati strumenti di controllo dell'origine e della qualità del materiale vivaistico impiegato negli interventi forestali.

b) Una foresta che produce beni e servizi

Riorganizzazione della pianificazione forestale volta alla ridefinizione dei diversi livelli territoriali e istituzionali di pianificazione, alla ridefinizione dei contenuti della pianificazione che considerino i servizi offerti e le produzioni non legnose, all'estensione delle aree assestate. Definizione di nuovi indirizzi per la redazione dei piani di assestamento, di indirizzo forestali e di una pianificazione a livello aziendale. Completamento del catasto informatizzato dei piani di assestamento con il supporto della Azienda Regionale delle Foreste.

Realizzazione di uno specifico programma di interventi di adeguamento strutturale e infrastrutturale per la valorizzazione ed incremento delle produzioni legnose con finanziamenti e programmi specifici, definizione di linee tecniche di indirizzo e valutazione del rapporto costo/beneficio.

Realizzazione di progetti pilota per la promozione e gestione della fruizione a fini turistici e ricreativi, paesaggistici dei boschi su superfici sufficientemente ampie e significative e con la compartecipazione delle varie componenti pubbliche e private interessate anche in attuazione dell'art. 25 della L.R. n. 7/2000.

Attuazione delle convenzioni internazionali sul clima, biodiversità e desertificazione attraverso la promozione delle biomasse forestali quale fonte di energia rinnovabile e gli interventi citati di ampliamento delle superfici forestali e fuori foresta.

c) Conoscere i boschi lombardi: oggi un patrimonio domani un'eredità

Realizzazione del progetto «dieci foreste di pianura» nelle aree di pianura e del fondovalle a minor densità boscata, rinnovando il paesaggio, incrementando la biodiversità, coinvolgendo le aziende agricole, le associazioni e gli interessi e le attività compatibili prime tra le quali la fruizione e la didattica. Ogni anno una nuova foresta potrà essere dedicata ai nuovi nati di tutta la regione o ad un evento particolare.

Incremento dei boschi e delle fasce verdi multifunzionali in pianura e nei fondovalle. Creazione di fasce tampone, green ways, buffer strips e in genere realizzazione di impianti lineari di specie arboree e arbustive a finalità multipla (miglioramento del paesaggio, corridoi ecologici, ricostruzione di habitat locali, produzione di biomassa, assorbimento di nitrati e altri inquinanti, creazione di schermi visivi e fonoassorbenti, ecc.).

Monitoraggio del territorio e del paesaggio forestale:

- completamento, verifica e diffusione delle tipologie forestali con l'Azienda Regionale delle Foreste;

- rinnovo della statistica forestale con la attuazione di un progetto pilota in accordo con la Presidenza e l'Istat;

- redazione della carta degli ecosistemi e del paesaggio forestale in una ottica di multifunzionalità e di integrazione intersettoriale;

- avvio dell'inventario forestale regionale almeno per la pioppicoltura e le coltivazioni legnose specializzate;

- monitoraggio delle funzioni non produttive dei boschi con il supporto dell'ARPA;

- collaborazione nella realizzazione del polo territoriale della D.G. Agricoltura con l'apporto informativo di specifici sistemi informativi, quali quelli sugli alpeggi, i piani di assestamento, gli incendi boschivi e la carta forestale.

Difesa del patrimonio boschivo dalle avversità biotiche, abiotiche e dagli incendi boschivi:

- completamento della dorsale radio e del sistema di avvistamento anche con l'uso di nuove tecniche;

- riduzione dei tempi di avvistamento ed intervento sugli incendi;

- miglioramento delle condizioni di sicurezza di intervento;

- sperimentazione dell'impiego del pascolo per la diminuzione della biomassa combustibile;

- in collaborazione con altre Direzioni Generali, andranno messe a punto azioni di livello regionale per la prevenzione e la difesa dei boschi da fattori abiotici (valanghe, vento, ecc.);

- monitoraggio sperimentale di un bacino idrografico anche in relazione agli impatti delle infrastrutture.

Informazione e ricerca

Per una valorizzazione dell'intero comparto agro-forestale, occorre attivare adeguate strategie e strumenti di comunicazione, nell'ottica di una sempre maggior trasparenza dell'azione delle autorità di controllo e incentivazione; attenzione particolare andrà data alla domanda di informazione sugli indirizzi ed effetti della gestione delle risorse forestali espressa dai soggetti che non appartengono tradizionalmente al mondo forestale, anche per migliorare l'immagine delle attività forestali, degli operatori economici del settore e dei prodotti legnosi regionali.

La divulgazione è inoltre lo strumento di diffusione delle nuove conoscenze ed informazioni acquisite attraverso le ricerche e le attività sperimentali elencate nel documento e di altre ancora da sviluppare anche in accordo e coordinamento con gli Enti delegati.

Si prevedono le seguenti iniziative:

- pubblicazioni relative alla situazione forestale lombarda sia a livello tecnico che divulgativo, alle risultanze delle ricerche promosse, alle direttive tecniche;

- promozione con enti, istituzioni e privati interessati di due convegni di livello internazionale, di convegni e incontri specifici sulla realtà lombarda e innovativi, mantenendo un buon livello di attenzione e divulgazione nel settore;

- preparazione e diffusione di materiale divulgativo e didattico;

- corsi di aggiornamento periodici per i tecnici privati e pubblici del settore, organizzazione di visite tecniche in ambito nazionale ed internazionale;

- informazione in rete della attività svolta.

d) Una montagna equilibrata e viva

Iniziative per lo sviluppo dell'agricoltura di montagna e degli alpeggi e valorizzazione delle imprese agricole di montagna.

Si intende proseguire nell'azione di sostegno e potenziamento dell'agricoltura di montagna tenuto conto del ruolo determinante che questa attività svolge sotto l'aspetto ambientale e sociale che, in talune situazioni, supera ampiamente quello economico-produttivo dal quale comunque non si può prescindere.

In relazione a questa multifunzionalità dell'agricoltura di montagna e alla sua integrazione con il più generale sistema territoriale, sociale ed economico, diventa fondamentale e strategico, nell'interesse non solo della montagna ma dell'intera collettività, sostenere e valorizzare il tessuto di aziende agricole che opera in questo contesto territoriale.

Pertanto gli interventi attuabili in relazione ai riferimenti programmatici di cui sopra, possono essere così schematizzati:

a) aiuti agli investimenti nelle aziende agricole e nelle malghe;

b) adeguamento e sviluppo delle infrastrutture rurali a servizio delle attività agro-silvo-pastorali;

c) promozione e valorizzazione delle produzioni agro-alimentari tipiche;

d) riqualificazione e modernizzazione dei processi di trasformazione, conservazione e commercializzazione delle produzioni agro-zootecniche, con particolare riferimento al settore lattiero-caseario;

e) contratti di protezione territoriale e ambientale per remunerare i servizi di interesse collettivo prestati dagli operatori agricoli di montagna;

f) aiuti per lo sviluppo delle attività agrituristiche o comunque legate alla fruizione degli ambienti naturali;

g) studio sullo stato dell'agricoltura di montagna, a seguito delle risultanze del V Censimento Generale dell'Agricoltura e dopo 10 anni di specifiche politiche regionali.

Con il completamento delle attività del progetto 9.1.8 previsto dal Piano Regionale di Sviluppo della scorsa legislatura, si potrà disporre di due importanti strumenti, quali il Sistema Informativo e il Piano Regionale degli Alpeggi, che consentiranno di meglio qualificare e finalizzare gli interventi pubblici a sostegno dell'alpicoltura.

Sono previste inoltre alcune attività preparatorie per l'anno della montagna.