§ 95.27.25 - Circolare 22 giugno 1994, n. 95.

Settore:Normativa nazionale
Materia:95. Tributi
Capitolo:95.27 tributi locali
Data:22/06/1994
Numero:95

§ 95.27.25 - Circolare 22 giugno 1994, n. 95. [1]

 

     Con la circolare n. 1 del 15 gennaio 1994 è stata richiamata l'attenzione sui primi adempimenti per l'applicazione del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507 (Suppl. n. 108 alla G.U. n. 288/93) di riordino della disciplina della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani in attuazione dei criteri di razionalizzazione e di aggiornamento dettati dalla legge di delega 23 ottobre 1992, n. 421.

     Con la presente circolare si forniscono ulteriori chiarimenti sull'applicazione a regime della nuova normativa nonché sulle implicazioni delle modificazioni apportate con la legge 22 febbraio 1994, n. 146 (legge comunitaria 1993, Suppl. n. 39 alla G.U. n. 52/94) nonché della disciplina speciale dei residui destinati al riutilizzo recata dal D.L. 6 maggio 1994, n. 279 (G.U. n. 107 del 1994) in corso di conversione.

     Nel ribadire la sostanziale continuità del tributo, disciplinato con norme autonome rispetto al testo unico per la finanza locale approvato con R.D. 14 settembre 1931, n. 1175 ed al D.P.R. 10 settembre 1982, n. 915 e successive modificazioni, si evidenziano le principali innovazioni apportate dal D.Lgs. n. 507/93, riguardanti in sintesi: l'esclusione dall'ambito della tassa del costo dello smaltimento dei servizi esterni giacenti nei luoghi pubblici o di uso pubblico, l'adozione di più precisi parametri di commisurazione della tassa con la previsione di limitate possibilità di fornire la prova contraria alla presunzione di potenzialità dei rifiuti, l'ampliamento della base imponibile e dei poteri strumentali dei comuni, la semplificazione delle procedure e dei termini per l'accertamento e la riscossione del tributo.

     Nell'art. 58 sono stati riprodotti gli elementi costitutivi tradizionali del tributo, che viene nuovamente limitato allo smaltimento dei soli rifiuti solidi urbani interni, cioè provenienti da locali ed aree in uso esclusivo (non in uso pubblico) come indicati all'art. 2, comma terzo, nn. 1 e 2 del D.P.R. 10 settembre 1982, n. 915 [rifiuti urbani interni, ordinari ed ingombranti, compresi i rifiuti urbani pericolosi da conferire al servizio pubblico sia pure con particolari modalità di raccolta ai sensi dell'art. 8, secondo comma, lett. d) del citato D.P.R. 915/82]. Mentre è stata omessa la menzione analitica delle varie fasi del servizio, in quanto rilevabili dall'art. 1 del D.P.R. 915/82 (da revisionare, peraltro, in attuazione dell'art. 38 della legge comunitaria n. 146/94 citata), vengono puntualmente indicati i luoghi, corrispondenti agli agglomerati individuati dall'ordinamento ecografico (legge 24 dicembre 1954, n. 1228 - D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223), in cui il servizio di nettezza urbana in regime di privativa è obbligatorio per i comuni ai sensi dell'art. 3, primo comma, e dell'art. 8 del D.P.R. 915/82.

     I - Modalità di svolgimento del servizio

     Con l'art. 59, comma 1, viene riaffermata la necessità di disciplinare con l'apposito regolamento di nettezza urbana l'ambito e le modalità di svolgimento del servizio, in quanto rilevanti ai fini dell'applicazione della tassa, che per sua natura non può prescindere dalle condizioni minime di sussistenza e di adeguatezza del servizio, secondo i criteri affermati dalla consolidata giurisprudenza la quale, per la legittimità della pretesa fiscale esige modalità di svolgimento del servizio tali che l'utente possa agevolmente avvalersene (comma 4).

     Si ribadisce, pertanto, quanto segnalato nella circolare n. 1 del 1994 in ordine alla necessità di adeguare in tal senso il regolamento di nettezza urbana da richiamare nel regolamento riguardante la tassa e da trasmettere per stralcio a questa Direzione centrale.

     Al comma 2 viene espressamente prevista la possibilità di estensione del servizio in regime di privativa a zone del territorio comunale (insediamenti e case sparse) diverse da quelle in cui il servizio è obbligatorio per legge e la perimetrazione è meramente ricognitiva (centri, nuclei abitati, frazioni, compresi i centri commerciali e produttivi integrati).

     Pur essendo venuto meno il riferimento del tributo anche al costo del servizio collettivo per i rifiuti esterni, viene confermato per le superfici site fuori della zona di raccolta dei rifiuti interni l'obbligo del pagamento della tassa in misura ridotta, ma non più "comunque dovuta" nel limite del trenta per cento, ma variabile in base alla distanza dalla zona servita, non superiore al quaranta per cento del tributo. Ciò in quanto, pur mancando la fase della raccolta ed in parte del trasporto, vengono effettuate le residue e sempre più onerose fasi del servizio di smaltimento dei rifiuti urbani, che l'utente non può disperdere nell'ambiente (stante il divieto di cui all'art. 9 del D.P.R. 915/82) ed è tenuto a conferire al servizio pubblico (comma 3).

     Da ciò consegue che la normale tariffa non può essere ridotta in tali casi a misura inferiore ad un certo limite, anche per evitare l'antieconomicità della riscossione del tributo, che può risultare esiguo qualora concorrano condizioni di ulteriore attenuazione o riduzione tariffaria ai sensi degli artt. 66 e 67.

     In base ai commi 5 e 6, mentre la mancata fruizione del servizio (entro o fuori la zona di raccolta) imputabile al contribuente non comporta alcun esonero o riduzione del tributo stante l'obbligo di avvalersi del servizio stesso, la prevista limitazione stagionale di questo o la prolungata interruzione del medesimo, riconosciuta pregiudizievole, comporta per il periodo di mancato svolgimento del servizio l'esonero dal tributo, fermo restando l'obbligo del pagamento nella misura ridotta di cui al comma 2.

     Come già in parte chiarito nella circ. n. 1 del 1994, l'art. 60 era inteso a dare attuazione al criterio della legge di delega di definire modalità certe di esercizio del preesistente potere comunale (desumibile dall'art. 2, comma quarto, n. 1, seconda parte del D.P.R. 915/82 secondo l'interpretazione confermata con delibera interministeriale del 13 dicembre 1984) di assimilare ad ogni effetto (cioè ai fini del conferimento al servizio pubblico e della tassazione) ai rifiuti urbani i rifiuti propri di attività artigianali, commerciali e di servizi (esclusi quindi quelli industriali, agricoli o comunque qualificati speciali per legge e quelli soggetti ad una disciplina diversa dal D.P.R. 915/82) nel rispetto dei criteri tecnici generali di assimilazione dettati per i rifiuti già speciali al solo fine dell'individuazione delle modalità di discarica o di trattamento finale, dalla delibera interministeriale del 27 luglio 1984 in attuazione dell'art. 4, lett. e) del D.P.R. n. 915/82.

     Senonché, con l'art. 39, comma 3 della legge 22 febbraio 1994, n. 146 sopracitata, l'art. 60 è stato abrogato (unitamente ai riferimenti ai "rifiuti equiparati" contenuti nelle altre disposizioni del D.Lgs. n. 507). Tale abrogazione non può intendersi limitata al disposto dell'art. 60 (che prescriveva soltanto modalità esplicite per l'assimilazione) ma sembra coinvolgere la sussistenza stessa dell'indicato potere comunale di assimilazione ad ogni effetto. Infatti è da ritenere che con il comma 1 dell'art. 39 in esame si sia inteso operare per legge l'assimilazione ad ogni effetto ai rifiuti urbani dei rifiuti che (sebbene denominati "speciali" in senso atecnico) sono individuati, nella loro oggettiva qualità e non in relazione alla quantità o provenienza con un rinvio ricettizio ai "rifiuti speciali indicati al n. 1, punto 1.1.1, lett. a) della delibera interministeriale del 27 luglio 1984". Tale assimilazione operata per legge, sostituendosi al potere discrezionale dei comuni, comporta l'abrogazione implicita della citata seconda parte del n. 1, comma quarto, dell'art. 2 del D.P.R. n. 915/82, disposizione dalla quale veniva desunto - come sopra indicato - il potere comunale di assimilazione ad ogni effetto, che pertanto è da ritenere cessato dall'entrata in vigore dell'art. 39 [19 marzo 1994], atteso che il potere medesimo poteva essere esercitato soltanto con riferimento ai rifiuti indicati al predetto punto 1.1.1 [lett. a)] della D.I. 1984.

     Il comma 2 dell'articolo 39 conferma quanto già desumibile dal vigente art. 3 del D.P.R. n. 915/82, che cioè il comune può effettuare servizi integrativi di smaltimento a corrispettivo dei rifiuti speciali assimilabili ai rifiuti urbani e non anche, ovviamente, dei rifiuti urbani ordinari o assimilati ad ogni effetto, che sono oggetto esclusivo del servizio pubblico in regime di privativa.

     L'indicata estensione, per assimilazione legale, della categoria sottoposta al regime dei rifiuti urbani comporta:

     a) l'obbligo del conferimento al servizio pubblico di tutti i rifiuti assimilati per legge di cui alla lett. a) del punto 1.1.1. della citata D.I. 1984 [compresi i rifiuti con composizione merceologica analoga a quella dei rifiuti urbani ordinari o comunque quelli simili ai rifiuti di cui all'elenco contenuto nella predetta lett. a)];

     b) la sussistenza dell'obbligo di conferimento per tutti i residui o rifiuti considerati al comma quarto dell'art. 2 del D.P.R. n. 915/82 (ad esempio, anche rifiuti di lavorazione industriale, agricoli od ospedalieri assimilabili) sempreché rientrino fra quelli di cui alla lett. a) di qualunque provenienza;

     c) la necessità del potenziamento del servizio di N.U. in modo da provvedere, comunque, alla raccolta dei rifiuti di qualunque quantità e qualità [sempre nell'ambito della tipologia di cui alle precedenti lettere a) e b)];

     d) la tassabilità anche delle superfici produttive dei rifiuti di cui alle precedenti lettere a) e b) già escluse - in quanto produttive di rifiuti speciali per legge o per mancata assimilazione comunale - nella considerazione che l'uso in senso atecnico della parola "speciali" nel comma 1 dell'art. 39 non sembra consentire l'applicazione della disposizione di esonero di cui all'art. 62, comma 3.

     In ordine alla classificazione dei rifiuti si deve inoltre rilevare che i residui qualificabili sia come rifiuti urbani (ordinari o assimilati), sia come speciali, tossici e nocivi, se risultino (da cessione documentata) regolarmente destinati "in modo effettivo ed oggettivo" al riutilizzo (anziché allo smaltimento) sono sottratti alla disciplina di cui al D.P.R. n. 915/82, in forza degli artt. 1, comma 2, e 12, comma 4, del D.L. 6 maggio 1994, n. 279 (già D.L. 11 novembre 1993, n. 443) in corso di conversione, che costituisce normativa speciale prevalente su ogni disposizione, anche successiva, operante nell'ambito del sistema di classificazione recato dal D.P.R. n. 915/82 predetto. Da ciò consegue che i detti residui, anche se fossero qualificabili come rifiuti nel rispetto delle direttive comunitarie da attuare in base alla legge comunitaria n. 146/94 citata, non sarebbero definibili come urbani o speciali ma come residui o rifiuti soggetti a disciplina peculiare (alla stessa stregua dei rifiuti indicati nell'art. 2, comma settimo, del ripetuto D.P.R. n. 915/82) con l'ulteriore conseguenza che le superfici, ove si producono tali residui (irrilevanti fiscalmente) sono tassabili con riferimento ai soli rifiuti urbani ordinari e quindi con tariffe (da prevedere in alternativa) adeguate alla minore produttività dei rifiuti. E ciò in quanto l'art. 62, comma 3 (soggetto per sua natura a stretta interpretazione) fa riferimento, per la detassazione, ai soli rifiuti speciali, tossici e nocivi e non anche a qualificazioni diverse da quelle del D.P.R. 915/82. Trattasi, comunque, di disciplina transitoria in attesa di quella che sarà emessa in attuazione dell'art. 38 della legge comunitaria n. 146/94.

     Conclusivamente, sulla base dell'interpretazione fornita dall'art. 39 della legge comunitaria e del D.L. n. 169/94 esaminato, i comuni, contrariamente alle indicazioni contenute nella circ. n. 1 del 1994 per l'applicazione dell'art. 60, successivamente abrogato, dovranno astenersi dall'esercizio del cessato potere di assimilazione ad ogni effetto (equiparazione), e dovranno predisporre misure tariffarie minori di quelle ordinarie da applicare, in relazione a quanto sopra detto, nel caso di effettiva destinazione al riutilizzo dei residui di produzione e di consumo, riscontrata, ovviamente, a consuntivo, in base a documentazione commerciale o prescritta ai fini ambientali.

     Con l'art. 39, comma 3 della legge n. 146/94, è stato altresì abrogato il comma 1, dell'art. 79 del decreto legislativo n. 507 recante conferma per il passato (come già indicato nella circolare n. 1 citata) dell'assimilazione ad ogni effetto operata dal comune in modo implicito attraverso la previsione delle singole attività nella classificazione del regolamento e la commisurazione delle tariffe riferita anche ai rifiuti assimilati.

     Al riguardo, nel richiamare il costante orientamento di questa amministrazione che considera ammissibile la predetta modalità implicita di assimilazione, si rileva che con recente sentenza n. 10853 depositata il 3 novembre 1993 la Corte di cassazione, sez. I civ., ha affermato (senza motivare specificamente sul punto non contestato dalla difesa comunale) la specialità dei rifiuti propri di un complesso commerciale in mancanza del provvedimento comunale di assimilazione, pur rilevando che all'eventuale azione di restituzione del tributo per inesistenza del potere impositivo il comune potrebbe opporre l'ingiustificato arricchimento dell'utente per le spese comunali di rimozione in danno (dei rifiuti speciali irregolarmente conferiti) ai sensi dell'art. 9 del D.P.R. n. 915/82, oltre all'applicazione della sanzione di cui al successivo art. 24 dello stesso D.P.R. n. 915.

     II - Gettito e costo

     L'art. 61 conferma il tradizionale e strutturale rapporto tra il costo del servizio, ora limitato allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni (ordinari ed assimilati), ed il gettito del tributo che non può superare il predetto costo di esercizio, il quale costituisce il limite globale massimo del fondamento della tassa, con la conseguenza che l'eventuale eccedenza, risultante dai dati consuntivi, è acquisita dal comune in carenza assoluta di potere impositivo e può essere oggetto di rilievo ispettivo o di azione di restituzione da parte del contribuente. Dal combinato disposto del comma 1 dell'articolo in esame e del comma 3 dell'art. 67 deriva che il "gettito complessivo" deve intendersi comprensivo dell'entrata figurativa corrispondente all'importo delle agevolazioni eventualmente previste, che, non potendo essere coperto con il tributo dell'anno di competenza non può essere compreso nel gettito effettivo massimo; questo pertanto, in presenza di agevolazioni, è pari al costo di esercizio del servizio al netto dell'importo totale delle agevolazioni (gettito effettivo massimo = costo di esercizio - perdita di gettito per agevolazioni o spesa fiscale).

     L'eccedenza di gettito che, in analogia con il disposto della seconda parte del comma 5 dell'art. 79, può essere conguagliata in sede di versamento del tributo relativo ad esercizi successivi, va individuata per singole annualità di competenza e riferita al relativo costo di esercizio e pertanto è configurabile anche nel caso di recupero di annualità decorse. Non costituisce eccedenza l'importo recuperato che, nei limiti del costo di esercizio, della corrispondente annualità ricostituisce (come sopravvenienza) le disponibilità di bilancio a suo tempo poste a copertura della quota di costo non coperta dal gettito del tributo.

     Ai soli fini contabili e finanziari sono previsti, al comma 1 dell'art. 61, più limiti minimi obbligatori di gettito a copertura del costo: mentre nel caso di comuni che hanno deliberato o sono obbligati a deliberare il dissesto, il limite minimo coincide con il limite massimo di gettito, è prescritto il limite minimo di copertura del 70% per i comuni in situazione finanziaria strutturalmente deficitaria (formalmente riconosciuta) e con la sanzione indiretta del recupero di una quota di trasferimenti in caso di inosservanza ed infine il limite minimo del 50% per gli altri comuni, la cui inosservanza comporta l'eventuale responsabilità amministrativa per danni alla gestione finanziaria del comune.

     Per l'individuazione del costo di esercizio (da contabilizzare separatamente dal costo del servizio collettivo di smaltimento dei rifiuti esterni), in base alla nuova formulazione di cui al comma 2, diversamente da quanto previsto dall'art. 14 del D.L. 28 dicembre 1989, n. 415, convertito dalla legge 28 febbraio 1990, n. 38 sono da considerare obbligatoriamente tutte le spese ed oneri inerenti al servizio, diretti o indiretti (compresi gli oneri finanziari per investimenti effettuati, ma anche il debito per la restituzione della quota di capitale investito non configurabile come costo di mero esercizio ed escluse, ovviamente, le spese generali e specifiche di gestione del tributo).

     L'eliminazione dell'esenzione dall'IVA dei corrispettivi delle prestazioni relative al servizio di nettezza urbana rese ai comuni (art. 2, D.L 30 dicembre 1993, n. 557, convertito dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133) ha evidenziato un elemento di costo per l'ente territoriale, che per il 1994 non costituisce motivo di aumento del costo del servizio (equivalendo l'IVA ridotta al 4% alla rivalsa di fatto già incorporata nel corrispettivo), mentre dal 1995 potrà avere una qualche incidenza con l'applicazione dell'IVA al 9 per cento.

     Per quanto attiene al criterio dell'inerenza si ritiene che possa farsi riferimento all'art. 75 del testo unico delle imposte sul reddito approvato con D.P.R. n. 917/86, stante l'esigenza della rigorosa determinazione del costo di un servizio locale indispensabile (D.M. 28.05.93, G.U. n. 145 del 23.06.93), da coprire in parte con un prelievo tributario qualificabile come tassa ed in parte con trasferimenti erariali (art. 54, comma 5 della legge n. 142/90) ed altre risorse.

     Nel comma 3 si conferma, sempre al fine di individuare il costo globale da coprire con la tassa, l'obbligo della deduzione dal costo di esercizio, come sopra determinato in via previsionale, della quota dei proventi di recupero e riciclo imputabile ai rifiuti esterni considerata al netto dell'importo eventualmente riconosciuto a singoli operatori ai sensi dell'art. 67, comma 2. Circa la determinazione della quota percentuale in base alla quale effettuare la predetta deduzione, si precisa che la stessa va più direttamente calcolata in base al rapporto tra costo dello smaltimento dei rifiuti interni e costo complessivo di smaltimento di tutti i rifiuti. Sotto un profilo sostanziale si avverte inoltre che tale criterio di ripartizione e di imputazione dei proventi ha carattere legale e contabile in quanto riferito a tutti i costi del servizio, anziché ai costi tecnico economici della sola fase finale di smaltimento in cui avviene il recupero o il riciclo, con l'effetto pratico di una minore deduzione di proventi dal costo di esercizio ai sensi del comma 3, cui corrisponde tuttavia un minore costo netto del servizio collettivo relativo ai rifiuti esterni da coprire con le disponibilità di bilancio senza vincolo di destinazione.

     In via transitoria l'art. 79, comma 5 consente che per il 1994 il costo di esercizio (riferibile ai soli rifiuti interni ed assimilati) sia determinato per deduzione (anziché per diretta ad analitica contabilizzazione) dal costo complessivo del servizio di nettezza urbana e di quello relativo ai rifiuti esterni di un importo nella misura stabilita dall'ente in sede previsionale, ma in ogni caso non inferiore al 5 per cento del predetto costo complessivo previsto per il 1994, fermo restando il conguaglio sul tributo 1995 dell'eventuale eccedenza (risultante a consuntivo per i comuni con integrale o quasi integrale copertura del costo per il 1993) del gettito 1994 rispetto al corrispondente costo di esercizio come sopra determinato.

     Nell'esercizio 1995, nel corso del quale il costo di smaltimento dei rifiuti interni sarà contabilizzato direttamente e separatamente adeguandovi in via previsionale le tariffe entro il 31.10.94, occorrerà prevedere la copertura del minor gettito conseguente al conguaglio dell'eventuale eccedenza 1994, oltre all'ordinaria copertura con risorse diverse dal tributo (trasferimenti erariali o altri proventi senza vincolo di destinazione) del costo di smaltimento dei rifiuti esterni riferibile all'esercizio stesso.

     III - Presupposto oggettivo e soggettivo

     L'art. 62 conferma che il presupposto dell'occupazione o detenzione (termine questo più comprensivo rispetto alla "conduzione") di locali ed aree in uso esclusivo o riservato ha carattere di presunzione della potenzialità od attitudine (quantitativa e qualitativa) di produzione di rifiuti, ma reca disposizioni innovative che consentono di escludere con certezza, in determinate situazioni, la previgente presunzione assoluta di produzione di rifiuti prevista per i soli locali.

     In ordine al presupposto del prelievo il comma 1 afferma esplicitamente la tassibilità piena dei locali e delle aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, nelle zone in cui un servizio continuativo è reso anche di fatto nonché dei fabbricati anche non rurali con area scoperta di pertinenza, se nelle zone di raccolta è situata la sola strada di accesso. Viene così generalizzato il criterio di imposizione introdotto con l'art. 8 del D.L. 2 marzo 1989, n. 66, convertito dalla legge 24 aprile 1989, n. 144.

     Il comma 2 menziona esplicitamente i casi di esonero o esclusione dalla tassa per la sussistenza di condizioni obiettive che impediscono la presunzione di rifiuti riguardanti la natura o l'assetto delle superfici (ad esempio luoghi impraticabili o interclusi o in abbandono non soggetti a manutenzione o stabilmente muniti di attrezzature che impediscono la produzione dei rifiuti, il particolare uso delle superfici (ad esempio locali non presidiati o con presenza sporadica dell'uomo o di produzione a ciclo chiuso, depositi di materiali in disuso o di uso straordinario, o di cumuli di materia alla rinfusa, superfici destinate o attrezzate esclusivamente per attività competitive o ginniche sempreché secondo la comune esperienza non comportino la formazione di rifiuti in quantità apprezzabile ecc.) ovvero l'obiettiva condizione di non utilizzabilità immediata (ad esempio alloggi non allacciati ai servizi a rete, in analogia a quanto previsto dall'art. 9, comma 6, del D.L. 557/93, convertito dalla legge 133/94 o non arredati ovvero superfici di cui comunque si dimostri il permanente stato di non utilizzo). Trattandosi di cause di non esclusione dal tributo e non di agevolazioni la mancata indicazione delle predette circostanze nella denuncia comporta soltanto l'inversione dell'onere della prova a carico dell'utente, che può produrla anche successivamente con diritto a sgravio o restituzione del tributo.

     Altra causa di esclusione dalla tassa, già operante nella legislazione precedente (articolo 270 del T.U.F.L., come sostituito dall'art. 21 del D.P.R. n. 915/82), è l'ordinaria produzione di rifiuti speciali, tossici o nocivi su superfici a ciò destinate e strutturate, che pertanto non sono impunibili, a prescindere dalla dimostrazione da parte dell'utente di avere o meno adempiuto ad obblighi o adempimenti prescritti per diverse finalità (tutela ambientale, organizzazione del catasto rifiuti ecc.).

     Nella seconda parte del comma 3, ai soli fini della determinazione della misura delle predette superfici è previsto il potere regolamentare di predeterminare obiettivamente percentuale di superficie intassabile per talune attività da individuare ovviamente tra quelle che sicuramente producono gli indicati tipi di rifiuti (speciali, tossici e nocivi) e che pongono problemi di determinazione delle superfici interessate (ad esempio per uso promiscuo delle aree in aziende di modeste dimensioni o per particolari attività).

     Come già sopra rilevato a commento dell'art. 60, qualora risulti che i residui siano effettivamente ed obiettivamente destinati al riutilizzo (come tali non più qualificabili come rifiuti speciali, tossici o nocivi), le superfici in questione tornano ad essere tassabili per i soli rifiuti ordinari con una tariffa unitaria meno elevata di quella normale.

     L'art. 63, nel confermare la soggettività passiva dell'occupante a qualunque titolo non precario e del detentore, come conduttore, comodatario o custode, prevede espressamente il vincolo di solidarietà fra conviventi o comunque fra chiusa in comune i locali e le aree (ad esempio: famiglie, collettività, ecc.). Al riguardo si precisa che alle obbligazioni solidali in questione si applica la disciplina comune secondo l'elaborazione della giurisprudenza in materia tributaria. Nel caso di abitazione a disposizione (seconda casa) i soggetti coobbligati sono gli occupanti dell'abitazione di residenza o principale anche se posta in altro comune.

     L'occupante o detentore di alloggi in condominio rimane obbligato direttamente (anziché tramite la gestione condominiale) anche per le parti di uso comune suscettibili di rifiuti, che sono imponibili nella misura denunciata dai singoli su ripartizione interna in base all'uso potenziale (ad esempio ai millesimi per la pulizia delle scale eventualmente adottati) ovvero, in caso di mancata o infedele denuncia, nella misura attribuita dall'ente impositore con incremento percentuale determinato in base ad apposita tabella (da prevedere nel regolamento) rapportata al numero dei condomini. Ovviamente alla superficie riguardante la quota condominiale sono applicabili la tariffa e l'eventuali attenuazioni ed agevolazioni proprie dell'occupante o detentore del singolo alloggio. In relazione alla predetta disciplina delle parti comuni condominiali deve ritenersi superata la circolare n. 26 del 7 settembre 1942 che prevedeva la non tassabilità delle parti condominiali.

     All'amministratore del condominio è fatto obbligo, sanzionato dall'art. 76, comma 3, di produrre entro il 20 gennaio un elenco dei componenti del condominio, ferma restando ovviamente la possibilità per l'amministratore di assistere e rappresentare detti componenti in alcuni degli adempimenti tributari.

     Nel caso dei centri commerciali integrati o di multiproprietà il gestore o l'amministratore è dichiarato per legge responsabile del solo versamento del tributo con le relative conseguenze, fermi restando tutti gli altri obblighi tributari in capo ai titolari dei singoli esercizi o quote di multiproprietà.

     L'art. 64 confermati il carattere annuale dell'obbligo e le disposizioni previgenti sull'inizio e lo sgravio per cessazione dell'occupazione, disciplina gli ulteriori effetti della mancata denuncia di cessazione, consentendo di fornire entro il termine semestrale di cui all'art. 75, comma 2, la prova contraria all'ordinaria presunzione di occupazione (non uso ovvero "tassa assolta" o iscritta a ruolo a carico del subentrante) per le annualità successive a quella di cessazione non tempestivamente denunciata o segnalata. Si precisa che gli eredi sono soggetti ai medesimi oneri ed obblighi previsti per la cessazione dell'uso del locale od area, salvo il caso di continuazione dell'uso in comune o del singolo coerede per il quale sussiste un semplice obbligo formale di variazione dei nominativi degli utenti.

     Alla denuncia di occupazione è da assimilare la denuncia di variazione delle condizioni di tassabilità dalla quale si differenzia la cosiddetta denuncia (o meglio la richiesta) di detassazione che può essere prodotta in ogni tempo, trattandosi di un onere.

     IV - Commisurazione della tassa

     Il comma 1, dell'art. 65 rende espliciti i parametri di commisurazione riguardanti l'attitudine media ordinaria del singolo tipo di utilizzazione alla produzione quantitativa e qualitativa di rifiuti per unità di superficie ed il relativo costo di smaltimento, parametri già desunti, in sede di interpretazione giurisprudenziale, dai criteri dell'uso e della superficie indicati nella disciplina previgente.

     Carattere innovativo presentano invece il comma 2, con il quale viene stabilita un'uniforme procedura di determinazione quantitativa delle tariffe e soprattutto dei relativi rapporti nonché le disposizioni contenute nel successivo articolo 66 che consentono, in particolari condizioni d'uso, di ottenere un'attenuazione (o migliore commisurazione) del carico fiscale rispetto a quello medio ordinario, per un importo tuttavia limitato sia per l'impossibilità di una commisurazione corrispettiva del tributo sia per la particolare incidenza dei costi (più che proporzionali alle prestazioni) di un servizio pubblico in regime di privativa da rendere obbligatoriamente a ciascun utente anche nei periodi di massima domanda.

     In attuazione del metodo di determinazione previsto dal comma 2 dell'art. 65, si suggerisce la seguente procedura di calcolo della tariffa specifica per ogni singola utilizzazione o attività (TS). Tale tariffa è determinata dal prodotto del costo medio generale netto per unità di superficie (Cmg) per il coefficiente (o indice) di produttiva specifica dei rifiuti (Ips) nonché per il coefficiente (o indice) di qualità specifica (o di costo specifico di smaltimento) dei rifiuti della predetta attività o utilizzazione (Iqs) secondo la seguente formula: TS = Cmg x Ips x Iqs.

     Il costo medio generale netto per unità di superficie (Cmg) è dato dal rapporto tra il costo complessivo previsto per l'anno di competenza (al netto del costo del servizio relativo ai locali ed aree non tassabili di uso comunale o ai luoghi soggetti alla tassa giornaliera di smaltimento) e la superficie complessiva imponibile nota o accertata. Tale superficie va computata al netto della quota di area coperta o scoperta non imponibile per legge (art. 62, commi 2 e 3, e art. 66, commi 1 e 2) e della quota di area da determinare (ai soli fini del calcolo in esame) convertendo in superficie non imponibile le attenuazioni tariffarie previste ai sensi dell'art. 59, comma 2 dell'art. 66, commi 3 e 4. Inoltre si precisa che il costo del servizio reso agli utenti agevolati o relativo ai locali ed aree non tassabili di uso comunale va predeterminato moltiplicando la superficie non tassata per il costo medio generale calcolato al lordo del costo riferibile alle predette utenze. Per i casi di applicazione della tassa giornaliera di smaltimento il costo da dedurre è determinato inizialmente in base ad una superficie complessiva da valutare in via presuntiva.

     In definitiva il costo medio generale netto (Cmg) può configurarsi come la tariffa di copertura integrale del costo nell'ipotesi teorica di eguale produttività quantitativa e qualitativa di tutte le utilizzazioni (cioè tariffa teorica = Cmg x 1 x 1), che pertanto deve essere differenziata o articolata secondo le specifiche ed effettive produttività delle singole attività o usi, attraverso l'individuazione degli indici (coefficienti) suddetti.

     L'indice di produttività specifica (Ips) è dato dal rapporto tra la produttività quantitativa specifica per unità di superficie di un determinato tipo di utilizzazione e la produzione media generale per unità di superficie imponibile nota.

     La produttività specifica potrà essere ottenuta per ogni tipo di utilizzazione in base ai dati di produzione o di consumo, rilevati in modo diretto (raccolta in uno o più periodi dell'anno) o indiretto (altri elementi disponibili o dati statistici di organi nazionali o locali ed elaborazioni relative), rapportati alla superficie imponibile mediamente utilizzata per ogni tipo di uso. Nel caso delle abitazioni, ad esempio, la produzione media annua individuale, rilevata in sede locale o in sede nazionale, moltiplicata per il numero di persone di cui statisticamente si compone la famiglia media della zona o regione e rapportata alla superficie media abitativa (comprensiva anche di posto auto, cantina e quota condominiale) individua la produttività specifica. Al fine di ottenere gli indici per unità di superficie, le produttività specifiche suddette dovranno essere divise per la produzione media generale per unità di superficie come già sopra indicato.

     L'indice di qualità specifica dei rifiuti (Iqs) può desumersi dal rapporto tra il costo di smaltimento per unità di peso dei rifiuti producibili dal tipo di utilizzazione considerata ed il costo medio generale per unità di peso dei rifiuti raccolti.

     I relativi dati potranno essere desunti dagli elementi in possesso delle aziende speciali o dalle imprese appaltanti che svolgono il servizio di nettezza urbana o, in mancanza, da dati o elaborazioni relativi ad ambiti territoriali più ampi.

     Le tariffe specifiche ottenute dovranno poi esser opportunamente accorpate in modo da formare, seguendo ove possibile i criteri di raggruppamento indicati nell'art. 68, comma 2, categorie omogenee (cioè comprensive di attività o utilizzazioni con tariffe identiche o ravvicinate).

     Non essendo stato previsto dall'art. 66 alcun abbattimento per le superfici imponibili coperte a bassa produttività di rifiuti potranno essere enucleati da alcuni tipi di utilizzazione quei complessi che presentano una particolare incidenza (ad esempio superiore al 30 o 40 per cento) delle predette superfici a più bassa potenzialità di rifiuti rispetto alla superficie complessiva, al fine di inserirli in altra categoria o di configurare un'apposita categoria con tariffa minore come sarà meglio precisato a commento del citato articolo 66.

     L'importo del gettito potenziale complessivo risultante dal prodotto delle predette tariffe e del totale delle superfici note per ciascuna categoria, dovrebbe corrispondere al costo complessivo inizialmente previsto. In realtà tale corrispondenza sarà soltanto tendenziale tenuto conto dell'approssimazione nelle rilevazioni della difforme distribuzione dell'evasione, delle operazioni di accorpamento delle tariffe, del contestuale impiego di dati effettivi e di dati valutati, per cui sarà necessario ritoccare le tariffe in misura percentuale uniforme in modo da far coincidere il costo complessivo originario con il gettito potenziale ottenuto.

     Ai fini della determinazione del gettito effettivo occorre infine ridurre le misure tariffarie della quota percentuale corrispondente all'importo totale delle agevolazioni concesse (deduzione obbligatoria in forza dell'art. 67, comma 3, v. cap. II) nonché dell'eventuale ulteriore quota percentuale conseguente al tasso di copertura del costo prescelto nel regolamento o in base ai criteri in esso dettati.

     Ovviamente le tariffe ottenute dalla prescritta procedura di calcolo comprendono anche il costo di smaltimento dei rifiuti urbani interni (ed assimilati) prodotti dagli utenti evasori totali o parziali, per cui il livello generale delle tariffe potrà essere ridotto con la delibera da adottare entro il 31 ottobre in caso di massimi accertamenti a carico di evasori totali o parziali, (qualora si intenda confermare il rapporto di copertura del costo) mentre dovrà essere in ogni caso ridotto come atto dovuto ai sensi dell'art. 69 comma 3 qualora per effetto dei nuovi accertamenti, emerga la formazione di un'eccedenza rispetto al costo complessivo del servizio.

     Come già anticipato, l'art. 66 prende in considerazione, anziché cause di esclusione dal tributo come l'art. 62, particolari condizioni di uso meno intenso ovvero discontinuo rispetto alla normale utilizzazione, situazioni che inducono ad abbattere parzialmente la superficie imponibile o ad attenuare la tariffa per differenziare (o moderare) il carico tributario, pur nei limiti ristretti consentiti dalla particolare dinamica dei costi rispetto alle prestazioni, per effetto dei vincoli propri del servizio pubblico.

     La possibilità di far valere tali particolari situazioni, cioè di fornire la "prova contraria" alla presunzione di attitudine media ordinaria a produrre rifiuti, è quindi subordinata alla sussistenza delle condizioni sostanziali e formali previste dalla legge ed è riconosciuta nella misura stabilita dall'ente impositore con valutazione riferita alla concreta struttura dei costi del servizio pubblico, che deve essere organizzato, come sopra indicato, in modo che ciascun utente possa agevolmente fruirne anche nei periodi di punta della domanda (ad esempio nei comuni turistici).

     Per le superfici scoperte, che secondo la comune esperienza comportano di norma un uso meno intenso, è previsto un abbattimento del 50 per cento per le aree operative (comma 1) e del 25 per cento per le aree pertinenziali ed accessorie (comma 2), cioè poste a miglior servizio od ornamento dei locali e delle aree tassabili (quindi non soltanto dei "locali assoggettabili a tassa", come prevedeva la previgente disciplina), sempreché non ricorra la situazione dei cui all'art. 62, commi 2 e 3.

     Poiché - come già sopra rilevato - non è previsto alcun abbattimento per i locali a più bassa potenzialità di rifiuti rispetto alle restanti parti del complesso (ad esempio cantina o garage a servizio di abitazioni, ampie sale espositive o ampi locali con funzione di servizio rispetto alle sale di lavorazione, quali locali di deposito non commerciali o con scarsa movimentazione di merci ecc.), si ritiene di poter confermare il criterio di cui alla circolare n. 3 del 26 giugno 1987, dell'adozione di tariffe (uniche) attenuate per l'intero complesso (da inserire in un'apposita categoria o in altra categoria). La moderazione sarà condizionata al raggiungimento di una quota minima percentuale di incidenza della superficie a bassa attitudine a produrre rifiuti rispetto all'intera superficie del complesso, incidenza da stabilire ovviamente in misura superiore a quella media ordinaria per il tipo di utilizzazione o attività.

     I commi 3 e 4 prevedono la possibilità di attenuazioni tariffarie non superiori ad un terzo nei casi di:

     1) abitazione con "unico occupante"; stante la discrezionalità riconosciuta all'ente impositore, si ritiene che l'attenuazione tariffaria per l'unico occupante possa esse condizionata ad un limite minimo di superficie abitativa (ad esempio mq 35/40) al disotto del quale non sarebbe ragionevole attenuare il carico fiscale;

     2) uso stagionale, e limitato discontinuo di alloggi, adeguatamente comprovato nei modi previsti dalla legge e dal regolamento ai fini del riconoscimento dell'attenuazione, e riscontrato dall'ente impositore, compresi gli alloggi a disposizione di cittadini all'estero, per i quali la prova delle circostanze e condizioni previste si presenta ovviamente più agevole;

     3) uso stagionale per attività produttive, commerciali o di servizi, per le quali la precedente normativa prevedeva una riduzione fino al 50 per cento;

     4) parte abitativa della costruzione rurale occupata o tenuta a disposizione dell'utente coltivatore diretto o agricolo a titolo principale per la quale l'attenuazione tariffaria non può superare il 30 per cento della tariffa.

     Nel comma 6 si prevede il recupero integrale della differenza di tributo versato in meno (oltre gli accessori e la sanzione) a carico dell'utente che in sede di accertamento d'ufficio risulti non trovarsi nelle condizioni per ottenere il riconoscimento dell'attenuazione tariffaria e non abbia denunciato il venir meno delle condizioni predette. è da ritenere che, trattandosi non di agevolazioni ma di moderazioni tariffarie (sia pure da riconoscere in base a richiesta) la disposizione in esame comporti soltanto un'inversione dell'onere della prova e che la relativa presunzione sia superabile con la dimostrazione prodotta dall'utente o risultante agli atti del comune, della sussistenza delle necessarie condizioni nel corso delle annualità precedenti. Inoltre il recupero non può comunque essere effettuato oltre il termine previsto dall'art. 71, comma 1.

     Ai fini di un'adeguata determinazione delle attenuazioni tariffarie in esame e delle agevolazioni di cui all'art. 67, si richiama l'attenzione sugli effetti di cumulo, che possono verificarsi tra le moderazioni di cui all'art. 66, che comporta una discrezionalità meramente tecnico estimativa essendo finalizzata ad una migliore commisurazione del tributo, nonché tra le stesse e la riduzione di cui all'art. 59, comma 2, (applicabile d'ufficio) o le agevolazioni di cui all'art. 67 la cui previsione è basata invece su un'ampia discrezionalità non riconducibile alla struttura e funzione del tributo, ma a motivi extrafiscali. In tali casi, ad evitare l'eccessiva riduzione del carico e l'antieconomicità dell'esazione, l'ente potrà adottare o introdurre un limite massimo complessivo di riduzione della tariffa applicabile nei casi di cumulo delle riduzioni.

     V - Agevolazioni

     L'art. 67, comma 1, conferma l'ampia discrezionalità nella previsione dei trattamenti agevolati che tuttavia incontra nei limiti sostanziali e di carattere finanziario.

     Infatti i criteri extrafiscali di riduzione o, in via eccezionale, di esenzione vanno applicati in modo restrittivo stante il collegamento con un servizio reso (che ad esempio giustifica anche la costante esclusione dall'esonero delle rappresentanze diplomatiche e consolari e di organismi internazionali ecc.) e non devono prestarsi a censure di chiara arbitrarietà nel senso di sollevare parzialmente o totalmente dall'obbligo tributario soggetti che, all'evidenza, non versano in alcuna delle situazioni considerate meritevoli (ad esempio: disagio socio economico, interesse della collettività locale ad attività con risorse esigue, tutela ambientale o del territorio ecc.) ovvero che tali situazioni od esigenze ricorrono in misura irrilevante.

     Si evidenzia inoltre che in sede di controllo potrà essere oggetto di rilievo la previsione come agevolazione (riduzione o esenzione) di situazioni o condizioni, che secondo la comune esperienza comportano una minore potenzialità di rifiuti rispetto alla media ordinaria o minor costo del servizio (ad esempio l'età avanzata dell'utente, occasionale impiego ridotto di fattori produttivi ecc.) in quanto situazioni o condizioni del genere sono tassativamente previste negli artt. 59, 62 e 66. Analoga considerazione vale per il caso di previsioni di tariffe chiaramente insufficienti rispetto alla potenzialità di rifiuti di specifiche attività o utilizzazioni senza che la relativa agevolazione sia prevista come tale nel regolamento ed iscritta in bilancio ai sensi del comma 3.

     Costituisce infatti condizione di legittimità finanziaria dell'agevolazione l'iscrizione (o variazione) in bilancio come autorizzazione di "spesa fiscale" per la perdita di gettito prevedibile e la conseguente copertura con risorse diverse dai proventi della tassa di competenza dell'esercizio in cui è operata l'iscrizione suddetta, risorse che possono consistere nei proventi di altri tributi, dei trasferimenti erariali e delle sanzioni, nonché nei recuperi di tassa a seguito di accertamenti per annualità precedenti, qualora le somme recuperate non costituiscano eccedenza rispetto al costo del servizio svolto nel predetto anno e da restituire agli utenti (v. cap. II). Circa i riflessi di tale nuova disposizione sulla determinazione del limite di gettito effettivo (oltre il quale si forma eccedenza di prelievo senza potere impositivo) si rinvia a quanto precisato all'inizio del cap. II nonché, ai fini della determinazione delle tariffe, al cap. IV.

     La disposizione del comma 2 prevede la possibilità di riduzioni della tassa anche per incentivare la collaborazione dell'utente o riconoscere il valore di recupero di determinati residui produttivi non destinati direttamente al riutilizzo (D.L. 279/94 già citato) ma conferiti al servizio pubblico. VI - Deliberazioni normative del comune

     Gli artt. 68 e 69 recano disposizioni sull'adozione ed il controllo delle delibere comunali che hanno carattere di regolamento di esecuzione e di integrazione rispetto alle norme statali.

     Nella materia oggetto delle norme regolamentari in senso stretto di cui al comma 1 dell'art. 68 rientrano anche la previsione della fattispecie della tassa giornaliera di smaltimento, con la determinazione o l'indicazione dei criteri per la determinazione della maggiorazione di cui all'art. 77, le graduazioni del tributo ridotto ai sensi dell'art. 59, comma 2, e delle quote percentuali delle parti condominiali di cui all'art. 63, comma 2.

     Circa i criteri di applicazione dei parametri e del metodo di determinazione tariffaria indicati all'art. 65, si ritiene che debbano essere predeterminati tutti gli elementi comportanti una valutazione non meramente tecnico estimativa (ad esempio limite minimo di copertura del costo, modalità e fonti di rilevazione dei dati diretti o indiretti per il calcolo delle tariffe ai sensi dell'art. 65, nonché i criteri di applicazione dell'art. 71, comma 4, in rapporto al livello tariffario ed al tasso valutato di evasione).

     L'indicazione di massima dei gruppi di attività appartenenti alla medesima area di potenzialità di rifiuti, comma 2, ha carattere transitorio ed è modificabile in base all'articolazione definitiva delle categorie che sarà effettuata in applicazione dell'art. 65.

     Il controllo sulle delibere regolamentari e tariffarie già divenute esecutive, attribuito alla Direzione centrale per la fiscalità locale dall'art. 78 ha carattere aggiuntivo rispetto a quello ordinario dell'organo di controllo regionale e, diversamente dalla previgente normativa, non può dar luogo ad annullamento ministeriale ma soltanto all'obbligo di riesame ai sensi dell'art. 35, ferma restando la facoltà di richiedere al Governo l'esercizio del generale potere di annullamento degli atti illegittimi (art. 6 del T.U.L.C. e p. approvato con R.D. 3 marzo 1934, n. 383).

     Le delibere tariffarie, adottate come atti dovuti in seguito a rilievi o in sede di dichiarazione di dissesto e, in base al potere di riequilibrio tariffario menzionato nell'art. 79, comma 4 non sono soggette al termine di decadenza previsto dall'art. 69 comma 1.

     Pur trattandosi di atti normativi, per i quali non è richiesta di regola la movimentazione (art. 3, comma 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241) l'art. 69, comma 2 prevede espressamente l'obbligo di motivazione delle delibere tariffarie. In particolare saranno indicati i costi consuntivi e preventivi e le loro componenti, la condizione finanziaria del comune (dissestato, strutturalmente deficitario) nonché il gettito consuntivo e previsionale e il corrispondente minor gettito valutabile in conseguenza dell'applicazione delle agevolazioni (ora in base all'art. 67), le modalità e le fonti di rilevazione delle produttività specifiche ed i coefficienti di quantità e qualità elaborati per il calcolo delle tariffe, la motivazione dell'aumento (per incremento dei costi o del tasso di copertura, per adeguamento a rilievi o sentenze, per mero riequilibrio o ripristino del rapporto di copertura) o della diminuzione tariffaria (per esclusione del costo di smaltimento dei rifiuti esterni, per nuovi accertamenti di massa, per deliberata minore copertura ecc.).

     I rilievi, formulati tempestivamente (entro sei mesi dalla ricezione delle delibere) comportano, salvo replica, l'obbligo dell'adeguamento delle delibere medesime (con conseguenti recuperi o sgravi del tributo), obbligo che non sussiste nel caso di rilevo tardivo, ferma restando la responsabilità amministrativa per l'eventuale danno all'erario comunale ovvero nei confronti dell'utente, che potrà esercitare il diritto alla restituzione ai sensi dell'art. 75.

     VII - Denunce

     L'art. 70, nel confermare l'obbligo della denuncia (originaria o di variazione) dell'occupazione e detenzione di locali ed aree esistenti nel comune ne sposta il termine di presentazione dal 20 settembre dell'anno (cosiddetto di commisurazione) al 20 gennaio successivo (anno di competenza) e ne prevede la compilazione come denuncia unica su apposito modello, articolato ed analitico, in relazione ai dati da indicare ai sensi del comma 3: i modelli sono predisposti dal comune e messi a disposizione dei contribuenti presso gli uffici comunali. L'unicità della denuncia comporta la configurazione della denuncia incompleta distinta da quella infedele ma non unifica gli obblighi tributari relativi ai presupposti autonomi costituiti dai singoli cespiti serviti (soggetti peraltro a tariffe che possono risultare differenziate).

     Circa il differimento al 30 settembre 1994, in via transitoria, del termine di presentazione delle denunce (originarie o di variazione e integrative) e la decorrenza non uniforme dei relativi effetti (art. 79, commi 3 e 6), si rinvia a quanto chiarito con la circolare n. 1 del 15 gennaio 1994, richiamando qui l'attenzione sulla necessità di selezionare le denunce originarie o di variazione per le quali va formato, limitatamente all'imponibile non correlato alle fattispecie previste dalle disposizioni di cui al comma 3 dell'art. 79, operative dal 1995, il ruolo suppletivo per il 1994 da consegnare per il visto di esecutorietà entro il 15 dicembre 1994.

     VIII - Accertamenti

     Gli artt. 71, 72 e 73 recano innovazioni radicali alla previgente disciplina dei termini e delle preclusioni per l'accertamento e la riscossione risalente al testo unico per la finanza locale approvato con il R.D. 14 settembre 1931, n. 1175.

     Con il primo dei due articoli vengono stabiliti: a) più lunghi termini di decadenza (rispetto a quelli già previsti dagli artt. 276 e 290 del R.D. 1175/31 citato) dal potere di accertamento, che risultano meno differenziati rispetto alle tradizionali due fattispecie di accertamento in rettifica o a carico dell'evasore totale; b) l'autonomia dell'accertamento che può essere effettuato separatamente per ogni singola annualità (mentre la previgente normativa consentiva il recupero delle due annualità precedenti soltanto se contestuali, valido e tempestivo l'accertamento dell'anno in corso o di competenza); c) la previsione dell'ordinaria competenza del funzionario responsabile della gestione del tributo (art. 74) per l'emissione dell'accertamento motivato (anziché della Giunta che provvedeva con delibera di variazione).

     Per l'applicazione in via transitoria dei nuovi termini di accertamento anche i rapporti relativi ad annualità anteriori al 1994 si rinvia alla circolare n. 1 sopracitata. In pratica, per effetto della disposizione di cui all'art. 79, comma 7, primo periodo, è possibile effettuare accertamenti a carico di evasori totali soltanto per l'anno 1992 (fino al 31 dicembre 1995) e per l'anno 1993 (fino al 31 dicembre 1996), non essendosi per tali annualità verificata, al 31 dicembre 1993, la decadenza del periodo triennale di accertamento desumibile dall'art. 290 del R.D. n. 1175/31; mentre è da escludere la possibilità di accertamenti in rettifica delle denunce relative a tali annualità, stante la scadenza del termine previsto dall'art. 276 del citato R.D. n. 1175 del 1931.

     Per l'anno 1994 potranno essere effettuati accertamenti per evasione totale o parziale soltanto dopo la scadenza del termine di denuncia differito al 30 settembre 1994, in quanto entro tale data potrà risultare legittimamente sanata, con apposita denuncia, la violazione di omessa o infedele denuncia eventualmente commessa entro il previgente termine del 20 settembre 1993.

     IX - Poteri strumentali del comune

     Il comma 4 dell'art. 71 e l'art. 73 disciplinano espressamente i poteri strumentali di cui i comuni possono avvalersi in sede di riscontro delle denunce o della rilevazione della materia imponibile ai fini dell'accertamento.

     L'ente impositore acquisisce in via ordinaria gli elementi di tassazione dalle denunce presentate soggette a riscontro diretto. In caso di necessità di una rilevazione massiva in carenza di personale o per altro impedimento è previsto dall'art. 71, comma 4, il conferimento negoziale dell'incarico di rilevazione della materia imponibile (non della funzione di accertamento tributario) a soggetto esterno in base ad uno schema contrattuale che deve prevedere, oltre alle prescritte ed usuali garanzie nei confronti del contraente e dei dipendenti, anche modalità e criteri di individuazione delle superfici rilevanti e della loro specifica destinazione, nonché i requisiti di capacità e preparazione del personale dimostrati tramite attestati di specifiche esperienze in materia o di corsi appositi o attraverso colloqui diretti. è appena il caso di precisare che la spesa per il corrispettivo delle rilevazioni, anche se commisurata al tributo iscritto a ruolo, non può essere finanziata dal predetto tributo ma da risorse diverse (trasferimenti, proventi di imposte, sanzioni, nonché, ove possibile, recuperi di annualità precedenti del tributo).

     Per il controllo delle denunce o delle rilevazioni materiali, l'art. 73 attribuisce al comune, in progressione, il potere di richiedere documenti o la compilazione di questionari e, in caso di inosservanza formale o sostanziale delle predette richieste, il potere di accedere su autorizzazione sindacale o con preavviso, ai locali ed aree privati, ai soli della rilevazione specifica, salvi in ogni caso legittimi di riservatezza, di segreto o di immunità, che consiglieranno di concordare con l'utente diverse modalità di controllo.

     X - Riscossione

     Con l'art. 72 è stato confermato il sistema di riscossione tramite ruoli ordinari (con obbligo del non riscosso come riscosso), ma il relativo potere di formazione del ruolo (principale o suppletivo) per reiscrizione in base ai ruoli precedenti o in base alle denunce prodotte entro il 20 gennaio o a seguito della notifica dell'accertamento è attribuito ora al funzionario responsabile di cui all'art. 74.

     La consegna del ruolo per il visto di esecutorietà per quanto riguarda le reiscrizioni e le denunce prodotte entro il 20 gennaio, va effettuata alla prima scadenza utile e comunque non oltre il termine di decadenza del 15 dicembre dell'anno di competenza in corso; mentre per quanto riguarda le iscrizioni a ruolo conseguenti agli accertamenti notificati nei termini di cui al comma 1 dell'art. 71, le stesse vanno effettuate, di regola, nei ruoli suppletivi utilizzando la prima scadenza utile di cui all'art. 13 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602.

     Per gli importi o i maggiori importi derivanti dagli accertamenti nonché per quelli delle partite comunque non iscritte nei ruoli principali, il comma 2 dello stesso articolo 72 prevede, infatti, in via normale, l'iscrizione nei ruoli suppletivi che dovranno essere formati e consegnati per il visto di esecutorietà in modo da consentirne, come già detto, l'iscrizione alla prima scadenza utile. Naturalmente, nel rispetto dei termini massimi di decadenza previsti dal richiamato comma 1 dell'art. 71 per l'accertamento, il comune, nel caso di accertamenti notificati a ridosso del termine del 31 dicembre dell'ultimo anno valido per l'accertamento, non potrà comunque superare per la formazione e consegna del ruolo la data del 15 dicembre dell'anno successivo.

     Nel termine del 15 dicembre 1994 dovranno essere formati e consegnati i ruoli suppletivi conseguenti ad eventuali aumenti tariffari per l'anno 1994 deliberati, ai sensi dell'art. 79, comma 4, secondo periodo, entro il 30 novembre 1994.

     Si precisa che gli arrotondamenti, di cui al comma 1, sono da effettuare sui singoli tributi da riscuotere contestualmente (tassa, tributo provinciale e addizionale) e non sull'importo complessivo del relativo articolo di ruolo. Gli interessi sono dovuti per ogni semestre a decorrere dall'ultima rata di normale scadenza.

     Nel richiamare quanto chiarito con la circolare n. 1 in ordine ai ruoli per il 1994, si conferma che, stante l'applicabilità a decorrere dal 1995 delle nuove disposizioni di cui ai commi da 3 a 6 dell'art. 72, continuano ad essere operative nel corso del 1994 le disposizioni precedenti in materia di riscossione (ad esempio pubblicazione del ruolo valevole anche per la decorrenza del termine di ricorso ai sensi dell'art. 288 del T.U. n. 1175/1931), tenuto conto che è stata fatta salva, in relazione alle disposizioni dell'art. 79, commi da 2 a 6, l'applicazione in via transitoria delle norme della previgente disciplina abrogata direttamente o per incompatibilità dall'art. 80.

     Inoltre, ferma restando la consegna per il visto di esecutorietà entro il 15 dicembre 1994 dei ruoli (principale, tardivo o suppletivo) per il 1994, la formazione e la consegna degli stessi per gli anni 1992 e 1993, che non siano stati ancora formati all'1 gennaio 1994 potrà essere effettuata entro il 15.12.96 (articolo 79, comma 7).

     XI - Rimborsi

     L'art. 75 disciplina la materia degli sgravi e dei rimborsi, precedentemente non regolamentata, considerando nei primi due commi casi particolari di rimborsi d'ufficio ed al comma 3 lo sgravio ed il rimborso su apposita domanda del contribuente.

     Il comma 1 riguarda i rimborsi per ogni motivo conseguenti a pronunce della commissione tributaria provinciale (vedi successivo cap. XV) ovvero al riconoscimento dell'illegittimità dell'accertamento o dell'iscrizione a ruolo da parte dell'ente impositore che deve provvedere alla riforma degli stessi se concorre l'adesione del contribuente prima della sentenza della commissione tributaria provinciale in quest'ultimo caso è da ritenere che si tratti di atto dovuto con carattere ricognitivo non basato sul potere generale di autotutela, che al contrario comporta una valutazione discrezionale dell'interesse dell'amministrazione comunale.

     Il comma 2 si riferisce agli sgravi o rimborsi conseguenti al riconoscimento dell'inesistenza del presupposto per l'avvenuta cessazione dell'occupazione ai sensi dell'art. 64 e pone, in caso di denuncia tardiva di cessazione, un termine di decadenza (sei mesi dalla notifica della cartella di pagamento o, in mancanza, dell'avviso di mora) per la dimostrazione prevista dal citato art. 64, al fine di evitare l'acquisizione del tributo all'erario comunale.

     Lo sgravio o rimborso di cui al comma 3 ha carattere generale e si ritiene comprensivo anche dei casi di richiesta di restituzione dell'eccedenza di gettito rispetto al costo del servizio o di esonero di superfici escluse in astratto dall'ambito del tributo (art. 62 commi 2 e 3); è disposto con atto del funzionario responsabile a seguito di apposita domanda da produrre nel termine decadenziale di 2 anni dal pagamento ed è eseguito previa comunicazione al contribuente.

     XII - Sanzioni

     Con l'art. 76 è stato revisionato il sistema delle sanzioni. è stata infatti configurata la violazione di incompleta denuncia in conseguenza della prevista unicità della stessa (art. 70), aumentata la soprattassa da un terzo alla metà dell'importo complessivo dei tributi da recuperare (comma 1) ed infine sono state introdotte le nuove fattispecie di violazione degli obblighi formali previsti dalla nuova normativa, sanzionate con un'apposita pena pecuniaria.

     Circa la competenza per l'applicazione delle sanzioni è da ritenere che per le soprattasse non sia più applicabile l'art. 293 del T.U.F.L., stante il disposto del comma 4 della norma in esame che rinvia comunque all'ordinario procedimento di accertamento del tributo, mentre per la determinazione della pena pecuniaria si ritiene debba affermarsi la competenza del sindaco quale organo responsabile dell'amministrazione del comune, tenuto conto che al citato comma 4 dell'art. 76 viene indicata al riguardo la competenza del "comune" (e non del funzionario responsabile della gestione del tributo) e che la procedura applicabile è quella di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689 sezione I e II, fermo restando il diverso termine di decadenza previsto per la notifica dell'atto di irrogazione della pena sostitutivo del termine decadenziale di cui all'art. 13 della legge n. 689 citata.

     Gli interessi decorrono dal semestre successivo a quello in cui il ruolo doveva essere posto in riscossione.

     In ordine al comma 6 si evidenzia infine che la riduzione delle soprattasse è possibile soltanto se la definizione delle pendenze ai sensi dell'art. 75 intervenga prima della scadenza del termine per ricorrere, altrimenti l'attenuazione di tali sanzioni può derivare ovviamente soltanto dalla riforma dell'accertamento originario accettata dal ricorrente.

     Circa l'applicazione delle sanzioni nel periodo transitorio si precisa che per l'anno 1994, stante il differimento del termine per la presentazione delle denunce al 30 settembre 1994, eventuali infrazioni per tale annualità potranno configurate soltanto dopo la scadenza del predetto termine (vedi cap. VIII, ultimo periodo).

     XIII - Tassa giornaliera di smaltimento

     L'art. 77 elimina una lacuna della previgente normativa che, avendo riguardo alla sola occupazione permanente o abituale (anche se non continuativa) soggetta alla tassa annuale, non configurava il particolare presupposto costituito dall'occupazione o detenzione esclusiva non ricorrente (cioè occasionale o comunque non preordinata per un periodo non superiore a sei mesi con o senza autorizzazione) di superfici pubbliche o di uso pubblico, che presentano quindi una produttività di rifiuti imputabile ad un uso individuale differenziato da quello della generalità dei cittadini. L'applicazione di tale forma di tassa è subordinata alla sua istituzione obbligatoria con integrazione del regolamento esistente, nel quale dovrà essere stabilita la misura della maggiorazione da apportare, nel limite del 50 per cento, alla quota giornaliera della tariffa annuale prevista per le attività corrispondenti o assimilabili per potenzialità di rifiuti. Tale maggiorazione trova giustificazioni nelle particolari tipologie e modalità dell'uso occasionale delle superfici e nella particolare incidenza dei costi del servizio pubblico obbligatorio.

     É appena il caso di precisare che la tassa giornaliera non è applicabile a carico di coloro che occupano temporaneamente ed occasionalmente superfici pubbliche o di uso pubblico che risultino concesse in uso particolare o speciale esclusivo ad altro soggetto nei cui confronti si verifica il presupposto della tassa annuale.

     La contestualità prevista dal comma 4 comporta in via normale la corresponsione del tributo nella medesima data ed utilizzando il medesimo modulo predisposto anche per la tassa di occupazione temporanea degli spazi ed aree pubbliche in caso di coincidenza del presupposto (occupazioni fino a sei mesi). Il versamento della tassa giornaliera di smaltimento dei rifiuti solidi urbani sarà sempre effettuato alla tesoreria comunale (anche se il servizio di accertamento e riscossione della Tosap sia affidato in concessione ai sensi dell'art. 52).

     Si applicano, in quanto compatibili con le disposizioni dell'art. 77, le norme in materia di tassa annuale.

     XIV - Funzionario responsabile e vigilanza sulla gestione

     In attuazione del principio di separazione delle funzioni di indirizzo e controllo da una parte e di gestione amministrativa dall'altra con attribuzione di specifiche responsabilità a dirigenti o, in mancanza, a funzionari, l'art. 74 prevede la formale designazione di un funzionario per l'attribuzione di ogni potere amministrativo riguardante la gestione del tributo.

     Trattasi di un competenza propria, quindi non delegabile né avocabile senza incorrere nell'invalidità dell'atto, riguardante anche gli atti amministrativi con rilevanza esterna previsti dalla nuova normativa, con esclusione del provvedimento di irrogazione della pena pecuniaria, che, come già rilevato, rientra nella competenza del sindaco.

     La gestione del tributo è tuttavia soggetta, oltreché al potere di indirizzo e di controllo sul funzionamento dell'amministrazione spettante al sindaco in forza dell'art. 36 della legge n. 142/90 come modificato dall'art. 12 della legge 25 marzo 1993, n. 81, alla vigilanza esterna attribuita dall'art. 78, in attuazione della legge di delega n. 421/92, alla Direzione centrale per la fiscalità locale, che la esercita non soltanto attraverso il riscontro di legittimità sulle delibere ai sensi degli artt. 68 e 69, ma anche con i poteri di cui all'art. 35 in via ordinaria (programmata) o straordinaria (di iniziativa) tramite il servizio ispettivo del Dipartimento delle entrate ai sensi dell'art. 44 del D.P.R. n. 287/92.

     Si rendono, pertanto, applicabili, in quanto compatibili con la tassa in esame, le medesime disposizioni previste in materia di imposta sulla pubblicità e diritto sulle pubbliche affissioni di cui al richiamato articolo 35 ed all'emanando apposito decreto del Ministro delle finanze per stabilire le modalità di programmazione e coordinamento fra i vari uffici preposti.

     XV - Contenzioso

     La materia è stata oggetto di revisione in sede di esercizio della delega per il riordino delle commissioni tributarie attuata con i decreti legislativi nn. 545 e 546 del 31.12.92.

     Pertanto, a decorrere dalla data di insediamento delle nuove commissioni tributarie [1 ottobre 1994: art. 69 del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427], la cognizione delle controversie sulla tassa in esame e su tutti gli altri tributi locali è attribuita ai predetti organi di giurisdizione tributaria, muniti, fra l'altro dei poteri di sospensione della riscossione, di definizione preventiva delle vertenze e di condanna con possibilità del giudizio di ottemperanza in caso di mancata restituzione d'ufficio del tributo.

     In via transitoria, fino alla data di insediamento sopramenzionata, l'art. 77 del decreto legislativo n. 546/92 citato dichiara applicabili, ancorché abrogati dall'art. 71, l'art. 20 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 638, concernente il ricorso amministrativo in primo grado contro gli avvisi di accertamento all'Intendente di finanza (ora sezione staccata della Direzione regionale delle entrate) ed in secondo grado al Ministero ove il tributo in contestazione sia superiore a lire trecentomila (art. 69, comma 7, del D.L. n. 331/93 convertito dalla legge n. 427/93), nonché l'art. 288 del R.D. 14 settembre 1931, n. 1175, come modificato dall'art. 63 del D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, che prevede il ricorso avverso l'iscrizione a ruolo per la sospensione della riscossione in base a motivi tassativi, diversi da quelli suscettibili di autonoma azione giudiziaria.

     Direzioni regionali delle entrate in indirizzo cureranno la tempestiva diffusione ai comuni ed alle province delle rispettive circoscrizioni, per il tramite delle sezioni staccate, della presente circolare, con la quale viene espressa l'interpretazione dello scrivente in ordine al decreto legislativo in oggetto.

 


[1] Emanata dal Ministero delle finanze.