§ 98.1.41988 - Circolare 20 marzo 2000, n. 51/E .
Incentivi per i nuovi investimenti delle imprese. Art. 2, commi da 8 a 12, della L. 13 maggio 1999, n. 133 .


Settore:Normativa nazionale
Data:20/03/2000
Numero:51

§ 98.1.41988 - Circolare 20 marzo 2000, n. 51/E .

Incentivi per i nuovi investimenti delle imprese. Art. 2, commi da 8 a 12, della L. 13 maggio 1999, n. 133 .

 

Emanata dal Ministero delle finanze, Dipartimento delle entrate.

 

 

Alle Direzioni regionali delle entrate 

 

Agli Uffici delle entrate 

 

Agli Uffici Distrettuali delle imposte dirette 

 

Agli Uffici dell'imposta sul valore aggiunto 

 

Ai Centri di Servizio delle imposte dirette ed 

 

indirette 

 

Alle Direzioni centrali del Dipartimento delle 

 

entrate 

 

Alla Direzione generale degli affari generali e 

 

del personale 

 

Al Dipartimento del territorio 

 

All'Ufficio del Segretario generale 

 

Al Servizio consultivo ed ispettivo tributario 

 

Al Comando generale della Guardia di Finanza 

 

Loro sedi 

 

 

1. Premessa

La legge 13 maggio 1999, n. 133, recante "Disposizioni in materia di perequazione, razionalizzazione e federalismo fiscale" ha introdotto, tra l'altro, una misura agevolativa di carattere temporaneo, rivolta alle imprese che realizzano incrementi netti del capitale investito e, negli stessi periodi d'imposta, accrescono l'apparato produttivo mediante investimenti in beni strumentali nuovi.

L'agevolazione, disciplinata dall'art. 2, commi da 8 a 12, della legge in esame ed operante per il periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della stessa legge e per quello successivo, consiste nell'assoggettamento ad un'aliquota d'imposta ridotta al 19 per cento della parte di reddito corrispondente, in linea di principio, all'importo degli investimenti in beni strumentali nuovi che trova corrispondenza, anche indiretta, in conferimenti in denaro o accantonamenti di utili a riserva.

Analoga disciplina era prevista dal decreto legge 12 marzo 1999, n. 63, recante "Misure urgenti in materia di investimenti e di occupazione", pubblicato nella G.U. n. 64 del 18 marzo 1999; tale provvedimento, tuttavia, è stato abrogato dall'art. 36 della menzionata legge n. 133 del 1999, che ha comunque provveduto a far salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base del decreto legge abrogato.

La ratio dell'intervento normativo, espressamente individuata nella relazione di accompagnamento al disegno di legge di conversione del citato decreto legge n. 63 del 1999, consiste nel favorire l'accrescimento ed il rinnovamento in qualità dell'apparato produttivo aziendale, realizzato attraverso nuovi investimenti e supportato dal correlativo incremento delle dotazioni patrimoniali.

A differenza di provvedimenti apparentemente analoghi, adottati negli ultimi anni per stimolare la ricapitalizzazione aziendale, l'ambito di operatività dell'agevolazione in esame è rivolto unicamente agli incrementi di capitale proprio destinati, anche indirettamente, al rafforzamento degli investimenti.

È perciò opportuno chiarire, in premessa, le differenze dell'agevolazione in esame rispetto alla disciplina contenuta nel D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 466, recante "Riordino delle imposte personali sul reddito al fine di favorire la capitalizzazione delle imprese": diversa, infatti, è la funzione economico-sociale dei due interventi normativi, nonostante l'affinità del meccanismo di applicazione che consiste, in entrambi i casi, nella suddivisione del reddito imponibile in due parti, di cui l'una assoggettata ad aliquota del 19% e l'altra ad aliquota ordinaria.

La "DIT - dual income tax", infatti, garantendo la tassazione differenziata della parte di reddito d'impresa riconducibile alla remunerazione ordinaria del capitale, assume carattere permanente per disincentivare, a regime, l'indebitamento e la sottocapitalizzazione delle imprese.

L'attuale provvedimento, pur recando un ulteriore impulso in tal senso, si caratterizza per la specifica finalità di rilancio economico e rinnovamento degli apparati produttivi, perseguita attraverso la temporaneità dei benefici e la differente individuazione della quota di reddito agevolata che, come già anticipato, è commisurata al minore importo tra l'ammontare degli investimenti e quello degli incrementi di capitale proprio.

Più ampio, inoltre, è l'ambito soggettivo della nuova normativa, che estende il beneficio, nel rispetto di particolari condizioni, anche ai soggetti in regime di contabilità semplificata di cui all'articolo 18 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, i quali determinano il reddito ai sensi dell'art. 79 del T.U.I.R. (D.P.R. n. 917 del 1986).

Sul piano dell'impulso agli investimenti, infine, il nuovo provvedimento agevolativo richiama la disciplina contenuta nell'art. 3 del decreto legge 10 giugno 1994, n. 357, convertito in legge 8 agosto 1994, n. 489; se ne distingue, tuttavia, per l'estensione alle banche ed alle imprese di assicurazioni, per le diverse condizioni di fruizione dei benefici oltre che, sul piano operativo, per il peculiare meccanismo applicativo.

Con la presente circolare si forniscono istruzioni relative alla disciplina introdotta dal menzionato art. 2, commi da 8 a 12, della legge n. 133 del 1999. Per facilitarne la lettura, le disposizioni contenute nel citato art. 2 verranno indicate facendo riferimento soltanto al numero di comma.

 

 

2. Ambito soggettivo di applicazione

Ai sensi dei commi 8 ed 11, è interessata all'agevolazione un'ampia platea di soggetti. È perciò opportuno, prima di proseguire nella trattazione, fornire uno schema sinottico (tabella 1) che identifichi i soggetti destinatari della norma agevolativa (distinguendo tra residenti e non residenti) e, di conseguenza, i soggetti esclusi.

Tabella 1

 

Soggetti compresi nell'agevolazione 

 

a) residenti 

- Società per azioni; 

- Società in accomandita per azioni; 

- Società a responsabilità limitata; 

- Società cooperative; 

- Società di mutua assicurazione; 

- Enti pubblici e privati, diversi dalle società, aventi per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di una attività commerciale e soggetti equiparati; 

- Persone fisiche esercenti attività commerciale ancorché gestita in forma di impresa familiare comprese le aziende coniugali; 

- Società in nome collettivo e società in accomandita semplice; 

- Società di armamento; 

- Società di fatto che abbiano per oggetto l'esercizio di attività commerciale; 

- Società consortili a rilevanza sia interna che esterna  

 

b) non residenti 

- Società, enti commerciali e persone fisiche non residenti nel territorio dello Stato, relativamente alle stabili organizzazioni situate nel territorio stesso.  

 

 

Soggetti esclusi 

 

- persone fisiche esercenti attività di lavoro autonomo; 

- persone fisiche esercenti attività agricola entro i limiti previsti dall'art. 29 del T.U.I.R. (D.P.R. n. 917 del 1986;) 

- enti non commerciali; 

- persone fisiche esercenti attività commerciali non tenute, neppure per opzione, agli adempimenti relativi alla contabilità ordinaria o semplificata. 

 

Come anticipato in premessa, la disposizione in commento estende la sua portata ai soggetti in contabilità semplificata, di cui all'articolo 18 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. Non possono fruire dell'agevolazione in esame, invece, le persone fisiche esercenti imprese che si avvalgono di regimi contabili speciali e determinano il reddito in misura forfetaria. Ad esempio, restano esclusi i soggetti che, svolgendo attività di allevamento di animali in regime di contabilità speciale di cui all'art. 18-bis del citato D.P.R. n. 600 del 1973, determinano il reddito ai sensi dell'art. 78 del T.U.I.R. (D.P.R. n. 917 del 1986); restano esclusi, altresì, gli imprenditori in regime forfetario ai fini dell'art. 3, commi da 171-180, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

Per contro, i benefici in argomento sono applicabili ai soggetti di cui all'art. 3, commi da 165 a 170, della citata legge n. 662 del 1996, i quali determinano il reddito in via analitica, purché siano rispettate le condizioni previste per i soggetti in contabilità semplificata.

 

 

3. Contenuto delle disposizioni agevolative

Il meccanismo agevolativo opera mediante l'assoggettamento ad un'aliquota d'imposta ridotta (pari al 19 per cento) di una parte del reddito d'impresa, determinata sulla base di due parametri che variano in ragione della natura del soggetto.

In generale, è possibile distinguere tre categorie:

a) soggetti residenti in contabilità ordinaria;

b) soggetti residenti in contabilità semplificata;

c) stabili organizzazioni di soggetti non residenti.

3.1. Soggetti residenti in contabilità ordinaria

Per i soggetti in contabilità ordinaria, il reddito complessivo netto (dichiarato dalle società ed enti commerciali di cui all'art. 87, comma 1, lett. a), b) e d), del T.U.I.R. - D.P.R. n. 917 del 1986) e il reddito d'impresa (dichiarato da imprenditori individuali, società in nome collettivo ed in accomandita semplice) sono assoggettati all'aliquota del 19 per cento, limitatamente alla parte di reddito che corrisponde al minore tra i due parametri seguenti:

- l'ammontare degli investimenti effettuati (anche mediante contratti di locazione finanziaria) in beni strumentali nuovi di cui agli artt. 67 e 68 del T.U.I.R. (D.P.R. n. 917 del 1986) destinati a strutture situate nel territorio dello Stato e diversi da quelli indicati nel secondo periodo della lett. a) del comma 9, per la parte eccedente le cessioni, le dismissioni e gli ammortamenti dedotti;

- l'ammontare dei conferimenti in denaro e degli accantonamenti di utili a riserva.

3.2. Soggetti residenti in contabilità semplificata

In base al comma 11, per le imprese individuali, le società in nome collettivo e in accomandita semplice in regime di contabilità semplificata, la quota di reddito d'impresa assoggettata all'aliquota del 19 per cento viene a coincidere con il primo dei due parametri indicati al paragrafo precedente. Per tali le imprese, infatti, in assenza dell'obbligo di redazione del bilancio, non assumono rilevanza gli incrementi patrimoniali (conferimenti di denaro e accantonamenti di utili).

La quota di reddito agevolata, pertanto, è data dall'ammontare degli investimenti effettuati (anche mediante contratti di locazione finanziaria) in beni strumentali nuovi di cui agli artt. 67 e 68 del T.U.I.R. (D.P.R. n. 917 del 1986) destinati a strutture situate nel territorio dello Stato e diversi da quelli indicati nel secondo periodo della lett. a) del comma 9, per la parte eccedente le cessioni, le dismissioni e gli ammortamenti dedotti.

Per i soggetti in contabilità semplificata, tuttavia, secondo quanto previsto dallo stesso comma 11, l'agevolazione spetta a condizione che i ricavi dichiarati non siano inferiori a quelli derivanti dall'applicazione degli studi di settore di cui all'art. 62-bis del decreto legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, se approvati per il settore di appartenenza, con riguardo ai ricavi puntuali di riferimento.

In mancanza degli studi di settore, occorrerà far riferimento ai parametri di cui all'art. 3, comma 184, della legge 28 dicembre 1995, n. 549.

La condizione non opera - e l'agevolazione può dunque essere fruita - nei confronti dei soggetti per i quali a qualunque titolo non siano applicabili le disposizioni relative alla determinazione minima dei ricavi in base ai parametri o agli studi settore.

3.3. Soggetti non residenti

Per le società, gli enti commerciali e le persone fisiche, che non hanno la residenza nel territorio dello Stato, l'aliquota ridotta al 19 per cento si applica soltanto al reddito imputabile alla stabile organizzazione nel territorio dello Stato, per la parte che corrisponde al minore tra i due parametri seguenti:

- l'ammontare degli investimenti effettuati (anche mediante contratti di locazione finanziaria) in beni strumentali nuovi di cui agli artt. 67 e 68 del T.U.I.R. (D.P.R. n. 917 del 1986) destinati a strutture situate nel territorio dello Stato e diversi da quelli indicati nel secondo periodo della lett. a) del comma 9, per la parte eccedente le cessioni, le dismissioni e gli ammortamenti dedotti

- l'ammontare dell'incremento del fondo di dotazione della stabile organizzazione stessa.

 

 

4. Ambito temporale di applicazione

Ai sensi del comma 8, la disposizione agevolativa si applica per il periodo d'imposta in corso al 18 maggio 1999 (data di entrata in vigore della legge in esame) e per il successivo; ossia, per i soggetti aventi il periodo d'imposta coincidente con l'anno solare, per gli anni 1999 e 2000.

Per i soggetti costituitisi dopo il 18 maggio1999, cioè in un periodo d'imposta diverso ed ovviamente successivo a quello considerato dal legislatore come il primo dei due periodi d'imposta di riferimento, l'agevolazione si applica esclusivamente per il loro primo periodo d'imposta. Non rientrano nell'ambito temporale di applicazione della norma i soggetti che si costituiranno dopo il 31 dicembre 2000.

In tema di individuazione dei periodi agevolati, deve tenersi conto anche della disposizione, recata all'art. 36 della legge n. 133 del 1999, che ha fatto salvi gli effetti prodottisi sulla base dell'abrogato decreto legge n. 63 del 1999; di conseguenza, i soggetti Irpeg che, in sede di dichiarazione dei redditi, avessero fruito dell'agevolazione per il periodo d'imposta chiuso tra il 19 marzo 1999 (data di entrata in vigore del predetto decreto legge) ed il 17 maggio 1999 (giorno precedente alla data di entrata in vigore della citata legge n. 133 del 1999), mantengono l'agevolazione per tale periodo, che viene così a costituire, per essi, il primo dei due periodi d'imposta agevolati.

Con riferimento all'ambito temporale, si precisa inoltre che, per usufruire dell'agevolazione, è necessario che i due presupposti oggettivi, costituiti dagli incrementi di patrimonio e dagli investimenti, si manifestino congiuntamente nel medesimo periodo d'imposta.

Per ciascun periodo devono quindi essere determinati i due parametri rilevanti, il minore dei quali costituirà l'ammontare di riferimento dell'agevolazione, da assumere fino a concorrenza del reddito d'impresa dichiarato.

Al riguardo, si evidenzia che lo schema di legge collegato alla "finanziaria 2000", attualmente all'esame del Parlamento, prevede la possibilità di computare, nel secondo dei suddetti periodi d'imposta, anche l'importo degli investimenti, dei conferimenti e degli accantonamenti di utili relativi al periodo precedente che, tuttavia, non hanno rilevato ai fini dell'agevolazione in quel periodo.

Si precisa, tuttavia, che il mutamento di regime contabile, intervenuto nel corso del biennio, comporta un mutamento ex nunc nel meccanismo applicativo dell'agevolazione. Pertanto, gli eventuali conferimenti in denaro di un soggetto in contabilità semplificata che, nel medesimo periodo di imposta, non abbia potuto godere dell'agevolazione per mancanza di investimenti, in quanto privi di evidenza contabile, non potranno essere comunque riportati nel successivo esercizio, pur nell'ipotesi di passaggio al regime di contabilità ordinaria.

 

 

5. Investimenti agevolabili e momento di effettuazione dell'investimento

Come già anticipato, il comma 8 commisura l'agevolazione all'ammontare degli investimenti, effettuati anche mediante contratti di locazione finanziaria, in beni strumentali nuovi di cui all'art. 67 e 68 del T.U.I.R. (D.P.R. n. 917 del 1986), compresi quelli gratuitamente devolvibili indicati nell'art. 69 del T.U.I.R., destinati a strutture situate nel territorio dello Stato e diversi da quelli indicati nel secondo periodo della lett. a) del comma 9.

In primo luogo, si osserva che l'espressione "investimento in beni strumentali nuovi" comprende non soltanto l'acquisto a titolo derivativo, ma anche la realizzazione degli stessi in appalto o in economia da parte del soggetto destinatario dell'agevolazione.

Sono inoltre agevolabili i beni concessi a terzi in comodato d'uso, purché strumentali ed inerenti; si ricorda, al riguardo, che l'inerenza del bene sussiste nella circostanza in cui lo stesso ceda le proprie utilità all'impresa proprietaria e non a quella che lo ha utilizzato (cfr. risoluzione ministeriale del 5 gennaio 1981, n. 9/2320).

Gli investimenti in beni immobili, invece, stante il disposto della lettera a) del comma 9, non sono di regola computabili ai fini dall'agevolazione, salvo alcune categorie che saranno specificate nel prosieguo.

In secondo luogo, occorre individuare il periodo d'imposta in cui gli investimenti rilevano ai fini dell'agevolazione. In proposito, la norma di cui al comma 8 richiama "gli investimenti in beni strumentali nuovi di cui agli articoli 67 e 68 del citato testo unico …. effettuati negli stessi periodi …".

Ciò induce a ritenere che la fruizione del beneficio fiscale è subordinata non solo all'acquisizione del bene nel periodo d'imposta, da assumere secondo i criteri stabiliti all'articolo 75 del T.U.I.R. (D.P.R. n. 917 del 1986), ma anche alla circostanza che nello stesso periodo d'imposta il bene sia entrato in funzione.

In altri termini, l'investimento si computa nell'esercizio a partire dal quale il bene stesso, inserito nel processo produttivo, è ammortizzabile ai fini fiscali.

Tale conclusione trae argomento dalla interpretazione sistematica oltre che dal tenore letterale della norma in esame.

Il riferimento ai "beni strumentali … di cui agli articoli 67 e 68" attribuisce senza equivoci una precisa qualificazione giuridica ai beni oggetto di investimento. Questi devono essere strumentali ed ammortizzabili, possedere cioè caratteristiche che, ai sensi del richiamato art. 67, comma 1, del T.U.I.R., sono ad essi riconosciute nell'"esercizio di entrata in funzione".

La tesi trova conferma, sul piano semantico, nello stesso termine utilizzato dal legislatore per definire gli investimenti, che devono essere "effettuati", ossia mandati ad effetto, messi in opera, realizzati.

Sotto altro profilo, si osserva che il requisito della strumentalità o entrata in funzione costituisce l'unico riferimento utile per riscontrare la destinazione del bene a strutture situate nel territorio dello Stato. In più, consente di annoverare tra gli investimenti agevolabili, come sarà detto in avanti, anche i beni acquistati da un soggetto che non sia né il produttore né il rivenditore. Gli stessi, infatti, in tanto potranno considerarsi "nuovi" in quanto non siano mai entrati in funzione, cioè non siano stati utilizzati dal cedente.

Può presentarsi il caso che un determinato bene, acquisito in prossimità della fine del periodo d'imposta, presenti caratteristiche tecniche e strutturali che ne impediscano l'entrata in funzione nello stesso periodo. Dovendosi evitare applicazioni aberranti della norma che, in contrasto con le finalità perseguite dal legislatore, potrebbero vanificare lo sforzo degli operatori commerciali al rilancio degli investimenti, è da ritenere che nelle circoscritte ipotesi appena richiamate l'investimento possa ritenersi effettuato nel periodo d'imposta di acquisizione del bene, a condizione che il soggetto interessato possa dimostrare l'oggettivo impedimento ad utilizzarlo entro lo stesso periodo.

Per quanto riguarda, invece, gli investimenti in immobili che costituiscono impianti o in immobili di categoria D/1, realizzati in appalto o in economia, si rinvia ai paragrafi successivi.

È opportuno precisare, inoltre, che ai fini dell'agevolazione in questione rilevano anche gli investimenti effettuati prima del 18 maggio 1999, purché ricadenti nel periodo d'imposta in corso a tale data.

5.1. Beni immateriali

Le immobilizzazioni immateriali, come identificate dall'art. 2424 del codice civile, sono caratterizzate dalla mancanza di "tangibilità" ed esprimono costi dai quali l'impresa trae un'utilità che non si esaurisce in un solo periodo, ma che si protrae, quale beneficio economico, lungo l'arco temporale di più esercizi.

Il riferimento normativo ai "beni" porta a ritenere che costituiscono oggetto di agevolazione non tutte le immobilizzazioni immateriali, ma soltanto quelle che danno luogo a beni immateriali, in sé precisamente identificabili, che conservano una propria individualità, essendo rappresentati da diritti che conferiscono all'imprenditore la potestà di sfruttare determinati benefici futuri.

Sono annoverabili tra i beni immateriali, ad esempio:

- diritti di brevetto industriale;

- diritti di concessione, licenze e marchi;

- diritti di utilizzazione delle opere dell'ingegno;

- know-how.

In particolare, per quanto riguarda i costi di acquisizione del software, rientra tra gli investimenti agevolabili l'acquisizione del software applicativo, anche mediante il cosiddetto "contratto di sviluppo", ancorché acquistato a titolo di licenza d'uso a tempo determinato o indeterminato. È escluso, per contro, quello utilizzato a fronte di canoni periodici, posto che, in tal caso, i costi esauriscono la loro utilità in un solo esercizio. Al pari dei beni materiali, anche per quelli immateriali l'agevolazione è fruibile sia in caso di acquisizione esterna che di produzione interna.

Per quanto si è detto, sono esclusi dall'agevolazione gli investimenti in immobilizzazioni immateriali che costituiscono dei meri costi come, ad esempio, l'avviamento, i costi di pubblicità e di ricerca e sviluppo.

5.2. Impianti e investimenti immobiliari

In linea generale, come già accennato, gli investimenti di natura immobiliare sono esclusi dall'agevolazione.

Il comma 9, lett. a), secondo periodo, infatti, limita l'applicazione dell'agevolazione soltanto agli immobili che costituiscono impianti ed a quelli classificati in categoria catastale D/1 (opifici).

Tra gli impianti appena richiamati rientrano, siccome chiarito con circolare 181/E del 27 ottobre 1994, le aree su cui insistono i fabbricati e quelle accessorie nonché i manufatti stabilmente incorporati nel suolo e le relative attrezzature.

Tali investimenti sono agevolabili a condizione che i beni siano utilizzati direttamente dal possessore per l'esercizio della propria impresa e non siano dati in godimento a terzi (ad esempio, tramite locazione o comodato) e a condizione che l'investimento sia iniziato in uno dei due periodi d'imposta agevolati.

Secondo le modifiche normative attualmente all'esame del Parlamento, infatti, i benefici sono concessi anche quando i beni immobili e gli impianti, realizzati in economia o in appalto, sono in corso di esecuzione. In questo caso, l'investimento rilevante è rappresentato dal costo di realizzazione delle opere eseguite in ciascuno dei due periodi di imposta agevolati, ivi compreso il costo di acquisizione dell'area fabbricabile.

Si precisa, in chiusura, che l'effettiva destinazione dei beni all'esercizio proprio dell'impresa deve essere verificabile non appena l'investimento è completato.

5.3. Investimenti mobiliari e immobiliari esclusi

In base al comma 9, lett. a), secondo periodo, sono in ogni caso esclusi dall'agevolazione gli investimenti relativi a:

- beni di cui all'art. 121-bis, comma 1, lett. a), n. 1), del T.U.I.R. (D.P.R. n. 917 del 1986), ossia: aeromobili da turismo, navi e imbarcazioni da diporto, autovetture e autocaravan di cui alle lettere a) e m) dell'art. 54 del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (codice della strada), ciclomotori e motocicli, tranne quelli destinati ad essere utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell'attività propria dell'impresa o adibiti ad uso pubblico;

- beni immobili diversi dagli impianti e dagli opifici appartenenti alla categoria catastale D/1, utilizzati esclusivamente dal possessore per l'esercizio dell'impresa;

- beni non destinati a strutture situate nel territorio dello Stato.

Per quanto riguarda i beni indicati nell'art. 121-bis, comma 1, lett. a), n. 1), del T.U.I.R. e, in particolare, la nozione di "beni strumentali utilizzati nell'attività propria dell'impresa o adibiti ad uso pubblico", si rinvia a quanto precisato con circolare n. 48/E del 10 febbraio 1998.

5.4. Il requisito della novità

Gli investimenti agevolabili si caratterizzano anche per il requisito della novità del bene, restando esclusi, di conseguenza, quelli riguardanti beni a qualunque titolo già utilizzati.

Il requisito della novità sussiste anche nel caso in cui l'acquisto del bene avvenga presso un soggetto che non sia né il produttore né il rivenditore, a condizione che il bene stesso non sia mai stato utilizzato (o dato ad altri in uso) da parte del cedente.

Nella fattispecie dei beni complessi autoprodotti, ove alla loro realizzazione abbia concorso anche un bene usato, il requisito della novità sussiste in relazione all'intero conferimento, purché il costo del bene usato non sia di rilevante entità rispetto al costo complessivamente sostenuto. Nel caso in cui il bene complesso, che incorpora anche un bene usato, sia stato acquistato a titolo derivativo, il cedente dovrà attestare che l'impiego del bene usato non è di rilevante entità rispetto al costo complessivo.

In assenza di espressa previsione normativa, inoltre, devono infine ritenersi esclusi dall'agevolazione il completamento di opere sospese, l'ampliamento, la riattivazione e l'ammodernamento di impianti esistenti. Si precisa, tuttavia, che, qualora nelle parti strutturali dell'impianto si collochino elementi oggettivamente autonomi, che costituiscono di per sé beni strumentali ammortizzabili, i relativi investimenti sono comunque agevolabili.

Relativamente ai diversi diritti di utilizzazione connessi ad un'opera dell'ingegno il requisito della novità è riferibile distintamente a ciascuno dei possibili diritti di utilizzazione dell'opera stessa, purché esattamente individuabile ed indipendente dagli altri, a condizione che l'acquisto sia effettuato direttamente dall'autore. Ad esempio, il requisito della novità può essere ritenuto sussistente nell'acquisto dei diritti di traduzione in lingua italiana di un'opera letteraria, anche se il diritto di traduzione in altra lingua è già stato ceduto a terzi dall'autore.

5.5. Destinazione dei beni a strutture situate nel territorio dello Stato

Considerato che l'agevolazione riguarda solo gli investimenti "destinati a strutture situate nel territorio dello Stato", ne consegue che, per i soggetti residenti, il bene oggetto dell'investimento non deve essere destinato ad una stabile organizzazione o diversa struttura (ad esempio, ufficio di rappresentanza) situata all'estero.

Viceversa, per i soggetti non residenti, il bene deve essere destinato ad una stabile organizzazione ubicata nel territorio dello Stato italiano.

Si precisa che l'effettiva destinazione del bene deve trovare riscontro in elementi oggettivi, non essendo di per sé sufficiente, ai fini dell'agevolazione, la mera iscrizione contabile del bene nel bilancio della società residente o della stabile organizzazione del soggetto non residente.

5.6. Determinazione dell'ammontare degli investimenti

Gli investimenti agevolabili rilevano per un importo pari al costo fiscalmente riconosciuto del bene oggetto di investimento, determinato ai sensi dell'art. 76, comma 1, del T.U.I.R. (D.P.R. n. 917 del 1986), ossia al costo di acquisto o produzione al netto di eventuali contributi.

Nell'ipotesi in cui il bene sia utilizzato promiscuamente ovvero si tratti di investimento in apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di cui all'art. 67, comma 10-bis, del T.U.I.R. (D.P.R. n. 917 del 1986), gli investimenti rilevano nella misura del 50 per cento. Fanno eccezione gli apparecchi telefonici installati, in maniera fissa, su mezzi adibiti all'attività di trasporto merci su strada, i quali rilevano nella misura del 100 per cento, ai sensi dell'art. 6, comma 21, della legge 29 dicembre 1999, n. 488.

Per quanto concerne i beni acquisiti in leasing, l'importo agevolabile è pari al costo sostenuto dal concedente per l'acquisto; il predetto costo è da assumere al lordo dell'IVA, laddove questa sia indetraibile. Non rileva, invece, il prezzo di riscatto.

Per i lavori eseguiti in economia vanno assunti i costi dei beni e dei servizi utilizzati per la realizzazione del bene, avendo riguardo ai criteri stabiliti dall'art. 75 del T.U.I.R.

I costi interni dovranno risultare da apposite schede in cui, analogamente a quanto chiarito con circolare n. 40 del 26 novembre 1981 (relativa alla normativa sulla tenuta della contabilità di magazzino), devono essere riportati:

- i materiali acquistati ovvero prelevati dal magazzino, qualora l'acquisto degli stessi non sia avvenuto specificamente per la realizzazione del bene;

- la mano d'opera diretta utilizzata per la realizzazione del bene;

- gli ammortamenti dei beni strumentali impiegati nella realizzazione del bene oggetto dell'agevolazione;

- i costi industriali imputabili all'impianto (stipendi dei tecnici, spese di mano d'opera, energia elettrica degli impianti, materiale e spese di manutenzione, forza motrice, lavorazioni esterne, ecc.).

Per i lavori eseguiti mediante contratto di appalto, invece, l'importo dell'investimento che rileva in ciascun periodo agevolato è commisurato all'ammontare dei corrispettivi liquidati in base allo stato di avanzamento lavori.

5.7. Le cessioni, le dismissioni, gli ammortamenti

Secondo quanto previsto nel primo periodo della lettera a) del comma 9, gli investimenti rilevano, in ciascun periodo di imposta, per la parte eccedente le cessioni, le dismissioni e gli ammortamenti dedotti.

La norma precisa, al riguardo, che non rilevano le cessioni, le dismissioni e gli ammortamenti relativi a:

- beni di cui all'art. 121, comma 1, lett. a), n. 1), del T.U.I.R. (D.P.R. n. 917 del 1986), tranne quelli destinati ad essere utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell'attività propria dell'impresa o adibiti ad uso pubblico;

- tutti i beni immobili diversi da quelli agevolati;

Ai beni sopra menzionati, inoltre, devono aggiungersi quelli relativi a strutture situate all'estero i quali, così come non rilevano ai fini della determinazione dell'investimento agevolabile, non devono rilevare neppure in diminuzione del medesimo. Dalla norma, infatti (comma 9, lett. a), primo periodo), emerge una netta distinzione tra beni destinati a strutture situate nel territorio dello Stato - i quali soltanto vengono presi in considerazione per il calcolo dell'importo agevolato - e quelli destinati a strutture estere, che non assumono alcun rilievo (né in aumento, né in diminuzione) nel calcolo del predetto ammontare.

È chiaro, altresì, che non deve essere computata, a diminuzione del valore degli investimenti agevolati, la quota di ammortamento relativa ai beni nuovi che formano oggetto degli investimenti stessi.

Nel caso contrario, infatti, si introdurrebbe una evidente distorsione nel mercato, avvantaggiando notevolmente le imprese che utilizzano i beni in leasing rispetto a quelle che li acquistano in proprietà, in palese contrasto con il principio generale di neutralità più volte espresso dal legislatore. Si veda, ad esempio, la relazione accompagnatoria del disegno di legge di conversione del decreto legge n. 414 del 1989 (recante modifiche all'art. 67 del T.U.I.R.), in cui si sottolinea la necessità "di assicurare nel tempo, in relazione alle mutevoli condizioni di mercato, la necessaria neutralità fiscale della scelta aziendale tra acquisizione dei beni in proprietà o in leasing".

Deve tenersi presente, inoltre, la ratio del particolare sistema di calcolo disciplinato dal citato comma 9, lett. a), il quale, facendo rilevare solo la parte di investimenti che eccede cessioni, dismissioni e ammortamenti, impone un confronto tra due entità: quella che rappresenta gli incrementi della struttura produttiva (investimenti) e quella che, al contrario, indica il depauperamento dell'apparato produttivo stesso (ammortamenti, cessioni, dismissioni).

Il meccanismo, come strutturato, induce le imprese ad effettuare investimenti "aggiuntivi", che costituiscono un reale ampliamento (piuttosto che un mero mantenimento) del suddetto apparato. Pertanto, anche in questa prospettiva, appare illogico computare, in diminuzione dell'investimento, la quota di ammortamento relativa al bene investito, il cui importo deve invece rilevare interamente ed unitariamente tra gli incrementi.

Gli ammortamenti relativi ai beni oggetto dell'investimento non rilevano neppure nel successivo periodo d'imposta oggetto dell'agevolazione.

Gli ammortamenti da valutare ai fini della determinazione del valore degli investimenti sono quelli rilevanti ai fini fiscali, cioè "dedotti" dal reddito di esercizio anche a titolo di ammortamento anticipato.

Occorre sottolineare che, per fruire del beneficio in commento, gli ammortamenti anticipati rilevano anche qualora non vengano rappresentati contabilmente con la rettifica del valore dei beni stessi, bensì vengano dedotti extra-contabilmente, utilizzando l'apposita riserva del patrimonio netto.

Le cessioni riducono gli investimenti in misura corrispondente al corrispettivo conseguito. In caso di beni destinati al consumo personale o familiare dell'imprenditore o assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa, rileva il valore normale del bene destinato o assegnato.

Le dismissioni, che si sostanziano nella esclusione a qualunque titolo dei beni strumentali dal ciclo produttivo, sono computate per il valore residuo fiscalmente riconosciuto del bene estromesso.

Nel caso di beni concessi in locazione finanziaria, i relativi ammortamenti dedotti dal concedente non vanno computati in diminuzione degli investimenti agevolabili, in quanto relativi a beni che, ai sensi del comma 8, non configurano investimento per il concedente bensì per l'utilizzatore.

Ai fini in esame, l'ammontare delle cessioni rileva nel periodo di imposta individuato applicando i criteri stabiliti dall'art. 75 del T.U.I.R., mentre l'ammontare delle dismissioni rileva nel periodo di imposta in cui il bene viene estromesso dal processo produttivo.

 

 

6. Gli incrementi di patrimonio

In base alla lettera b) del comma 9, i conferimenti in denaro e gli utili accantonati a riserva sono computati, in ciascun periodo di imposta, secondo i criteri previsti dall'articolo 1, commi 4 e 5, del citato D.Lgs. n. 466 del 1997, riguardante la cosiddetta DIT.

Pertanto si richiamano, in quanto compatibili, le istruzioni già fornite con la circolare n. 76/E del 6 marzo 1998, a commento del D.Lgs. n. 466 del 1997.

6.1. I conferimenti in denaro

Per i conferimenti, la norma dispone che rilevano esclusivamente quelli effettuati in denaro, tra i quali vanno compresi, ad esempio:

- i versamenti eseguiti a fronte di ricostituzione o aumento del capitale sociale o del fondo di dotazione;

- i versamenti a fondo perduto o in conto capitale eseguiti dai soci, con esclusione quindi dei finanziamenti erogati dagli stessi che costituiscono debiti per la società;

- i versamenti dei soci per sovraprezzo di azioni o quote e i versamenti per interessi di conguaglio effettuati dai sottoscrittori di nuove azioni o quote.

Occorre tuttavia precisare che, a differenza di quanto previsto per la DIT, ai fini dell'agevolazione in esame gli incrementi di patrimonio netto rilevano solo nel periodo di imposta in cui si manifestano.

Poiché - per espressa previsione normativa - il richiamo all'articolo 1, commi 4 e 5, del D.Lgs. n. 466 del 1997 è preordinato alla individuazione dei criteri di determinazione dei conferimenti in denaro e degli accantonamenti a riserva, si ritiene che la norma contemplata nell'ultimo comma dell'art. 4 del citato D.Lgs. n. 466 del 1997, riguardante l'irrilevanza ai fini DIT della variazione in aumento del capitale investito per la parte eccedente il patrimonio netto esistente alla chiusura dell'esercizio (cosiddetto "limite del patrimonio netto"), non sia operante ai fini dell'agevolazione in esame. Ai fini di che trattasi, l'unico limite di rilevanza degli incrementi di patrimonio netto è costituito dall'ammontare degli investimenti in beni strumentali nuovi.

In applicazione del principio più volte richiamato, per cui l'agevolazione compete solo se l'ammontare dei conferimenti trova corrispondenza negli investimenti effettuati, deve concludersi che non operano le esclusioni previste dagli articoli 2 e 3 del citato D.Lgs. n. 466 del 1997, peraltro neppure richiamate dal comma 9 dell'art. 2 della legge n. 133 del 1999.

Siccome puntualizzato nella circolare n. 76/E del 6 marzo 1998, si conferma che anche ai fini dei conferimenti in argomento non rilevano le rinunce ai crediti effettuate dai soci.

6.2. Gli accantonamenti di utili a riserva

Gli accantonamenti rilevanti sono quelli che hanno ad oggetto utili realizzati nell'esercizio precedente. Ne consegue che per l'impresa avente periodo d'imposta coincidente con l'anno solare, l'accantonamento di utili ammissibile per l'anno 1999 si riferisce agli utili realizzati nel periodo d'imposta 1998.

In virtù del richiamo al comma 4 del D.Lgs. n. 466 del 1997, sono esclusi dal computo gli accantonamenti a riserva non disponibile costituita a fronte di plusvalenze derivanti dalla valutazione delle partecipazioni con il metodo del patrimonio netto (cosiddetto "equity method") in applicazione dell'art. 2426, commi 1 e 4, del codice civile.

Pertanto, nel caso in cui alla formazione dell'utile d'esercizio accantonato a riserva abbiano concorso plusvalenze derivanti dalla valutazione delle partecipazioni con il predetto metodo, la quota di utile derivante da tale plusvalenza, ancorché accantonata a riserva, non rileva ai fini della variazione in aumento del capitale investito.

Fatta eccezione per tale ipotesi, rilevano tutti gli altri accantonamenti a riserva, sia disponibile che indisponibile, dell'utile d'esercizio effettuati in sede assembleare.

Nel caso di imprese individuali, rilevano gli utili dell'esercizio precedente non prelevati dall'imprenditore.

6.3. Momento della rilevanza degli incrementi e determinazione del loro ammontare.

Quanto al momento di rilevanza ed alla determinazione dell'ammontare degli incrementi, si precisa che:

- i conferimenti in denaro rilevano a partire dalla data del versamento; ne consegue che gli stessi sono computati in proporzione ai giorni che intercorrono tra la data del versamento e quella di chiusura del periodo di imposta in cui sono stati effettuati.

- gli accantonamenti di utili a riserva rilevano a partire dalla data di inizio dell'esercizio nel corso del quale tali riserve si sono formate, vale a dire dall'inizio dell'esercizio nel corso del quale l'assemblea delibera di destinare, in tutto o in parte, a riserva l'utile dell'esercizio.

- i conferimenti e gli utili accantonati rileveranno comunque per la sola parte che eccede i decrementi patrimoniali come individuati ai fini dei commi 4 e 5 del D.Lgs. n. 466 del 1997.

Tra i decrementi, per contro, si comprendono:

- la distribuzione di dividendi ai soci o partecipanti mediante utilizzo di riserve comunque costituite.

- la riduzione del capitale sociale o del fondo di dotazione con conseguente attribuzione dello stesso ai soci o ai partecipanti.

- la riduzione, con contestuale attribuzione ai soci o partecipanti, delle voci di patrimonio netto assimilate al capitale o al fondo di dotazione, quali ad esempio:

- la riserva sovrapprezzo azioni o quote.

- la riserva per interessi di conguaglio versati dai sottoscrittori di nuove azioni o quote.

- la riserva per versamenti di denaro a fondo perduto o in conto capitale eseguiti da soci o dai partecipanti.

Si fa presente, al riguardo, che devono essere considerati tutti i decrementi, sia se effettuati mediante versamenti di denaro, sia se effettuati mediante l'assegnazione di beni. Essi rilevano a partire dall'inizio dell'esercizio in cui si sono verificati e pertanto vanno computati, in diminuzione dei conferimenti, per l'intero ammontare.

6.4. Incremento del fondo di dotazione per i soggetti non residenti

Come già accennato, per le stabili organizzazioni nel territorio dello Stato rilevano gli "incrementi del fondo di dotazione". Si precisa, al riguardo, che l'espressione va intesa come "incrementi netti" del fondo esistente alla data di chiusura dell'esercizio rispetto a quello esistente all'inizio del medesimo periodo. Ai fini della determinazione degli stessi si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni contenute nell'articolo 1, commi 4 e 5, del D.Lgs. n. 466 del 1997. Rilevano, pertanto, ai fini dell'incremento i soli conferimenti in denaro che il soggetto non residente effettua presso le stabili organizzazioni nello stato italiano, ragguagliati ad anno. I decrementi del fondo di dotazione rilevano, invece, sia se effettuati in denaro che in natura.

 

 

7. Modalità di calcolo dell'agevolazione - Esempi

Può essere utile, a questo punto, fornire alcuni esempi di calcolo dell'agevolazione.

Si ipotizzi il caso di una società che abbia il periodo di imposta coincidente con l'anno solare e che presenti le situazioni di seguito descritte:

Esempio n. 1

 

 

 

 

 

 

Investimenti agevolabili "lordi": 

 

L. 1.000.000 

Ammortamenti, cessioni e dismissioni: 

 

L. 200.000 

 

 

 

 

Investimenti agevolabili "netti" 

L. 800.000 

 

 

 

 

Incrementi di patrimonio al netto dei decrementi 

L. 900.000 

 

(Lit. 1.800.000 di conferimenti in denaro effettuati il 1° luglio 1999) 

 

 

 

 

 

Importo massimo agevolabile 

L. 800.000 

 

 

 

 

Reddito d'impresa 

L. 700.000 

 

 

 

 

Importo agevolato 

L. 700.000 

La quota di reddito agevolato, ai fini di cui trattasi, per il 1999 è pari all'intero reddito imponibile dichiarato (£. 700.000), anche se l'importo potenzialmente agevolabile è pari a £. 800.000, ossia al minor valore tra quello degli investimenti (£. 800.000) e quello dell'incremento patrimoniale (£. 900.000).

Secondo le disposizioni contenute nel disegno di legge "collegato" all'esame del Parlamento, la parte degli investimenti agevolabili netti e degli incrementi netti del patrimonio non computati ai fini dell'agevolazione, pari rispettivamente a £. 100.000 e a £. 200.000, potranno essere considerati ai fini dell'agevolazione nell'esercizio successivo.

Esempio n. 2

 

 

 

 

 

 

Investimenti agevolabili "lordi" 

 

L. 1.500.000 

Ammortamenti, cessioni e dismissioni 

 

L. 400.000 

 

 

 

 

Investimenti agevolabili "netti" 

L.. 1.100.000 

 

 

 

 

Incrementi di patrimonio al netto dei decrementi 

L. 900.000 

 

(Lit. 1.800.000 di conferimenti in denaro effettuati il 1° luglio 1999) 

 

 

 

 

 

Importo massimo agevolabile 

L. 900.000 

 

 

 

 

Reddito d'impresa 

L. 2.000.000 

 

 

 

 

Importo agevolato 

L. 900.000 

In questa ipotesi, il reddito agevolato ammonta a £ 900.000, cioè alla quota corrispondente al minor valore tra quello degli investimenti (£ 1.100.000) e quello degli incrementi (£ 900.000). In tal caso, sempre sulla base delle disposizioni all'esame del Parlamento, l'eccedenza di £ 200.000, relativa agli investimenti rispetto al limite massimo agevolabile, potrà essere utilizzata nell'esercizio successivo.

Del pari, qualora l'impresa nel primo periodo agevolato non abbia dichiarato alcun reddito imponibile, gli importi degli investimenti netti realizzati e degli incrementi del patrimonio netto effettuati nel medesimo periodo d'imposta potranno essere computati nel loro intero ammontare nell'esercizio successivo.

Esempio n. 3

Modalità di calcolo dell'agevolazione per le società di persone commerciali

Come è noto, le società di persone non sono soggetti passivi dell'imposta personale sul reddito. Esse dichiarano unitariamente il reddito prodotto, ai fini dell'imputazione "per trasparenza" ai soci esistenti alla data di chiusura dell'esercizio, secondo i criteri previsti dall'art. 5 del T.U.I.R. (D.P.R. n. 917 del 1986). La parte di reddito agevolato, pertanto, va attribuita ai soci con gli stessi criteri.

Si precisa, tuttavia, che la quota di reddito agevolabile derivante dalla partecipazione in una società può essere utilizzata solo per ridurre la tassazione del reddito prodotto dalla medesima società.

Si ipotizzi, pertanto, una persona fisica che possegga due partecipazioni in società di persone: nella società A e nella società B.

Anno 1999 - Società A 

 

 

 

Reddito partecipazione 

Quota agevolazione 

Reddito tassato al 19% 

Tassazione ordinaria 

150 

20 

20 

130 

 

 

 

 

Anno 1999 - Società B 

 

 

 

Perdita partecipazione 

Quota agevolabile 

Reddito tassato al 19% 

Tassazione ordinaria 

-50 

100 

/ 

/ 

L'importo agevolabile di B (astrattamente pari a 100, cioè al minor valore tra incrementi ed investimenti) non può essere utilizzato né per abbattere il reddito di B, che è negativo, né per abbattere il reddito di A.

Il reddito di A, pari a 150, va invece ridotto delle perdite di B pari a 50.

Pertanto, il reddito di partecipazione da assoggettare a tassazione ordinaria sarà pari ad 80 e quello agevolato sarà pari a 20.

 

 

8. Coordinamento con la applicazione della Dit

Per espressa previsione del comma 10, la nuova agevolazione non riduce la portata dei benefici già riconosciuti dal più volte menzionato D.Lgs. n. 466 del 1997 (relativo alla DIT). Il provvedimento, infatti, come chiarito nella relazione di accompagnamento al decreto legge 12 marzo 1999, n. 63, si muove nella stessa direzione della Dual Income Tax (DIT), determinandone senz'altro un rafforzamento, ma senza interferire sul suo funzionamento.

Infatti, la parte di reddito assoggettato ad aliquota del 19 per cento va calcolata autonomamente e prioritariamente rispetto al regime della DIT, di cui l'impresa potrà continuare a fruire, ricorrendone i presupposti, sulla restante parte del reddito conseguito.

Il reddito assoggettato ad aliquota ridotta per effetto della legge n. 133, peraltro, non deve essere considerato ai fini del calcolo della aliquota media minima prevista dall'art. 1, comma 3, e dall'art. 6, comma 1, del citato D.Lgs. n. 466 del 1997.

Ne consegue che occorrerà determinare prioritariamente la quota di reddito da assoggettare ad aliquota ridotta in base alle disposizioni dell'art. 2 della legge n. 133 del 1999. Sulla restante parte del reddito dichiarato andrà poi determinata la quota di reddito da assoggettare ad aliquota ridotta in base alle disposizioni concernenti la DIT.

In assenza di previsioni analoghe a quelle recate dal D.Lgs. n. 466 del 1997, è da ritenere che il reddito d'impresa tassato con aliquota del 19% ai sensi dell'art. 2, comma 8, della legge 13 maggio 1999, n. 133, in capo a persone fisiche o a società commerciali di persone, non concorre alla formazione del reddito complessivo Irpef del titolare o dei partecipanti ai fini della individuazione dell'aliquota d'imposta.

 

 

9. Traslazione dei benefici ai soci e partecipanti e memorizzazione nel "canestro B"

Per consentire la traslazione ai soci e partecipanti dei benefici accordati dalla legge, i soggetti di cui alle lettere a) e b) dell'art. 87 del T.U.I.R. (D.P.R. n. 917 del 1986), oltre a memorizzare nel canestro A l'importo dell'Irpeg effettivamente pagata (cui corrisponderà l'attribuzione del credito d'imposta pieno), potranno imputare al canestro B l'imposta figurativa corrispondente al reddito non assoggettato a tassazione, a fronte del quale il comma 10 dispone l'attribuzione del credito d'imposta limitato.

A tal fine, concorrono a formare l'ammontare di cui alla lett. b) del comma 1 dell'art. 105 del T.U.I.R. le imposte virtuali corrispondenti al 58,73% di quella parte del reddito che si considera non assoggettata a tassazione e che è pari al 48,65% del totale.

Infatti, come già chiarito a commento del D.Lgs. n. 466 del 1997, l'imposizione con l'aliquota ridotta al 19 per cento di un reddito pari, ad esempio, a £ 100, equivale a tassazione di £. 51,35 con aliquota ordinaria del 37 per cento mentre la differenza di £. 48,65 (cioè £. 100 - £. 51,35) si assume come reddito non tassato. Tale impostazione consente di memorizzare tra le imposte di cui all'art. 105, comma 1, lett. b), del T.U.I.R., il 58,73% dei proventi che si considerano non tassati. In tal modo è possibile distribuire gli utili corrispondenti a tali proventi, attribuendo agli stessi un credito d'imposta limitato che consente di trasferire ai soci il beneficio riconosciuto alla società.

Naturalmente, per effetto di quanto previsto al comma 4 del citato art. 105, occorre confrontare l'importo che si considera non tassato con quello dell'utile di esercizio, assumendo il minore dei due.

Esempio:

Si ipotizzi, in proposito, che nel periodo d'imposta 1999 una società di capitale, non quotata in borsa, proceda ad effettuare in data 1° gennaio un conferimento in denaro pari a L. 1.000.000 e che nello stesso periodo la medesima società effettui investimenti agevolabili per L. 1.500.000. Le cessioni, le dismissioni e gli ammortamenti dedotti nell'esercizio sono complessivamente pari a L. 700.000. Il reddito imponibile complessivo è pari a L. 900.000. In questo caso avremo:

Investimenti agevolabili "lordi" 

L. 

1.500.000  

- 

Cessioni e ammortamenti  

L. 

700.000  

= 

Importo investimenti agevolabili 

L. 

800.000 

 

Essendo l'ammontare dei conferimenti in denaro pari a L. 1.000.000, la quota di reddito cui va applicata l'aliquota agevolata è determinata in L. 800.000.

Ciò premesso, il reddito imponibile della società, pari a L. 900.000, dovrà essere assoggettato a tassazione con le seguenti modalità:

- L. 800.000 con aliquota Irpeg del 19 per cento (per effetto della legge n. 133 del 1999) e quindi con imposta pari a L. 152.000

- L. 100.000 come dal conteggio che di seguito si riporta.

Ove il reddito agevolato DIT ammonti a L. 70.000, pari alla quota dei conferimenti in denaro di L. 1.000.000 per il coefficiente del 7% (ipotizzando un tasso di remunerazione del capitale investito), l'importo dovrebbe essere così ripartito tra l'aliquota ordinaria e quella ridotta:

L. 70.000 × 19% =  

L. 

13.330 

L. 30.000 × 37% = 

L. 

11.100 

Totale 

L. 

24.430 

Ai sensi dell'art. 1, comma 3, del D.Lgs. n. 466 del 1997, poiché l'aliquota media non può essere inferiore al 27 per cento, l'Irpeg da liquidare con riferimento all'importo considerato di L.100.000 non potrà essere inferiore a L. 27.000. Ne deriva che la ripartizione dell'importo di L.100.000 tra l'aliquota agevolata del 19 per cento e quella ordinaria del 37 per cento dovrà essere calcolata come segue:

 

L. 55.560 

assoggettate al 19% 

=  

L. 10.557 

 

L. 44.440 

assoggettate al 37% 

=  

L. 16.443 

Totale: 

L. 100.000  

aliquota media del 27% 

=  

L. 27.000 

La differenza tra l'agevolazione massima DIT spettante (L 70.000) ed il reddito effettivamente assoggettato all'aliquota ridotta del 19 per cento (L. 55.560) ammonta a L. 14.444. Quest'ultimo importo, pertanto, rappresenta la quota di reddito agevolato DIT che è possibile riportare negli esercizi successivi.

Conseguentemente, al fine di trasferire al socio l'agevolazione, la società avrà la possibilità di procedere alla memorizzazione delle imposte di cui all'art. 105, comma 1, lett. b), del T.U.I.R. - D.P.R. n. 917 del 1986 - (canestro "B"), oltre a quelle di cui alla lett. a) (canestro "A"), con le seguenti modalità:

- Imposte di cui all'art. 105, comma 1, lett. a), del T.U.I.R. (Canestro "A")

Confluiscono in questo canestro le imposte effettivamente versate dalla società e cioè:

Imposta liquidata (L. 152.000 + L. 27.000) = L. 179.000

- Imposte di cui all'art. 105, comma 1, lett. b), del T.U.I.R. (Canestro "B")

Confluiscono in questo canestro le imposte figurative commisurate alla quota di reddito agevolato. In particolare, l'imposta da inserire nel canestro B è pari al 58,73 per cento calcolato sulla quota del 48,65 per cento del reddito agevolato.

Nell'esempio riportato, il reddito assoggettato ad aliquota ridotta del 19 per cento ammonta a L. 800.000 (in base alla legge n. 133 del 1999) ed a L. 55.560 (in base al D.Lgs. n. 466 del 1997), per cui:

il 58,73% del 48,65% di L. 

800.000 = L. 

228.576 

+ 

il 58,73% del 48,65% di L. 

55.560 = L. 

15.875 

= 

 

L. 

244.451 

 

In sostanza, in occasione della distribuzione degli utili, la società potrà attribuire ai soci credito d'imposta limitato fino a concorrenza di L. 244.451 (canestro B) e credito d'imposta ordinario fino a concorrenza di L. 179.000 (canestro A).

È bene precisare, infine, che per effetto dell'art. 105 del T.U.I.R., ai fini della memorizzazione del c.d. canestro "B", l'ammontare del reddito considerato esente (48,65 per cento del reddito agevolato) non può superare il valore dell'utile di bilancio; qualora ciò avvenisse, la società potrà computare ai fini del canestro B soltanto il 58,73% di quest'ultimo importo.

 

 

10. Cumulabilità con l'agevolazione prevista dall'ultimo periodo dell'art. 11 del D.P.R. n. 601 del 1973

Ai sensi dell'ultimo periodo dell'art. 11 del D.P.R. 29 novembre 1973, n. 601, l'imposta sul reddito delle persone giuridiche dovuta dalle società cooperative di produzione e lavoro e loro consorzi è ridotta alla metà se l'ammontare delle retribuzioni effettivamente corrisposte ai soci che prestano la loro opera con carattere di continuità è inferiore al sessanta per cento ma non al quaranta per cento dell'ammontare complessivo degli altri costi.

Tenuto conto del fatto che le norme agevolative sono di stretta interpretazione e che le disposizioni in esame nulla prevedono in ordine alla riduzione dell'aliquota agevolata del 19 per cento, si ritiene che l'agevolazione disciplinata dall'ultimo periodo del citato art. 11 non si cumuli con quella in commento, nel senso che l'imposta dovuta dalle società cooperative di produzione e lavoro e loro consorzi, pur ricorrendo le condizioni necessarie per usufruire di entrambe le agevolazioni menzionate, non possa essere determinata riducendo alla metà la citata aliquota del 19 per cento. Per tali categorie di cooperative l'agevolazione di cui all'ultimo periodo dell'art. 11 del D.P.R. n. 601 del 1973 comporta, anche in caso di applicazione dell'agevolazione in esame, l'applicazione di un'aliquota pari alla metà dell'aliquota Irpeg ordinaria del 37 per cento.

 

 

11. Gli acconti

Il comma 12 stabilisce che, per i periodi di imposta di applicazione dell'agevolazione, l'acconto dell'Irpef e dell'Irpeg è calcolato nei modi ordinari, assumendo come imposta del periodo precedente e come imposta del periodo per il quale è dovuto l'acconto quella che si sarebbe applicata in assenza della disciplina agevolativa in esame.

In base a tale previsione, le imprese che fruiscono dell'agevolazione in esame sono comunque tenute a calcolare gli acconti, relativi ai periodi d'imposta 1999, 2000 e 2001, sulla base dell'aliquota non agevolata, ossia al lordo dell'agevolazione.

Gli uffici in indirizzo sono pregati di dare la massima diffusione al contenuto della presente circolare

Il Direttore generale