§ 98.1.37055 - Circolare 23 dicembre 1996, n. 306/E .
Decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, recante "Modificazioni al regime fiscale degli interessi, premi ed altri frutti delle [...]


Settore:Normativa nazionale
Data:23/12/1996
Numero:306

§ 98.1.37055 - Circolare 23 dicembre 1996, n. 306/E .

Decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, recante "Modificazioni al regime fiscale degli interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni e titoli similari, pubblici e privati". Modalità applicative dell'imposta sostitutiva.

 

Emanata dal Ministero delle finanze, Dipartimento delle entrate. Pubblicata nella Gazz. Uff. 4 gennaio 1997, n. 3, S.O.

 

 

Alle Direzioni delle entrate per le provincie 

 

autonome di Trento e Bolzano 

 

Agli Uffici distrettuali delle imposte dirette; 

 

Ai Centri di servizio di Roma, Milano, Bari,  

 

Pescara, Venezia, Bologna, Genova, Palermo, Torino, Salerno e Trento 

 

Alle Direzioni centrali del Dipartimento delle  

 

entrate 

 

Alla Direzione generale degli affari generali e del  

 

personale 

 

Al Segretario generale 

 

Alla Presidenza del Consiglio dei Ministri 

 

Ai Ministeri 

 

Alla Ragioneria generale dello Stato 

 

Alla Corte dei conti 

 

Al Servizio centrale degli ispettori tributari 

 

Al Comando generale della Guardia di Finanza 

 

All'Ente Poste italiane 

 

All'Associazione bancaria italiana 

 

 

Premessa

In attuazione della disposizione contenuta nell'art. 3, comma 168, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, è stato emanato il decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, con il quale, a decorrere dal 1° gennaio 1997, sono state apportate sostanziali modifiche all'attuale regime della ritenuta alla fonte sugli interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni e titoli similari che maggiormente influenzano il mercato italiano.

Tra le finalità più importanti del provvedimento va segnalata, in primo luogo, quella concernente il passaggio da un generalizzato sistema di applicazione della ritenuta alla fonte ad un altro in cui la stessa viene completamente abolita - sempreché si tratti, beninteso, dei titoli specificamente indicati nell'art. 1, comma 1, del provvedimento in esame - nei confronti dei soggetti che attualmente la subiscono a titolo d'acconto. Nei confronti di tutti gli altri soggetti, viene introdotta - in luogo della ritenuta a titolo definitivo - un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, la cui applicazione è posta a carico di alcuni soggetti che, a tal fine, assumono la veste di intermediari autorizzati (banche, società d'intermediazione mobiliare, società fiduciarie, agenti di cambio, ecc.).

Una delle implicazioni più rilevanti di tale scelta è quella di liberare il mercato finanziario italiano dall'incombenza della ritenuta alla fonte e da ciò che essa comporta, proiettandolo verso un sistema di "negoziazione al lordo" dei titoli, in linea con quelli che sono gli standard dei mercati finanziari più avanzati. Tale circostanza comporta che, ai fini della tassa sui contratti di borsa di cui al R.D. 30 settembre 1923, n. 3278, la base imponibile è determinata al lordo dell'imposta sostitutiva prevista dal decreto legislativo n. 239 del 1996.

Attesa la peculiarità del nuovo regime impositivo, che prevede la non applicazione dell'imposta sostitutiva nei confronti sia dei "lordisti" residenti (per tali intendendosi i soggetti nei cui confronti non si applica l'imposta sostitutiva e che percepiscono, quindi, i proventi dei titoli in questione senza applicazione del prelievo da parte degli intermediari), sia dei soggetti non residenti che si trovino nelle condizioni di cui agli articoli 6 e seguenti del provvedimento in oggetto, è appena il caso di precisare che qualora i titolari siano cointestati a soggetti nei cui confronti si applica un differente regime fiscale - ad esempio, titoli cointestati a "lordisti" residenti ed a "nettisti" (per tali intendendosi tutti i soggetti nei cui confronti si applica l'imposta sostitutiva e che per tale motivo percepiscono i proventi dei titoli in questione al netto del tributo) ovvero a "nettisti" ed a soggetti non residenti nei cui confronti sussistono le condizioni per fruire dell'esenzione prevista dal D.Lgs. n. 239 del 1996 - non si applica il regime di esclusione dall'applicazione dell'imposta sostitutiva e, pertanto, gli intermediari autorizzati ovvero, ricorrendo l'ipotesi prevista dall'art. 5, comma 2, del provvedimento in oggetto, i soggetti che hanno emesso i titoli in parola sono tenuti ad applicare l'imposta sostitutiva sull'intero ammontare dei proventi derivanti dai titoli cointestati.

Un altro aspetto importante del provvedimento riguarda il trattamento fiscale dei proventi dei titoli obbligazionari previsto per i soggetti non residenti. Ed infatti, in luogo del regime fiscale attualmente applicabile, basato anche sulle disposizioni contenute nei singoli trattati contro le doppie imposizioni, il provvedimento introduce - in conformità a quanto stabilito dalla disposizione contenuta nell'art. 3, comma 168, lett. c), della citata legge n. 549 del 1995 - un regime di non applicazione dell'imposta, limitatamente ai soggetti che risiedono nei Paesi che hanno stipulato con l'Italia detti trattati. In tal modo sarà possibile ampliare la base degli investitori esteri e, per questa via, abbassare ulteriormente i rendimenti dei titoli.

In definitiva, il provvedimento consente di:

a) ridurre il costo del finanziamento, sia pubblico che privato;

b) eliminare una serie di problemi connessi all'attuale sistema applicativo della ritenuta alla fonte.

In proposito è stato accertato che l'esistenza di inefficienze e frizioni nel mercato dei titoli costituisce una fonte di costo addizionale per gli emittenti. Per far fronte a questa situazione, sono state attuate negli ultimi anni importanti riforme sia sul mercato primario che sul mercato secondario dei titoli di Stato.

Tuttavia, per quanto riguarda il trattamento fiscale degli investitori non residenti, in Italia vige tuttora un regime particolarmente restrittivo, se messo a confronto con quello di altri Paesi. Giova ricordare, al riguardo, che gli investitori residenti in taluni Paesi (ad esempio, Stati Uniti e Giappone) sono attualmente esclusi dalle procedure di rimborso delle ritenute sui proventi dei titoli di Stato e tali soggetti solo in modo molto parziale riescono ad estinguere nel Paese di residenza i crediti d'imposta imputabili alla ritenuta subita in Italia.

Va inoltre tenuto presente che, negli ultimi anni, molti Paesi europei e gli Stati Uniti hanno eliminato le ritenute alla fonte sul proventi dei titoli obbligazionari posseduti dai non residenti, registrando significativi aumenti nel livello di partecipazione nei loro mercati da parte degli investitori esteri.

Con il provvedimento in oggetto l'Italia si adegua quindi agli standard internazionali nel trattamento fiscale dei soggetti non residenti, anche allo scopo di assicurarsi una domanda aggiuntiva, con effetti benefici sul costo dei finanziamento.

Come si vedrà meglio in seguito, la riforma recata dal provvedimento in rassegna non riguarda soltanto i titoli di Stato, ma la quasi totalità delle obbligazioni.

Attraverso l'abolizione della ritenuta d'acconto viene inoltre rimossa, per i soggetti destinatari di questa forma di prelievo, una fonte d'incertezza circa la valutazione del rendimento dei titoli obbligazionari. Le imprese potranno conseguentemente alleggerire i loro bilanci dai crediti d'imposta e ridurre così le incertezze e le penalizzazioni finanziarie che derivano dall'attuale sistema impositivo.

Gli intermediari finanziari, poi, avendo maggiore certezza sui flussi di cassa generali dei titoli, saranno facilitati nelle loro strategie e scelte di portafoglio.

Con l'introduzione del nuovo regime fiscale verranno altresì eliminate quelle incertezze che tuttora permangono nelle procedure di rimborso ai non residenti, i quali potranno realizzare i rendimenti lordi nel momento in cui incassano le cedole oppure regolano le operazioni di compravendita.

Al riguardo va sottolineato che il decreto in oggetto contiene diverse disposizioni miranti a contrastare possibili fenomeni di elusione. In particolare è stato previsto per i soggetti non residenti, che l'esenzione dall'imposta abbia luogo esclusivamente in presenza di trattati bilaterali sulla base dei quali sia realizzabile, mediante lo strumento dello scambio di informazioni, l'accertamento della sussistenza dei requisiti da parte degli aventi diritto. In assenza di convenzioni contro le doppie imposizioni ovvero in presenza di convenzioni che non consentono lo scambio di informazioni, il regime di esenzione non troverà applicazione e, pertanto, gli intermediari dovranno applicare l'imposta sostitutiva anche nei confronti dei soggetti non residenti.

Ulteriori importanti disposizioni antielusive sono presenti nell'art. 8 del provvedimento in oggetto, laddove è previsto un sistema di segnalazioni periodiche all'Amministrazione finanziaria dei proventi percepiti da ciascun beneficiario non residente, non assoggettato all'imposta sostitutiva.

Da quanto precede emerge con evidenza come il nuovo regime fiscale va ad incidere sugli aspetti procedurali dell'obbligazione tributaria sostenuta dai contribuenti relativamente ai proventi dei titoli obbligazionari, in quanto resta sostanzialmente immutato l'onere tributario gravante sui proventi di questi titoli rispetto all'attuale trattamento fiscale.

Ed infatti, per quanto riguarda i soggetti attualmente destinatari del prelievo a titolo definitivo non cambia nulla, venendo essi a percepire, anche con il nuovo regime, rendimenti "netti" dell'imposta sostitutiva del 12,50 per cento

Altrettanto va detto per quanto concerne i soggetti nei cui confronti attualmente si applica la ritenuta a titolo d'acconto di cui all'art. 26, primo comma, del D.P.R. n. 600 del 1973, la quale - come noto - viene scomputata in sede di dichiarazione dei redditi. Anche nel nuovo regime detti soggetti assolveranno l'imposta sull'intero ammontare dei redditi da essi conseguiti nel periodo d'imposta (ivi compresi i proventi dei titoli obbligazionari) e l'unica differenza rispetto all'attuale sistema è rappresentato dall'assenza della ritenuta alla fonte, il che a sua volta comporta l'assenza delle ritenute da recuperare in sede di dichiarazione.

Il minor gettito che si viene a determinare in termini di cassa per effetto della soppressione della ritenuta nei confronti dei soggetti da ultimo considerati viene ad essere compensato, tra l'altro, mediante un incremento dei versamenti d'acconto dell'IRPEG relativa ai periodi d'imposta 1997 e seguenti e dell'IRPEF dovuta dai soci delle società in accomandita semplice, dalle società in nome collettivo e dagli altri soggetti fiscalmente equiparati.

L'applicazione dell'imposta sostitutiva attraverso gli intermediari autorizzati non esclude tuttavia che detta imposta possa essere applicata anche dai soggetti che hanno emesso i titoli obbligazionari, atteso che questa ipotesi è stata espressamente prevista con una norma di chiusura del nuovo sistema, volta ad evitare casi di non applicazione dell'imposta in esame. Come si vedrà meglio in seguito, tale eventualità non comporta tuttavia l'obbligo per gli emittenti di istituire il "conto unico", in quanto detto conto rappresenta lo strumento contabile che gli intermediari autorizzati - e soltanto essi - dovranno obbligatoriamente istituire.

È utile sottolineare che, relativamente al nuovo regime impositivo, gli intermediari autorizzati non assumono la veste dei sostituti d'imposta, avendo il legislatore posto a loro carico tutta una serie di adempimenti finalizzati alla determinazione ed al versamento dell'imposta sostitutiva, il cui ammontare risulterà dal saldo positivo del "conto unico", ottenuto su base mensile.

Naturalmente, per quanto concerne i titoli obbligazionari esclusi dal nuovo regime impositivo, sui relativi interessi, premi ed altri frutti continuerà ad applicarsi la ritenuta alla fonte prevista dall'art. 26, primo comma, del D.P.R. n. 600 del 1973.

 

 

Parte prima

Regime fiscale per i soggetti residenti

Capitolo I

1. Ambito oggettivo.

Come già anticipato, le esigenze dinanzi illustrate hanno richiesto che la disciplina del provvedimento in oggetto si applicasse non soltanto ai titoli di Stato ma anche alle obbligazioni emesse da altri soggetti (banche, società quotate nel mercati regolamentati italiani, enti pubblici economici trasformati in società per azioni in vista della privatizzazione di tali enti, ecc.).

Tale scelta comporta che, nell'ampio settore dei titoli obbligazionari, occorre distinguere quelli ai quali si applica il nuovo regime impositivo da quelli ai quali non si applica.

1.1. Titoli inclusi nella disciplina del D.Lgs. n. 239 del 1996

In base al combinato disposto degli articoli 1, 2, comma 1, e 12 del provvedimento in oggetto, in luogo della ritenuta alla fonte del 12,50 per cento prevista dal primo comma dell'art. 26 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, sugli interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni e titoli similari, maturati e percepiti da determinate categorie di soggetti a partire dal 1° gennaio 1997 (ovvero successivamente, se trattasi di titoli con cedola in corso di maturazione a tale data), si applica l'imposta sostitutiva nella misura del 12,50 per cento.

A tale riguardo si ritiene utile anticipare fin d'ora che ai titoli obbligazionari con cedola unica, avente la stessa durata dei titoli, si applica il regime previsto dall'art. 12, comma 1, lett. b), del provvedimento in oggetto, in quanto detti titoli vanno considerati alla stregua dei titoli "zero coupon". Tale disposizione interessa i titoli emessi prima del 1° gennaio 1997 con cedola di interessi unica scadente in coincidenza della scadenza del titolo e del rimborso del capitale (cosiddetti titoli "one coupon").

Ai fini del raggiungimento dell'obiettivo perseguito dal legislatore nella soggetta materia, la locuzione "...ovvero della prima cedola successiva a quella in corso di maturazione alla predetta data" non può che presupporre l'esistenza di una pluralità di cedole periodiche. Infatti, l'aver disposto "..dalla prima cedola successiva.." lascia chiaramente intendere che alla prima cedola ne seguono delle altre.

In sostanza, con tale disposizione si è voluto evitare, per ragioni di ordine pratico, che una cedola con maturazione a cavallo d'anno potesse avere un doppio regime di tassazione.

Alla stregua di questa logica premessa, la cedola unica finale altro non rappresenta che un titolo "zero coupon" il quale a scadenza assicura sia il rimborso del capitale investito che il pagamento degli interessi maturati per tutto il periodo di durata del titolo, cioè uno "zero coupon" ad interessi espliciti.

In buona sostanza, nel titolo "one coupon" la cedola rappresenta una pura formalità e non è casuale il fatto che la borsa ha deciso di quotare detti titoli "tel quel", vale a dire con le stesse modalità di quotazione adottate per i titoli "zero coupon".

Ciò premesso, i titoli ai quali si applica questo nuovo regime sono i seguenti:

a) i titoli obbligazionari emessi dalle banche;

b) le obbligazioni e i titoli similari emessi da società per azioni le cui azioni sono negoziate nei mercati regolamentati italiani;

c) le obbligazioni e gli altri titoli indicati nell'art. 31 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, e quelli ad essi equiparati;

d) le obbligazioni e i titoli similari emessi dagli enti pubblici economici trasformati in società per azioni in base a disposizioni di legge;

e) i titoli obbligazionari emessi da enti territoriali ai sensi dell'art. 35 della legge 23 dicembre 1994, n. 724.

Conseguentemente, si può fin d'ora osservare che, a partire dal primo gennaio 1997 - e ferma restando la disciplina transitoria che verrà illustrata nel capitolo 12 della presente circolare - i soggetti che hanno emesso i titoli obbligazionari sopra elencati non dovranno più applicare sugli interessi premi ed altri frutti dei titoli stessi la ritenuta di cui al primo comma dell'art. 26 del citato D.P.R. n. 600 del 1973 ma - ricorrendo l'ipotesi prevista dall'art. 5 comma 2, del provvedimento in oggetto - dovranno applicare l'imposta sostitutiva.

Per contro, ai titoli obbligazionari diversi da quelli sopra elencati (ad esempio: obbligazioni e titoli similari emessi all'estero da società ed enti, residenti o non residenti; titoli obbligazionari emessi in Italia da società le cui azioni non sono negoziate nei mercati regolamentati italiani, ecc.) non si applica il nuovo regime introdotto dal provvedimento in oggetto e, pertanto, sugli interessi, premi ed altri frutti derivanti da questi titoli continua ad applicarsi la ritenuta alla fonte di cui all'art. 26 del citato D.P.R. n. 600 del 1973.

L'art. 1 del provvedimento in oggetto ha previsto che il nuovo regime interessa anche i titoli similari alle obbligazioni. Al riguardo, tenuto conto delle disposizioni, intervenute nel corso del 1996, che hanno modificato la previgente disciplina in materia, è utile puntualizzare questa tipologia di titoli ai fini di una corretta applicazione del nuovo trattamento fiscale.

Come si ricorderà, l'art. 41, comma 2, del TUIR nella sua formulazione originaria stabiliva, tra l'altro, che «ai fini delle imposte sui redditi si considerano similari alle obbligazioni:

a) i buoni fruttiferi e i certificati di deposito con scadenza non inferiore a diciotto mesi emessi da istituti o aziende di credito;

b) i buoni fruttiferi emessi da società esercenti la vendita a rate di autoveicoli, autorizzate ai sensi dell'art. 29 del R.D.L. 15 marzo 1927, n. 436, convertito dalla legge 19 febbraio 1928, n. 510;

c) i titoli in serie o di massa con scadenza fissa non inferiore a diciotto mesi che contengono l'obbligazione incondizionata di pagare alla scadenza una somma non inferiore a quella in essi indicata, con o senza la corresponsione di proventi periodici, e che non attribuiscono ai possessori alcun diritto di partecipazione diretta o indiretta alla gestione dell'impresa emittente o dell'affare in relazione al quale siano stati emessi né di controllo sulla gestione stessa».

Questa disciplina è stata di recente modificata dalle seguenti disposizioni:

- l'art. 7, comma 11, del D.L. 20 giugno 1996, n. 323, convertito dalla legge 8 agosto 1996, n. 425, ha soppresso la trascritta disposizione di cui all'art. 41, comma 2, lett. a), del TUIR e, pertanto, i buoni fruttiferi ed i certificati di deposito emessi dalle banche, aventi scadenza non inferiore a 18 mesi, non sono più titoli similari alle obbligazioni, con l'ulteriore effetto che i proventi da essi derivanti devono essere assoggettati alla ritenuta alla fonte prevista dal secondo comma dell'art. 26 del D.P.R. n. 600 del 1973;

- l'art. 7, comma 13-bis, del citato D.L. n. 323 del 1996 ha previsto che l'art. 1, comma 1, del provvedimento in oggetto non si applica ai buoni fruttiferi e certificati di deposito emessi dalle banche prima del 20 giugno 1996, anche se aventi durata non inferiore a diciotto mesi (e, quindi, anche se, al momento della loro emissione, costituivano titoli similari alle obbligazioni secondo la preesistente disciplina);

- l'art. 14, comma 1, del D.L. 30 agosto 1996, n. 449, reiterato dal D.L. 23 ottobre 1996, n. 547, ha modificato la disposizione contenuta nella lettera c) del comma 2 dell'art. 41 del TUIR, avendo sancito la soppressione delle parole "con scadenza non inferiore a diciotto mesi". Pertanto, i titoli in questione, emessi a partire dalla data di entrata in vigore del citato D.L. n. 449 del 1996 (cioè dal 31 agosto 1996, in relazione a quanto previsto dall'art. 2, comma 164, del provvedimento collegato alla finanziaria 1997, in corso di approvazione al momento della redazione della presente circolare), sono equiparati alle obbligazioni indipendentemente dalla loro durata e sono soggetti alla ritenuta del 12,50% ovvero alla più elevata aliquota prevista dal primo comma dell'art. 26 del D.P.R. n. 600 del 1973, a seconda che la loro scadenza non sia ovvero sia inferiore a 18 mesi. Conseguentemente, ricorrendo le altre condizioni previste dal provvedimento in oggetto, i titoli in questione rientrano nell'ambito di applicazione del D.Lgs. n. 239 del 1996 soltanto se hanno una durata non inferiore a 18 mesi;

- l'art. 14, comma 2, lett. a), del citato D.L. n. 547 del 1996 ha stabilito che la ritenuta del 12,50% prevista dal primo comma dell'art. 26 del D.P.R. n. 600 del 1973 si applica a condizione che le obbligazioni abbiano scadenza non inferiore a 18 mesi e che, in caso contrario, si applica la ritenuta alla fonte nella misura del 27 per cento;

- l'art. 7, comma 9, del citato D.L. n. 323 del 1996, come modificato dall'art. 14, comma 2, lett. b), del citato D.L. n. 547 del 1996, ha stabilito che sugli interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni da chiunque emesse, maturati fino al momento dell'anticipato rimborso, è dovuta dall'emittente una somma pari al 20% qualora il rimborso abbia luogo entro 18 mesi dalla emissione.

Alla stregua di quanto precede, poiché l'art. 1 del provvedimento in oggetto ha stabilito che il nuovo regime si applica, tra l'altro, ai titoli obbligazionari relativamente ai quali l'art. 26, comma 1, del D.P.R. n. 600 prevede l'applicazione della ritenuta del 12,50%, ne deriva che, nel caso in cui ai titoli obbligazionari sia applicabile la nuova ritenuta del 27% ovvero un'aliquota superiore a tale percentuale, a questi titoli non può applicarsi la disciplina recata dal D.Lgs. n. 239 del 1996.

Ciò premesso, i titoli obbligazionari ai quali si applica il nuovo regime introdotto dal provvedimento in oggetto possono essere così individuati.

1) Per quanto concerne i titoli obbligazionari emessi dalle banche, indicati nella precedente lett. a), considerato che sia l'art. 3 comma 168, lett. a), della legge n. 549 del 1995 che l'art. 1, comma 1, del provvedimento in rassegna non pongono alcuna limitazione circa la forma giuridica dell'emittente, si ritiene che l'imposta sostitutiva del 12,50% debba applicarsi a tutti i titoli obbligazionari emessi ai sensi dell'art. 12 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (testo unico bancario).

Inoltre, poiché la norma pone quale unico requisito che il soggetto emittente sia una banca, si ritiene che nella fattispecie non operi la condizione secondo cui le azioni dell'emittente devono essere negoziate nei mercati regolamentati italiani all'atto della emissione del prestito obbligazionario, in quanto tale condizione è espressamente sancita con esclusivo riferimento alle obbligazioni e titoli similari emessi dalle società per azioni.

Considerato poi che le obbligazioni emesse dalle banche hanno una durata media non inferiore a due anni ed hanno, quindi, una scadenza non inferiore a 18 mesi, si ritiene che, qualora la banca proceda al rimborso delle obbligazioni prima dello scadere dei 18 mesi, nessuna conseguenza si produca ai fini dell'applicazione del nuovo regime e che restino fermi tanto il regime fiscale applicato dagli intermediari autorizzati quanto l'obbligo dell'emittente di versare la somma prevista dell'art. 7, comma 9, della citata legge n. 425 del 1996. A identiche conclusioni deve pervenirsi con riferimento all'eventuale anticipato rimborso delle obbligazioni emesse da soggetti diversi dalla banche, sempreché rientranti nell'ambito applicativo del provvedimento in oggetto.

Identico trattamento deve essere applicato alle obbligazioni emesse in Italia da organismi sovranazionali ai quali l'ordinamento ha riconosciuto un regime di non discriminazione rispetto agli analoghi titoli emessi dai soggetti residenti.

2) Per quanto concerne le obbligazioni e i titoli similari indicati nella precedente lett. b) - vale a dire quelli emessi dalle società per azioni le cui azioni sono negoziate nei mercati regolamentati italiani - si osserva che il requisito per l'applicazione della nuova disciplina a questi titoli deve essere verificato con riferimento al momento della emissione dei titoli obbligazionari, perché è a tale momento che le azioni della società emittente devono risultare quotate nei mercati regolamentati. Ciò comporta che ai titoli obbligazionari emessi prima della negoziazione delle azioni nei predetti mercati non si applica la disciplina recata dal provvedimento in oggetto; quest'ultima, peraltro, continuerà ad applicarsi anche nel caso in cui, successivamente all'emissione del prestito obbligazionario, la quotazione delle azioni dovesse risultare sospesa o revocata.

Si ritiene, peraltro, che nel caso in cui siano state riaperte le sottoscrizioni di un precedente prestito obbligazionario (che preveda emissioni per tranches) dopo l'intervenuta sospensione o revoca, alle obbligazioni così emesse non si applichi la disciplina del D.Lgs. n. 239 del 1996.

Per quanto concerne la sussistenza della condizione in commento, si osserva come non sia sufficiente il fatto che la quotazione delle azioni sia stata semplicemente disposta, essendo necessario che le azioni risultino effettivamente negoziate nei mercati regolamentati italiani all'atto della emissione del prestito obbligazionario.

Relativamente alla nozione di mercati regolamentati italiani, si richiamano le precisazioni al riguardo già fornite nel paragrafo 4.5 della circolare n. 181/E del 27 ottobre 1994, ad esclusione dei mercati locali (cfr. comunicazione Consob n. DAL/RM/96011156 del 13 dicembre 1996).

Conclusivamente, qualora la società per azioni abbia emesso titoli obbligazionari sia prima della quotazione delle azioni che in data successiva, la disciplina del D.Lgs. n. 239 del 1996 si applica solo a queste ultime, mentre per le prime l'emittente deve continuare ad applicare il regime della ritenuta alla fonte prevista dall'art. 26, primo comma, del D.P.R. n. 600 del 1973.

3) Per quanto concerne i titoli obbligazionari di cui alla precedente lett. c) - vale a dire le obbligazioni e gli altri titoli pubblici indicati nell'art. 31 del D.P.R. n. 601 del 1973 - si rammenta che rientrano in questa categoria i titoli del debito pubblico, i buoni postali di risparmio, le cartelle di credito comunale e provinciale e gli altri titoli obbligazionari emessi dalla Cassa depositi e prestiti nonché le altre obbligazioni e titoli similari emessi da amministrazioni statali, anche con ordinamento autonomo, da regioni, provincie, comuni e da enti pubblici istituiti esclusivamente per l'adempimento di funzioni statali o per l'esercizio diretto di servizi pubblici in regime di monopolio.

Relativamente a questi titoli si fa presente che, per espressa previsione dell'art. 13, comma 3, del provvedimento in oggetto, l'imposta sostitutiva si applica nella minore misura del 6,25% se questo trattamento rientra nell'ambito operativo della ritenuta di cui all'art. 26, primo comma, del D.P.R. n. 600 del 1973. Trattasi dei titoli di cui all'art. 31 del D.P.R. n. 600 del 1973 ed equiparati, emessi tra il 20 settembre 1986 ed il 31 agosto 1987 (cfr. art. 3 del D.L. 27 agosto 1987, n. 348, non convertito, i cui effetti sono stati fatti salvi dall'art. 1, comma 2, della legge 21 novembre 1987, n. 477), per i quali è stata prevista l'applicazione della ritenuta alla fonte del 12,50% di cui al primo comma, ridotta alla metà (cfr. art. 1, comma 2, del D.L. 20 settembre 1986, n. 556, convertito dalla legge 17 novembre 1987, n. 759, e art. 7 del D.L. 24 settembre 1987, n. 391, convertito dalla legge 21 novembre 1987, n. 477.)

Avuto riguardo poi alla disposizione contenuta nell'art. 14, comma 2, del citato D.L. n. 547 del 1996 si precisa che, relativamente ai titoli in questione, l'imposta sostitutiva si applica indipendentemente dalla durata dei titoli.

Rientrano nella categoria in esame - in qualità di titoli equiparati a quelli indicati nell'art. 31 del D.P.R. n. 601 del 1973 - le obbligazioni emesse in Italia dagli organismi sovranazionali (BEI, BIRS, CECA, EURATOM), per le quali l'equiparazione ai titoli pubblici è stata sancita dalle singole leggi che hanno dato attuazione agli accordi internazionali o sovranazionali.

Per quanto concerne i titoli indicati nella precedente lettera d), si fa presente che si tratta dei titoli obbligazionari emessi dagli enti pubblici economici trasformati in società per azioni sulla base di disposizioni di legge contenute nei vari provvedimenti di "privatizzazione" delle società a partecipazione statale. Rientrano in tale categoria le obbligazioni emesse dalle Ferrovie dello Stato nonché quelle emesse dalle società azionarie derivanti dalle trasformazioni previste dal D.L. 11 luglio 1992, n. 333, convertito dalla legge 8 agosto 1992, n. 359 (quali, ad esempio l'ENEL, l'ENI, l'INA e l'IRI), per le quali l'art. 2, comma 1, del D.L. 21 giugno 1993, n. 198, convertito dalla legge 9 agosto 1993, n. 292, ha previsto l'equiparazione dei titoli obbligazionari emessi da tali soggetti a quelli emessi dalle società per azioni quotate in borsa.

4) Rientrano, infine, nella disciplina del provvedimento in oggetto - e, quindi, sono soggetti all'imposta sostitutiva - anche i titoli obbligazionari emessi dagli enti locali territoriali ai sensi dell'art. 35 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (quali, ad esempio, i Buoni ordinari comunali o regionali).

Relativamente a questi titoli l'art. 1, comma 2, del provvedimento in oggetto ha stabilito che con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro ed il Ministro dell'interno, sono determinate:

a) le modalità per l'applicazione ed il versamento della predetta imposta sostitutiva,

b) le modalità di retrocessione agli enti emittenti, da parte dello Stato, della quota di gettito derivante dall'imposizione sul reddito, che è stata prevista in misura non superiore all'imposta sostitutiva di cui all'art. 2 del provvedimento in oggetto.

Inoltre, sempre con riferimento ai titoli in questione, l'art. 1, comma 3, dello stesso provvedimento ha espressamente sancito la soppressione di qualsiasi disposizione non compatibile con la nuova disciplina. Per effetto di tale norma si deve ritenere che tutte le disposizioni contenute nell'art. 35 della citata legge n. 724 del 1994, ove contrastanti con la disciplina recata dal provvedimento in oggetto, debbano considerarsi non operanti e, quindi, che ai titoli in questione non si possa applicare un trattamento diverso da quello previsto dall'art. 31 del D.P.R. n. 601 del 1973 per i titoli di Stato, ai quali essi sono equiparati.

Conseguentemente:

1. diversamente da quanto previsto dall'art. 35, comma 7, della legge n. 724 del 1994, gli enti territoriali devono stanziare l'intero ammontare del prestito obbligazionario, ivi compreso l'importo della ritenuta del 12,50 per cento;

2. agli enti emittenti può essere retrocesso, oltre all'intero ammontare dell'imposta sostitutiva applicata ai cosiddetti "nettisti" (per tali dovendosi intendere i soggetti nei cui confronti si applica l'imposta sostitutiva del 12,50%), anche la quota parte dell'imposta dovuta dai soggetti Irpeg (più in generale, dai cosiddetti "lordisti" residenti, per tali dovendosi intendere i soggetti diversi da quelli menzionati nell'art. 2, comma 1, del provvedimento in oggetto), i quali sono tenuti ad includere i proventi dei titoli obbligazionari nelle proprie dichiarazioni dei redditi. L'importo retrocedibile non può essere comunque superiore al 12,50% dei proventi dei titoli in questione che, a tal fine, si considerano tassati fino a concorrenza del reddito imponibile assoggettato alle imposte sui redditi. Pertanto, nel caso in cui i cosiddetti "lordisti" non siano assoggettati ad imposizione (ad esempio, perché in perdita), nessun importo può essere retrocesso agli enti territoriali;

3. nessuna retrocessione compete inoltre agli enti emittenti relativamente ai proventi dei titoli posseduti dai soggetti non residenti che fruiscono del regime di non imponibilità ai sensi degli artt. 6 e seguenti del provvedimento in oggetto, atteso che la retrocessione presuppone il pagamento delle imposte (sia pure in forma sostitutiva) da parte dei contribuenti.

1.2. Titoli esclusi dalla disciplina del D.Lgs. n. 239 del 1996

Sulla base di quanto esposto precedentemente, sono esclusi dal nuovo regime fiscale introdotto dal provvedimento in oggetto - e restano conseguentemente soggetti al prelievo alla fonte previsto dall'art. 26 del D.P.R. n. 600 del 1973 da parte dei soggetti emittenti nella loro veste di sostituti d'imposta - i seguenti titoli:

- obbligazioni ed altri titoli indicati nell'art. 31 del D.P.R. n. 600 del 1973 emessi all'estero, ivi compresi quelli emessi dagli organismi sovranazionali menzionati nel punto 3) del precedente paragrafo;

- obbligazioni e titoli similari emessi da soggetti non residenti, diversi dagli organismi internazionali menzionati nel precedente paragrafo;

- obbligazioni e titoli similari emessi da società per azioni le cui azioni non sono negoziate nei mercati regolamentati italiani, i cui proventi sono soggetti alla disciplina prevista dall'art. 32 del D.L. 2 marzo 1989, n. 69, convertito dalla legge 27 aprile 1989, n. 154, e dall'art. 3, comma 114, della legge 28 dicembre 1995, n. 549;

- obbligazioni e titoli similari emessi in Italia da banche e società le cui azioni sono quotate nei mercati regolamentati aventi scadenza inferiore a 18 mesi, i cui proventi sono soggetti alla ritenuta del 27 per cento;

- buoni fruttiferi e certificati di deposito emessi dalle banche, che non costituiscono più titoli similari alle obbligazioni per effetto delle disposizioni dinanzi richiamate.

Al riguardo si fa presente che, a seguito della ricordata soppressione dell'assimilazione alle obbligazioni, si è venuta a determinare l'estensione della disciplina fiscale prevista per i depositi e conti correnti bancari ai proventi dei predetti buoni fruttiferi e certificati di deposito.

Tale conseguenza implica che ai titoli da ultimo citati si viene ad applicare la disposizione recata dall'art. 6 della legge 26 aprile 1982, n. 181, ai sensi della quale «gli interessi sui depositi e conti correnti in valuta estera di soggetti non residenti, inclusi i titolari dei conti per emigranti, disciplinati dal decreto ministeriale 12 marzo 1981, corrisposti dalle aziende ed istituti di credito non sono soggetti alla ritenuta di cui al secondo comma dell'art. 26 del D.P.R. 20 settembre 1973, n. 600...... e sono esenti dalle imposte sul reddito».

Pertanto, nei confronti dei soggetti non residenti viene a trovare applicazione un incondizionato regime di esenzione - fondato sulle disposizioni della citata legge n. 181 del 1982 - sui proventi dei depositi e conti correnti in valuta che si estende, sulla base della vigente prassi amministrativa, anche ai conti e ai depositi in lire di conto estero.

La suesposta disciplina consente quindi alle banche di raccogliere risparmio, attraverso l'emissione di certificati di deposito "esenti", presso una clientela la cui qualificazione soggettiva risulta di fatto del tutto priva di una qualsiasi forma di controllo da parte dell'Amministrazione finanziaria.

Allo scopo di evitare fenomeni elusivi - connessi a trasferimenti, da parte di soggetti residenti, a soggetti non residenti di buoni fruttiferi e certificati di deposito finalizzati all'incasso in esenzione dei proventi (sarebbero possibili fenomeni di "esterovestizione", temporanea o definitiva) - si è ritenuto necessario prevedere che il regime di esenzione venga assistito da un adeguato sistema di rilevazione che consenta all'Amministrazione finanziaria di effettuare i necessari controlli.

Sul piano della tecnica normativa si è quindi fatto riferimento alla emanazione dei decreti di cui all'art. 11, comma 4, del provvedimento in oggetto, concernente l'apparato di controllo relativo ai soggetti non residenti che intendono fruire del regime di esenzione dei proventi dei titoli di Stato e degli altri titoli obbligazionari di cui all'art. 1 del medesimo provvedimento. Tale rinvio è stato realizzato attraverso una disposizione aggiuntiva all'art. 11 testè citato (il comma 4-bis), con lo scopo di garantire, per quanto possibile, l'uniformità e la semplificazione degli adempimenti procedurali nei confronti dei soggetti non residenti possessori di buoni fruttiferi e certificati di deposito;

- titoli senza cedola di cui all'art. 1, comma 1, emessi anteriormente, al 1° gennaio 1997, aventi una durata non superiore ai 12 mesi. Trattasi dei buoni ordinari del Tesoro ai quali continua ad applicarsi, ai sensi dell'art. 12, comma 2, del provvedimento in oggetto, l'attuale disciplina fiscale.

 

 

Capitolo II

2. Ambito soggettivo.

Come già accennato, a partire dal 1° gennaio 1997 sui proventi dei titoli indicati nel precedente paragrafo 1.1 la ritenuta alla fonte prevista dall'art. 26 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, non troverà più applicazione.

In luogo della suddetta ritenuta, a decorrere dalla stessa data si applicheranno, nei confronti dei soggetti residenti, i seguenti regimi fiscali:

- se il percettore dei proventi è un soggetto nei cui confronti attualmente viene applicata la ritenuta alla fonte a titolo d'imposta ai sensi del quarto comma dell'art. 26 del D.P.R. n. 600 del 1973, sui proventi in questione verrà applicata, da parte degli intermediari autorizzati (e, ricorrendo l'ipotesi di cui al secondo periodo del comma 2 dell'art. 5 del decreto in oggetto, da parte del soggetto emittente) un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura del 12,50 per cento. Ciò non comporterà vantaggi o svantaggi per il contribuente, il quale continuerà a percepire i frutti dell'investimento al netto dell'imposta dovuta e, per tale motivo, viene indicato, con un espressione ormai entrata nell'uso corrente, come "nettista";

- se invece il percettore è un soggetto nei cui confronti la ritenuta alla fonte attualmente applicata svolge funzione di acconto delle imposte sui redditi (e per tale motivo dà diritto allo scomputo della stessa in sede di dichiarazione), l'abolizione della ritenuta comporta soltanto una riduzione degli adempimenti contabili per tutte le parti interessate: oltre tale effetto, il nuovo regime fiscale non comporta - in relazione anche alla disciplina transitoria recata dall'art. 13, comma 1, del provvedimento in oggetto in tema di versamenti d'acconto dell'Irpef e dell'Irpeg dovuti per i periodi d'imposta 1997 e per i periodi d'imposta successivi - alcun vantaggio per il contribuente, il quale rimane obbligato ad includere i proventi in questione nella propria dichiarazione annuale. Il contribuente quindi, diversamente da quanto avviene attualmente, percepirà i frutti dell'investimento al lordo di qualsiasi prelievo alla fonte e, per tale ragione, viene indicato come "lordista".

Può essere utile ricordare che in base all'art. 1, comma 1, del provvedimento in oggetto, quando si parla di proventi derivanti dai titoli obbligazionari si intende far riferimento sia agli interessi che allo scarto d'emissione, fiscalmente assimilato agli interessi (cfr. art. 5 del D.L. 28 giugno 1995, n. 250, convertito dalla legge 8 agosto 1995, n. 349), che è costituito dalla differenza tra il valore di rimborso ed il prezzo di emissione dei titoli. Detto scarto va imputato "pro rata temporis" secondo una maturazione lineare, che consiste nel dividere tale differenza per il numero dei giorni di possesso dei titoli.

Per i titoli aventi scadenza superiore ai due anni, per i quali la citata differenza assume un peso preponderante nella complessiva remunerazione del titolo (ad esempio, per i titoli cosiddetti "zero coupon") l'imputazione dello scarto "pro rata temporis" potrà avvenire sulla base di criteri diversi da quello sopra citato, previsti dal regolamento del prestito obbligazionario.

2.1. Soggetti ai quali si applica l'imposta sostitutiva.

L'art. 2, comma 1, del provvedimento in oggetto individua con precisione i soggetti, residenti nel territorio dello Stato, ai quali si applica - con riferimento ai proventi dei titoli obbligazionari indicati nel precedente paragrafo 1.1 - l'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura del 12,50 per cento.

Nella specie si tratta dei seguenti soggetti:

a) le persone fisiche, anche se esercenti attività commerciali (cioè imprese individuali; imprese familiari; aziende coniugali non gestite in forma societaria);

b) le società ed associazioni di cui all'art. 5 del TUIR, con esclusione delle società in nome collettivo, in accomandita semplice e quelle ad esse equiparate. In pratica, si tratta delle società semplici, e delle società di fatto ad esse equiparate nonché delle associazioni tra artisti e professionisti;

c) gli enti pubblici e privati diversi dalle società, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali, indicati nell'art. 87, comma 1, lett. c), del T.U.I.R. (trattasi di fondazioni, associazioni, ecc., senza scopo di lucro), ivi compresi quelli indicati nell'art. 88 del T.U.I.R. (regioni, province, comuni, enti pubblici non economici, ecc.), ivi comprese le Procure della Repubblica e le Direzioni provinciali del tesoro;

d) gli organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari di diritto italiano (fondi comuni e Sicav), ivi compresi gli organismi già autorizzati al collocamento nel territorio dello Stato prima dell'entrata in vigore della legge 11 novembre 1982, n. 429 (cosiddetti fondi lussemburghesi), attualmente menzionati dall'art. 10-ter, comma 2, della legge 23 marzo 1983, n. 77;

e) i fondi d'investimento mobiliare chiusi di cui alla legge 14 agosto 1993, n. 344;

f) i fondi d'investimento immobiliare di cui alla legge 25 gennaio 1994, n. 86;

g) i fondi pensione di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124.

Con riferimento alle curatele fallimentari, si ritiene, ai sensi dell'art. 2, secondo comma, lett. b), del decreto, che le stesse siano soggette all'imposta qualora la procedura riguardi un imprenditore persona fisica; viceversa, si ritiene che siano considerate "lordiste" qualora la procedura riguardi i soggetti esplicitamente richiamati dalla citata lett. c) (vale a dire: le società in nome collettivo, in accomandita semplice e quelle ad esse equiparate).

Al riguardo si sottolinea la peculiarità del sistema adottato dal legislatore nella soggetta materia, secondo il quale l'imposta sostitutiva si applica anche nei casi in cui il percettore è attualmente soggetto alla ritenuta alla fonte a titolo d'acconto e, come tale, non dovrebbe subire il nuovo prelievo. Si tratta degli imprenditori individuali e degli enti non commerciali relativamente ai proventi dei titoli obbligazionari costituenti attività facenti parte del patrimonio dell'impresa.

Ricorrendo detta ipotesi, considerato che in deroga alle vigenti disposizioni del TUIR i proventi suddetti concorrono a formare il reddito d'impresa, con la disposizione contenuta nell'art. 5, comma 1, del provvedimento in oggetto è stato riconosciuto agli interessati il diritto a scomputare l'imposta sostitutiva applicata sui proventi che comunque hanno concorso alla formazione del reddito d'impresa.

A tal fine gli interessati devono chiedere ai soggetti che hanno applicato l'imposta sostitutiva una certificazione da cui risultino i seguenti elementi:

a) dati relativi all'intermediario:

- codice fiscale;

- cognome e nome;

- data e luogo di nascita;

- denominazione o ragione sociale;

- domicilio fiscale completo (Comune, Provincia, via e numero civico, codice di avviamento postale);

b) dati relativi al percettore:

- codice fiscale;

- cognome e nome;

- data e luogo di nascita;

- denominazione o ragione sociale;

- domicilio fiscale completo (Comune, Provincia, via e numero civico, codice di avviamento postale);

- ammontare delle somme corrisposte;

- aliquota applicata;

- ammontare dell'imposta sostitutiva.

Ai fini dello scomputo dell'imposta sostitutiva, quindi, i "lordisti" che sono stati gravati dell'imposta sostitutiva ai sensi dell'art. 3, comma 6, e dell'art. 5, comma 2, del D.Lgs. n. 239 del 1996, devono acquisire il predetto certificato ai fini dello scomputo dell'imposta sostitutiva, nella misura in cui i relativi proventi hanno concorso a formare il reddito d'impresa.

2.2. Soggetti ai quali non si applica l'imposta sostitutiva.

Emerge da quanto precede che sui proventi dei titoli obbligazionari dei soggetti non indicati nell'articolo 2, comma 1, del provvedimento in oggetto non deve essere applicata l'imposta sostitutiva. Tuttavia, per fruire di questo trattamento - e percepire, quindi, i proventi al lordo di tale imposta - i soggetti interessati devono depositare presso gli intermediari autorizzati i titoli obbligazionari: in assenza di questo deposito, gli intermediari (ovvero gli emittenti) sono tenuti ad applicare l'imposta sostitutiva sui proventi da essi corrisposti, anche se si tratta di "lordisti", atteso che l'art. 5, comma 2, del decreto in oggetto stabilisce che nel caso di specie l'imposta sostitutiva si applica indipendentemente dalla natura del percettore. Anche in questo caso, peraltro, l'imposta sostitutiva applicata può essere scomputata dal soggetto lordista, analogamente a quanto già chiarito con riferimento all'imposta applicata nei confronti delle imprese individuali e, degli enti non commerciali, il che presuppone il rilascio, dietro richiesta degli interessati, di un'apposita certificazione.

Rispetto all'attuale regime della ritenuta alla fonte e della funzione, d'acconto o d'imposta, che detta ritenuta svolge a seconda del percettore degli interessi, si fa presente che per quanto concerne gli enti non commerciali attualmente la ritenuta di cui all'art. 26, primo comma, del D.P.R. n. 600 del 1973 svolge funzione di prelievo definitivo se oggetto della ritenuta sono i proventi dei titoli di Stato e dei titoli ad essi equiparati; in ogni altro caso la ritenute svolge funzione di prelievo a titolo d'acconto.

Per evitare questa diversità di trattamento nei confronti di un medesimo percettore ed allo scopo di allineare il regime fiscale degli enti non commerciali a quello delle persone fisiche, con l'art. 11, comma 1, del provvedimento in oggetto è stato disposto che nei confronti degli enti non commerciali la ritenuta di cui al primo comma dell'art. 26 del D.P.R. n. 600 del 1973 è applicata a titoli d'imposta a partire dai proventi maturati dal 1° gennaio 1997.

 

 

Capitolo III

3. Intermediari autorizzati.

Ai fini dell'applicazione dell'imposta sostitutiva (ovvero dell'accertamento delle condizioni in presenza delle quali non si fa luogo all'applicazione medesima), del versamento dell'imposta e delle comunicazioni all'Amministrazione finanziaria dei versamenti effettuati, il provvedimento in oggetto individua con estrema precisione i soggetti a tal fine autorizzati, ponendo a loro carico una serie di adempimenti, anche di natura contabile.

La qualifica di intermediario autorizzato compete unicamente ai soggetti come tali espressamente menzionati nel provvedimento in oggetto oppure nei decreti previsti dal provvedimento medesimo.

Gli intermediari ai quali è demandato il compito di applicare e versare l'imposta sostitutiva sono innanzitutto quelli indicati nell'art. 2, comma 2, del D.Lgs. n. 239 del 1996 e su di essi si basa il meccanismo applicativo del nuovo regime impositivo.

Peraltro, a solo scopo di evitare l'aggiramento del sistema - che richiede, come già anticipato, la canalizzazione dei titoli - obbligazionari attraverso il deposito degli stessi presso gli intermediari in questione - il provvedimento in oggetto ha previsto delle disposizioni di chiusura con le quali vengono chiamati in causa anche i soggetti che hanno emesso i titoli obbligazionari, per il caso in cui questi ultimi, ai sensi dell'art. 5, comma 2, del provvedimento medesimo, corrispondano direttamente agli investitori i proventi dei titoli obbligazionari.

In considerazione di tale situazione, qui di seguito vengono distintamente esaminate le due cennate fattispecie, a seconda che il pagamento dei proventi dei titoli obbligazionari abbia luogo attraverso gli intermediari autorizzati ovvero senza il loro intervento.

3.1. Riscossione dei proventi per il tramite degli intermediari.

Ai sensi dell'art. 2, comma 2, del provvedimento in oggetto l'imposta sostitutiva è applicata dai soggetti appresso indicati:

- banche;

- società di intermediazione mobiliare;

- società fiduciarie;

- agenti di cambio;

- altri.

Al riguardo si osserva innanzitutto che dall'esame della disciplina recata dal D.Lgs. n. 239 del 1996 si evince con sufficiente chiarezza che la posizione attribuita agli intermediari non è quella dei sostituti d'imposta - quale è disciplinata delle disposizioni contenute nel D.P.R. n. 600 del 1973 (cfr. in particolare: l'art. 7; gli artt. dal 23 al 30; l'art. 47 e l'art. 64) - ma è molto prossima a quella di responsabile del pagamento dell'imposta sostitutiva, già nota all'ordinamento a seguito dell'analoga figura attribuita agli intermediari incaricati dell'applicazione dell'imposta sostitutiva sui cosidetti "capital gain" derivanti dalla cessione di partecipazioni in società ed enti (cfr. la legge 25 marzo 1991, n. 102, di conversione del D.L. 28 gennaio 1991, n. 27) e sulla cui falsariga appaiono strutturate le disposizioni in materia di versamento, accertamento e sanzioni contenute nell'art. 4 del provvedimento in oggetto.

La stessa disposizione testè citata stabilisce inoltre che possono far parte della categoria degli intermediari autorizzati anche i soggetti che verranno espressamente indicati in appositi decreti del Ministro delle finanze di concerto con il Ministro del tesoro.

Questa disposizione interessa, per ora, solo l'Ente Poste, nella sua duplice veste di soggetto emittente i buoni postali di risparmio e di collocatore di titoli emessi da altri (titoli del debito pubblico).

La disposizione recata dall'art. 2, comma 2, del decreto in oggetto stabilisce che l'imposta sostitutiva deve essere applicata dagli intermediari autorizzati che comunque intervengono nella riscossione degli interessi, premi ed altri frutti dei titoli obbligazionari ovvero, anche in qualità di acquirenti, nei trasferimenti dei titoli in questione. La relazione ministeriale precisa a questo proposito che l'obbligo spetta agli intermediari autorizzati ai quali è affidata la funzione di incaricati del versamento dell'imposta che intervengono non soltanto nel pagamento delle cedole o del rimborso dei titoli alla scadenza, ma anche nelle operazioni di compravendita e di trasferimento dei titoli, nel rispetto del principio secondo cui l'imposta grava sui proventi maturati nel periodo di possesso.

Al fini dell'applicazione dell'imposta sostitutiva, l'ultimo periodo della disposizione in rassegna ha stabilito che per trasferimento di titoli si intendono le cessioni e qualunque altro atto, a titolo oneroso o gratuito, che comporta il mutamento della titolarità giuridica dei titoli.

Va da sé che qualora un intermediario corrisponda ad un altro intermediario qualunque provento derivante dai titoli obbligazionari rientranti nel regime introdotto dal provvedimento in oggetto non dovrà essere in nessun caso applicata l'imposta sostitutiva: sarà infatti l'intermediario percettore dei proventi che, ove i redditi in parola siano di pertinenza di un "nettista", ovvero rientrino nell'ipotesi di cui all'art. 5, comma 2, dovrà applicare l'imposta sostitutiva.

3.2. Riscossione dei proventi senza intervento degli intermediari.

Come già anticipato, l'art. 5, comma 2, del provvedimento in oggetto stabilisce che per i titoli non depositati presso gli intermediari autorizzati gli interessi, premi ed altri frutti, da chiunque percepiti alla scadenza delle cedole o dei titoli sono in ogni caso assoggettati all'imposta sostitutiva da parte dell'intermediario che li eroga.

Pertanto, se i titoli sono presentati, ad esempio, allo sportello di un intermediario per l'incasso delle cedole scadute, l'intermediario deve applicare l'imposta sostitutiva anche se il soggetto che chiede il pagamento dei proventi è un "lordista" non intermediario, atteso che per fruire del regime di non applicazione dell'imposta il provvedimento richiede che i titoli siano depositati presso un intermediario. In questo caso, però, al "lordista" compete il diritto di scomputare l'imposta applicata dell'intermediario ai sensi dell'art. 5 comma 1.

Un altro caso di applicazione dell'imposta sostitutiva è contemplato dalla stessa disposizione dell'art. 5, comma 2, laddove è previsto, nel caso in cui i titoli non siano depositati presso un intermediario autorizzato ed al pagamento dei proventi provveda l'emittente, quest'ultimo deve applicare l'imposta sostitutiva. Anche per questa ipotesi resta impregiudicato il diritto del "lordista" a scomputare l'imposta così applicata.

Ricorrendo questa ipotesi, i soggetti emittenti, anche se non sono tenuti all'istituzione del "conto unico", sono obbligati all'osservanza di tutti gli altri adempimenti posti a carico degli intermediari autorizzati in ordine al versamento ed alla comunicazione previsti dal comma 1 dell'art. 4; inoltre, nei loro confronti si applicano anche le altre disposizioni del medesimo art. 4 in tema di accertamento e di sanzioni.

Il provvedimento in oggetto prevede, infine, il caso in cui un nettista abbia percepito gli interessi dei titoli obbligazionari senza subire l'applicazione dell'imposta sostitutiva ai sensi degli articoli 2 e 3 del provvedimento medesimo. Ebbene, in tal caso il contribuente è obbligato a dichiarare gli interessi in questione nella propria dichiarazione dei redditi e deve versare l'imposta con le modalità e nei termini previsti per il versamento a saldo delle imposte dovute in base alla dichiarazione (art. 4, comma 2, del D.Lgs. n. 239 del 1996).

 

 

Capitolo IV

4. Titoli emessi o collocati dall'Ente Poste.

Avuto riguardo al fatto che l'Ente Poste è tenuto al collocamento dei titoli di Stato in forza dell'art. 13, comma 1, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, ne deriva che la qualifica di intermediario abilitato all'applicazione dell'imposta sostitutiva ed all'osservanza dei connessi obblighi deve essere attribuito anche all'Ente Poste con riferimento agli interessi, premi ed altri frutti dei titoli di Stato riguardanti la propria clientela.

Considerato poi che i titoli obbligazionari emessi dall'Ente Poste (trattasi dei buoni di risparmio postale) non sono negoziabili, con la disposizione contenuta nell'art. 2, comma 3, del provvedimento in oggetto è stato previsto che sui proventi derivanti da detti titoli l'imposta sostitutiva è applicata dal predetto ente in conformità a quanto disposto dall'art. 5, comma 2, del provvedimento medesimo e che con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro, su proposta del consiglio di amministrazione dell'Ente, possono essere stabilite particolari modalità applicative della disciplina recata del D.Lgs. n. 239 del 1996, anche agli effetti delle disposizioni contenute nell'art. 7 di tale decreto.

Al riguardo si osserva che l'art. 5, comma 2, del provvedimento in oggetto prevede, tra l'altro, che qualora gli interessi derivino da titoli non depositati presso gli intermediari di cui all'art. 2, comma 2, l'imposta sostitutiva è applicata dal soggetto che ha emesso i titoli e che in tal caso non si applica la disciplina dei "conto unico" prevista dall'art. 3 del provvedimento medesimo.

Dall'esame delle norme che disciplinano i buoni postali di risparmio si ricava che questi sono titoli nominativi che possono essere riscossi unicamente dai soggetti che ne risultano sottoscrittori fin dalla data di emissione. Questi titoli sono emessi, a richiesta degli interessati, dagli uffici postali mediante scritturazioni manuali. Detti uffici, con cadenza mensile, comunicano all'ufficio centrale i dati relativi ai tagli emessi ed alle quantità estinte.

 

 

Capitolo V

5. Modalità di applicazione dell'imposta sostitutiva.

Ai fini dell'applicazione dell'imposta sostitutiva, l'art. 3 del provvedimento in oggetto disciplina, attraverso le disposizioni contenute nei primi due commi, l'istituzione da parte degli intermediari autorizzati di un "conto unico" destinato ad accogliere le registrazioni relative all'imposta sostitutiva da versare con riferimento alla massa delle operazioni (incasso cedole, rimborso titoli e trasferimento dei titoli stessi) effettuate in un determinato arco temporale, che è costituito dal mese.

Il meccanismo del conto unico è fondato sull'applicazione dell'imposta sostitutiva sull'intero ammontare delle cedole percepite, dalle persone fisiche, dagli enti non commerciali e dagli altri soggetti incisi, indipendentemente dal periodo di possesso.

Il rispetto del criterio di tassazione per la parte maturata nel periodo di possesso resta quindi affidato al sistema previsto per le operazioni di compravendita realizzate dai predetti soggetti, in base al quale l'imposta sostitutiva si commisura agli interessi riconosciuti nel corrispettivo, sia in modo implicito che esplicito.

Lo sbilancio tra l'imposta complessivamente addebitata al contribuente in occasione dell'incasso delle cedole (o dell'eventuale cessione del titolo) e quella accreditata al momento dell'acquisto determina l'importo dell'imposta effettivamente assolta dal contribuente.

In questo modo, il regolamento delle operazioni di compravendita effettuate dalle persone fisiche, dagli enti non commerciali e dagli altri soggetti destinatari dell'imposta sostitutiva ha luogo tenendo conto dei dietimi netti d'interesse, sicché per questi contribuenti "nettisti" la riforma, come già detto, non comporta di fatto alcuna sostanziale modifica rispetto alla situazione attuale, nella quale le negoziazioni avvengono al netto della ritenuta alla fonte.

Diversa è invece la posizione dei "lordisti", per i quali all'abolizione della ritenuta alla fonte non si accompagna l'applicazione di una imposizione sostitutiva. Per le società e gli enti commerciali, infatti, la negoziazione dei titoli obbligazionari verrà effettuata tenendo conto dei dietimi lordi, senza più alcun effetto di anticipo della tassazione, che verrà assolta, anche con riguardo alle cedole scadute, soltanto in sede di dichiarazione dei redditi, salva l'ipotesi prevista dal comma 6 dell'articolo in esame, riguardante l'immissione dei titoli in un deposito di pertinenza di un soggetto "lordista", su cui si dirà più avanti.

Come già accennato, l'applicazione dell'imposta sostitutiva da parte degli intermediari ha luogo con l'utilizzo del "conto unico", che verrà interessato pressoché esclusivamente dell'imposta sostitutiva applicata sui proventi dei titoli obbligazionari di pertinenza dei nettisti, in quanto l'applicazione dell'imposta nei confronti dei lordisti interessa soltanto alcune ipotesi marginali, in parte già menzionate.

Ciò premesso, ai sensi dell'art. 3, comma 1, del decreto in oggetto, l'accreditamento al conto unico si ha con riferimento:

a) all'imposta sostitutiva dovuta sui proventi scaduti, ivi compresa la differenza tra il prezzo di rimborso e quello di emissione dei titoli rilevanti ai fini fiscali;

b) all'imposta sostitutiva dovuta sull'ammontare dei proventi riconosciuti al venditore nel corrispettivo, sia in modo implicito che esplicito.

Per contro, l'addebitamento al "conto unico" si ha con riferimento:

c) all'imposta sostitutiva riconosciuta all'acquirente sui proventi da questo corrisposti nel corrispettivo, sia in modo esplicito che implicito, all'atto dell'acquisto.

Per espressa previsione dell'art. 3, comma 2, del provvedimento in oggetto l'accredito al conto unico dell'imposta sostitutiva di cui alla precedente lettera a) va effettuata con riferimento al giorno di scadenza delle cedole o di rimborso dei titoli e, quindi, in sintonia con quanto stabilito dall'art. 8, primo comma, n. 3-ter), del D.P.R. n. 602 del 1973. Ciò significa che si deve tener conto dell'intero importo delle cedole scadute e dello scarto di emissione dovuto alla scadenza. L'accredito e l'addebito al conto unico dell'imposta sostitutiva relativa ai proventi riconosciuti, rispettivamente, al venditore ed all'acquirente nel corrispettivo, sia in modo esplicito che implicito, va invece effettuato con riferimento alla data di regolamento delle operazioni. Ovviamente, per i titoli non depositati presso l'intermediario l'imposta sostitutiva viene trattenuta al momento in cui le cedole o i titoli vengono presentati dall'investitore per l'incasso.

Per l'ipotesi in cui in una stessa operazione intervengano più intermediari autorizzati, l'art. 3, comma 4, del provvedimento in oggetto ha stabilito che gli adempimenti connessi alle registrazioni al conto unico ed al versamento dell'imposta sostitutiva riguardante tale operazione devono essere effettuati dall'intermediario presso il quale il soggetto, per conto o a favore del quale l'operazione è stata effettuata, intrattiene il rapporto di deposito o di gestione dei titoli. Tale intermediario, peraltro, può affidare l'incarico di effettuare i citati adempimenti ad altro intermediario che interviene nell'operazione, ferma restando la sua responsabilità qualora l'incarico non venga svolto correttamente.

Per quanto concerne l'aliquota applicabile si deve avere riguardo sia alla disposizione contenuta nell'art. 2, comma 1, del provvedimento in oggetto, la quale prevede che l'imposta sostitutiva sui proventi dei titoli obbligazionari si applica nella misura del 12.50%, sia a quella contenuta nell'art. 13, comma 3, del medesimo provvedimento, la quale prevede che sugli interessi premi ed altri frutti delle obbligazioni e titoli similari emessi fino al 31 dicembre 1988, soggetti alla ritenuta alla fonte in misura diversa dal 12,50% - nella specie si tratta dell'aliquota del 6,25 per cento stabilita per la tassazione iniziale dei titoli obbligazionari di cui all'art. 31 del D.P.R. n. 601 del 1973 - l'imposta sostitutiva deve essere applicata con la medesima aliquota prevista per la predetta ritenuta. Naturalmente, nei casi in cui ai titoli obbligazionari, rientranti nell'ambito applicativo del provvedimento, si applicasse attualmente una ritenuta alla fonte in misura diversa da quella del 12,50% e del 6,25% - come è nell'ipotesi dei titoli soggetti alla ritenuta del 10,80% (avuto riguardo al regime derivante sia dalla disposizione dell'art. 2-bis del D.L. 28 settembre 1982, n. 540, convertito dalla legge 27 novembre 1982, n. 676, con la quale è stata fissata nel 10% l'aliquota applicabile alle obbligazioni emesse dal 1° ottobre 1982, sia dall'art. 3 comma 3, della legge 28 febbraio 1986, n. 41, con il quale è stato in sostanza sancito che l'addizionale straordinaria dell' 8 per cento entra a comporre l'aliquota applicabile a detti titoli), l'imposta sostitutiva di che trattasi si deve applicare nell'identica misura.

Relativamente allo scarto di emissione dei titoli in questione si è già avuto modo di osservare che per determinare i dietimi maturati nel periodo di possesso dei titoli, da assoggettare all'imposta sostitutiva, vale il criterio di calcolo lineare previsto dall'art. 5 del D.L. 28 giugno 1995, n. 250, convertito dalla legge 8 agosto 1995, n. 349, e che nei confronti dei "nettisti" questa regola trova applicazione con riferimento allo scarto di emissione.

Al riguardo va tenuta presente anche la disposizione recata dall'art. 11, comma 2, del provvedimento in oggetto per la parte concernente le obbligazioni emesse da privati.

Tale norma stabilisce che, nel caso in cui l'emittente proceda alla riapertura delle sottoscrizioni dei prestiti obbligazionari la cui emissione è prevista in più tranches, ai fini della determinazione della differenza di emissione o di rimborso di cui all'art. 41, comma 1, lett. b), del T.U.I.R. e dell'art. 10 del D.L. 30 settembre 1983, n. 512, convertito dalla legge 25 novembre 1983, n. 649, si considera prezzo di emissione quello di aggiudicazione della prima tranche del prestito.

Questa regola, tuttavia, si applica alle seguenti condizioni:

che la riapertura delle sottoscrizioni abbia luogo entro 12 mesi dalla data di emissione del prestito;

che la differenza tra il prezzo di emissione delle tranches successive e quello della prima tranche sia, in valore assoluto, non superiore all'1 per cento del valore nominale del prestito, moltiplicato per ciascun anno di durata del prestito stesso.

Conseguentemente, qualora non si verifichino entrambe le suddette condizioni, la determinazione dello "scarto" deve essere effettuata con riferimento al prezzo di emissione di ciascuna delle tranches.

Avuto riguardo ai presupposti applicativi dell'imposta in questione va tenuta presente anche la disposizione di cui all'art. 2, comma 2, del provvedimento in oggetto secondo cui, ai fini dell'applicazione dell'imposta sostitutiva, per trasferimento dei titoli si intendono le cessioni e qualunque altro atto, a titolo oneroso o gratuito, che comporta il mutamento della titolarità giuridica dei titoli.

Un'altra ipotesi ritenuta suscettibile di costituire presupposto per l'applicazione dell'imposta sostitutiva è quella contenuta nella disposizione di cui al comma 5 dell'articolo in esame, laddove i trasferimenti dei titoli da un deposito all'altro, costituito presso il medesimo o altro intermediario, vengono considerati equivalenti alle operazioni di compravendita agli effetti dell'accreditamento e dell'addebitamento dell'imposta sostitutiva al conto unico di cui alle lettere b) e c) del comma 1 dello stesso articolo. Tale previsione normativa è finalizzata ad evitare che attraverso questi passaggi possano verificarsi salti o duplicazioni d'imposta in dipendenza della movimentazione dei titoli.

Avuto riguardo al sistema normativo delineato dalle disposizioni in commento, il materiale ritiro o apporto dei titoli in questione da parte di un "nettista" non comporta l'applicazione dell'imposta sostitutiva da parte degli intermediari.

Relativamente all'ipotesi del trasferimento dei titoli che non comporta il pagamento di corrispettivi, il comma 7 dell'art. 3 ha previsto che il "nettista" che ha disposto l'operazione è tenuto a versare all'intermediario che trasferisce i titoli l'ammontare dell'imposta sostitutiva da accreditare al "conto unico" e che l'intermediario ha facoltà di non effettuare l'operazione fino a quando il soggetto interessato non ha provveduto a versare l'imposta sostitutiva dovuta. Parallelamente, l'intermediario al quale i titoli sono stati trasferiti riconoscerà al "nettista" lo stesso importo dell'imposta sostitutiva addebitandola al conto unico.

Tra le diverse ipotesi suscettibili di determinare l'applicazione dell'imposta sostitutiva in commento va inoltre segnalata quella prevista dall'art. 3, comma 6, del provvedimento in oggetto, riguardante l'immissione di titoli obbligazionari in un deposto di pertinenza di un "lordista". Ebbene, questa disposizione prevede che qualora i titoli in questione vengano immessi - al di fuori delle ipotesi di trasferimento effettuate con l'intervento degli intermediari autorizzati - in un deposito di un "lordista", l'intermediario presso il quale è costituito il deposito deve accreditare il conto unico dell'imposta sostitutiva commisurata ai proventi maturati fino alla data di immissione nel deposito.

L'imposta così applicata viene scomputata dal contribuente "lordista" in sede di dichiarazione, secondo quanto previsto dal comma 1 dell'art. 5 del decreto in oggetto.

Nella fattispecie si tratta di una disposizione volta ad evitare che un "nettista" possa cedere ad un "lordista" i titoli senza l'intervento di un intermediario autorizzato ed incassare così i proventi senza l'aggravio dell'imposta sostitutiva.

Va precisato che nel caso in cui un intermediario autorizzato proceda ad incassare presso un altro intermediario autorizzato le cedole relative a titoli di cui all'art. 1 comunque depositati presso un intermediario autorizzato, non si applica l'imposta sostitutiva atteso che detto tributo si applica con riferimento alle altre situazioni espressamente contemplate dal provvedimento in oggetto.

Con riferimento alla nozione di proventi scaduti di cui al comma 1 dell'art. 3 in rassegna si osserva che in presenza di titoli cosiddetti "zero coupon" - ai quali, come già anticipato, vanno assimilati i titoli con cedola unica - l'imposta sostitutiva si applica, prima della data di rimborso del titolo, con riferimento all'ipotesi di compravendita e, più in generale, del trasferimento dei titoli assunto dal legislatore quale presupposto per l'applicazione dell'imposta sostitutiva. In tal caso la base imponibile è costituita dalla quota parte di provento maturato fino alla data di trasferimento dei titoli stessi.

In nessun caso deve essere applicata l'imposta sostitutiva qualora i titoli vengano fisicamente ritirati dal deposito, sia da soggetti "nettistì" che da soggetti "lordisti".

Ai fini dell'applicazione dell'imposta sostitutiva, una particolare menzione va fatta per le operazioni "pronti contro termine" sui titoli obbligazionari, dovendosi stabilire innanzitutto se a tali operazioni, realizzate con riferimento ai titoli di cui all'art. 1, comma 1, del D.Lgs. n. 239 del 1996 si applichi o meno la disciplina recata da tale decreto e, nell'affermativa, quale trattamento si applica a queste operazioni, con particolare riferimento a quelle poste in essere da soggetti non residenti i quali fruiscono, ricorrendone le condizioni, del regime di non imponibilità relativamente agli interessi, premi ed altri frutti dei titoli in questione.

Al riguardo si osserva che ai sensi dell'art. 41, comma 1, lett. b-bis), del T.U.I.R. i proventi derivanti dalle cessioni a termine di obbligazioni e titoli similari costituiscono redditi di capitale e sono determinati in base alla differenza tra il corrispettivo globale della cessione a termine e quello dell'acquisto a pronti, se l'acquisto è contestuale alla stipula del contratto a termine; negli altri casi, è costituito dalla differenza tra il corrispettivo globale della cessione ed il valore di mercato dei titoli alla data della stipula del contratto. La stessa disposizione stabilisce inoltre che "dal corrispettivo globale della cessione si deducono i redditi maturati nel periodo di valenza del contratto soggetti a ritenuta alla fonte ai sensi del primo comma dell'art. 26 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600".

Ciò premesso, nel presupposto che l'operazione suddetta comporti l'acquisizione dei titoli all'atto dell'acquisto a pronti e la vendita degli stessi all'atto della cessione a termine e che al venditore a termine spettino gli interessi, premi ed altri frutti dei titoli stessi maturati nel periodo di valenza del contratto, si ritiene che ai proventi delle operazioni in questione si applichi il regime fiscale previsto dal provvedimento in oggetto, sempreché ovviamente l'operazione abbia ad oggetto titoli obbligazionari di cui all'art. 1, comma 1, del provvedimento medesimo.

Va inoltre tenuto presente che, per evitare una sostanziale disapplicazione del nuovo regime fiscale fondato sull'applicazione dell'imposta sostitutiva e sul riconoscimento del trattamento di non imponibilità nei confronti dei non residenti, la trascritta disposizione della lettera b-bis) dell'art. 41 del T.U.I.R. - secondo cui dal corrispettivo globale della cessione vanno dedotti "... i redditi soggetti alla ritenuta alla fonte" ai sensi del primo comma dell'art. 26 del D.P.R. n. 600 del 1973 - deve necessariamente essere raccordata con la nuova disciplina dettata dagli artt. 6 e seguenti del D.Lgs. n. 239 del 1996 che, con riferimento ai soggetti non residenti, ha previsto un regime di non applicabilità dell'imposizione, sempreché ovviamente ne ricorrano tutte le condizioni previste dagli artt. 6 e seguenti del provvedimento in oggetto. A questo fine, l'inciso "soggetti a ritenuta alla fonte" deve essere inteso nel senso di proventi astrattamente assoggettabili ex lege al prelievo alla fonte e non pure di proventi effettivamente assoggettati a ritenuta.

Ciò posto, il raccordo tra le norme riguardanti la ritenuta di cui all'art. 26 del D.P.R. n. 600 del 1973 e quelle riguardanti il nuovo regime introdotto dal D.Lgs. n. 239 del 1996 si realizza unicamente mediante la deduzione dal corrispettivo globale dell'operazione dei dietimi maturati nel periodo di valenza del contratto. A questi dietimi si applica il regime fiscale previsto dal provvedimento in oggetto e, ricorrendone le condizioni (ivi compresa quella concernente il deposito dei titoli presso un intermediario di cui all'art. 7, comma 1, del D.Lgs. n. 239 del 1996), anche quello di non imponibilità previsto dagli artt. 6 e seguenti del provvedimento medesimo. L'eventuale differenza positiva risultante dopo l'effettuazione della cennata deduzione deve essere assoggettata, in mancanza di qualsiasi norma che disponga diversamente, al prelievo alla fonte di cui all'art. 2, comma 2, del D.L. 17 settembre 1992, n. 378, convertito dalla legge 14 novembre 1992, n. 437.

Altro caso meritevole di considerazione è quello concernente il trattamento fiscale applicabile nell'ipotesi in cui i titoli in questione formino oggetto di quel particolare tipo di operazione nota come "stripping" o "coupon stripping", che consiste nella negoziazione delle cedole separatamente dal titolo.

Al riguardo si osserva che una siffatta operazione potrebbe consentire ad un "nettista", possessore del titolo integro (composto cioè dal mantello e dalle cedole) di realizzare gli interessi delle cedole senza subire l'imposta sostitutiva se il trasferimento delle cedole avvenisse nei confronti di un "lordista" il quale - come noto - non è soggetto all'imposta sostitutiva.

Ricorrendo questa ipotesi, l'elusione è evitata applicando correttamente la disciplina recata dal provvedimento in oggetto, che prevede il deposito del titolo nella sua interezza presso gli intermediari autorizzati.

Conseguentemente, qualora siano state depositate cedole prive del mantello, l'intermediario è tenuto ad applicare l'imposta sostitutiva anche nel caso i cui le cedole siano di pertinenza di un lordista. Quest'ultimo soggetto imputerà al conto economico i proventi di sua pertinenza, facendoli concorrere alla formazione del reddito d'impresa secondo quanto precisato nella circolare n. 4/9/452 del 18 febbraio 1986 dalla soppressa Direzione generale delle imposte dirette e scomputerà la ritenuta in proporzione ai proventi così imputati. L'imposta sostitutiva non scomputata, se di pertinenza di altro lordista va scomputata dall'imposta da questi dovuta in relazione ai proventi delle cedole che concorrono a determinare il reddito d'impresa, se invece è di pertinenza di un nettista rimane acquisita all'Erario.

L'ultimo comma dell'art. 3 si occupa dei titoli senza cedola, aventi durata non superiore a 12 mesi per i quali la differenza tra il valore nominale ed il prezzo di rimborso è considerato interesse anticipato ai sensi dell'art. 1, comma 2, del D.L. 19 settembre 1986, n. 556, convertito dalla legge 17 novembre 1986, n. 759 (si tratta, in buona sostanza, dei buoni ordinari del Tesoro). Per tale ipotesi, la disposizione in esame stabilisce che l'imposta sostitutiva deve essere applicata adattando i criteri operativi fissati dall'art. 3 alle diverse modalità di corresponsione degli interessi dei titoli in questione. Ciò comporta che ai fini della registrazione nel conto unico si deve procedere in modo esattamente inverso a quello previsto con riferimento ai titoli con cedola.

Pertanto, ricorrendo questa ipotesi, il "nettistà' deve essere addebitato dell'imposta sostitutiva relativa all'ammontare degli interessi corrispondenti al periodo intercorrente tra la data di regolamento e quella di scadenza dei titoli quando detti titoli sono acquistati e deve essere accreditato dell'imposta sostitutiva relativa agli interessi corrispondenti al periodo intercorrente tra la data di regolamento e quella di scadenza dei titoli quando detti titoli sono venduti. Nell'ipotesi di trasferimento dei buoni ordinari del tesoro dal deposito di un intermediario a quello di un altro intermediario, il primo intermediario deve riconoscere al "nettista" l'imposta sostitutiva sugli interessi che maturano a partire dalla data del trasferimento, mentre il secondo intermediario dovrà trattenere al "nettista" un pari importo d'imposta sostitutiva.

5.1. Fondi comuni d'investimento e fondi pensione.

L'art. 3, comma 3, del provvedimento in oggetto introduce una particolare deroga al procedimento sopra descritto per quel che concerne l'applicazione dell'imposta sostitutiva da parte dei soggetti indicati nell'art. 2, comma 1, del provvedimento medesimo. In base a questa disposizione, infatti, il meccanismo degli addebiti e degli accrediti al conto unico, previsti dal comma 1 dello stesso art. 3 con riferimento alle operazioni effettuate per conto o a favore della generalità dei "nettisti", non valgono per quanto attiene alle operazioni effettuate dai seguenti soggetti:

a) dagli organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari di diritto italiano, ivi compresi quelli di cui all'art. 10-ter, comma 2, della legge 23 marzo 1983, n. 77;

b) dai fondi comuni d'investimento mobiliare chiusi di cui alla legge 14 agosto 1993, n. 344;

c) dai fondi d'investimento immobiliare di cui alla legge 25 gennaio 1994, n. 86;

d) dai fondi pensione di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124.

Ai fini dell'applicazione dell'imposta sostitutiva sui titoli indicati nell'art. 1, comma 1, del D.Lgs. n. 239 del 1996, sono stati previsti speciali criteri per gli organismi ed i fondi sopra indicati in considerazione del fatto che l'attuale disciplina non riconosce loro una legittimazione passiva ai fini delle imposte sui redditi, anche se prevede la definitività delle ritenute alla fonte applicate sui redditi di capitale da essi conseguiti.

In considerazione del fatto che i predetti organismi e fondi devono servirsi di una banca depositaria - la quale ha il compito di custodire i valori e le attività di tali soggetti e di gestirne le operazioni e che, pertanto, funziona sia come banca depositaria che come intermediario per l'applicazione dell'imposta - con la disposizione in commento è stato previsto che alla fine di ciascun mese la banca depositaria accredita il "conto unico" dell'imposta sostitutiva prevista dall'art. 2 relativamente ai seguenti redditi conseguiti nel medesimo mese dall'organismo d'investimento o dal fondo, maturati nel periodo di possesso:

- interessi, premi ed altri frutti scaduti;

- interessi, premi ed altri frutti conseguiti, sia in modo esplicito che implicito, per effetto della cessione dei titoli obbligazionari.

Ciò comporta che gli organismi ed i fondi in questione, quando pongono in essere le transazioni in titoli, conseguono redditi al lordo dell'imposta sostitutiva e che anche con riferimento ai titoli di cui al comma 9 dell'articolo in esame - vale a dire, ai buoni ordinari del tesoro, per i quali la differenza fra il prezzo di emissione e quello di rimborso è considerata interesse anticipato - prevale la deroga di cui al comma 3 dell'articolo in rassegna e che, pertanto, il trattamento applicabile agli interessi di detti titoli di pertinenza degli organismi e fondi in questione è identico a quello applicabile ai "lordisti" e l'imposta sostitutiva dovrà essere prelevata dalla banca depositaria soltanto alla fine del mese in cui gli interessi di questi titoli sono stati eseguiti attraverso la cessione ovvero alla scadenza delle cedole o dei titoli. Alla fine di ciascun mese la banca depositaria preleva, dal patrimonio dell'organismo o del fondo, le somme corrispondenti all'imposta sostitutiva dovuta dai predetti soggetti su tutti i redditi maturati nel periodo di possesso dei titoli o delle cedole e conseguiti dai predetti soggetti nel medesimo mese.

5.1.1. Fondi comuni d'investimento e Sicav

Avuto riguardo a quanto finora esposto con riferimento ai fondi comuni d'investimento ed alle Sicav, si può affermare che:

- la banca depositaria accredita ad essi gli interessi delle cedole e gli scarti dei titoli scaduti, senza applicare l'imposta sostitutiva;

- le società di gestione dei fondi e le Sicav accantonano giornalmente l'imposta sostitutiva dovuta sui proventi che maturano in capo ai fondi o alle Sicav;

- l'imposta sostitutiva è prelevata dalla banca depositaria in un'unica soluzione alla fine di ciascun mese, ed è costituita dall'ammontare dell'imposta dovuta sugli interessi, premi ed altri, frutti (inclusi i disaggi) scaduti nel mese e maturati nel periodo di possesso delle cedole o dei titoli e dall'ammontare dell'imposta sostitutiva dovuta sugli interessi, premi ed altri frutti (inclusi i disaggi) maturati nel periodo di possesso e conseguiti per effetto della cessione dei titoli.

Ai fini del calcolo dell'imposta sostitutiva si deve tener conto della disposizione contenuta nell'ultimo periodo del comma 3 dell'articolo in commento, secondo cui per il calcolo dell'imposta dovuta sui proventi dei titoli obbligazionari maturati e scaduti ovvero conseguiti si devono considerare ceduti per primi i titoli acquistati per ultimi, il che implica la creazione di un portafoglio titoli secondo il criterio Lifo. Questo criterio si applica anche con riferimento alle operazioni di vendita a termine.

5.1.2. Gestioni patrimoniali

La disciplina dinanzi esaminata con riferimento ai fondi comuni ed alle Sicav non si applica agli intermediari di cui all'art. 2, comma 2, del provvedimento in oggetto - tra i quali si annoverano le società di intermediazione mobiliare e le società fiduciarie - che svolgono attività di gestione dei patrimoni. Conseguentemente, qualora non ricorra l'ipotesi prevista dal comma 4 dell'articolo in commento concernente l'intervento di più intermediari in una stessa operazione, le Sim e le società fiduciarie sono tenute ad istituire il "conto unico" e ad osservare tutti gli adempimenti che il provvedimento in oggetto pone a carico degli intermediari autorizzati.

5.1.3. Fondi privi di banca depositaria

La procedura sopra esaminata si basa sul presupposto che la disciplina concernente gli organismi ed i fondi in questione preveda l'intervento della banca depositaria. Ciò si verifica con riguardo ai fondi comuni d'investimento mobiliare di tipo aperto, alle Sicav di diritto italiano, ai fondi comuni d'investimento mobiliare chiusi, ai fondi immobiliari ed ai fondi pensione di recente istituzione.

Tuttavia, per taluni fondi di vecchia istituzione - trattasi, in particolare, dei fondi comuni d'investimento mobiliare previsti dall'art. 10-ter, comma 2, della legge n. 77 del 1983 e dei fondi pensione istituiti prima del 15 novembre 1992 - la vigente normativa non ha previsto l'intervento di una banca depositaria, il che rende inapplicabile la disciplina derogatoria prevista all'art. 3, comma 3, del provvedimento in rassegna.

Poiché anche a tali soggetti si rende applicabile l'imposta sostitutiva, la scrivente ritiene che nei casi di specie trovi applicazione la disciplina ordinaria prevista per la generalità dei soggetti "nettisti" e, quindi, che l'imposta in questione si applichi in base ai criteri stabiliti nei primi due commi dell'art. 3.

 

 

Capitolo VI

6. Tassa sui contratti di borsa - Determinazione della base imponibile.

Ai fini della determinazione della base imponibile della tassa sui contratti di borsa si fa presente che la stessa deve essere applicata su un imponibile rappresentato dal valore complessivo della transazione (prezzo e dietimi) al lordo dell'imposta sostitutiva di cui all'art. 2 del provvedimento in oggetto. Per i buoni ordinari del tesoro, i cui interessi vengono corrisposti in via anticipata, la base imponibile della tassa sui contratti di borsa deve, per contro, essere costituita dal valore complessivo della transazione al netto dell'imposta sostitutiva.

 

 

Parte seconda

Regime fiscale per i soggetti non residenti

Capitolo VII

7. Generalità.

L'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, prevede un regime di esonero dall'imposta sostitutiva per gli interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni e titoli similari percepiti dai soggetti residenti in Stati con i quali siano in vigore Convenzioni per evitare la doppia imposizione sul reddito stipulate dalla Repubblica Italiana e sempreché tali Convenzioni consentano all'Amministrazione finanziaria di ricevere le informazioni necessarie ad accertare la sussistenza dei requisiti da parte degli aventi diritto.

L'articolo in esame esclude dal suddetto regime, con conseguente applicazione dell'imposta sostitutiva, i seguenti soggetti:

a) residenti in Paesi con i quali non sono in vigore Accordi bilaterali contro la doppia imposizione sul reddito;

b) residenti in Paesi che hanno stipulato con l'Italia Convenzioni fiscali che non contengono clausole sullo scambio di informazioni, in grado di assicurare il riscontro necessario per l'accertamento della sussistenza dei requisiti da parte degli aventi diritto;

c) residenti negli Stati o territori non appartenenti alla Comunità economica europea, aventi un regime fiscale privilegiato (cfr. art. 76, comma 7 bis, del T.U.I.R.), come individuati dal D.M. 24 aprile 1992 (cosiddetti "Paradisi fiscali").

Dalla normativa così schematizzata risulta, quindi, evidente che il regime di non applicazione dell'imposta sostitutiva nei confronti dei soggetti non residenti è subordinato all'esistenza di Convenzioni fiscali atte a garantire in concreto un adeguato scambio di informazioni; ciò al fine di fornire all'Amministrazione finanziaria gli strumenti idonei per lo svolgimento dell'attività di controllo e per contrastare, di conseguenza, i possibili fenomeni di elusione.

In questo contesto, alla luce della disposizione contenuta nell'articolo 11, comma 4, lett. c), che prevede la predisposizione da parte del Ministro delle finanze dell'elenco degli Stati con i quali risulta attuabile lo scambio di informazioni, è stata effettuata una ricognizione delle Convenzioni fiscali in vigore, formalizzata nel D.M. 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996.

Tale decreto reca l'elenco dei Paesi legati al nostro da Accordi bilaterali che contengono una clausola comprensiva della regola secondo cui le informazioni possono essere scambiate nel modo più ampio possibile, nel senso di assicurare la corretta applicazione non solo delle disposizioni convenzionali, ma anche delle leggi interne degli Stati contraenti.

A questo proposito, è bene rammentare che una clausola sulla cooperazione amministrativa limitata alla sola applicazione delle disposizioni convenzionali non può di certo costituire una base giuridica valida ai fini delle richieste di informazioni, da formulare ai sensi di una norma interna, quale è il decreto legislativo n. 239 del 1996.

Per la suesposta ragione, alcuni Stati - come la Svizzera e Cipro - con cui sono in vigore Convenzioni fiscali che non prevedono lo scambio di informazioni in ordine alla applicazione della norma interna, non potevano essere inseriti nell'elenco contenuto nel citato decreto ministeriale.

Per quanto riguarda l'esclusione dal regime di esonero dall'imposta sostitutiva dei soggetti residenti nei paradisi fiscali, si precisa che qualora alcuni Paesi indicati nel D.M. 4 settembre 1996 figurino anche tra quelli elencati nel D.M. 24 aprile 1992, nei confronti delle categorie di soggetti di seguito specificate si renderà applicabile la disciplina di cui agli articoli da 1 a 5 del decreto legislativo in esame.

Conseguentemente sono esclusi dall'ambito applicativo dell'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 239 del 1996 le seguenti categorie di soggetti:

- per le Filippine, le società finanziarie multinazionali, con riferimento alle attività direzionali;

- per Malta, le società i cui proventi affluiscono da fonti estere quali quelle di cui al "Malta International Business Activity Act" del 30 giugno 1989 e successive modificazioni e integrazioni;

- per Singapore, le società i cui proventi affluiscono da fonti estere.

Come si può constatare, il regime di esonero dall'imposta sostitutiva per i proventi delle obbligazioni e titoli similari di pertinenza dei soggetti non residenti trova il proprio fondamento in una norma di carattere interno, ed ha termini applicativi, un contenuto più ampio del regime agevolativo previsto, per gli interessi sui titoli del debito pubblico, da numerose Convenzioni contro la doppia imposizione sul reddito.

È da considerare, infatti, che la nuova normativa prescinde dalla sussistenza di apposite disposizioni contenute negli Accordi fiscali, che stabiliscono per i soggetti esteri un trattamento più favorevole rispetto a quello interno ed ha, inoltre, un ambito oggettivo di applicazione più esteso di quello convenzionale, in quanto non riguarda solo i proventi dei titoli del debito pubblico, ma anche quelli derivanti dalla gran parte delle obbligazioni.

D'altronde, come chiarito anche dalla relazione governativa di accompagnamento al decreto legislativo in esame, il nuovo regime è stato elaborato nel presupposto di eliminare una serie di incertezze connesse con le procedure di applicazione delle norme convenzionali relative ai soggetti non residenti possessori di titoli pubblici italiani.

Ai fini della concreta operatività del regime di esonero dall'imposta sostitutiva nei confronti dei non residenti, l'articolo 7 del decreto legislativo n. 239 del 1996 ha previsto una specifica procedura, le cui modalità attuative sono state regolamentate con il decreto ministeriale 4 dicembre 1996, n. 632 emanato ai sensi del successivo articolo 11, comma 4, del medesimo decreto legislativo, pubblicato nella G.U. n. 294 del 16 dicembre 1996.

Tale procedura ricalca sostanzialmente quella già utilizzata in materia di applicazione diretta del regime agevolativo previsto dalle Convenzioni bilaterali e dagli Accordi internazionali (D.Lgs. 24 settembre 1993, n. 377, convertito dalla legge 18 novembre 1993, n. 467.)

Ciò premesso in linea generale, si ritiene opportuno procedere di seguito ad un esame delle diverse tipologie giuridiche dei soggetti che potranno beneficiare della non applicazione dell'imposta sostitutiva, delle figure degli intermediari, nonché degli adempimenti e delle modalità procedurali stabiliti in merito.

 

 

Capitolo VIII

8. Ambito soggettivo di applicazione.

La procedura di non applicazione dell'imposta sostitutiva interessa:

1. i soggetti residenti negli Stati esteri indicati nel decreto del Ministro delle finanze D.M. 4 settembre 1996, ad esclusione delle società elencate in precedenza per quanto riguarda Filippine, Malta e Singapore;

2. gli enti od Organismi internazionali che godono soggettivamente di totale esenzione dalla generalità delle imposte in Italia, in base ad apposite leggi interne o ad Accordi internazionali recepiti dal nostro ordinamento.

Per quanto concerne la prima categoria, si rileva che l'applicazione della nuova procedura è subordinata alla sussistenza dei requisiti soggettivi richiesti dagli articoli 6 e 7, comma 2, lett. a) del decreto legislativo n. 239 del 1996, che consistono nella residenza ai fini fiscali del soggetto estero in uno degli Stati indicati nel ripetuto D.M. 4 settembre 1996, nella assoggettabilità alle imposte sui redditi nel Paese di residenza e nello status di effettivo beneficiario.

Relativamente al primo requisito, si evidenzia che, sotto il profilo convenzionale, si considera residente di uno Stato contraente ogni soggetto che viene considerato tale in quello Stato in forza dei criteri adottati nella legislazione fiscale dello Stato stesso ai fini dell'assoggettabilità all'imposizione.

La Convenzione, pertanto, rimanda alle legislazioni interne dei due Stati contraenti la definizione delle condizioni in presenza delle quali un soggetto viene considerato residente, ai fini fiscali, di un Paese, fatti salvi i casi in cui vi sia una doppia residenza, che vengono risolti nel contesto delle norme convenzionali.

Sotto questo profilo, il concetto di residenza implica il presupposto dell'assoggettabilità a tassazione, basato sulla connessione personale del contribuente con il Paese di residenza.

Il concetto di residenza è, inoltre, collegato ad un altro presupposto, presente nel contesto applicativo delle Convenzioni, che è rappresentato dalla qualità di "persona".

Questo termine ricomprende tutte le persone fisiche, le società, le associazioni di persone ed ogni altra entità che viene considerata soggetto passivo ai fini delle imposte, secondo regime tributario nazionale.

I suddetti presupposti dell'"assoggettabilità a tassazione" e dello status di "persona", presenti nel concetto di residenza, si configurano rilevanti per l'inclusione o meno nel campo applicativo convenzionale e, quindi, del regime di esonero dall'imposta sostitutiva, di alcune entità giuridiche, quali le società di persone, i fondi pensione, i trust ed altre.

In proposito, si osserva che per quanto riguarda le società di persone, lo stesso Commentario Ufficiale al Modello OCSE sia del 1977 sia del 1992 precisa che risulta difficile individuare soluzioni uniformi, attesa la differente regolamentazione che gli Stati membri hanno adottato, a livello interno, nei confronti proprio delle suddette società.

È, comunque, orientamento comune, in sede internazionale, che qualora le società di persone, in conformità delle legislazioni interne degli Stati contraenti, siano assimilate a persone giuridiche ("società") si deve ritenere che anche ai fini della Convenzione esse si configurino come società e, di conseguenza, sono considerate, sempre ai fini della Convenzione, come persone giuridiche rientranti nella definizione di "persone". In caso contrario (ossia qualora le società di persone non siano assimilate alle società secondo la normativa tributaria interna degli Stati contraenti), al fini della Convenzione saranno considerati come residenti i singoli soci.

Analogo discorso va fatto relativamente ai fondi pensione ed ai trust, tenuto conto che, in linea generale, le Convenzioni fiscali in vigore con il nostro Paese non contengono apposite clausole volte a regolamentare tali figure giuridiche.

Occorre, comunque, considerare che, ove vi sia un espresso richiamo, in senso affermativo o negativo, nelle Convenzioni medesime, non si pone alcun problema.

In tal senso, ad esempio, la Convenzione in vigore con gli Stati Uniti comprende tra l'altro nel termine "persona" gli "estate" (patrimoni ereditari) ed i "trust" (associazioni commerciali), mentre l'Accordo in vigore con il Lussemburgo esclude espressamente, dal proprio ambito applicativo, le società holding.

In conclusione, si può osservare che - come verrà precisato più avanti - la procedura di non applicazione dell'imposta sostitutiva si basa, ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo n. 239 del 1996, sull'accertamento documentale delle condizioni, soggettive ed oggettive, cui è subordinato il diritto stesso all'esonero del soggetto estero.

Sotto questo aspetto, l'inclusione delle citate entità giuridiche nel contesto della nuova procedura non comporterà problemi di carattere applicativo, nel momento in cui vi sia un'attestazione delle Autorità fiscali del Paese di residenza che certifichi la sussistenza, nei confronti di dette entità, dei requisiti richiesti e sopra illustrati (cfr. il Mod. 116/IMP, Sez.11, in ordine al quale verranno forniti chiarimenti nel prosieguo della presente circolare).

Si rammenta, inoltre, che vengono esclusi dal contesto operativo della procedura i soggetti residenti in quelle zone territoriali alle quali non si considera espressamente applicabile la Convenzione.

A titolo puramente esemplificativo, si evidenzia che per quanto riguarda gli Stati Uniti non sono comprese Porto Rico, le Isole Vergini e Guam, per la Danimarca non sono comprese le Isole Faroe e le Groenlandia, per la Norvegia non sono comprese Svalbard, Jan Mayen e le dipendenze norvegesi, "Biland", situate fuori dall'Europa e per la Nuova Zelanda sono da ritenere escluse le isole Cook, Niue o Tokelau.

Per quanto concerne, inoltre, il requisito di effettivo beneficiario, si rileva che per tale deve intendersi il soggetto cui il reddito è fiscalmente imputabile; pertanto, come rileva lo stesso Commentario OCSE, nella fattispecie non si verifica il requisito in questione quando viene interposto un intermediario - come ad esempio un agente o "nominee" - tra il beneficiario ed il debitore del provento.

Si evidenzia, infine, che nell'ambito soggettivo di applicazione del regime di esonero dell'imposta sostitutiva non rientrano le stabili organizzazioni.

Invero, il concetto di stabile organizzazione attiene alla configurazione del presupposto per l'imposizione in Italia di una attività economica o commerciale svolta da un soggetto non residente.

Sotto questo profilo, alle stabili organizzazioni si applica il regime fiscale previsto per gli imprenditori individuali o per le società ed enti commerciali residenti agli effetti fiscali in Italia.

Per quanto concerne gli Enti internazionali che godono di esenzione di tipo soggettivo, non è richiesta la sussistenza dei predetti requisiti, avendo questi ultimi validità unicamente nel contesto operativo delle Convenzioni contro le doppie imposizioni sui redditi.

Per questi Enti è posta soltanto la condizione che i proventi corrisposti siano percepiti nell'esercizio delle funzioni istituzionali che gli stessi devono espletare; ciò in quanto l'esenzione dalle imposte in Italia, è, per l'appunto, subordinata alla sussistenza della suesposta condizione.

 

 

Capitolo IX

9. Procedura per la non applicazione dell'imposta sostitutiva di cui all'articolo 7 del decreto legislativo n. 239 del 1996.

L'articolo 7 del decreto legislativo n. 239 del 1996 prevede che i soggetti non residenti e gli Enti internazionali hanno diritto alla non applicazione dell'imposta sostitutiva, purché abbiano depositato, direttamente o indirettamente, i titoli presso una banca o una società di intermediazione mobiliare residente ovvero una stabile organizzazione in Italia di banche o di società di intermediazione mobiliare non residenti.

A questo proposito, si osserva che il deposito dei titoli presso la banca di secondo livello - di cui si dirà nel prosieguo - è l'elemento determinante al fine di poter usufruire del regime di esonero dall'imposta sostitutiva.

Infatti, anche se l'applicazione di tale regime è correlato all'effettivo possesso del titolo, tuttavia l'articolo 1, comma 2, del citato D.M. n. 632 del 1996, ha stabilito che il periodo di tale possesso deve essere attestato dal deposito dei titoli.

Conseguentemente, sotto questo profilo il regime di non imponibilità compete soltanto con riferimento ai proventi maturati a decorrere dalla data del deposito dei titoli.

Ciò considerato, si evidenzia che per potere usufruire della procedura in esame i soggetti non residenti devono presentare, a differenza degli Enti internazionali, un'attestazione della competente autorità fiscale del Paese di residenza, dalla quale risulti la sussistenza dei requisiti previsti dalla normativa in esame e già descritti.

Al fine di semplificare l'attivazione del regime di esonero stabilito per i soggetti non residenti, con il citato D.M. n. 632 del 1996 sono stati definiti i termini e le modalità della procedura di non applicazione dell'imposta sostitutiva, relativamente ai quali si forniscono i seguenti chiarimenti.

Nell'ambito della procedura in esame assumono un ruolo di fondamentale importanza gli intermediari, individuati come banche di primo e di secondo livello, sulla base della definizione già utilizzata per la procedura telematica prevista dai D.L. 24 settembre 1993, n. 377, convertito dalla legge 18 novembre 1993, n. 467, per l'effettuazione del rimborso ai soggetti non residenti delle ritenute sugli interessi dei titoli di Stato eccedenti i limiti convenzionali.

L'art. 1 del predetto decreto ministeriale n. 632 del 1996 stabilisce che:

- per banca di primo livello s'intende ogni ente creditizio o finanziario, avente sede in Italia ovvero in Paesi esteri, che agisce come intermediario nel deposito delle obbligazioni e titoli similari pubblici e privati detenuti, direttamente o indirettamente, dall'effettivo beneficiario dei proventi dei titoli medesimi presso la banca di secondo livello;

- per banca di secondo livello s'intende una banca od una società di intermediazione mobiliare residente, ovvero una stabile organizzazione in Italia di banche e di società di intermediazione mobiliare non residenti, depositarie o subdepositarie delle obbligazioni e titoli similari, pubblici e privati, che intrattengono rapporti diretti, in via telematica, con il Ministero delle finanze - Dipartimento delle entrate, ai fini della procedura di non applicazione dell'imposta sostitutiva.

Vengono inoltre considerate banche di secondo livello gli enti internazionali Euroclear e Cedel, i quali nominano, quale rappresentante ai fini della procedura, una banca od una società di intermediazione mobiliare residente nel territorio dello Stato, ovvero una stabile organizzazione in Italia di banche o di società di intermediazione mobiliare non residenti, affinché provvedano ai seguenti adempimenti:

a) al versamento dell'imposta sostitutiva per conto dell'ente o della società rappresentata;

b) alla conservazione della documentazione di cui all'art. 7, comma 2, lett. a), del D.Lgs. n. 239 del 1996;

c) alla trasmissione, su richiesta dell'Amministrazione finanziaria, di ogni notizia o documento utile per l'individuazione degli interessi, premi ed altri frutti corrisposti senza l'applicazione dell'imposta sostitutiva e dei relativi percettori.

Sono, quindi, equiparati alle banche ed alle SIM nazionali i soggetti esteri che aderiscono a sistemi di amministrazione accentrata dei titoli. Tale equiparazione risponde, d'altra parte - come viene rilevato nella stessa relazione illustrativa del provvedimento in oggetto - alla finalità di pervenire ad una integrazione internazionale dei mercati finanziari, coerente con i principi comunitari volti a rimuovere gli ostacoli all'accesso degli intermediari finanziari ai mercati dei singoli Paesi.

9.1. Banche di primo livello.

Entrando nel particolare, si osserva che l'art. 1, lett. a), del D.M. 4 dicembre 1996, n. 632, nel fornire la definizione di banca di primo livello, stabilisce il ruolo di intermediazione che detta banca svolge nella procedura in esame tra l'effettivo beneficiario dei proventi e le banche di secondo livello italiane ché intrattengono rapporti diretti con l'Amministrazione finanziaria.

Sotto questo profilo, infatti, le banche di primo livello non sono tenute alla presentazione di alcuna specifica richiesta di utilizzazione della procedura.

Esse, inoltre, a differenza delle banche di secondo livello che devono essere collocate sul territorio italiano, possono avere sede in Italia o in Paesi esteri.

In relazione a quest'ultimo aspetto si rileva che non sussiste la limitazione - presente nella procedura telematica di applicazione del regime convenzionale di cui al citato D.L. n. 377 del 1993 - in base alla quale la sede all'estero delle banche di primo livello deve essere ubicata nei Paesi con i quali l'Italia ha stipulato convenzioni contro la doppia imposizione.

In proposito, si è ritenuto infatti che, trovandosi in presenza di un regime svincolato da disposizioni convenzionali di agevolazione, non occorresse nella procedura in esame la suesposta condizione.

La funzione che viene svolta dalle banche di primo livello è innanzitutto quella di acquisire dai soggetti non residenti l'attestazione dell'Autorità fiscale estera ovvero la richiesta di non applicazione dell'imposta sostitutiva qualora si tratti di Enti internazionali che fruiscono del regime di esenzione soggettiva.

Le banche di primo livello hanno inoltre il compito di trasmettere alle banche di secondo livello la predetta documentazione entro 15 giorni dalla ricezione della stessa, unitamente agli "affidavit" per l'ipotesi in cui altri intermediari si interpongano tra l'effettivo beneficiario e le banche stesse.

È utile sottolineare altresì che, sulla base del citato decreto ministeriale n. 632 del 1996, alla banca di primo livello vengono attribuite una serie di responsabilità sia in ordine all'attestazione che la banca stessa è tenuta a rilasciare circa il deposito dei titoli, sia in ordine alla correttezza, desumibile dagli elementi di cui è in possesso, dei dati identificativi dell'avente diritto e delle relative dichiarazioni. La stessa banca di primo livello è tenuta, tra l'altro, a comunicare alla banca di secondo livello i dati relativi alle operazioni di movimentazione dei titoli in deposito, nonché tutte le informazioni necessarie ai fini di una corretta applicazione del regime di esonero.

9.2. Banche di secondo livello

Le banche di secondo livello rivestono un ruolo di estrema rilevanza nella procedura in questione, in quanto sono esse che intrattengono rapporti diretti con il Dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze.

Sotto questo aspetto, le banche di secondo livello devono presentare una apposita richiesta di utilizzazione della procedura, redatta in conformità al mod. 118/IMP. Con la presentazione di tale richiesta di abilitazione la banca di secondo livello si assume una serie di responsabilità in ordine sia al deposito dei titoli, sia alla documentazione fornita dai beneficiari dei proventi che, nel caso di subdeposito dei titoli, le viene trasmessa dalla banca di primo livello.

Nel caso in cui i soggetti non residenti e gli Enti internazionali intrattengano rapporti di deposito diretto presso la banca italiana, quest'ultima assume contestualmente la veste di banca di primo e di secondo livello e, conseguentemente, acquisisce direttamente la prevista documentazione.

Questa documentazione deve essere tenuta a disposizione dell'Amministrazione finanziaria per un periodo di tempo non inferiore a 10 anni e, in caso di espressa richiesta, deve essere trasmessa all'Amministrazione stessa.

Per quanto concerne l'attivazione del collegamento telematico diretto con il Ministero delle finanze - Centro Informativo del Dipartimento delle entrate - le banche di secondo livello inviano al Centro Informativo del Dipartimento delle entrate il citato Mod. 118, anticipandone via fax copia conforme all'originale, onde consentire l'avvio delle fasi che precedono l'attivazione del collegamento reale.

Il Centro Informativo acquisisce il mod. 118/IMP e convalida la richiesta, previa verifica che il richiedente sia autorizzato all'esercizio dell'attività bancaria e/o di intermediazione mobiliare. Tale verifica viene effettuata sulla base delle informazioni fornite dalla Banca d'Italia per quanto concerne le banche e dalla Consob per quanto riguarda le SIM.

Qualora risulti che il richiedente è un soggetto non autorizzato dai predetti organismi, il Centro Informativo provvederà a comunicare l'esito negativo della richiesta avanzata.

Non appena convalidata la richiesta, il Centro Informativo stabilisce accordi diretti con gli interessati ai quali fornisce il software di colloquio necessario per attivare il collegamento telematico ed effettua successivamente sia il test di funzionalità del collegamento che la simulazione delle elaborazioni, utilizzando trasmissioni di prova.

Una volta eseguiti con esito positivo i test sopra descritti, il Centro Informativo riconosce l'intermediario che ha richiesto l'utilizzo della procedura come "banca di secondo livello" e comunica allo stesso la data di abilitazione al collegamento reale.

Le trasmissioni telematiche da parte delle banche di secondo livello all'Anagrafe Tributaria avverranno nel rispetto dello scadenzario di cui all'art. 7, comma 3, del regolamento, secondo le specifiche tecniche che verranno stabilite con apposito decreto ministeriale.

L'art. 8, comma 2, del provvedimento in oggetto prevede che le banche di secondo livello devono comunicare all'Amministrazione finanziaria, entro il 31 marzo ed il 31 settembre di ogni anno, i dati riguardanti i proventi non assoggettati all'imposta sostitutiva se percepiti:

a) da soggetti non residenti;

b) da soggetti residenti, limitatamente a quelli relativi ai titoli obbligazionari, detenuti all'estero.

Per i soggetti di cui al precedente punto b) non devono essere comunicati i dati di cui al comma 1, lett. a), dell'art. 7 del regolamento, rilevabili dai modelli 116/IMP e 117/IMP, in quanto, trattandosi di titoli di pertinenza di soggetti residenti, non è previsto alcun modello.

Devono essere invece comunicati i dati contabili di cui al sopracitato art. 7, comma 2, lett. b), secondo lo stesso tracciato utilizzato per le comunicazioni contabili relative ai soggetti non residenti, con l'avvertenza, per i soggetti residenti, di riportare nel record 1 del file contabile, se è richiesto il "codice investitore" ed il "codice nazione", rispettivamente il codice fiscale italiano ed il IT (codice ISO per l'Italia).

9.3. I modelli 116/IMP e 117/IMP

L'attestazione dell'Autorità fiscale del Paese di residenza e la richiesta di non applicazione dell'imposta sostitutiva devono essere redatte, a pena di inammissibilità, in conformità degli specifici modelli allegati al decreto ministeriale n. 632 del 1996 e più precisamente:

a) i soggetti non residenti dovranno presentare il modello 116/IMP;

b) gli Enti internazionali dovranno presentare il modello il 117/IMP.

I predetti modelli devono essere presentati prima del deposito oppure all'atto del deposito stesso dei titoli e la data di decorrenza giuridica, ai fini della qualificazione del soggetto beneficiario come "lordista", è quella dell'attestazione rilasciata dalla banca di primo livello nella Sezione III del modello 116/IMP e nella Sezione II del modello 117/IMP.

Invece, nel caso in cui i titoli siano depositati direttamente presso la banca di secondo livello, la data in questione è quella in cui è stata verificata la sussistenza dei requisiti previsti dall'articolo 7, commi 1 e 2, lett. a), del decreto legislativo n. 239 del 1996. Si è ritenuto, infatti, che i beneficiari dei proventi abbiano, alle suddette date, acquisito il diritto ad essere qualificati come "lordisti".

Il modello 116/IMP produce effetti, secondo quanto disposto sempre dall'articolo 7, comma 2, lett. a), del citato decreto legislativo, fino al 31 gennaio dell'anno successivo a quello di presentazione.

Si rileva, tuttavia, che per quanto riguarda il periodo di prima applicazione della procedura è stato stabilito che le attestazioni rilasciate anteriormente al 1° gennaio 1997 produrranno effetti fino al 31 gennaio 1998; ciò al fine di evitare che gli investitori esteri debbano ripresentare per poter continuare ad usufruire del regime di esonero per l'anno 1997, una nuova attestazione nonostante il breve periodo trascorso dal rilascio della precedente.

Il modello 117/IMP, invece, produce effetti fino a quando non venga modificato il regime di esonero stabilito dalla legge interna o di ratifica dell'Accordo internazionale che lo prevede.

Sotto il profilo sostanziale, i due modelli si differenziano essenzialmente per la mancanza, nel modello 117/IMP, della parte riservata all'Autorità fiscale estera. Occorre, infatti, considerare che l'attestazione dell'Autorità fiscale del Paese di residenza non si rende ovviamente necessaria per gli Enti internazionali che vantano esenzioni del tipo soggettivo. Per tali Enti, quindi, l'attestazione è stata opportunamente sostituita dal semplice riferimento alla legge interna o di ratifica dell'Accordo e che costituisce il titolo giuridico per l'esonero.

Entrambi i modelli, redatti in versione bilingue (italiano e inglese) comprendono: la Sezione I, recante gli elementi identificativi del beneficiario e le dichiarazioni sulla sussistenza dei requisiti richiesti; la Sezione II, presente solo nel modello riservato ai soggetti non residenti, contenente l'attestazione dell'Autorità fiscale estera; infine, la Sezione III per il 116/IMP e la Sezione II per il 117/IMP, riguardante la parte riservata alla banca di primo livello. La Sezione III del modello 116/IMP e la Sezione II del modello 117/IMP sono rappresentate da una dichiarazione con la quale la banca, dopo aver fornito i propri estremi identificativi, conferma l'esistenza di un deposito presso la banca di secondo livello e si assume una serie di responsabilità.

L'attestazione dell'Autorità fiscale estera, presente nel modello 116/IMP, certifica la residenza del beneficiario e conferma le dichiarazioni rilasciate dal beneficiario medesimo.

Per quanto concerne la predetta attestazione, si fa presente che l'articolo 4 del decreto del Ministro delle finanze prevede la possibilità di una attestazione sostitutiva di quella contenuta nel modello, a condizione che l'attestazione stessa contenga il requisito sostanziale della residenza.

Tale possibilità è ammessa solo quando sia impossibile o estremamente difficoltoso il rilascio dell'attestazione sul modello 116/IMP da parte delle Autorità estere e purché sia raggiunta una specifica intesa tra l'Amministrazione fiscale italiana e quella del Paese interessato.

A questo proposito si fa presente che - in considerazione dell'assoluta impossibilità manifestata da parte dell'Amministrazione fiscale degli Stati Uniti a rilasciare la prevista attestazione presente nel modello 116/IMP si è ritenuto di poter approvare l'adozione del modello U.S.A., utilizzato dal contribuente statunitense per attestare la propria residenza, ciò in quanto il contenuto di tale modello ricalca, sotto il profilo sostanziale, la parte dell'attestazione contenuta nello stesso modello 116/IMP.

L'attestazione rilasciata dall'Amministrazione fiscale statunitense formerà quindi parte integrante di tale modello.

Accompagnano i predetti modelli apposite istruzioni illustrative, le quali, oltre a consentire una generale e puntuale compilazione dei modelli stessi, sintetizzano le principali caratteristiche della procedura adottata.

I modelli possono essere utilizzati anche in fotocopia.

Va evidenziato che il modello da presentare è unico, anche nel caso in cui il beneficiario possieda più titoli o titoli diversi, sempreché tali titoli siano depositati presso la stessa banca; nel caso in cui, invece, i titoli siano depositati presso banche diverse, dovranno essere compilati separati modelli.

Inoltre, le modifiche relative al domicilio fiscale e/o al codice identificativo del rappresentante legale o volontario ovvero al codice BIC/SWIFT, non comportano la presentazione di un nuovo modello, ma vanno semplicemente comunicate alla banca di primo o di secondo livello.

 

 

Parte III

Disposizioni in tema di versamento, accertamento, sanzioni e regime transitorio

Capitolo X

10. Versamento dell'imposta sostitutiva.

L'art. 4, comma 1, del decreto in oggetto stabilisce che il saldo positivo fra gli accrediti e gli addebiti nel "conto unico" risultante alla fine di ciascun mese deve essere versato dagli intermediari autorizzati, ovvero dai soggetti che hanno emesso i titoli nell'ipotesi prevista dall'art. 5, comma 2, entro il quindicesimo giorno successivo al concessionario della riscossione o alla sezione di tesoreria provinciale dello Stato, competenti in ragione del domicilio fiscale degli intermediari stessi.

In caso di versamento alla sezione di tesoreria provinciale dello Stato, l'imposta sostitutiva in parola - ad eccezione di quella relativa ai titoli obbligazionari emessi dagli enti territoriali ai sensi dell'art. 35 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 - deve essere fatta affluire al Capo VI, capitolo 1026, art. 23, previa compilazione dell'ordinaria distinta di versamento Mod. 124T, ovvero a mezzo dei conti correnti postali, previa compilazione del bollettino di conto corrente già intestato alla medesima tesoreria.

Il versamento dell'imposta sostitutiva di cui sopra può essere effettuato anche al concessionario della riscossione competente in ragione del domicilio fiscale del soggetto che esegue il versamento oppure mediante delega di pagamento alle banche utilizzando, rispettivamente, la distinta Mod. 22 o la delega Mod. D, ovvero, in caso di pagamento tramite gli uffici postali, il bollettino Mod. 31. In questo caso va utilizzato il codice tributo 1239, denominato "imposta sostitutiva su interessi, premi ed altri frutti di obbligazioni e titoli similari di cui al D.Lgs. 239 del 1996, esclusi quelli emessi dagli enti territoriali di cui all'art. 35 L. n. 724 del 1994".

Nell'ipotesi di versamento da ultimo considerata, le somme devono essere versate, al netto delle commissioni spettanti, al Capo VI, capitolo 1026, all'art. 23.

La maggiorazione dell'1,50 per cento dell'imposta sostitutiva per ciascun mese, o frazione di mese, di ritardo nel pagamento dell'imposta stessa, dovuta nell'ipotesi prevista dal comma 5 dell'art. 7 del provvedimento in oggetto, deve essere versata cumulativamente all'imposta medesima.

Gli stessi soggetti sopra menzionati (intermediari ed emittenti), tenuti al versamento dell'imposta sostitutiva, sono altresì obbligati - in forza di quanto stabilito dall'art. 4, comma 1, secondo periodo, del provvedimento in oggetto - a comunicare all'Amministrazione finanziaria i dati concernenti i versamenti relativi all'anno solare precedente.

Al riguardo, il comma 8 dell'art. 3 del provvedimento in esame stabilisce che il saldo negativo fra gli accrediti e gli addebiti nel "conto unico" costituisce il primo addebito del mese successivo. In questo modo è stato introdotto un metodo molto celere per il recupero dello sbilancio negativo mensile, metodo consistente in una sorta di compensazione continua tra saldi positivi e saldi negativi, riservando la procedura del rimborso alle situazioni che non riescono a trovare compensazione.

Tenuto conto di quanto precede, la comunicazione di che trattasi verrà formalizzata in un modello che evidenzi, mese per mese, le compensazioni effettuate dagli interessati.

In particolare, in tale modello dovranno essere distintamente indicati i versamenti dell'imposta sostitutiva a seconda che la stessa riguardi gli interessi ed altri proventi relativi alle seguenti tipologie:

a) titoli di Stato;

b) titoli di cui all'art. 35 della legge n. 724 del 1994;

c) altre obbligazionari e titoli similari.

Al riguardo si fa presente che la separata indicazione dell'imposta sostitutiva dei titoli sub a) è necessaria per eseguire le pertinenti comunicazioni richieste dall'emittente; quella di cui alla lett. b) è necessaria per calcolare il versamento a titolo d'acconto spettante agli enti territoriali con riferimento all'imposta dovuta dai lordisti sulla base delle dichiarazioni dei redditi.

 

 

Capitolo XI

11. Accertamento e sanzioni.

L'art. 4 del provvedimento in oggetto detta una particolare disciplina per quel che concerne le violazioni degli obblighi posti a carico degli intermediari e degli emittenti tenuti ad applicare l'imposta sostitutiva ai sensi dell'art, 5, comma 2, ai quali si applicano, per espressa previsione della norma appena citata, anche le disposizioni in tema di versamento dell'imposta sostitutiva, di comunicazione all'Amministrazione finanziaria, di accertamento e di sanzioni.

Per quanto riguarda l'accertamento dell'imposta sostitutiva si osserva che in base al comma 2 dell'articolo in esame i nettisti che hanno percepito nel periodo d'imposta interessi, premi ed altri proventi delle obbligazioni soggette al nuovo regime impositivo, senza aver subito l'applicazione dell'imposta sostitutiva, devono indicarli nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta in cui detti interessi e proventi sono stati conseguiti, sia in modo esplicito che implicito, e devono versare l'imposta sostitutiva relativa a tali redditi con le stesse modalità e nei termini previsti per il versamento a saldo delle imposte sui redditi dovute in base alla dichiarazione.

Per quanto concerne l'imposta sostitutiva non dichiarata e non versata, l'azione accertatrice degli uffici delle imposte viene svolta sia nei confronti degli emittenti e degli intermediari che dei contribuenti i quali, avendo conseguito gli interessi e proventi suddetti senza applicazione dell'imposta sostitutiva, non li hanno dichiarati.

Le sanzioni previste nei confronti dei soggetti tenuti ad applicare l'imposta sostitutiva sono di natura pecuniaria e non penale e possono così riassumersi:

- in caso di omessa o inesatta applicazione dell'imposta sostitutiva o della violazione dell'obbligo di versamento si applica la pena pecuniaria da 1 a 2 volte l'ammontare dell'imposta non versata, oltre naturalmente al recupero dell'imposta accertata attraverso l'iscrizione a ruolo della stessa ai sensi degli artt. 11 e seguenti del D.P.R. n. 602 del 1973. Se l'ammontare dell'imposta è superiore a 50 milioni di lire si applica la pena pecuniaria da 2 a 4 volte (art. 4, comma 3, del provvedimento);

- in caso di versamento tardivo, si applica la soprattassa del 3 o del 40 per cento a seconda che il versamento venga eseguito entro oppure oltre 3 giorni dalla scadenza del termine per il versamento (art. 4 comma 4);

- nel caso di violazione dell'obbligo di effettuare le comunicazioni all'Amministrazione finanziaria si applica la pena pecuniaria di 50 milioni di lire. La pena pecuniaria è ridotta ad un quinto se la comunicazione viene effettuata con un ritardo non superiore ad un mese (art. 48 comma 4);

- la violazione da parte degli intermediari degli altri obblighi previsti dal provvedimento in oggetto comporta l'applicazione della pena pecuniaria di lire 500.000 lire (art. 4 comma 4);

- nel caso in cui venga accertato che gli intermediari non abbiano applicato, in tutto o in parte, l'imposta sostitutiva, al pagamento della stessa sono tenuti in solido sia l'intermediario che il contribuente, ferma restando la sanzione specificamente prevista a carico degli intermediari (art. 4 comma 5);

- nei confronti dei "nettisti" che, avendo percepito i proventi in questione senza applicazione dell'imposta sostitutiva non hanno incluso detti proventi nella dichiarazione annuale dei redditi e non hanno versato la relativa imposta sostitutiva, si applicano le stesse sanzioni previste per gli intermediari, vale a dire la pena pecuniaria da 1 a 2 volte l'ammontare dell'imposta non dichiarata e non versata, elevata da 2 a 4 volte se detto ammontare è superiore a 50 milioni di lire (art. 4 comma 3).

 

 

Capitolo XII

12. Decorrenza del nuovo regime.

Nell'intento di evitare una eccessiva segmentazione del mercato delle obbligazioni è stato previsto un regime transitorio che consente l'applicazione graduale del nuovo regime anche ai titoli emessi prima della data di entrata in vigore del nuovo trattamento fiscale, i cui frutti sono soggetti attualmente alla ritenuta alla fonte prevista dal primo comma dell'art. 26 del D.P.R. n. 600 del 1973.

Il nuovo regime si applica con diverse decorrenze a seconda che si tratti di titoli con cedole o senza cedola. A tale riguardo, l'art. 12, comma 1, del provvedimento in oggetto stabilisce che:

a) per i titoli con cedola, il nuovo regime si applica a partire dalla cedola la cui maturazione decorre dal 1° gennaio 1997, ovvero dalla prima cedola successiva a quella in corso di maturazione alla predetta data. Relativamente a questa tipologia si è già avuto modo di osservare che alle obbligazioni munite di un'unica cedola (cosiddetta "one coupon"), avente la stessa durata del titolo, si applica il regime previsto dalla disposizione di cui alla lett. b) del medesimo art. 12, posto che detti titoli vanno considerati alla stregua dei titoli "zero coupon".

È stato in proposito osservato che, sebbene la norma parli di titoli "con cedola", in effetti si deve far riferimento ai titoli con più di una cedola, atteso che la stessa disposizione considera valida, ai soli fini della data di decorrenza del nuovo regime, la cedola la cui maturazione inizia a partire dall'1 gennaio 1997 o dalla prima cedola successiva a quella in corso di maturazione a tale data, con ciò lasciando chiaramente intendere che la fattispecie alla quale il legislatore ha inteso far riferimento è - secondo l'id quod plerumque accidit - quello di titoli muniti di più cedole.

La ratio delle disposizioni contenute nel comma 1 dell'articolo in esame non è quella di includere o escludere i titoli dall'ambito applicativo del provvedimento in oggetto, ma solo quello di regolamentare, in modo graduale e coerente, la data a partire dalla quale detto regime si applica.

Se quindi lo scopo della norma è quello di evitare, per motivi di ordine pratico, l'applicazione di un doppio regime ai proventi derivanti da quella, fra una pluralità di cedole, con maturazione di interessi a cavallo d'anno, se ne deve dedurre che l'esistenza dell'unica cedola altro non rappresenta che un modo esplicito di indicare gli interessi dei titoli cosiddetti "zero coupon", per i quali è stata ritenuta pertinente l'adozione di una diversa regola, basata sulla maturazione anziché sulla scadenza periodica degli interessi e che è appunto prevista dalla disposizione appresso esaminata.

In altri termini, nella disposizione di cui alla lett. a) in esame si assume la "scadenza" della cedola nel presupposto che si tratti di titoli con più cedole; nel caso di cui alla lett. b), dove gli interessi si acquisiscono alla scadenza del titolo, si è assunto il criterio della "maturazione", applicabile anche all'ipotesi dell'unica cedola stante l'identità sostanziale di questo titolo con quelli "zero coupon";

b) per i titoli senza cedola (ivi compresi quelli con cedola unica), il nuovo regime si applica con riferimento agli interessi, premi ed altri frutti che maturano a partire dal 1° gennaio 1997.

Conseguentemente, sui frutti maturati fino al 31 dicembre 1996 gli emittenti devono continuare ad applicare la ritenuta prevista dall'art. 26, primo comma, del D.P.R. n. 600 del 1973;

c) per quanto concerne, poi, lo "scarto di emissione", che è costituito dalla differenza tra la somma percepita alla scadenza ed il prezzo di emissione, l'imposta sostitutiva si applica relativamente alla parte di tale differenza che matura a partire dalla data in cui inizia anche la maturazione della prima cedola soggetta al nuovo regime.

Naturalmente, i soggetti che hanno emesso i titoli obbligazionari in questione devono applicare la ritenuta prevista dall'art. 26 del D.P.R. n. 600 del 1973 sulla perte maturata anteriormente alla predetta data.

Ai sensi del combinato disposto degli artt. 3, comma 2, lett. d), ed 8, comma 1, n. 3-ter), del D.P.R. n. 602 del 1973, l'imposta sostitutiva relativa ai proventi soggetti alla ritenuta prevista dall'art. 26, comma 1, del D.P.R. n. 600 del 1973 deve essere versata entro il quindicesimo giorno del mese successivo a quello in cui ha trovato applicazione tale regime impositivo. In altri termini, con riferimento alle fattispecie di cui alla precedente lettere a), se la cedola a cavallo scade il 1° aprile 1997, il versamento della ritenuta relativa a tale cedola deve essere effettuato entro il 15 maggio 1997.

Come già anticipato, sono esclusi dal nuovo regime, per ragioni d'ordine pratico, i buoni ordinari del tesoro emessi prima del 1° gennaio 1997.

 

 

Capitolo XIII

13. Calcolo degli acconti di imposta dovuti dai "lordisti".

Con le disposizioni dei primi due commi dell'art. 13, per compensare il minor gettito derivante dalla soppressione della ritenuta alla fonte, si anticipa il gettito fiscale relativo agli interessi, premi ed altri frutti dei titoli obbligazionari - che, fino alla data di entrata in vigore del nuovo regime, era assicurato appunto dal prelievo operato dai sostituti d'imposta - dovuto dai soggetti che non sono destinatari dell'imposta sostitutiva, e cioè dai lordisti.

Per conseguire tale effetto è stato previsto che tali soggetti sono tenuti a computare, ai fini del calcolo degli acconti dell'Irpeg dovuti per il periodo d'imposta in corso alla data del 1° aprile 1997, e per quelli successivi, anche una quota parte dell'ammontare delle ritenute relative agli interessi, premi ed altri frutti di cui all'art. 1 del provvedimento, scomputate nel periodo d'imposta precedente.

Una elaborazione dei dati disponibili all'epoca della redazione del D.Lgs. n 239 del 1996 ha portato alla previsione di una doppia percentuale, pari rispettivamente al 60 ed al 70 per cento delle ritenute scomputate nel periodo d'imposta precedente a quello di applicazione del nuovo sistema ed in quelli successivi.

In pratica, per calcolare gli acconti dell'Irpeg relativi al periodo d'imposta in corso al 1° aprile 1997 i contribuenti non devono tenere conto, nella misura del 60 per cento, delle ritenute sui proventi dei titoli obbligazionari in questione scomputate nel periodo d'imposta precedente; per calcolare invece gli acconti dell'Irpeg relativi ai successivi periodi d'imposta i contribuenti non devono tener conto, nella misura del 70 per cento, delle ritenute sui proventi dei predetti titoli obbligazionari scomputate nel precedente periodo.

Ciò comporta, quindi, un aumento dei versamenti in acconto in misura tale da bilanciare i minori introiti attualmente garantiti dal sistema delle ritenute d'acconto, ma non implica un aggravio per i contribuenti, in quanto essi non subiscono più il prelievo alla fonte sui redditi di che trattasi.

Per comprendere la ratio della norma si deve tener conto del fatto che per la maggior parte dei proventi soggetti alla nuova disciplina (interessi dei titoli con cedola semestrale) il regime transitorio spiega efficacia per un arco temporale di sei mesi dall'entrata in vigore della riforma e cioè dal 1° gennaio al 30 giugno 1997. Si può quindi assumere che mediamente la nuova disciplina entri in vigore in modo istantaneo il 1° aprile 1997, a metà quindi del periodo transitorio.

Ai fini delle modifiche da apportare alla disciplina degli acconti d'imposta, il legislatore ha preso in considerazione soltanto gli esercizi in corso alla data del 1° aprile 1997, nel presupposto che per gli esercizi chiusi al 31 marzo 1997, ovvero in epoca precedente, la nuova disciplina non debba avere effetti sostanziali.

Per espressa previsione del comma 2 dell'articolo in esame, i suesposti criteri di determinazione degli acconti d'imposta si applicano anche per quel che concerne gli acconti dell'Irpef dovuti dai soci delle società in nome collettivo, in accomandita semplice ed equiparate.

Gli uffici in indirizzo sono pregati di dare la massima diffusione al contenuto della presente circolare.