§ 1.4.12 - D.L. 30 dicembre 1981, n. 801.
Provvedimenti urgenti in materia di tutela delle acque dall'inquinamento.


Settore:Normativa nazionale
Materia:1. Acque
Capitolo:1.4 disciplina generale
Data:30/12/1981
Numero:801


Sommario
Art. 1.      Le regioni, sulla base delle previsioni dei piani regionali o, in mancanza, dei primi programmi di risanamento delle acque, possono approvare i limiti di accettabilità, le norme e le [...]
Art. 2.      In attuazione della lettera e) del primo comma dell'articolo 4 della legge 10 maggio 1976, n. 319, le regioni sentiti i comuni, sono tenute, entro il 30 giugno 1982, ad individuare, mediante [...]
Art. 2 bis.      Al fine di impedire il processo di eutrofizzazione delle acque fluviali, lacustri e marine ed in conformità a quanto disposto dal numero 1 dell'articolo 4 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, i [...]
Art. 3. 
Art. 3 bis 
Art. 4.      Per la predisposizione del piano generale di risanamento delle acque di cui all'art. 1 della legge 10 maggio 1976, n. 319, è autorizzata la spesa di lire 200 milioni.
Art. 5. 
Art. 6.      Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.


§ 1.4.12 - D.L. 30 dicembre 1981, n. 801. [1]

Provvedimenti urgenti in materia di tutela delle acque dall'inquinamento.

(G.U. 4 gennaio 1982, n. 2).

 

Art. 1.

     Le regioni, sulla base delle previsioni dei piani regionali o, in mancanza, dei primi programmi di risanamento delle acque, possono approvare i limiti di accettabilità, le norme e le prescrizioni regolamentari stabiliti dai comuni o dai consorzi ai sensi dell'art. 13 della L. 10 maggio 1976, n. 319, modificato dall'art. 16 della L. 24 dicembre 1979, n. 650, e possono prorogare fino al 31 dicembre 1983 i termini ivi indicati, già prorogati al 31 dicembre 1981, purché i relativi impianti centralizzati di depurazione siano compresi nei progetti già da esse approvati. Il termine del 31 dicembre 1980, indicato dall'ultimo comma dell'art. 13 della L. 10 maggio 1976, n. 319, modificato dall'art. 16 della L. 24 dicembre 1979, n. 650, è riaperto e prorogato al 31 dicembre 1982 [2] [3].

     In deroga a quanto stabilito dall'art. 2, terzo comma, della legge 24 dicembre 1979, n. 650, le regioni possono prorogare fino ad un anno i termini da esse fissati per l'attuazione dei programmi previsti dall'art. 2 della legge medesima. La proroga è concessa previa valutazione dei motivi che hanno impedito la realizzazione e il pieno avviamento degli impianti. Fino alle scadenze fissate dalle regioni si applicano le disposizioni di cui all'art. 3 della legge 24 dicembre 1979, n. 650.

     I soggetti di cui all'art. 18 della legge 10 maggio 1976, n. 419, che alla data del 1° settembre 1981 non si siano adeguati ai limiti prescritti dalla legge medesima e successive modificazioni, sono tenuti, per il periodo intercorrente tra tale data e quella di adeguamento degli scarichi, al pagamento di una somma tripla di quella prevista dall'ultimo comma dell'art. 2 della legge 24 dicembre 1979, n. 650.

     La riscossione delle somme di cui all'art. 18 della L. 10 maggio 1976, n. 319, ed all'ultimo comma dell'art. 2 della L. 24 dicembre 1979, n. 650, è effettuata secondo le disposizioni di cui al testo unico approvato con R.D. 14 aprile 1910, n. 639. La ingiunzione di cui all'art. 2 del medesimo testo unico deve essere notificata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello per il quale la somma è richiesta.

     Il termine fissato dall'art. 1, primo comma, della legge 24 dicembre 1979, n. 650, è riaperto e prorogato fino al 31 marzo 1982.

     Nelle regioni colpite dal terremoto del novembre 1980 il termine di cui al precedente comma è riaperto e prorogato fino al 30 settembre 1982.

 

     Art. 2.

     In attuazione della lettera e) del primo comma dell'articolo 4 della legge 10 maggio 1976, n. 319, le regioni sentiti i comuni, sono tenute, entro il 30 giugno 1982, ad individuare, mediante apposito piano, le zone idonee ad effettuare lo smaltimento dei liquami e dei fanghi residuati dalle lavorazioni industriali o dai processi di depurazione.

     Le regioni possono stabilire che l'individuazione delle zone costituisce norma di variante dei piani urbanistici dei comuni territorialmente competenti.

     Le varianti debbono essere deliberate entro sessanta giorni dalla data di emanazione del provvedimento regionale. In caso di inadempienza da parte dei comuni, le regioni provvedono nei successivi sessanta giorni ad indicare i siti idonei allo smaltimento dei liquami e dei fanghi.

     Le aree comprese nelle zone individuate per effettuare lo smaltimento di cui al primo comma sono acquisite mediante esproprio ed attrezzate ai fini di cui al medesimo primo comma da parte dei comuni mediante utilizzo degli stanziamenti previsti dal terzo e quarto comma dell'articolo 4 della legge 24 dicembre 1979, n. 650, nonché dei proventi derivanti dalla applicazione dell'articolo 24 della medesima legge.

     Ai comuni nel cui territorio sono o vengono posti in esercizio impianti e piattaforme per lo smaltimento dei liquami e dei fanghi residuati dalle lavorazioni industriali o dai processi di depurazione, in conformità con le delibere regionali di cui al primo comma, le regioni sono tenute a corrispondere, a decorrere dalla data della delibera comunale sull'impianto o piattaforma, un contributo annuo, proporzionale al liquame o fango trattato, da determinarsi con legge regionale.

     La misura del contributo è sottoposta annualmente a rivalutazione, secondo l'indice ISTAT del costo della vita.

     Le regioni sono tenute ad emanare apposito regolamento per la concessione dei contributi di cui al presente articolo.

     Le opere e gli interventi di carattere edilizio ed urbanistico relativi allo smaltimento dei liquami e dei fanghi, da effettuare nelle zone di cui al primo comma, sono sottoposti alle sole procedure di autorizzazione di cui all'articolo 48 della legge 5 agosto 1978, n. 457, con riduzione a sessanta giorni del termine stabilito dallo stesso articolo [4].

 

     Art. 2 bis.

     Al fine di impedire il processo di eutrofizzazione delle acque fluviali, lacustri e marine ed in conformità a quanto disposto dal numero 1 dell'articolo 4 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, i detersivi per bucato debbono essere prodotti e commercializzati con un contenuto di composti di fosforo non superiore al 6,5 per cento espresso come fosforo.

     La disposizione di cui al comma precedente ha effetto su tutto il territorio nazionale a decorrere dal primo giorno del sesto mese successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

     La distribuzione e la vendita dei detersivi da bucato con un contenuto di composti di fosforo, espressi in fosforo, superiore al 6,5 per cento, sono consentite fino al 1° maggio 1983. I contravventori alla presente disposizione sono puniti, ove il fatto non costituisca più grave reato, con l'ammenda da Lit 500.000 a Lit 10.000.000 [5].

     Il Ministro della sanità, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, dispone, con proprio decreto, l'ulteriore riduzione al 5 per cento espresso come fosforo, del tenore massimo dei composti di fosforo nei detersivi per bucato a decorrere dal primo giorno del ventiquattresimo mese successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

     Con lo stesso decreto sarà fissato un termine di sei mesi per la distribuzione e la vendita di detersivi da bucato con un contenuto di composti di fosforo, espressi in fosforo, del 6,5 per cento [5].

     I produttori di detersivi per bucato sono tenuti ad indicare in modo chiaramente visibile sui documenti di vendita e sui contenitori destinati al commercio la percentuale di composti di fosforo, espressa come fosforo, presenti nel prodotto.

     I sindaci, nella loro funzione di autorità sanitaria locale, sono tenuti a garantire l'applicazione di quanto stabilito nel presente articolo, avvalendosi del personale e delle strutture delle unità sanitarie locali ed inoltre dei servizi e presidi multinazionali previsti dall'articolo 22 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, che devono operare di concerto con i nuclei antisofisticazioni dello Stato [6].

 

     Art. 3. [7]

 

     Art. 3 bis [8]

 

     Art. 4.

     Per la predisposizione del piano generale di risanamento delle acque di cui all'art. 1 della legge 10 maggio 1976, n. 319, è autorizzata la spesa di lire 200 milioni.

     Ai fini della predisposizione di detto piano il Ministero dei lavori pubblici è autorizzato a stipulare specifiche convenzioni con istituti o a conferire incarichi professionali a ditte specializzate od esperti [9].

     All'onere di lire 200 milioni per l'anno 1982 si provvede mediante imputazione al cap. 1124 dello stato di previsione della spesa del Ministero dei lavori pubblici per l'anno medesimo.

 

     Art. 5. [7]

 

     Art. 6.

     Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

 

 


[1] Convertito in legge, con modifiche, dalla L. 5 marzo 1982, n. 62 (G.U. 5 marzo 1982, n. 63). La L. di conversione è stata abrogata dall'art. 63 del D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152.

[2] Il presente comma è stato così sostituito dalla L. di conversione 5 marzo 1982, n. 62. La L. di conversione è stata abrogata dall'art. 63 del D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152.

[3] Termine prorogato al 31 dicembre 1984 dall'art. 6 del D.L. 29 dicembre 1983, n. 747.

[4] Articolo così sostituito dalla L. di conversione 5 marzo 1982, n. 62. La L. di conversione è stata abrogata dall'art. 63 del D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152.

[5] Il presente comma è stato aggiunto dall'art. 9 della L. 26 aprile 1983, n. 136.

[5] Il presente comma è stato aggiunto dall'art. 9 della L. 26 aprile 1983, n. 136.

[6] Articolo aggiunto dalla L. di conversione 5 marzo 1982, n. 62. La L. di conversione è stata abrogata dall'art. 63 del D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152.

[7] Articolo soppresso dalla L. di conversione 5 marzo 1982, n. 62 .La L. di conversione è stata abrogata dall'art. 63 del D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152.

[8] Articolo aggiunto dalla L. di conversione 5 marzo 1982, n. 62. Sostituisce l'art. 2 bis del D.L. 28 febbraio 1981, n. 38. La L. di conversione è stata abrogata dall'art. 63 del D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152.

[9] Il presente comma è stato così modificato dalla L. di conversione 5 marzo 1982, n. 62. La L. di conversione è stata abrogata dall'art. 63 del D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152.

[7] Articolo soppresso dalla L. di conversione 5 marzo 1982, n. 62 .La L. di conversione è stata abrogata dall'art. 63 del D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152.