§ 4.2.19 - Legge Regionale 7 gennaio 2000, n. 1.
Riordino delle attività socio-assistenziali e istituzione di un sistema di protezione sociale e dei diritti sociali di cittadinanza.


Settore:Codici regionali
Regione:Molise
Materia:4. sviluppo sociale
Capitolo:4.2 assistenza sociale e beneficenza pubblica
Data:07/01/2000
Numero:1


Sommario
Art. 1.  Oggetto.
Art. 2.  Destinatari.
Art. 3.  Finalità e principi.
Art. 4.  Funzioni sociali e diritti sociali di cittadinanza.
Art. 5.  Interventi socio-assistenziali.
Art. 6.  Interventi di diritto allo studio.
Art. 7.  Servizi domiciliari.
Art. 8.  Interventi di sostegno economico.
Art. 9.  Servizi per l'alloggio.
Art. 10.  Servizi residenziali.
Art. 11.  Emergenza assistenziale.
Art. 12.  Tutela sociale dei minori e della famiglia.
Art. 13.  Azioni per l'assistenza ai disabili.
Art. 14.  Il comune.
Art. 15.  La Regione.
Art. 16.  La Provincia.
Art. 17.  Coordinamento e integrazione della attività sociali con i servizi sanitari.
Art. 18.  Modalità per l'attuazione della gestione integrata socio- sanitaria.
Art. 19.  Enti ed organismi, di utilità sociale e soggetti privati.
Art. 20.  Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza.
Art. 21.  Autorizzazione e accreditamento delle strutture e dei servizi socio-assistenziali.
Art. 22.  Carta dei servizi sociali.
Art. 23.  Piano triennale socio-assistenziale regionale.
Art. 24.  Osservatorio sociale regionale.
Art. 25.  Compartecipazione al costo dei servizi.
Art. 26.  Vigilanza e controllo.
Art. 27.  Fondo sociale regionale.
Art. 28.  Criteri di ripartizione e gestione del Fondo sociale regionale.
Art. 29.  Norma transitoria e abrogazione delle leggi regionali preesistenti.
Art. 30.  Norma finale.


§ 4.2.19 - Legge Regionale 7 gennaio 2000, n. 1. [1]

Riordino delle attività socio-assistenziali e istituzione di un sistema di protezione sociale e dei diritti sociali di cittadinanza.

(B.U. n. 1 del 15 gennaio 2000).

 

TITOLO I

DISPOSIZIONI GENERALI

 

Art. 1. Oggetto.

     1. La Regione Molise, al fine di concorrere alla realizzazione di un organico sistema di protezione sociale, in conformità all'articolo 4) dello Statuto e dei principi di sussidiarietà, efficienza, economicità ed adeguatezza, disciplina le funzioni in materia di servizi sociali e, in attuazione della legge 15 marzo 1997, n. 59, e del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, conferisce ai Comuni ed agli Enti locali i compiti di erogazione dei servizi e delle prestazioni sociali, nonché i compiti di progettazione e di realizzazione della rete dei servizi sociali.

     2. Ai sensi dell'art. 128 del decreto legislativo di cui al comma 1, per "servizi sociali" si intendono tutte le attività relative alla predisposizione ed erogazione di servizi gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere ed a superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della vita, escluse soltanto quelle assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario, nonché quelle assicurate in sede di amministrazione della giustizia.

     3. Il sistema dei servizi sociali della Regione è finalizzato a realizzare una rete di protezione sociale, di opportunità e di garanzie volte al pieno sviluppo umano e al benessere della comunità, al sostegno dei progetti di vita delle persone e delle famiglie.

     4. La Regione riconosce la particolare importanza dell'attività dei soggetti del volontariato, della cooperazione sociale e, comunque, di tutti gli altri soggetti non lucrativi, nonché delle reti anche informali di auto aiuto del singolo e delle famiglie, favorendone lo sviluppo attraverso l'agevolazione alla partecipazione e al perseguimento delle finalità stabilite dalla presente legge.

     5. La Regione riconosce il ruolo dei soggetti privati che svolgono attività assistenziali, anche a fini di lucro, in conformità alle disposizioni nazionali e regionali vigenti in materia.

     6, Sono disciplinati dalla presente legge anche il coordinamento e l'integrazione con il sistema dei servizi sanitari e dei servizi educativi, ai sensi dell'articolo 3 della legge 8 giugno 1990, n. 142.

 

     Art. 2. Destinatari.

     1. Sono destinatari delle prestazioni sociali i cittadini italiani residenti nella regione, nonché gli stranieri, gli apolidi e le persone occasionalmente o temporaneamente presenti sul territorio regionale qualora si trovino in condizioni di difficoltà tali da non consentire l'intervento da parte dei servizi della Regione o dello Stato di appartenenza, salvo rivalsa in base alla normativa vigente.

 

     Art. 3. Finalità e principi.

     1. Il sistema di assistenza sociale è finalizzato a realizzare una rete di opportunità e di garanzie orientate allo sviluppo umano ed al benessere della comunità, al sostegno dei progetti di vita delle persone e delle famiglie, all'esercizio di una cittadinanza attiva, favorendo al massimo la permanenza dei cittadini fragili nel proprio ambiente di vita.

     2. L'ordinamento dei servizi sociali si informa, in via prioritaria, ai seguenti principi:

     a) universalità degli interventi diretti alle generalità della popolazione;

     b) centralità dell'azione promozionale volta a sviluppare l'autonomia sociale dei singoli e della comunità;

     c) valorizzazione e sostegno delle reti sociali primarie, in primo luogo la famiglia, quale ambito di relazioni significative per la crescita, lo sviluppo e la cura della persona;

     d) valorizzazione delle risorse promosse dalla solidarietà sociale e dall'autorganizzazione dei cittadini e delle loro forme associative.

 

     Art. 4. Funzioni sociali e diritti sociali di cittadinanza.

     1. La presente legge, nei termini previsti dallo Statuto regionale e dal D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, che attribuisce alla Regione i compiti di indirizzo e coordinamento in materia di funzioni sociali, con particolare riferimento alla definizione delle attività ed agli ambiti territoriali di gestione dei servizi, nonché all'integrazione degli stessi con le attività sanitarie, disciplina:

     a) le funzioni amministrative relative al settore organico dei servizi sociali spettanti al Comune, ai sensi dell'articolo 9 della legge 8 giugno 1990, n. 142, salvo quanto espressamente attribuito ad altri soggetti dalla legge statale e regionale secondo le rispettive competenze;

     b) le funzioni relative alla organizzazione ed alla erogazione dei servizi trasferite al Comune ai sensi del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616;

     c) ogni altra funzione sociale attribuita o delegata al Comune con legge dello Stato o della Regione e le funzioni assistenziali spettanti alle Province.

     2. In relazione a quanto previsto dalla legge 15 marzo 1997, n. 59, sul coordinamento delle politiche sociali ambientali e territoriali, ai fini di migliorare la qualità della cittadinanza, gli interventi di cui al comma 1 si coordinano con le attività in materia di istruzione, formazione e avviamento al lavoro, con le politiche di pianificazione urbana ed ambientale, e comunque con tutti gli interventi di programmazione socio- economica regionali e locali.

     3. Propedeutico al sistema di protezione sociale è il godimento dei diritti sociali di cittadinanza; agli effetti della presente legge si intendono come diritti sociali di cittadinanza:

     a) l'eguaglianza di opportunità, intese come risorse, a condizioni sociali e stati di bisogno differenti;

     b) l'informazione e la consulenza al cittadino sui percorsi assistenziali e sui servizi offerti dalla rete di protezione sociale;

     c) il rispetto della dignità della persona con riferimento alle esigenze di riservatezza delle informazioni che riguardano la sua condizione;

     d) concrete opportunità per la costituzione del nucleo familiare, ivi compreso la libertà di procreazione consapevole e responsabile e i diritti del nascituro secondo le disposizioni delle leggi 405/1995 e 194/1978;

     e) l'accesso e la fruibilità delle prestazioni in tempi compatibili con i bisogni;

     f) la possibilità di fruire, nell'ambito del sistema di protezione sociale, di più percorsi assistenziali alternativi, favorendo nella maniera più ampia la scelta del cittadino.

     4. Per la conoscenza dei servizi e dei diritti sociali di cittadinanza, gli Enti preposti alle attività disciplinate dalla presente legge provvedono ad azioni informative e promozionali nei confronti dei cittadini, particolarmente per coloro che si trovano in fasce di svantaggio sociale.

 

TITOLO II

INTERVENTI SOCIO-ASSISTENZIALI

 

     Art. 5. Interventi socio-assistenziali.

     1. Gli interventi socio-assistenziali hanno natura solidaristica e sono rivolti a persone, famiglie ed aree interessate dai processi di emarginazione ed esclusione sociale, mediante azioni di supporto integrative e/o sostitutive di funzioni proprie della rete sociale primaria.

     2. Gli interventi socio-assistenziali in particolare comprendono: i servizi domiciliari, gli interventi di sostegno economico, i servizi per l'alloggio, i servizi semiresidenziali e residenziali, gli interventi di accoglienza, sostegno e tutela sociale dei minori, degli anziani, dei portatori di handicap e dei soggetti con disagio e svantaggio sociale.

     3. Le attività ed i servizi di cui ai commi precedenti sono realizzati:

     a) attraverso una distribuzione in rete, che integra i livelli di offerta da parte di istituzioni pubbliche ed organizzazioni di utilità sociale, che contribuiscono alle finalità della presente legge;

     b) la predisposizione di un progetto personalizzato che contemperi prestazioni locali con emolumenti economici erogati dallo Stato in percorsi assistenziali integrati.

     4. I Comuni singoli o associati, secondo le disposizioni della presente legge, sono tenuti all'erogazione delle prestazioni assistenziali con criteri di trasparenza ed equità, anche in relazione a quanto stabilito dalla legge 241/1990. Il cittadino a cui non viene data alcuna risposta assistenziale può presentare esposto al Presidente della Giunta Regionale, ricorso alla Prefettura, ricorso straordinario al Presidente della Repubblica o ricorso agli organi giurisdizionali dello Stato preposti alla tutela dei diritti soggettivi.

 

     Art. 6. Interventi di diritto allo studio.

     1. Gli interventi di diritto allo studio hanno lo scopo di facilitare la frequenza delle scuole di ogni ordine e grado attraverso la rimozione di cause economiche e ambientali, nonché di integrare le attività scolastiche con azioni promozionali nel campo educativo, del recupero didattico, dell'orientamento professionale e dell'avviamento al lavoro.

     2. Per favorire il diritto allo studio la Regione, per quanto di competenza, i Comuni e gli Organi della scuola attivano tutti i collegamenti necessari con gli interventi sociali e con le attività sanitarie e socio-sanitarie di carattere medico, psicologico e pedagogico.

     3. Le prestazioni in materia, per quanto compatibili con le indicazioni della presente legge, sono disciplinate dalla legge regionale 13 gennaio 1975, n. 1, modificata ed integrata dalla legge regionale 10 dicembre 1975, n. 46.

 

     Art. 7. Servizi domiciliari.

     1. I servizi domiciliari si configurano come sistema coordinato di prestazioni socio-assistenziali, socio-educativi e sanitarie finalizzate all'aiuto alla persona, rese nell'ambiente di vita e di lavoro.

     2. Gli interventi domiciliari sono prioritariamente effettuati a favore di persone che vivono in condizione di dipendenza e di famiglie o nuclei di convivenza che provvedono all'assistenza e alla cura di soggetti non autosufficienti.

 

     Art. 8. Interventi di sostegno economico.

     1. Gli interventi di sostegno economico sono diretti a persone, famiglie e nuclei di convivenza sprovvisti delle risorse necessarie a soddisfare i bisogni fondamentali della vita quotidiana e comprendono:

     a) contributi economici continuativi;

     b) contributi economici straordinari per situazioni di emergenza individuale o familiare;

     c) contributi per il diritto allo studio.

     2. Attraverso apposite convenzioni con la FINMOLISE e/o istituti di credito e sulla base di piani di restituzione concordati, possono essere altresì concesse anticipazioni e "prestiti d'onore" senza interessi, in favore di famiglie, con o senza figli, in gravi e temporanee difficoltà finanziarie o che intendono provvedere ad interventi straordinari per l'abitazione di cui al successivo articolo 9.

     3. I finanziamenti per le anticipazioni ed i prestiti d'onore sono reperiti dagli stanziamenti previsti nella presente legge e da altri stanziamenti derivati da norme regionali e nazionali finalizzati all'orientamento professionale ed all'occupazione.

     4. Sono altresì disciplinate da apposite direttive della Giunta Regionale i contributi economici erogati per facilitare il rientro degli emigranti.

 

     Art. 9. Servizi per l'alloggio.

     1. I Comuni, per far fronte a stati di bisogno abitativo di soggetti cui siano accertate particolari condizioni di disagio e svantaggio sociale con riferimento all'età, alle condizioni di salute, sociali ed economiche, all'esistenza di reti familiari, provvedono:

     a) ad interventi di manutenzione e di adeguamento di alloggi;

     b) alla concessione di contributi per l'installazione di servizi ad uso domestico;

     c) all'integrazione parziale o totale dei canoni di locazione;

     d) alla stipula di convenzioni anche tramite gli Istituti Autonomi Case Popolari (IACP) con soggetti privati proprietari di immobili da destinare ad abitazioni.

     2. Secondo i criteri previsti dalla vigente normativa possono essere costituite da più Enti (Comuni, Comunità Montane, Istituti Autonomi Case Popolari) "società miste" per effettuare le opere di manutenzione ordinaria e straordinaria degli alloggi e delle strutture socio-assistenziali e socio-sanitarie residenziali.

 

     Art. 10. Servizi residenziali.

     1. I servizi residenziali comprendono attività assistenziali, parzialmente tutelari, di promozione e socializzazione, dirette a persone con parziale o totale dipendenza, per cicli diurni o a tempo pieno. Detti servizi, in relazione alle caratteristiche dell'utenza, possono integrare gli interventi di assistenza domiciliare, essere luogo di cura, socializzazione e di promozione culturale della persona.

     2. In relazione alle prestazioni offerte, alla tipologia degli ospiti ed al personale addetto alle attività assistenziali, i servizi residenziali si classificano come segue:

     a) Centro diurno

     b) Comunità alloggio

     c) Residenza socio-assistenziale

     d) Residenza protetta

     e) Residenza sanitaria assistenziale

     3. I servizi di cui alle lettere d) e), unitamente alle prestazioni sociali, offrono anche prestazioni sanitarie tramite proprio personale o con personale messo a disposizione dalle Aziende Sanitarie, attraverso specifiche intese con le stesse stipulate.

     4. Le modalità di accesso degli ospiti alle strutture residenziali, le tariffe dalle stesse praticate, il concorso alla spesa da parte degli ospiti, gli standards di personale, i requisiti organizzativi, edilizi e tecnologici sono stabiliti da apposita direttiva del Consiglio regionale da emanarsi entro 120 giorni dalla data di approvazione della presente legge.

     5. La direttiva prevista al precedente comma provvede anche a disciplinare la partecipazione degli ospiti alla gestione sociale della struttura e ad applicare, per quanto compatibili, i principi della carta dei servizi sanitari di cui al DPCM 19 maggio 1995, ivi compresa la individuazione di indicatori di umanizzazione e di miglioramento della qualità assistenziale.

 

     Art. 11. Emergenza assistenziale.

     1. Sono definite prestazioni di "emergenza assistenziale" le attività finalizzate ad offrire sostegno domiciliare ed immediata accoglienza, tramite strutture e/o risorse di tipo residenziale, a persone che per qualsiasi motivo ne abbiano necessità. In particolare tali interventi sono rivolti:

     a) ai minori per i quali si deve disporre un immediato allontanamento dell'ambiente familiare ai sensi dell'art. 333 del Codice civile, nonché della legge 184/1983;

     b) agli adulti, ai minori ed ai genitori in situazioni di grave difficoltà sociale, ivi compreso gli ex detenuti degli istituti penitenziari;

     c) alle donne sole e con figli, vittime di maltrattamenti, violenza ed abuso sessuale o comunque necessitanti di protezione abitativa.

     2. Tra le prestazioni di emergenza assistenziale sono ricomprese anche le azioni socio-assistenziali che la legge 354/1975 demanda agli Enti locali, a favore di detenuti ristretti negli Istituti penitenziari del Molise e dei loro nuclei familiari.

 

     Art. 12. Tutela sociale dei minori e della famiglia.

     1. I Comuni provvedono agli interventi di tutela sociale in favore dei minori soggetti a provvedimenti dell'autorità giudiziaria, a norma delle leggi vigenti, per non idoneità temporanea della famiglia e per situazioni di abbandono materiale e morale.

     2. Gli interventi di tutela sociale dei minori, qualora non siano già indicati da provvedimenti giudiziari, consistono nell'appoggio personale e nell'affido familiare e/o a strutture di accoglienza per garantire al minore la protezione ed il sostentamento quotidiano e vengono illustrati in apposito progetto personalizzato alla cui redazione provvede il personale di assistenza sociale dei Comuni, in collaborazione con lo psicologo ed il personale medico dell'Azienda Sanitaria, coinvolgendo nelle scelte il minore stesso.

     3. Sono ricompresi nelle prestazioni di tutela sociale dei minori anche gli interventi di diritto allo studio di cui al precedente articolo 6.

 

     Art. 13. Azioni per l'assistenza ai disabili.

     1. I Comuni, d'intesa con i servizi di recupero e di riabilitazione delle Aziende Sanitarie Locali, assicurano, in armonia con la legislazione vigente in materia e nell'ambito degli interventi assistenziali di cui ai precedenti articoli, attività di sostegno e di appoggio familiare ai disabili provvedendo a forme di integrazione tra attività socio- assistenziali e sanitarie.

     2. Il Piano sociale regionale indica, tra quelli previsti dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104, gli obiettivi prioritari di intervento nei confronti dei disabili ed individua i settori dell'integrazione sociale con particolare riferimento a:

     a) inserimento scolastico e formazione professionale;

     b) inserimento al lavoro, anche con forme protette di mediazione economica e tecnica concretizzate in interventi di "tutoraggio" per agevolare l'addestramento professionale ed il collocamento al lavoro;

     c) mobilità sul territorio intesa, tra l'altro, come possibilità di fruizione dei mezzi pubblici o utilizzazione di forme di trasporto agevolate.

     3. I Comuni si attivano altresì per ogni utile provvedimento finalizzato a garantire, nell'interesse della persona disabile, la gestione delle risorse finanziarie e patrimoniali della stessa.

 

TITOLO III

SOGGETTI ISTITUZIONALI

 

     Art. 14. Il comune.

     1. Il Comune è titolare delle funzioni in materia di assistenza sociale e concorre alla formazione degli atti di programmazione regionale in materia socio-assistenziale e socio-sanitaria, promuove l'attivazione ed il raccordo di tutte le risorse pubbliche, private, del privato sociale, del volontariato e di mutuo aiuto, per la realizzazione di un sistema articolato e flessibile di prestazioni e servizi, quale emanazione territoriale della "rete" di protezione sociale organizzata ai sensi della presente legge in favore della comunità.

     2. Per raggiungere i fini indicati al precedente comma, i Comuni provvedono alla gestione tecnica ed amministrativa delle attività socio- assistenziali dotandosi di apposita "struttura organizzativa" e di personale qualificato con professionalità adeguata, secondo le indicazioni della legge 142/1990 e del DLGS 29/1992 e successive modifiche ed integrazioni.

     3. In mancanza di proprie dotazioni organiche e/o in attesa di costituirle, i Comuni provvedono alla gestione tecnica delle attività socio-assistenziali, utilizzando, tramite apposite intese quadro disciplinate dalla Giunta Regionale, il personale di servizio sociale delle Aziende Sanitarie, di altri Enti Pubblici e degli Enti di utilità sociale. Allo scopo, possono essere previste anche apposite intese con l'Università e la Scuola di formazione del personale di assistenza sociale.

     4. Qualora si tratti di Comuni inferiori ai 1000 abitanti e/o di Comuni montani, le attività socio-assistenziali, per favorire una miglior efficacia-efficienza e compatibilità di spesa, sono gestite utilizzando le forme associative tra i Comuni, di cui alla citata legge 142/1990.

     5. Di norma, le forme associative sono realizzate per ambiti territoriali definiti "distretti", corrispondenti ai distretti sanitari o alle Comunità Montane. Nel caso il distretto sanitario ricomprenda più Comuni di quelli che intendono associarsi per la gestione della materia sociale, possono costituirsi, all'interno dello stesso distretto sanitario, più "unità distrettuali sociali".

 

     Art. 15. La Regione.

     1. La Regione, nell'ambito degli indirizzi e degli obiettivi generali della programmazione e con il concorso dei Comuni, delle Province, di altre Istituzioni pubbliche, quali l'Università e dei soggetti privati, adotta il Piano socio-assistenziale regionale a carattere triennale, comprendente piani annuali di attuazione.

     2. La Regione provvede inoltre:

     a) a ripartire le risorse del Fondo sociale regionale secondo le modalità previste all'articolo 27 della presente legge;

     b) a verificare l'attuazione del Piano, da parte dei soggetti pubblici e privati, con riferimento agli obiettivi, alle priorità, allo stato dei servizi, alla qualità degli interventi, al sistema informativo, alla ricerca ed ai progetti sperimentali;

     c) a curare l'assistenza tecnica agli enti gestori degli interventi di cui alla presente legge;

     d) ad emanare atti di indirizzo e di coordinamento e linee guida, per esigenze di omogeneità all'interno territorio regionale. Gli atti di indirizzo e le linee guida sono particolarmente utilizzate per la definizione degli assetti organizzativi e di gestione della materia socio- assistenziale, nonché per la definizione degli "ambiti territoriali" ottimali alla gestione dei servizi domiciliari e residenziali di carattere socio-sanitario.

     3. Per gli adempimenti indicati ai commi 1 e 2 la Regione provvede ad un riassetto dell'Assessorato "Sanità e Sicurezza Sociale" riorganizzando, in particolare, le competenze sanitarie e socio-assistenziali in due aree di attività: "Pianificazione ed interventi socio-assistenziali" ed "Organizzazione e programmazione socio-sanitaria".

 

     Art. 16. La Provincia.

     1. Nelle materie di cui alla presente legge ed ai sensi dell'art. 14, comma 2, della legge 8 giugno 1990, n. 142, la Provincia concorre alla elaborazione del Piano regionale socio-assistenziale triennale.

     2. Le attività in oggi gestite dalle Province in materia di illegittimi, ciechi e sordomuti sono trasferite con la presente legge ai Comuni che provvedono, di norma, alla loro gestione in maniera associata.

     3. Le Province, d'intesa con la Regione, i Comuni e le Comunità Montane, promuovono forme di assistenza tecnica e di collaborazione con i medesimi Enti Locali, particolarmente per le attività trasferite, provvedendo, se del caso, al trasferimento o al comando del personale addetto a tali attività ai Comuni, secondo le procedure stabilite dalla normativa in materia di pubblico impiego.

 

     Art. 17. Coordinamento e integrazione della attività sociali con i servizi sanitari.

     1. L'integrazione delle prestazioni socio-assistenziali con le attività sanitarie si effettua in maniera prevalente per gli interventi delle seguenti aree:

     a) "materno infantile", particolarmente per la prevenzione, il consultorio familiare, la medicina scolastica, lo sviluppo psico-fisico del minore e dell'adolescente;

     b) "handicap e salute mentale", particolarmente per le azioni di recupero e integrazione sociale, scolastica e lavorativa, ivi compreso il sostentamento fisico, l'assistenza diurna e residenziale nei confronti di coloro che richiedono misure di protezione ambientale e la rimozione delle barriere architettoniche e culturali;

     c) "dipendenti da droghe, alcool o sostanze psicotrope", per il recupero psico-fisico e la disassuefazione dalla dipendenza, nonché per le azioni di reinserimento e protezione sociale indicate alla lettera b);

     d) "anziani", per tutte le azioni atte a rimuovere cause di disagio e di non autosufficienza, anche economica, per favorire la permanenza nell'ambiente di vita o, qualora il soggetto sia completamente privo di autonomia e di supporti familiari, o altri supporti agli stessi assimilati, provvedere all'ospitalità in idonee strutture residenziali.

     2. In termini di produttività, efficacia e funzionalità, l'ambito territoriale ottimale per effettuare l'integrazione socio-sanitaria è il "distretto". Qualora i distretti sanitari individuati dal Piano sanitario siano territorialmente più estesi di quelli sociali, possono confluire nel Distretto socio-sanitario anche più unità distrettuali sociali di cui al comma 4 del precedente articolo 13.

     3. La Regione, nel riparto del Fondo Sociale, incentiva i Comuni associati.

 

     Art. 18. Modalità per l'attuazione della gestione integrata socio- sanitaria.

     1. Le forme di gestione integrata, in relazione a quanto disciplinato dal DLGS 502/1992 e successive modifiche ed integrazioni, nonché dalla legge 142/1990, possono effettuarsi:

     a) tramite l'adozione di accordi di programma, per gli interventi, individuati al precedente articolo 16, tra i Comuni e le Aziende Sanitarie, stabilendo procedure operative e protocolli assistenziali integrati, in cui sono definite per ciascun Ente le prestazioni offerte e gli oneri a proprio carico, nonché le modalità di erogazione della prestazione da parte delle diverse figure professionali e la verifica congiunta sulla qualità e sugli esiti. Nelle procedure e/o nel protocollo assistenziale, deve essere individuato il responsabile del procedimento;

     b) con la costituzione di istituzioni o di società miste di gestione tra Azienda Sanitaria e Comuni, ai sensi della legge 8 giugno 1990, n. 142, e di altra normativa nazionale e regionale in materia societaria;

     c) tramite delega delle attività socio-assistenziali dai Comuni alle Aziende Sanitarie, con oneri a carico dei Comuni, ivi compresi quelli relativi al personale, e con specifica contabilizzazione di tali attività da parte dell'Azienda Sanitaria che assume la gestione delle attività sociali dopo l'acquisizione delle disponibilità finanziarie dai Comuni.

     2. Tenuto conto del rilievo che le autonomie locali hanno assunto con la legge 142/1990, ribadito dalla legge 15 marzo 1997, n. 59, sono ritenute più funzionali e di garanzia per la salvaguardia del profilo delle attività sociali le forme di gestione socio-sanitaria indicate alle lettere a) e b) del precedente comma.

 

     Art. 19. Enti ed organismi, di utilità sociale e soggetti privati.

     1. Ai sensi della normativa nazionale e della presente legge, sono considerati Enti ed Organizzazioni di utilità sociale che concorrono, previa autorizzazione al funzionamento, a realizzare la rete di protezione sociale, i seguenti organismi:

     a) istituzioni pubbliche di assistenza è beneficenza;

     b) enti morali;

     c) fondazioni;

     d) associazioni senza fini di lucro e Associazioni di mutuo aiuto;

     e) associazioni di volontariato;

     f) cooperative sociali;

     g) organizzazioni "no profit".

     2. Purché autorizzati all'esercizio di specifiche attività socio- assistenziali, possono concorrere alla rete di protezione sociale anche i soggetti privati a scopo di lucro.

     3. I Comuni singoli o associati e le Comunità Montane, per la realizzazione delle attività e dei servizi socio-assistenziali, possono stipulare, con gli Enti di cui al comma 1 e qualora ritenuto opportuno anche con soggetti privati indicati al comma 2, apposite convenzioni, accordi e contratti, per prestazioni complesse, per singole prestazioni ad integrazione dell'attività pubblica e per sperimentazioni.

 

     Art. 20. Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza.

     1. Le Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza concorrono in via prioritaria, rispetto agli organismi di utilità sociale, al raggiungimento delle finalità e degli obiettivi previsti dalla presente legge.

     2. A tal fine, la Regione, ai sensi delle funzioni delegate dal DPR 15 gennaio 1972, n. 9, in materia di vigilanza e controllo di dette Istituzioni, provvede a disciplinare intese-quadro con i Comuni singoli o associati per la gestione di servizi socio-assistenziali e socio-sanitari.

     3. [Il Piano regionale triennale dei Servizi socio-assistenziali, qualora sia richiesto dagli indirizzi programmatori e di compatibilità della spesa, disciplina le procedure per l'estinzione, l'assorbimento e/o la concentrazione ed il raggruppamento delle II.PP.AA.BB] [2].

 

     Art. 21. Autorizzazione e accreditamento delle strutture e dei servizi socio-assistenziali.

     1. L'autorizzazione al funzionamento dei servizi socio-assistenziali, gestiti da Enti e da organismi di utilità sociale o da soggetti privati, è rilasciata dal Comune in cui hanno sede le attività. Nel caso le stesse siano realizzate nel territorio di più Comuni, provvede il Comune in cui è ubicata la sede legale dell'organismo o del soggetto privato, sentiti i Comuni interessati.

     2. Per gli aspetti igienico-sanitari il Comune si avvale dei competenti servizi dell'Azienda Sanitaria.

     3. L'accreditamento è procedura aggiuntiva all'autorizzazione e consiste nel possesso di requisiti superiori ai requisiti minimi richiesti per l'autorizzazione, nonché nell'accettazione dei principi di miglioramento continuo della qualità assistenziale.

     4. Per l'autorizzazione e l'accreditamento la Regione provvede ad apposite Commissioni, composte da professionalità sociali, esperti del campo educativo e pedagogico, professionalità mediche e dell'area psicologica, infermieristica e della riabilitazione. Le Commissioni, per le attività autorizzative, di verifica e controllo, si avvalgono di appositi strumenti di valutazione.

 

     Art. 22. Carta dei servizi sociali.

     1. Al fine di tutelare 1 e posizioni soggettive degli utenti delle prestazioni offerte dalla rete integrata dei servizi, entro 12 mesi dall'entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale adotta lo schema generale di riferimento della "Carta dei servizi sociali". Entro sei mesi dalla pubblicazione del suddetto schema generale, ciascun ente erogatore di servizi adotta una Carta dei servizi sociali, dandone adeguata pubblicità agli utenti.

     2. Nella Carta dei servizi sono definiti anche i criteri per l'accesso ai servizi, le loro modalità di funzionamento, le procedure di reclamo per la tutela degli utenti stessi e dei soggetti che rappresentano i loro diritti.

 

TITOLO IV

STRUMENTI E MEZZI DI PROGRAMMAZIONE

 

     Art. 23. Piano triennale socio-assistenziale regionale.

     1. Il Piano triennale socio-assistenziale regionale è lo strumento di programmazione e di governo del sistema dei servizi e della rete di protezione sociale. La Regione tramite il Piano provvede a definire gli indirizzi, gli obiettivi e le priorità sociali, nonché i criteri di attuazione degli interventi sociali e le modalità di finanziamento.

     2. Il Piano individua i principali fattori di sviluppo e di rischio come elementi di orientamento per gli interventi dei piani settoriali nelle materie di competenza regionale.

     3. Il Piano regionale è articolato in indirizzi generali per l'organizzazione e la gestione delle funzioni sociali, progetti obiettivo e azioni programmatiche, con particolare riferimento a sperimentazioni e innovazioni, sia nei modelli gestionali che nell'introduzione di nuovi servizi.

     4. Il Piano triennale è articolato in piani annuali in cui si prevedono obiettivi e azioni da portare a termine in tempi ravvicinati. Nel Piano annuale, in relazione alle verifiche effettuate, possono essere previsti aggiustamenti e integrazioni al Piano triennale.

     5. Il Piano triennale individua criteri ed indicatori volti a favorire la promozione ed il controllo dell'efficacia e della qualità degli interventi.

 

     Art. 24. Osservatorio sociale regionale.

     1. E' istituito con il concorso dell'Università, degli Enti pubblici, di Enti ed organizzazioni di utilità sociale a cui è affidata la rete dei servizi socio-assistenziali, nonché di altri organismi di ricerca, istituzioni culturali e sociali, un Osservatorio regionale dei fenomeni sociali, per offrire dati quantitativi e qualitativi sui problemi sociali della Regione.

     2. L'Osservatorio provvede alla elaborazione di indicatori sui bisogni della regione con particolare riferimento alla povertà, ai problemi della famiglia e dei minori, alla scolarità, all'integrazione sociale dei portatori di handicap, di patologie psichiatriche, all'emarginazione ed al disagio sociale. Tali indicatori sono utilizzati come base documentale e statistica per la costruzione e la definizione del Piano socio- assistenziale.

     3. Tenuto conto del rapporto tra bisogni e attività della rete di protezione sociale, ivi compresa la valutazione costi/benefici, l'Osservatorio si avvale anche della collaborazione dei Comuni, delle Comunità Montane e delle Province, provvedendo, d'intesa con la Regione, ad attività formative per gli operatori di tali Enti.

     4. La Giunta Regionale, con specifico provvedimento, provvede, entro 60 giorni dalla data di approvazione della presente legge, alla costituzione dell'Osservatorio dei fenomeni sociali indicando nel medesimo atto anche le modalità di integrazione dello stesso con strutture analoghe già funzionanti, particolarmente con l'Osservatorio epidemiologico e, con il Sistema informativo sanitario, e affidando compiti di coordinamento rispetto ad organismi analoghi già esistenti.

 

     Art. 25. Compartecipazione al costo dei servizi.

     1. L'accesso alle prestazioni socio-assistenziali è garantito a tutti i cittadini e/o ai soggetti presenti sul territorio regionale secondo quanto previsto all'articolo 2.

     2. Può essere richiesto, in relazione al reddito personale e familiare, a chi fruisce di prestazioni socio-assistenziali un concorso ai costi del servizio reso; per determinare l'ammontare di tale concorso si tiene conto degli indicatori di reddito contenuti nel "Rapporto della Commissione d'indagine sulla povertà e sull'emarginazione" di cui alla legge 22 novembre 1990, n. 354.

     3. Il Piano triennale dei servizi socio-assistenziali disciplina le modalità ed i criteri del concorso finanziario al costo dei servizi. In via transitoria, fino all'approvazione del Piano, la Giunta Regionale, con riferimento agli indicatori di cui al secondo comma dell'articolo 27, provvede con apposito atto a fornire indicazioni ai Comuni ed agli Enti che gestiscono prestazioni socio-assistenziali.

 

     Art. 26. Vigilanza e controllo.

     1. La vigilanza ed il controllo sulle attività e sulle strutture socio-assistenziali e socio-sanitarie pubbliche, private accreditate o autorizzate, è esercitata dal Sindaco del Comune in cui si svolgono le prestazioni, che si avvale per l'istruttoria tecnica di una Commissione di verifica e revisione di qualità (VRQ), costituita dalla Giunta Regionale secondo i principi della revisione e del miglioramento continuo della qualità.

     2. La Commissione, nominata dalla Giunta Regionale, è formata da 7 esperti nelle discipline di "Servizio Sociale", "Organizzazione e Personale", "Economia e finanza", "Epidemiologia e Medicina Sociale", "Cure infermieristiche e Riabilitazione". La Segreteria della Commissione è affidata a funzionari regionali.

     3. Per analizzare e valutare le diverse realtà locali, la Commissione può avvalersi, d'intesa con gli Organi dell'Amministrazione e della Direzione, anche del personale dei Comuni e delle Aziende Sanitarie.

     4. In caso di gravi o reiterate inadempienze il Sindaco sospende il funzionamento dei servizi e/o delle strutture; se le inadempienze sono a carico di soggetti privati, anche "no profit", il Sindaco, sentito il Distretto e d'intesa con la Regione, quando trattasi di strutture accreditate, può sospendere o revocare l'autorizzazione. Unitamente alle procedure di sospensione delle attività o di revoca delle autorizzazioni al funzionamento, possono essere applicate anche sanzioni economiche.

     5. Qualora un Comune non provveda agli adempimenti in materia di vigilanza e di controllo, secondo le modalità stabilite al presente articolo, i poteri sostitutivi sono esercitati dalla Regione.

 

     Art. 27. Fondo sociale regionale.

     1. Per il finanziamento delle attività socio-assistenziali, in attesa della riforma del sistema fiscale regionale, è costituito un fondo regionale composto dai trasferimenti finanziari dello Stato in materia di assistenza sociale e diritto allo studio, già confluiti nel "Fondo Comune" di cui all'articolo 8 della legge 16 maggio 1970, n. 281, e alla legge 1 febbraio 1989, n. 40, successivamente disciplinato dai commi 1/14 dell'articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, e dalla legge 23 dicembre 1996, n. 662.

     2. Tenuto conto che le attività socio-assistenziali sono di competenza primaria dei Comuni, i finanziamenti regionali hanno finalità sussidiaria, particolarmente per la prima fase di applicazione della presente legge, al fine di consentire ai Comuni, all'interno dei propri bilanci, un riordino delle destinazioni finanziarie in favore degli interventi sociali.

     3. Per le attività socio-sanitarie i finanziamenti regionali, provenienti dal fondo sanitario, si integrano con gli stanziamenti previsti dalla presente legge e con i fondi messi a disposizione dai Comuni.

     4. Il fondo sociale regionale è articolato come segue:

     a) una quota pari al 70% destinata ai Comuni singoli o associati, in termini complementari ai loro bilanci per la gestione delle attività socio- assistenziali e di assistenza scolastica, con particolare finalizzazione a minori, anziani, disabili, soggetti a emarginazione e disagio sociale;

     b) una quota pari al 20% per investimenti in conto capitale relativi alla ristrutturazione ed alla nuova edificazione di presidi residenziali a carattere sociale (per raggiungimento degli standards), nonché per l'ammodernamento e la ristrutturazione delle sedi distrettuali di accesso alla rete di protezione sociale;

     c) una quota pari al 10% per interventi di formazione, studio e ricerca, e per sperimentazioni innovative.

     5. La ripartizione del fondo sociale avviene secondo le modalità indicate al successivo articolo 28.

 

     Art. 28. Criteri di ripartizione e gestione del Fondo sociale regionale.

     1. Il fondo sociale viene ripartito entro il 30 aprile dell'esercizio finanziario di competenza, sulla base delle risultanze economiche e della capacità di spesa dei Comuni singoli o associati, desunta da pre-consuntivi inviati alla Giunta Regionale entro il 31 gennaio di ciascun anno.

     2. I criteri per la ripartizione del fondo relativo alle attività di cui alla lettera a) del precedente articolo 27 sono effettuati attraverso quota capitaria "ponderata" per ciascun abitante secondo i seguenti indicatori:

     - indice di natalità;

     - indice di mortalità;

     - indice di vecchiaia;

     - indice di nuzialità;

     - indice ISTAT sui consumi del Comune;

     3. Per il primo riparto del fondo la distribuzione derivante dagli indicatori di cui al precedente comma, si integra con una valutazione dell'offerta di servizi e della capacità di spesa dei Comuni. Per il biennio successivo, si procede, se del caso, ad un riequilibrio delle assegnazioni che consenta la prosecuzione delle attività in essere, senza pregiudicare l'attivazione di nuovi interventi nelle zone carenti.

     4. Ai Comuni che provvedono alla gestione delle attività socio- assistenziali su base associativa distrettuale, è attribuito un incentivo pari al 20% della somma complessiva dei finanziamenti da destinarsi al singolo Comune.

     5. La ripartizione delle quota. di cui alla lettera b), del precedente articolo 27, è effettuata secondo i progetti di fattibilità presentati dai Comuni alla Giunta Regionale; i finanziamenti in conto capitale sono attribuiti per opere edilizie in misura non superiore al 70% del costo complessivo dell'opera. Ai progetti presentati da Comuni associati e destinati alla popolazione dell'intero distretto, detta aliquota viene incrementata del 10%.

     6. I progetti per i finanziamenti in conto capitale devono essere presentati alla Giunta Regionale entro il 30 ottobre di ciascun anno.

     7. I finanziamenti destinati a formazione, ricerca e sperimentazione vengono "concertati" dalla Giunta Regionale con i Comuni e l'Osservatorio sociale entro il 31 gennaio di ciascun anno ed erogati unitamente ai finanziamenti di cui al comma 1.

     8. In carenza del Piano triennale dei servizi socio assistenziali, la Giunta Regionale, per l'applicazione di quanto previsto ai precedenti commi, provvede ad emanare direttive, atti amministrativi e circolari.

 

     Art. 29. Norma transitoria e abrogazione delle leggi regionali preesistenti.

     1. In attesa dell'approvazione del primo Piano triennale dei servizi socio-assistenziali, la Giunta Regionale adotta "indirizzi per il piano socio-assistenziale" finalizzati ad orientare le attività dei Comuni, il primo riparto dei finanziamenti e l'operatività degli organismi che provvedono alla predisposizione del Piano stesso.

     2. Sono abrogate le seguenti leggi regionali: n. 14/1972; n. 22/1972; n. 1/1975.

     3. Le leggi regionali che in maniera non difforme regolano settori disciplinati dalla presente normativa restano in vigore per quanto compatibili con il modello organizzativo previsto dalla presente legge e gli interventi in essere vengono ricondotti alle attività socio- assistenziali e di diritto allo studio di cui ai precedenti articoli 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13.

 

          Art. 30. Norma finale.

     1. La presente legge sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Molise. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e farla osservare come legge della Regione Molise.


[1] Abrogata dall'art. 55 della L.R. 6 maggio 2014, n. 13.

[2] Comma abrogato dall'art. 19 della L.R. 10 agosto 2007, n. 23.