§ 5.2.4 - L.R. 25 marzo 1977, n. 28.
Disciplina dei consultori familiari


Settore:Codici regionali
Regione:Veneto
Materia:5. sviluppo sociale
Capitolo:5.2 assistenza sociale
Data:25/03/1977
Numero:28


Sommario
Art. 1.  Finalità della legge.
Art. 2.  Funzioni del consultorio familiare.
Art. 3.  Forme di attività.
Art. 4.  Requisiti dei consultori familiari.
Art. 5.  Il comitato di partecipazione.
Art. 6.  L'orario.
Art. 7.  Requisiti e modalità di funzionamento del gruppo di lavoro.
Art. 8.  L'Assunzione e l'utilizzazione del personale.
Art. 9.  Modalità di esercizio dell'assistenza.
Art. 10.  Rapporti con le condotte mediche e ostetriche.
Art. 11.  Rapporto con gli enti ospedalieri.
Art. 12.  Assegnazione di personale e di sedi già dell'O.N.M.I.
Art. 13.  Classificazione dei consultori familiari.
Art. 14.  I consultori familiari pubblici.
Art. 15.  I consultori familiari riconosciuti.
Art. 16.  I consultori familiari riconosciuti e convenzionati.
Art. 17.  Elenco dei consultori familiari riconosciuti.
Art. 18.  La programmazione territoriale.
Art. 19.  La programmazione economica.
Art. 20.  La programmazione dei corsi di qualificazione.
Art. 21.  U.L.S.S.S.
Art. 22.  Disposizioni transitorie.
Art. 23.  Funzioni del personale dipendente dai consultori familiari.
Art. 24.  Finanziamento.
Art. 25.      La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell'art. 44 dello Statuto regionale ed entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione Veneta


§ 5.2.4 - L.R. 25 marzo 1977, n. 28.

Disciplina dei consultori familiari

(B.U. 28 marzo 1977, n. 14).

 

Titolo I

IL CONSULTORIO FAMILIARE

 

Art. 1. Finalità della legge.

     La Regione del Veneto, allo scopo di realizzare il servizio di consulenza e di assistenza al singolo, alla coppia e alla famiglia, in atto o in via di formazione, secondo le finalità indicate all'art. 1 della legge 29 luglio 1975, n. 405, e nel quadro del riordino previsto dalla legge sulla maternità e infanzia 23 dicembre 1975, n. 698, e della legislazione regionale vigente, con la presente legge, disciplina l'istituzione dei consultori familiari sul proprio territorio.

 

     Art. 2. Funzioni del consultorio familiare.

     Per il conseguimento delle finalità richiamate al precedente articolo, il consultorio familiare, nel rispetto dei principi etici degli utenti e delle loro convinzioni personali, opera:

     1) mediante l'organizzazione di attività tendenti alla diffusione dell'informazione sessuale e alla divulgazione delle conoscenze scientifiche e psico-sociali sulla problematica della coppia, del singolo, della famiglia, della gravidanza, della paternità e maternità responsabili nonché della infanzia dei minori;

     2) mediante interventi di assistenza diretta, nei confronti sia dei singoli che del gruppo familiare:

     a) sotto il profilo psicologico, pedagogico, sociale e legale in ordine ai problemi personali e interpersonali insorgenti da un rapporto di convivenza o da uno stato di gravidanza;

     b) sotto il profilo sanitario in vista della tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento, con particolare riferimento agli affinazione e cura dei fattori patologici connessi alla sessualità e alla sterilità, alla consulenza di genetica medica per la prevenzione delle malattie ereditarie, alla diagnosi precoce delle gravidanze e alla selezione di quella a rischio;

     3) consigliando e/o somministrando i mezzi necessari per conseguire liberamente le finalità scelte dalla coppia e dal singolo al fine di promuovere o prevenire la gravidanza;

     4) fornendo la propria consulenza e assistenza psicologica e sociale in caso d'interruzione della gravidanza nei modi previsti dalla legge;

     5) collaborando con gli organi giudiziari nell'espletamento delle loro funzioni nei riguardi della famiglia e della problematica minorile, con particolare riferimento agli affidamenti preadottivi, all'adozione e ai servizi integrativi e sostitutivi della famiglia.

     I consultori familiari sono un servizio dell'U.L.S.S.S. e agiscono in collegamento con gli altri servizi socio-sanitari esistenti nel territorio.

 

     Art. 3. Forme di attività.

     L'attività del consultorio familiare è svolta in forma interdisciplinare sia in sede che all'esterno anche in modo itinerante.

     In particolare, le attività previste al punto 1) del precedente articolo sono svolte, in accordo con gli enti e organismi interessati, anche attraverso la promozione di indagini conoscitive e l'organizzazione di cicli di conferenze, di dibattiti e di corsi scolastici nei luoghi di lavoro, nelle sedi di quartiere e degli istituti scolastici e in altre sedi idonee.

     Per lo svolgimento delle funzioni di cui al precedente comma, il consultorio familiare può utilizzare insegnanti o esperti a tale scopo eventualmente destinati dai competenti organismi presso le strutture consultoriali.

 

     Art. 4. Requisiti dei consultori familiari.

     Per lo svolgimento della sua attività il consultorio familiare deve essere dotato almeno:

     a) di una sede fornita di locali e delle attrezzature indispensabili per il conseguimento delle proprie finalità e ubicata in modo da rispondere a criteri di accessibilità per la popolazione servita;

     b) di un gruppo di lavoro operante collegialmente e composto da uno psicologo, da un medico specializzato in ginecologia e da un assistente sociale, aventi ciascuno le funzioni di consulente familiare, oltre che da un infermiere professionale o un assistente sanitaria od ostetrica.

     Il gruppo di lavoro può essere inoltre integrato da esperti di altre discipline quali la medicina, la psichiatria, la genetica, la pedagogia, la giurisprudenza, ecc. Per l'esercizio dell'attività di consulenza e assistenza presso i consultori familiari sono richiesti titoli e le abilitazioni previsti dall'art. 3 della legge 29 luglio 1975, n. 405.

     In ogni caso l'organizzazione del consultorio familiare deve garantire un servizio che consenta all'utente condizioni di piena libertà.

 

     Art. 5. Il comitato di partecipazione.

     All'indirizzo e al controllo della gestione del consultorio familiare sotto il profilo della rispondenza del servizio alle esigenze sociali partecipa un comitato formato da non più di 15 rappresentanti degli utenti e delle organizzazioni sociali e sindacali presenti nella zona con particolare riferimento agli organismi di decentramento comunale, ai movimenti femminili, agli organi collegiali della scuola, ai consigli di fabbrica e agli operatori del servizio.

     La composizione, la nomina, le funzioni del comitato, nei limiti del precedente comma e per quanto non previsto dalla presente legge, sono disciplinate dal regolamento dell'U.L.S.S., sentiti gli organismi interessati.

 

     Art. 6. L'orario.

     L'orario di apertura e chiusura è fissato in modo da garantire la fruizione del servizio da parte di tutta la popolazione, con particolare riferimento alle caratteristiche della località e alla tipologia prevalente degli insediamenti residenziali e produttivi e ad altre specifiche esigenze sociali.

 

     Art. 7. Requisiti e modalità di funzionamento del gruppo di lavoro.

     I componenti del gruppo di lavoro, di cui alla lett. b) dell'art. 4:

     a) provvedono collegialmente all'impostazione e all'organizzazione dell'attività del consultorio familiare in collaborazione con il comitato di partecipazione;

     b) sono tenuti a essere presenti alle riunioni del comitato di partecipazione cui siano stati invitati e ai corsi di formazione e aggiornamento permanente istituiti o riconosciuti dalla Regione.

     Il coordinatore del consultorio familiare, scelto tra i consulenti familiari di cui alla lett. b) del precedente art. 4, è incaricato a tempo indeterminato dall'U L S.S.S competente, sentito il comitato di partecipazione, e può essere sostituito nell'incarico con la stessa procedura.

 

     Art. 8. L'Assunzione e l'utilizzazione del personale.

     L'assunzione del personale di cui alla lett. b) del precedente art. 4 e le modalità di esecuzione delle rispettive prestazioni professionali sono deliberate dall'ente o istituzione pubblica o privata da cui dipende il consultorio familiare, sentito il comitato di cui all'art. 5 della presente legge.

     Il personale di cui al comma precedente svolge la sua attività a tempo pieno o definito o a prestazione professionale in rapporto alle necessità del consultorio familiare.

     Il consultorio familiare nell'esplicazione della propria attività può avvalersi del personale dei distretti sanitari, degli uffici sanitari comunali e consorziali, delle condotte mediche e ostetriche e delle altre strutture di base sociali, psicologiche, sanitarie e assistenziali.

     Gli operatori del consultorio familiare sono tenuti al segreto professionale.

 

     Art. 9. Modalità di esercizio dell'assistenza.

     L'esecuzione delle prestazioni necessarie all'attività consultoriale e l'attribuzione degli oneri per le prestazioni farmaceutiche avviene a norma dell'art. 4 della legge 29 luglio 1975, n. 405.

     Per gli esami di laboratorio, per quelli radiologici e per ogni altra ricerca strumentale i consultori familiari si avvalgono degli ospedali, dei laboratori provinciali, dei dispensari provinciali e dei presidi specialistici degli enti di assistenza sanitaria operanti nel territorio di competenza dell'Unità Locale Socio-Sanitaria, ove ha sede il consultorio familiare.

 

     Art. 10. Rapporti con le condotte mediche e ostetriche.

     I medici e le ostetriche condotte, su conforme deliberazione del rispettivo Comune o Consorzio, qualora richiesti ai sensi del precedente art. 8, sono tenuti a fornire le loro prestazioni, in posizione di comando, anche a favore del consultorio familiare operante nel proprio territorio per un orario da definirsi in rapporto alle effettive esigenze.

 

     Art. 11. Rapporto con gli enti ospedalieri.

     Gli enti ospedalieri nel territorio di competenza delle Unità Locali Socio-Sanitarie, ove ha sede il consultorio familiare, su richiesta della stessa, sono tenuti a a mettere a disposizione del consultorio familiare i medici specialisti richiesti a norma del precedente articolo.

     Tali specialisti dovranno prestare la loro opera nell'ambito delle strutture consultoriali in posizione di comando e per un orario da concordarsi tra ente ospedaliero e Unità Locali Socio-Sanitarie.

 

     Art. 12. Assegnazione di personale e di sedi già dell'O.N.M.I.

     Il personale addetto ai consultori familiari e le sedi, con i relativi arredamenti e attrezzature, già dell'O.N.M.I., ora trasferiti ai Comuni con legge 23 dicembre 1975, n. 698, possono essere messi a disposizione dell'Unità locale socio-sanitaria costituita nel territorio di competenza del Comune interessato, la quale provvederà alla loro destinazione anche assegnandoli in tutto o in parte al proprio consultorio familiare. Fino all'entrata in funzione delle Unità locali socio-sanitarie, l'esercizio della facoltà di cui al comma precedente è attribuito al Comune destinatario dei beni trasferiti.

 

Titolo II

PLURALlTA' DI CONSULTORI FAMILIARI

 

     Art. 13. Classificazione dei consultori familiari.

     Fermo restando il principio che l'esercizio dell'assistenza consultoriale è sempre consentito, per l'espletamento delle funzioni di cui all'art. 2 e secondo le finalità dell'art. 1 della presente legge, sono previsti:

     a) consultori familiari pubblici quali servizi diretti delle Unità locali socio-sanitarie;

     b) consultori familiari riconosciuti dalla Regione appartenenti a enti o istituzioni pubbliche o private, che abbiano finalità sociali, sanitarie e assistenziali senza scopo di lucro;

     c) consultori familiari riconosciuti dalla Regione e convenzionati con le Unità locali socio-sanitarie.

 

     Art. 14. I consultori familiari pubblici.

     Il consultorio familiare, di cui alla lett. a) del precedente articolo, è un servizio dipendente dalle Unità locali socio-sanitarie, il cui funzionamento avviene secondo la normativa, di cui al primo titolo della presente legge, integrata da un regolamento deliberato dalla stessa Unità locale sociosanitaria, previo parere del comitato di cui all'art. 5 della presente legge.

     In particolare il regolamento deve contenere norme riguardanti:

     a) l'organizzazione del consultorio familiare;

     b) i posti che, distinti per numero, qualifica e funzione, devono essere recepiti nell'organico dell'Unità locale socio-sanitaria;

     c) l'amministrazione del personale e dei beni del consultorio familiare, la quale spetta in ogni caso ai competenti organi dell'Unità locale socio-sanitaria;

     d) gli atti da sottoporre al preventivo parere del comitato di cui all'art. 5 della presente legge, fra cui la determinazione dell'orario complessivo e quello di apertura e chiusura del consultorio familiare;

     e) le modalità di funzionamento del comitato di partecipazione ai sensi dell'art. 5 della presente legge.

 

     Art. 15. I consultori familiari riconosciuti. [1]

     I consultori familiari, di cui alla lett. b) dell'art. 13 della presente legge, sono organismi riconosciuti dalla Regione come idonei a svolgere una funzione pubblicamente rilevante secondo le finalità dell'art. 1 della presente legge.

     Tale riconoscimento è rilasciato quando il consultorio familiare, oltre ai requisiti previsti dal punto b) dell'art. 2 della legge 29 luglio 1975, n. 405, e a quelli previsti dall'art. 4 della presente legge, garantisca l'espletamento delle funzioni previste dall'art. 2 della presente legge e abbia un'esperienza operativa di almeno due anni certificata da pubblico atto.

     La Regione Veneto può concedere contributi ai consultori familiari riconosciuti, non convenzionati con l'Unità locale socio-sanitaria, e che non perseguano fini di lucro, assicurando la gratuità delle prestazioni.

     Per ottenere contributi gli organi interessati devono presentare, ogni anno, entro il 31 gennaio, a pena di decadenza, apposita domanda corredata:

     a) del programma delle iniziative da attuare entro l'anno;

     b) del resoconto dell'attività svolta nell'anno precedente.

     Il contributo annuo è quantificato in L. 24.000.000; per l'anno 1984 le domande per ottenere il contributo vanno presentate alla Giunta regionale entro 30 giorni dall'entrata in vigore della presente legge [2].

     La copertura della spesa trova collocazione nel fondo regionale annuale per i servizi sociali di cui alla legge regionale 15 dicembre 1982, n. 55.

 

     Art. 16. I consultori familiari riconosciuti e convenzionati.

     L'Unità locale socio-sanitaria competente per territorio può convenzionarsi con i consultori familiari riconosciuti ai sensi del precedente art. 15. Tale convenzione dovrà avere per oggetto il programma di attività, le modalità di accertamento del numero di utenti e di interventi che il consultorio familiare effettua, la pubblicità dei bilanci relativi all'attività consultoriale convenzionata, l'entità del contributo che l'Unità locale socio-sanitaria dovrà assegnare, le modalità dell'assistenza prevista dall'art. 9 della presente legge, l'impegno del consultorio familiare riconosciuto di attenersi alla disciplina del primo titolo della presente legge. Detto impegno non è richiesto per prestazioni quantitativamente limitate o per singole attività prestate a titolo non continuativo.

     La convenzione deve riservare all'Unità locale socio-sanitaria un potere di sorveglianza sulla permanenza delle condizioni di idoneità dell'organizzazione, sotto il profilo delle persone e dei mezzi, al raggiungimento delle finalità stabilite, anche in rapporto all'entità e alla composizione degli utenti da servire.

     L'Unità locale socio-sanitaria, previo parere del comitato di cui all'art. 5 della presente legge, dichiara la risoluzione della convenzione quando sia constatata l'inadempienza delle principali clausole contrattuali o l'inadeguatezza dell'organizzazione ai sensi del precedente comma.

 

     Art. 17. Elenco dei consultori familiari riconosciuti.

     Nel quadro delle finalità della presente legge, la Regione istituisce un elenco regionale dei consultori familiari riconosciuti, formato dai consultori familiari di cui alla lett. b) dell'art. 13 della presente legge.

     Il riconoscimento è rilasciato dalla Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, su richiesta dell'ente titolare del consultorio familiare interessato.

     Alla cancellazione dall'elenco di un consultorio familiare iscritto si provvede con delibera della Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare:

     a) quando la giunta regionale accerti che sono venuti meno alcuni dei requisiti di cui al secondo comma dell'art. 15 della presente legge;

     b) quando la giunta regionale constati l'impossibilità per il consultorio familiare di conseguire i propri fini istituzionali;

     c) quando il consultorio familiare stesso sia incorso in gravi violazioni di legge;

     d) quando l'ente o l'istituzione titolare del consultorio familiare ne abbia chiesto la cancellazione.

     Alla tenuta dell'elenco, alle relative iscrizioni e cancellazioni provvede il direttore del dipartimento regionale dei servizi sociali.

 

Titolo III

LA PROGRAMMAZIONE

 

     Art. 18. La programmazione territoriale.

     La distribuzione dei consultori familiari sul territorio regionale dovrà essere corrispondente alle esigenze della popolazione secondo criteri di ampia diffusione del servizio e comunque tendere ad assicurare, per ogni U.L.S.S.S., il funzionamento di un consultorio istituito dalla stessa o con la stessa convenzionato ai sensi della lett. a) dell'art. 16 della presente legge.

     L'U.L.S.S.S., da cui già dipenda un consultorio familiare, al fine di assicurare la pluralità dei servizi in rapporto alle diverse problematiche dell'utenza, potrà convenzionarsi con un consultorio familiare riconosciuto solo in considerazione della particolare composizione della popolazione e della funzione territorialmente più ampia dello stesso.

 

     Art. 19. La programmazione economica.

     Per l'istituzione e il funzionamento dei consultori familiari di cui agli artt. 14 e 16 della presente legge, la Regione approva ogni anno un piano finanziario di contributi, tenendo conto delle proposte delle U.L.S.S.S. e delle indicazioni territoriali di cui all'articolo precedente.

     L'ammontare dei contributi spettante a ciascun consultorio familiare sarà determinato da una quota uguale per tutti e proporzionale alle spese fisse occorrenti per il funzionamento di ogni consultorio familiare e da una quota diversificata determinata sul fondo globale restante, in rapporto all'indice di natalità, di mortalità infantile e all'entità della popolazione servita dal consultorio familiare stesso.

     Il piano è approvato dal consiglio regionale entro il 21 dicembre di ogni anno per l'anno successivo; le proposte delle U.L.S.S.S., contenenti in allegato anche gli eventuali pareri di minoranza, devono essere trasmesse al Presidente della giunta regionale entro il 31 ottobre di ogni anno.

     Per i consultori familiari già funzionanti, le proposte delle U.L.S.S.S. devono essere accompagnate altresì da una relazione del consultorio familiare sull'attività svolta nell'anno precedente e sulle spese sostenute.

 

     Art. 20. La programmazione dei corsi di qualificazione.

     Nell'ambito del piano di formazione professionale, la Regione promuove l'organizzazione di corsi periodici di formazione e di aggiornamento obbligatorio per consulenti familiari e operatori consultoriali.

     Tali corsi possono essere attuati direttamente dalla Regione o affidati a enti diversi, ivi compresi gli istituti universitari o assimilati, sulla base di un regolamento consiliare, con cui saranno fissate le finalità dei corsi, le linee dei programmi e i criteri organizzativi.

     Sulla base del piano di cui al primo comma, l'assegnazione dei corsia enti diversi avviene mediante convenzione deliberata dalla giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare.

 

Titolo IV

NORME TRANSITORIE E FINALI

 

          Art. 21. U.L.S.S.S.

     Per unità locale dei servizi sociali e sanitari (ULSSS) si intende il consorzio costituito ai sensi dell'art. 1 della legge regionale 30 maggio 1975, n. 64, o l'organismo che sarà previsto dalla legislazione dello Stato per la materia.

 

     Art. 22. Disposizioni transitorie.

     Fino all'entrata in funzione delle U.L.S.S.S., come definite ai sensi del precedente articolo, le funzioni dell'U.L.S.S.S. stessa sono svolte dal comune ove ha sede un consultorio familiare pubblico o convenzionato.

     In particolare durante la fase transitoria di cui al precedente comma:

     a) i comuni possono provvedere all'istituzione di consultori familiari pubblici o convenzionati ai sensi e per gli effetti della presente legge;

     b) la Regione provvede all'erogazione dei contributi per il funzionamento dei consultori familiari pubblici o convenzionati mediante il piano di cui all'art. 19 della presente legge, secondo l'obiettivo di una diffusione del servizio a base comprensoriale e comunque assicurando il funzionamento di un consultorio familiare per il territorio di ogni provincia.

 

     Art. 23. Funzioni del personale dipendente dai consultori familiari.

     Per il primo impianto dei consultori familiari, gli abilitati all'esercizio delle professioni di psicologo, ginecologo e assistente sociale, aventi le funzioni di consulenti familiari, sono tenuti a partecipare a un seminario organizzato dalla Regione. Il seminario è organizzato dalla Giunta regionale entro due mesi dall'entrata in vigore della presente legge, sentita la competente Commissione Consiliare per quanto riguarda la durata, i programmi e le relative modalità.

 

     Art. 24. Finanziamento.

     Agli oneri derivanti dall'applicazione della presente legge si provvede mediante le assegnazioni statali in forza della legge 29 luglio 1975, n. 405 pari a L. 303.888.430 per l'esercizio 1975 e pari a L. 607.734.455 per l'esercizio 1976, nonché mediante L. 100.000.000 quale contributo regionale per l'esercizio finanziario '77.

     L'onere regionale viene coperto mediante riduzione di L. 100.000.000 dal cap. 5300 «Fondo globale per il finanziamento di spese correnti derivanti da provvedimenti legislativi regionali in corso di formazione», partita: «Contributo regionale a favore dei consultori familiari», dello stato di previsione della spesa del bilancio per l'esercizio finanziario 1977.

     Al bilancio per l'esercizio finanziario 1977 sono apportate le seguenti variazioni:

     (Omissis).

 

     Art. 25.

     La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell'art. 44 dello Statuto regionale ed entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione Veneta.


[1] Gli ultimi quattro commi del presente articolo sostituiscono l'originario ultimo comma con l'art. unico della L.R. 30 maggio 1984, n. 25.

[2] Comma così modificato dall'art. 78 della L.R. 3 febbraio 1998, n. 3.