Settore: | Normativa nazionale |
Data: | 12/09/1996 |
Numero: | 19 |
§ 98.1.36314 - Circolare 12 settembre 1996, n. 19/96 .
Trattamento fiscale dei compensi dei giudici di pace e degli esperti del Tribunale di sorveglianza .
Emanata dal Ministero di grazia e giustizia, Divisione generale degli affari civili e delle libere professioni.
I) Con
La soluzione del problema relativo al trattamento fiscale dei compensi attribuiti ai giudici di pace dall'art. 11 della
A) In primo luogo è stato rilevato che la "qualificazione" dell'attività dei giudici di pace come lavoro autonomo non sembra aderente alle caratteristiche dell'istituto, che non può essere inquadrato né nel citato paradigma giuridico né in quello del lavoro subordinato, ma in un tertium genus come ritenuto dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 5008 del 27 aprile 1992, peraltro, pronunciata con riferimento ai vice-pretori onorari. Conseguirebbe che le indennità previste dalla legge a favore di quei magistrati non avrebbero funzione corrispettiva, ma di rimborso spese, con conseguente non tassabilità delle medesime.
B) In secondo luogo, è stato sostenuto che, ove le suddette indennità fossero ritenute compensi da lavoro autonomo e, quindi, assoggettabili ad imposizione fiscale, occorrerebbe distinguere tra le posizioni dei giudici di pace esercenti attività professionale con iscrizione agli albi professionali degli avvocati e procuratori o dei notai e quella dei giudici di pace che non esercitano attività professionale.
Nel primo caso sarebbe necessaria l'emissione, da parte del professionista, di fatture con conseguente assoggettamento ad IVA, alla ritenuta Irpef del 19% nonché al versamento contributivo del 10% all'I.N.P.S. previsto per i lavoratori autonomi dall'art. 2 della
Nel secondo caso i compensi dovrebbero essere assoggettati alla ritenuta di acconto del 19% previa detrazione del 5% a titolo di spese sostenute, trattandosi di rapporto caratterizzato da collaborazione coordinata e continuativa (articoli 49 e 50 del
C) Da alcuni è stato, peraltro, sostenuto che i compensi per le attività esercitate dai giudici di pace andrebbero assimilati ai redditi di lavoro dipendente ai sensi dell'art. 47, lettera f), del
D) Da altri è stato ulteriormente osservato che l'assimilazione della citata indennità al reddito di lavoro dipendente comporterebbe, ai sensi dell'art. 47, lettera f), del
Inoltre sono stati formulati i seguenti quesiti:
E) se oltre alla ritenuta Irpef del 19% indicata nell'anzidetta circolare, le citate indennità siano assoggettabili, per quanto concerne i giudici di pace che siano liberi professionisti, all'IVA ed al contributo previdenziale di categoria o, in via generale, se le indennità siano assoggettabili ad IVA anche per i giudici di pace che non siano professionisti;
F) quale sia l'organo competente segnalare all'Ufficio II.DD. l'avvenuta liquidazione dell'indennità e della relativa ritenuta di acconto; quale debba essere l'intestatario delle fatture; quale sia l'organo obbligato a rilasciare l'attestato attinente la ritenuta anzidetta.
II-1) In ordine al punto A deve rilevarsi che la qualificazione del peculiare rapporto, che intercorre tra lo Stato ed i magistrati onorari, come un quid non classificabile né come lavoro subordinato (rectius come impiego privato o pubblico), né come lavoro autonomo è stata effettuata dalla Cassazione a vari fini (per escludere la giurisdizione esclusiva dei giudici amministrativi: cfr. Sez. Un. 11 febbraio 1993, n. 1728; Sez. Un. 21 febbraio 1991, n. 1845; per dichiarare inapplicabili in materia l'art. 36 Cost.: cfr. Cass. 27 febbraio 1992, n. 5008), ma in nessun caso per stabilire il regime fiscale cui devono essere sottoposti i relativi compensi. Consegue che il risultato interpretativo che precede non potrebbe comportare l'automatica esclusione di questi ultimi da qualsiasi onere fiscale.
In realtà, si tratta di entrate patrimoniali ricorrenti e determinate nell'ammontare, anche se non in misura fissa, che devono, necessariamente, rientrare nella nozione di reddito. La loro tassabilità, o meno, non è oggetto di specifica previsione, con la conseguenza che, non potendo rimanere senza una disciplina fiscale ad hoc, essa deve essere dedotta con un procedimento di assimilazione, o di assorbimento, con le categorie contemplate nella norma in vigore.
Nel rilievo sub A le attività anzidette dovrebbero, dato il loro carattere sostanzialmente neutro, non essere affatto sottoposte a tassazione.
Dovrebbero, quindi, essere comprese tra i casi (previsti per i redditi di lavoro dipendente dall'art. 48 del
Né l'una né l'altra ipotesi è profilabile nella specie, perché i redditi anzidetti non hanno nulla in comune con i particolari casi di non tassabilità previsti nelle fattispecie anzidette.
Consegue che la tesi esposta sulla non tassabilità delle indennità di che trattasi non appare fondata.
2) Con riferimento ai punti B e C, che vanno trattati congiuntamente, si osserva che, un volta ritenuto l'assoggettamento in linea astratta ad Irpef dell'indennità di cui all'art. 11 della
Questa Direzione generale con
Un approfondito riesame della normativa fiscale conduce, tuttavia, ad opposta soluzione.
Si deve, preliminarmente, rilevare che l'argomento, utilizzato - nella citata circolare del Ministero delle finanze per escludere l'assimilazione dei redditi percepiti dai membri delle Commissioni tributarie a quelli di lavoro dipendente, consistente nella eccezionalità e sporadicità di questi ultimi, non è condivisibile.
Invero l'art. 47, lettera f), del
D'altra parte la funzione giurisdizionale è una delle funzioni pubbliche più importanti, sicché nessun dubbio dovrebbe sussistere sull'inclusione di tali compensi nella suddetta previsione di legge.
A ciò aggiungasi che l'art. 49 della citata legge qualifica come redditi da lavoro autonomo quelli che derivano dall'esercizio di arti e professioni e cioè dall'esercizio per professione abituale di attività di lavoro autonomo. Non vi è dubbio che l'attività svolta dal giudice onorario non può essere qualificata come "professione abituale" in quanto si tratta di un munus pubblico. Quanto precede trova sintomatica conferma sia nella circostanza che la legge, relativa alla responsabilità civile dei giudici, equipara la posizione dei giudici conciliatori, dei giudici popolari e dei cittadini estranei alla magistratura che concorrono all'esercizio delle funzioni giurisdizionali in - quanto tutti inclusi nel concetto di "magistrato", sia nel rilievo che l'attività del giudice di pace è compatibile con l'esercizio di altre attività, anche professionali.
L'art. 49, poi, nel descrivere i redditi da lavoro autonomo li caratterizza per la periodicità e predeterminatezza. Elementi questi ultimi estranei alla retribuzione del giudice di pace, i cui compensi non hanno carattere di periodicità né sono predeterminati se non in via generale ed astratta. La loro quantificazione dipende, infatti, da elementi variabili quali la partecipazione ad udienze e l'emissione di provvedimenti che definiscono la controversia; si tratta, in definitiva, di compensi commisurati all'esercizio, sostanzialmente ed istituzionalmente, saltuario (10 udienze mensili) delle funzioni giurisdizionali.
Alla stessa conclusione è, peraltro, pervenuto l'Ispettorato Generale il quale, con nota in data 19 maggio 1995 prot. n. Q. 13-95/2158, ha sostenuto che il compenso liquidato agli esperti del tribunale di sorveglianza, che, come i giudici di pace, hanno un incarico prolungato nel tempo (tre anni, rinnovabili), deve essere assimilato al reddito di lavoro dipendente. Sicché non si è data rilevanza all'eccezionalità e sporadicità della prestazione per sottoporre i redditi in esame al regime dell'art. 47, lettera f).
La tesi anzidetta è stata, infine, accolta dalla giurisprudenza più autorevole delle Commissioni tributarie per quanto concerne i componenti delle Commissioni stesse (Comm. Centr. Imp., Sez. Un.
Deve, quindi, ritenersi, adeguandosi a tale orientamento, che le indennità dei giudici di pace debbano essere assimilate a redditi di lavoro dipendente e debbano, conseguentemente, essere assoggettate alla ritenuta del 15%.
Quanto detto è, peraltro, applicabile alle indennità percepite anche dagli altri magistrati onorari quali ad esempio i componenti dei tribunali di sorveglianza e dei tribunali dei minorenni.
3) Deve, ancora, osservarsi, in ordine al punto D, che del tutto infondata si appalesa, in ogni caso, l'affermazione sull'eventuale assoggettamento delle indennità anzidette a tassazione separata. Tale particolare sistema impositivo si applica, come è stabilito dall'art. 16, lettera b), del
4) Quanto al punto E, la condizione di professionisti o meno dei giudici di pace non è stata considerata nella
A questo proposito deve essere, tuttavia, evidenziato che i giudici di pace, esercenti la professione di avvocato o procuratore o di notaio, non sono obbligati ad emettere fattura, assoggettata ad IVA, in quanto, come si è già specificato, il reddito percepito per tale attività non deve essere qualificato di lavoro autonomo ma deve essere assimilato a quello di lavoro dipendente.
La circostanza che il giudice di pace svolga anche attività di libero professionista non giustifica l'applicazione dell'IVA per gli emolumenti percepiti come magistrato onorario.
Invero per quanto concerne l'applicabilità, o meno, dell'IVA sui compensi in argomento, si premette che tale imposta, in tanto risulta applicabile, in quanto si tratti di redditi di lavoro autonomo ed, in particolare, con riferimento alla problematica in esame, di emolumenti derivanti dall'esercizio di arti o professioni.
Precisa l'art. 5 del
Tale definizione è ripetuta dall'art. 49 del
Dal combinato disposto delle norme citate si evince, come è già stato esposto al punto 2), che i compensi di cui trattasi non possono essere considerati di lavoro autonomo, perché scaturenti da attività non esercitata professionalmente, ma per incarico temporale e, per sua natura, prettamente extraprofessionale (basti, a tal fine, evidenziare che la stessa può essere svolta da molteplici categorie di soggetti, siano essi liberi professionisti o lavoratori dipendenti).
Tale rilievo esclude l'applicabilità dell'art. 5 del
Ne deriva l'esenzione dall'IVA per i compensi di cui trattasi, non solo in via propositiva, per essere i redditi in questione equiparabili a quelli di lavoro dipendente, derivando gli stessi dall'esercizio (non in via professionale e per tempo limitato) di pubbliche funzioni, ma anche in via dì esclusione, non potendo, gli stessi, qualificarsi, per il già detto, redditi di lavoro autonomo.
Ove, peraltro, si volesse giungere ad opposta conclusione, si porrebbe in essere una evidente disparità dì trattamento, con dubbi profili dì costituzionalità.
Nell'ipotesi, infatti, che l'attività di giudice di pace sia svolta da soggetto sprovvisto di altri redditi di lavoro autonomo assoggettati ad IVA, bisognerebbe comunque ritenere l'equiparabilità dei relativi compensi ai redditi di lavoro dipendente, essendo, per gli stessi, esplicitamente esclusa la natura di reddito di lavoro autonomo dalla previsione dell'art. 5, comma 2, del
Nel caso, invece, che lo stesso soggetto sia titolare di altri redditi di lavoro autonomo, sui compensi di cui trattasi bisognerebbe non solo corrispondere l'IVA, ma anche il contributo di cui si è appena detto.
Appare evidente come si porrebbe in essere, così operando, una macroscopica disparità di trattamento, essendo, i redditi derivanti da una medesima attività, sottoposti a diversa imposizione fiscale e previdenziale, a seconda del tipo di attività (principale) svolta dal percipiente.
Poiché, pertanto, è principio ermeneutico generale del vigente ordinamento giuridico quello secondo il quale ogni norma deve essere interpretata (ove possibile) nel senso di una sua rispondenza al dettato costituzionale, bisogna concludere che i compensi percepiti dai giudici di pace, anche se tale pubblica funzione è esercitata da professionisti, sono equiparabili a redditi di lavoro dipendente, come tali esenti da IVA.
5) Passando, con riferimento ad uno dei rilievi contenuti nel punto B, all'esame dell'applicabilità alla fattispecie in esame della contribuzione all'I.N.P.S., prevista dall'art. 2, comma 26, della
Invero l'art. 1 del
6) In ordine al punto F, infine, deve rilevarsi che l'organo competente ad emettere la dichiarazione di cui all'art. 3 del
Trattandosi di mandati emanati sul modello 12, al materiale pagamento dei compensi o delle imposte provvederà l'Ufficio del Registro.
Il Direttore generale
F. Hinna Danesi