§ 5.2.22 - L.R. 21 maggio 1980, n. 59.
Norme per gli interventi per il recupero del patrimonio edilizio esistente.


Settore:Codici regionali
Regione:Toscana
Materia:5. assetto e utilizzazione del territorio
Capitolo:5.2 lavori pubblici
Data:21/05/1980
Numero:59


Sommario
Art. 1.  Finalità.
Art. 2.  Definizione degli interventi sul patrimonio edilizio esistente.
Art. 3.  Norme sulla manutenzione straordinaria.
Art. 4.  Interventi ammissibili sul patrimonio edilizio esistente.
Art. 5.  Disciplina degli interventi sul patrimonio edilizio esistente con variante allo strumento urbanistico urgente.
Art. 6.  Contenuto della variante.
Art. 7.  Procedure per consentire nelle zone «A» in assenza di variante, gli interventi di cui alla lettera D2 dello allegato.
Art. 8.  Categorie di degrado.
Art. 9.  Piani di recupero.
Art. 10.  Elaborati del piano di recupero.
Art. 11.  Formazione ed approvazione del piano di recupero.
Art. 12.  Rapporto fra piani di recupero e programmi pluriennali di attuazione.
Art. 13.  Attuazione degli interventi previsti dai piani di recupero.
Art. 14.  Strumenti urbanistici vigenti.
Art. 15.  Rilascio temporaneo degli immobili.
Art. 16.  Oneri di urbanizzazione relativi agli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente.
Art. 17.  Contributi e agevolazioni.
Art. 18.  Disposizioni finanziarie.
Art. 19.  Modifiche alla legge regionale 28 maggio 1975, n. 56.


§ 5.2.22 - L.R. 21 maggio 1980, n. 59. [1]

Norme per gli interventi per il recupero del patrimonio edilizio esistente.

(B.U. 30 maggio 1980, n. 32).

 

Art. 1. Finalità.

     La presente legge disciplina gli Interventi sul patrimonio edilizio esistente.

     Gli interventi sono finalizzati al recupero dell'edificato, al superamento delle condizioni di degrado presenti nelle zone di recupero di cui all'art. 27 della legge 5 agosto 1978 n. 457, nonché a conseguire:

     a) la valorizzazione degli assetti sociali e produttivi esistenti;

     b) le utilizzazioni compatibili rispetto ai caratteri degli immobili, tese al riequilibrio delle funzioni sul territorio;

     c) il soddisfacimento delle esigenze residenziali e il recupero delle attività produttive compatibili;

     d) la dotazione dei servizi pubblici e collettivi e degli standards di legge;

     e) la tutela e la valorizzazione dei caratteri culturali, espressivi, ambientali e di testimonianza storica degli edifici, nonché delle aree di particolare valore paesistico.

 

Titolo I

INTERVENTI SUL PATRIMONIO EDILIZIO ESISTENTE

 

     Art. 2. Definizione degli interventi sul patrimonio edilizio esistente. [2]

 

     Art. 3. Norme sulla manutenzione straordinaria. [3]

 

     Art. 4. Interventi ammissibili sul patrimonio edilizio esistente.

     Nelle zone omogenee classificate A» ai sensi del D.M. 2 aprile 1968 n. 1444 ed in quelle ad esse assimilate dagli strumenti urbanistici vigenti sono consentiti i seguenti interventi sul patrimonio edilizio esistente, ancorché dagli strumenti urbanistici non previsti o subordinati a piano particolareggiato, fermo restando quanto previsto dall'art. 14 della presente legge:

     a) gli interventi di cui alle lettere a), b), e c) dell'articolo 2 della presente legge;

     b) gli interventi di cui alla lettera D1 dello allegato alla presente legge con esclusione di quelli relativi agli immobili oggetto di notifica ai sensi della legge 1 giugno 1939 n. 1089 e agli immobili ad essi assimilati ai sensi del punto 2) del secondo comma del successivo articolo 7.

     Nelle zone omogenee diverse da quelle classificate «A» sono consentiti tutti gli interventi previsti dallo strumento urbanistico, esclusi quelli riguardanti gli edifici oggetto di notifica ai sensi della legge 1.6.39, n. 1089, per i quali sono consentiti unicamente gli interventi di cui alla lettera a) del comma precedente.

     (Omissis) [4].

     Gli interventi di cui al presente articolo non potranno comportare destinazioni d'uso in contrasto con quelle consentite dal vigente strumento urbanistico comunale, o - in mancanza di tali previsioni - destinazioni diverse da quelle in atto al momento di entrata in vigore della presente legge, a meno che, previo parere motivato espresso con deliberazione del Consiglio comunale, soggetta al solo controllo di legittimità di cui all'art. 59 della legge 10.12.1953 n. 62, non sia consentita la destinazione di singoli edifici ad uso pubblico, per attività sanitarie, culturali, ricreative, scolastiche, o a sedi di uffici di enti pubblici. In difetto di specifiche previsioni dello strumento urbanistico comunale, possono essere consentite, con la stessa procedura, anche utilizzazioni ad uso residenziale per singoli immobili o complessi edilizi riconosciuti non più necessari agli usi precedenti, o per parti di edifici in funzione di adeguamenti igienico-funzionali rispetto alla prevalente destinazione residenziale in atto.

     (Omissis) [5].

     Nelle zone di recupero di cui all'art. 27 della legge 5 agosto 1978 n. 457 - ad esclusione che per gli immobili, i complessi edilizi, gli isolati o le aree soggetti al disposto di cui al terzo comma dello stesso articolo - sono consentiti, oltre agli interventi sul patrimonio edilizio esistente previsti dagli ultimi 2 commi del suddetto art. 27, anche quelli di cui al presente articolo ed al seguente articolo 5.

     Per le zone assoggettate al piano di recupero deve inoltre essere osservato il disposto dell'art. 27, ultimo comma della legge 5 agosto 1978 n. 457.

 

     Art. 5. Disciplina degli interventi sul patrimonio edilizio esistente con variante allo strumento urbanistico urgente.

     Al fine di adeguare lo strumento urbanistico alle finalità di cui al precedente articolo 1, i Comuni possono adottare una variante che definisca il complesso degli interventi sul patrimonio edilizio esistente secondo le categorie previste dal precedente articolo 2. Per tale variante non è necessaria l'autorizzazione regionale.

     Con la predetta variante:

     - si procede alla classificazione dei singoli immobili, complessi edilizi, isolati o aree, sulla base di parametri riferiti ai caratteri architettonici e urbanistici, al grado di testimonianza storica, al valore culturale espressivo ed ambientale ed alla tipologia;

     - si indicano le destinazioni d'uso eventualmente incompatibili con i caratteri di cui al precedente alinea, tenuto conto anche delle utilizzazioni in atto e delle esigenze del recupero;

     - si disciplinano per categorie omogenee:

     a) i tipi di intervento ammissibili, in rapporto alle definizioni di cui al precedente articolo 2;

     b) le modalità di attuazione degli interventi, le unità minime degli interventi stessi o i criteri per la loro successiva individuazione, le tecnologie;

     c) i parametri per gli standards edilizi e tipologici, igienico- funzionali e tecnologici.

     In presenza di particolari caratteristiche tipologiche ed espressive degli edifici, al solo scopo di agevolare il mantenimento delle funzioni residenziali in atto, o l'eventuale recupero delle stesse nel rispetto delle caratteristiche, la variante di cui al comma precedente può prevedere deroghe alle vigenti disposizioni in materia di altezze minime interpiano e di standards tecnologici e igienico sanitari.

     (Omissis) [6].

     La classificazione e la disciplina normativa di cui ai precedenti commi, potranno essere disposte con atti separati ciascuno dei quali riguardanti una o più zone, o parti di esse, purché costituenti ambiti unitari organici.

     Potranno essere prescritti, per i vari tipi di interventi sul patrimonio edilizio esistente, particolari materiali, tipologie o modalità costruttive in relazione alle peculiarità dei relativi centri abitati e alle opere di cui alle categorie di intervento di cui all'art. 2.

     (Omissis) [7].

 

     Art. 6. Contenuto della variante.

     L'atto di cui all'articolo precedente è formato da:

     A) una relazione illustrativa dei dati conoscitivi dei criteri di base della classificazione e della normativa dello stato dei servizi e delle infrastrutture urbane esistenti, degli obiettivi e delle finalità di cui al secondo comma del precedente articolo 1. In caso di degrado ambientale per la presenza di fenomeni di dissesto idrogeologico, la relazione sarà corredata da perizia tecnica a firma di geologo abilitato all'esercizio professionale e dal progetto di massima degli interventi di consolidamento;

     b) una cartografia in scala 1:1.000/1:2.000 sulla quale sono riportati distintamente la classificazione, i tipi di intervento ammissibili e le destinazioni consentite;

     c) l'elenco degli immobili, nonché dei complessi edilizi e delle aree di rilevante valore storico, artistico, ambientale, anche in rapporto alle notificazioni di cui alla legge 1 giugno 1939, n. 1089 e agli ambiti assoggettati alla legge 29 giugno 1939, n. 1497;

     d) l'elenco delle costruzioni esistenti nelle zone agricole che sono ritenute, ai sensi dello ultimo comma dell'articolo 1 della legge regionale 19 febbraio 1979, n. 10 di particolare valore culturale o ambientale;

     e) gli elementi costituenti l'arredo urbano da salvaguardare e valorizzare;

     f) le norme di attuazione degli interventi previsti.

 

     Art. 7. Procedure per consentire nelle zone «A» in assenza di variante, gli interventi di cui alla lettera D2 dello allegato.

     Gli interventi di cui alla lettera D2 dell'allegato alla presente legge possono essere attuati nei singoli immobili o complessi edilizi ricadenti nelle zone omogenee classificate «A» e in quelle ad esse assimilate dai vigenti strumenti urbanistici; anche in assenza della variante di cui al precedente articolo 5, fatta eccezione per quegli immobili e complessi edilizi compresi in elenchi appositamente redatti dai Comuni.

     Nei precedenti elenchi sono inclusi gli immobili, i complessi edilizi e le zone edificate aventi carattere architettonico e urbanistico significativo per testimonianza storica, per valore culturale ed ambientale, per connotazione tipologica o di aggregazione, effettuandosi, fra tali immobili, la seguente distinzione:

     1) immobili dichiarati di interesse storico o artistico ai sensi della L. 1 giugno 1939, n. 1089;

     2) quelli di speciale interesse, parificati, agli effetti dell'articolo 4 della presente legge, agli immobili suddetti;

     3) immobili o complessi edilizi diversi da quelli precedenti.

     Dell'elenco possono far parte anche in singoli immobili e complessi edilizi ricadenti in zone omogenee classificate in modo diverso dalle «A» nei vigenti strumenti urbanistici, quando essi abbiano caratteri architettonici e urbanistici analoghi a quelli di cui al secondo comma del presente articolo [8].

     Negli immobili di cui ai punti 1) e 2) possono attuarsi gli interventi indicati alla lettera a) del precedente articolo 4.

     Gli elenchi sono approvati con la procedura prevista per le varianti agli strumenti urbanistici [9].

     (Omissis) [10].

     Gli interventi di cui alla lettera D2 dell'allegato alla presente legge sono consentiti negli immobili o complessi edilizi ricadenti nelle zone omogenee classificate «A» o in quelle ad esse assimilate dai vigenti strumenti urbanistici, che non siano compresi nei suddetti elenchi, solo dopo l'approvazione definitiva degli elenchi stessi [11].

 

Titolo II

ZONE DI RECUPERO E DISCIPLINA DEI PIANI DI RECUPERO

 

     Art. 8. Categorie di degrado.

     Agli effetti della individuazione delle zone di recupero di cui all'art. 27 della legge 5 agosto 1978 n. 457 sono definite le seguenti categorie di degrado:

     a) degrado urbanistico, ove vi sia carenza della funzionalità dell'impianto urbano dovuta a insufficienza degli standards di cui al D.M. 2 aprile 1968 n. 1444, o delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria;

     b) degrado fisico, ove le condizioni d'uso dei singoli edifici o complessi edilizi siano ridotte a causa delle precarie condizioni di staticità connesse all'usura del tempo o ad inadeguate tecniche costruttive rispetto alla funzione dell'immobile, ovvero a causa della fatiscenza delle strutture e delle finiture, della inadeguatezza tipologica rispetto alle esigenze funzionali, della carenza o inadeguatezza degli impianti tecnologici;

     c) degrado igienico, ove vi sia mancanza o insufficienza degli impianti igienico-sanitari, sia come dotazione che come organizzazione funzionale, o insufficiente aerazione e illuminazione diurna, nonché ridotte condizioni di abitabilità e di utilizzazione in relazione allo impianto planivolumetrico o alla presenza di condizioni generali di umidità;

     d) degrado socio-economico, ove sussistano condizioni di abbandono, di sotto utilizzazione o sovraffollamento degli immobili, o - comunque - vi sia impropria utilizzazione degli stessi, ovvero sussistano strutture produttive non compatibili con le preesistenti funzioni residenziali, o siano presenti fenomeni comportanti la sostituzione del tessuto sociale e delle forme produttive ad esso integrate;

     e) degrado geofisico, in presenza di fenomeni di dissesto idrogeologico richiedenti complessi interventi di consolidamento dei substrati dell'abitato, di aree, libere impropriamente utilizzate o su cui insistono ruderi di edifici distrutti da eventi naturali o artificiali, di superfetazioni che alterino la morfologia e l'impianto storico- architettonico dell'immobile, del complesso edilizio o dell'impianto urbano, nonché nei casi di impropria utilizzazione, abbandono o impoverimento fisico delle aree libere urbane ed extraurbane.

 

     Art. 9. Piani di recupero.

     All'interno delle zone di recupero, gli immobili, i complessi edilizi, gli isolati e le aree per le quali il rilascio della concessione è subordinato alla formazione dei piani di recupero di cui all'articolo 28 della legge 5 agosto 1978 n. 457 sono individuati dal Comune con deliberazione consiliare soggetta al solo controllo di legittimità di cui all'articolo 59 della legge 10 febbraio 1953 n. 62. Tale deliberazione può essere presa anche contestualmente a quella di adozione del piano di recupero.

     Il Comune procede alla individuazione di cui al comma precedente in relazione alle condizioni di cui al precedente articolo.

     Proposte di piani di recupero di cui al primo comma possono essere presentate anche dai proprietari qualora rappresentino, in base all'imponibile catastale, almeno i tre quarti del valore degli immobili interessati. Ai piani di recupero di iniziativa dei privati si applicano le disposizioni di cui all'art. 10 della legge 5 agosto 1978, n. 457.

     Il piano di recupero prevede la disciplina per il recupero degli immobili, dei complessi edilizi degli isolati e delle aree di cui al primo comma del presente articolo.

     In particolare esso può indicare:

     - gli assetti di massima degli edifici;

     - gli eventuali edifici o spazi riservati ad opere, attrezzature o impianti di interesse pubblico;

     - gli interventi di rilevante e preminente interesse pubblico;

     - gli edifici, o le parti di essi, eventualmente destinati alla demolizione;

     - le unità minime di intervento;

     - i tipi edilizi e le eventuali tecnologie;

     - le modalità, i tempi di attuazione, le finalità degli interventi e le eventuali convenzioni tipo;

     - gli interventi alla cui attuazione siano tenuti i proprietari e quelli ai quali deve provvedere il Comune;

     - le modalità sostitutive da parte del Comune nel caso di inadempienza dei privati tenuti all'attuazione degli interventi.

 

     Art. 10. Elaborati del piano di recupero.

     Fanno parte del piano di recupero i seguenti elaborati:

     a) descrizione storica, fisica, sociale e patrimoniale dell'immobile o degli immobili assoggettati al piano, con elenco dei proprietari e piano particellare delle proprietà da espropriare o sottoposte a particolari vincoli, nonché con planimetria in scala 1:200 indicante lo stato attuale delle funzioni e le carenze igienico-sanitarie, strutturali e tecnologiche;

     b) relazione illustrativa degli obiettivi del piano e delle modalità di conseguimento, corredata dalle norme tecniche di attuazione, dalle planimetrie in scala adeguata contenenti l'eventuale rilievo degli immobili e delle aree e indicanti i tipi di intervento, le unità minime di interventi, le nuove unità abitative e funzionali, le eventuali destinazioni d'uso diverse da quelle residenziali, gli interventi di preminente e rilevante interesse pubblico; la relazione individua inoltre i soggetti operatori e le eventuali modalità di convenzionamento. In caso di degrado ambientale per la presenza di fenomeni di dissesto idrogeologico, la relazione sarà corredata da perizia tecnica a firma di geologo abilitato all'esercizio professionale ed il progetto di massima degli interventi di consolidamento;

     c) le eventuali convenzioni-tipo;

     d) relazione di previsione di massima delle spese occorrenti per l'eventuale acquisizione di aree, immobili o porzioni di essi e per le sistemazioni generali necessarie per l'attuazione del piano;

     e) programma di attuazione e di coordinamento degli atti e degli interventi necessari a realizzare il piano.

     Qualora il piano di recupero interessi immobili, complessi edilizi o aree ricadenti sotto il vincolo di cui alla legge 29 giugno 1939, n. 1497, esso dovrà essere redatto - per le parti oggetto del vincolo stesso - nelle forme di cui al terzo comma dell'articolo 3 della legge regionale 2 novembre 1979 n. 52.

 

     Art. 11. Formazione ed approvazione del piano di recupero.

     (Omissis) [12].

 

     Art. 12. Rapporto fra piani di recupero e programmi pluriennali di attuazione.

     (Omissis) [13].

 

     Art. 13. Attuazione degli interventi previsti dai piani di recupero.

     All'attuazione dei piani di recupero provvedono i Comuni nei seguenti casi:

     a) per gli interventi che essi intendono eseguire direttamente per il recupero del patrimonio edilizio degli enti pubblici, anche avvalendosi degli istituti autonomi per le case popolari;

     b) per gli interventi di adeguamento delle urbanizzazioni;

     c) per gli interventi di rilevante e preminente interesse pubblico, anche mediante il convenzionamento con i privati.

     L'approvazione dei piani di recupero equivale a dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza di tutte le opere riguardanti gli interventi di cui alle lett. b) e c) del precedente comma. I Comuni possono affidare la realizzazione delle opere di urbanizzazione ai proprietari singoli o riuniti in consorzio, che eseguono gli interventi previsti dai piani di recupero.

     Gli interventi di cui alla lett. c) sono individuati come tali dal piano di recupero, sulla base di congrue ed espresse motivazioni.

     All'attuazione degli interventi che non competono al Comune a norma del primo comma, del presente articolo, provvedono i proprietari degli immobili e delle aree, singoli o riuniti in consorzio.

     I proprietari, singoli o riuniti in consorzio, possono altresì chiedere di realizzare, mediante convenzionamento con il Comune, gli interventi di rilevante e preminente interesse pubblico previsti dal piano di recupero ai quali siano interessate le loro aree ed i loro immobili.

     In caso di inerzia dei proprietari, trascorsi i tempi previsti dal piano di recupero, il Comune, previa diffida ad iniziare i lavori entro il termine di un anno, ha la facoltà di provvedere all'esecuzione delle opere previste dal piano, mediante occupazione temporanea, con diritto di rivalsa delle spese sostenute, nei confronti dei proprietari.

     Nei Comuni esonerati dall'obbligo di dotarsi di programmi pluriennali di attuazione ai sensi dell'art. 3 della legge regionale 24 agosto 1977, n. 60 gli interventi che secondo i piani di recupero devono essere attuati dai privati, in caso di inerzia dei medesimi, possono essere attuati dal Comune mediante esproprio. L'esproprio può aver luogo solo dopo che il Comune abbia diffidato i proprietari delle unità minime di intervento a dare corso alle opere previste dal piano di recupero con inizio delle stesse in un termine non inferiore ad un anno.

     Per i Comuni che adottano i programmi pluriennali di attuazione, ai sensi dell'art. 13 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, la diffida di cui al comma precedente può effettuarsi, ai fini dell'esproprio, soltanto una volta decorso il termine di scadenza del programma nel quale ciascun piano di recupero approvato viene incluso.

     Alle occupazioni ed alle espropriazioni di cui al presente articolo si applicano le disposizioni di cui al Titolo II della legge 22 ottobre 1971, n. 865 e successive modificazioni.

 

Titolo III

NORME FINALI

 

     Art. 14. Strumenti urbanistici vigenti.

     I piani particolareggiati, i piani per l'edilizia economica e popolare e le varianti agli strumenti urbanistici generali finalizzati a regolamentare gli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente, approvati alla data di entrata in vigore della presente legge, sono fatti salvi nei confronti delle presenti norme, fermo restando il disposto dell'art. 34 della legge 5 agosto 1978, n. 457.

 

     Art. 15. Rilascio temporaneo degli immobili.

     Per il trasferimento e la sistemazione temporanea delle famiglie che abitano in immobili nei quali l'intervento di recupero è realizzato dal Comune, questo provvede:

     a) utilizzando la riserva di alloggi di cui all'art. 10 del D.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035;

     b) utilizzando, anche attraverso l'acquisto di alloggi esistenti, i fondi che saranno determinati dalla Regione ai sensi dell'art. 29, legge 5 agosto 1978, n. 457.

 

     Art. 16. Oneri di urbanizzazione relativi agli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente. [14]

 

     Art. 17. Contributi e agevolazioni.

     Per agevolare la formazione delle varianti di cui al precedente art. 5 e dei piani di recupero di iniziativa comunale, la Regione concede ai Comuni interessati contributi ai sensi dell'art. 2 della Legge regionale 17 gennaio 1973, n. 8 e successive modificazioni.

     Ai Comuni che provvedano entro la data del 31 ottobre 1982 alla redazione e alla adozione degli elenchi di cui al precedente art. 7 o di quelli di cui all'ultimo comma dell'art. 1 della L.R. 19-2-1979 n. 10 la Regione concede il rimborso del 90% delle spese occorse per la redazione degli elenchi stessi, fino ad un massimo di L. 10 milioni per ogni Comune.

     Il rimborso è erogato dopo l'approvazione dell'elenco o degli elenchi, da parte della Regione.

     Al rimborso provvede la Giunta regionale con proprio atto deliberativo [15].

     I contributi ed i rimborsi di cui ai precedenti comma possono riguardare le spese incontrate dai Comuni per rilievi, ricerche storiche e documentazione; le spese occorse per l'acquisizione di dati conoscitivi relativi al patrimonio edilizio esistente, ivi compresi i rilievi aerofotogrammetrici, e le spese concernenti eventuali incarichi professionali commissionati dai Comuni.

     Delle suddette spese i Comuni forniscono documentazione con la domanda di rimborso [16].

     Al fine di favorire interventi di recupero sul patrimonio edilizio esistente, la Regione promuove convenzioni con istituti di credito per la concessione di mutui a tasso agevolato ai Comuni e ai privati.

 

     Art. 18. Disposizioni finanziarie. [17]

     All'onere derivante dall'applicazione della presente legge è fatto fronte, per l'anno 1982, con i fondi iscritti al Cap. 41160 del bilancio del corrente esercizio di cui viene modificata la dizione come segue:

     Rimborso ai Comuni delle spese per la redazione degli elenchi di cui all'art. 7 della L.R. 21-5-1980, n. 59 e all'art. 1, ultimo comma, della L.R. 19-2-1979, n. 10.

     Per gli anni successivi l'onere sarà determinato dalle singole leggi di bilancio.

 

     Art. 19. Modifiche alla legge regionale 28 maggio 1975, n. 56.

     All'articolo unico della legge regionale 28 maggio 1975, n. 56, modificato con Legge regionale 19 agosto 1976, n. 56, recante norme per gli interventi nei centri storici, sono apportate le seguenti modifiche.

     I commi secondo e terzo sono abrogati.

     Il primo periodo del quarto comma è così sostituito:

     «Gli interventi di recupero sul patrimonio edilizio esistente compresi quelli non previsti dall'art. 4 della Legge regionale sulla "Disciplina degli interventi sul patrimonio edilizio esistente" possono essere effettuati anche attraverso i seguenti strumenti attuativi di piani regolatori generali e programmi di fabbricazione».

     Gli ultimi due commi sono abrogati.

 

Allegato [18]

DEFINIZIONE DEGLI INTERVENTI SUL PATRIMONIO EDILIZIO ESISTENTE

A) Manutenzione ordinaria

     [Gli interventi di manutenzione ordinaria sono quelli che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie a integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti.

     Tali interventi non possono comunque comportare modifiche o alterazioni agli elementi architettonici o decorativi degli edifici].

B) Manutenzione straordinaria

     [Gli interventi di manutenzione straordinaria sono costituiti dalle opere e dalle modifiche necessarie per rinnovare e sostituire le parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni d'uso.

     Tali opere e modifiche non potranno comunque comportare alterazioni alle strutture orizzontali o a quelle verticali aventi carattere strutturale, né potranno comportare alterazioni del carattere architettonico dell'edificio.

     Sono interventi di manutenzione straordinaria le seguenti opere, quando siano eseguite con materiali, caratteri o colori diversi da quelli esistenti.

     1) rifacimento di intonaci e coloriture esterne;

     2) rifacimento degli infissi esterni;

     3) rifacimento della sistemazione esterna;

     4) rifacimento dei pavimenti o rivestimenti interni ed esterni;

     5) rifacimento del manto di copertura.

     In particolare sono considerati interventi di manutenzione straordinaria quelli sottoelencati, quando comportino esecuzione di opere murarie:

     6) rifacimento o installazione di materiali di isolamento:

     7) rifacimento o installazione di impianti di riscaldamento o raffreddamento;

     8) rifacimento o installazione di impianti di ascensore o montacarichi;

     9) rifacimento o installazione di impianti di accumulazione o sollevamento idrico;

     10) rifacimento di impianti igienico sanitari.

     Sono comunque considerate interventi di manutenzione straordinaria le seguenti opere;

     11) installazione di impianti igienico-sanitari ricavati nell'ambito del volume dell'unità immobiliare;

     12) realizzazione di chiusure o di aperture interne che non modifichino lo schema distributivo;

     13) consolidamento delle strutture di fondazione o di elevazione;

     14) costruzione di vespai o scannafossi].

C) Restauro e risanamento conservativo

     [Gli interventi di restauro e di risanamento conservativo sono quelli rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio].

D) Ristrutturazione edilizia

     [Gli interventi di ristrutturazione edilizia sono quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente.

     Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, la eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti.

     Le opere di ristrutturazione edilizia si suddividono nelle seguenti categorie:

     D1 - Opere che comportino anche la riorganizzazione funzionale interna delle singole unità immobiliari, senza che ne siano alterati i volumi e le superfici, con modifiche agli elementi verticali non strutturali, e fermi restando i caratteri architettonici e decorativi dell'edificio, nonché gli elementi costituenti arredo urbano.

     D2 - Le opere che, anche in deroga agli artt. 7, 8 e 9 del D.M. 2.4.1968 n. 1444, comportino la riorganizzazione funzionale interna delle singole unità immobiliari e il loro adeguamento igienico-sanitario, con modifiche non incidenti anche sugli elementi verticali strutturali per:

     - costruzione di servizi igienici in ampliamento alla volumetria esistente;

     - rialzamento dell'ultimo piano, nel caso che questo risulti abitato e senza che si costituiscano nuove unità immobiliari;

     - ristrutturazione e destinazione residenziale di volumi destinati ad altri usi.

     D3 - Opere che comportino la ristrutturazione e la modifica anche degli elementi strutturali orizzontali dell'edificio, fino allo svuotamento dell'involucro edilizio].

E) Ristrutturazione urbanistica

     [Gli interventi di ristrutturazione urbanistica sono quelli rivolti a sostituire l'esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso mediante un insieme sistematico di interventi edilizi anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale.

     Le opere di ristrutturazione urbanistica si suddividono nelle seguenti categorie:

     - Opere che comportino la complessiva riorganizzazione distributiva e funzionale, nonché di quella planivolumetrica, del singolo edificio, anche attraverso opere di parziale o totale demolizione e ricostruzione del volume originario, fermi restando i preesistenti rapporti urbanistici.

     - Le opere rivolte alla sostituzione e alla modifica del tessuto edilizio e urbanistico esistente. Vi sono comprese la demolizione degli edifici, o di parte di essi, non compatibili dal punto di vista morfologico e ambientale o funzionale con l'insieme del tessuto urbanistico-edilizio, o la ricostruzione, parziale o totale, di edifici distrutti per eventi naturali o bellici].

 

 


[1] Legge abrogata dall’art. 203 della L.R. 3 gennaio 2005, n. 1, con la decorrenza ivi indicata.

[2] Articolo abrogato dall'art. 45 della L.R. 14 ottobre 1999, n. 52.

[3] Articolo abrogato dall'art. 45 della L.R. 14 ottobre 1999, n. 52.

[4] Comma abrogato dall'art. 10 della L.R. 14 aprile 1995, n. 64.

[5] Comma abrogato dall'art. 10 della L.R. 14 aprile 1995, n. 64.

[6] Comma abrogato con art. 41 L.R. 16 gennaio 1995, n. 5.

[7] Comma abrogato con art. 41 L.R. 16 gennaio 1995, n. 5.

[8] Comma così modificato dall'art. 11 della L.R. 14 aprile 1995, n. 64.

[9] Comma così modificato con art. 41 L.R. 16 gennaio 1995, n. 5.

[10] Comma abrogato con art. 41 L.R. 16 gennaio 1995, n. 5.

[11] Comma così modificato con art. 41 L.R. 16 gennaio 1995, n. 5.

[12] Articolo abrogato con art. 41 L.R. 16 gennaio 1995, n. 5.

[13] Articolo abrogato con art. 41 L.R. 16 gennaio 1995, n. 5.

[14] Articolo abrogato dall'art. 45 della L.R. 14 ottobre 1999, n. 52.

[15] Il secondo comma del presente articolo, già modificato con LL.RR. 19 agosto 1981, n. 64 e 25 gennaio 1982, n. 7 (pubblicate, rispettivamente, nei BB.UU. 28 agosto 1981 n. 46 e 2 febbraio 1982, n. 6, parte prima) è stato così sostituito con L.R. 29 novembre 1982, n. 83, art. 1 (pubblicata nel B.U. 7 dicembre 1982, n. 64, parte prima).

[16] Il terzo comma del presente articolo è stato così sostituito con L.R. 29 novembre 1982, n. 83, cit.

[17] Articolo così sostituito con L.R. 29 novembre 1982, n. 83, cit., art. 2.

[18] Allegato abrogato dall'art. 45 della L.R. 14 ottobre 1999, n. 52, fatto salvo quanto previsto dal comma 3, art. 44 della stessa L.R. 14 ottobre 1999, n. 52.