§ 3.11.36 - R.R. 4 agosto 2003, n. 16.
Regolamento di attuazione degli artt. 21 comma 9, 26 comma 3, 27 comma 4, 39 comma 1 e 43 comma 2 della l.r. 16 agosto 1993, n. 26 "Norme per la [...]


Settore:Codici regionali
Regione:Lombardia
Materia:3. sviluppo economico
Capitolo:3.11 caccia
Data:04/08/2003
Numero:16


Sommario
Art. 1.  Oggetto.
Art. 2.  Tipologia delle zone.
Art. 3.  Zone A.
Art. 4.  Calendario delle prove nelle zone A.
Art. 5.  Zone B.
Art. 6.  Zone C.
Art. 7.  Domanda di autorizzazione.
Art. 8.  Segnalazione delle zone.
Art. 9.  Rilascio permessi.
Art. 10.  Quote di accesso.
Art. 11.  Copertura assicurativa.
Art. 12.  Possesso dei richiami vivi di cattura.
Art. 13.  Trasporto e detenzione dei richiami vivi di cattura per l'attività venatoria.
Art. 14.  Comparti venatori.
Art. 15.  Organizzazione del prelievo.
Art. 16.  Caccia di specializzazione.
Art. 17.  Calendario venatorio.
Art. 18.  Caccia agli ungulati.
Art. 19.  Pianificazione faunistica, censimenti, piani di prelievo.
Art. 20.  Addestramento e allenamento dei cani.
Art. 21.  Strumenti di caccia.
Art. 22.  Allevamenti.
Art. 23.  Allevamenti di uccelli a scopo ornamentale e amatoriale.
Art. 24.  Allevamenti di mammiferi.
Art. 25.  Modalità e limiti.
Art. 26.  Sanzioni.
Art. 26 bis.  Sospensione dell'efficacia.


§ 3.11.36 - R.R. 4 agosto 2003, n. 16.

Regolamento di attuazione degli artt. 21 comma 9, 26 comma 3, 27 comma 4, 39 comma 1 e 43 comma 2 della l.r. 16 agosto 1993, n. 26 "Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attività venatoria".

(B.U. 8 agosto 2003, n. 32 – 1° suppl. ord.).

 

CAPO I

AMBITO DI APPLICAZIONE

 

Art. 1. Oggetto.

     1. Il presente regolamento detta norme di attuazione delle disposizioni di cui agli artt. 21 comma 9, 26 comma 3, 27 comma 4, 39 comma 1 e 43 comma 2 della l.r. 16 agosto 1993, n. 26 "Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attività venatoria".

 

CAPO II

ISTITUZIONE E GESTIONE DELLE ZONE DESTINATE

ALL'ALLENAMENTO E ALL'ADDESTRAMENTO DEI CANI

DA CACCIA E ALLE PROVE CINOFILE (Art. 21 comma 9)

 

     Art. 2. Tipologia delle zone.

     1. Le zone destinate all'allenamento e all'addestramento dei cani da caccia e alle prove cinofile sono distinte in tre tipologie a seconda delle caratteristiche di ciascuna di esse, e vengono convenzionalmente classificate in zone A, B e C, come specificato nei successivi articoli.

     2. L'addestramento e l'allenamento dei cani nelle zone di cui al comma 1 può avvenire da un'ora prima del sorgere del sole al tramonto.

 

     Art. 3. Zone A.

     1. La Provincia definisce tempi e modalità di esercizio e di concessione delle zone A.

     2. Possono avanzare richiesta per il rilascio dell'autorizzazione ad esercitare prove cinofile nelle zone A la delegazione provinciale ENCI (Ente Nazionale Cinofilia Italiana) e le società specializzate riconosciute dall'ENCI.

     3. Possono anche avanzare richiesta le associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale organizzate sul territorio provinciale, limitatamente alle prove relative alle selezioni provinciali, regionali e nazionali, nell'ambito dei campionati italiani. Le istanze sono corredate dal parere favorevole dell'ENCI.

     4. Nelle zone A è vietate lo sparo.

 

     Art. 4. Calendario delle prove nelle zone A.

     1. Al fine della relativa autorizzazione la delegazione provinciale ENCI trasmette alla Provincia, entro il 30 novembre di ogni anno, il calendario delle prove programmate nel primo semestre dell'anno successivo ed, entro il 30 aprile, il calendario di quelle previste nel secondo semestre.

     2. Le prove sono aperte a cani da caccia iscritti e non iscritti ai libri genealogici dell'ENCI. Per i soli cani che devono sostenere la prova di lavoro per l'iscrizione al libro italiano riconosciuti (LIR) è necessaria l'autorizzazione dell'ENCI [1].

 

          Art. 5. Zone B.

     1. La Provincia definisce tempi e modalità di esercizio e di concessione delle zone B di durata triennale, temporanee e giornaliere.

     2. Le associazioni venatorie organizzate sul territorio, le associazioni cinofile, ivi compresi i circoli ed i gruppi a queste affiliati, le associazioni professionali degli addestratori cinofili, nonché gli imprenditori agricoli singoli od associati richiedono alla provincia l'istituzione nonché l'autorizzazione a gestire zone B di durata triennale o temporanea.

     3. La Provincia autorizza i soggetti di cui al comma 2 all'esercizio di prove cinofile in zone B giornaliere di interesse sub-provinciale esclusivamente su selvaggina naturale, aperte ai cani iscritti e non iscritti ai libri genealogici. Tali zone possono ricadere anche in aree protette previo consenso dell'ente gestore. Per ogni giornata di prova non possono essere utilizzati più di 1000 ettari di superficie territoriale.

     4. La Provincia, sul territorio a caccia programmata ad eccezione delle oasi di protezione e delle zone di ripopolamento e cattura, autorizza l'esercizio di prove cinofile in zone giornaliere esclusivamente su selvaggina di allevamento.

     L'estensione territoriale di dette zone non può essere superiore a 20 ettari in pianura e 30 ettari in territorio collinare o montano per ogni giornata di prova.

     5. Nelle zone B è vietato lo sparo, eccetto che con la pistola a salve.

 

          Art. 6. Zone C.

     1. La Provincia definisce tempi e modalità di esercizio e di concessione delle zone C.

     2. Sono classificate C le zone di durata triennale destinate all'addestramento e all'allenamento dei cani da caccia e dei falchi, nonché alle prove cinofile, anche con l'abbattimento per tutto l'anno di fauna riprodotta esclusivamente in allevamento artificiale o in cattività, appartenente alle specie quaglia, fagiano, starna e anatra germanata.

     3. Le zone C hanno una superficie in corpo unico compresa fra un minimo di 3 ettari ed un massimo di 50 ettari.

     4. Le associazioni venatorie organizzate sul territorio, le associazioni cinofile, ivi compresi i circoli ed i gruppi a queste affiliati, le associazioni professionali degli addestratori cinofili, nonché gli imprenditori agricoli singoli od associati possono richiedere alla provincia l'autorizzazione alla gestione di zone C per le attività di cui al comma 2 del presente articolo.

     5. Non sono autorizzabili zone C a distanza inferiore a 200 metri sia da altre zone C sia da zone di tutela istituite dalla Provincia o dalla Regione, fatte salve le autorizzazioni in essere.

     6. Nelle zone C è vietato lo sparo nelle giornate di martedì e venerdì, anche se coincidenti con festività infrasettimanali.

 

     Art. 7. Domanda di autorizzazione.

     1. Per ottenere l'autorizzazione alla gestione delle zone A, B e C, gli aventi diritto di cui all'art. 5, comma 2 inoltrano richiesta in carta legale alla Provincia competente per territorio 30 giorni prima della data della manifestazione prevista nelle zone A e B, ed entro il 30 novembre dell'anno precedente nelle zone C.

     2. Alla domanda sono allegati i seguenti documenti:

     - planimetria in scala 1:10.000 con evidenziata la zona richiesta;

     - consenso scritto dei proprietari o conduttori dei terreni, anche con valenza pluriennale (a esclusione delle zone di tipo A);

     - polizza assicurativa di cui all'art. 11;

     - parere dell'ATC o CAC competente per territorio;

     - consenso dell'ENCI, per le gare tipo A;

     - regolamento per il funzionamento della zona, limitatamente alle zone permanenti e B temporanee;

     - marca da bollo del valore di Euro 10,33 da destinare al provvedimento di autorizzazione;

     - in mancanza di specifiche intese fra Provincia ed enti gestori di aree protette, consenso scritto degli enti gestori medesimi.

 

     Art. 8. Segnalazione delle zone.

     1. Le zone A, B e C sono segnalate per tutto il perimetro, a cura del titolare dell'autorizzazione, con tabelle di dimensioni 20 x 30 cm recanti l'indicazione della tipologia di appartenenza.

     2. Le tabelle sono esenti da tasse regionali.

 

     Art. 9. Rilascio permessi.

     1. Il titolare dell'autorizzazione rilascia ai soci ammessi nelle zone B, ad eccezione delle giornaliere, e nelle zone C, permessi numerati progressivamente predisposti a cura della Provincia, trattenendone la matrice.

     2. I permessi per l'accesso alle zone C prevedono appositi spazi per l'annotazione dei capi abbattuti durante l'addestramento.

 

     Art. 10. Quote di accesso.

     1. Per l'accesso alle zone A e alle zone B giornaliere il titolare dell'autorizzazione può richiedere il pagamento di una quota di partecipazione per un importo massimo come di seguito indicato:

     a) sino a euro 25,00 per ogni cane da ferma o da cerca;

     b) sino a euro 35,00 per ogni coppia di cani da seguita o per mute fino a 10 cani da seguita.

     2. Per l'accesso alle zone B di durata triennale e per quelle temporanee il titolare dell'autorizzazione può richiedere il pagamento di una quota di partecipazione per un importo massimo come di seguito indicato:

     a) sino a euro 100,00 per permesso annuale;

     b) sino a euro 15,00 per 10 turni;

     c) sino a euro 3,00 per ogni turno.

     3. Per l'accesso alle zone C il titolare dell'autorizzazione può richiedere il pagamento di una quota di partecipazione per un importo massimo come di seguito indicato:

     a) sino a euro 35,00 per permesso annuale;

     b) sino a euro 15,00 per 10 turni.

     4. Per ogni accesso in zona C è fatto obbligo di immettere almeno un capo previo pagamento del relativo costo come di seguito indicato:

     a) sino a euro 3,00 per ogni quaglia;

     b) sino a euro 10,00 per ogni anatra germanata;

     c) sino a euro 15,00 per ogni fagiano o starna.

 

     Art. 11. Copertura assicurativa.

     1. Il titolare dell'autorizzazione alla gestione delle zone A, B e C è tenuto a stipulare apposita polizza assicurativa per responsabilità civile, a copertura dei danni che potrebbero verificarsi durante l'attività cinofila all'interno della zona interessata.

 

CAPO III

RICHIAMI VIVI DI CATTURA (Art. 26, comma 3)

 

     Art. 12. Possesso dei richiami vivi di cattura.

     1. I richiami vivi di cattura, provvisti di anello inamovibile costituito da una fascetta di plastica numerata che ne legittima il possesso, sono forniti ai cacciatori dalle Province.

     2. In caso di rimozione dell'anello, il cacciatore ne dà comunicazione alla Provincia che ha fornito i richiami indicando il numero di uccelli, suddivisi per specie. Tale comunicazione ne legittima il possesso.

     3. Ogni Provincia istituisce una banca dati, aggiornata, con l'indicazione del numero di richiami di cattura, suddiviso per specie, detenuti privi di anello da ogni cacciatore che ne abbia dato comunicazione.

 

     Art. 13. Trasporto e detenzione dei richiami vivi di cattura per l'attività venatoria.

     1. Il trasporto e la detenzione dei richiami vivi di cattura per l'attività venatoria sono soggetti alle seguenti modalità minime:

     a) per la specie allodola, gabbie tradizionali di legno o materiale plastico, lunghe cm 20, larghe cm 15, alte cm 20 e aventi il fondo formato anche da sbarrette metalliche. Ciascuna gabbia può contenere un solo esemplare;

     b) per le specie merlo, cesena, tordo bottaccio e tordo sassello, gabbie tradizionali di legno o materiale plastico, lunghe cm 30, larghe cm 25, alte cm 25 e aventi il fondo formato anche da sbarrette metalliche. Ciascuna gabbia può contenere un solo esemplare;

     c) per le specie pavoncella e colombaccio, ceste o cassette, aventi il tetto in tela, dimensioni rapportate al numero dei capi trasportati e altezza non inferiore a cm 40.

     2. Per il trasporto delle specie di cui al comma 1, lettere a) e b), possono essere utilizzate in alternativa ceste o cassette con tetto in tela e dimensione rapportata al numero di soggetti trasportati. Ogni cesta o cassetta non deve comunque contenere più di dieci capi.

 

CAPO IV

ESERCIZIO VENATORIO IN ZONA ALPI (Art. 27, comma 4)

 

     Art. 14. Comparti venatori.

     1. Nell'ambito di ciascun comprensorio le Province, di concerto con i Comitati di gestione, possono istituire due distinti comparti venatori, denominati l'uno di maggior tutela (A) e l'altro di minor tutela (B), ed anche individuare al loro interno entità territoriali omogenee di limitata estensione finalizzate ad una idonea protezione e gestione venatoria di una o più specie stanziali e disciplinati di concerto con il Comitato di gestione interessato.

     2. Nell'intero territorio della zona Alpi e nei territori collinari e montani contigui, le Province, anche su proposta e d'intesa con i Comitati di gestione, possono emanare disposizioni limitative all'esercizio venatorio riguardo a forme, tempi e modi, anche limitatamente a singole unità di gestione (comprensori, settori, ecc.).

 

     Art. 15. Organizzazione del prelievo.

     1. Le Province disciplinano l'esercizio venatorio da appostamento temporaneo, fermo restando il divieto di impiantare gli stessi appostamenti nei territori compresi nella zona di maggior tutela.

     2. Per l'esercizio della caccia in zona Alpi, il cacciatore deve portare con sé, qualora previsto dalle disposizioni provinciali, l'inserto aggiuntivo al tesserino venatorio regionale, diversificato per tipo di caccia prescelto. L'inserto aggiuntivo al tesserino è predisposto e distribuito a cura dei Comitati di gestione dei Comprensori Alpini di Caccia, su indicazioni fornite dalla Provincia. Tale inserto aggiuntivo deve essere restituito al Comprensorio Alpino di Caccia competente per territorio entro il 31 marzo successivo all'utilizzo.

     3. I Comitati di gestione predispongono gli strumenti necessari per l'aggiornamento tempestivo dei piani di prelievo autorizzati annualmente, con particolare riferimento ad avvisi di abbattimento, a contrassegni numerati inamovibili attestanti l'avvenuto abbattimento della selvaggina, nonché alla raccolta di informazioni di carattere biometrico, ecologico e sanitario. Al fine di un efficace monitoraggio dello stato biologico e sanitario delle popolazioni animali, i Comitati di gestione possono procedere, altresì, alla raccolta e al conferimento a istituti di ricerca di materiale biologico per gli opportuni accertamenti.

 

     Art. 16. Caccia di specializzazione.

     1. La caccia di specializzazione, se prevista dalla Provincia nel proprio calendario venatorio integrativo, viene esercitata in esclusiva per specie o gruppi di specie.

 

     Art. 17. Calendario venatorio.

     1. La caccia in forma vagante alla selvaggina stanziale è consentita nelle sole giornate di mercoledì e domenica, ad eccezione della caccia al cinghiale e alla volpe, consentita anche nella giornata di sabato e della caccia di selezione agli ungulati, disciplinata da regolamento provinciale [2].

     2. La caccia alla selvaggina stanziale termina al completamento dei piani di abbattimento previsti in ogni comprensorio e/o settore e, comunque, non può protrarsi oltre il 30 novembre, ad eccezione della caccia di selezione agli ungulati.

     Fanno altresì eccezione la caccia al cinghiale, alla volpe e al fagiano nel comparto di minor tutela, da effettuarsi nelle zone individuate dalle Province e nel rispetto delle disposizioni da esse emanate.

     3. Nel comparto di minor tutela, la caccia vagante alla selvaggina migratoria è consentita fino al 31 dicembre, mentre quella da appostamento fisso è consentita fino al 31 gennaio.

     4. Le Province, di concerto con i Comitati di gestione, possono individuare delle zone, nell'ambito dei comparti di maggior tutela ove istituiti, per la caccia alla beccaccia con il cane da ferma e/o riporto, nelle quali poter consentire l'esercizio venatorio per tre giorni settimanali anche a scelta.

 

     Art. 18. Caccia agli ungulati.

     1. Le Province, di concerto con i Comitati di gestione, al fine di garantire densità di popolamenti di ungulati commisurate alla potenzialità degli ambienti naturali e mantenere popolamenti sani e ben strutturati nel rapporto tra sessi e differenti classi di età, disciplinano la caccia in forma selettiva agli ungulati, sulla base dei seguenti criteri:

     a) valutazione delle capacità ricettive dei vari ambienti, in termini qualitativi (specie vocazionali) e quantitativi;

     b) conoscenza della reale consistenza e struttura dei popolamenti mediante censimenti;

     c) distribuzione programmata della pressione venatoria;

     d) realizzazione di razionali piani di prelievo determinati per specie, sesso e classi di età;

     e) adozione di mezzi e tempi di prelievo, il più possibile rispettosi della biologia delle singole specie;

     f) controllo statistico e biometrico dei capi abbattuti.

     2. Possono essere ammessi alla caccia di selezione agli ungulati in zona Alpi esclusivamente gli iscritti ad apposito albo istituito presso ogni singola Provincia. L'iscrizione è subordinata al superamento di un esame da sostenersi davanti ad apposita commissione provinciale.

     Per l'assistenza ai cacciatori di selezione e per un corretto esercizio della caccia agli ungulati in zona Alpi, è istituito, presso ogni Provincia, l'albo degli accompagnatori.

     A tale albo possono essere iscritti tutti i cacciatori in possesso di licenza per la caccia in zona Alpi da almeno sei anni i quali, previo esame presso una commissione istituita dalla Provincia, dimostrino un'adeguata preparazione teorica e pratica.

     Le Province regolamentano l'attività degli accompagnatori per la caccia di selezione agli ungulati.

     3. L'iscrizione, la sospensione e la cancellazione dagli albi è disciplinata dal regolamento provinciale.

 

     Art. 19. Pianificazione faunistica, censimenti, piani di prelievo.

     1. La Provincia, d'intesa con i Comitati di gestione, determina, per ogni specie vocazionale, la capacità faunistica in termini quantitativi e le densità massime potenziali raggiungibili in rapporto alle caratteristiche ambientali, nel rispetto dell'equilibrio delle biocenosi, secondo i modelli di valutazione ambientale indicati nel Piano Faunistico Venatorio Regionale.

     2. Le Province, previo censimento della fauna selvatica stanziale alpina realizzato di concerto con i Comitati di gestione, stabiliscono, annualmente ed in ogni caso prima dell'apertura della stagione venatoria, per ogni specie, il numero complessivo dei capi abbattibili e il numero massimo dei capi prelevabili da ciascun cacciatore, in funzione del raggiungimento delle densità massime potenziali di cui al comma 1.

 

     Art. 20. Addestramento e allenamento dei cani.

     1. L'addestramento e l'allenamento dei cani nella zona Alpi è consentito nelle zone e nei giorni indicati dalle Province, di concerto con i Comitati di gestione.

     2. L'addestramento e l'allenamento dei cani sono consentiti soltanto ai cacciatori ammessi nel Comprensorio Alpino di Caccia previo pagamento del relativo contributo di gestione. Agli stessi è consentito addestrare ed allenare i cani nei giorni aperti alla caccia, anche qualora siano stati completati i piani di abbattimento di cui all'art. 17, comma 2. Durante l'addestramento e l'allenamento dei cani prima della apertura della caccia e dopo che siano stati completati i piani di abbattimento, è fatto divieto al cacciatore o all'accompagnatore di detenere qualsiasi strumento di caccia.

     3. L'addestramento e l'uso del cane da caccia per il recupero degli ungulati feriti è normato da regolamento provinciale.

 

     Art. 21. Strumenti di caccia.

     1. La caccia agli ungulati, ad eccezione del cinghiale, è consentita solo con fucile a canna rigata, anche munito di cannocchiale, a palla unica e limitato a non più di due colpi per le carabine semi-automatiche.

     2. Nella caccia al cinghiale esercitata a squadre, è consentito l'utilizzo del fucile a canna liscia caricato a palla unica; l'uso del fucile a canna rigata è consentito unicamente ai cacciatori preventivamente incaricati dal capocaccia di sostare in postazioni fisse.

     3. È vietata la detenzione e l'uso, sul luogo di caccia, di munizioni spezzate con pallini di calibro superiore a millimetri 4. Inoltre, tranne che durante la caccia al cinghiale, sono vietati la detenzione e l'uso, sul luogo di caccia, di munizioni a palla asciutta per canna liscia.

     4. Sono vietati l'uso, la detenzione ed il trasporto di ogni tipo di pistola-fuciletto, nonché dei fucili costruiti in modo da essere facilmente occultabili avendo calcio ripiegabile o estraibile o canne di lunghezza inferiore ai 50 centimetri.

     È vietato l'uso di fucile con canna ad anima rigata a caricamento singolo manuale o a ripetizione semiautomatica di calibro inferiore a millimetri 5,6, con bossolo a vuoto di altezza inferiore a millimetri 40.

     È altresì vietato l'uso dei fucili a canna rigata con diametro, al vivo di volata, pari o superiore a 18 millimetri e con bossolo a vuoto superiore a 68 millimetri.

     È parimenti vietato l'utilizzo di ottiche di puntamento con fattore d'ingrandimento superiore a 12.

     5. L'uso di fucili combinati e/o drilling è ammesso a condizione che le canne non utilizzabili in quella giornata siano rese inidonee all'uso con apposito accorgimento tecnico.

 

CAPO V

ALLEVAMENTO DI FAUNA SELVATICA AUTOCTONA,

LIMITATAMENTE ALLE CLASSI MAMMIFERI E UCCELLI,

A SCOPO ALIMENTARE, DI RIPOPOLAMENTO ORNAMENTALE

E AMATORIALE (Art. 39, comma 1)

 

     Art. 22. Allevamenti.

     1. L'allevamento di fauna selvatica autoctona, limitatamente alle classi mammiferi e uccelli, a scopo alimentare, di ripopolamento, ornamentale ed amatoriale avviene nel rispetto di quanto previsto dal Regolamento di Polizia Veterinaria di cui al D.P.R. 8 febbraio 1954, n. 320, dalla L. 7 febbraio 1992, n. 150 in materia di commercio internazionale di specie di fauna e flora selvatiche in pericolo di estinzione e di detenzione di specie pericolose nonché dalla L. 22 novembre 1993, n. 473 in materia di maltrattamento degli animali, ed è soggetto ad autorizzazione della Provincia territorialmente competente.

     2. Nella domanda di autorizzazione inoltrata alla Provincia, il richiedente indica le proprie generalità, la sede dell'allevamento e l'elenco delle specie che intende allevare.

     3. Per gli allevamenti a scopo amatoriale o ornamentale di uccelli selvatici appartenenti alle famiglie dei Fringillidi nei quali siano presenti fino a trenta capi, ed alle specie tordo bottaccio, tordo sassello, merlo e cesena, non è richiesta l'autorizzazione provinciale di cui al comma 1.

     4. La Provincia, per gli allevamenti di tipo amatoriale o ornamentale soggetti ad autorizzazione, può stabilire il numero massimo di capi per ogni specie allevabile.

     5. Gli allevamenti per fini commerciali e di ripopolamento sono consentiti solo ai titolari di impresa agricola.

     6. L'allevamento del cinghiale è consentito unicamente per fini alimentari.

     7. Gli allevamenti si distinguono in allevamenti per fini commerciali ed allevamenti senza fini commerciali secondo le seguenti tipologie:

     a) sono allevamenti per fini commerciali di categoria A, gli allevamenti esercitati a mezzo di imprese o aziende agricole tecnicamente attrezzate, in cui l'attività risulti essere la sola, ovvero, la principale, ai fini del reddito d'impresa;

     b) sono allevamenti per fini commerciali di categoria B, gli allevamenti realizzati a scopo di integrazione dei redditi;

     c) sono allevamenti di categoria C, gli allevamenti amatoriali e ornamentali senza fini commerciali.

     8. Il titolare di allevamenti di tipo A e B tiene un apposito registro, vidimato dalla Provincia, nel quale sono indicati, ad eccezione del fagiano, della starna, della pernice rossa, della quaglia e dell'anatra germanata, la specie, il sesso se identificabile, l'utilizzazione degli animali e, in caso di cessione, il nominativo del destinatario.

     9. Gli animali destinati al ripopolamento sono accompagnati da idonea certificazione sanitaria rilasciata dalla ASL di competenza.

 

     Art. 23. Allevamenti di uccelli a scopo ornamentale e amatoriale.

     1. Per l'allevamento a scopo ornamentale e amatoriale di uccelli appartenenti a specie selvatiche autoctone è necessaria l'iscrizione alla FOI (Federazione Ornicoltori Italiani) o ad altra associazione di ornicoltori riconosciuta a livello nazionale o internazionale.

     2. La domanda di autorizzazione inoltrata alla Provincia indica il numero complessivo dei riproduttori e la loro provenienza.

     3. Tutti gli uccelli allevati, ad eccezione delle specie fagiano, starna, pernice rossa, quaglia e anatra germanata, portano alla zampa un anello inamovibile.

     4. L'anello ha il diametro indicato, per ogni specie, dalla Commissione Tecnica Nazionale della FOI o da altra associazione ornitologica nazionale o internazionale riconosciuta e deve riportare il numero di matricola dell'allevatore nonché l'anno di nascita ed il numero di individuazione dell'animale.

     5. In caso di cessione degli uccelli allevati, al destinatario è rilasciata una ricevuta di provenienza, su carta semplice, riportante il nome della specie, il numero dell'anello, le generalità dell'allevatore e se prevista, gli estremi dell'autorizzazione dell'allevamento.

     6. Alle manifestazioni ornitologiche che si svolgono in Lombardia, possono partecipare anche espositori di altre regioni purché in possesso dell'autorizzazione rilasciata dall'autorità competente del luogo di provenienza.

 

     Art. 24. Allevamenti di mammiferi.

     1. Negli allevamenti di mammiferi tutti gli animali, ad esclusione della lepre comune, sono marcati mediante apposito microchip rilasciato dall'ASL.

     La marcatura degli animali nell'allevamento avviene entro un mese dalla nascita.

     La marcatura degli animali nati all'esterno dell'allevamento è preventivamente autorizzata dalla Provincia competente, sulla base della certificazione comprovante la loro acquisizione legale.

     I dati contenuti nel microchip sono comunicati, entro dieci giorni dalla marcatura, a cura dell'allevatore, alla Provincia competente.

     2. La Provincia può inoltre vietare o imporre vincoli agli allevamenti di specie caratterizzate da elevate rusticità e prolificità che possano causare danni alle colture agricole.

 

CAPO VI

ALLENAMENTO E ADDESTRAMENTO DEI CANI DA CACCIA DI ETÀ

NON SUPERIORE A 15 MESI (art. 43, comma 2)

 

     Art. 25. Modalità e limiti.

     1. L'allenamento e l'addestramento dei cani da caccia di età non superiore a 15 mesi, purché tatuati e/o muniti di microchip ed iscritti all'anagrafe canina, è consentito anche nel periodo in cui non è ammesso l'esercizio venatorio con i limiti di seguito indicati:

     a) l'allenamento e l'addestramento sono consentiti per cinque giorni settimanali, ad eccezione del martedì e venerdì;

     b) ogni cacciatore o gruppo di cacciatori non può allenare/addestrare più di due cani contemporaneamente;

     c) nel territorio dell'Ambito Territoriale di Caccia o del Comprensorio Alpino di Caccia in cui il cacciatore è residente, nonché nel territorio dell'ATC e/o CAC in cui il cacciatore è iscritto, sul territorio a caccia programmata, con esclusione delle zone ove sia vigente il divieto di caccia (oasi di protezione, zone di ripopolamento e cattura, centri di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, riserve naturali, parchi naturali regionali, aree di salvaguardia con divieto di caccia nei parchi regionali, parchi nazionali, foreste demaniali, fondi chiusi, zone di rifugio e di ambientamento per la fauna stanziale), e nelle aziende faunistico-venatorie e agrituristico-venatorie, previo consenso dei concessionari.

     2. L'allenamento e l'addestramento dei cani da caccia di età non superiore a 15 mesi sono comunque vietati:

     a) nella zona Alpi di maggior tutela, comparto A.

     b) nella zona Alpi di minor tutela, comparto B, e negli ambiti territoriali di caccia, nei mesi di aprile e maggio.

     3. Fermo restando il divieto di allenamento e addestramento per la tutela delle coltivazioni in atto, le Province, sentiti i Comitati di gestione di ATC o CAC, possono disporre ulteriori limitazioni rispetto ai luoghi e ai periodi sopra elencati, per gravi motivi connessi con la tutela della fauna selvatica e in caso di calamità naturali.

 

CAPO VII

NORME FINALI

 

     Art. 26. Sanzioni.

     1. Le violazioni alle disposizioni del presente regolamento nonché dei regolamenti provinciali comportano l'applicazione delle sanzioni previste dalle leggi vigenti.

 

     Art. 26 bis. Sospensione dell'efficacia. [3]

     1. È sospesa fino al 1° gennaio 2004 l'efficacia delle disposizioni di cui all'art. 18, comma 2.

     2. È altresì sospesa fino al 1° gennaio 2004 l'efficacia delle disposizioni di cui all'art. 21, comma 4, terzo e quarto capoverso.


[1] Comma così sostituito dall'art. 1 del R.R. 14 dicembre 2018, n. 8.

[2] Comma così modificato dall'art. 2 del R.R. 14 dicembre 2018, n. 8.

[3] Articolo aggiunto dall'art. 2 del R.R. 16 settembre 2003, n. 20.