§ 2.3.22 - L.R. 27 giugno 2008, n. 11.
Norme di riordino territoriale degli Enti Locali e delle funzioni intermedie anche in applicazione della L. 24 dicembre 2007, n. 244 (Finanziaria 2008).


Settore:Codici regionali
Regione:Basilicata
Materia:2. amministrazione regionale
Capitolo:2.3 enti locali, circoscrizioni e polizia locale
Data:27/06/2008
Numero:11


Sommario
Art. 1.  Finalità della legge
Art. 2.  Sistema delle autonomie istituzionali
Art. 3.  Principio di collaborazione
Art. 4.  Compiti dei Comuni
Art. 5.  Compiti delle Comunità Locali e gestioni associate
Art. 6.  Compiti delle Province
Art. 7.  Compiti della Regione
Art. 8.  Conferenza Regione – Autonomie Locali
Art. 9.  Procedure di raccordo della programmazione
Art. 10.  Disciplina della delega di funzioni
Art. 11.  Decentramento amministrativo di funzioni regionali
Art. 12.  Intervento sostitutivo e revoca delle funzioni delegate
Art. 13.  Servizi di assistenza agli Enti Locali
Art. 14.  Controlli sulle funzioni delegate
Art. 15.  Comunità Locali
Art. 16.  Costituzione delle Comunità Locali
Art. 17.  Definizioni dei territori montani e delle zone omogenee
Art. 18.  Variazione ed estinzione delle Comunità Locali
Art. 19.  Primo Statuto delle Comunità locali
Art. 20.  Contenuto e forma dello Statuto
Art. 21.  Modifiche dello Statuto
Art. 22.  Permessi ed indennità
Art. 23.  Forme particolari di partecipazione e trasparenza
Art. 24.  Principi di organizzazione e funzionamento
Art. 25.  Ufficio d’area
Art. 26.  Il Dirigente dell’ufficio d’area
Art. 27.  Segretario
Art. 28.  Governo del territorio
Art. 29.  Pianificazione territoriale ed urbanistica
Art. 30.  Azioni di difesa del territorio e tutela ambientale
Art. 31.  Interventi di conservazione e valorizzazione del patrimonio forestale
Art. 32.  Compiti in tema di aree protette e tutela del paesaggio
Art. 33.  Governo dello sviluppo economico
Art. 34.  Sviluppo rurale
Art. 35.  Attività produttive
Art. 36.  Attività commerciali
Art. 37.  Attività turistiche
Art. 38.  Valorizzazione dei beni culturali e naturali
Art. 39.  Promozione della cittadinanza attiva
Art. 40.  Servizi socio-sanitari e socio-assistenziali
Art. 41.  Trasporti
Art. 42.  Istruzione
Art. 43.  Modifica delle norme in materia di edilizia residenziale pubblica
Art. 44.  Compiti e funzioni in materia di rifiuti
Art. 45.  Politiche per la montagna
Art. 46.  Ordinamento finanziario delle Comunità Locali
Art. 47.  Fondo regionale per le gestioni associate
Art. 48.  Fondo regionale per le funzioni delegate od attribuite
Art. 49.  Fondo regionale per la sostenibilità e lo sviluppo
Art. 50.  Fondo Regionale per la Montagna
Art. 51.  Entrate proprie
Art. 52.  Strumenti regionali per l’equilibrio della finanza locale
Art. 53.  Sistema finanziario e contabile delle Comunità Locali
Art. 54.  Strumenti della programmazione
Art. 55.  Carta della destinazione d’uso del territorio
Art. 56.  Approvazione dei Piani e dei Programmi
Art. 57.  Gestione degli strumenti di programmazione e bilancio
Art. 58.  Bilancio e rendicontazione partecipativa
Art. 59.  Parere di regolarità amministrativa e contabile
Art. 60.  Revisione economico-finanziaria
Art. 61.  Il sistema dei controlli interni
Art. 62.  Rilevazione e dimostrazione dei risultati di gestione
Art. 63.  Vigilanza regionale
Art. 64.  Valorizzazione e gestione del patrimonio
Art. 65.  Processo costitutivo delle Comunità Locali
Art. 66.  Disposizione in materia di personale
Art. 67.  Estinzione delle Comunità montane e norme di rinvio
Art. 68.  Norma finanziaria
Art. 69.  Norma transitoria
Art. 70.  Effetti dell’estinzione delle Comunità Montane
Art. 71.  Riduzione dei costi
Art. 72.  Pubblicazione ed entrata in vigore della legge


§ 2.3.22 - L.R. 27 giugno 2008, n. 11. [1]

Norme di riordino territoriale degli Enti Locali e delle funzioni intermedie anche in applicazione della L. 24 dicembre 2007, n. 244 (Finanziaria 2008).

(B.U. 28 giugno 2008, n. 26)

 

Titolo I

Disposizioni generali – Principi e strumenti di coordinamento del

sistema regionale delle autonomie locali.

 

Capo I

Sistema delle autonomie e principi di coordinamento delle funzioni

 

Art. 1. Finalità della legge

1. La presente legge disciplina l’ordinamento del governo di area vasta di dimensione sovra comunale per la regione Basilicata e provvede al conseguente riordino normativo dei compiti e delle funzioni pubbliche in ambito infra provinciale del sistema delle autonomie istituzionali.

2. Nel rispetto dei principi di sussidiarietà differenziazione ed adeguatezza di cui all’art. 118 della Costituzione, nonché del metodo della leale cooperazione fra i diversi livelli di governo, ai fini di cui al comma 1 la presente legge:

a) promuove il riconoscimento di particolari forme di Unioni di Comuni, ai sensi del D.Lgs. n. 267/2000, definite Comunità Locali quali Enti Locali di livello intermedio ed ambito ottimale per l’esercizio associato su scala sovra comunale di compiti, funzioni e servizi, inerenti la proposta e l’attuazione delle politiche pubbliche regionali a scala locale;

b) disciplina, altresì, le modalità dell’intervento regionale per lo sviluppo locale tenendo conto degli orientamenti e degli indirizzi della programmazione comunitaria nazionale e regionale, in modo da assicurare il coordinamento tra le politiche regionali ed i livelli di intervento provinciale e locale nel rispetto delle prerogative di pianificazione e programmazione nelle materie di rispettiva competenza;

c) regolamenta, inoltre, la partecipazione delle Comunità Locali al processo di governo del territorio e pianificazione urbanistica, di uso e destinazione dei suoli, di tutela dell’ambiente e salvaguardia delle risorse naturali, raccordando fra di loro le dimensioni regionale provinciale e locale in materia di assetto territoriale e politiche per l’ambiente;

d) provvede al riordino dei compiti, delle funzioni e dei servizi nei territori definiti montani o semimontani ai sensi della legislazione vigente.

 

3. Le norme di cui alla presente legge sono dirette a promuovere l’esercizio e lo sviluppo coordinato delle funzioni e delle relazioni tra le istituzioni democratiche territoriali della Basilicata in aderenza ai princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza definiti dall’art.118 della Costituzione e dei principi di autonomia, di cooperazione e di programmazione, anche ispirandosi alla Carta Europea delle autonomie locali, ratificata con la legge 30 dicembre 1989 n. 439.

 

4. A tal fine, sono stabilite norme generali di funzionamento del sistema regionale delle autonomie e sono promosse ed attuate azioni a supporto delle autonomie locali per una efficiente gestione delle funzioni amministrative proprie e decentrate, fermo restando quanto previsto dalla LR 8 marzo 1999 n.

7.

 

5. L’articolazione delle competenze prevista dalla presente legge risponde ad un modello organizzativo funzionale ad un rapporto di partecipazione attiva dei cittadini ed all’obiettivo di elevare l’efficienza operativa delle strutture amministrative pubbliche, ed è ispirata al principio di sussidiarietà, individuando nelle materie trattate il livello di governo più prossimo ai destinatari finali e le forme di organizzazione più adeguate a svolgere i compiti pubblici e di interesse generale.

 

     Art. 2. Sistema delle autonomie istituzionali

1. I cittadini del territorio della Basilicata partecipano alla vita della Repubblica, contribuiscono a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese, adempiono ai doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, e contribuiscono allo sviluppo del proprio territorio e di quello del Paese personalmente e a mezzo delle formazioni sociali da essi stessi organizzate, delle imprese, specie se con scopi sociali, dei Comuni, delle Comunità Locali, delle Province e della Regione.

 

2. Con le forme di partecipazione all’attività dei Comuni, delle Comunità Locali, delle Province e della Regione, i cittadini, singoli e associati, che ne compongono le comunità in Basilicata definiscono l’indirizzo politico nei rispettivi territori. Gli organi elettivi degli enti territoriali della Basilicata ispirano le proprie decisioni alla realizzazione dei valori costituzionali ed allo sviluppo del territorio locale, con lealtà democratica, collaborazione istituzionale, trasparenza, e favoriscono le iniziative dei singoli, delle formazioni sociali e delle imprese dei rispettivi territori.

 

     Art. 3. Principio di collaborazione

1. La Regione e gli Enti locali sono tenuti a fornirsi reciprocamente informazioni, dati statistici ed ogni altro elemento utile allo svolgimento dei rispettivi compiti: a tal fine essi aderiscono ad un sistema informativo integrato, dando vita ed alimentando una rete telematica multimediale diffusa su tutto il territorio e strutturata secondo i criteri di interconnessione e di accessibilità stabiliti dall’Autorità per l’informatica nella Pubblica amministrazione.

 

2. La Regione assicura le più idonee forme di assistenza tecnica ed amministrativa agli Enti delegati, tramite le strutture proprie e quelle degli enti strumentali operanti sul territorio.

 

3. In relazione all’evoluzione dei contesti normativi e alle esigenze di innovazione organizzativa delle amministrazioni del sistema regionale delle autonomie, la Regione e gli Enti locali programmano e realizzano attività permanenti di formazione, di aggiornamento e di riconversione professionale del proprio personale, anche con la collaborazione delle associazioni rappresentative dei dipendenti degli Enti locali, dando vita ad un polo formativo unitario sulla base degli indirizzi della Conferenza Regione-Autonomie Locali.

 

4. Il sistema regionale delle Autonomie locali promuove la partecipazione delle istituzioni e dei soggetti del territorio ai processi di integrazione europea ed alla socializzazione dei programmi comunitari nelle realtà locali.

 

     Art. 4. Compiti dei Comuni

1. I Comuni esercitano la generalità dei compiti e delle funzioni amministrative che non siano conferite, attribuite o delegate alle Comunità Locali, alle Province o alla Regione per assicurare l’esercizio unitario delle stesse e nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza ai sensi dell’art. 118 della Costituzione.

 

2. Specifiche funzioni di servizio al territorio possono essere attribuite ai Comuni capoluoghi di provincia in ragione della loro dimensione demografica ed organizzativa.

 

     Art. 5. Compiti delle Comunità Locali e gestioni associate

1. In coerenza con gli indirizzi della pianificazione e programmazione regionale e provinciale, le Comunità Locali esercitano le funzioni ed i servizi di area vasta previsti dal Titolo III della presente legge in materia di governo del territorio e di programmazione economica e sociale dello sviluppo locale, nonché quelle di tutela e valorizzazione dei territori montani, di cui alla legge 31 gennaio 1994, n. 97, nel quadro delle azioni di riequilibrio economico e sociale.

 

2. Le Comunità Locali, inoltre, espletano l’esercizio associato di funzioni e servizi comunali ad esse delegati nei modi e nelle forme previste dal D.Lgs. n. 267/2000 per le Unioni di Comuni.

 

3. Con legge regionale è previsto l’obbligo di esercizio associato di funzioni regionali delegate, quando la popolazione ed il territorio non raggiungano il livello necessario per l’attuazione ottimale dei corrispondenti servizi.

 

4. Le leggi regionali possono stabilire, altresì, l’obbligo di esercizio associato di funzioni regionali delegate quando i comuni non abbiano la disponibilità di strutture e mezzi necessari e sufficienti, da individuarsi nelle medesime leggi di settore, atti ad assicurare un efficace svolgimento delle funzioni delegate.

 

5. La Regione sostiene l’esercizio associato di funzioni e servizi, attraverso gli appositi strumenti di intervento, mediante idonei stanziamenti di risorse finanziarie da individuarsi nella legge annuale di approvazione del bilancio regionale.

 

     Art. 6. Compiti delle Province

1. Le Province esercitano funzioni amministrative e di programmazione di interesse provinciale nelle materie di propria competenza o ad esse delegate.

2. Esercitano, altresì funzioni amministrative di gestione nelle materie definite dal D.Lgs. n. 267/2000 con riferimento ad interessi a dimensioni provinciale o di area superiore al territorio delle Comunità Locali non attribuite a queste.

3. Le Province, in relazione all’esercizio di particolari funzioni e all’organizzazione di determinati servizi, individuano le Comunità Locali destinatarie di compiti provinciali di dimensioni territoriali di area vasta e promuovono le più opportune forme di cooperazione con i comuni interessati.

 

     Art. 7. Compiti della Regione

1. La Regione esercita funzioni di governo e programmazione, di indirizzo e controllo, di raccordo e coordinamento, nell’espletamento delle funzioni e dei compiti propri.

 

2. La Regione esercita altresì in maniera precipua le funzioni amministrative corrispondenti ad esigenze ed interessi di carattere unitario regionale ed assicura il sostegno, l’indirizzo e il coordinamento delle attività svolte in attuazione della presente legge.

 

Capo II

Strumenti per il coordinamento istituzionale e la leale collaborazione

 

     Art. 8. Conferenza Regione – Autonomie Locali

1. Al fine di consolidare le relazioni istituzionali tra la Regione Basilicata, le Province, i Comuni e le loro Unioni, le loro organizzazioni associative, è istituita la Conferenza Regione – Autonomie Locali, organismo rappresentativo del sistema regionale delle autonomie locali.

 

2. La Conferenza Regione-Autonomie Locali opera in raccordo con il Consiglio delle Autonomie di cui all’art. 123 della Costituzione, allorché costituito.

 

3. La Conferenza è così composta:

a) il Presidente della Giunta Regionale o da un Assessore da lui delegato che presiede;

b) il Presidente regionale dell'ANCI o suo delegato;

c) il Presidente dell’UPI o da suo delegato;

d) il Presidente dell’UNCEM o da suo delegato;

e) i Presidenti delle Province;

f) i Sindaci dei due Comuni capoluogo;

g) i presidenti delle Comunità Locali.

 

4. Ai lavori della Conferenza possono essere invitati i Prefetti o loro delegati e possono partecipare, in relazione alla trattazione di specifiche materie, assessori regionali, dirigenti e esperti, rappresentanti degli interessi economici e sociali espressamente convocati.

 

5. La Conferenza esprime indicazioni e pareri circa i progetti di riordino delle funzioni degli enti locali ed effettua verifiche e ricognizioni sul processo di attuazione della presente Legge.

 

6. La Conferenza è convocata dal Presidente della Giunta Regionale almeno ogni quattro mesi e, comunque, ogni qualvolta il Presidente lo ritenga opportuno, tenuto conto anche delle richieste degli altri componenti dell'organismo.

 

7. La Conferenza ha sede presso gli uffici della Giunta Regionale ed è assistita da una Segreteria tecnica interistituzionale, composta da dirigenti pubblici e da esperti, nominata con decreto del Presidente della Giunta Regionale.

8. L’Ufficio Enti Locali della Regione fornisce alla Conferenza ed alla Segreteria tecnica i supporti documentari ed organizzativi necessari allo svolgimento delle loro funzioni. Il Dirigente dell’Ufficio competente in materia di Enti Locali funge da coordinatore della segreteria tecnica.

9. La Conferenza si avvale dell’Osservatorio sulla pubblica amministrazione locale, di cui all’art. 5 della L.R. 26 gennaio 1998 n. 6, per le attività di studio, analisi, monitoraggio e valutazione occorrenti.

10. La composizione, le modalità operative ed i mezzi necessari al funzionamento della Conferenza e della Segreteria Tecnica nonché ogni altra misura attuativa sono determinate con delibera della Giunta Regionale.

 

     Art. 9. Procedure di raccordo della programmazione

1. La programmazione economica e finanziaria regionale promuove e valorizza l’esercizio dei compiti e delle funzioni su scala locale e la territorializzazione delle politiche regionali, mediante il coordinamento degli obiettivi, l’integrazione delle risorse e l’armonizzazione delle idee-

forza della programmazione delle Comunità Locali con le politiche regionali e degli Enti Locali.

 

2. Nella definizione dei documenti programmatori generali di cui alla LR 24 giugno 1997 n. 30, delle proposte di legge finanziaria e di bilancio, dei piani e dei programmi di settore di competenza regionale, la Giunta regionale acquisisce le proposte della Conferenza Regione-Autonomie Locali e comunque ne richiede un parere preventivo.

 

3. La programmazione economica e finanziaria regionale è articolata in modo tale che i documenti contabili e gli strumenti programmatici regionali evidenzino la proiezione territoriale della spesa e dell’allocazione delle risorse e, per le parti relative all’esercizio dei compiti e delle funzioni infra regionali, indichino le dimensioni finanziarie dei trasferimenti, ovvero la costituzione di fondi unici strutturati per materia, mentre i relativi obbiettivi sono definiti dai conseguenti atti programmatori degli enti locali, o delle loro strutture associative.

 

4. Nella L.R. 24 giugno 1997, n. 30, la lett. c.) del co. 2 dell’art. 8 è modificata come segue:

“c) i programmi integrati d’area promossi dalle Comunità Locali, comprendenti investimenti produttivi, infrastrutture e servizi e finalizzati a realizzare ben definite condizioni di sviluppo locale sostenibile, attraverso l’attivazione di risorse proprie degli enti promotori e di provenienza regionale, nazionale e comunitaria.”

 

     Art. 10. Disciplina della delega di funzioni

1. La delega di funzioni regionali alle Comunità locali è disposta per materie e settori omogenei di materia.

 

2. Le leggi regionali di delega di funzioni individuano gli obiettivi da perseguire, i vincoli programmatici relativi, le modalità dell’esercizio e gli eventuali modelli dell’azione amministrativa, nonché i mezzi finanziari necessari all’esercizio della delega.

 

3. Per l’esercizio di funzioni ad esse delegate le Comunità locali possono avvalersi di personale proveniente da altri Enti, ivi compreso l’Ente regionale.

 

4. Con decreto del Presidente della Giunta regionale, su conforme deliberazione della Giunta stessa, possono essere messi a disposizione degli Enti delegati beni regionali necessari per l’esercizio delle funzioni delegate.

 

5. Gli atti posti in essere nell’esercizio di funzioni delegate hanno carattere definitivo e sono imputati agli enti delegati, che, pertanto, ne rispondono direttamente di fronte a terzi.

 

6. Gli atti emanati dagli enti nell’esercizio di funzioni delegate debbono contenere espressa menzione della delega da cui derivano.

 

     Art. 11. Decentramento amministrativo di funzioni regionali

1. L’esercizio di funzioni amministrative riservate alla competenza regionale, può essere decentrato in via amministrativa ad Enti locali, nei casi particolari in cui se ne ravvisi la concreta opportunità.

 

2. Il decentramento è disposto con deliberazione del Consiglio regionale d’intesa con le Comunità locali interessate.

 

3. Gli atti che dispongono il decentramento delle funzioni ai sensi del presente articolo, stabiliscono i limiti, anche temporali, e le altre condizioni alle quali è di norma subordinato l’esercizio delle funzioni decentrate.

 

     Art. 12. Intervento sostitutivo e revoca delle funzioni delegate

1. Qualora l’Ente delegato non provveda o ritardi a provvedere in ordine a specifici atti obbligatori concernenti funzioni delegate ovvero non si attenga agli indirizzi e alle direttive emanate, la Giunta regionale, avutane notizia, si sostituisce, previa diffida da parte del Presidente della Giunta regionale, ad adempiere entro un tempo determinato.

 

2. La revoca di funzioni delegate nei confronti del singolo Ente delegato è ammessa, per legge, nei soli casi di gravi e persistenti violazioni della legge e delle direttive regionali.

 

3. La legge di revoca disciplina le modalità con le quali la Regione intende esercitare le funzioni revocate.

 

     Art. 13. Servizi di assistenza agli Enti Locali

1. La Regione Basilicata, nel rispetto dell’articolo 129 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e fino alla entrata in vigore dello Statuto regionale, di cui alla L.Cost. 22 novembre 1999, n. 1, concorre all’apprestamento di servizi di assistenza e consulenza mediante strutture proprie o partecipate esclusivamente da altri enti pubblici locali che concorrono ai costi, a cui gli Enti locali possono rivolgersi per ottenere elementi di studio, conoscenza, elaborazione, valutazione in ordine all’adozione di atti e provvedimenti e per informazioni in merito agli strumenti di rendicontabilità sociale, contabilità economica e per l’attuazione efficace dei sistemi di controllo di gestione e strategico.

 

     Art. 14. Controlli sulle funzioni delegate

1. Con la legge regionale di delega delle funzioni saranno disciplinate le modalità di controllo regionale sull’esercizio delle funzioni delegate.

2. Gli Enti delegati sono tenuti a presentare ogni anno una relazione economica-finanziaria ed un’apposita rendicontazione relativa all’esercizio delle funzioni delegate, nei modi e nei termini stabiliti dalla Giunta regionale.

 

Titolo II

Comunità Locali e riordino dei territori montani

 

Capo I

Comunità locali: natura, costituzione, variazioni

 

     Art. 15. Comunità Locali

1. Le Comunità Locali sono quegli enti locali in forma di Unione di Comuni, dotati di proprio statuto, di proprio indirizzo politico-amministrativo, di autonomia amministrativa ed organizzativa, e costituiti allo scopo di promuovere l’esercizio unitario su area vasta dei compiti di tutti o parte dei comuni uniti, compresa la valorizzazione delle zone montane, e che perseguono ogni altra finalità ad essi attribuita dalle leggi dello Stato e della Regione.

 

2. Gli statuti delle Unioni di Comuni che intendono rivestire la qualifica di Comunità Locale di cui alla presente legge, devono assicurare che esse esercitano o concorrono ad esercitare in forma unitaria sul proprio territorio, nel rispetto di piani e programmi regionali e provinciali, e in forme coordinate con gli altri enti locali, i compiti relativi alle materie indicate nel Titolo III della presente legge, ed in particolare quelli relativi alle seguenti materie:

a) pianificazione territoriale sovracomunale, difesa del suolo e tutela dell’ambiente;

b) sviluppo economico e programmazione delle attività produttive,

c) programmazione organizzazione e gestione associata dei servizi.

 

3. Nei propri territori classificati come montani o parzialmente tali, le Comunità Locali esercitano le funzioni ed i compiti di Comunità Montana, ai sensi del D.Lgs. n. 267/2000, e programmano gli interventi ed utilizzano le risorse specificamente destinate a tali aree, attribuite per legge, curando gli interventi speciali per la montagna stabiliti dall’Unione Europea e dalle leggi statali e regionali, e sono destinatarie di contributi, stanziamenti, fondi e finanziamenti comunque denominati e da chiunque elargiti, in favore delle Comunità Montane e dei territori montani.

 

4. Salva diversa disposizione di legge regionale, il territorio delle Comunità Locali della Basilicata è individuato quale ambito ottimale di massima per la gestione associata sovra comunale di compiti, funzioni e servizi, locali, provinciali e regionali, anche nei territori formati da comuni montani o parzialmente tali.

 

5. Spetta altresì alle Comunità Locali l’esercizio di ogni altra funzione ad esse delegata dai Comuni, dalla Provincia o dalla Regione.

 

6. Alle Comunità Locali competono gli introiti derivanti dai tributi, dalle tariffe e dai contributi sui servizi ad esse affidati, secondo quanto disposto dal Titolo III della presente legge.

 

7. Previo accordo con le competenti autorità statali, le Comunità Locali possono avvalersi del Corpo forestale dello Stato per le attività di vigilanza e controllo e per gli interventi disciplinati dalla presente legge.

 

     Art. 16. Costituzione delle Comunità Locali

1. La costituzione delle Comunità Locali, in coerenza con la disciplina riguardante gli enti locali di competenza statale, avviene nel rispetto dei principi di promozione e valorizzazione dell’autonomia locale, della sussidiarietà, della cooperazione e dell’autogoverno, ed in modo da assicurare la differenziazione e l’adeguatezza dei compiti amministrativi e la sostenibilità finanziaria degli stessi. Le attività che vi sono preordinate sono perciò orientate ad una intensa collaborazione istituzionale fra gli enti locali e la Regione.

 

2. Le Unioni di Comuni sono riconosciute come Comunità Locali con decreto del Presidente della Giunta Regionale, su conforme delibera della Giunta Regionale, previo parere della competente commissione consiliare, che si intende reso favorevolmente ove non intervenga entro trenta giorni dalla ricezione della delibera, in numero complessivamente non superiore a sette, sulla base della proposta avanzata, entro dodici mesi dall’entrata in vigore della presente legge:

a) dai Soggetti Responsabili dei Progetti Integrati Territoriali (PIT) del POR Basilicata 2000-2006, sostenuta almeno dalla maggioranza dei Comuni che hanno aderito al rispettivo PIT, con delibera dei rispettivi consigli adottata con le procedure e la maggioranza richieste per le modifiche statutarie;

b) da Comunità Montane esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge sostenuta da Comuni, anche contigui al territorio della Comunità montana proponente, con popolazione residente complessiva non inferiore a 50.000 unità, con delibera dei rispettivi consigli adottata con le procedure e la maggioranza richieste per le modifiche statutarie;

c) da Comuni non ricompresi nei territori di cui alle lett. a) e b), con popolazione residente complessiva non inferiore a 50.000 unità, con delibera dei rispettivi consigli adottata con le procedure e la maggioranza richieste per le modifiche statutarie.

 

3. Per favorire il riequilibrio territoriale, non possono far parte delle Comunità Locali i comuni con popolazione complessiva superiore a 40.000 abitanti.

 

4. Per favorire la costituzione di Unioni in grado di svolgere i compiti di delle Comunità locali, la Giunta regionale provvede alla predisposizione di formulari e atti tipo, e provvede a sentire i rappresentanti degli enti esponenziali dei territori interessati dal riordino istituzionale, e dispone tutte le audizioni utili ad un pieno confronto con le rappresentanze socio-

economiche dei territori medesimi.

 

     Art. 17. Definizioni dei territori montani e delle zone omogenee

1. I territori montani e semi montani della Regione sono quelli classificati tali ai sensi della legislazione vigente.

 

2. La mancata ricomprensione di comuni montani e semi montani in Comunità Locali non priva i rispettivi territori dei benefici e degli interventi speciali per la montagna stabiliti dall’Unione Europea o dalle leggi statali e regionali.

 

3. Con apposito provvedimento la Giunta Regionale, sentiti gli enti locali interessati e la delegazione dell’U.N.C.E.M., può individuare nell’ambito territoriale di ciascuna Comunità Locale fasce altimetriche secondo i parametri oggettivi, al fine di garantire la differenziazione e la graduazione degli interventi, di competenza della Regione e delle Comunità Locali.

 

     Art. 18. Variazione ed estinzione delle Comunità Locali

1. Alla variazione ed alla estinzione delle Comunità Locali si provvede, quando se ne verifichino le condizioni o vengano meno gli scopi istitutivi, su proposta di 2/3 dei comuni che la costituiscono e previo parere dell’organo assembleare della Comunità Locale interessata che si esprime entro sessanta giorni dalla richiesta, trascorsi i quali si intende reso favorevolmente.

 

2. I rapporti giuridici ed economici conseguenti alla variazione o estinzione delle Comunità Locali sono regolati con decreto del Presidente della Giunta regionale che può prevedere anche la nomina di un commissario ad acta.

 

Capo II

Statuto della Comunità Locale e principi di ordinamento

 

     Art. 19. Primo Statuto delle Comunità locali

1. In armonia con la legislazione vigente e con le disposizioni del Titolo III della presente legge, le delibere di cui al comma 2 del precedente art. 16.

- comprendono l’approvazione dell’atto costitutivo e del primo Statuto dell’Unione di Comuni che intende proporsi come Comunità Locale;

- individuano, a pena di inammissibilità della proposta istitutiva, le funzioni ed i compiti comunali svolti in forma associata dalla Comunità Locale;

- le modalità di conferimento delle corrispondenti risorse, con in particolare riferimento ai compiti di cui all’art. 15, commi 2 e 3, contemplandoli nello Statuto.

 

2. Lo Statuto è dapprima adottato da ciascun ente interessato, ed affisso all’albo pretorio di ciascun ente che partecipa alla promozione della Comunità locale per trenta giorni consecutivi, durante i quali chiunque può presentare osservazioni e proposte, che sono valutate dai competenti consigli comunali in sede di approvazione definitiva. Lo statuto entra in vigore decorsi trenta giorni dalla pubblicazione nel bollettino ufficiale della Regione Basilicata, ed è inviato al Ministero dell’Interno per essere inserito nella raccolta ufficiale degli Statuti.

 

3. La Regione istituisce e cura la tenuta della raccolta regionale degli Statuti degli Enti locali, delle Unioni e delle altre forme associative tra di essi, rendendola pubblica e disponibile anche mediante sistemi telematici.

 

     Art. 20. Contenuto e forma dello Statuto

1. Lo Statuto delle Comunità Locali, in armonia con la vigente normativa statale e regionale, ha i contenuti di cui all’art. 9 del d. lgs. n. 267/2000, e disciplina, a pena di inammissibilità:

a) gli organi di governo e le rispettive competenze;

b) le norme fondamentali per la organizzazione degli uffici e servizi della Comunità Locale e per il sistema dei controlli interni ai sensi del D.Lgs. n. 286/1999 e del D.Lgs. n. 267/2000;

c) la partecipazione popolare alla propria attività e l'accesso dei cittadini agli atti e documenti della Comunità Locale;

d) le competenze e le norme da osservarsi nella redazione dei regolamenti della Comunità Locale;

e) l’indicazione delle modalità di distribuzione fra i Comuni partecipanti degli oneri connessi al funzionamento della Comunità, nonché le norme d’ uso del patrimonio, con particolare riguardo ai beni di cui all’art. 9 della L. 31 dicembre 1971 n. 1102;

f) le norme generali in tema di contabilità e finanza in conformità alla legislazione vigente per Comuni e Province, e le altre norme di carattere finanziario;

g) la disciplina della pubblicazione degli atti della Comunità, contemplando sempre l’affissione presso l’albo pretorio degli enti che la costituiscono;

h) le forme di collaborazione ed i rapporti con gli altri Enti operanti sul territorio;

i) la previsione e la costituzione di un organismo di rappresentanza dei soggetti esponenziali degli interessi economici e sociali del proprio territorio, con capacità consultive, di verifica e di proposta in confronto agli organi di governo della Comunità Locale;

j) le norme per assicurare il rispetto del principio di non discriminazione e condizioni di pari opportunità tra uomo e donna, e per promuovere la presenza di entrambi i sessi negli organi della Comunità Locale, nonché degli enti, aziende e istituzioni da esse dipendenti;

k) i compiti, le funzioni ed i servizi comunali conferite alla Comunità locale allo scopo di esercitarle congiuntamente ed unitariamente su tutto il territorio della medesima;

 

2. Lo Statuto delle Comunità Locali, a pena di inammissibilità, deve prevedere che gli organi di governo, chiamati all’esercizio delle sole funzioni di indirizzo politico-amministrativo ai sensi del D.Lgs. n. 165/2001, sono articolati in un organo assembleare, un organo collegiale attuativo ed un organo monocratico, che nell’esercizio delle proprie competenze si ispirano ad una visione unitaria degli interessi della Comunità Locale. Lo Statuto, in coerenza con la legislazione vigente per i Comuni, ne disciplina il sistema di elezione, in cui l’elettorato attivo è attribuito ai componenti i consigli comunali dei Comuni da cui la Comunità è costituita, riuniti in un unico collegio elettorale, e quello passivo è attribuito ai componenti degli organi di governo dei comuni medesimi.

 

3. Nell’ambito della disciplina di cui al comma 2, lo Statuto, a pena di inammissibilità, deve prevedere che:

a) l’organo assembleare è formato da tutti i sindaci dei Comuni ricompresi nella Comunità Locale, quali membri di diritto, ovvero loro delegati, che siano assessori o consiglieri dei Comuni stessi, incrementato da un numero di componenti pari al 25% arrotondato per eccesso dei Comuni ricompresi nella Comunità locale eletti, garantendo la minoranza, da un corpo elettorale unico formato dai consigli dei comuni aderenti alla Comunità locale;

b) l’organo collegiale attuativo delle funzioni di governo della Comunità Locale è presieduto dall’organo monocratico, è composto da non più di quattro membri in possesso dei requisiti di compatibilità e di eleggibilità alla carica di consigliere comunale, opera attraverso deliberazioni collegiali, e rimane in carica, per l’ordinaria amministrazione, sino alla nomina del successivo.

c) l’organo monocratico della Comunità Locale ne promuove le iniziative, sovrintende al funzionamento degli uffici, è responsabile della esecuzione delle decisioni degli altri organi, cura il normale andamento dell’attività e svolge ogni altra funzione assegnatagli dallo Statuto o dagli altri organi. La sua elezione avviene sulla base di un documento programmatico, a seguito di un dibattito sulle dichiarazioni rese dal candidato, che contiene la individuazione dei componenti l’organo collegiale attuativo, con le rispettive deleghe;

d) la disciplina di un sistema di sfiducia costruttiva per tutti gli organi esecutivi, anche eletti, nominati o designati in altri enti, aziende e istituzioni dipendenti.

 

     Art. 21. Modifiche dello Statuto

1. La Comunità Locale, nell’adottare eventuali variazioni allo Statuto, è tenuta a tener conto delle previsioni degli Statuti dei Comuni che la costituiscono.

 

2. Le eventuali integrazioni o modificazioni dello Statuto conseguenti a mere applicazioni di leggi dello Stato o della Regione sono deliberati dall’Organo assembleare con il voto favorevole dei due terzi dei membri assegnati. Qualora tale maggioranza non venga raggiunta, la votazione è ripetuta in successive sedute da tenersi entro trenta giorni e le eventuali integrazioni e modificazioni sono approvati se i singoli articoli di cui sono composte ottengono per due volte il voto favorevole della maggioranza assoluta dei membri assegnati.

 

3. Le variazioni degli Statuti delle Comunità Locali sono approvati secondo le modalità fissate al comma 2 del precedente art. 16.

 

     Art. 22. Permessi ed indennità

1. Ai componenti degli organi delle Comunità Locali si applica la disciplina vigente in ordine alle aspettative ed ai permessi degli amministratori locali.

2. Le indennità di carica e le indennità di presenza sono disciplinate in conformità alla normativa vigente per i Comuni aventi medesima classe dimensionale.

3. Le indennità di carica percepite per lo svolgimento di funzioni nelle Comunità locali assorbono e sostituiscono ogni altra indennità di carica connessa alla contemporanea presenza in organi ed uffici della pubblica amministrazione.

 

     Art. 23. Forme particolari di partecipazione e trasparenza

1. La Regione riconosce l’U.N.C.E.M., quale organizzazione di rappresentanza della Comunità Locali, e l’A.N.C.I., in considerazione dei loro compiti in favore dei territori montani della Basilicata, e con esse realizza momenti di consultazione, di partecipazione e di collaborazione.

 

2. L’organo di cui all’art. 20, comma 1, lett. i), partecipa alla definizione delle politiche della Comunità locale, e fornisce alla stessa ogni contributo per la conoscenza del territorio, e per l’elaborazione di atti degli organi di Governo. I suoi lavori sono disciplinati con regolamento adottato dall’Organo assembleare, e pubblicato sull’albo pretorio degli enti che costituiscono la Comunità.

 

3. Il regolamento di cui al comma 2 definisce le modalità per l’elezione del Presidente dell’organo di cui all’art. 20, comma 1, lett. i), che ha diritto di partecipare alle sedute del Organo assembleare della Comunità locale, e può essere invitato a partecipare ai lavori dell’organo collegiale attuativo, in entrambi i casi senza diritto di voto. Il suo Presidente, inoltre, gode dei diritti di accesso agli atti e ai documenti della Comunità locale riservati ai consiglieri.

 

4. Tutti gli atti, i documenti, le informazioni e i dati della Comunità sono pubblici. Lo statuto e i regolamenti della Comunità, oltre alle forme di pubblicità e di trasparenza previste dalla legge, assicurano la piena ed illimitata accessibilità per chiunque agli atti, ai documenti, alle informazioni e ai dati da essa detenuti, salvi i divieti previsti dalla legge.

A tal fine, la Comunità provvede alla predisposizione di siti informatici ove sia consentito l’accesso universale alla propria attività, anche in relazione all’istruttoria delle proprie decisioni di ogni tipo.

 

Capo III

Principi di Organizzazione

 

     Art. 24. Principi di organizzazione e funzionamento

1. Entro un anno dalla approvazione dello Statuto le Comunità Locali adottano regolamenti per la propria organizzazione, nel rispetto delle disposizioni di cui al D. Lgs. n. 267/2000, al D. Lgs. n. 165/2001 ed alla presente legge.

 

2. La spesa per l’organizzazione ed il funzionamento di ciascuna Comunità Locale, fermi restando i limiti stabiliti dalla regolazione statale e dalle norme finanziarie nazionali, non dovrà comunque superare il limite eventualmente previsto dalla legge finanziaria regionale, di cui all’art. 4 della L. R. n. 34/2001, nell’ambito delle misure per il contenimento e la razionalizzazione delle spesa.

 

3. Le spese di organizzazione e funzionamento delle Comunità Locali, non già diversamente coperte, sono ripartite tra i Comuni che ne fanno parte tenendo conto della popolazione, dell’estensione territoriale e di altri fattori stabiliti nell’ambito degli strumenti della programmazione.

 

     Art. 25. Ufficio d’area

1. Per l’esercizio delle funzioni e dei servizi sovra comunali di cui al successivo Titolo III della presente legge, le Comunità Locali si dotano di un ufficio, definito Ufficio d’area, competente all’adozione di tutti gli atti e i provvedimenti relativi ai medesimi compiti ed al coordinamento degli uffici comunali del territorio competenti nelle rispettive funzioni.

 

2. L’ufficio di cui al comma 1 è tenuto dal Direttore generale della Comunità, si avvale anche del personale dei Comuni aderenti all’Unione, tra il quale può individuare i responsabili dei singoli procedimenti, o i responsabili unici per tutte le fasi dei procedimenti per la realizzazione delle opere pubbliche; in tali casi, l’individuazione è effettuata dal dirigente dell’ufficio d’area su designazione dei sindaci dei Comuni interessati.

 

3. L’ufficio d’area tiene conto degli atti di indirizzo politico amministrativo, di piani e programmi adottati dagli organi di vertice della Comunità e, in riferimento alle attività localizzabili in un solo territorio comunale, dagli organi di vertice del Comune interessato.

 

4. I sindaci dei Comuni ricompresi in una Comunità possono richiedere all’organo monocratico della stessa l’adozione di direttive al responsabile dell’Ufficio d’area, riferibili agli obbiettivi amministrativi da conseguire.

 

5. L’Ufficio d’area è titolare di tutte le competenze amministrative necessarie per l’attuazione di piani, programmi o progetti integrati, adottati in qualunque forma con il consenso di Comuni, Province, Regione, o Stato.

 

6. All’ufficio d’area afferisce lo sportello unico per lo sviluppo dell’area della Comunità, avente funzioni di informazione ed assistenza per gli operatori interessati alle azioni disciplinate dalla presente legge e con competenza sull’intero territorio della Comunità, il quale:

a) svolge i compiti di sportello unico per le attività produttive;

b) svolge i compiti di sportello per la montagna;

c) favorisce l’accesso a tutte le informazioni amministrative ed ai servizi non coperti da segreto, mediante un adeguato sistema informatico in collaborazione con le province, comuni e gli Uffici periferici dell’amministrazione statale e in grado di interconnettersi con la rete dei sistemi informativi della Regione.

7. L’Ufficio d’area esercita sul territorio della Comunità Locale i compiti della struttura amministrativa di cui all’articolo 23 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 ed al D.P.R. 20 ottobre 1998, n. 447, e successive modifiche e integrazioni, avvalendosi delle strutture eventualmente già presenti presso i comuni che la costituiscono.

8. I Comuni adeguano i propri strumenti normativi ed organizzativi alle disposizioni del presente articolo.

 

     Art. 26. Il Dirigente dell’ufficio d’area

1. L’organo monocratico, previa deliberazione dell’organo collegiale attuativo, affida l’incarico di dirigente dell’Ufficio d’area, a persona scelta tra gli iscritti in apposita lista regionale, al di fuori della dotazione organica e con contratto a tempo determinato, e con trattamento economico definito in stretta correlazione con il bilancio dell’Ente.

 

2. Il rapporto di servizio del dirigente dell’ufficio d’area, ha durata corrispondente a quella del mandato di chi lo ha nominato; il dirigente dell’ufficio d’area cessa automaticamente dall’incarico, continuando ad esercitare le funzioni sino alla nomina del successore, che è disposta non prima di sessanta giorni e non oltre centoventi giorni dalla data di insediamento dell’organo monocratico, decorsi i quali il Dirigente è confermato.

 

3. Il dirigente dell’Ufficio d’area provvede ad attuare gli indirizzi e gli obiettivi stabiliti dagli organi di governo dell’Ente secondo le direttive impartite dall’organo monocratico, sovrintende alla gestione dell’Ente seguendo livelli ottimali di efficacia ed efficienza ai fini dell’esercizio delle funzioni e dei servizi di cui al precedente articolo 25. Nell’ambito delle competenze dell’ufficio, al Dirigente dell’Ufficio d’area fanno riferimento i responsabili della gestione e dei servizi dei Comuni interessati, ad eccezione del Segretario.

 

4. Il Dirigente dell’Ufficio d’area può essere revocato dall’organo monocratico, previa deliberazione dell’organo collegiale attuativo, sulla base dell’accertamento e della dichiarazione di grave responsabilità dirigenziale.

 

5. La Regione tiene la lista degli idonei allo svolgimento degli incarichi di direzione generale degli Uffici d’area delle Comunità Locali.

 

6. L’iscrizione alla lista di cui al comma 5 e la sua tenuta sono disciplinate con atto della Giunta regionale, sentite le organizzazioni sindacali e le rappresentanze degli enti locali; in ogni caso, l’iscrizione:

a) è subordinata al superamento di una procedura selettiva non comparativa, per soli titoli ed al possesso della qualifica di dirigente di ente pubblico ovvero di azienda o di ente privato, nonché in possesso del titolo di laurea magistrale;

b) ha una durata massima di cinque anni, e può essere rinnovata mediante il superamento di una nuova procedura selettiva comparativa;

c) è riservata ad un numero complessivo di idonei triplo rispetto al numero delle Comunità locali, in modo da garantire una adeguata opportunità di scelta da parte dei Presidenti;

d) non comporta per l’iscritto alcun corrispettivo economico, diritto assistenziale o previdenziale, mentre consente attività di consulenza in favore della Regione, incarichi di supplenza e di reggenza, ovvero l’espletamento di funzioni corrispondenti alla qualifica rivestita presso altre amministrazioni pubbliche che lo richiedano con oneri a carico dell’ente presso cui presta servizio.

 

     Art. 27. Segretario

1. Le Comunità locali hanno un segretario titolare. Il segretario, oltre alle competenze attribuite dallo Statuto, è responsabile dell’istruttoria delle deliberazioni, provvede ai relativi atti esecutivi, partecipa alle riunioni dell’organo assembleare e dell’organo esecutivo, svolge le funzioni di verbalizzante. Le suddette funzioni sono attribuite ai segretari comunitari titolari in servizio presso le singole Comunità Montane da sopprimere.

 

2. Eventuali eccedenze saranno definite con le procedure di cui al decreto legislativo n.165/2001. In caso di vacanza del posto le funzioni possono essere attribuite ad un funzionario ovvero al segretario comunale di uno dei comuni della comunità locale. In tal caso il provvedimento dell’organo monocratico di nomina può assegnare una indennità aggiuntiva commisurata all’effettivo impegno.

 

Titolo III

Compiti delle Comunità Locali

 

Capo I

Pianificazione territoriale, difesa del suolo e tutela dell’ambiente

 

     Art. 28. Governo del territorio

1. Le disposizioni del presente capo sono dirette ad integrare e rafforzare le funzioni di autogoverno responsabile del territorio, secondo il disegno di cooperazione istituzionale di cui al Titolo IV della presente legge nonché attraverso l’attivazione di appropriati strumenti di pianificazione e programmazione degli interventi ricadenti nelle Comunità Locali.

 

     Art. 29. Pianificazione territoriale ed urbanistica

1. Il comma 1 dell’art. 4 della Legge regionale 11 agosto 1999 n. 23, è sostituito dal seguente:

“1. Sono Ambiti istituzionali di pianificazione:

a) il territorio regionale;

b) i territori delle Province di Matera e di Potenza;

c) i territori delle Comunità locali ricadenti nel territorio regionale;

d) i territori dei Comuni ricadenti nel territorio regionale;

e) il territorio dei Parchi naturali nazionali e regionali;

f) il territorio dei Bacini regionali ed interregionali.”

 

2. Il comma 1 dell’art. 5 della Legge regionale 11 agosto 1999 n. 23, è sostituito dal seguente:

“1. Sono Soggetti della pianificazione territoriale ed urbanistica:

a) la Regione, con compiti di indirizzo programmatico;

b) le Province, con compiti di coordinamento territoriale provinciale e di specificazione degli indirizzi di cui alla precedente lettera a);

c) Le Comunità Locali, con compiti di specificazione in ambito sovra comunale delle indicazioni della pianificazione sovra ordinata, e in coerenza con le indicazioni degli strumenti programmatori di cui all’art. 53, di definizione delle trasformazioni territoriali a scala sovra comunale;

d) i Comuni, con compiti di specificazione delle indicazioni della pianificazione sovra ordinata, di definizione delle trasformazioni territoriali a scala comunale e di applicazione dei Regimi Urbanistici.”

 

3. Le Comunità Locali, in connessione con gli strumenti di programmazione di cui all’art. 53, concorrono alla formazione del Piano Strutturale Provinciale (P.S.P.) di cui all’art. 13 della L.R. n. 23/1999, mediante le modalità di concertazione di cui al Capo 2° della medesima L.R. n. 23/1999. Le previsioni potranno assumere carattere vincolistico e conformativo della proprietà mediante la stipula di Accordi di Pianificazione o di Localizzazione ai sensi degli articoli 26 e 28 della L.R. n. 23/99.

 

4. Nell’ambito del proprio territorio, le Comunità Locali, come da previsione statutaria, redigono ed approvano il Piano Strutturale Intercomunale, avente connotazioni e validità proprie del Piano Strutturale Comunale di cui all’art. 14 della L.R. n. 23/1999, che contempla le previsioni della carta di destinazione d’uso del proprio territorio, di cui all’art. 54.

I Comuni per i propri territori provvedono al Piano Operativo (PO), al Regolamento Urbanistico (RU) e ai Piani Attuativi di cui agli artt. 15, 16 e 17 della medesima L.R. n. 23/1999.

 

     Art. 30. Azioni di difesa del territorio e tutela ambientale

1. Le Comunità Locali, per delega espressa dai Comuni con l’approvazione dello Statuto ed in conformità della vigente normativa in materia di difesa del territorio e tutela ambientale nonché in attuazione dei relativi strumenti regionali di pianificazione e programmazione, realizzano interventi organici rivolti alla:

a) messa in sicurezza delle strutture ed infrastrutture pubbliche e degli abitati in ottica di prevenzione dei rischi;

b) sistemazione idrogeologica dei terreni ed alla loro difesa attiva dai fenomeni di erosione e dai processi franosi;

c) regimentazione dei corsi d’acqua ed alla razionale utilizzazione delle risorse idriche superficiali e sotterranee;

d) rinaturalizzazione dei siti degradati ed al recupero ambientale di aree dismesse, di cave e torbiere, di discariche abusive o abbandonate;

e) conservazione degli ecosistemi naturali ed alla salvaguardia del paesaggio rurale;

f) tutela e salvaguardia del paesaggio e delle emergenze ambientali e culturali, dei centri minori e del patrimonio edilizio rurale;

g) efficienza ed efficacia del sistema di protezione civile regionale.

 

     Art. 31. Interventi di conservazione e valorizzazione del patrimonio forestale

1. Le Comunità Locali, per delega espressa dai Comuni con l’approvazione dello Statuto ed in conformità della vigente normativa in materia di conservazione e valorizzazione del patrimonio forestale nonché in attuazione dei relativi strumenti regionali di programmazione, realizzano interventi organici rivolti alla:

a) conservazione e manutenzione del patrimonio boschivo anche attraverso opere di sistemazione idraulico-forestale ed idrogeologica, di difesa dagli incendi e dalle avversità atmosferiche;

b) tutela e valorizzazione del patrimonio silvo-forestale a fini energetici, paesaggistici, turistici e produttivi, nell’ottica della filiera foresta-legno;

c) riqualificazione delle superfici agro-forestali abbandonate ed alla migliore utilizzazione dei prodotti del bosco e del sottobosco.

 

     Art. 32. Compiti in tema di aree protette e tutela del paesaggio

1. Alla L.R. 28 giugno 1994, n. 28, sono apportate le seguenti modifiche:

a) al comma 1 dell’art. 8, la lett. b) è sostituita dalla seguente: “b) I Comuni o le Comunità Locali sul cui territorio ricade l'area di cui si richiede l'istituzione;”;

b) il comma 1 dell’art. 17 è sostituito dal seguente: “1. La Comunità del Parco è costituita dai Presidenti delle Province, dai Sindaci dei Comuni e dai Presidenti delle Comunità Locali nei cui territori sono ricomprese le aree del Parco”.

 

2. Con atto dell’organo assembleare, la Comunità Locale, con riferimento ad immobili ed aree del proprio territorio:

 

a) può deliberare la proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico di cui all’art. 138 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modifiche ed integrazioni;

b) può partecipare al procedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico, ai sensi dell’art. 139 del medesimo decreto legislativo.

 

Capo II

Sviluppo economico e programmazione delle attività produttive

 

     Art. 33. Governo dello sviluppo economico

1. Le norme del presente capo sono dirette ad integrare e rafforzare le funzioni di autogoverno responsabile dello sviluppo economico ed equilibrato dei territori, secondo il disegno di cooperazione istituzionale di cui al Titolo IV della presente legge nonché attraverso l’attivazione di appropriati strumenti di pianificazione e programmazione degli interventi ricadenti nelle Comunità Locali.

 

     Art. 34. Sviluppo rurale

1. Le Comunità Locali, per delega espressa dai Comuni con l’approvazione dello Statuto ed in conformità della vigente normativa in materia di sviluppo rurale e sostegno alle attività agricole nonché in attuazione dei relativi strumenti regionali di programmazione del settore primario, realizzano interventi organici rivolti al:

a) l’innalzamento della qualità della vita nelle zone rurali;

b) miglioramento dell’ambiente e dello spazio rurale;

c) la diversificazione dell’economia rurale;

d) la qualificazione del contesto produttivo per lo sviluppo del settore agricolo e forestale;

e) la promozione di forme evolute di cooperazione interterritoriale e transnazionale.

 

     Art. 35. Attività produttive

1. L’attività di promozione dello sviluppo industriale e di sostegno alle imprese, in quanto richiedente l’unitario esercizio di funzioni a livello regionale ai sensi dell’articolo 3 del D. Lgs. 112/1998, è di competenza della Regione ed è coordinata con gli interventi di infrastrutturazione delle aree e le opere di urbanizzazione finalizzate alla localizzazione delle attività produttive.

 

2. Nel quadro degli indirizzi regionali della programmazione generale di settore e di politica per le attività produttive, le Comunità Locali, in conformità alla delega espressa dai Comuni con l’approvazione dello Statuto della Comunità, realizzano interventi organici di infrastrutturazione produttiva destinati ad insediamenti artigianali.

 

     Art. 36. Attività commerciali

1. Le Comunità Locali, per delega espressa dai Comuni con l’approvazione dello Statuto ed in conformità della vigente normativa in materia di commercio e distribuzione nonchè nel quadro degli indirizzi regionali della programmazione di settore, redigono il piano di sviluppo commerciale del territorio di propria competenza e possono definire gli orari degli esercizi commerciali.

 

     Art. 37. Attività turistiche

1. Le Comunità Locali, per delega espressa dai Comuni con l’approvazione dello Statuto ed in conformità della vigente normativa in materia di turismo nonché nel quadro degli indirizzi regionali della programmazione di settore, realizzano interventi organici materiali ed immateriali volti alla promozione turistica dei propri territori tesi a:

a) sostenere l’azione di sviluppo di pacchetti integrati di offerta turistica nel rispetto della connotazione vocazionale dei territori in termini di risorse naturali e culturali;

b) supportare la funzionalità della filiera turistica locale;

c) promuovere l’associazionismo ambientale e culturale orientato all’erogazione di servizi connessi alla valorizzazione turistica delle risorse naturali, storiche, territoriali, ecc.;

d) attivare lo svolgimento di azioni di marketing territoriale e di comunicazione esterna.

 

     Art. 38. Valorizzazione dei beni culturali e naturali

1. Le Comunità Locali, per delega espressa dai Comuni con l’approvazione dello Statuto ed in conformità della vigente normativa in materia di beni culturali e naturali nonché nel quadro degli indirizzi regionali della programmazione di settore, realizzano organici interventi mirati a:

a) assicurare la valorizzazione dei beni e dei siti culturali e naturali dei propri territori;

b) esercitare le funzioni e i compiti amministrativi inerenti la gestione e valorizzazione dei beni e dei siti culturali e naturali di proprietà o comunque da esse detenuti;

c) concorrere alla definizione di piani e programmi di tutela e promozione dei beni e dei siti culturali e naturali presenti sui propri territori;

d) favorire l’integrazione, nel processo di valorizzazione dei beni e dei siti culturali e naturali di propria pertinenza, dei beni di proprietà altrui, delle infrastrutture, dei servizi e dei settori produttivi collegati.

 

2. Nell’esercizio dei compiti di cui al comma precedente le Comunità Locali tengono conto delle esigenze di tutela e salvaguardia dei beni e dei siti culturali e naturali espresse dai competenti Ministeri dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e per i Beni e le Attività Culturali, anche per l’integrazione delle proprie strategie con la valorizzazione dei beni di proprietà statale presenti sul territorio.

 

Capo III

Programmazione organizzazione e gestione associata dei servizi

 

     Art. 39. Promozione della cittadinanza attiva

1. Le norme del presente capo sono dirette ad integrare e rafforzare le azioni e le iniziative di promozione della cittadinanza attiva delle persone delle famiglie e delle collettività residenti nei territori, secondo il disegno di cooperazione istituzionale di cui al Titolo IV della presente legge nonché attraverso l’attivazione di appropriati strumenti di pianificazione e programmazione degli interventi ricadenti nelle Comunità Locali.

 

     Art. 40. Servizi socio-sanitari e socio-assistenziali

1. Le Comunità Locali, per delega espressa dai Comuni con l’approvazione dello Statuto ed in conformità della vigente normativa in materia di servizi socio-sanitari e socio-assistenziali nonché nel quadro degli indirizzi regionali della programmazione di settore, procedono alla:

a) rilevazione dei fabbisogni e delle esigenze del territorio;

b) definizione delle strategie e dei piani di intervento;

c) integrazione e messa in rete dell’offerta territoriale di servizi;

d) organizzazione e promozione della gestione associata dei servizi;

e) qualificazione degli standard nell’accesso ai servizi e nella fruizione delle prestazioni.

 

2. In attuazione della Legge regionale 14 febbraio 2007, n. 4, le Comunità Locali

- esercitano le funzioni ed i compiti dell’Ambito Socio-Territoriale, di cui all’art. 12;

- provvedendo all’integrazione dei servizi socio-sanitari ed assistenziali, di cui all’art. 13;

- adottano il piano intercomunale, di cui all’art. 16;

- assicurano, sul proprio territorio, il coordinamento delle politiche sociali con le politiche dell’istruzione, della cultura, della casa, dei trasporti, dell’inserimento lavorativo, dello sviluppo economico.

 

     Art. 41. Trasporti

1. Le Comunità Locali, per delega espressa dai Comuni con l’approvazione dello Statuto ed in conformità della vigente normativa in materia di trasporti nonché nel quadro degli indirizzi regionali della programmazione di settore, realizzano interventi organici di potenziamento delle reti e dei servizi di mobilità locali.

 

2. In particolare, l’art. 7 della L.R. N. 22/98, recante “Riforma del trasporto pubblico regionale e locale in attuazione del D. Lgs. n. 422/97”, è come di seguito sostituito:

“Art. 7 Competenze dei Comuni e delle Comunità Locali

1. I Comuni in relazione ai servizi di T.P.R.L. di propria competenza:

determinano d’intesa con la Regione i servizi minimi di propria competenza e le relative tariffe; svolgono le procedure concorsuali per l’affidamento dei servizi di T.P.R.L. di propria competenza, per la scelta degli affidatari dei servizi e la stipula dei relativi contratti di servizio; organizzano la rete dei trasporti di linea di propria competenza nelle aree urbane.

2. Le Comunità locali nel territorio di propria competenza predispongono e aggiornano, sulla base degli indirizzi regionali i piani urbani del traffico;

determinano, d’intesa con la Regione ed in base a quanto stabilito nel proprio statuto, i servizi minimi di propria competenza e le relative tariffe;

svolgono le procedure concorsuali per l’affidamento dei servizi di T.P.R.L. di propria competenza, per la scelta degli affidatari dei servizi e la stipula dei relativi contratti di servizio; organizzano la rete dei trasporti di linea di propria competenza nelle aree extraurbane e promuovono, sentita la Provincia, l’intesa con i Comuni limitrofi per lo svolgimento dei servizi di trasporto pubblico che collegano i rispettivi territori comunali.”

 

     Art. 42. Istruzione

1. Le Comunità Locali, per delega espressa dai Comuni con l’approvazione dello Statuto ed in conformità della vigente normativa in materia di istruzione nonché nel quadro degli indirizzi regionali della programmazione di settore, realizzano interventi organici di potenziamento e razionalizzazione delle strutture e attrezzature della scuola dell’obbligo e di sostegno all’effettività del diritto-dovere allo studio.

 

2. Gli interventi di cui al comma precedente verranno attuati in collaborazione con le Amministrazioni statale, regionale e provinciali al fine di assicurare un equilibrato ed efficiente servizio scolastico sul territorio.

 

3. Le Comunità Locali sono assunte dall’Ente Regione quale ambito ottimale per l’articolazione dell’offerta scolastica, con specifico riferimento all’erogazione di servizi complementari alle attività didattiche ed al trasporto degli studenti.

 

     Art. 43. Modifica delle norme in materia di edilizia residenziale pubblica

1. L’art. 35 della Legge regionale 8 marzo 1999 n. 7 è sostituito dal seguente:

“Art. 35 - Funzioni di competenza delle Comunità Locali e dei Comuni 1. Sono conferite alle Comunità Locali, sentiti i Comuni del territorio, le funzioni e i compiti concernenti:

a) il rilevamento del fabbisogno abitativo;

b) l’indicazione, ai fini della programmazione regionale, delle tipologie di intervento atte a soddisfare i fabbisogni rilevati.

 

2. Sono conferite ai Comuni le seguenti funzioni e i seguenti compiti:

a) l’accertamento dei requisiti soggettivi per l’accesso ai finanziamenti di edilizia residenziale pubblica agevolata;

b) l’accertamento dei requisiti oggettivi degli interventi di edilizia residenziale pubblica agevolata;

c) la vigilanza sulla gestione amministrativo-finanziaria delle cooperative edilizie comunque fruenti di contributi pubblici;

d) l’autorizzazione alla cessione in proprietà del patrimonio edilizio realizzato dalle cooperative a proprietà indivisa, ai sensi dell’art. 18 della legge n. 179/1992;

e) l’autorizzazione alla cessione o locazione, anticipata rispetto ai termini previsti dalle norme vigenti in materia, degli alloggi di edilizia agevolata, ai sensi dell’art. 20 della l. n. 179/1972.

 

3. Le Comunità Locali e i Comuni esercitano le competenze di cui al presente articolo nel rispetto della normativa regionale.”

 

     Art. 44. Compiti e funzioni in materia di rifiuti

1. Le Comunità Locali, per delega espressa dai Comuni con l’approvazione dello Statuto ed in conformità della vigente normativa in materia di gestione dei rifiuti urbani nonché nel quadro degli indirizzi regionali della programmazione di settore, esercitano compiti e funzioni di cui all’art. 56 della Legge regionale 8 marzo 1999 n. 7.

 

Capo IV

Compiti e funzioni in ambito montano

 

     Art. 45. Politiche per la montagna

1. La Regione riconosce il territorio montano come risorsa di preminente interesse regionale e ne promuove lo sviluppo integrato e sostenibile, mediante la tutela e la valorizzazione delle qualità ambientali e delle potenzialità endogene proprie dell’habitat montano, in armonia con le vigenti disposizioni comunitarie e statali.

 

2. I compiti e le funzioni attribuiti da vigenti disposizioni comunitarie, statali e regionali in favore delle Comunità Montane sono conferiti alle Comunità Locali che li esercitano d’intesa con i Comuni interessati.

 

3. Le azioni e gli interventi previsti da disposizioni comunitarie, statali e regionali in favore dei Comuni classificati interamente o parzialmente montani sono coordinati ed implementati dalle Comunità Locali mediante convenzioni ed accordi con i Comuni interessati e, ove necessario, con le Comunità Locali limitrofe.

 

Titolo IV

Ordinamento finanziario e contabile

 

Capo I

Finanziamento delle Comunità Locali

 

     Art. 46. Ordinamento finanziario delle Comunità Locali

1. Le Comunità Locali hanno autonomia finanziaria fondata su certezza di risorse proprie e trasferite, nell’ambito del coordinamento della finanza pubblica e in base alle norme dell’ordinamento della finanza locale applicabili alle Comunità Locali.

 

2. Le risorse finanziarie della Comunità Locale sono costituite da:

a) trasferimenti statali e regionali per spese ordinarie di funzionamento;

b) trasferimenti statali e regionali, ed altre risorse comunque destinate a spese di investimento e di gestione dei servizi pubblici;

c) trasferimenti da Comuni, Province e Regioni per l’esercizio di funzioni statutarie o altrimenti delegate;

d) risorse per interventi di sviluppo rivenienti dalla programmazione dei fondi comunitari e di altre risorse statali o regionali;

e) entrate derivanti da leggi statali e regionali sulla montagna;

f) altre entrate proprie, anche collegate alla valorizzazione ed allo smobilizzo del patrimonio;

g) ricorso al credito ed emissioni obbligazionarie nell’ambito della legge statale.

 

3. Al fine di assicurare l’effettiva ed efficace operatività delle Comunità Locali, la Regione concorre al loro finanziamento attraverso un proprio apporto ai costi connessi alla gestione delle funzioni e dei compiti di cui al precedente Titolo III, la copertura degli oneri necessari all’esercizio di funzioni trasferite o delegate ed il sostegno alla realizzazione dei programmi di investimento e sviluppo locale. In particolare, la Regione procede alla concessione di contributi e sovvenzioni regionali per:

a) le spese delle unità organizzative delle Comunità Locali responsabili delle gestioni associate di funzioni e compiti di cui al precedente Titolo III;

b) la copertura delle spese relative all’esercizio di funzioni regionali attribuite o delegate alle Comunità Locali;

c) il finanziamento di programmi di intervento tesi a promuovere e sostenere lo sviluppo locale dei territori.

 

4. La Regione procede, altresì, alla ripartizione del fondo statale per i piani pluriennali di sviluppo socio-economico delle Comunità Locali, con risorse rivenienti dall’articolo 1 della legge 23 marzo 1981 n. 93 e successive modificazioni e integrazioni, ed alla concessione dei contributi di cui alla legge n. 93/81, a valere sul fondo nazionale della montagna di cui alla legge n. 97/94.

 

5. Le risorse finanziarie di cui ai precedenti commi 3 e 4 sono programmate mediante la costituzione e la gestione di specifici Fondi, disciplinati agli articoli seguenti, avente finalità di intervento e riequilibrio strutturale e la cui erogazione di risorse è subordinata all’utilizzo degli strumenti di programmazione e controllo delle Comunità Locali e delle procedure specificamente adottate dalla Regione per la gestione dei Fondi stessi. L’ammontare complessivo dei trasferimenti e dei fondi è determinato su base triennale, con le previsioni della legge finanziaria regionale di cui alla LR. n. 23/2001, tenendo conto del costo di gestione dei servizi e degli indirizzi della programmazione regionale.

 

6. I documenti contabili e gli strumenti programmatici regionali sono tenuti a dare debita evidenza alle proiezioni territoriali della spesa e dell’allocazione delle risorse in modo da assicurare unitarietà di indirizzo ai Fondi destinati ad alimentare e sostenere finanziariamente le Comunità Locali.

 

     Art. 47. Fondo regionale per le gestioni associate

1. E’ istituito un “Fondo regionale per le gestioni associate” da parte delle Comunità Locali diretto a sostenere le spese di operatività delle unità organizzative impegnate nell’esercizio unitario delle funzioni e dei compiti di cui al precedente Titolo III.

 

2. La costituzione ed il funzionamento del ‘Fondo’, sentita la Conferenza Regione-Autonomie Locali di cui alla presente legge, è regolamentato con apposito provvedimento della Giunta Regionale che definisce i criteri di riparto e di utilizzo delle risorse disponibili, graduando la corresponsione dei benefici in relazione al livello di unificazione conseguito e rilevato mediante specifici indicatori con riferimento alla tipologia ed alle caratteristiche delle funzioni e dei servizi associati o trasferiti in modo tale da erogare il massimo dei contributi nelle ipotesi di massima integrazione.

 

3. Al fine di rendere coerente il “Fondo di Coesione Interna” con la presente normativa, l’art. 22 della L.R. 31 gennaio 2002, n. 10 è così modificato:

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

“1. E’ istituito il “Fondo di Coesione Interna” per il sostegno dei Comuni più svantaggiati delle aree interne della Regione, la promozione e l’incentivazione delle gestioni associate di funzioni e servizi all’interno dei territori della Comunità locale, e il supporto all’elevazione delle capacità amministrative e progettuali”;

b) il comma 3 è sostituito dal seguente:

“3. La Giunta regionale, su conforme parere della Conferenza Regione-Autonomie Locali di cui alla presente legge, adotta la proposta di direttiva triennale con cui definisce i criteri di riparto e di utilizzo del fondo di cui al comma 1, approvata dal Consiglio regionale.”

 

4. Le Comunità Locali sono beneficiarie esclusive di contributi regionali finalizzati alla gestione associata dei servizi e delle funzioni di cui alla presente legge.

 

     Art. 48. Fondo regionale per le funzioni delegate od attribuite

1. E’ istituito un “Fondo regionale per le funzioni delegate od attribuite” dall’Ente Regione alle Comunità Locali nel quale confluiscono le risorse finanziarie da trasferire per l’esercizio di dette funzioni. La costituzione ed il funzionamento del ‘Fondo’, sentita la Conferenza Regione-Autonomie Locali di cui alla presente legge, è regolamentato con apposito provvedimento della Giunta Regionale che definisce i criteri di riparto e di utilizzo delle risorse disponibili.

2. Le singole leggi regionali che disciplinano l’attribuzione, la delega, il conferimento di funzioni compiti e servizi regionali alle Comunità Locali determinano anche l’ammontare delle risorse finanziarie necessarie ed opportune per la copertura delle spese relative all’esercizio di detti compiti funzioni e servizi.

 

     Art. 49. Fondo regionale per la sostenibilità e lo sviluppo

1. Al fine di sostenere i processi di riqualificazione e di sviluppo economico, sociale ed ambientale dei territori delle Comunità Locali definiti dagli atti di programmazione delle medesime, nonché di promuovere meccanismi virtuosi di “premialità” fra le stesse, è istituito il “Fondo regionale per la sostenibilità e lo sviluppo”, la cui disponibilità finanziaria è assicurata da risorse proprie, trasferite dallo Stato o dall’Unione europea, stanziate nel bilancio regionale.

 

2. La costituzione ed il funzionamento del ‘Fondo’, sentita la Conferenza Regione-Autonomie Locali di cui alla presente legge, è regolamentato con apposito provvedimento della Giunta Regionale che definisce i criteri di riparto e di utilizzo delle risorse disponibili.

 

3. Il Fondo può finanziare la realizzazione di opere pubbliche di preminente interesse sociale ed economico, a valere sulle disponibilità della quota di competenza regionale del "Fondo ordinario per gli investimenti" a norma dell’articolo 6, comma 2, lettera c) del decreto legislativo 30 giugno 1997. n. 244 concernente il “Riordino del sistema dei trasferimenti erariali agli enti locali”.

 

     Art. 50. Fondo Regionale per la Montagna

1. È istituito il “Fondo regionale per la montagna”, la cui disponibilità finanziaria è assicurata da:

a) la quota di competenza regionale del "Fondo nazionale per la montagna" di cui all’art. 2 della legge n. 97/1994;

b) risorse specificamente destinate allo sviluppo della montagna a carico del bilancio regionale, o derivanti da trasferimenti ad opera di Enti pubblici, dello Stato e dell’Unione Europea.

 

2. Le risorse del Fondo sono destinate alla realizzazione di azioni organiche e coordinate per lo sviluppo globale della montagna, ai sensi dell’art. 1, comma 4 della legge n. 97 del 1994, e delle aggiuntive risorse regionali di cofinanziamento definite con la legge annuale di bilancio.

 

3. La Giunta regionale, su conforme parere della Conferenza Regione-

Autonomie Locali di cui alla presente legge, approva una direttiva triennale con cui definisce i criteri di riparto e di utilizzo del fondo di cui al comma 1.

 

     Art. 51. Entrate proprie

1. La Comunità Locale ha, nei limiti stabiliti dalla legge, entrate proprie riferite alla definizione e gestione del sistema tariffario collegato all’offerta dei servizi relativi alle materie e ai compiti che le sono attribuiti.

 

2. I trasferimenti finanziari, strumentali e personali da parte dei Comuni sono effettuati secondo un criterio di proporzionalità rispetto alla popolazione residente al 31 dicembre dell’anno precedente, al territorio tenuto conto dei servizi e delle funzioni affidati alle Comunità Locali.

 

     Art. 52. Strumenti regionali per l’equilibrio della finanza locale

1. Al fine di coordinare la finanza regionale e locale e di contribuire al mantenimento degli equilibri di finanza pubblica, in aggiunta agli strumenti nazionali aventi tali finalità, con la legge finanziaria di cui all’art. 4 della L.R. n. 34/2001 la Regione può definire misure per il contenimento e la razionalizzazione della spesa e sistemi di premialità per il miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia degli investimenti pubblici, da utilizzarsi nell’ambito dei sistemi di attuazione e dei trasferimenti finanziari delle politiche di intervento attuate dalle Comunità Locali.

 

2. E’ istituito un “Osservatorio regionale della finanza pubblica locale” al fine di rilevare e monitorare unitariamente le risorse finanziarie rese disponibili per le Comunità Locali.

 

Capo II

Strumenti di programmazione

 

     Art. 53. Sistema finanziario e contabile delle Comunità Locali

1. Le Comunità Locali ordinano la loro attività finanziaria, di bilancio, contabile, contrattuale e di revisione mediante norme statutarie e regolamentari, nel rispetto dei principi della legislazione statale nelle relative materie e nel rispetto di quanto stabilito dal Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267 "Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali" aggiornato con le modifiche apportate da leggi successive.

2. L’ordinamento finanziario e contabile stabilisce i principi da applicare alle attività di programmazione, gestione, rendicontazione e investimento ed alle attribuzioni dell’organo di revisione economico-finanziaria.

 

     Art. 54. Strumenti della programmazione

1. Lo statuto della Comunità Locale prevede che gli strumenti di programmazione sono:

a) il programma di indirizzo politico-amministrativo;

b) il Programma triennale di coordinamento e sviluppo locale, concernente le materie di cui alla presente legge e corredato dal programma pluriennale degli investimenti;

c) gli strumenti e le procedure di programmazione previsti dal Titolo II del D.Lgs. n. 267/2000.

 

2. In occasione dell’insediamento degli organi monocratico e collegiale di cui al comma 3 dell’art. 20, quello assembleare approva il programma di indirizzo politico-amministrativo della Comunità locale, predisposto sulla base del documento programmatico ivi menzionato.

 

3. Le Comunità Locali adottano il programma triennale di coordinamento e sviluppo locale, corredato dal programma pluriennale degli investimenti, entro 180 giorni dalla nomina degli organi di governo. Il piano di coordinamento e sviluppo locale si articola in:

a) una sezione apposita di programmazione di interventi per la riqualificazione e lo sviluppo economico, sociale e territoriale della Comunità Locale;

b) una sezione apposita di programmazione di interventi per la riorganizzazione a scala sovra comunale di funzioni e servizi;

c) una sezione apposita di programmazione degli interventi speciali per la montagna.

 

4. Le sezioni di cui al comma 3 contengono l’esplicita valutazione degli effetti e degli impatti territoriali e, di conseguenza, verifica la necessità ed opportunità di adeguamento e variazione degli strumenti urbanistici vigenti, prevedendo le modalità con le quali provvedervi.

 

5. Il Programma triennale di cui al comma 1 tiene conto delle variabili fisiche e socio - economiche del territorio della Comunità Locale e degli indirizzi di piano socio-assistenziale, definisce le linee delle politiche di sviluppo ed in particolare contiene:

a) gli obiettivi finalizzati al riequilibrio del territorio, al miglioramento della qualità della vita, alla valorizzazione della montagna;

b) le indicazioni urbanistiche, territoriali e paesaggistiche, relative all’esercizio delle funzioni previste nella presente legge;

c) le scelte relative alle gestioni associate di funzioni e servizi su scala sovra comunale, ed al coordinamento di quelle comunali, a partire da quelle indicate al Titolo III della presente legge;

d) le forme di supporto alle attività istituzionali dei comuni ricompresi nel proprio territorio;

e) ogni altro elemento relativo all’attuazione delle politiche di competenza.

6. Il programma pluriennale degli investimenti ha i contenuti del programma triennale dei lavori pubblici di cui all’art. 128 del D. Lgs. 12 aprile 2006, n.163, e successive modifiche e integrazioni, e indica la localizzazione sul territorio delle opere e degli interventi di settore, il presumibile costo degli investimento, le opportunità di finanziamento, anche privato, i tempi di realizzazione, tenendo conto delle previsioni degli strumenti urbanistici a livello comunale ed intercomunale.

 

7. Le variazioni degli strumenti urbanistici comunali, eventualmente necessarie per la realizzazione degli interventi previsti nel programma di cui al comma 3, sono conseguite con le modalità di cui all’art. 28.

 

8. La Regione adotta un atto di indirizzo contenente schemi-tipo, istruzioni di utilizzo ed un programma di assistenza tecnica per assicurare l’omogeneità, la confrontabilità e la significatività degli strumenti della programmazione, oltre che il monitoraggio e la verifica dell’attuazione.

L’atto di indirizzo è efficace a partire dall’esercizio di adozione.

 

     Art. 55. Carta della destinazione d’uso del territorio

1. Le Comunità Locali, congiuntamente al Programma triennale di cui al precedente articolo, provvedono a redigere la carta di destinazione d’uso del proprio territorio, individuandone gli indirizzi fondamentali di organizzazione, con il supporto ed il coordinamento della Regione.

 

2. La carta di destinazione d’uso del territorio definisce le aree di prevalente interesse agro-silvo-pastorale e di particolare valenza ambientale e paesistica; individua inoltre le linee di sviluppo residenziale, produttivo, turistico dei servizi e delle infrastrutture.

 

3. La carta di destinazione d’uso del territorio concorre con il piano di sviluppo socio-economico alla formazione del piano territoriale di coordinamento ai sensi del D. Lgs. n. 267/2000.

 

4. I comuni, nella redazione dei loro strumenti urbanistici, terranno conto delle indicazioni contenute nella carta di destinazione d’uso di cui al presente articolo.

 

     Art. 56. Approvazione dei Piani e dei Programmi

1. I piani urbanistici ed i programmi di competenza delle Comunità Locali sono adottati in coerenza con gli strumenti e le procedure della pianificazione e della programmazione regionale. Le indicazioni di cui alla lettera b) del comma 5 dell’art. 53 sono adottate nel rispetto anche del Piano Strutturale Provinciale, costituiscono variante del Piano Strutturale Intercomunale vigente, e sono vincolanti per i piani e gli strumenti urbanistici comunali, che le recepiscono entro un anno dall’adozione.

2. Qualora il termine di cui al comma 1 non sia rispettato, il Presidente della Giunta Regionale, su proposta dell’organo monocratico della Comunità Locale, nomina un commissario ad acta per l’adozione delle misure di adeguamento, ai sensi dell’art. 6 della L. R. 8 marzo1999, n. 7. Le spese per gli adempimenti del commissario sono poste a carico del bilancio del Comune inadempiente, anche mediante compensazione con altri trasferimenti dal bilancio regionale.

3. Nella predisposizione dei piani urbanistici e dei programmi di propria competenza, le Comunità Locali assicurano, nell’ambito delle norme statutarie, idonee forme di partecipazione dei comuni e degli altri enti pubblici facenti parte della territorio comunitario.

4. Gli strumenti della programmazione di cui all’art. 53 sono adottati dall’Organo assembleare, previo parere dell’organismo di cui all’art. 20, comma 1, lett. i), sono pubblicati per trenta giorni consecutivi all’Albo pretorio dei Comuni facenti parte della Comunità Locale e della Provincia, e comunicati alla Provincia ed alla Regione. Entro il periodo di pubblicazione, qualunque soggetto pubblico o privato può proporre osservazioni, sulle quali l’Organo assembleare si pronunzia definitivamente entro i successivi trenta giorni. Qualora contengano varianti urbanistiche, gli strumenti medesimi sono approvati ai sensi della L. R. n. 23/1999

5. I piani triennali di sviluppo approvati sono pubblicati all’Albo pretorio della Provincia e dei Comuni facenti parte della Comunità Locale.

6. I termini di cui al presente articolo sono perentori, e la mancata approvazione degli atti comporta la nomina di un commissario ad actum ad opera della Giunta regionale, che provvede entro trenta giorni dalla nomina. Le spese per le funzioni del commissario sono poste a carico del bilancio della Comunità locale

 

     Art. 57. Gestione degli strumenti di programmazione e bilancio

1. La gestione del bilancio è effettuata secondo le norme del Titolo III del D.Lgs. n. 267/2000.

 

2. Le Comunità Locali possono essere delegate dai Comuni a contrarre mutui in loro nome e per loro conto, presso la Cassa depositi e prestiti o altri Istituti di credito, per la realizzazione di opere o interventi di carattere sovra comunale e coerenti con il piano di sviluppo socio-economico.

 

3. Con lo Statuto o con regolamento sono disciplinate le procedure di gestione degli strumenti della programmazione.

 

     Art. 58. Bilancio e rendicontazione partecipativa

1. Secondo le previsioni dello Statuto o di regolamento, il bilancio ed il conto consuntivo annuali sono accompagnati da strumenti di rendicontazione partecipativa, quali il bilancio partecipativo, il bilancio sociale, il bilancio ambientale, il bilancio di sostenibilità delle politiche e piani locali, bilancio di mandato.

 

2. Al bilancio di mandato è allegata una relazione illustrativa dell’organo collegiale attuativo che esprime le valutazioni di efficacia dell’azione condotta sulla base dei risultati conseguiti in rapporto ai programmi ed ai costi sostenuti.

 

     Art. 59. Parere di regolarità amministrativa e contabile

1. Prima di ogni decisione della Comunità Locale deve essere acquisito il parere, in ordine alla sola regolarità amministrativa e contabile da parte delle strutture responsabili dei relativi controlli interni, in coerenza con i principi dell’art. 147 del D.Lgs.n.267/2000. Per le proposte di deliberazione sottoposte all’organo collegiale attuativo o all’organo assembleare è altresì acquisito il parere del Segretario sotto il profilo di legittimità.

 

Capo III

Il sistema dei controlli

 

     Art. 60. Revisione economico-finanziaria

1. Per la revisione economico-finanziaria si applicano le disposizioni degli artt. 234 e seguenti del D.Lgs.n.267/2000, salvo quanto previsto nel presente articolo.

 

2. Lo statuto stabilisce se il revisore di cui al comma 3 dell’art. 234 del D.Lgs.n.267/2000 venga individuato, con le modalità ivi indicate, tra i revisori in carica presso uno degli enti che compongono la Comunità locale.

 

     Art. 61. Il sistema dei controlli interni

1. Nell’ambito dell’autonomia statutaria e regolamentare le Comunità Locali provvedono a disciplinare il sistema dei controlli interni, in coerenza con l’art. 147 del D.Lgs. n. 267/2000, disciplinando gli strumenti e le procedure per:

a) garantire attraverso il controllo di regolarità amministrativa e contabile, la legittimità, regolarità e correttezza dell’azione amministrativa;

b) verificare, attraverso il controllo di gestione, l’efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, al fine di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi di correzione, il rapporto tra costi e risultati;

c) valutare le prestazioni, i risultati, i comportamenti organizzativi del personale con qualifica dirigenziale, in relazione alla posizione rivestita;

d) valutare, attraverso la valutazione e il controllo strategici, l’adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, programmi ed altri strumenti di determinazione dell’indirizzo politico, in termini di congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi predefiniti.

 

2. Il sistema dei controlli interni è ordinato secondo il principio della distinzione tra funzioni di indirizzo e compiti di gestione e si ispira ai principi generali previsti per le pubbliche amministrazioni dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286.

 

3. Lo Statuto ed i regolamenti delle Comunità locali definiscono il sistema della verifica della responsabilità dirigenziale, contemplando:

a) le disposizioni degli articoli 147 e seguenti del D.Lgs. n. 267/2000, e successive modifiche ed integrazioni;

b) la disciplina del procedimento per la verifica della responsabilità dirigenziale, con la capacità di proposta affidata ad una commissione che riferisce direttamente all’organo monocratico della Comunità Locale;

c) la composizione ed il funzionamento della commissione di cui alla lett. b), nella quale sono presenti, con pari capacità, un componente designato dall’organo monocratico della Comunità locale, due componenti designati dall’organo assembleare della Comunità locale, un componente designato dalla Regione, ed uno designato dall’organismo di cui all’art. 20, comma 1, lett. i).

 

     Art. 62. Rilevazione e dimostrazione dei risultati di gestione

1. Per gli strumenti e le procedure di dimostrazione dei risultati di gestione si applicano le norme di cui al Titolo VI del D.Lgs.n.267/2000.

 

2. La Regione adotta un atto di indirizzo contenente schemi-tipo, istruzioni di utilizzo ed un programma di assistenza tecnica per assicurare l’omogeneità, la confrontabilità e la significatività degli strumenti di rendicontazione riferiti alle risorse ed agli interventi alimentati con fondi regionali; l’atto di indirizzo è efficace a partire dall’esercizio di adozione.

 

     Art. 63. Vigilanza regionale

1. Fermo il disposto della legislazione statale in materia di controlli sugli enti locali, e fatte salve altre e diverse previsioni di legge, la Giunta Regionale esercita la vigilanza sulle Comunità Locali e sulle altre Unioni di Comuni ai sensi del presente articolo in forme collaborative, anche mediante la costituzione di appositi comitati paritetici. Resta ferma la potestà di intervento in annullamento o revoca all’esito di accertamento di invalidità, irregolarità o gravi inefficienze nell’uso di risorse attribuite dalla Regione, anche di origine comunitaria.

 

2. La vigilanza ha per oggetto il rispetto degli indirizzi regionali, i risultati complessivi degli interventi finanziati dalla Regione e la regolarità amministrativa e gestionale degli stessi, escluso qualsiasi controllo sui singoli atti di gestione. La vigilanza è esercitata mediante l’acquisizione dei rapporti di attuazione, monitoraggio e valutazione previsti dalla disciplina degli strumenti di intervento nonché mediante l’acquisizione di verbali, atti, documenti ed informazioni da parte dell’organo di Revisione.

A tal fine la Giunta Regionale, con proprio provvedimento, può disporre accessi, ispezioni e verifiche.

 

3. In caso di accertata impossibilità di funzionamento degli organi o di conflitti tra organi o di riscontrate persistenti e gravi irregolarità nella gestione o di mancata approvazione dei bilanci o del mancato perseguimento delle finalità istituzionali o di accertato dissesto economico-finanziario, il Consiglio Regionale, su proposta della Giunta Regionale adottata dopo apposita audizione dell’ente interessato, può deliberare la proposta di scioglimento degli organi della Comunità Locale e di nomina di un Commissario straordinario.

 

4. Il dirigente dell’ufficio regionale per gli enti locali, qualora abbia in qualunque modo, anche su segnalazione di persone fisiche o giuridiche, notizia di illegittimità nell’adozione di atti ad opera di enti locali, provvede alla convocazione di apposita conferenza con l’ente interessato, per la verifica della situazione. Ove non si giunga, entro trenta giorni dalla convocazione, ad una determinazione concordata, il dirigente dell’ufficio regionale per gli enti locali, se del caso, segnala all’organo monocratico di vertice dell’ente interessato l’illegittimità, con invito a provvedere. La segnalazione è trasmessa altresì alle competenti Autorità giudiziarie.

 

Capo IV

Patrimonio Partecipazioni e formule gestionali

 

     Art. 64. Valorizzazione e gestione del patrimonio

1. Le Comunità Locali favoriscono e incentivano la formazione e la diffusione degli istituti partecipativi a livello unitario come forma ordinaria di governo riguardante tutti i settori dell’amministrazione in forme integrate.

 

2. Le Comunità Locali forniscono aiuti tecnici e finanziari per l’attuazione dei processi necessari alla formazione e al mantenimento degli istituti partecipativi formatisi.

 

3. Le Comunità Locali attivano forme di partenariato pubblico, finanza di progetto, cofinanziamento pubblico privato, formule gestionali che prevedono il coinvolgimento del terzo settore, del settore cultura e sport, socio-assistenziale, sperimentando forme di finanziamento, donazioni, sponsorizzazioni, titoli di solidarietà.

 

Titolo V

Disposizioni finali

 

     Art. 65. Processo costitutivo delle Comunità Locali

1. Entro il 30 giugno 2009 dovrà essere portato a termine il processo costitutivo delle Comunità Locali, secondo i principi ed i criteri contenuti nella presente Legge Regionale istitutiva.

2. A tal fine, si provvederà con decreto del Presidente della Regione Basilicata alla costituzione di un apposito gruppo di lavoro composto da esperti nominati dall’Ente Regione e dalla conferenza permanente delle autonomie locali, con il compito di provvedere alla piena e corretta implementazione della presente normativa e di accompagnare il processo costitutivo delle Comunità Locali.

3. E’ demandato alla Giunta Regionale, sulla base delle proposte formulate dal gruppo di lavoro di cui al comma 2, il compito di regolamentare con propri provvedimenti il trasferimento del personale e dei rapporti giuridici dalle Comunità Montane alle Comunità Locali nonché il trasferimento di funzioni amministrative regionali delegate ed il riordino normativo conseguente.

 

     Art. 66. Disposizione in materia di personale

1. La Giunta Regionale promuove il raggiungimento di intese tra le associazioni regionali rappresentative degli Enti Locali e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul processo di trasferimento del personale dalle Comunità Montane estinte agli Enti subentranti, al fine di perseguire nel periodo transitorio la continuità dell’attività amministrativa e la compiuta applicazione delle norme contrattuali vigenti.

 

2. Il personale trasferito dalla Comunità Montana estinta alla Comunità Locale secondo le disposizioni della presente legge mantiene la posizione giuridica ed economica in godimento all’atto del trasferimento, con riferimento alle voci fisse e continuative, compresa l’anzianità di servizio maturata.

 

3. Le procedure di stabilizzazione del personale, già avviate all’entrata in vigore della presente legge dalle Comunità Montane soppresse, ai sensi dell’articolo 1, comma 558, della legge n.296/2000 e dell’articolo 3, commi 90 e 94, della legge n.244/2007, e non concluse alla data di estinzione delle Comunità Montane medesime, sono portate a compimento dalla comunità locale che succede nei contratti in corso del personale interessato alla stabilizzazione.

 

4. Ai fini dell’applicazione della presente legge, sono trasferiti alle Comunità Locali i rapporti di lavoro a qualunque titolo in essere e fino alla naturale scadenza contrattuale ivi compresi i rapporti di prestazioni coordinate e continuative, di somministrazione nonché le convenzioni per l’utilizzo dei L.S.U.

 

5. Nelle more del processo di costituzione delle Comunità Locali, è fatto divieto di procedere ad assunzioni o contratti di lavoro a qualsiasi titolo.

 

6. Il comma che precede non si applica ai rapporti di lavoro a qualsiasi titolo, relativi ai piani ed ai programmi che saranno approvati dalla Regione.

Sono inoltre fatte salve le procedure concorsuali già avviate alla data di entrata in vigore della presente legge.

 

7. Qualora adeguatamente motivate sono consentiti, in deroga al comma 5, proroghe o rinnovi dei rapporti di lavoro di cui ai commi 3 e 4.

 

     Art. 67. Estinzione delle Comunità montane e norme di rinvio

1. A partire dalla data di efficacia del decreto di cui all’art. 16, comma 2,:

a) le Comunità Montane costituite ai sensi della L.R. 17 febbraio 1993 n. 9 sono soppresse;

b) i riferimenti alle Comunità Montane contenute nella legislazione regionale o nazionale si intendono effettuati alle Comunità Locali;

 

2. In prima applicazione della presente legge, i segretari ed i dirigenti di ruolo presso le Comunità montane, sono iscritti d’ufficio alla lista di cui al comma 5 dell’art. 26.

 

3. Per quanto non espressamente disciplinato dalla presente legge si applicano, in quanto compatibili, le norme del D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267 per le Unioni di Comuni e, subordinatamente ed ove applicabili, per le Comunità Montane.

 

     Art. 68. Norma finanziaria

1. Gli oneri derivanti dalla applicazione della presente legge faranno carico alle dotazioni finanziarie delle leggi di settore e di riordino.

 

Titolo VI

Disposizioni transitorie

 

     Art. 69. Norma transitoria

1. Fino alla conclusione del processo costitutivo delle Comunità Locali, da realizzarsi entro il termine del 30 giugno 2009, continuano ad operare, per le loro finalità istituzionali, tutte le comunità montane costituite e perimetrate ai sensi della L.R. 17 febbraio 1993, n.9.

 

2. Alle Comunità Montane sono altresì attribuite le funzioni di governo e di indirizzo dell’intero processo di transizione verso l’istituzione delle Comunità Locali al fine di consentire la regolare costituzione, nei termini previsti, delle stesse ed assicurare la continuità della relativa azione amministrativa, anche mediante successione nei rapporti attivi e passivi. Ai fini di cui al presente articolo, con Decreti del Presidente della Giunta Regionale, sono sciolti gli organi delle Comunità Montane e nominati appositi Commissari straordinari, che restano in carica sino alla soppressione del rispettivo ente [2].

 

3. Le Comunità Montane assumono il compito di effettuare la ricognizione di tutti i rapporti attivi e passivi, compresi quelli patrimoniali, del personale ed economico finanziaria e di predisporre una relazione da allegare all’atto di ricognizione e da trasmettere alla Regione Basilicata.

 

4. In caso di mancata trasmissione della ricognizione e della relazione entro il 31 gennaio 2009, il Presidente della Giunta Regionale, previa diffida a provvedere nei 15 giorni successivi, nomina un commissario che provvede in via sostitutiva.

 

     Art. 70. Effetti dell’estinzione delle Comunità Montane

1. Il Presidente della Giunta regionale adotta il decreto di estinzione delle Comunità montane, a decorrere dal quale le Comunità Locali succedono in tutti i rapporti attivi e passivi e nei rapporti patrimoniali delle Comunità medesime, subentrano nell’esercizio delle funzioni già esercitate dalle Comunità montane al momento dell’estinzione e per il territorio già di competenza delle Comunità montane estinte.

 

2. Il decreto provvede altresì a dettare disposizioni per l’assegnazione alle comunità locali delle risorse regionali già spettanti alle Comunità montane.

 

3. Il complesso dei rapporti e dei beni trasferiti alle comunità locali è gestito, almeno per un anno dalla data di adozione del decreto, in modo distinto.

 

4. Il decreto di estinzione delle comunità montane costituisce titolo per le trascrizioni, le volture catastali ed ogni altro adempimento derivante dalle successioni.

 

5. Le Comunità Locali che subentrano nei beni e nei rapporti giuridici delle soppresse Comunità montane trasmettono copia del decreto al Ministero dell’Interno ed al Ministero dell’Economia e delle finanze ai fini del trasferimento delle risorse finanziarie assegnate e da assegnarsi alle disciolte Comunità montane a titolo di contributo consolidato e di contributo per investimenti.

 

     Art. 71. Riduzione dei costi

1. Al fine di concorrere agli obiettivi di contenimento della spesa pubblica fissati nella Legge n.24 dicembre 2007, n.244 le indennità spettanti agli organi delle Comunità montane vengono così rideterminate:

a) per la partecipazione all’attività consiliare ed alle commissioni, ai consiglieri comunitari spetta un gettone di presenza il cui importo è deliberato dal Consiglio della Comunità montana in misura non superiore al 50% del gettone di presenza percepito dal consigliere di un Comune di popolazione pari a quello della Comunità. Le spettanze percepite in un mese dal consigliere comunitario non possono superare, in nessun caso, la quarta parte dell’indennità spettante al Presidente ed agli Assessori della Comunità;

b) al Presidente ed ai membri della Giunta della Comunità montana è riconosciuta una indennità di funzione nella misura massima del 10% dell’indennità prevista per un comune pari alla popolazione della stessa Comunità.

 

     Art. 72. Pubblicazione ed entrata in vigore della legge

1. La presente legge regionale è dichiarata urgente ed entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione.

2. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Basilicata.


[1] Abrogata dall'art. 23 della L.R. 30 dicembre 2010, n. 33.

[2] Comma così sostituito dall'art. 1 della L.R. 29 settembre 2009, n. 29.