Settore: | Codici regionali |
Regione: | Toscana |
Materia: | 3. servizi sociali |
Capitolo: | 3.3 formazione professionale, ricerca scientifica |
Data: | 15/11/2004 |
Numero: | 63 |
Sommario |
Art. 1. Finalità. |
Art. 2. Interventi in materia di politiche del lavoro e integrazione sociale. |
Art. 3. Uguaglianza di opportunità nell’accesso ai percorsi formativi. |
Art. 4. Promozione della cultura professionale e dell’imprenditorialità. |
Art. 5. Responsabilità sociale delle imprese. |
Art. 6. Formazione del personale. |
Art. 7. Consenso informato ai trattamenti terapeutici. |
Art. 8. Modalità attuative. |
Art. 9. Patologie invalidanti. |
Art. 10. Compiti delle aziende unità sanitarie locali in materia di scelta dell’orientamento sessuale o della identità di genere. |
Art. 11. Finanziamento degli interventi e convenzionamento con associazioni private. |
Art. 12. Funzioni del Comitato regionale per le comunicazioni. |
Art. 13. Monitoraggio. |
Art. 14. Accesso. |
Art. 15. Promozione di eventi culturali. |
Art. 16. Divieto di discriminazione nei pubblici esercizi e nei servizi turistici e commerciali. |
§ 3.3.60 - L.R. 15 novembre 2004, n. 63.
Norme contro le discriminazioni determinate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere.
(B.U. 24 novembre 2004, n. 46).
Capo I
Principi generali
Art. 1. Finalità.
1. La Regione Toscana adotta, in attuazione dell’articolo 3 della Costituzione, politiche finalizzate a consentire a ogni persona la libera espressione e manifestazione del proprio orientamento sessuale e della propria identità di genere, e promuove il superamento delle situazioni di discriminazione.
2. La Regione Toscana garantisce il diritto all’autodeterminazione di ogni persona in ordine al proprio orientamento sessuale e alla propria identità di genere.
3. La Regione Toscana garantisce l’accesso a parità di condizioni agli interventi e ai servizi ricompresi nella potestà legislativa regionale, senza alcuna discriminazione determinata dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere.
Capo II
Disposizioni in materia di formazione
Sezione I
Disposizioni in materia di formazione professionale e politiche del lavoro
Art. 2. Interventi in materia di politiche del lavoro e integrazione sociale.
1. Il piano di indirizzo generale integrato di cui all’articolo 31, comma 3, della
2. Il sistema regionale per l’impiego disciplinato dalla
3. I transessuali e i “transgender” sono destinatari di specifiche politiche regionali del lavoro, quali soggetti esposti al rischio di esclusione sociale di cui all’articolo 21, comma 2, lettera c), della
Art. 3. Uguaglianza di opportunità nell’accesso ai percorsi formativi.
1. La Regione e le province garantiscono opportune misure di accompagnamento anche al fine di assicurare percorsi di formazione e di riqualificazione alle persone che risultino discriminate o esposte al rischio di esclusione sociale per motivi derivanti dall’orientamento sessuale o dalla identità di genere.
Art. 4. Promozione della cultura professionale e dell’imprenditorialità.
1. In coerenza con le strategie dell’Unione europea per lo sviluppo delle risorse umane, la Regione e le province favoriscono l’accrescimento della cultura professionale correlata all’acquisizione positiva dell’orientamento sessuale o dell’identità di genere di ciascuno.
2. La Regione e le province, anche attraverso il sistema regionale per l’impiego, supportano gli utenti nell’individuazione e costruzione di percorsi di formazione e inserimento lavorativo che valorizzino le qualità individuali e li indirizzano agli strumenti per la promozione e l’avvio di nuove imprese.
Art. 5. Responsabilità sociale delle imprese.
1. Le associazioni rappresentative dei diversi orientamenti sessuali e identità di genere, che non abbiano fini di lucro, sono da considerarsi parte interessata ai sensi della definizione 6 della norma “Social Accountability (SA) 8000”.
2. L’azienda in possesso della certificazione “Social Accountability (SA) 8000” deve consentire ai soggetti di cui al comma 1 lo svolgimento di verifiche di conformità delle condizioni di lavoro presso l’azienda ai criteri di cui al punto 5 (Discriminazione) di “Social Accountability (SA) 8000”.
3. La Commissione regionale permanente tripartita di cui all’articolo 23 della
Sezione II
Disposizioni in materia di formazione del personale regionale
Art. 6. Formazione del personale.
1. La Regione promuove l’adozione di modalità linguistiche e comportamentali ispirate alla considerazione e rispetto per ogni orientamento sessuale e identità di genere e individua altresì l’adozione di tali modalità tra gli obiettivi delle attività di formazione del personale dei suoi uffici ed enti.
2. La Regione attiva iniziative specifiche ed emana direttive da inserire nella programmazione delle attività di cui al comma 1.
3. Gli organi regionali tengono conto dei principi di cui all’articolo 1 nella redazione di codici di comportamento dei propri dipendenti.
Capo III
Disposizioni in materia di sanità e assistenza
Art. 7. Consenso informato ai trattamenti terapeutici.
1. Ciascuno ha diritto di designare la persona a cui gli operatori sanitari devono riferirsi per riceverne il consenso a un determinato trattamento terapeutico, qualora l’interessato versi in condizione di incapacità naturale e il pericolo di un grave pregiudizio alla sua salute o alla sua integrità fisica giustifichi l’urgenza e indifferibilità della decisione. [1]
2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica ai minori di anni diciotto. [2]
3. Nel caso di ricovero ospedaliero in strutture pubbliche o private è fatto obbligo agli operatori sanitari di verificare l’avvenuta manifestazione della dichiarazione, di cui al comma 1, e di darvi attuazione. [3]
4. La manifestazione di volontà, di cui al comma 1, garantisce altresì alla persona designata di prestare assistenza al malato in ogni fase della degenza, nel rispetto delle modalità definite dai regolamenti delle strutture di ricovero e cura. [4]
5. La richiesta di un trattamento sanitario, che abbia ad oggetto la modificazione dell’orientamento sessuale o dell’identità di genere per persona maggiore degli anni diciotto, deve provenire personalmente dall’interessato, il quale deve preventivamente ricevere un’adeguata informazione in ordine allo scopo e natura dell’intervento, alle sue conseguenze ed ai suoi rischi. [5]
Art. 8. Modalità attuative. [6]
1. La Regione, con proprio regolamento, disciplina le modalità per rendere la dichiarazione di volontà di cui all’articolo 7, comma 1.
2. Il regolamento disciplina in particolare:
a) la forma della dichiarazione;
b) le procedure per l’acquisizione della dichiarazione da parte delle strutture sanitarie competenti;
c) le modalità attraverso le quali la persona che deve essere sottoposta a un determinato trattamento terapeutico, qualora non abbia reso la dichiarazione di cui al comma 1 nella forma e secondo le procedure di cui alle lettere a) e b), può rendere una dichiarazione di volontà di contenuto ed effetti equivalenti, da registrare nella cartella clinica;
d) l’informazione agli utenti;
e) la costituzione e la gestione di una banca dati;
f) le garanzie a tutela della “privacy” degli utenti.
Art. 9. Patologie invalidanti.
1. La Regione garantisce il diritto di condurre un’esistenza libera e dignitosa a tutte le persone affette da patologie che comportino, anche in via temporanea, significative riduzioni dell’autosufficienza e necessità continuativa di prestazioni ospedaliere.
2. La Regione inserisce tra gli obiettivi della programmazione sanitaria:
a) la promozione di campagne di prevenzione specificamente orientate a categorie di cittadini sovraesposti all’insorgenza delle patologie, di cui al comma 1;
b) l’attuazione di interventi per il mantenimento dell’autonomia e dell’autosufficienza residua e per l’eventuale recupero degli esiti invalidanti;
c) la realizzazione di un sistema di servizi di assistenza domiciliare integrata e di spedalizzazione domiciliare.
Art. 10. Compiti delle aziende unità sanitarie locali in materia di scelta dell’orientamento sessuale o della identità di genere.
1. Le aziende unità sanitarie locali (aziende USL) assicurano adeguati interventi di informazione, consulenza e sostegno per rimuovere gli ostacoli alla libertà di scelta della persona circa il proprio orientamento sessuale o la propria identità di genere.
2. Le aziende USL e le altre amministrazioni pubbliche promuovono altresì il confronto culturale sulle tematiche familiari per favorire, senza pregiudizio delle diverse identità e dei diversi orientamenti sessuali, l’eguaglianza di opportunità di ogni genitore nell’assunzione di compiti di cura ed educazione dei propri figli nel rispetto dei diritti dei minori.
Art. 11. Finanziamento degli interventi e convenzionamento con associazioni private.
1. La Regione promuove l’attivazione degli interventi, di cui all’articolo 10, destinando appositi fondi del piano sanitario regionale.
2. Allo scopo di promuovere iniziative di particolare rilievo sociale sui temi della discriminazione e di istituire circuiti di informazione e di solidarietà tra gli utenti, le aziende USL possono stipulare convenzioni con le associazioni e i gruppi rappresentativi dei diversi orientamenti sessuali e identità di genere.
Capo IV
Disposizioni in materia di comitato regionale per le comunicazioni
Art. 12. Funzioni del Comitato regionale per le comunicazioni.
1. Il Comitato regionale per le comunicazioni (CORECOM) tiene conto dei principi di cui all’articolo 1 nell’esercizio delle funzioni proprie, attribuite dall’articolo 29 della
Art. 13. Monitoraggio.
1. Il CORECOM, nell’ambito delle funzioni di monitoraggio di cui all’articolo 29, comma 1, lettera a), numero 5), della
Art. 14. Accesso.
1. Il CORECOM, nell’ambito delle funzioni di disciplina dell’accesso radiofonico e televisivo regionale, di cui all’articolo 29, comma 1, lettera b), numero 1), della
Capo V
Disposizioni in materia di attività culturali, turistiche e commerciali
Art. 15. Promozione di eventi culturali.
1. La Regione e gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, favoriscono l’offerta di eventi culturali e forme di intrattenimento aperte ai diversi stili di vita, così come caratterizzati, tra l’altro, dall’orientamento sessuale, dall’identità di genere, dalle condizioni personali, opinioni religiose e identità etniche degli utenti.
Art. 16. Divieto di discriminazione nei pubblici esercizi e nei servizi turistici e commerciali.
1. Gli esercenti di pubblici esercizi non possono rifiutare le loro prestazioni, né erogarle a condizioni deteriori rispetto a quelle praticate alla generalità degli utenti senza un legittimo motivo e in particolare, fra l’altro, per motivi riconducibili all’orientamento sessuale o all’identità di genere. [7]
2. Il divieto di cui al comma 1 è esteso agli esercenti di professioni turistiche e di imprese commerciali. [8]
3. Le funzioni di vigilanza e di controllo sulla osservanza dei divieti, di cui ai commi 1 e 2, sono esercitate dai comuni. [9]
4. Chiunque contravvenga ai divieti di cui ai commi 1 e 2, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 516,00 euro a un massimo di 3.098,00 euro. [10]
[1] La Corte costituzionale, con sentenza 4 luglio 2006, n. 253, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma.
[2] La Corte costituzionale, con sentenza 4 luglio 2006, n. 253, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma.
[3] La Corte costituzionale, con sentenza 4 luglio 2006, n. 253, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma.
[4] La Corte costituzionale, con sentenza 4 luglio 2006, n. 253, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma.
[5] La Corte costituzionale, con sentenza 4 luglio 2006, n. 253, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma.
[6] La Corte costituzionale, con sentenza 4 luglio 2006, n. 253, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo.
[7] La Corte costituzionale, con sentenza 4 luglio 2006, n. 253, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma.
[8] La Corte costituzionale, con sentenza 4 luglio 2006, n. 253, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma.
[9] La Corte costituzionale, con sentenza 4 luglio 2006, n. 253, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma.
[10] La Corte costituzionale, con sentenza 4 luglio 2006, n. 253, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma.