Settore: | Codici regionali |
Regione: | Piemonte |
Materia: | 5. assetto e utilizzazione del territorio |
Capitolo: | 5.1 urbanistica |
Data: | 08/05/1996 |
Numero: | 7 |
§ 5.1.24 - Circolare P. Reg. 8 maggio 1996, n. 7/LAP.
L.R. 5 dicembre 1977, n. 56, e successive modifiche e integrazioni - Specifiche tecniche per l'elaborazione degli studi geologici a supporto degli strumenti urbanistici.
(B.U. 15 maggio 1996, n. 20).
INDICE
Premessa
1. Linee guida metodologiche
1.2.1. Prima fase
1.2.2. Seconda fase
1.2.3. Terza fase
1.3. Classe I
Classe II
Classe III
Classe IIIa)
Classe IIIb)
Classe IIIc)
2. Linee guida generali
3. Linee guida operative
4. Elaborati di carattere geologico
a corredo del P.R.G.C.
4.1. Raccolta sistematica dei dati esistenti
4.2. Scale di rilevamento
4.3. Supporti topografici e modalità esecutive
4.4. Prima Fase
4.4.1. Carta Geologico-Strutturale
4.4.2. Carta Geomorfologica e dei dissesti
4.4.3. Carta Geoidrologica
4.5. Seconda Fase
Carta di sintesi della pericolosità geomorfologica e dell'idoneità all'utilizzazione urbanistica
4.6. Terza Fase
Integrazioni cartografiche alla scala di piano
5. La relazione geologico-tecnica
6. Varianti
7. Allegati
A) Proposta di elaborati e cartografie
B) Criteri per l'esecuzione della ricerca storica
Premessa
Con la presente circolare, alla luce dei gravi e ricorrenti eventi alluvionali e dei molteplici fattori di pericolosità registrati nell'ambito del territorio regionale, si individua uno strumento di lavoro di costante riferimento di criteri ed indirizzi per la componente geologica nella pianificazione territoriale.
Si richiama l'importanza dell'azione di prevenzione del rischio esercitata dai Comuni della Regione, attraverso l'adozione, negli strumenti urbanistici generali ed esecutivi, degli elaborati geologici (relazione e cartografie), quali indispensabili conoscenze propedeutiche a tutti i livelli del processo di pianificazione, in grado di guidare le successive scelte urbanistiche.
Gli studi geologici ed i documenti di seguito elencati e descritti dovranno essere improntati a criteri di oggettività e correttezza scientifica, reale fattibilità, possibilità di verifica, individuando inoltre modalità di accesso ed interfaccia con le banche dati territoriali regionali e provinciali.
Detti documenti dovranno inoltre essere realizzati nel rispetto ed in armonia con quanto previsto dalle normative nazionali e regionali vigenti ed alle successive modifiche ed integrazioni ed in particolare a:
- L.R. 56/77 «Tutela ed uso del suolo» e successive modifiche ed integrazioni, e relativa Circ. 16/URE, per quanto non in contrasto con la presente circolare;
- L.R. 19/85 «Snellimento delle procedure di cui alla
- L.R. 45/89 «Nuove norme per gli interventi da eseguire in terreni sottoposti a vincolo per scopi idrogeologici - Abrogazione
- D.M. 11 marzo 1988 «Norme tecniche riguardanti le indagini sui terreni e sulle rocce, la stabilità dei pendii naturali e delle scarpate, i criteri generali e le prescrizioni per la progettazione, l'esecuzione e il collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di fondazione, emanato in attuazione dell'art. 1 della legge n. 64 del 2 febbraio 1974»;
- Legge 64/74 «Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche»;
-
- D.P.R. 236/88: «Attuazione della direttiva CEE n. 80/778 concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano, ai sensi dell'art. 15 della
- Legge 183/89 «Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo»;
- Autorità di Bacino del fiume Po - Deliberazione del Comitato Istituzionale n. 1995 del 10 maggio 1995 «Piano stralcio per la realizzazione degli interventi necessari al ripristino dell'assetto idraulico, alla eliminazione delle situazioni di dissesto idrogeologico e alla prevenzione dei rischi idrogeologici nonché per il ripristino delle aree di esondazione» - Bollettino Ufficiale Regione Piemonte - Supplemento straordinario al n. 32 del 9 agosto 1995;
- Autorità di Bacino del fiume Po -
La documentazione tecnica di seguito descritta dovrà essere redatta in conformità a quanto indicato e sottoscritta da esperti con specifica competenza in materia, ai sensi della
Si richiama infine l'attenzione delle S.S.L.L. affinché dette indagini siano sempre espletate prima di procedere a scelte di carattere urbanistico.
Si auspica infine che i professionisti incaricati forniscano i propri elaborati oltre che su supporto cartaceo anche su supporto magnetico, utilizzando possibilmente per il data base il formato DBF il formato TIFF per le immagini raster ed il formato DXF per le immagini vettoriali.
A decorrere dalla pubblicazione sul B.U.R. della presente circolare, i Comuni saranno obbligatoriamente tenuti ad affidare i futuri incarichi professionali, relativi agli studi geologici a supporto degli strumenti urbanistici, in conformità alle specifiche tecniche di seguito illustrate.
1. Linee guida metodologiche
Occorre premettere alcune definizioni della terminologia utilizzata.
1.1. Concetto di rischio geologico (da GOVI M. in Banca Dati Geologica pp. 17-18).
«Secondo la più recente letteratura internazionale (Tung & Mays 1981, U.S. Geol. Survey 1982 Projet Duti 1983, Canceill 1983, Haymes 1984, Varnes 1984, Hartlen & Viberg 1988, Einstein 1988), il rischio geologico è definito dalla probabilità che un determinato evento naturale si verifichi, incidendo sull'ambiente fisico in modo tale da recare danno all'uomo ed alle sue attività. La valutazione in termini probabilistici dell'instabilità potenziale, indipendentemente dalla presenza antropica, definisce invece il grado di pericolosità di una certa area in funzione della tipologia, della quantità e della frequenza dei processi che vi si possono innescare.
La pericolosità, dunque, si traduce in rischio non appena gli effetti dei fenomeni naturali implicano un costo socio-economico da valutarsi in relazione all'indice di valore attribuibile a ciascuna unità territoriale. Tale misura di valore socio-economico integra i parametri indicatori dei processi naturali nella determinazione dei diversi livelli di rischio».
In riferimento a quanto citato, l'intervento del geologo dovrà consistere nella valutazione della pericolosità delle aree oggetto di studio, tramite le metodologie di seguito esposte.
La determinazione della pericolosità acquista estrema importanza non solo in riferimento alle scelte di Piano Regolatore, ma anche nella definizione dei Piani Comunali di Protezione Civile.
In questo ambito, tenuto conto dei limiti imposti dalla L.R. 56/77 (artt. 13 e 30) si intende per pericolosità una valutazione di tipo geomorfologico intrinseco, che prescinde quindi da valutazioni di tipo probabilistico.
1.2. Per giungere ad una zonazione del territorio sulla base di quanto al punto precedente si prevedono 3 fasi operative.
1.2.1. Prima Fase
Analisi di tutti gli elementi di carattere geolitologico, geomorfologico, idrogeologico, idrologico, ecc. e di quant'altro consenta una valutazione oggettiva della propensione al dissesto dell'intero territorio comunale e, laddove necessario, per un intorno significativo al di fuori dei limiti amministrativi (carte tematiche alle scale opportune).
1.2.2. Seconda Fase
In questa fase la valutazione della tipologia e della quantità dei processi sulla base dei dati precedenti deve condurre alla zonazione dell'intero territorio comunale per aree omogenee dal punto di vista della pericolosità geomorfologica intrinseca, indipendentemente dai fattori antropici («Carta di sintesi della pericolosità geomorfologica e dell'idoneità all'utilizzazione urbanistica» alla scala opportuna).
La stessa cartografia riporterà, infatti, nell'apposita legenda, anche la descrizione della propensione all'uso urbanistico dei settori omogeneamente distinti secondo tre classi di idoneità d'uso.
Il documento cartografico relativo a questa fase, da ritenersi indispensabile, dovrà essere obbligatoriamente sottoscritto sia dal geologo che dall'urbanista (come peraltro già indicato dalla
1.2.3. Terza fase
La carta di sintesi della pericolosità geomorfologica e dell'idoneità all'utilizzazione urbanistica, di cui al punto precedente, elaborata su tutto il territorio alla scala 1:10.000, verrà ulteriormente dettagliata con cartografie alla scala di piano non inferiori al rapporto 1:5.000, per tutte le aree destinate a nuovi insediamenti, completamenti e interventi pubblici di particolare rilevanza estese ad un intorno significativo; come già previsto dalla Circolare n. 16/URE (punto 3.2.1.) «... devono essere rappresentate le perimetrazioni e la denominazione delle aree normative individuate dal piano, al fine di rendere evidenti le condizioni di edificabilità e d'uso di ciascuna di esse ....».
1.3. Per l'individuazione dell'idoneità all'utilizzazione urbanistica si propongono tre classi di idoneità:
Classe I
Porzioni di territorio dove le condizioni di pericolosità geomorfologica sono tali da non porre limitazioni alle scelte urbanistiche: gli interventi sia pubblici che privati sono di norma consentiti nel rispetto delle prescrizioni del D.M. 11 marzo 1988.
Classe II
Porzioni di territori nelle quali le condizioni di moderata pericolosità geomorfologica possono essere agevolmente superate attraverso l'adozione ed il rispetto di modesti accorgimenti tecnici esplicitati a livello di norme di attuazione ispirate al D.M. 11 marzo 1988 e realizzabili a livello di progetto esecutivo esclusivamente nell'ambito del singolo lotto edificatorio o dell'intorno significativo circostante.
Tali interventi non dovranno in alcun modo incidere negativamente sulle aree limitrofe, né condizionarne la propensione all'edificabilità.
Si riporta a titolo puramente indicativo, e non esaustivo, i seguenti esempi:
a) settori di territorio condizionati da modesti allagamenti dovuti all'azione antropica sul reticolato minore dove, comunque, l'azione delle acque di esondazione presenti caratteri di bassa energia e altezze di pochi centimetri;
b) in modo analogo ci si riferisce a quelle aree di pianura limitrofe a linee di drenaggio minori (acque non classificate, canali irrigui, fossi, ecc....), per le quali si evidenzia la necessità di interventi manutentivi (pulizia costante dell'alveo, rivestimento dei canali e dei fossi, adeguamento di attraversamenti, ecc...) e nelle quali il rischio di inondabilità, di acque sempre a bassa energia, sia legato esclusivamente alla scarsa manutenzione.
Classe III
Porzioni di territorio nelle quali gli elementi di pericolosità geomorfologica e di rischio, derivanti questi ultimi dalla urbanizzazione dell'area, sono tali da impedirne l'utilizzo qualora inedificate, richiedendo, viceversa, la previsione di interventi di riassetto territoriale a tutela del patrimonio esistente.
Classe IIIa)
Porzioni di territorio inedificate che presentano caratteri geomorfologici o idrogeologici che le rendono inidonee a nuovi insediamenti (aree dissestate, in frana, potenzialmente dissestabili o soggette a pericolo di valanghe, aree alluvionabili da acque di esondazione ad elevata energia).
Per le opere infrastrutturali di interesse pubblico non altrimenti localizzabili (con specifico riferimento ad es., ai parchi fluviali), vale quanto già indicato all'art. 31 della L.R. 56/77.
Classe IIIb)
Porzioni di territorio edificate nelle quali gli elementi di pericolosità geologica e di rischio sono tali da imporre in ogni caso interventi di riassetto territoriale di carattere pubblico a tutela del patrimonio urbanistico esistente.
In assenza di tali interventi di riassetto saranno consentite solo trasformazioni che non aumentino il carico antropico quali, a titolo di esempio, interventi di manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, risanamento conservativo, ecc...; per le opere di interesse pubblico non altrimenti localizzabili varrà quanto previsto dall'art. 31 della L.R. 56/77.
Nuove opere o nuove costruzioni saranno ammesse solo a seguito dell'attuazione degli interventi di riassetto e dell'avvenuta eliminazione e/o minimizzazione della pericolosità.
Gli strumenti attuativi del riassetto idrogeologico e i Piani Comunali di Protezione Civile dovranno essere reciprocamente coerenti.
Classe IIIc)
Porzioni di territorio edificate ad alta pericolosità geomorfologica e ad alto rischio, per le quali non è proponibile un'ulteriore utilizzazione urbanistica neppure per il patrimonio esistente, rispetto al quale dovranno essere adottati i provvedimenti di cui alla
Sono ovviamente ammesse tutte le opere di sistemazione idrogeologica, di tutela del territorio e di difesa del suolo.
In fase di predisposizione dello strumento urbanistico devono essere evidenziati i necessari interventi di riassetto idrogeologico atti a salvaguardare l'edificato; i comuni interessati dovranno tenere in adeguata considerazione l'esistenza di tali aree nella redazione del Piano Comunale di Protezione Civile, ai sensi della normativa vigente.
Per le opere infrastrutturali di interesse pubblico non altrimenti localizzabili (con specifico riferimento ad es. ai parchi fluviali), vale quanto già indicato all'art. 31 della L.R. 56/77.
2. - Linee guida generali
Le analisi e gli studi geologici dovranno prevedere:
2.1. Obbligatoriamente l'esecuzione una ricerca bibliografica delle pubblicazioni tecnico-scientifiche esistenti, da citare nella relazione geologica, la quale, nel caso delle varianti, dovrà assumere la valenza di un'analisi critica degli elaborati geologici a corredo dello strumento urbanistico esistente.
2.2. Obbligo di consultazione della documentazione pubblicata dalla Banca Dati Geologica Regionale.
2.3. Obbligo di eseguire e documentare (secondo quanto indicato in dettaglio nell'Allegato B) una ricerca storica degli eventi avvenuti in passato, condotta presso fonti predefinite a livello Comunale Provinciale e Regionale, che dovrà essere confrontata con le indicazioni della Banca Dati Geologica e risultare comunque verificabile.
2.4. In sede preliminare di progetto di piano le diverse problematiche possono essere affrontate privilegiando l'aspetto qualitativo. In sede definitiva/esecutiva, a fronte di ben evidenziate situazioni di pericolosità, è necessario che queste siano valutate sotto il profilo quantitativo, eventualmente anche attraverso l'esecuzione di indagini di carattere indiretto e diretto, al fine di valutare la fattibilità urbanistica delle previsioni. (Tale concetto è per altro già sviluppato nella norma del punto 3.2.7. della circolare 16/URE.).
2.5. Nello studio di qualsiasi problematica, per qualsiasi processo pianificatorio ed in particolare nello sviluppo degli strumenti urbanistici esecutivi, dovranno sempre essere prioritariamente indagati gli elementi di pericolosità che principalmente condizionano la vocazione urbanistica del territorio in esame, ad es.: non si potrà considerare caratterizzato da modesta pericolosità un settore in cui si rilevano discrete caratteristiche geotecniche quando lo stesso risulti potenzialmente inondabile o interessato da possibili crolli ecc....
2.6. Per il patrimonio urbanistico esistente l'analisi di rischio, comprensiva delle sue componenti antropiche ed economiche, deve essere mirata alla sua salvaguardia ed alla conseguente possibile riduzione del rischio stesso, in relazione anche al Piano Comunale di Protezione Civile Comunale (legge 225/92).
2.7. L'analisi dei diversi processi e fenomeni deve essere estesa all'intero territorio sul quale viene risentita la loro influenza, superando quindi i limiti di stretta pertinenza comunale, considerando che qualora il territorio comunale in esame sottenda un bacino di notevole espansione, rispetto al territorio indagato, è inevitabile che le analisi siano condotte ad una scelta di minor dettaglio.
3. - Linee guida operative
Vengono proposte le seguenti linee guida operative:
3.1. Devono essere censite le opere di difesa idraulica in base ad una apposita scheda di rilevamento analoga a quella prevista dalla
Pertanto, nel censimento delle opere esistenti, particolare attenzione andrà riservata alle opere che, oltre alla funzione meramente idraulica, possono anche rappresentare una difesa per il territorio circostante ed in particolare per i centri abitati.
Allo stesso modo, attraverso un'apposita scheda, andranno inoltre censite tutte le limitazioni al regolare deflusso idraulico, sia naturali che di origine antropica (strettoie naturali, ponti, passerelle, traverse di derivazione, intubamenti inscatolamenti e manufatti vari...), nell'ottica di una loro successiva modifica o rimozione.
3.2. Deve essere analizzato il reticolato idrografico minore sia naturale che artificiale attraverso un'adeguata valutazione delle tipologie d'alveo, delle granulometrie mobilizzabili sul fondo e delle pendenze, al fine d'individuare le modalità del deflusso delle acque, evidenziando gli eventuali punti critici e gli intubamenti.
3.3. Per le aree di pianura deve essere definito l'andamento della falda libera (soggiacenza, direzione di deflusso, gradiente idraulico, escursione) valutato sulla base di informazioni bibliografiche e/o attraverso misure realizzate in più periodi rappresentativi.
3.4. Deve essere descritto a livello generale l'assetto idrogeologico facendo riferimento a complessi omogenei su basi litostratigrafiche e geoidrologiche.
3.5. La delimitazione delle fasce di pertinenza della dinamica fluviale e torrentizia del reticolato idrografico sia principale che minore, deve essere condotta in base al criterio geomorfologico inteso come delimitazione delle fasce al contorno dell'alveo attivo, che può essere occupato dalla acque di piena (al riguardo si richiama l'attenzione sulla normativa dell'Autorità di Bacino emessa a seguito dei recenti eventi alluvionali, sottolineando che dal confronto tra le risultanze dell'analisi idraulica e di quella geomorfologica dovranno sempre essere applicati i limiti che risulteranno maggiormente cautelativi).
In assenza di evidenze geomorfologiche sarà comunque prevista l'applicazione delle fasce di rispetto individuate dall'art. 29, L.R. 56/77. Per quanto concerne l'applicazione del comma 4 dello stesso articolo, relativo alle fasce di rispetto dei corsi d'acqua nei centri abitati, si rammenta che questo potrà essere applicato solo nel caso che approfondita documentazione tecnica certifichi l'adeguatezza delle opere di protezione esistenti.
3.6. Le opere che per loro caratteristiche intrinseche devono essere necessariamente localizzate in aree topograficamente depresse (esempio: depuratori) sono ammissibili in aree inondabili solo se i fenomeni previsti sono stimabili di bassa energia e se opportunamente difese.
3.7. Per i settori di territorio collinare e montano dev'essere analizzata la situazione di stabilità pregressa, in atto o potenziale, di tutti i versanti con particolare riferimento alla definizione delle tipologie dei processi, loro aree di origine ed influenza, nonché ai seguenti fattori di stabilità:
- acclività;
- ruolo della copertura vegetale;
- caratteristiche litostratigrafiche e geotecniche dei terreni di copertura;
- caratteristiche geologico strutturali e geomeccaniche del substrato;
- azioni delle acque superficiali e sotterranee;
- indicatori morfologici che segnalino situazioni di instabilità pregressa;
- ruolo della presenza antropica;
- ruolo, valutato principalmente a livello qualitativo, delle opere di presidio idrogeologico eventualmente presenti.
3.8. Per le aree montane dovrà essere analizzata anche la pericolosità valanghiva in relazione al contesto orografico e meteoclimatico, alla eventuale presenza di opere di protezione ed al ruolo dell'azione antropica.
3.9. Per la definizione delle aree di pertinenza fluviale e nella loro pianificazione territoriale (interventi urbanistici pubblici e privati, usi agricoli, regimazioni, ecc...) dovrà essere fatto riferimento alla classificazione ed ai criteri indicati dal «Progetto di Piano stralcio delle Fasce fluviali» di cui alla
Sono pertanto da evitare quelle pratiche che possono favorire il processo accelerato di erosione superficiale (aratura profonda o «a rittochino», ecc...).
3.10. I seguenti principi dovranno essere recepiti diventando parte integrante delle Norme di Attuazione del piano:
- La copertura dei corsi d'acqua, principali o del reticolato minore, mediante tubi o scatolari anche di ampia sezione non è ammessa in nessun caso.
- Le opere di attraversamento stradale dei corsi d'acqua dovranno essere realizzate mediante ponti, in maniera tale che la larghezza della sezione di deflusso non vada in modo alcuno a ridurre la lunghezza dell'alveo «a rive piene» misurata a monte dell'opera; questo indipendentemente dalle risultanze della verifica delle portate.
- Non sono ammesse occlusioni, anche parziali, dei corsi d'acqua incluse le zone di testata tramite riporti vari.
- Nel caso di corsi d'acqua arginati e di opere idrauliche dev'essere garantita la percorribilità, possibilmente veicolare, delle sponde a fini ispettivi e manutentivi.
4. - Elaborati di carattere geologico a corredo del P.R.G.
Con riferimento alla
4.1. Raccolta sistematica dei dati esistenti
In un apposito capitolo della relazione di accompagnamento devono essere evidenziati, dove esistenti, dati e notizie, aggiornati all'ultimo evento alluvionale e/o dissestivo, relativi a:
- studi e rilievi già eseguiti sia attraverso fonti di tipo bibliografico che tramite l'esame di precedenti indagini a livello di P.R.G.;
- informazioni provenienti dalla Banca Dati Geologica regionale con estratti cartografici;
- ricerche storiche sui dissesti avvenuti dedotti da uffici tecnici, archivi locali, fonti orali, ecc..., da condursi con le metodologie illustrate al precedente punto 2.3. e sulla base di quanto indicato nell'Allegato B;
- dati relativi a campagne di prospezioni geognostiche sia dirette che indirette;
- dati relativi a interventi di sistemazione idrogeologica eseguiti in passato o in corso di realizzazione.
4.2. Scale di rilevamento
Per l'intero territorio la scala di rilevamento sarà 1:10.000/1:5.000 mentre per le aree urbanizzate o da urbanizzare essa sarà 1:5.000/1:2.000.
I criteri di scelta tra le diverse scale devono essere improntati:
- per l'intero territorio, alla quantità e importanza delle tematiche che possono influire sull'analisi dello stesso anche indipendentemente dall'urbanizzazione (es. aree dissestate da bonificare, aree di pregio paesaggistico o naturalistico);
- per le aree urbanizzate o da urbanizzare, alla necessità di sovrapposizione con le Carte di Piano utilizzate dall'urbanista ed eventualmente a scala diversa da quelle indicate.
4.3. Supporti topografici e modalità esecutive
I supporti da utilizzare saranno preferibilmente:
- la Carta Tecnica Regionale alla scala 1:10.000 eventualmente ingrandita per via fotostatica;
- la Carta Catastale con sovrapposizione delle curve di livello dedotte dalla precedente;
- altri supporti migliori se disponibili.
Devono essere inoltrate alla Regione, a corredo degli strumenti urbanistici nel numero di copie richieste dalla già citata
E' opportuno che una ulteriore copia degli elaborati sia redatta a colori.
4.4. Prima Fase: tematismi
4.4.1. Carta geologico-strutturale
Questo documento, corredato da sezioni rappresentative, dovrà permettere l'analisi geologico-strutturale dell'intero territorio comunale nonchè, se necessario, di un intorno significativo al di fuori dei limiti amministrativi.
Per la sua stesura si dovrà fare riferimento:
- alla bibliografia geologica;
- ad analogo materiale cartografico di recente produzione;
- alla normativa ufficiale relativa alla nomenclatura e alle procedure di rilevamento (Servizio Geologico Nazionale Quaderni Serie III volume I «Carta geologica d'Italia - 1:50.000 Guida al rilevamento» a cura del C.N.R. - Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato - marzo 1992). Le verifiche sul terreno, in presenza di documentazione esistente di adeguato e sufficiente livello, potranno essere limitate al controllo della coincidenza dei limiti delle varie unità geologico-strutturali relativamente al diverso supporto topografico utilizzato.
In ogni caso, aggiornamenti e modifiche delle fonti ufficiali dovranno sempre essere condotte sulla base di rilievi di campagna, con particolare riguardo alla verifica della distribuzione degli affioramenti ed al loro rapporto con le coperture.
4.4.2. Carta geomorfologica e dei dissesti
Anche questo documento dovrà essere esteso a tutto il territorio comunale e ad un intorno significativo nel caso di bacini idrografici e dissesti che abbiano origine al di fuori dei limiti amministrativi (in sintonia con quanto detto al punto 4.7.). Quando possibile, essa dovrà essere allestita mediante fotointerpretazione e approfondite verifiche sul terreno. Si dovranno in particolare rappresentare gli elementi morfologici presenti sul territorio, interpretandone la genesi in funzione dei processi geomorfologici attuali e passati e stabilendone lo stato di attività.
Per le legende si dovrà fare riferimento alla letteratura consolidata esistente, quale, ad esempio, quella utilizzata dalla Banca Dati Geologica Regionale ed a quelle elaborate a livello nazionale (Servizio Geologico Nazionale Quaderni Serie III volume IV «Carta geomorfologica d'Italia - 1:50.000 Guida al rilevamento» a cura del Gruppo di Lavoro per la Cartografia Geomorfologica - Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato - 1994), in particolare per i seguenti tematismi:
- dinamica dei versanti (franosità, settori di versante vulnerabili);
- dinamica fluviale e torrentizia (alveo-tipi e portate, conoidi potenzialmente attive, aree inondabili).
Per tutti gli eventuali approfondimenti e l'individuazione di ulteriori tematismi (tipologie e dinamiche dei dissesti, valanghe ecc...) si dovrà fare sempre riferimento, nella loro rappresentazione, a nomenclature e procedure di rilevamento ufficialmente accreditate a livello nazionale e/o internazionale (vedi Varnes; Atlante SCAI; metodologia AINEVA riportata nella pubblicazione «Neve e Valanghe» n. 13 - luglio 1991, ecc....).
Per quanto riguarda invece il rilevamento di opere idrauliche potrà essere utilizzato il modello già in uso nelle aree sismiche e contenuto nella
4.4.3. Carta geoidrologica
La carta deve rappresentare il territorio sulla base del reticolato idrografico superficiale naturale ed artificiale, dei relativi bacini e sottobacini e dei complessi litologici omogenei dal punto di vista del comportamento geoidrologico. Per le aree di pianura dev'essere ricostruita, sulla base di complessi omogenei sotto il profilo stratigrafico, almeno una sezione rappresentativa dell'assetto idrogeologico del territorio. Lo strumento cartografico deve fornire anche informazioni circa le caratteristiche idrauliche principali della falda idrica libera, ottenute con almeno tre punti di misura. La piezometria deve quindi contenere, oltre alle linee isopieze con equidistanza possibilmente non superiore al metro, l'ubicazione dei punti di misura accanto ai quali devono essere riportate:
- profondità del pozzo (se nota);
- soggiacenza della superficie piezometrica;
- quota assoluta della superficie piezometrica.
Per quanto riguarda la direzione di deflusso dev'essere riportata la componente prevalente. Deve essere sempre indicato il periodo di esecuzione delle campagne di misura.
Nella relazione di accompagnamento si dovrà quantificare, qualora non altrimenti possibile attraverso ripetute misure, almeno l'ordine di grandezza dell'escursione della falda libera desunto da fonti bibliografiche che dovranno essere sempre citate.
Dovranno essere riportati sulla carta tutti i pozzi attivi e non (possibilmente suddivisi in relazione alla tipologia del sistema acquifero
- libero o confinato - intercettato), le sorgenti captate e non, le
risorgive.
Per le opere di captazione pubbliche ad uso potabile devono essere riportate le aree di salvaguardia ai sensi del D.P.R. 236/88 (Zona di Tutela Assoluta e Zona di Rispetto) oppure, se ridefinite in base al criterio idrogeologico, ai sensi della
Anche nella stesura di questa carta, per la definizione delle legende si dovrà fare riferimento a nomenclature e procedure di rilevamento ufficialmente accreditate (Servizio Geologico Nazionale Quaderni Serie III volume V «Carta idrogeologica d'Italia - 1:50.000 Guida al rilevamento e alla rappresentazione A.A.V.V. - Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato - 1995).
4.5. Seconda Fase: «Carta di sintesi della pericolosità geomorfologica e dell'idoneità all'utilizzazione urbanistica»
Questo documento ha lo scopo di fornire il quadro dello stato del territorio sotto il profilo della sua pericolosità, in termini possibilmente di facile comprensione anche per gli altri tecnici coinvolti nel processo pianificatorio ed in particolare al coordinatore e al progettista dello strumento urbanistico. La carta dovrà essere approntata tenendo presente quanto esposto al punto 1.1. circa il concetto di pericolosità e pertanto dovrà contenere, rappresentati per zone omogenee, le indicazioni riguardanti la tipologia e la quantità dei fenomeni geomorfologici attivi o potenzialmente attivabili (processi lungo i versanti e la rete idrografica sia principale sia minore: frane, fenomeni torrentizi, alluvionamenti ecc.).
Dovranno altresì essere evidenziate le situazioni relative a scadenti o pessime caratteristiche geomeccaniche degli ammassi rocciosi e proprietà geotecniche dei terreni di fondazione.
Devono essere indicate le aree di salvaguardia dei pozzi idropotabili, delimitate ai sensi del D.P.R. 236/88 e della
Sempre nello stesso strumento cartografico è bene che siano anche evidenziate le aree che possono rivestire, in senso geologico, un interesse di carattere scientifico-naturalistico, quali ad es. depositi fossiliferi ecc....
4.6. Terza Fase: «Integrazioni cartografiche alla scala di piano»
L'individuazione delle aree oggetto di questa fase dovrà avvenire sulla scorta di uno stretto confronto con il tecnico urbanista.
La stesura di questi strumenti cartografici dovrà essere condotta per aree omogenee utilizzando la suddivisione in classi di idoneità geologica alla trasformazione urbanistica proposta al punto 1.2.3. del presente documento.
Contestualmente dovranno essere riportati i vincoli insistenti sul territorio e di specifico interesse ai fini del processo di pianificazione: vincolo idrogeologico, ambientale, minerario, aree sismiche nonchè vincoli scaturiti da precedenti atti di pianificazione o relativi ad eventuali disposizioni di trasferimento e consolidamento, ai sensi della
5. La Relazione Geologico-Tecnica
La relazione geologico-tecnica ai sensi della L.R. 56/77 art. 14 punto 2b (nella quale è prevista l'illustrazione delle aree interessate da nuovi insediamenti o dalle opere pubbliche di particolare importanza), dovrà inoltre descrivere le metodologie di lavoro, il materiale bibliografico raccolto e consultato, il lavoro di terreno, le cartografie prodotte in riferimento a tutto il territorio indagato.
Per quanto riguarda i contenuti della relazione geologico-tecnica relativamente alle aree interessate da nuovi insediamenti o da opere pubbliche di particolare importanza, si ribadisce la validità dei contenuti del punto 3.2.7. della Circolare 16/URE. Sia la documentazione cartografica che le indicazioni esecutive dovranno essere assolutamente coerenti con le risultanze della «Carta di sintesi della pericolosità geomorfologica e dell'idoneità alla utilizzazione urbanistica».
Le prescrizioni di carattere geologico-tecnico relative a ciascuna area devono divenire norma tecnica di attuazione e pertanto è opportuno che vengano redatte sotto forma di scheda monografica e sempre con esplicito riferimento al D.M. LL.PP. 11 marzo 1988.
In particolare in ciascuna scheda saranno descritti nel dettaglio i seguenti aspetti:
- destinazione prevista e tipo d'insediamento;
- caratteristiche litostratigrafiche e geomorfologiche di dettaglio;
- condizione di pericolosità connesse con l'intervento previsto;
- modalità esecutive dell'intervento;
- definizione di massima delle indagini da eseguirsi a livello di progetto esecutivo.
Per quanto riguarda le opere pubbliche di particolare importanza quali:
a) gallerie: vanno cartografate e descritte segnalando in linea di massima i rischi derivabili dalla loro realizzazione ed il possibile impatto (captazione di sorgenti, stabilità dei versanti ecc...)
b) strade: vanno cartografate e descritte segnalando le problematiche d'impatto sul territorio, considerando che nelle zone potenzialmente esondabili queste non dovranno costituire ostacolo ai regolari deflussi e pertanto, se non ubicabili altrove, potranno essere realizzate a raso, in viadotto o in rilevato con opportuni fornici;
nel caso di versanti a stabilità incerta, qualora le viabilità non potessero essere realizzate altrove, si dovranno fornire in linea di massima le indicazioni necessarie per garantirne la fattibilità.
6. Varianti
Se si tratta di realizzare un P.R.G.C. o un nuovo P.R.G.C. (fasi preliminare e definitiva) si applica lo standard di lavoro finora descritto, nel caso di Varianti o di Strumenti Urbanistici Esecutivi, le indagini andranno sviluppate in modo del tutto analogo a quello descritto, ma estese solo ad un intorno geomorfologicamente significativo alle aree in esame.
Qualora la variante sia di carattere generale si dovrà valutare criticamente la documentazione geologica prodotta dallo strumento urbanistico esistente e qualora essa risulti carente, in riferimento al presente standard di lavoro e/o ad eventi alluvionali nel frattempo avvenuti, essa dovrà essere opportunamente adeguata ed integrata su tutto il territorio comunale.
Se, nell'ambito delle indagini di variante, vengono individuate aree a rischio relativamente al patrimonio edilizio esistente ma non oggetto di variante, è necessario che le indagini vengano estese a tutta l'area urbanizzata compresa nella zona di rischio al fine di delimitarne i margini e provvedere alle successive operazioni di salvaguardia.
7. Allegati
Allegato A
PROPOSTA DI ELABORATI E CARTOGRAFIE
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PRIMA FASE
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Scala 1:10.000 Estesa a tutto il territorio comunale
A) Territori montani
1) geologico-strutturale
2) geomorfologica, dei dissesti, della din. fluviale e del reticolato idrografico minore
3) carta delle valanghe
4) carta geoidrologica
5) carta dell'acclività
6) carta delle opere di difesa idraulica censite
7) carta della caratterizzazione litotecnica dei terreni
B) Territori di Pianura
1) geomorfologica e dei dissesti
2) carta della dinamica fluviale e del reticolato idrografico superficiale
3) carta geoidrologica e schema litostratigrafico
4) carta dell'acclività
5) carta delle opere di difesa idraulica censite
6) carta della caratterizzazione litotecnica dei terreni
C) Territori di collina
Ibrido tra A e B
Fatta salva la chiarezza rappresentativa di ciascun elaborato, si ritiene
che, in presenza di un numero limitato di elementi, possano essere
raggruppati più tematismi riducendo quindi il numero delle carte da
produrre.
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SECONDA FASE
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Scala 1:10.000 estesa a tutto il territorio comunale
Carta di sintesi della pericolosità geomorfologica e dell'idoneità
all'utilizzazione urbanistica
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TERZA FASE
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Carta alla Scala di Piano per intorni significativi
Integrazioni cartografiche alla scala di piano
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DEFINIZIONE DI MINIMA DEI TEMATISMI DA AFFRONTARE IN CARTOGRAFIA
A - Territorio montani
A1) Carta geologico-strutturale
Substrato:
- Rilevamento e delimitazione degli affioramenti (nel limite del possibile, per le aree di maggior interesse urbanistico)
- Schema tettonico
- Distinzioni litologiche sulla base della bibliografia geologica
- Individuazione della giacitura dei corpi rocciosi
- Caratteristiche deformative principali: tipologia, ubicazione
- Profili geologici
Coperture:
- Tipologia (depositi eluviali/colluviali, accumuli morenici, depositi glaciali, accumuli detritici, accumuli di frana ecc.)
- Eventuali indicazioni sulle potenze approssimative
A2) Carta geomorfologica, dei dissesti e della dinamica fluviale e del reticolo idrografico minore
- Roccia affiorante indifferenziata o eventualmente distinta per gruppi omogenei dal punto di vista delle proprietà meccaniche dell'ammasso roccioso
- Roccia subaffiorante
- Coperture distinte per tipo (vedi carta geologico-strutturale)
- Dissesti (movimenti gravitativi passati-attuali, quiescenti e non quiescenti):
- Orli di frana -
corpi di accumulo - Ruscellamenti
- Deformazioni
gravitative profonde - Ristagni
- Coni di detrito
attivi/inerbiti - Doppie creste
- Conoidi attivi/
quiescenti/inattivi - Rotture di pendenza
- Aree depresse possibili sede di ristagni
- Morfologie carsiche
- Dissesti non cartografabili alla scala di rappresentazione
- Dinamica fluviale: vedi aree di pianura
A3) Carta delle valanghe
- Zone di distacco
- Zone di scorrimento
- Zone di accumulo
Data l'importanza della problematica valanghiva nelle zone montane, si propone l'elaborazione di una carta specifica, eventualmente semplificata rispetto a quelle prodotte dal Settore Geologico (vedi «Carta di localizzazione probabile delle valanghe nel Comune di Bardonecchia» Regione Piemonte - Assessorato alla Difesa del Suolo e Governo Risorse Idriche Settore Prevenzione Rischio Geologico, Meteorologico e Sismico 1ª Edizione Anno 1993), basata su parametri:
- geomorfologici: acclività, vegetazione, sbarramenti antropici, ecc.
- storici: bibliografici, comunicazioni verbali, ecc.
A4) Carta geoidrologica
- Vedi paragrafo 4.4.3.
A5) Carta dell'acclività
Le classi di acclività dovranno essere individuate specificamente per gli ambiti di montagna, collina e pianura.
Esse dovranno inoltre essere definite tenendo conto dei possibili risvolti applicativi tipici di ogni ambiente.
Orientativamente per le aree di montagna e di collina è opportuno non distinguere classi di acclività oltre i 35°.
Per le aree di pianura occorrerà invece estendere il dettaglio al di sotto dei 10+15°. A tale proposito si segnala che il settore cartografico regionale ha già a disposizione i dati numerici per la definizione di tali carte dell'acclività, tuttavia, al momento, non ancora elaborate.
A6) Carta delle opere di difesa idraulica censite
Su questa carta, secondo grafismi convenzionali (vedi allegato alla
A7) Carta della caratterizzazione litotecnica dei terreni
Sulla base del rilevamento geolitologico e della raccolta dei dati geologici e geotecnici esistenti si deve pervenire al raggruppamento dei terreni in considerazione delle loro caratteristiche litotecniche associate a parametri geotecnici rilevati o stimati in base a dati di letteratura.
B - Territori di pianura
B1) Carta geomorfologica e dei dissesti
Vedi A2)
B2) Carta della dinamica fluviale e del reticolo idrografico minore
- Alveo di piena dei corsi d'acqua naturali ed artificiali
- Laghi
- Depositi alluvionali: attuali
- recenti
- medio-recenti
- antichi
- Battute di sponda
- Sponde in erosione
- Paleoalvei
- Punti di possibile tracimazione
- Zone depresse nel territorio, possibili sedi di ristagni
- Sezioni di deflusso insufficienti
- Aree potenzialmente inondabili da acque di esondazione ad alta, media o bassa energia
- Conoidi attivi/quiescenti/inattivi
- Orli di scarpata, terrazzi stabili ed instabili
- Aree con colture arboree d'alto fusto in settori di pertinenza della dinamica fluviale
B3) Carta geoidrologica e schema litostratigrafico
Vedi A4)
B4) Carta dell'acclività
Vedi A5)
B4) Carta delle opere di difesa idraulica censite
Vedi A6)
B4) Carta della caratterizzazione litotecnica dei terreni
Vedi A7)
Allegato B
CRITERI PER L'ESECUZIONE DELLA RICERCA STORICA
Nello sviluppo della ricerca storica occorre siano svolti specifici studi volti ad acquisire il patrimonio conoscitivo sui processi di instabilità pregressi, mediante accurate ricerche da svolgere presso gli archivi locali, ove possibile integrate da testimonianze dirette (almeno per gli eventi più significativi).
La raccolta e l'analisi delle notizie storiche inerenti i dissesti debbono consentire, per l'area in esame (es. territorio comunale) la ricostruzione cronologica degli eventi e degli effetti, la descrizione delle principali tipologie dissestive e la localizzazione delle zone particolarmente colpite.
L'esame storico deve abbracciare un arco di tempo sufficientemente ampio e relativo, per lo meno, all'ultimo secolo, senza tralasciare notizie precedenti, quando di rilevante importanza.
Al fine di una corretta valutazione delle informazioni, è indispensabile che tutte le fasi dell'analisi storica siano svolte con la partecipazione di personale esperto (geologo) in grado di vagliare criticamente il dato originale.
Le informazioni minime previste per la raccolta di ogni notizia sono le seguenti:
- titolo del documento;
- fonte di provenienza (es. archivio comunale, biblioteca, testimonianze locali, ecc.);
- data del documento;
- data del fenomeno;
- tipologia del fenomeno ed eventuale dinamica; quando risulti possibile è importante evidenziare eventuali dati quantitativi (es. altezza idrometrica, fronti frane, dimensioni, spessori, ora innesco, velocità evoluzione, ecc.);
- danni ed effetti;
- località coinvolta/e;
- autore.
Nel caso di processi legati ai corsi d'acqua, è opportuno specificarne il nome.
Per ogni notizia storica oltre alla compilazione delle voci su elencate dovrebbe essere fornita:
- la fotocopia del documento originale;
- l'ubicazione del dissesto (anche sommaria se non individuabile correttamente in base al documento storico) sulla cartografia tecnica regionale CTR in scala 1:10.000 ed, in assenza, su tavoletta IGM in scala 1:25.000.
La ricerca storica deve essere corredata da specifica relazione finalizzata a fornire un quadro sintetico di quanto raccolto, definendo, nei termini del possibile, la tipologia dei dissesti in relazione a dinamica evolutiva, caratteristiche cinematiche e distribuzione spazio- temporale degli eventi. La relazione tecnica deve inoltre contenere una specifica cartografia tematica di sintesi.
Tutto il materiale acquisito (relazioni, schede, documenti e cartografie) verrà prodotto in duplice copia, una delle quali indirizzata al Settore Geologico della Regione Piemonte.