Settore: | Normativa europea |
Materia: | 18. diritto di stabilimento |
Capitolo: | 18.3 attività di servizi |
Data: | 03/06/2003 |
Numero: | 41 |
Sommario |
Art. 1. Oggetto |
Art. 2. Campo di applicazione |
Art. 3. Applicazione agli enti che gestiscono regimi di sicurezza sociale |
Art. 4. Applicazione facoltativa agli enti disciplinati dalla direttiva 2002/83/CE |
Art. 5. Schemi pensionistici pubblici ed enti pensionistici minori |
Art. 6. Definizioni |
Art. 7. Attività degli enti |
Art. 8. Separazione giuridica tra imprese promotrici ed enti pensionistici aziendali o professionali |
Art. 9. Condizioni per l'esercizio dell'attività |
Art. 10. Conti e relazioni annuali |
Art. 11. Informazioni da fornire agli aderenti e ai beneficiari |
Art. 12. Documento illustrante i principi della politica d'investimento |
Art. 13. Informazioni da trasmettere alle autorità competenti |
Art. 14. Poteri d'intervento e doveri delle autorità competenti |
Art. 15. Riserve tecniche |
Art. 16. Finanziamento delle riserve tecniche |
Art. 17. Fondi propri obbligatori |
Art. 17 bis. Margine di solvibilità disponibile |
Art. 17 ter. Margine di solvibilità richiesto |
Art. 17 ter. Fondo di garanzia |
Art. 17 quinquies. Margine di solvibilità richiesto ai fini dell’articolo 17 ter, paragrafo 3 |
Art. 18. Norme relative agli investimenti |
Art. 19. Gestione e deposito |
Art. 20. Attività transfrontaliera |
Art. 21. Cooperazione tra Stati membri, AEAP e Commissione |
Art. 21 bis. Revisione dell’importo del fondo di garanzia |
Art. 21 ter. Procedura di comitato |
Art. 22. Attuazione |
Art. 23. Entrata in vigore |
Art. 24. Destinatari |
§ 18.3.44 - Direttiva 3 giugno 2003, n. 41. [1]
Direttiva n. 2003/41/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle attività e alla supervisione degli enti pensionistici aziendali o professionali.
(G.U.U.E. 23 settembre 2003, n. L 235).
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 47, paragrafo 2, l'articolo 55 e l'articolo 95, paragrafo 1,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo,
deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato,
considerando quanto segue:
(1) Un autentico mercato interno dei servizi finanziari è di fondamentale importanza per la crescita economica e per la creazione di posti di lavoro nella Comunità.
(2) Sono già stati compiuti notevoli progressi nell'instaurazione di tale mercato interno, consentendo alle istituzioni finanziarie di operare in altri Stati membri e garantendo un livello elevato di protezione degli utenti dei servizi finanziari.
(3) La comunicazione della Commissione dal titolo «Messa in atto del quadro di azione per i servizi finanziari: piano d'azione» indica una serie di iniziative necessarie per completare il mercato interno dei servizi finanziari e il Consiglio europeo di Lisbona del 23 e 24 marzo 2000 ha chiesto che questo piano d'azione sia realizzato entro il 2005.
(4) Il piano d'azione per i servizi finanziari indica, tra le priorità più urgenti, l'elaborazione di una direttiva sulla vigilanza prudenziale degli enti pensionistici aziendali o professionali, poiché si tratta di una categoria importante di istituzioni finanziarie chiamate a svolgere un ruolo essenziale ai fini dell'integrazione, dell'efficienza e della liquidità dei mercati finanziari, che tuttavia non rientrano in un quadro normativo coerente a livello europeo che consenta loro di beneficiare appieno dei vantaggi del mercato interno.
(5) Dal momento che i regimi di sicurezza sociale sono sottoposti a una pressione sempre crescente, in futuro si farà sempre più ricorso a schemi pensionistici aziendali e professionali a integrazione dei regimi pubblici. Occorre pertanto sviluppare le pensioni aziendali e professionali, senza tuttavia mettere in discussione l'importanza dei regimi pensionistici della sicurezza sociale ai fini di una protezione sociale sicura, durevole ed efficace, che dovrebbe garantire un livello di vita decoroso durante la vecchiaia e che dovrebbe pertanto essere al centro dell'obiettivo del rafforzamento del modello sociale europeo.
(6) La presente direttiva rappresenta pertanto un primo passo nella direzione di un mercato interno degli schemi pensionistici aziendali e professionali organizzato su scala europea. Basando l'investimento dei capitali sul principio della «persona prudente» e permettendo agli enti di operare in ambito transfrontaliero, si incoraggia il riorientamento del risparmio verso il settore degli schemi pensionistici aziendali e professionali contribuendo in tal modo al progresso economico e sociale.
(7) Le disposizioni prudenziali previste dalla presente direttiva sono intese sia a garantire un elevato livello di sicurezza per i futuri pensionati, attraverso la prescrizione di norme prudenziali rigorose, sia a permettere una gestione efficiente degli schemi pensionistici aziendali e professionali.
(8) La libera prestazione di servizi e la libertà di investimento, subordinata solo a requisiti prudenziali coordinati, dovrebbero essere assicurate agli enti che siano pienamente distinti da qualsiasi impresa promotrice e che operino secondo il principio di capitalizzazione al solo scopo di erogare prestazioni pensionistiche; ciò indipendentemente dal fatto che tali enti siano considerati come entità giuridiche.
(9) In base al principio di sussidiarietà gli Stati membri dovrebbero conservare tutte le loro competenze per quanto concerne l'organizzazione dei loro sistemi pensionistici, nonché la definizione del ruolo di ciascuno dei tre «pilastri» del sistema previdenziale nei singoli Stati membri. Nell'ambito del secondo pilastro, essi dovrebbero inoltre conservare tutte le loro competenze per quanto riguarda il ruolo e le funzioni dei vari enti che offrono prestazioni pensionistiche aziendali o professionali, quali i fondi pensione per settore di attività, i fondi pensione aziendali e le imprese di assicurazione sulla vita. La presente direttiva non intende mettere in discussione tale prerogativa.
(10) Esistono divergenze nelle norme nazionali che disciplinano la partecipazione dei lavoratori autonomi agli enti pensionistici aziendali o professionali. In taluni Stati membri gli enti suddetti possono operare in base ad accordi con associazioni o gruppi di associazioni cui membri agiscono come lavoratori autonomi ovvero in base ad accordi diretti con lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti. In taluni Stati membri i lavoratori autonomi possono anche aderire a un ente se il lavoratore autonomo agisce come datore di lavoro o fornisce i propri servizi professionali a un'impresa. In taluni Stati membri ancora i lavoratori autonomi non possono aderire a enti pensionistici aziendali o professionali a meno che non siano soddisfatti determinati requisiti, compresi quelli imposti dal diritto del lavoro e della sicurezza sociale.
(11) È necessario escludere dal campo d'applicazione della presente direttiva gli enti che gestiscono regimi di sicurezza sociale già coordinati a livello comunitario. È tuttavia necessario tenere conto della specificità degli enti che, in uno Stato membro, gestiscono al tempo stesso regimi di sicurezza sociale e schemi pensionistici aziendali o professionali.
(12) Le istituzioni finanziarie alle quali già si applica un quadro normativo comunitario dovrebbero di regola essere escluse dal campo d'applicazione della presente direttiva. Poiché però, in taluni casi, dette istituzioni possono anche offrire prestazioni relative a pensioni aziendali o professionali, è importante far sì che la presente direttiva non produca distorsioni di concorrenza. Tali distorsioni possono essere evitate applicando i requisiti prudenziali di cui alla presente direttiva alle attività delle imprese di assicurazione sulla vita nel settore delle pensioni aziendali e professionali. La Commissione dovrebbe inoltre procedere ad un attento monitoraggio della situazione relativa al mercato delle pensioni aziendali o professionali, valutando la possibilità di estendere l'applicazione facoltativa della presente direttiva ad altre istituzioni finanziarie regolamentate.
(13) Quando mirano a garantire la sicurezza finanziaria durante il pensionamento, le prestazioni erogate dagli enti pensionistici aziendali e professionali dovrebbero corrispondere di norma all'erogazione di una pensione vitalizia. Dovrebbero poter essere previsti inoltre pagamenti a carattere temporaneo o «una tantum».
(14) È importante garantire che le persone anziane e i disabili non vengano esposti al rischio di povertà e possano godere di un livello di vita decoroso. Una copertura adeguata dei rischi biometrici negli schemi pensionistici aziendali o professionali rappresenta un aspetto importante della lotta contro la povertà e l'insicurezza tra gli anziani. Al momento di stabilire uno schema pensionistico, i datori di lavoro e i lavoratori, o i rispettivi rappresentanti, dovrebbero vagliare la possibilità che detto schema preveda disposizioni per la copertura del rischio di longevità e di invalidità professionale, nonché per la pensione di reversibilità.
(15) Dando agli Stati membri la facoltà di escludere dal campo d'applicazione della presente direttiva gli enti che gestiscono schemi che contano congiuntamente meno di cento aderenti in totale si può facilitare la vigilanza in alcuni Stati membri senza compromettere il corretto funzionamento del mercato interno in questo settore. Ciò tuttavia non dovrebbe indebolire il diritto dei suddetti enti di nominare per la gestione del loro portafoglio di investimenti e il deposito del loro attivo, gestori degli investimenti o depositari stabiliti in un altro Stato membro e debitamente autorizzati.
(16) Occorre escludere dal campo di applicazione della presente direttiva enti, come le «Unterstützungskassen» in Germania, i cui aderenti non hanno diritto a prestazioni di un determinato importo e i cui interessi sono protetti da un'assicurazione obbligatoria contro il rischio d'insolvenza.
(17) Per proteggere gli aderenti ed i beneficiari, è opportuno che gli enti pensionistici aziendali o professionali esercitino unicamente le attività di cui alla presente direttiva, nonché quelle ad esse connesse.
(18) In caso di fallimento dell'impresa promotrice, gli aderenti rischiano di perdere sia il loro posto di lavoro, sia i diritti a pensione acquisiti. Occorre dunque che vi sia una netta separazione tra l'ente e l'impresa promotrice e che vengano fissate norme prudenziali minime per tutelare gli aderenti.
(19) Gli enti pensionistici aziendali o professionali agiscono e sono soggetti a vigilanza secondo modalità significativamente diverse da uno Stato membro all'altro. In determinati Stati membri possono essere sottoposti a vigilanza non solo gli enti stessi, ma anche le entità o società autorizzate a gestirli. Gli Stati membri dovrebbero essere in grado di tenere conto di questa particolarità purché siano rispettati tutti i requisiti stabiliti nella presente direttiva. Gli Stati membri dovrebbero altresì poter autorizzare entità assicurative e altre entità finanziarie a gestire enti pensionistici aziendali e professionali.
(20) Gli enti pensionistici aziendali o professionali sono prestatori di servizi finanziari che si assumono una notevole responsabilità per quanto riguarda l'erogazione di prestazioni pensionistiche aziendali o professionali e di conseguenza dovrebbero soddisfare determinati requisiti prudenziali minimi per quanto concerne le loro attività e le condizioni per il funzionamento.
(21) L'elevatissimo numero degli enti operanti in alcuni Stati membri rende necessaria una soluzione pragmatica per quanto riguarda il requisito della loro autorizzazione preventiva. È necessario tuttavia che un ente che intenda gestire uno schema pensionistico in un altro Stato membro sia autorizzato dall'autorità competente dello Stato membro di origine.
(22) Ogni Stato membro dovrebbe richiedere a ciascun ente situato sul suo territorio di redigere conti e relazioni annuali che tengano conto di ogni schema pensionistico gestito dall'ente in questione e, ove applicabile, conti e relazioni annuali per ciascuno schema pensionistico. I conti e le relazioni annuali, in quanto danno un quadro fedele delle attività, delle passività e della situazione finanziaria dell'ente, tenendo conto di ogni schema pensionistico gestito da un ente, secondo quanto debitamente certificato da una persona all'uopo autorizzata, costituiscono una fonte essenziale di informazioni per gli aderenti e i beneficiari dello schema e per le autorità competenti. Essi consentono in particolare alle autorità competenti di verificare la solidità finanziaria degli enti e valutare se essi siano in grado di far fronte a tutte le loro obbligazioni contrattuali.
(23) Un'adeguata informazione degli aderenti e dei beneficiari di uno schema pensionistico è fondamentale. Ciò vale in particolare per quanto riguarda le informazioni concernenti la solidità finanziaria dell'ente, le clausole contrattuali, le prestazioni e l'effettivo finanziamento delle posizioni pensionistiche maturate, la politica di investimento e la gestione dei rischi e dei costi.
(24) La politica di investimento di un ente è un fattore decisivo sia per la sicurezza che per la convenienza economica delle pensioni aziendali e professionali. Gli enti dovrebbero quindi predisporre e, almeno ogni tre anni, rivedere un documento illustrante i principi della loro politica di investimento. Esso dovrebbe essere messo a disposizione dell'autorità competente e, su richiesta, anche degli aderenti e dei beneficiari di ogni schema pensionistico.
(25) Per poter svolgere le loro funzioni, le autorità competenti dovrebbero disporre di diritti d'informazione e di poteri d'intervento adeguati per quanto riguarda gli enti e le persone che provvedono effettivamente alla gestione dei medesimi. Se gli enti trasferiscono alcune funzioni di importanza fondamentale quali la gestione degli investimenti, la tecnologia dell'informazione o la contabilità a società esterne, dovrebbe essere possibile estendere tali diritti d'informazione e poteri d'intervento ai soggetti che esercitano dette funzioni al fine di verificare che tali attività siano svolte conformemente alle norme di vigilanza.
(26) Un calcolo prudente delle riserve tecniche è una condizione essenziale per assicurare che l'ente possa far fronte alle sue obbligazioni di erogazione delle prestazioni pensionistiche. Le riserve tecniche dovrebbero essere calcolate utilizzando metodi attuariali riconosciuti e certificate da esperti qualificati. Il tasso d'interesse massimo dovrebbe essere scelto con prudenza, conformemente alla pertinente normativa nazionale. L'entità minima delle riserve tecniche dovrebbe sia essere sufficiente ad assicurare la continuazione dell'erogazione ai beneficiari delle prestazioni di cui è già iniziato il godimento, sia rispecchiare gli impegni derivanti dai diritti a pensione già maturati dagli aderenti.
(27) I rischi coperti dagli enti variano significativamente da uno Stato membro all'altro. Gli Stati membri di origine dovrebbero quindi avere la facoltà di assoggettare il calcolo delle riserve tecniche a disposizioni supplementari e più dettagliate rispetto a quelle contenute nella presente direttiva.
(28) La copertura delle riserve tecniche mediante attività sufficienti ed adeguate protegge gli interessi degli aderenti e dei beneficiari di uno schema pensionistico in caso di insolvenza dell'impresa promotrice. In particolare, in caso di attività transfrontaliere, per il riconoscimento reciproco dei principi di vigilanza applicati negli Stati membri è necessario che le riserve tecniche siano integralmente coperte da attività in ogni momento.
(29) Se l'ente non svolge attività transfrontaliere gli Stati membri dovrebbero poter permettere che le riserve non siano pienamente coperte, a condizione che venga stabilito un piano adeguato per ripristinare la copertura integrale, fatte salve le disposizioni della
(30) In molti casi potrebbe essere l'impresa promotrice, e non l'ente pensionistico, a coprire i rischi biometrici o a garantire determinate prestazioni o un dato rendimento degli investimenti. Tuttavia vi sono anche casi nei quali è l'ente stesso che offre tale copertura o garanzia e le obbligazioni dell'impresa promotrice si limitano al versamento dei contributi necessari. In tale situazione i prodotti offerti sono simili a quelli delle imprese di assicurazione sulla vita e gli enti interessati dovrebbero essere tenuti a detenere almeno i medesimi fondi propri supplementari previsti per le imprese di assicurazione.
(31) Gli enti pensionistici sono investitori a lunghissimo termine. In generale le poste attive detenute dagli enti pensionistici non possono essere utilizzate per scopi diversi dall'erogazione di prestazioni pensionistiche. Inoltre, per proteggere adeguatamente i diritti degli aderenti e dei beneficiari, gli enti dovrebbero poter scegliere un'allocazione delle attività che sia adeguata alla specifica natura e durata delle loro passività. Per questi motivi occorrono un'efficace vigilanza e regole di investimento fondate su un approccio che consenta agli enti di operare con una flessibilità sufficiente per scegliere la politica di investimento più sicura ed efficiente, e che li obblighi ad agire con prudenza. Il rispetto del principio della «persona prudente» esige pertanto una politica di investimento adeguata alla struttura dell'affiliazione al singolo ente pensionistico aziendale o professionale.
(32) I metodi e le prassi di vigilanza sono diversi da uno Stato membro all'altro. Di conseguenza, gli Stati membri dovrebbero godere di un certo margine discrezionale quanto alle norme in materia di investimenti che intendono imporre agli enti aventi sede nel loro territorio, fermo restando che tali norme non devono limitare il libero movimento dei capitali se non nella misura in cui ciò sia giustificato per motivi prudenziali.
(33) In quanto investitori a lunghissimo termine con un basso rischio di liquidità, gli enti pensionistici aziendali o professionali sono in una posizione adatta per investire in attività non liquide, quali le azioni, come pure sui mercati dei capitali di rischio entro limiti prudenti. Essi possono anche beneficiare dei vantaggi di una diversificazione internazionale. Occorre quindi non restringere gli investimenti in azioni, nei mercati dei capitali di rischio e in valute diverse da quelle in cui sono espresse le passività, salvo per motivi prudenziali.
(34) Se gli enti tuttavia operano su base transfrontaliera, le autorità competenti dello Stato membro ospitante possono chiedere di rispettare determinati limiti per gli investimenti in azioni e attività analoghe non ammesse alla negoziazione su un mercato regolamentato, nonché in azioni e altri titoli emessi dalla stessa impresa o in attività denominate in valute non congruenti, purché tali norme si applichino ugualmente agli enti aventi sede nello Stato membro ospitante.
(35) Le restrizioni alla libera scelta da parte degli enti pensionistici aziendali e professionali dei gestori e dei depositari autorizzati limitano la concorrenza nel mercato interno e dovrebbero quindi essere rimosse.
(36) Fatto salvo il diritto nazionale della sicurezza sociale e del lavoro per quanto riguarda l'organizzazione dei sistemi pensionistici, compresa l'adesione obbligatoria e i risultati delle contrattazioni collettive, gli enti dovrebbero avere la possibilità di prestare i loro servizi in altri Stati membri. Essi dovrebbero poter accettare come promotori imprese aventi sede in altri Stati membri ed essere in grado di gestire schemi pensionistici con aderenti in più di uno Stato membro. Questa facoltà potrebbe potenzialmente consentire agli enti di realizzare significative economie di scala, migliorare la competitività delle imprese comunitarie ed agevolare la mobilità del lavoro. A tal fine è necessario il riconoscimento reciproco della normativa prudenziale. La corretta applicazione di tale normativa prudenziale dovrebbe essere sottoposta alla vigilanza delle autorità competenti dello Stato membro d'origine, sempre che non sia stato specificato in modo diverso.
(37) Il diritto di un ente di uno Stato membro di gestire uno schema pensionistico aziendale o professionale istituito in un altro Stato membro dovrebbe essere esercitato nel pieno rispetto del diritto della sicurezza sociale e del diritto del lavoro in vigore nello Stato membro ospitante nella misura in cui ciò sia pertinente alle pensioni aziendali e professionali, per esempio per quanto riguarda la definizione e l'erogazione di prestazioni pensionistiche nonché le condizioni per il trasferimento dei diritti pensionistici.
(38) Qualora uno schema sia «separato» («ring-fenced») le disposizioni della presente direttiva si applicano su base individuale a detto schema.
(39) È importante prevedere una cooperazione tra le autorità competenti degli Stati membri ai fini della sorveglianza nonché tra queste autorità e la Commissione per altri scopi. Al fine di svolgere le loro funzioni e contribuire all'attuazione coerente e tempestiva della presente direttiva, le autorità competenti si dovrebbero scambiare le informazioni necessarie ai fini dell'applicazione delle disposizioni in essa contenute. La Commissione ha dichiarato la propria intenzione di istituire un Comitato di controllori allo scopo di incoraggiare la cooperazione, il coordinamento e lo scambio di opinioni tra autorità nazionali competenti e di promuovere l'attuazione coerente della presente direttiva.
(40) Poiché gli scopi dell'intervento prospettato, vale a dire istituire un quadro normativo per gli enti pensionistici aziendali e professionali, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell'intervento stesso, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per raggiungere tali scopi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,
HANNO ADOTTATO LA SEGUENTE DIRETTIVA:
Art. 1. Oggetto
La presente direttiva disciplina l'accesso alle attività svolte dagli enti pensionistici aziendali o professionali, nonché l'esercizio di tali attività.
Art. 2. Campo di applicazione
1. La presente direttiva si applica agli enti pensionistici aziendali e professionali. Qualora, conformemente al diritto nazionale, tali enti non abbiano personalità giuridica, gli Stati membri applicano la direttiva o a tali enti o, fatto salvo il paragrafo 2, alle entità autorizzate che sono responsabili della gestione di tali enti e che agiscono per conto degli stessi.
2. La direttiva non si applica:
a) agli enti che gestiscono regimi di sicurezza sociale disciplinati dal regolamento (CEE) n. 1408/71 ( 5 ) e dal regolamento (CEE) n. 574/72 ( 6 );
b) agli enti che rientrano nell’ambito di applicazione delle direttive 73/239/CEE ( 7 ), 85/611/CEE ( 8 ), 93/22/CEE ( 9 ), 2000/12/CE ( 10 ), 2002/83/CE ( 11 ) e 2011/61/UE ( 12 );
c) agli enti che agiscono sulla base del principio della ripartizione;
d) agli enti in cui i dipendenti delle imprese promotrici non hanno legalmente diritto a prestazioni e in cui l'impresa promotrice può svincolare le attività in qualunque momento senza dover necessariamente far fronte ai propri obblighi di erogare prestazioni pensionistiche;
e) alle società che utilizzano sistemi fondati sulla costituzione di riserve contabili per l'erogazione di prestazioni pensionistiche ai loro dipendenti.
Art. 3. Applicazione agli enti che gestiscono regimi di sicurezza sociale
Gli enti pensionistici aziendali o professionali che gestiscono anche schemi pensionistici aventi carattere obbligatorio considerati come regimi di sicurezza sociale e che rientrano nel campo di applicazione dei regolamenti (CEE) n. 1408/71 e (CEE) n. 574/72 sono soggetti alla presente direttiva in relazione alla loro attività in materia di schemi pensionistici aziendali o professionali non obbligatori. In tal caso le passività e le corrispondenti attività sono separate («ring-fenced») e non possono essere trasferite agli schemi pensionistici obbligatori considerati come regimi di sicurezza sociale o viceversa.
Art. 4. Applicazione facoltativa agli enti disciplinati dalla
Gli Stati membri di origine hanno facoltà di applicare le disposizioni degli articoli da 9 a 16 e da 18 a 20 della presente direttiva alle compagnie di assicurazione disciplinate dalla
In questo caso, e limitatamente alle attività nel settore delle pensioni aziendali e professionali, le compagnie di assicurazione non sono disciplinate dagli articoli da 20 a 26, 31 e 36 della
Lo Stato membro d'origine provvede affinché le autorità competenti o l'autorità responsabile della vigilanza sulle compagnie d'assicurazione contemplate dalla
Art. 5. Schemi pensionistici pubblici ed enti pensionistici minori
Fatto salvo l'articolo 19, gli Stati membri possono decidere di non applicare la presente direttiva, in tutto o in parte, agli enti pensionistici aventi sede nel loro territorio che gestiscono schemi pensionistici che contano congiuntamente meno di cento aderenti in totale. Fatto salvo l'articolo 2, paragrafo 2, tali enti dovrebbero avere nondimeno il diritto di applicare la presente direttiva su base volontaria. L'articolo 20 può essere applicato solo se si applicano tutte le altre disposizioni della presente direttiva.
Gli Stati membri possono decidere di non applicare gli articoli da 9 a 17 agli enti che gestiscono schemi pensionistici aziendali e professionali stabiliti per legge e garantiti da una pubblica autorità. L'articolo 20 può essere applicato solo se si applicano tutte le altre disposizioni della presente direttiva.
Art. 6. Definizioni
Ai fini della presente direttiva, si intende per:
a) «ente pensionistico aziendale o professionale» o «ente pensionistico»: un ente, a prescindere dalla sua forma giuridica, operante secondo il principio di capitalizzazione, distinto da qualsiasi impresa promotrice o associazione di categoria, costituito al fine di erogare prestazioni pensionistiche in relazione a un'attività lavorativa sulla base di un accordo o di un contratto stipulato:
— individualmente o collettivamente tra datore di lavoro e lavoratore, o i loro rispettivi rappresentanti o
— con lavoratori autonomi, conformemente alla legislazione dello Stato membro di origine e dello Stato membro ospitante
e che esercita le attività direttamente connesse;
b) «schema pensionistico»: un contratto, un accordo, un negozio fiduciario o un insieme di disposizioni che stabilisce le prestazioni pensionistiche erogabili e le condizioni per la loro erogazione;
c) «impresa promotrice»: un'impresa o un altro organismo, a prescindere dal fatto che comprenda o sia composto da una o più persone giuridiche o fisiche che agiscono in qualità di datore di lavoro o in qualità di lavoratore autonomo oppure una loro combinazione, e che versa contributi ad un ente pensionistico aziendale o professionale;
d) «prestazioni pensionistiche»: le prestazioni liquidate in relazione al raggiungimento o in previsione del raggiungimento del pensionamento oppure, laddove siano complementari rispetto alle prestazioni di cui sopra e fornite su base accessoria, le prestazioni erogate sotto forma di pagamenti in caso di morte, invalidità o cessazione del rapporto di lavoro, nonché le prestazioni erogate sotto forma di sostegni finanziari o servizi in caso di malattia, stato di bisogno o morte. Per agevolare la sicurezza finanziaria durante il pensionamento, queste prestazioni vengono solitamente erogate sotto forma di pagamenti a carattere vitalizio. Esse possono tuttavia essere erogate a titolo temporaneo o «una tantum».
e) «aderenti»: le persone che a motivo delle loro attività lavorative hanno o avranno diritto a percepire le prestazioni pensionistiche conformemente alle disposizioni di uno schema pensionistico;
f) «beneficiari»: le persone che percepiscono le prestazioni pensionistiche;
g) «autorità competenti»: le autorità nazionali designate a svolgere le funzioni previste dalla presente direttiva;
h) «rischi biometrici»: rischi relativi a morte, invalidità e longevità;
i) «Stato membro di origine»: lo Stato membro nel quale l'ente ha la sua sede legale e i suoi principali uffici amministrativi o, se non ha una sede legale, ha i suoi principali uffici amministrativi;
j) «Stato membro ospitante»: lo Stato membro il cui diritto del lavoro e della previdenza e sicurezza sociale pertinente in materia di schemi pensionistici aziendali o professionali si applica al rapporto tra l'impresa promotrice e gli aderenti.
Art. 7. Attività degli enti
Ciascuno Stato membro stabilisce che gli enti pensionistici aventi sede nel suo territorio limitino le proprie attività all'esercizio di schemi pensionistici ed alle attività ad essi collegate.
Allorché, in conformità dell'articolo 4, una compagnia di assicurazione gestisce le proprie attività nel settore delle pensioni, aziendali o professionali, mediante la separazione degli attivi e delle passività, gli attivi e le passività separati sono limitati all'esercizio degli schemi pensionistici ed alle attività ad essi direttamente collegate.
Art. 8. Separazione giuridica tra imprese promotrici ed enti pensionistici aziendali o professionali
Ciascuno Stato membro assicura che vi sia una separazione giuridica tra l'impresa promotrice e l'ente pensionistico aziendale o professionale affinché, in caso di fallimento dell'impresa promotrice, l'attivo dell'ente pensionistico sia salvaguardato nell'interesse degli aderenti e dei beneficiari.
Art. 9. Condizioni per l'esercizio dell'attività
1. Ciascuno Stato membro provvede, riguardo a ogni ente avente sede nel suo territorio, a quanto segue:
a) che l’ente pensionistico sia registrato in un registro nazionale dalla competente autorità o autorizzato; in caso di attività transfrontaliere ai sensi dell’articolo 20, nel registro sono indicati anche gli Stati membri in cui opera l’ente in questione; tali informazioni sono trasmesse all’Autorità europea di vigilanza (Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali) (in prosieguo l'«AEAP»), istituita dal
b) che l'ente pensionistico sia effettivamente gestito da persone in possesso dei requisiti di onorabilità e dotate di qualifiche ed esperienza professionali adeguate o che si avvalgano di consulenti dotati di qualifiche ed esperienza professionali adeguate;
c) che siano state applicate regole di funzionamento definite in modo adeguato per ciascuno schema pensionistico gestito dall'ente e che gli aderenti siano stati adeguatamente informati di tali regole;
d) che tutte le riserve tecniche siano correttamente calcolate e certificate da un attuario o, in mancanza di quest'ultimo, da un altro specialista in materia, incluso un revisore, conformemente alla legislazione nazionale, secondo tecniche attuariali riconosciute dall'autorità competente dello Stato membro d'origine;
e) qualora l'impresa promotrice garantisca il pagamento delle prestazioni pensionistiche, che essa si impegni a finanziarle regolarmente;
f) che gli aderenti siano adeguatamente informati sulle condizioni dello schema pensionistico, in particolare per quanto riguarda:
i) diritti ed obblighi delle parti coinvolte nello schema pensionistico;
ii) rischi finanziari, tecnici e di altro genere connessi con lo schema pensionistico;
iii) natura e ripartizione dei suddetti rischi.
2. In linea con il principio di sussidiarietà e tenendo conto dell'entità delle prestazioni pensionistiche offerte dai regimi di sicurezza sociale, gli Stati membri possono prevedere che, previo consenso dei datori di lavoro e dei lavoratori, o dei rispettivi rappresentanti, venga offerta all'aderente l'opzione relativa alla copertura del rischio di longevità e di invalidità professionale, le disposizioni circa la reversibilità e la garanzia di rimborso dei contributi, quali prestazioni supplementari.
3. Uno Stato membro può subordinare l'attività di un ente pensionistico avente sede nel suo territorio ad altri requisiti, al fine di assicurare che gli interessi degli aderenti e dei beneficiari siano adeguatamente tutelati.
4. Uno Stato membro può consentire o richiedere agli enti aventi sede nel suo territorio di affidare la gestione di tali enti, in tutto o in parte, ad altre entità che operano per conto dei suddetti enti.
5. Per esercitare attività transfrontaliere a norma dell’articolo 20, un ente pensionistico deve ottenere l’autorizzazione preventiva delle autorità competenti dello Stato membro di origine. Gli Stati membri informano immediatamente l’AEAP al momento del rilascio di detta autorizzazione.
Art. 10. Conti e relazioni annuali
Ciascuno Stato membro stabilisce che tutti gli enti pensionistici aventi sede nel suo territorio redigano conti e relazioni annuali che tengano conto di ogni schema pensionistico gestito dall'ente e, se del caso, conti e relazioni annuali per ciascuno schema pensionistico. I conti e le relazioni annuali danno un quadro fedele delle attività, delle passività e della situazione finanziaria dell'ente pensionistico. I conti annuali e le informazioni contenute nelle relazioni sono coerenti, esaurienti, correttamente presentati e debitamente approvati da persone autorizzate, in conformità del diritto nazionale.
Art. 11. Informazioni da fornire agli aderenti e ai beneficiari
1. In funzione della natura dello schema pensionistico, ciascuno Stato membro provvede affinché tutti gli enti aventi sede nel suo territorio forniscano almeno le informazioni previste dal presente articolo.
2. Gli aderenti e i beneficiari e/o, se del caso, i loro rappresentanti ricevono quanto segue:
a) su richiesta, i conti e le relazioni annuali di cui all'articolo 10 e, se un ente gestisce più di uno schema pensionistico, i conti e la relazione relativi al loro schema pensionistico specifico;
b) entro un termine ragionevole, tutte le informazioni rilevanti relative a modificazioni delle regole dello schema pensionistico.
3. Il documento illustrante i principi della politica d'investimento, di cui all'articolo 12, è messo a disposizione degli aderenti e dei beneficiari dello schema pensionistico e/o, se del caso, dei loro rappresentanti che lo richiedano.
4. Inoltre ogni aderente riceve, su richiesta, informazioni dettagliate ed esaurienti riguardanti:
a) se del caso, il livello delle prestazioni che lo schema si prefigge come obiettivo;
b) il livello delle prestazioni in caso di cessazione del rapporto di lavoro;
c) quando l'aderente sostiene il rischio di investimento, la gamma delle opzioni di investimento, se del caso, e il portafoglio di investimento effettivo, come pure informazioni sull'esposizione al rischio e sui costi degli investimenti;
d) le modalità relative al trasferimento dei diritti a pensione a un altro ente pensionistico aziendale o professionale in caso di cessazione del rapporto di lavoro.
Gli aderenti ricevono annualmente una nota sintetica sulla situazione dell'ente pensionistico e sullo stato attuale dei diritti individualmente maturati.
5. A ciascun beneficiario vengono fornite, al momento del pensionamento o dell'erogazione di altre prestazioni, adeguate informazioni sulle prestazioni dovutegli e sulle opzioni per la loro erogazione.
Art. 12. Documento illustrante i principi della politica d'investimento
Ogni Stato membro provvede affinché tutti gli enti con sede nel suo territorio predispongano e almeno ogni tre anni riesaminino un documento scritto sui principi della politica d'investimento. Tale documento deve essere riesaminato in modo tempestivo dopo qualsiasi mutamento rilevante della politica d'investimento. Gli Stati membri fanno sì che esso illustri almeno materie quali i metodi di misurazione del rischio di investimento, le tecniche di gestione del rischio utilizzate e la ripartizione strategica delle attività in relazione alla natura e alla durata delle prestazioni pensionistiche dovute.
Art. 13. Informazioni da trasmettere alle autorità competenti
1. Ciascuno Stato membro provvede affinché, per quanto riguarda ogni ente avente sede nel suo territorio, le autorità competenti dispongano dei poteri e degli strumenti necessari a quanto segue:
a) richiedere all'ente pensionistico, ai membri del consiglio di amministrazione e agli altri amministratori o dirigenti, ovvero alle persone che controllano l'ente, di fornire informazioni su tutte le questioni relative all'attività dell'ente o di trasmettere tutti i documenti relativi;
b) verificare i rapporti tra l'ente ed altre società o tra enti quando essi trasferiscono funzioni a tali società o altri enti («outsourcing»), che influiscano sulla situazione finanziaria dell'ente o che siano comunque rilevanti ai fini di una vigilanza efficace;
c) ottenere con regolarità il documento illustrante i principi della politica d'investimento, i conti e le relazioni annuali, e tutti i documenti necessari ai fini della vigilanza, tra i quali possono figurare i seguenti:
i) relazioni interne intermedie;
ii) valutazioni attuariali e ipotesi dettagliate;
iii) studi attività-passività;
iv) prove della coerenza con i principi della politica d'investimento;
v) prove del versamento dei contributi secondo quanto previsto;
vi) relazioni da parte delle persone responsabili della revisione contabile dei conti annuali di cui all'articolo 10;
d) svolgere ispezioni in loco presso la sede dell'ente pensionistico e, se del caso, sulle funzioni affidate a terzi per verificare che le attività siano svolte conformemente alle norme di vigilanza.
2. L’AEAP può elaborare progetti di norme tecniche di attuazione sui formulari e sui formati per i documenti elencati al paragrafo 1, lettera c), punti da i) a vi).
Alla Commissione è conferito il potere di adottare le norme tecniche di attuazione di cui al primo comma conformemente all’articolo 15 del
Art. 14. Poteri d'intervento e doveri delle autorità competenti
1. Le autorità competenti impongono ad ogni ente pensionistico avente sede nel loro territorio di dotarsi di procedure amministrative e contabili sane e di meccanismi di controllo interno adeguati.
2. Le autorità competenti hanno la facoltà di adottare, nei confronti di un ente pensionistico avente sede nel loro territorio o delle persone che lo gestiscono, le misure che ritengono adeguate e necessarie, incluse, se del caso, quelle di carattere amministrativo o pecuniario, per evitare o sanare eventuali irregolarità che possano ledere gli interessi degli aderenti e dei beneficiari.
Esse possono inoltre limitare o vietare la libera disponibilità dell'attivo dell'ente pensionistico qualora, in particolare:
a) l'ente non abbia costituito riserve tecniche sufficienti in relazione al complesso della sua attività, ovvero disponga di attività insufficienti a coprire le riserve tecniche;
b) l'ente non detenga i fondi propri obbligatori.
3. Al fine di tutelare gli interessi degli aderenti e dei beneficiari dello schema, le autorità competenti possono trasferire, integralmente o in parte, i poteri attribuiti dalla legge dello Stato membro d'origine a coloro che gestiscono un ente avente sede nel suo territorio, a un rappresentante speciale idoneo ad esercitarli.
4. Le autorità competenti possono vietare a un ente pensionistico avente sede nel loro territorio di svolgere le sue attività o limitarle, in particolare nei seguenti casi:
a) se l'ente non tutela adeguatamente gli interessi degli aderenti e dei beneficiari del regime;
b) se sono venute meno le condizioni di esercizio;
c) se l'ente manca gravemente agli obblighi previsti dalla normativa ad esso applicabile;
d) in caso di attività transfrontaliera, se l'ente non rispetta le disposizioni del diritto del lavoro e del diritto della previdenza e della sicurezza sociale dello Stato membro ospitante, pertinenti in materia di pensioni aziendali o professionali.
La decisione di vietare all’ente di svolgere delle attività è fondata su motivazioni dettagliate ed è comunicata all’ente interessato. È comunicata anche all'AEAP.
5. Gli Stati membri adottano gli opportuni provvedimenti affinché le decisioni prese nei confronti di un ente in base alle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative adottate conformemente alla presente direttiva possano essere oggetto di ricorso giurisdizionale.
Art. 15. Riserve tecniche
1. Lo Stato membro di origine provvede affinché gli enti che gestiscono schemi pensionistici aziendali o professionali costituiscano in ogni momento, in relazione al complesso dei loro schemi pensionistici, passività di ammontare adeguato corrispondenti agli impegni finanziari derivanti dal portafoglio di contratti pensionistici da essi detenuto.
2. Lo Stato membro di origine provvede affinché gli enti che gestiscono schemi pensionistici aziendali o professionali in cui essi coprono rischi biometrici e/o garantiscono o un rendimento degli investimenti o un determinato livello di prestazioni costituiscano riserve tecniche sufficienti in relazione al complesso degli schemi che gestiscono.
3. L'ammontare delle riserve tecniche è calcolato ogni anno. Lo Stato membro d'origine può tuttavia consentire che il calcolo delle riserve tecniche sia effettuato ogni tre anni se l'ente fornisce agli aderenti e/o alle autorità competenti una certificazione o una relazione degli adeguamenti per gli anni intermedi. La certificazione o la relazione illustrano gli adeguamenti dell'evoluzione delle riserve tecniche e le variazioni nei rischi coperti.
4. Il calcolo delle riserve tecniche è eseguito e certificato da un attuario o, in mancanza di quest'ultimo, da un altro specialista in materia, incluso un revisore, conformemente alla legislazione nazionale, secondo tecniche attuariali riconosciute dalle autorità competenti dello Stato membro di origine, nel rispetto dei seguenti principi:
a) l'importo minimo delle riserve tecniche è calcolato secondo un metodo attuariale sufficientemente prudente, tenuto conto di tutti gli impegni per prestazioni e contributi, conformemente alla disciplina pensionistica dell'ente. Esso deve essere sufficiente ad assicurare la continuazione dell'erogazione ai beneficiari delle pensioni e delle altre prestazioni di cui è già iniziato il godimento, e rispecchiare gli impegni derivanti dai diritti a pensione già maturati dagli aderenti. Anche le ipotesi economiche e attuariali per la valutazione delle passività sono scelte in base a criteri di prudenza e tengono conto, ove del caso, di un margine ragionevole per variazioni sfavorevoli;
b) i tassi d'interesse massimi utilizzati sono scelti in base a criteri di prudenza e fissati secondo le norme pertinenti stabilite dallo Stato membro di origine. Tali tassi d'interesse prudenziali sono determinati in funzione:
— del rendimento degli attivi corrispondenti detenuti dall'ente pensionistico e in funzione altresì degli utili futuri degli investimenti e/o
— dei rendimenti di mercato di obbligazioni di qualità elevata o governative;
c) le tavole biometriche utilizzate per il calcolo delle riserve tecniche si basano su principi prudenziali, in considerazione delle principali caratteristiche del gruppo degli aderenti e degli schemi pensionistici, in particolare i mutamenti previsti nei rischi rilevanti;
d) il metodo di valutazione e la base di calcolo delle riserve tecniche rimangono in generale costanti da un esercizio finanziario all'altro. Possono essere tuttavia giustificate variazioni a seguito di cambiamenti della situazione giuridica, demografica o economica su cui si basano le ipotesi.
5. Lo Stato membro di origine può assoggettare il calcolo delle riserve tecniche a requisiti supplementari e più dettagliati, al fine di assicurare che gli interessi degli aderenti e dei beneficiari siano adeguatamente tutelati.
6. In vista dell’ulteriore armonizzazione delle norme concernenti il calcolo delle riserve tecniche che si possono giustificare — in particolare i tassi d’interesse e altre ipotesi che influenzano il livello delle riserve tecniche — la Commissione, facendo riferimento al parere dell'AEAP, ogni due anni o su richiesta di uno Stato membro, pubblica una relazione sulla situazione concernente l’evoluzione delle attività transfrontaliere.
La Commissione, previa consultazione del suddetto comitato, propone misure necessarie per prevenire eventuali distorsioni causate dai diversi livelli dei tassi d'interesse e per proteggere l'interesse dei beneficiari e degli aderenti di qualsivoglia schema pensionistico.
Art. 16. Finanziamento delle riserve tecniche
1. Lo Stato membro di origine impone ad ogni ente pensionistico di disporre in qualsiasi momento di attività sufficienti e congrue a copertura delle riserve tecniche relative al complesso degli schemi pensionistici che gestisce.
2. Lo Stato membro di origine può, per un periodo limitato, consentire a un ente pensionistico di detenere attività insufficienti per coprire le riserve tecniche. In tal caso, per garantire che i requisiti di cui al paragrafo 1 siano nuovamente osservati, l'autorità competente chiede all'ente di adottare un concreto e realizzabile piano di risanamento. Il piano è soggetto alle seguenti condizioni:
a) l'ente pensionistico è tenuto ad elaborare un piano concreto e realizzabile per ricostituire in tempo debito il complesso delle attività necessarie a coprire la totalità delle riserve tecniche; detto piano è messo a disposizione degli aderenti o, se del caso, dei loro rappresentanti e/o è soggetto all'approvazione dell'autorità competente dello Stato membro d'origine;
b) nell'elaborazione del piano si tiene conto della situazione specifica dell'ente pensionistico, ed in particolare della struttura attività-passività, del profilo di rischio, della pianificazione della liquidità, del profilo d'età degli aderenti aventi diritto alle prestazioni pensionistiche, dell'eventuale recente istituzione dello schema, del passaggio di uno schema da un sistema di ripartizione o di capitalizzazione solo parziale alla capitalizzazione integrale;
c) in caso di cessazione dello schema pensionistico durante il periodo di cui al presente paragrafo l'ente pensionistico è tenuto a informarne l'autorità competente dello Stato membro d'origine. L'ente predispone una procedura per il trasferimento delle attività e delle passività corrispondenti ad un'altra istituzione finanziaria o organismo assimilabile. Tale procedura è comunicata all'autorità competente dello Stato membro d'origine e uno schema generale della procedura è messo a disposizione degli aderenti o, se del caso, dei loro rappresentanti nel rispetto del criterio della riservatezza.
3. In caso di attività transfrontaliera a norma dell'articolo 20, le riserve tecniche sono integralmente coperte in ogni momento, in relazione al complesso degli schemi pensionistici gestiti. Se tali condizioni non sono rispettate, l'autorità competente dello Stato membro di origine interviene conformemente all'articolo 14. Per soddisfare tale requisito lo Stato membro d'origine può prescrivere la separazione («ring-fencing») delle attività e delle passività.
Art. 17. Fondi propri obbligatori
1. Lo Stato membro di origine provvede affinché gli enti pensionistici che gestiscono schemi pensionistici, in cui l'ente stesso, e non l'impresa promotrice, assume direttamente l'onere a copertura di rischi biometrici o di una garanzia di un rendimento degli investimenti o di un determinato livello di prestazioni, detengano, su base permanente, attività supplementari rispetto alle riserve tecniche che servano da margine di sicurezza. Il loro importo riflette la tipologia dei rischi e di attività in relazione al complesso degli schemi che gestiscono. Tali attività sono libere da qualsiasi impegno prevedibile e fungono da fondo di garanzia per compensare le eventuali differenze tra spese e ricavi previsti ed effettivi.
2. Per calcolare l’importo minimo delle attività supplementari si applicano le disposizioni degli articoli da 17 bis a 17 quinquies.
3. Il paragrafo 1 non osta tuttavia a che gli Stati membri chiedano agli enti aventi sede nel loro territorio di avere fondi propri obbligatori o stabiliscano norme più particolareggiate, purché giustificate sotto il profilo prudenziale.
Art. 17 bis. Margine di solvibilità disponibile
1. Ciascuno Stato membro impone ad ogni ente di cui all’articolo 17, paragrafo 1, la cui sede si trova sul suo territorio, di disporre costantemente di un margine di solvibilità sufficiente per l’insieme delle sue attività almeno equivalente ai requisiti fissati dalla presente direttiva.
2. Il margine di solvibilità disponibile è costituito dal patrimonio dell’ente di cui sopra, libero da qualsiasi impegno prevedibile, al netto degli elementi immateriali, comprendente:
a) il capitale sociale versato ovvero, nel caso di un ente che assuma la forma di un’impresa mutua, il fondo iniziale effettivo versato, aumentato dei conti degli iscritti dell’impresa mutua, a condizione che detti conti soddisfino i criteri seguenti:
i) l’atto costitutivo e lo statuto devono disporre che i pagamenti attraverso tali conti a favore degli iscritti dell’impresa mutua possano essere effettuati soltanto nella misura in cui ciò non comporti la riduzione del margine di solvibilità disponibile al di sotto del livello richiesto oppure, dopo lo scioglimento dell’impresa, soltanto nella misura in cui tutti gli altri debiti contratti dall’impresa siano stati pagati;
ii) l’atto costitutivo e lo statuto devono disporre che, per quanto riguarda i pagamenti di cui al punto i) effettuati per ragioni diverse dal recesso individuale degli iscritti all’impresa mutua, le autorità competenti siano informate con almeno un mese di anticipo ed entro tale termine possano vietarli; e
iii) le pertinenti disposizioni dell’atto costitutivo e dello statuto possono essere modificate soltanto dopo che le autorità competenti abbiano dichiarato di non opporsi alla modifica, fatti salvi i criteri di cui ai punti i) e ii);
b) le riserve (legali e libere) non corrispondenti ad impegni;
c) gli utili o le perdite riportati previa deduzione dei dividendi da pagare; e
d) qualora la legislazione nazionale lo autorizzi, le riserve di utili che figurano nello stato patrimoniale, quando esse possono essere utilizzate per coprire eventuali perdite e non sono state destinate alla partecipazione degli iscritti e dei beneficiari.
2. Il margine di solvibilità disponibile è diminuito dell’importo delle azioni proprie detenute direttamente dall’ente.
3. Gli Stati membri possono stabilire che possono altresì essere ammessi a costituire il margine di solvibilità disponibile:
a) le azioni preferenziali cumulative e i prestiti subordinati sino a concorrenza del 50 % del margine di solvibilità disponibile o, se inferiore, del margine di solvibilità richiesto, di cui il 25 % al massimo comprende prestiti subordinati a scadenza fissa o azioni preferenziali cumulative a durata determinata purché esistano accordi vincolanti in base a cui, in caso di fallimento o liquidazione dell’ente, i prestiti subordinati o le azioni preferenziali abbiano un grado inferiore rispetto ai crediti di tutti gli altri creditori e siano rimborsati solo previo pagamento di tutti gli altri debiti in essere a quella data;
b) i titoli a durata indeterminata e altri strumenti, comprese le azioni preferenziali cumulative diverse da quelle di cui alla lettera a), sino a un massimo del 50 % del margine di solvibilità disponibile o, se inferiore, del margine di solvibilità richiesto per il totale di detti titoli e dei prestiti subordinati di cui alla lettera a), che soddisfino le seguenti condizioni:
i) non devono essere rimborsati su iniziativa del portatore o senza il preventivo accordo dell’autorità competente;
ii) il contratto di emissione deve dare all’ente la possibilità di differire il pagamento degli interessi del prestito;
iii) i crediti del mutuante verso l’ente devono essere interamente subordinati a quelli di tutti i creditori non subordinati;
iv) i documenti che disciplinano l’emissione dei titoli devono prevedere la capacità del debito e degli interessi non versati di assorbire le perdite, consentendo nel contempo all’ente di proseguire le sue attività; e
v) si deve tener conto solo degli importi effettivamente versati.
Ai fini della lettera a), i prestiti subordinati soddisfano anche le seguenti condizioni:
i) sono presi in considerazione solo i fondi effettivamente versati;
ii) per i prestiti a scadenza fissa, la scadenza iniziale non è inferiore a cinque anni. Al più tardi un anno prima della scadenza, l’ente sottopone all’approvazione delle autorità competenti un piano che precisa le modalità per mantenere o portare al livello voluto alla scadenza il margine di solvibilità disponibile, a meno che l’importo a concorrenza del quale il prestito può essere incluso nelle componenti del margine di solvibilità disponibile non sia gradualmente ridotto almeno nel corso dei cinque anni prima della scadenza. Le autorità competenti possono autorizzare il rimborso anticipato di tali fondi a condizione che la domanda sia presentata dall’ente emittente e che il margine di solvibilità disponibile della stessa non scenda al di sotto del livello richiesto;
iii) i prestiti per i quali non è fissata la scadenza del debito sono rimborsabili soltanto mediante preavviso di cinque anni, salvo che detti prestiti non siano più considerati una componente del margine di solvibilità disponibile o che l’accordo preventivo delle autorità competenti sia formalmente richiesto per il rimborso anticipato. In quest’ultimo caso l’ente informa le autorità competenti almeno sei mesi prima della data del rimborso proposta, indicando il margine di solvibilità disponibile e il margine di solvibilità richiesto prima e dopo detto rimborso. Le autorità competenti autorizzano il rimborso soltanto se il margine di solvibilità disponibile dell’ente non rischia di scendere al di sotto del livello richiesto;
iv) il contratto di prestito non include clausole in forza delle quali, in determinati casi diversi dalla liquidazione dell’ente, il debito sarà rimborsabile prima della scadenza convenuta; e
v) il contratto di prestito può essere modificato solo dopo che le autorità competenti abbiano dichiarato di non opporsi alla modifica.
4. Su domanda, debitamente documentata, dell’ente all’autorità competente dello Stato membro di origine e con l’accordo di detta autorità competente, possono altresì essere ammessi a costituire il margine di solvibilità disponibile:
a) in caso di non zillmeraggio o in caso di zillmeraggio inferiore al caricamento per spese di acquisizione contenuto nel premio, la differenza tra la riserva matematica non zillmerata o parzialmente zillmerata ed una riserva matematica zillmerata ad un tasso di zillmeraggio pari al caricamento per spese di acquisizione contenuto nel premio;
b) eventuali plusvalenze nette latenti risultanti dalla valutazione degli elementi dell’attivo, purché tali plusvalenze non abbiano carattere eccezionale;
c) la metà dell’aliquota non versata del capitale sociale o del fondo iniziale appena la parte versata raggiunge il 25 % di questo capitale o fondo, sino a concorrenza del 50 % del margine di solvibilità disponibile o, se inferiore, del margine di solvibilità richiesto.
4. L’importo di cui alla lettera a) non può tuttavia superare il 3,5 % della somma delle differenze tra i capitali in questione dell’attività vita e regimi pensionistici professionali e le riserve matematiche per tutti i contratti in cui sia possibile lo zillmeraggio. Questa differenza è ridotta dell’importo di eventuali spese di acquisizione non ammortizzate eventualmente iscritto nell’attivo.
5. La Commissione può adottare misure di attuazione in relazione ai paragrafi da 2 a 4 per tenere conto degli sviluppi che giustificano un adeguamento tecnico degli elementi ammessi a costituire il margine di solvibilità disponibile.
Tali misure intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 21 ter.
Art. 17 ter. Margine di solvibilità richiesto
1. Fatto salvo l’articolo 17 quater, il margine di solvibilità richiesto è determinato come disposto nei paragrafi da 2 a 6 secondo le passività sottoscritte.
2. Il margine di solvibilità richiesto è uguale alla somma dei due risultati seguenti:
a) il primo risultato:
un valore corrispondente al 4 % delle riserve matematiche relative alle operazioni dirette e alle accettazioni in riassicurazione, senza deduzione delle cessioni in riassicurazione, moltiplicato per il rapporto, non inferiore all’85 %, esistente nell’esercizio precedente tra l’importo delle riserve matematiche, previa detrazione delle cessioni in riassicurazione, e l’importo lordo delle riserve matematiche;
b) il secondo risultato:
per i contratti i cui capitali sotto rischio non sono negativi, un valore corrispondente allo 0,3 % di tali capitali presi a carico dall’ente moltiplicato per il rapporto, non inferiore al 50 %, esistente, per l’esercizio precedente, tra l’importo dei capitali sotto rischio che rimangono a carico dell’ente, dopo aver detratto le cessioni e le retrocessioni in riassicurazione, e l’importo dei capitali sotto rischio, senza detrazione della riassicurazione.
Per le assicurazioni temporanee in caso di decesso aventi una durata massima di tre anni, tale percentuale è pari allo 0,1 %. Per quelle di durata superiore a tre anni ma inferiore o pari a cinque anni, tale percentuale è pari allo 0,15 %.
3. Per le assicurazioni complementari di cui all’articolo 2, paragrafo 3, lettera a), punto iii), della
4. Per le operazioni di capitalizzazione di cui all’articolo 2, paragrafo 3, lettera b), punto ii), della
5. Per le operazioni di cui all’articolo 2, paragrafo 3, lettera b), punto i), della
6. Per le assicurazioni coperte dall’articolo 2, paragrafo 3, lettera a), punti i) e ii), della
a) un valore corrispondente al 4 % delle riserve tecniche, calcolato a norma del paragrafo 2, lettera a), nella misura in cui l’ente assuma un rischio d’investimento;
b) un valore corrispondente all’1 % delle riserve tecniche, calcolato a norma del paragrafo 2, lettera a), nella misura in cui l’ente non assuma rischi d’investimento, ma lo stanziamento destinato a coprire le spese di gestione sia fissato per un periodo superiore a cinque anni;
c) un valore corrispondente al 25 % delle spese nette di amministrazione dell’esercizio finanziario precedente pertinenti all’attività in questione, nella misura in cui l’ente non assuma rischi d’investimento e lo stanziamento destinato a coprire le spese di gestione non sia fissato per un periodo superiore a cinque anni;
d) un valore corrispondente allo 0,3 % dei capitali sotto rischio, calcolato a norma del paragrafo 2, lettera b), nella misura in cui l’ente di assicurazione copra un rischio di mortalità.
Art. 17 ter. Fondo di garanzia
1. Gli Stati membri possono prevedere che un terzo del margine di solvibilità richiesto di cui all’articolo 17 ter costituisce il fondo di garanzia. Tale fondo è costituito dagli elementi di cui all’articolo 17 bis, paragrafi 2 e 3 e, previo accordo delle autorità competenti dello Stato membro d’origine, all’articolo 17 bis, paragrafo 4, lettera b).
2. Il fondo di garanzia non è inferiore a 3 000 000 EUR. Ogni Stato membro può prevedere la riduzione del 25 % del fondo di garanzia minimo per le mutue e le imprese a forma mutualistica.
Art. 17 quinquies. Margine di solvibilità richiesto ai fini dell’articolo 17 ter, paragrafo 3
1. Il margine di solvibilità richiesto è determinato in rapporto all’ammontare annuo dei premi o contributi, oppure in rapporto all’onere medio dei sinistri per i tre ultimi esercizi sociali.
2. L’ammontare del margine di solvibilità richiesto è pari al più elevato dei due risultati di cui ai paragrafi 3 e 4.
3. La base dei premi è calcolata a partire dall’importo più elevato dei premi o contributi lordi contabilizzati, secondo il calcolo riportato di seguito, e dei premi o contributi lordi acquisiti.
I premi o contributi (compresi gli oneri accessori a detti premi o contributi) dovuti per l’attività diretta nel corso dell’esercizio precedente sono cumulati.
A tale risultato ottenuto si aggiunge l’importo dei premi accettati in riassicurazione nel corso dell’esercizio precedente.
Da tale risultato ottenuto si detrae l’importo totale dei premi o contributi annullati nel corso dell’esercizio precedente, nonché l’importo totale delle imposte e tasse relative ai premi o contributi compresi nel cumulo.
L’importo così ottenuto è suddiviso in due quote, la prima fino a 50 000 000 EUR, la seconda comprendente l’eccedenza; a tali quote si applicano il 18 % della prima e il 16 % della seconda e si sommano gli importi.
L’importo così ottenuto è moltiplicato per il rapporto esistente, per la somma dei tre esercizi precedenti, tra l’ammontare dei sinistri che restano a carico dell’ente dopo aver dedotto gli importi recuperabili per effetto della cessione in riassicurazione e l’ammontare dei sinistri lordi. Tale rapporto non è inferiore al 50 %.
4. La base dei sinistri è calcolata come segue:
gli importi dei sinistri pagati per l’attività diretta nel corso dei periodi di cui al paragrafo 1 sono cumulati (senza detrarre i sinistri a carico dei cessionari e retrocessionari).
A tale risultato si aggiunge l’importo dei sinistri pagati a titolo di accettazioni in riassicurazione o in retrocessione nel corso degli stessi periodi nonché l’ammontare degli accantonamenti per sinistri da pagare, costituiti alla fine dell’esercizio precedente, sia per l’attività diretta che per le accettazioni in riassicurazione.
Da tale importo si detrae l’ammontare dei recuperi effettuati durante i periodi di cui al paragrafo 1.
Dall’importo rimasto si detrae l’ammontare degli accantonamenti per sinistri da pagare, costituiti all’inizio del secondo esercizio finanziario precedente l’ultimo esercizio considerato, sia per l’attività diretta che per le accettazioni in riassicurazione.
Un terzo dell’importo così ottenuto è suddiviso in due quote, la prima fino a35 000 000 EUR e la seconda comprendente l’eccedenza; a tali quote si applicano il 26 % della prima e il 23 % della seconda e si sommano gli importi.
L’importo così ottenuto è moltiplicato per il rapporto esistente, per la somma dei tre esercizi precedenti, tra l’ammontare dei sinistri che restano a carico dell’ente dopo aver dedotto gli importi recuperabili per effetto della cessione in riassicurazione e l’ammontare dei sinistri lordi. Tale rapporto non è inferiore al 50 %.
5. Se il margine di solvibilità richiesto calcolato a norma dei paragrafi da 2 a 4 è inferiore al margine di solvibilità richiesto per l’esercizio precedente, il margine di solvibilità richiesto è pari almeno al margine di solvibilità richiesto per l’esercizio precedente moltiplicato per il rapporto tra l’ammontare delle riserve tecniche per sinistri da pagare al termine dell’esercizio precedente e l’ammontare delle riserve tecniche per sinistri da pagare all’inizio dell’esercizio precedente. In questi calcoli le riserve tecniche sono calcolate al netto della riassicurazione mentre il rapporto non è mai superiore a uno.
Art. 18. Norme relative agli investimenti
1. Gli Stati membri esigono che gli enti pensionistici aventi sede nel loro territorio investano conformemente al principio della «persona prudente» e in particolare conformemente alle regole seguenti:
a) le attività sono investite nel migliore interesse degli aderenti e dei beneficiari. In caso di potenziale conflitto di interessi l'ente o l'entità che ne gestisce il portafoglio fa sì che l'investimento sia effettuato nell'esclusivo interesse degli aderenti e dei beneficiari;
b) le attività sono investite in modo da garantire la sicurezza, la qualità, la liquidità e la redditività del portafoglio nel suo complesso.
Anche le attività detenute a copertura delle riserve tecniche sono investite in maniera adeguata alla natura e alla durata delle future prestazioni pensionistiche previste;
c) le attività sono investite in misura predominante su mercati regolamentati. Gli investimenti in attività che non sono ammesse allo scambio su un mercato finanziario regolamentato devono in ogni caso essere mantenute a livelli prudenziali;
d) l'investimento in strumenti derivati è possibile nella misura in cui contribuisce a ridurre il rischio di investimento o facilita una gestione efficace del portafoglio. Tali strumenti devono essere valutati in modo prudente tenendo conto dell'attività sottostante e inclusi nella valutazione degli attivi dell'ente. L'ente pensionistico evita anche un'eccessiva esposizione di rischio nei confronti di una sola controparte e di altre operazioni su derivati;
e) le attività sono adeguatamente diversificate per evitare che ci sia un'eccessiva dipendenza da una determinata categoria di attività, emittenti o gruppi di imprese e che nel portafoglio complessivamente considerato vi siano concentrazioni del rischio.
Gli investimenti in attività emesse dallo stesso emittente o da emittenti appartenenti allo stesso gruppo non espongono l'ente a un'eccessiva concentrazione di rischio;
f) gli investimenti nell'impresa promotrice non possono superare il 5 % del portafoglio nel suo complesso e, allorché l'impresa promotrice appartiene a un gruppo, gli investimenti nelle imprese dello stesso gruppo dell'impresa promotrice non possono superare il 10 % del portafoglio.
Qualora a promuovere l'ente pensionistico siano più imprese, gli investimenti in tali imprese promotrici sono effettuati secondo criteri prudenziali, tenendo conto della necessità di un'adeguata diversificazione.
Gli Stati membri possono decidere di non applicare i requisiti di cui alle lettere e) e f) agli investimenti in titoli di Stato.
1 bis. Tenendo conto della natura, della portata e della complessità delle attività degli enti soggetti a vigilanza, gli Stati membri assicurano che le autorità competenti verifichino l’adeguatezza delle procedure di valutazione del credito degli enti, valutino l’utilizzo dei riferimenti ai rating del credito emessi da agenzie di rating del credito quali definite all’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), del
2. Lo Stato membro di origine vieta all'ente pensionistico di ottenere prestiti, o di agire da garante a favore di terzi. Tuttavia gli Stati membri possono autorizzare gli enti a ottenere prestiti solo a fini di liquidità e su base temporanea.
3. Gli Stati membri non esigono che gli enti pensionistici aventi sede nel loro territorio investano in particolari categorie di attività.
4. Fatto salvo l'articolo 12, gli Stati membri non assoggettano le decisioni d'investimento di un ente pensionistico avente sede nel loro territorio o del suo gestore degli investimenti ad obblighi di approvazione preventiva o di notificazione sistematica.
5. In conformità dei paragrafi da 1 a 4, gli Stati membri possono emanare regole più dettagliate per gli enti pensionistici aventi sede nel loro territorio, incluse regole quantitative, purché giustificate da criteri prudenziali, al fine di tenere conto del complesso degli schemi pensionistici gestiti da tali enti.
In particolare gli Stati membri possono applicare disposizioni relative agli investimenti analoghe a quelle figuranti nella
Gli Stati membri non impediscono tuttavia agli enti di:
a) investire fino al 70 % delle attività a copertura delle riserve tecniche o del portafoglio complessivo per gli schemi in cui il rischio di investimento grava sugli aderenti, in azioni, titoli negoziabili equiparati ad azioni ed obbligazioni di società, ammessi allo scambio nei mercati regolamentati, e decidere sul peso relativo di tali titoli nel loro portafoglio d'investimento. Qualora sia giustificato da criteri prudenziali, gli Stati membri possono tuttavia applicare limiti inferiori agli enti che erogano prodotti pensionistici con garanzia di tasso di interesse a lungo termine, che si assumono il rischio di investimento e forniscono essi stessi la garanzia;
b) investire fino al 30 % delle attività a copertura delle riserve tecniche in attività denominate in monete diverse da quelle in cui sono espresse le passività;
c) investire sui mercati del capitale di rischio.
6. Il paragrafo 5 non preclude agli Stati membri il diritto di imporre agli enti aventi sede nel loro territorio, anche su base individuale, regole di investimento più rigorose, purché siano giustificate sotto il profilo prudenziale, con particolare riguardo alle obbligazioni assunte dall'ente pensionistico.
7. In caso di attività transfrontaliera di cui all'articolo 20, le autorità competenti di ciascuno Stato membro ospitante possono chiedere che nello Stato membro d'origine si applichino all'ente pensionistico le regole di cui al secondo comma. Tali regole si applicano in questo caso solo per la parte degli attivi dell'ente che corrisponde alle attività svolte in quel particolare Stato membro ospitante. Inoltre tali regole si applicano soltanto se le stesse regole o regole più rigorose si applicano anche agli enti pensionistici aventi sede nello Stato membro ospitante.
Le regole di cui al primo comma sono le seguenti:
a) l'ente pensionistico non investe più del 30 % di tali attività in azioni, altri titoli equiparabili ad azioni ed obbligazioni non ammessi allo scambio su un mercato regolamentato ovvero l'ente investe almeno il 70 % di tali attività in azioni, altri titoli equiparabili ad azioni ed obbligazioni ammessi allo scambio su un mercato regolamentato;
b) l'ente pensionistico non investe più del 5 % di tali attività in azioni, altri titoli equiparabili ad azioni, obbligazioni, titoli di debito e altri strumenti del mercato monetario e dei capitali emessi dalla stessa impresa e non più del 10 % di queste attività in azioni ed altri titoli equiparabili ad azioni, obbligazioni, titoli di debito e altri strumenti del mercato monetario e dei capitali emessi da imprese appartenenti a un unico gruppo;
c) l'ente pensionistico non investe più del 30 % di tali attività in attività denominate in valute diverse da quelle in cui sono espresse le passività.
Per soddisfare tali requisiti lo Stato membro di origine può prescrivere la separazione («ring-fencing») delle attività.
Art. 19. Gestione e deposito
1. Gli Stati membri non limitano il potere degli enti pensionistici di nominare, per la gestione del portafoglio d’investimento, gestori degli investimenti stabiliti in un altro Stato membro e debitamente autorizzati all’esercizio di tale attività a norma delle direttive 85/611/CEE, 93/22/CEE, 2000/12/CE, 2002/83/CE e 2011/61/UE, nonché quelli di cui all’articolo 2, paragrafo 1, della presente direttiva.
2. Gli Stati membri non limitano il potere degli enti pensionistici di nominare, per il deposito delle loro attività, un depositario stabilito in un altro Stato membro e debitamente autorizzato a norma della direttiva 93/22/CEE o della
La disposizione di cui al presente paragrafo non impedisce allo Stato membro d'origine di rendere obbligatoria la nomina di un depositario.
3. Ciascuno Stato membro predispone le necessarie misure per, in conformità al suo diritto nazionale, essere nelle condizioni di vietare, ai sensi dell'articolo 14, la libera disponibilità delle attività detenute da un depositario stabilito nel suo territorio su richiesta dello Stato membro di origine dell'ente.
Art. 20. Attività transfrontaliera
1. Fatta salva la legislazione nazionale in materia di sicurezza sociale e di lavoro per quanto riguarda l'organizzazione dei sistemi pensionistici, compresa l'adesione obbligatoria e i risultati delle contrattazioni collettive, gli Stati membri consentono alle imprese aventi sede nel loro territorio di promuovere enti pensionistici aziendali o professionali autorizzati in altri Stati membri. Essi consentono inoltre a detti enti pensionistici autorizzati nel loro territorio di accettare come promotori imprese aventi sede nel territorio di altri Stati membri.
2. Un ente pensionistico che desideri accettare come promotore un'impresa promotrice avente sede nel territorio di un altro Stato membro è soggetto a un'autorizzazione preventiva da parte dell'autorità competente del proprio Stato membro di cui all'articolo 9, paragrafo 5. Esso dà notificazione della propria intenzione di accettare come promotore un'impresa con sede nel territorio di un altro Stato membro alle autorità competenti dello Stato membro di origine in cui è autorizzato.
3. Gli Stati membri esigono che l'ente pensionistico con sede nel loro territorio, che proponga di avere come promotore un'impresa avente sede nel territorio di un altro Stato membro, alleghi le informazioni seguenti alla notificazione di cui al paragrafo 2:
a) il nome dello Stato membro o degli Stati membri ospitanti;
b) il nome dell'impresa promotrice;
c) le caratteristiche principali dello schema pensionistico che deve essere gestito per l'impresa promotrice.
4. Se le autorità competenti dello Stato membro d'origine ricevono la notifica di cui al paragrafo 2, sempreché non abbiano motivo di dubitare che la struttura amministrativa o la situazione finanziaria dell'ente pensionistico, ovvero l'onorabilità e la professionalità o l'esperienza delle persone che gestiscono l'ente pensionistico siano compatibili con le operazioni proposte nello Stato membro ospitante, comunicano alle autorità competenti dello Stato membro ospitante le informazioni di cui al paragrafo 3 entro tre mesi dal loro ricevimento e ne informano debitamente l'ente pensionistico.
5. Prima che l'ente pensionistico inizi a gestire uno schema pensionistico per un'impresa promotrice in un altro Stato membro, le autorità competenti dello Stato membro ospitante, entro due mesi dal ricevimento delle informazioni di cui al paragrafo 3, comunicano alle autorità competenti dello Stato membro d'origine, se del caso, le disposizioni di diritto della sicurezza sociale e di diritto del lavoro in materia di pensioni aziendali e professionali conformemente alle quali lo schema pensionistico avente come promotore un'impresa dello Stato membro ospitante deve essere gestito, nonché le norme applicabili ai sensi dell'articolo 18, paragrafo 7, e del paragrafo 7 del presente articolo. Le autorità competenti dello Stato membro di origine comunicano dette informazioni all'ente pensionistico.
6. Dal momento in cui riceve la comunicazione di cui al paragrafo 5, o qualora non riceva alcuna comunicazione dalle autorità competenti dello Stato membro d'origine alla scadenza del termine di cui al paragrafo 5, l'ente pensionistico può iniziare a gestire lo schema pensionistico che ha come promotore un'impresa dello Stato membro ospitante nel rispetto delle ivi vigenti disposizioni di diritto della sicurezza sociale e di diritto del lavoro in materia di pensioni aziendali e professionali, nonché nel rispetto delle norme che si applicano ai sensi dell'articolo 18, paragrafo 7, e del paragrafo 7 del presente articolo.
7. In particolare, gli enti che hanno come promotore un'impresa avente sede in un altro Stato membro osservano, riguardo ai rispettivi aderenti, i requisiti di informazione imposti dalle autorità competenti dello Stato membro ospitante agli enti aventi sede in detto Stato membro ai sensi dell'articolo 11.
8. Le autorità competenti dello Stato membro ospitante comunicano alle autorità competenti dello Stato membro d'origine i mutamenti significativi intervenuti nelle proprie disposizioni di diritto della sicurezza sociale e di diritto del lavoro in materia di schemi pensionistici aziendali e professionali che possono influire sulle caratteristiche dello schema pensionistico nella misura in cui ciò riguarda la gestione dello schema pensionistico che ha come promotore un'impresa dello Stato membro ospitante, nonché in qualsivoglia norma applicabile ai sensi dell'articolo 18, paragrafo 7, e del paragrafo 7 del presente articolo.
9. L'ente è sottoposto alla costante vigilanza delle autorità competenti dello Stato membro ospitante per quanto riguarda la conformità delle sue attività con le disposizioni del diritto del lavoro e del diritto della sicurezza sociale dello Stato membro ospitante pertinenti in materia di schemi pensionistici aziendali o professionali di cui al paragrafo 5 e con le disposizioni in materia di informazione di cui al paragrafo 7. Qualora tale vigilanza ponesse in luce irregolarità, le autorità competenti dello Stato membro ospitante ne informano immediatamente le autorità competenti dello Stato membro d'origine. Queste ultime, coordinandosi con le autorità competenti dello Stato membro ospitante, adottano le misure necessarie per garantire che l'ente in questione ponga fine alla rilevata violazione delle disposizioni di diritto sociale e diritto del lavoro.
10. Qualora, malgrado le misure adottate dall'autorità competente dello Stato membro di origine o poiché mancano appropriate misure nello stesso, l'ente pensionistico persista nella violazione delle disposizioni applicabili di diritto della sicurezza sociale e di diritto del lavoro dello Stato membro ospitante in materia di schemi pensionistici aziendali o professionali, le autorità competenti dello Stato membro ospitante, dopo aver informato le autorità competenti dello Stato membro di origine, possono prendere i provvedimenti appropriati per evitare o punire ulteriori irregolarità anche, nella misura dello stretto necessario, impedendo all'ente pensionistico di operare per l'impresa promotrice nello Stato membro ospitante.
11. Gli Stati membri comunicano all’AEAP le rispettive disposizioni prudenziali pertinenti per il settore degli schemi pensionistici aziendali e professionali che non sono coperte dal riferimento alla legislazione nazionale in materia di sicurezza sociale e di lavoro di cui al paragrafo 1.
Gli Stati membri aggiornano tali informazioni periodicamente e in ogni caso almeno ogni due anni e l’AEAP le mette a disposizione sul suo sito web.
Per assicurare condizioni uniformi di applicazione del presente paragrafo, l’AEAP elabora progetti di norme tecniche di attuazione riguardanti le procedure, i formati e i modelli che le autorità competenti devono utilizzare quando trasmettono o aggiornano le pertinenti informazioni all’indirizzo dell’AEAP. L’AEAP presenta tali progetti di norme tecniche di attuazione alla Commissione entro il 1o gennaio 2014.
Alla Commissione è conferito il potere di adottare le norme tecniche di attuazione di cui al terzo comma conformemente all’articolo 15 del
Art. 21. Cooperazione tra Stati membri, AEAP e Commissione
1. Gli Stati membri assicurano, nel modo opportuno, l'applicazione uniforme della direttiva attraverso scambi regolari di informazioni e di esperienze con l'intento di potenziare le migliori prassi nel settore e una cooperazione più intensa, ed in tal modo di evitare distorsioni della concorrenza e creare le premesse per un'adesione transfrontaliera agevole.
2. La Commissione e le autorità competenti degli Stati membri collaborano strettamente per facilitare il controllo sulle operazioni degli enti pensionistici aziendali e professionali.
2 bis. Le autorità competenti collaborano con l’AEAP ai fini della presente direttiva, in conformità del
Le autorità competenti forniscono quanto prima all’AEAP tutte le informazioni necessarie per l’espletamento dei suoi compiti a norma della presente direttiva e del
3. Ciascuno Stato membro informa la Commissione e l’AEAP delle principali difficoltà incontrate nell’applicazione della presente direttiva.
La Commissione, l’AEAP e le autorità competenti degli Stati membri interessati esaminano tali difficoltà il più rapidamente possibile per trovare una soluzione adeguata.
4. Quattro anni dopo l'entrata in vigore della presente direttiva, la Commissione pubblica una relazione che valuti:
a) l'applicazione dell'articolo 18 e i progressi compiuti nell'adattamento dei sistemi nazionali di controllo, e
b) l'applicazione dell'articolo 19, paragrafo 2, secondo comma, in particolare la situazione negli Stati membri relativamente all'utilizzo dei depositari e, se del caso, al ruolo da essi svolto.
5. Le autorità competenti dello Stato membro ospitante possono chiedere alle autorità competenti dello Stato membro di origine di decidere la separazione («ring-fencing») delle attività e delle passività dell'ente, come previsto all'articolo 16, paragrafo 3 e all'articolo 18, paragrafo 7.
Art. 21 bis. Revisione dell’importo del fondo di garanzia
1. L’importo in euro di cui all’articolo 17 quater, paragrafo 2, è rivisto annualmente, e per la prima volta il 31 ottobre 2012, per tenere conto delle variazioni degli Indici Armonizzati dei Prezzi al Consumo per l’insieme degli Stati membri pubblicato da Eurostat.
1. Tale importo è adeguato automaticamente, aumentando l’importo di base in euro della variazione percentuale di detto indice nel periodo tra il 31 dicembre 2009 e la data di revisione e arrotondando tale importo ad un multiplo di 100 000 EUR.
1. Se la variazione percentuale rispetto all’ultimo adeguamento è inferiore al 5 % non si opera alcun adeguamento.
2. La Commissione informa ogni anno il Parlamento europeo e il Consiglio dell’esito del riesame degli importi e dell’eventuale adeguamento di cui al paragrafo 1.
Art. 21 ter. Procedura di comitato
1. La Commissione è assistita dal comitato europeo delle assicurazioni e delle pensioni aziendali o professionali istituito con
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l’articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7 della
Art. 22. Attuazione
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 23 settembre 2005. Essi ne informano immediatamente la Commissione.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
3. Gli Stati membri possono posporre fino al 23 settembre 2010 l'applicazione dell'articolo 17, paragrafi 1 e 2, agli enti aventi sede nel loro territorio che non detengono, alla data indicata nel paragrafo 1 del presente articolo, il livello minimo di fondi propri obbligatori a norma di detto articolo 17, paragrafi 1 e 2. Tuttavia gli enti che intendono gestire schemi pensionistici su base transfrontaliera, ai sensi dell'articolo 20, possono farlo solo se rispettano le disposizioni della presente direttiva.
4. Gli Stati membri possono posporre fino al 23 settembre 2010 l'applicazione dell'articolo 18, paragrafo 1, lettera f), agli enti aventi sede nel loro territorio. Tuttavia gli enti che intendono gestire schemi pensionistici su base transfrontaliera, ai sensi dell'articolo 20, possono farlo solo se rispettano le disposizioni della presente direttiva.
Art. 23. Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Art. 24. Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
( 1 ) GU C 96 E del 27.3.2001, pag. 136.
( 2 ) GU C 155 del 29.5.2001, pag. 26.
( 3 ) Parere del Parlamento europeo del 4 luglio 2001 (GU C 65 E del 14.3.2002, pag. 135), posizione comune del Consiglio del 5 novembre 2002 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Parlamento europeo del 12 marzo 2003 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Decisione del Consiglio del 13 marzo 2003.
( 4 ) GU L 283 del 28.10.1980, pag. 23. Direttiva modificata da ultimo dalla
( 5 )
( 6 )
( 7 ) Prima
( 8 )
( 9 )
( 10 )
( 11 )
( 12 )
( 13 ) GU L 331 del 15.12.2010, pag. 48.
( 14 ) GU L 335 del 17.12.2009, pag. 1.
( 15 ) GU L 3 del 7.1.2004, pag. 34.
Gestito dall'Ufficio delle pubblicazioni
[1] Versione consolidata aggiornata con le modifiche apportate dalla Rettifica in G.U.U.E. 14 settembre 2004, n. L 291,