§ 98.1.41828 - Circolare 11 febbraio 2000, n. 23/E .
Legge 23 dicembre 1999, n. 488 (legge finanziaria 2000). Chiarimenti in ordine alle disposizioni relative all'imposta comunale sugli [...]


Settore:Normativa nazionale
Data:11/02/2000
Numero:23

§ 98.1.41828 - Circolare 11 febbraio 2000, n. 23/E .

Legge 23 dicembre 1999, n. 488 (legge finanziaria 2000). Chiarimenti in ordine alle disposizioni relative all'imposta comunale sugli immobili (I.C.I.) .

 

Emanata dal Ministero delle finanze, Dipartimento delle entrate, Direzione centrale per la fiscalità locale. Pubblicata nella Gazz. Uff. 20 marzo 2000, n. 66.

 

 

Ai Comuni 

e, p. c.: 

Alle Direzioni regionali delle entrate 

 

Al Dipartimento del territorio  

 

All'Associazione Nazionale dei Comuni Italiani  

 

(A.N.C.I.) 

 

 

La legge 23 dicembre 1999, n. 488, recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2000)", pubblicata sul supplemento ordinario n. 227/L alla Gazzetta Ufficiale del 27 dicembre 1999, ha introdotto importanti innovazioni in materia di imposta comunale sugli immobili (I.C.I.) già brevemente illustrate nella circolare n. 247/E del 29 dicembre 1999 ed in ordine alle quali con la presente circolare si offrono ulteriori chiarimenti.

Le norme più significative della legge finanziaria che hanno riguardato l'I.C.I. sono contenute nell'art. 30.

 

 

A) Proroga dei termini per la notificazione degli avvisi di liquidazione e di accertamento

L'art. 30, comma 10, stabilisce il differimento al 31 dicembre 2000 dei termini per la notificazione:

degli avvisi di liquidazione sulla base delle dichiarazioni e degli avvisi di accertamento in rettifica o d'ufficio relativi all'I.C.I. dovuta per l'anno 1993;

degli avvisi di liquidazione sulla base delle dichiarazioni relativamente all'I.C.I. dovuta per gli anni 1994, 1995, 1996 e 1997;

degli avvisi di accertamento in rettifica, relativamente all'I.C.I. dovuta per gli anni 1994, 1995, 1996;

degli avvisi di accertamento d'ufficio relativi all'I.C.I. dovuta per l'anno 1994;

degli atti di contestazione delle violazioni non collegate all'ammontare dell'imposta, commesse negli anni dal 1993 al 1998.

Si tratta di una proroga dei termini stabiliti dall'art. 11 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, per la liquidazione e l'accertamento del tributo, che ha investito a ritroso distinte annualità di imposta, poiché diversi sono i termini fissati dall'art. 11, a seconda del provvedimento adottato dal comune.

Relativamente agli atti di contestazione delle violazioni non collegate all'ammontare dell'imposta, la norma di riferimento è contenuta invece nell'art. 14, comma 5, del D.Lgs. n. 504 del 1992, che attribuisce al comune la possibilità di contestare dette violazioni entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui sono state commesse. Peraltro, l'estensione fino al 31 dicembre 2000 del termine per notificare gli atti di contestazione di questa tipologia di violazioni commesse negli anni dal 1993 al 1998, risulta indifferente per l'anno 1995 - poiché è proprio in quella data che scade il naturale termine di decadenza - ed appare del tutto irrilevante per le annualità 1996, 1997 e 1998, in quanto il calcolo dei termini effettuato sulla base dell'art. 14, comma 5, consente ai comuni di andare ben oltre la data finale stabilita dalla legge finanziaria. Deve pertanto concludersi che l'effetto della disposizione in esame consiste esclusivamente in una proroga dei termini per effettuare la notificazione degli atti di contestazione delle violazioni non collegate all'ammontare dell'imposta commesse negli anni 1993 e 1994.

 

 

B) Attribuzione della rendita catastale

Il comma 11 dell'art. 30 integra, con alcune significative disposizioni l'art. 5, comma 4, del D.Lgs. n. 504 del 1992, che, in materia di base imponibile, stabilisce che il valore degli immobili per i fabbricati non iscritti in catasto, nonché per quelli per i quali sono intervenute variazioni permanenti, anche se dovute ad accorpamento di più unità immobiliari, che influiscono sull'ammontare della rendita catastale, è determinato con riferimento alla rendita dei fabbricati similari già iscritti. La norma della legge finanziaria prevede infatti che "fino alla data dell'avvenuta comunicazione della rendita non sono dovuti sanzioni e interessi per effetto della nuova determinazione della rendita catastale". Viene inoltre stabilito che gli uffici competenti devono provvedere alla comunicazione dell'avvenuto classamento delle unità immobiliari a mezzo del servizio postale con modalità idonee ad assicurarne l'effettiva conoscenza da parte del contribuente, garantendo, altresì, che il contenuto della comunicazione non sia conosciuto da soggetti diversi dal destinatario.

A tal fine il Dipartimento del territorio, con nota n. C/88414 del 29 dicembre 1999, ha già diramato le necessarie istruzioni per il corretto adempimento dell'obbligo imposto dalla legge finanziaria, stabilendo che:

la comunicazione deve essere effettuata nei confronti di tutti gli intestatari e recapitata agli indirizzi di residenza dichiarati dalla parte o in mancanza alla residenza risultante dall'Anagrafe tributaria;

deve essere utilizzato il mezzo postale, mediante invio al destinatario di raccomandata ordinaria con ricevuta di ritorno indicando sulla busta la dicitura: "Riservata personale".

Tutto ciò comporta quindi che, anche in conformità alla risoluzione n. 7-00819 della VI Commissione Finanze della Camera dei deputati, la notifica mediante la pubblicazione nell'Albo pretorio della rendita definitiva (che la legge impropriamente definisce "nuova"), deve essere considerata giuridicamente irrilevante.

Occorre quindi verificare gli effetti delle disposizioni innovative sul contenuto dell'art. 11, comma 1, ultimo periodo, del D.Lgs. n. 504 del 1992, che stabilisce, tra l'altro, che entro il 31 dicembre dell'anno successivo a quello in cui è avvenuta la comunicazione, il comune, sulla base della rendita attribuita:

provvede alla liquidazione della maggiore imposta dovuta e degli interessi, senza applicazione di sanzioni, qualora lo scostamento tra la rendita dichiarata e quella attribuita non superi il 30 per cento;

dispone il rimborso delle somme versate in eccedenza e dei relativi interessi;

applica all'imposta dovuta una maggiorazione del 20 per cento ove la rendita attribuita superi di oltre il 30 per cento quella dichiarata.

La norma in esame stabilisce l'applicazione di tale particolare meccanismo limitatamente al periodo in cui non si ha certezza della rendita definitiva, interessando così soltanto le annualità precedenti a quella in cui il contribuente ha avuto comunicazione della rendita effettiva. Va inoltre osservato che detta "maggiorazione", nonostante la denominazione, assume, secondo quanto è desumibile dalla volontà del legislatore della legge finanziaria, natura sanzionatoria. Al riguardo si precisa che detta maggiorazione è l'unica sanzione legittimamente applicabile alla fattispecie in questione.

Da quanto appena affermato consegue che le disposizioni dell'art. 30, comma 11, stabilendo innovativamente che fino alla data in cui il contribuente ha avuto effettiva conoscenza della rendita non possono essere computati né interessi, né sanzioni, rendono di fatto inapplicabili dal 1° gennaio 2000 le disposizioni di cui all'art. 11, comma 1, ultimo periodo, del D.Lgs. n. 504 del 1992, perché riguardanti annualità in cui la rendita definitiva, non essendo stata ancora attribuita, non poteva essere comunicata al contribuente.

Dal momento invece in cui il contribuente viene a conoscenza della rendita definitiva secondo il nuovo sistema di comunicazione, bisogna distinguere due fattispecie:

per il periodo precedente a detta data, il comune potrà richiedere unicamente la differenza di imposta dovuta;

per il periodo successivo a detta data, se il contribuente continua a versare il tributo in base alla rendita presunta o comunque in maniera difforme dagli importi dovuti in base alla rendita definitiva, il comune, oltre a richiedere la differenza di imposta, dovrà calcolare su detto importo i relativi interessi ed irrogare la sanzione prevista dall'art. 13 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, mentre non potrà ovviamente applicare la maggiorazione del 20 per cento, i cui effetti sono limitati al periodo in cui non vi era ancora la rendita definitiva.

Relativamente alla validità temporale delle norme contenute nell'art. 30, comma 11, occorre precisare che le stesse entrano in vigore dal 1° gennaio 2000, e quindi, in mancanza di espressa disposizione al riguardo, non possono avere valore retroattivo, con le seguenti conseguenze.

Per quanto attiene agli interessi computabili fino al 31 dicembre 1999 gli stessi sono dovuti, anche se liquidati successivamente a tale data, mentre, a partire dall'anno in corso non possono essere più richiesti, se non dopo la notificazione al contribuente della rendita definitiva, come sopra precisato.

In ordine, poi, alla sanzione del 20 per cento, che, come già precisato, era l'unica irrogabile, la legge finanziaria fa comunque salva l'applicazione dell'art. 3 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, dove si trovano sanciti il principio di legalità, dell'irretroattività e del favor rei e, poiché il principio di legalità stabilisce che nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile e se la sanzione è già stata irrogata con provvedimento definitivo il debito residuo si estingue, ma non è ammessa ripetizione di quanto pagato, le diverse fattispecie connesse all'applicazione delle sanzioni dovranno essere riviste alla luce delle norme in vigore dal 1° gennaio 2000.

Pertanto alla data del 31 dicembre 1999 potevano verificarsi le seguenti situazioni:

se l'atto di contestazione o di irrogazione immediata della sanzione sono già stati notificati e sono divenuti definitivi, essendo già scaduto il termine per proporre ricorso avanti alle Commissioni tributarie senza che lo stesso sia stato presentato, si applica il principio dell'art. 3 del D.Lgs. n. 472 del 1997, per cui se il contribuente ha già pagato, non è ammessa restituzione. Né, al riguardo, potrebbe invocarsi l'applicazione del principio di autotutela, considerato che la fattispecie è la conseguenza della legittima applicazione di una norma a suo tempo vigente. Se viceversa il contribuente, per effetto, ad esempio, di provvedimenti di sospensione amministrativa o di dilazione del pagamento, non ha ancora pagato in tutto o in parte la sanzione, il debito residuo si estingue;

se risulta già notificato l'atto di contestazione o di irrogazione immediata della sanzione ma non è ancora decorso il termine di 60 giorni per proporre ricorso avanti ai giudici tributari, detti provvedimenti non sono divenuti definitivi. Per cui l'applicazione del principio dell'art. 3 del D.Lgs. n. 472 del 1997, comporta che non sono più dovute le sanzioni e quindi, il comune dovrà provvedere alla rettifica degli atti in esame, mentre se il contribuente ha già assolto la propria obbligazione, gli importi pagati a titolo di sanzione dovranno essere rimborsati. Le stesse argomentazioni valgono nell'ipotesi in cui avverso i suddetti provvedimenti sia stato proposto ricorso, in quanto anche in questo caso non sono ancora divenuti definitivi;

se l'atto di contestazione o di irrogazione immediata della sanzione sono stati predisposti, ma non ancora notificati al contribuente, il comune dovrà eliminare l'importo corrispondente alla sanzione limitatamente al periodo compreso tra la dichiarazione I.C.I. e la data in cui il contribuente ha avuto piena conoscenza della rendita definitiva;

se le comunicazioni delle rendite definitive non risultano ancora pubblicate nell'Albo pretorio, si renderà necessario effettuarne la comunicazione direttamente al contribuente, in base alle norme dell'art. 30, comma 11, della legge finanziaria (legge n. 488 del 1999), in vigore dal 1° gennaio 2000. Se, viceversa, le comunicazioni di attribuzione di rendita sono state effettuate entro il 31 dicembre 1999 mediante affissione nell'Albo pretorio, le stesse restano pienamente valide, poiché le disposizioni innovative riguardanti la comunicazione non hanno valore retroattivo. In tale ipotesi sarebbe tuttavia opportuno che il comune, ove sia a conoscenza delle rendite definitive, le comunichi direttamente al contribuente, al fine di assicurarne a quest'ultimo la piena conoscenza.

Va infine rilevato che, se la rendita definitiva comporta un versamento del tributo di entità inferiore rispetto a quanto pagato in base alla rendita presunta, poiché le disposizioni della finanziaria non sono retroattive, il comune dovrà rimborsare, oltre alla differenza di imposta dovuta, solo gli interessi computabili fino alla data del 31 dicembre 1999. Se invece la conoscenza della rendita definitiva avviene successivamente al 1° gennaio 2000, da questa data e fino al momento della piena conoscenza della rendita da parte del contribuente gli interessi non dovranno essere più rimborsati, in quanto è la stessa norma a stabilire in via generale che "non sono dovuti sanzioni e interessi per effetto della nuova determinazione della rendita catastale".

 

 

C) La disciplina tributaria delle pertinenze

L'art. 30, comma 12, della legge finanziaria stabilisce che, fino all'anno di imposta 1999 compreso, l'aliquota ridotta di cui all'art. 4, comma 1, del D.L. 8 agosto 1996, n. 437, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 ottobre 1996, n. 556, deliberata dai comuni, in misura non inferiore al 4 per mille, si applica soltanto agli immobili adibiti ad abitazione principale, con esclusione di quelli qualificabili come pertinenze, ai sensi dell'art. 817 del codice civile.

La norma è rivolta quindi ai comuni che abbiano deliberato una riduzione di aliquota I.C.I. in favore delle persone fisiche soggetti passivi e dei soci di cooperative edilizie a proprietà indivisa, residenti nel comune, per l'unità immobiliare direttamente adibita ad abitazione principale, nonché per quelle locate con contratto registrato ad un soggetto che le utilizzi come abitazione principale.

La disposizione in esame attiene ad una problematica sulla quale il Ministero delle finanze è già intervenuto con la circolare n. 114/E del 25 maggio 1999, con la quale è stato affermato il principio dell'identità di trattamento fiscale fra l'abitazione principale e le sue pertinenze, a seguito del parere espresso dal Consiglio di Stato, sezione terza, nell'adunanza del 24 novembre 1998, che ha richiamato in merito l'applicabilità dell'art. 817 del codice civile anche per l'I.C.I.

La norma contenuta nell'art. 30, comma 12, della legge finanziaria (legge n. 488 del 1999) interviene quindi a dettare gli esatti termini entro i quali inquadrare le pertinenze per tutti gli anni pregressi, fino al 1999 compreso. A tal fine soccorre anche il successivo comma 13, secondo il quale la disposizione del precedente comma 12 non ha effetto nei riguardi dei comuni che nel periodo anzidetto abbiano già applicato, a seguito dell'adozione di specifica deliberazione, l'aliquota ridotta anche agli immobili adibiti a pertinenze. Dal 1° gennaio 2000, invece, alle pertinenze, così come delineato dalla citata circolare n. 114/E del 1999, deve essere riservato lo stesso trattamento fiscale dell'abitazione principale, indipendentemente dal fatto che il comune abbia o meno deliberato l'estensione della riduzione dell'aliquota anche alle pertinenze.

Occorre sottolineare che la disposizione contenuta nella legge finanziaria riguarda esclusivamente le riduzioni di aliquota eventualmente disposte dai comuni e non le detrazioni che l'art. 8 del D.Lgs. n. 504 del 1992, consente al comune di stabilire per l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale. Pertanto, l'ammontare della detrazione se non trova totale capienza nell'imposta dovuta per l'abitazione principale deve essere computato, per la parte residua, sull'imposta dovuta per le pertinenze.

Infine, va rilevato che la circostanza che sul trattamento delle pertinenze vi sia stata una serie di interventi in senso opposto sia da parte della prassi amministrativa e sia da parte del legislatore, può rendere operante l'art. 6, comma 2, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, che prevede la non punibilità dell'autore della violazione quando quest'ultima è determinata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferiscono.

Il Direttore generale

Dott. Massimo Romano