Settore: | Normativa europea |
Materia: | 1. agricoltura |
Capitolo: | 1.5 polizia sanitaria e igiene |
Data: | 01/02/2002 |
Numero: | 106 |
Sommario |
Art. 1. 1. Gli Stati membri provvedono affinché la conferma della peste suina classica si basi sui seguenti accertamenti |
Art. 2. Gli allegati I e IV della direttiva 80/217/CEE del Consiglio, del 22 gennaio 1980, che stabilisce misure comunitarie di lotta contro la peste suina classica, modificata da ultimo dall’atto di [...] |
Art. 3. La presente decisione si applica a decorrere dal 1° novembre 2002 |
Art. 4 . |
§ 1.5.926 - Decisione 1 febbraio 2002, n. 106.
Decisione n. 2002/106/CE della Commissione recante approvazione di un manuale di diagnostica che stabilisce procedure diagnostiche, metodi per il prelievo di campioni e criteri per la valutazione degli esami di laboratorio ai fini della conferma della peste suina classica.
(G.U.C.E. 9 febbraio 2002, n. L 39).
La Commissione delle Comunità europee,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea,
vista la
considerando quanto segue:
(1) È necessario determinare a livello comunitario procedure diagnostiche, metodi per il prelievo di campioni e criteri per la valutazione dei risultati degli esami di laboratorio che permettano di confermare la peste suina classica.
(2) L’allegato IV della
(3) Il virus della peste suina classica non è considerato pericoloso per la salute umana.
(4) Grazie ai recenti progressi compiuti nel campo delle tecniche di laboratorio, è possibile diagnosticare rapidamente la peste suina classica.
(5) L’esperienza acquisita negli ultimi anni in fatto di lotta contro la peste suina classica ha permesso di definire i procedimenti più adatti per il prelievo dei campioni e i criteri per la valutazione dei risultati degli esami di laboratorio ai fini di una diagnosi corretta della malattia in circostanze diverse.
(6) Le misure previste dalla presente decisione sono conformi al parere del comitato veterinario permanente,
ha adottato la presente decisione:
1. Gli Stati membri provvedono affinché la conferma della peste suina classica si basi sui seguenti accertamenti:
a) rilevamento di segni clinici della malattia e di lesioni post mortem dovute alla stessa;
b) individuazione del virus, dell’antigene o del genoma in campioni di tessuti, organi, sangue o escreti di suino;
c) rivelazione di una reazione di un anticorpo specifico in campioni ematici,
conformemente alle procedure, ai metodi per il prelievo di campioni e ai criteri per la valutazione dei risultati degli esami di laboratorio descritti nel manuale allegato alla presente decisione.
2. Tuttavia, i laboratori diagnostici nazionali citati nell’allegato III, paragrafo 1, della
La sensibilità e la specificità di questi test modificati o alternativi devono essere valutate nel corso dei periodici test comparativi organizzati dal laboratorio comunitario di riferimento per la peste suina classica.
Gli allegati I e IV della
La presente decisione si applica a decorrere dal 1° novembre 2002.
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.
ALLEGATO
Manuale di diagnostica della peste suina classica
Capitolo I
Introduzione, obiettivi e definizioni
1. Al fine di garantire l’uniformità delle procedure diagnostiche della peste suina classica, il presente manuale stabilisce:
a) orientamenti e requisiti minimi in materia di procedure diagnostiche, metodi per il prelievo di campioni e criteri per la valutazione dei risultati degli esami clinici e post mortem e delle prove di laboratorio ai fini di una corretta diagnosi della peste suina classica [1];
b) i requisiti minimi in materia di biosicurezza e le norme di qualità che devono essere osservate dai laboratori di diagnosi della peste suina classica e per il trasporto dei campioni;
c) gli esami di laboratorio da effettuarsi ai fini della diagnosi della peste suina classica e le tecniche di laboratorio che devono essere utilizzate per la tipizzazione genetica degli isolati del virus della peste suina classica.
2. Il presente manuale è destinato prevalentemente alle autorità competenti per la lotta contro la peste suina classica. Per questo motivo, esso non contiene descrizioni particolareggiate delle tecniche di laboratorio, ma insiste soprattutto sui principi e le applicazioni dei test e sulla valutazione dei relativi risultati.
3. Ai fini del presente manuale, oltre alle definizioni di cui all’articolo 2 della
a) "azienda sospetta": qualunque azienda nella quale si trovino uno o più suini sospetti di infezione da virus della peste suina classica, ovvero un’azienda che ha avuto contatti ai sensi dell’articolo 2, punto v), della
b) "falso positivo": qualunque suino rivelatosi sieropositivo all’esame sierologico per l’accertamento della peste suina classica, ma che non è mai stato a contatto con il virus della malattia né risulta aver infettato gli altri suini venuti a contatto con lui [2];
c) "sottounità epidemiologica "o "sottounità": un edificio, luogo o terreno adiacente, nel quale gruppi di suini appartenenti ad un’azienda si trovano frequentemente a contatto diretto o indiretto gli uni con gli altri, pur restando separati da altri suini della stessa azienda;
d) "suini in contatto": i suini che, nel corso dei precedenti 21 giorni, sono stati a contatto immediato con uno o più suini sospetti di infezione da virus della peste suina classica.
[1] Il numero di campioni da prelevare per le prove di laboratorio sarà determinato, tra l’altro, in funzione della sensibilità delle prove che s’intende effettuare. Se la sensibilità del test non è molto elevata, si utilizzerà un numero di animali maggiore di quello indicato nel manuale.
[2] I soggetti "falsi positivi "possono presentare titoli di anticorpi in grado di neutralizzare il virus che variano da trascurabile (il caso più frequente) a fortemente positivo. In seguito ad ulteriori prelievi, il titolo di anticorpi in questi soggetti rimane costante o tende a diminuire. In genere solo pochi capi di un allevamento manifestano simili reazioni falsamente positive.
Capitolo II
Descrizione della peste suina classica con particolare riferimento alla diagnosi differenziale
A. Introduzione
1. La peste suina classica è provocata da un ribovirus con involucro, appartenente al genere Pestivirus della famiglia Flaviviridae. Questo virus è apparentato ai Pestivirus dei ruminanti, responsabili della diarrea virale dei bovini (BVDV) e della pestivirosi ovina o "border disease" (BDV). Tale correlazione ha conseguenze diagnostiche rilevanti, in quanto si verificano reazioni incrociate che possono falsare i risultati delle prove di laboratorio.
2. Il virus della peste suina classica è relativamente stabile nelle escrezioni umide dei suini infetti, nelle carcasse di suino, nonché nelle carni suine fresche e in taluni prodotti a base di carni suine. È rapidamente inattivato da detergenti, solventi grassi, proteasi e disinfettanti comuni.
3. La principale via naturale d’infezione è quella oronasale, per contatto diretto o indiretto con suini infetti o tramite ingestione di mangime contaminato. Nelle zone con un’alta densità di suini, il virus si propaga facilmente da un’azienda all’altra. La malattia può essere trasmessa anche attraverso lo sperma di verri infetti.
4. Il periodo d’incubazione nei singoli animali varia da una settimana a dieci giorni, ma, in condizioni reali, i sintomi clinici possono evidenziarsi in un allevamento solo dalle due alle quattro settimane dopo l’introduzione del virus, o anche più se sono interessati soltanto suini adulti o se si tratta di un ceppo virale attenuato.
5. La peste suina classica presenta segni clinici estremamente variabili e può essere confusa con numerose altre malattie. La gravità dei sintomi dipende soprattutto dall’età dell’animale e dalla virulenza dell’agente patogeno. In genere gli animali giovani sono i più gravemente colpiti. Nei soggetti più anziani il decorso dell’infezione è spesso mitigato o persino subclinico.
6. Si possono distinguere forme acute, croniche e prenatali della peste suina classica.
B. Forma acuta
1. I suinetti svezzati e i suini da ingrasso manifestano per lo più la forma acuta della peste suina classica. I primi sintomi sono anoressia, letargia, febbre, congiuntivite, ingrossamento dei linfonodi, sintomi respiratori e costipazione seguita da diarrea.
Le tipiche emorragie cutanee si osservano generalmente sull’orecchio, la coda, l’addome e nella parte interna degli arti durante la seconda e terza settimana dopo l’infezione e fino al decesso. Non di rado si riscontrano sintomi neurologici, come un’andatura barcollante sulle zampe posteriori, movimenti scoordinati e convulsioni.
La febbre rimane un dato costante. Generalmente superiore a 40 °C, essa può fermarsi a 39,5 °C nei soggetti adulti.
2. Il virus della peste suina classica provoca grave leucopenia e immunosoppressione, che spesso danno luogo ad infezioni secondarie di tipo enterico o respiratorio. I sintomi di queste infezioni secondarie possono nascondere o travisare i segni più tipici della peste suina classica, traendo così in errore l’allevatore o il veterinario.
Il decesso si verifica di solito nell’arco di un mese. È possibile anche la guarigione, grazie alla produzione di anticorpi, il più delle volte negli animali riproduttori adulti con segni clinici moderati. Gli anticorpi contro la peste suina classica sono rilevabili a partire dalla seconda-terza settimana dopo l’infezione.
3. Le alterazioni patologiche osservabili all’esame post mortem si riscontrano per lo più nei linfonodi e nei reni. I linfonodi si presentano gonfi, edematosi ed emorragici. Le emorragie renali variano, per grandezza, da impercettibili petecchie ad ecchimosi. Si possono osservare emorragie simili anche nella vescica, nella laringe, nell’epiglottide e nel cuore; talvolta ne sono intaccate le membrane sierose dell’addome e del torace. A ciò si aggiunge spesso un’encefalite non purulenta. Possono essere presenti anche lesioni dovute ad infezioni secondarie, che inducono facilmente in errore i veterinari. Gli infarti nella milza sono considerati lesioni patognomoniche, benché siano piuttosto rari.
4. La forma acuta della peste suina africana offre di solito un quadro clinico e patologico molto simile a quello della peste suina classica. Le emorragie cutanee e sulle orecchie, facilmente rilevabili, fanno comunque sospettare la presenza di peste suina classica o africana in forma acuta. Poche altre malattie provocano lesioni di questo tipo.
L’eventualità di una forma acuta di peste suina classica deve essere presa in considerazione anche nei casi sospetti di erisipela, sindrome riproduttiva e respiratoria dei suini, avvelenamento da cumarina, porpora emorragica, sindrome da deperimento organico progressivo, sindrome da dermatite e nefropatia, salmonellosi o pasteurellosi, o qualsiasi altra sindrome enterica o respiratoria accompagnata da febbre, che non risponda ai trattamenti antibiotici.
5. Il virus della peste suina classica si trasmette attraverso la saliva, l’urina e le feci dal momento della comparsa dei segni clinici fino alla morte. Un’altra via di trasmissione possibile è lo sperma.
C. Forma cronica
1. L’infezione assume un decorso cronico quando i suini non sono in grado di sviluppare un’efficace risposta immunitaria contro il virus della peste suina classica. L’infezione cronica si manifesta con sintomi iniziali simili a quelli dell’infezione acuta. In seguito prevalgono i sintomi atipici, quali febbre intermittente, enterite cronica e atrofia. Sono assenti le tipiche emorragie cutanee.
I suini che hanno contratto questo tipo d’infezione possono presentare segni clinici della malattia nei due o tre mesi che precedono la morte. Il virus è permanentemente contagioso dal momento della comparsa dei segni clinici fino alla morte. Gli anticorpi sono rilevabili per un certo tempo in campioni di siero.
2. Le alterazioni patologiche sono meno tipiche; possono mancare, in particolare, emorragie sugli organi e sulle membrane sierose. Gli animali affetti da diarrea cronica presentano comunemente lesioni necrotiche sull’ileo, sulla valvola ileocecale e sul retto.
3. Poiché i segni clinici della peste suina classica cronica sono piuttosto atipici, la diagnosi differenziale dev’essere effettuata in riferimento a parecchie altre malattie. L’aumento della temperatura corporea non si verifica necessariamente in ogni animale, ma nell’insieme di un’azienda infetta si registra febbre almeno in un certo numero di capi.
D. Forma prenatale e comparsa tardiva della malattia
1. Il virus della peste suina classica è trasmissibile attraverso la placenta delle femmine gravide e può infettare i feti, mentre nella scrofa la malattia rimane sovente allo stato subclinico.
L’esito dell’infezione transplacentare dei feti dipende in gran parte dallo stadio di gestazione e dalla virulenza dell’agente patogeno. Un’infezione contratta agli inizi della gravidanza può dar luogo ad aborto e natimortalità, mummificazione e malformazioni. Ne consegue una riduzione del tasso di fertilità nell’allevamento.
Se la scrofa contrae l’infezione prima del novantesimo giorno di gestazione, i suinetti possono nascere in uno stato di viremia persistente: essi possono essere clinicamente normali alla nascita e sopravvivere diversi mesi; successivamente, possono essere caratterizzati da crescita insufficiente, deperimento e talvolta tremore congenito. Questo decorso della malattia è definito come "peste suina classica ad insorgenza tardiva". I suinetti infetti contribuiscono largamente alla diffusione della malattia e alla persistenza del virus nell’allevamento, in quanto non cessano di propagare il contagio fino alla morte.
2. La peste suina classica può essere particolarmente difficile da individuare negli allevamenti di suini da riproduzione, in quanto la malattia può assumere un decorso molto mite e prestarsi a confusione con diverse altre manifestazioni patologiche. Aborti e fertilità ridotta possono essere dovuti, oltre che alla peste suina classica, ad infezione da parvovirus, PRRS, leptospirosi e morbo di Aujeszky. Gli aborti imputabili a peste suina classica non si distinguono, dal punto di vista patologico, da quelli provocati da altri agenti patogeni.
In caso di sospetta patologia infettiva dell’apparato genitale, occorre procedere immediatamente alla ricerca del virus della peste suina classica nelle aziende ritenute "a rischio" (cioè le aziende situate in zone in cui la peste suina classica colpisce le popolazioni di suini selvatici) e comunque al più presto dopo aver escluso le più comuni malattie infettive dell’apparato genitale.
Capitolo III
Orientamenti sui principali criteri da seguire per il riconoscimento di un’azienda come azienda sospetta di peste suina classica
La decisione di riconoscere un’azienda come "azienda sospetta "va presa sulla base delle seguenti constatazioni, criteri e motivi:
a) dati clinici e patologici osservati nei suini. Gli elementi da prendere in considerazione sono essenzialmente:
- febbre con aumento della morbosità e della mortalità,
- febbre con sindrome emorragica,
- febbre con sintomi neurologici,
- febbre di origine ignota senza miglioramento in seguito a trattamento antibiotico,
- aborti e intensificazione dei problemi di fertilità negli ultimi tre mesi,
- tremore congenito nei suinetti,
- animali cronicamente malati,
- animali giovani che accusano un ritardo nella crescita (più piccoli del normale),
- emorragie petecchiali ed ecchimosi, specialmente nei linfonodi, nei reni, nella milza, nella vescica e nella laringe,
- infarti o ematomi, particolarmente nella milza,
- ulcere nell’intestino crasso dei cronici, in particolare presso la giunzione ileocecale;
b) risultanze epidemiologiche. Si prenderanno in considerazione soprattutto le seguenti circostanze:
- contatti diretti o indiretti con un’azienda risultata infetta da peste suina classica,
- fornitura di suini successivamente rivelatisi infetti da peste suina classica,
- inseminazione artificiale di scrofe con sperma di origine sospetta,
- contatti diretti o indiretti con suini selvatici appartenenti ad una popolazione soggetta a peste suina classica,
- suini allevati in libertà in una regione in cui sono presenti suini selvatici infetti da peste suina classica,
- suini nutriti con rifiuti alimentari probabilmente non trattati in modo tale da inattivare il virus della peste suina classica,
- eventuale esposizione all’infezione attraverso persone entrate nell’azienda, mezzi di trasporto, ecc.
c) risultati dei test sierologici. Si prenderanno in considerazione i seguenti risultati di laboratorio:
- reazione sierologica dovuta ad un’infezione inosservata da virus della peste suina classica o da vaccinazione [1],
- reazione incrociata tra anticorpi della peste suina classica e di altri Pestivirus [2],
- individuazione di soggetti reattivi singoli o "falsi positivi" [3].
[1] Se i suini sono stati vaccinati contro la peste suina classica con un vaccino convenzionale, essi possono risultare sieropositivi semplicemente a causa della vaccinazione, oppure per un’infezione asintomatica sopravvenuta negli animali vaccinati.
[2] In determinate condizioni, fino al 10% dei suini di una mandria può possedere anticorpi contro i pestivirus dei ruminanti responsabili della diarrea virale dei bovini e della pestivirosi ovina o "border disease". Ciò si verifica, ad esempio, quando i suini vengono a contatto diretto con bovini od ovini infetti da BVDV o da BDV, o con materiali contaminati da pestivirus dei ruminanti.
[3] Nell’insieme dei test sierologici in uso per la peste suina classica, da una piccola proporzione di sieri si ottengono risultati falsamente positivi, o per la scarsa specificità della prova, o perché i sieri provengono da soggetti reattivi singoli.
Capitolo IV
Procedure di esame e campionamento
A. Orientamenti e procedure per l’esame clinico ed il prelievo di campioni su suini nelle aziende sospette
1. Gli Stati membri provvedono affinché nelle aziende sospette vengano effettuati gli opportuni esami clinici, prelievi di campioni e ricerche di laboratorio per confermare o escludere la presenza di peste suina classica, secondo gli orientamenti e le procedure di seguito indicati ai punti 2-7.
A prescindere dall’adozione delle misure di cui all’articolo 4, paragrafo 2, della
In tutti gli altri casi di sospetta infezione da virus della peste suina classica in uno o più suini, devono essere adottate, nell’azienda interessata, le misure di cui all’articolo 4, paragrafo 2, della
Gli orientamenti e le procedure di cui ai seguenti punti 2-7 si applicano, mutatis mutandis, anche in presenza di un sospetto di peste suina classica in un macello o in un mezzo di trasporto.
2. Quando un veterinario ufficiale visita un’azienda sospetta al fine di confermare o escludere la peste suina classica, egli deve:
- verificare i registri, se disponibili, relativi alla produzione e allo stato sanitario dell’azienda,
- ispezionare ciascuna sottounità dell’azienda per selezionare i capi da sottoporre ad esame clinico.
L’esame clinico deve comprendere la misurazione della temperatura corporea e interessa in primo luogo i seguenti suini o gruppi di suini:
- suini malati o anoressici,
- suini recentemente guariti da una malattia,
- suini introdotti da poco nell’azienda in provenienza da focolai confermati o da altre origini sospette,
- suini alloggiati in sottounità nelle quali sono recentemente entrati visitatori esterni che hanno avuto contatti immediati e recenti con suini sospetti o infetti da peste suina classica o altri contatti particolarmente rischiosi con una potenziale fonte virale della peste suina classica,
- suini già sottoposti a campionamento e a esame sierologico per l’individuazione della peste suina classica, qualora i risultati di tali esami non permettano di escludere la presenza della malattia, nonché suini in contatto.
Se l’ispezione condotta nell’azienda sospetta non ha rivelato la presenza di suini o gruppi di suini rispondenti alle caratteristiche di cui sopra, l’autorità competente, fatte salve le altre misure eventualmente applicate nell’azienda in questione a norma della
- svolgere ulteriori esami nell’azienda in questione conformemente al seguente punto 3, o
- prelevare dai suini dell’azienda campioni di sangue da analizzare in laboratorio. In questo caso, si devono seguire a titolo indicativo le procedure descritte al punto 5 e al punto F.2, o
- adottare o mantenere in vigore le misure di cui all’articolo 4, paragrafo 2, della
- escludere il sospetto di peste suina classica.
3. Ogni volta che viene fatto riferimento al presente paragrafo, l’esame clinico nell’azienda sospetta dev’essere effettuato su animali scelti a caso nelle sottounità che presentano un rischio d’introduzione del virus della peste suina classica.
Il numero minimo di suini da esaminare nelle suddette sottounità dev’essere sufficiente a rivelare un tasso di prevalenza della malattia del 10% con un’affidabilità del 95%.
Tuttavia, se si tratta di:
- scrofe riproduttrici, il numero minimo di capi da esaminare deve poter rivelare un tasso di prevalenza della malattia del 5% con un’affidabilità del 95%,
- un centro di raccolta dello sperma, tutti i verri devono essere esaminati.
4. Se in un’azienda sospetta vengono trovati suini morti o moribondi, si procederà ad un esame post mortem, preferibilmente su un minimo di cinque di questi animali e in particolare quelli:
- che prima del decesso manifestavano segni evidenti di malattia,
- con febbre alta,
- appena morti.
Se questi esami non evidenziano lesioni che possano rivelare la presenza di peste suina classica ma, a causa della situazione epidemiologica, sono ritenute necessarie ulteriori indagini, in tal caso:
- si deve procedere ad un esame clinico secondo le modalità di cui al punto 3 e al prelievo di campioni ematici secondo il punto 5, nella sottounità in cui si trovavano i suini morti o moribondi, e
- si possono eseguire esami post mortem su 3 o 4 suini in contatto.
Indipendentemente dalla presenza o dall’assenza di lesioni potenzialmente imputabili a peste suina classica, devono essere prelevati campioni di organi o tessuti dai suini sottoposti ad esame post mortem, a fini di esame virologico secondo quanto disposto al capitolo V, punto B.1. Detti campioni vanno prelevati di preferenza da suini appena morti.
L’autorità competente provvede affinché, nello svolgimento degli esami post mortem:
- vengano prese le necessarie precauzioni e misure d’igiene per prevenire la diffusione di malattie, e
- gli animali moribondi vengano finiti in modo umano, conformemente alla
5. Se in un’azienda sospetta vengono rilevati ulteriori segni clinici o lesioni riconducibili alla peste suina classica, ma l’autorità competente ritiene che tali indizi non siano sufficienti a confermare un focolaio di peste suina classica e siano pertanto necessarie analisi di laboratorio, si dovrà procedere al prelievo di campioni ematici dai suini sospetti e da altri capi in ciascuna delle sottounità in cui si trovano suini sospetti, rispettando la procedura di seguito indicata.
Il numero minimo di campioni da prelevare per gli esami sierologici in ciascuna sottounità dev’essere sufficiente a rivelare un tasso di sieroprevalenza del 10% con un’affidabilità del 95%.
Tuttavia, se si tratta di:
- scrofe riproduttrici, il numero minimo di capi da campionare deve poter rivelare un tasso di sieroprevalenza del 5% con un’affidabilità del 95% [1],
- un centro di raccolta dello sperma, tutti i verri devono essere campionati.
Il numero di campioni da prelevare per gli esami virologici dev’essere conforme alle istruzioni impartite dall’autorità competente, la quale terrà conto della gamma di esami che possono essere effettuati, della sensibilità delle prove di laboratorio che verranno utilizzate e della situazione epidemiologica.
6. Se il sospetto di peste suina classica nell’azienda in questione è fondato sui risultati di precedenti esami sierologici, oltre ai campioni ematici prelevati dai suini di cui al punto 2, secondo capoverso, quinto trattino, si applica la seguente procedura:
a) se i suini sieropositivi sono scrofe gravide, alcune di esse, preferibilmente non meno di tre, saranno eutanasiate e sottoposte ad esame post mortem. Prima dell’uccisione si dovrà prelevare un campione di sangue per ulteriori esami sierologici. I feti saranno esaminati per la ricerca del virus della peste suina classica, dell’antigene del virus o del suo genoma conformemente al capitolo VI, al fine di rilevare un’eventuale infezione intrauterina;
b) se i suini sieropositivi sono scrofe nutrici, si devono prelevare campioni ematici da tutti i suinetti e analizzarli per la ricerca del virus della peste suina classica, dell’antigene del virus o del suo genoma conformemente al capitolo VI. Si preleveranno campioni ematici anche dalle scrofe, per ulteriori esami sierologici.
7. Se, dopo l’ispezione condotta nell’azienda sospetta, non vengono rilevati segni clinici o lesioni riconducibili alla peste suina classica, ma l’autorità competente ritiene necessarie ulteriori prove di laboratorio per escludere l’eventualità di peste suina classica, si seguirà a titolo orientativo la procedura di campionamento descritta al punto 5.
[1] In taluni casi, per esempio se si sospetta la presenza di peste suina classica in un’azienda con un numero limitato di suinetti, la proporzione di scrofe infette può essere minima. In questi casi si dovrà campionare un numero maggiore di scrofe.
B. Procedura di campionamento nell’azienda in caso di abbattimento di suini in seguito alla conferma della malattia
1. Quando in un’azienda si procede all’abbattimento di suini in seguito alla conferma di un focolaio di peste suina classica conformemente all’articolo 5, paragrafo 1, lettera a), della
2. Il numero minimo di suini da campionare in ciascuna sottounità dev’essere sufficiente a rivelare un tasso di sieroprevalenza del 10% con un’affidabilità del 95% [1].
Si possono altresì prelevare campioni per gli esami virologici conformemente alle istruzioni impartite dall’autorità competente, la quale terrà conto della gamma di esami che possono essere effettuati, della sensibilità delle prove di laboratorio che verranno utilizzate e della situazione epidemiologica.
3. Tuttavia, in caso di focolai secondari, l’autorità competente può decidere di derogare ai punti 1 e 2 di cui sopra e stabilire una procedura di campionamento ad hoc, tenendo conto dei dati epidemiologici già disponibili sull’origine e sul modo d’introduzione del virus nell’azienda, nonché della propagazione potenziale della malattia dall’azienda interessata.
[1] Tuttavia, se è stata applicata la deroga prevista all’articolo 6, paragrafo 1, della
C. Procedura di campionamento in caso di abbattimento di suini come misura preventiva in un’azienda sospetta
1. Quando in un’azienda sospetta si procede all’abbattimento di suini a titolo preventivo, conformemente all’articolo 4, paragrafo 3, lettera a) o all’articolo 7, paragrafo 2, della
2. Il campionamento interessa in primo luogo:
- i suini che presentano segni o lesioni post mortem riconducibili alla peste suina classica e i suini in contatto con questi,
- altri suini che potrebbero aver avuto contatti rischiosi con animali infetti o sospetti o di cui si sospetta un contagio con il virus della peste suina classica.
Questi suini devono essere campionati secondo le istruzioni dell’autorità competente, la quale tiene conto della situazione epidemiologica. In questo caso, si devono seguire a titolo indicativo le procedure di campionamento descritte al secondo, terzo e quarto capoverso in appresso.
Inoltre, si deve effettuare un campionamento casuale su animali di ciascuna delle sottounità dell’azienda [2]. In questo caso, il numero minimo di campioni da prelevare per gli esami sierologici in ciascuna sottounità dev’essere sufficiente a rivelare un tasso di sieroprevalenza del 10% con un’affidabilità del 95%.
[2] Se, tuttavia, l’autorità competente ha limitato l’abbattimento preventivo alla sola parte dell’azienda in cui si trovavano i suini sospetti d’infezione o di contagio con il virus della peste suina classica, a norma dell’articolo 4, paragrafo 3, lettera a), della
Tuttavia, se si tratta di:
- scrofe riproduttrici, il numero minimo di capi da campionare deve poter rivelare un tasso di sieroprevalenza del 5% con un’affidabilità del 95% [1],
- un centro di raccolta dello sperma, tutti i verri devono essere campionati.
Il tipo di campioni da prelevare per gli esami virologici e la prova da effettuare devono essere conformi alle istruzioni dell’autorità competente, la quale terrà conto della gamma di esami che possono essere effettuati, della sensibilità delle prove e della situazione epidemiologica.
[1] In taluni casi, per esempio se si sospetta la presenza di peste suina classica in un’azienda con un numero limitato di suinetti, la proporzione di scrofe infette può essere minima. In questi casi si dovrà campionare un numero maggiore di scrofe.
D. Procedure di controllo e campionamento preliminari all’autorizzazione di trasferire suini da aziende situate in zone di protezione o di sorveglianza e in caso di abbattimento di detti suini
1. Fatto salvo il disposto dell’articolo 11, paragrafo 1, lettera f), secondo comma, della
- nelle 24 ore precedenti il trasferimento dei suini, e
- conformemente alle disposizioni di cui al punto A.2.
2. Se i suini devono essere trasferiti ad un’altra azienda, oltre alle indagini di cui al precedente punto 1, occorre svolgere un esame clinico dei suini presenti in ciascuna sottounità in cui si trovano gli animali da trasferire. Se i suini in questione hanno più di tre o quattro mesi di età, l’esame deve comprendere la misurazione della temperatura in un campione di animali.
Il numero minimo di suini da esaminare nelle suddette sottounità dev’essere sufficiente a rivelare un tasso di prevalenza della malattia del 10% con un’affidabilità del 95%.
Tuttavia, se si tratta di:
- scrofe riproduttrici, il numero minimo di capi da esaminare deve poter rivelare un tasso di prevalenza della malattia del 5% con un’affidabilità del 95%,
- verri, devono essere esaminati tutti i capi destinati al trasferimento.
3. Se i suini saranno trasferiti ad un macello, ad uno stabilimento di trasformazione o ad altro luogo per esservi abbattuti, oltre alle indagini di cui al precedente punto 1, occorre svolgere un esame clinico dei suini presenti in ciascuna sottounità in cui si trovano gli animali da trasferire. Se i suini in questione hanno più di tre o quattro mesi di età, l’esame deve comprendere la misurazione della temperatura in un campione di animali.
Il numero minimo di suini da esaminare nelle suddette sottounità deve essere sufficiente a rivelare un tasso di prevalenza della malattia del 20% con un’affidabilità del 95%.
Tuttavia, se si tratta di scrofe o verri da riproduzione, il numero minimo di capi da esaminare nella sottounità in cui si trovano gli animali da trasferire deve poter rivelare un tasso di prevalenza della malattia del 5% con un’affidabilità del 95%.
4. Al momento dell’abbattimento degli animali di cui al punto 3, si devono prelevare campioni ematici per prove sierologiche e campioni di sangue o di tonsille per prove virologiche dai suini provenienti da ciascuna delle sottounità dell’azienda dalle quali i suini sono stati trasferiti.
Il numero minimo di campioni da prelevare in ciascuna sottounità dev’essere sufficiente a rivelare un tasso di sieroprevalenza o di prevalenza del virus del 10% con un’affidabilità del 95%.
Tuttavia, se si tratta di scrofe o verri da riproduzione, il numero minimo di capi da campionare nella sottounità in cui si trovano gli animali da trasferire deve poter rivelare un tasso di sieroprevalenza o di prevalenza del virus del 5% con un’affidabilità del 95%.
Il tipo di campioni da prelevare e la prova da effettuare devono essere conformi alle istruzioni dell’autorità competente, la quale terrà conto della gamma di esami che possono essere effettuati, della sensibilità delle prove e della situazione epidemiologica.
5. Tuttavia, se durante o dopo l’abbattimento si rilevano segni clinici o lesioni post mortem riconducibili alla peste suina classica, si applicano, in deroga al precedente punto 4, le modalità di campionamento esposte nella sezione C.
E. Procedure di controllo e campionamento nel quadro del ripopolamento di un’azienda
1. In caso di reintroduzione di suini in un’azienda a norma dell’articolo 13, paragrafo 2, lettera a) o lettera b) o dell’articolo 19, paragrafo 8, secondo comma, lettera b), della
- in caso di reintroduzione di suini sentinella, si devono prelevare con scelta casuale campioni ematici per prove sierologiche da un numero di capi sufficiente a rivelare un tasso di sieroprevalenza del 10% con un’affidabilità del 95% in ciascuna sottounità dell’azienda,
- in caso di ripopolamento totale, si devono prelevare con scelta casuale campioni ematici per prove sierologiche da un numero di capi sufficiente a rivelare un tasso di sieroprevalenza del 20% con un’affidabilità del 95% in ciascuna sottounità dell’azienda.
Tuttavia, se si tratta di scrofe o verri da riproduzione, il numero di campioni da prelevare deve poter rivelare un tasso di sieroprevalenza del 10% con un’affidabilità del 95%.
2. Dopo la reintroduzione dei suini, l’autorità competente provvede affinché, in qualunque caso di malattia o di decesso dei suini dell’azienda per cause ignote, i suini in questione siano immediatamente esaminati per la ricerca della peste suina classica. Tali disposizioni si applicano fino alla completa revoca delle restrizioni previste dall’articolo 13, paragrafo 2, lettera a), secondo comma e dall’articolo 19, paragrafo 8, secondo comma, lettera b), seconda frase, della
F. Procedura di campionamento nelle aziende situate nella zona di protezione prima della revoca delle misure
1. Affinché le misure di cui all’articolo 10 della
- sia effettuato un esame clinico secondo la procedura descritta nella sezione A, punti 2 e 3,
- siano prelevati campioni ematici per le prove sierologiche secondo quanto disposto al seguente punto 2.
2. Il numero minimo di campioni ematici da prelevare in ciascuna sottounità dev’essere sufficiente a rivelare un tasso di sieroprevalenza del 10% con un’affidabilità del 95%.
Tuttavia, se si tratta di:
- scrofe riproduttrici, il numero minimo di campioni da prelevare deve poter rivelare un tasso di sieroprevalenza del 5% con un’affidabilità del 95%,
- un centro di raccolta dello sperma, tutti i verri devono essere campionati.
G. Procedura di campionamento nelle aziende situate nella zona di sorveglianza prima della revoca delle restrizioni
1. Affinché le restrizioni di cui all’articolo 11 della
Inoltre, devono essere prelevati campioni ematici per esame sierologico:
- in tutte le aziende in cui non sono allevati suini di età compresa tra due e otto mesi,
- ogniqualvolta l’autorità competente sospetti che la peste suina classica possa aver contaminato scrofe riproduttrici restando inosservata,
- in qualsiasi altra azienda in cui il campionamento sia ritenuto necessario dall’autorità competente,
- in tutti i centri di raccolta dello sperma.
2. Quando vengono prelevati campioni ematici per le prove sierologiche in aziende situate nella zona di sorveglianza, il numero di campioni da prelevare dev’essere conforme a quanto disposto al punto F.2. Tuttavia, se l’autorità competente sospetta che la peste suina classica possa aver contaminato scrofe riproduttrici restando inosservata, il campionamento può essere effettuato unicamente nelle sottounità in cui si trovano le scrofe.
H. Procedure di sorveglianza sierologica e campionamento nelle zone in cui si sospetta o è stata confermata la presenza di peste suina classica nei suini selvatici
1. In caso di sorveglianza sierologica dei suini selvatici in zone con presenza sospetta o confermata di peste suina classica, è opportuno definire previamente la dimensione e il territorio geografico della popolazione bersaglio da sottoporre a campionamento, in modo da poter stabilire il numero di campioni che devono essere prelevati. La dimensione del campione dev’essere determinata in funzione del numero stimato di animali viventi e non degli animali abbattuti dai cacciatori.
2. Se non si dispone di dati sulla densità e l’entità della popolazione, occorre definire l’area geografica entro la quale dev’essere effettuato il campionamento, tenendo conto della presenza costante di suini selvatici e dell’esistenza di barriere naturali o artificiali atte ad impedire massicci e continui spostamenti di animali. Se tali condizioni non si verificano o se il territorio è particolarmente esteso, è consigliato delimitare zone di campionamento di non più di 200 km2, abitate solitamente da una popolazione di circa 400-1.000 suini selvatici.
3. Fatto salvo il disposto dell’articolo 15, paragrafo 2, lettera c), della
Si raccomanda altresì che:
- nelle zone in cui la caccia è più intensa e frequente, o nelle quali viene praticata una caccia selettiva come misura di lotta contro le malattie, il 50% circa degli animali campionati appartenga alla classe di età compresa fra tre mesi e un anno, il 35% a quella tra uno e due anni e il 15% sia di età superiore a 2 anni,
- nelle zone in cui la caccia è sporadica o inesistente, siano campionati almeno 32 animali di ciascuna delle tre classi di età,
- il campionamento sia completato in breve tempo, di preferenza non più di un mese,
- l’età degli animali sia identificata dalla dentizione.
4. Il prelievo di campioni a fini di esame virologico da suini selvatici abbattuti o trovati morti dev’essere eseguito secondo le modalità descritte nel capitolo V, punto B.1.
Se è giudicata necessaria una sorveglianza virologica sui cinghiali abbattuti, questa deve interessare in primo luogo gli animali di età compresa fra tre mesi e un anno.
5. Tutti i campioni da inviare al laboratorio devono essere scortati dal questionario menzionato all’articolo 16, paragrafo 3, punto 1, della
Capitolo V
Procedure e criteri generali per il prelievo e il trasporto dei campioni
A. Procedure e criteri generali
1. Prima di procedere al prelievo di campioni in un’azienda sospetta, occorre stendere una mappa dell’azienda, indicando le sottounità epidemiologiche.
2. Quando si ritiene che potrebbe essere necessario un secondo prelievo, tutti i suini campionati devono essere marchiati con uno speciale contrassegno, in modo da essere facilmente riconoscibili per il secondo prelievo.
3. Fatto salvo il capitolo IV, punto A. 6. b), non devono essere prelevati campioni per prove sierologiche da suinetti di meno di otto settimane.
4. Tutti i campioni vanno inviati al laboratorio scortati dagli appositi formulari, secondo le modalità fissate dall’autorità competente. Questi formulari devono specificare l’anamnesi dei suini campionati ed i segni clinici o le lesioni post mortem osservati.
Se si tratta di suini allevati in aziende, si devono indicare chiaramente l’età, la categoria e l’azienda di origine di ciascun animale campionato. Si raccomanda di annotare l’ubicazione di ciascun animale campionato e il relativo contrassegno.
B. Prelievo di campioni a fini di prove virologiche
1. I campioni più idonei al rilevamento del virus, dell’antigene o del genoma della peste suina classica su animali morti o eutanasiati sono i tessuti delle tonsille, della milza e dei reni. Si raccomanda inoltre di prelevare due campioni di altri tessuti linfatici, quali i linfonodi retrofaringei, parotidei, mandibolari o mesenterici, ed un campione dell’ileo. Nel caso di carcasse in autolisi, il campione più adatto è costituito da un osso lungo intero o dallo sterno.
2. Devono essere prelevati campioni di sangue anticoagulato o coagulato da suini che presentano febbre o altri sintomi di malattia, in conformità con le istruzioni dell’autorità competente.
3. I test virologici sono raccomandati in presenza di animali malati, mentre di solito la loro utilità è limitata a fini di sorveglianza su animali che non presentano alcun segno clinico. Nondimeno, se con un campionamento su vasta scala ci si propone di individuare il virus della peste suina classica nei suini in fase d’incubazione, il campione più adatto è costituito dalle tonsille.
C. Trasporto dei campioni
1. Si raccomanda che i campioni prelevati:
- siano trasportati e conservati in recipienti ermetici,
- non siano congelati bensì mantenuti freschi a temperatura di frigorifero,
- siano consegnati al laboratorio al più presto possibile,
- siano conservati in un imballaggio refrigerato con blocchi refrigeranti anziché con ghiaccio,
- i campioni di tessuto o di organi siano posti in buste di plastica separate, sigillate ed etichettate e poi sistemati in recipienti più grandi e solidi, avvolti da una quantità sufficiente di materiale assorbente per proteggerli da eventuali danni e assorbire il liquido che dovesse fuoriuscire,
- ove possibile, siano trasportati direttamente al laboratorio da personale qualificato, in breve tempo e con le dovute precauzioni.
2. Sull’esterno dell’imballaggio deve essere indicato chiaramente l’indirizzo del laboratorio destinatario e apposta in modo visibile la seguente dicitura: "Materiale patogeno di origine animale. Deperibile. Fragile. Da aprirsi soltanto all’interno di un laboratorio competente per la peste suina classica".
3. Il laboratorio al quale sono destinati i campioni dev’essere informato con sufficiente anticipo del loro arrivo e delle modalità dello stesso.
4. In caso di trasporto aereo di campioni provenienti dagli Stati membri diversi dalla Germania o da paesi terzi e destinati al laboratorio comunitario di riferimento per la peste suina classica [1], l’imballaggio dev’essere etichettato in conformità con la regolamentazione IATA.
[1] Il laboratorio comunitario di riferimento dispone di un’autorizzazione illimitata a ricevere campioni diagnostici e isolati del virus della peste suina classica. Una copia del permesso d’importazione può essere richiesta al laboratorio prima del trasporto e inserita in una busta che verrà incollata esternamente sull’imballaggio.
Capitolo VI
Principi e applicazioni delle prove virologiche e valutazione dei risultati
A. Individuazione dell’antigene del virus
1. Test con anticorpi fluorescenti (FAT)
Il principio di questa prova consiste nell’individuare l’antigene virale su sottili criosezioni di materiale organico prelevato da suini in cui si sospetta un’infezione da peste suina classica. L’antigene intracellulare è rilevato mediante un anticorpo coniugato con FITC. Un risultato positivo dovrebbe essere confermato ripetendo la colorazione con un anticorpo monoclonale specifico.
Gli organi adatti a questo test sono le tonsille, i reni, la milza, vari linfonodi e l’ileo. Per i suini selvatici può essere utilizzato anche uno striscio di midollo osseo, se i suddetti organi non sono disponibili o hanno subito autolisi.
Questa prova può essere eseguita in un giorno. Poiché i campioni di organi possono essere prelevati soltanto da animali morti, la sua applicazione a fini di screening è limitata. L’affidabilità del risultato può essere ridotta da una colorazione dubbia, in particolare se il test viene eseguito senza la debita esperienza o se gli organi utilizzati hanno subito autolisi.
2. ELISA per l’individuazione dell’antigene
L’antigene virale può essere rilevato mediante varie tecniche ELISA. La sensibilità dell’antigene ELISA dovrebbe essere sufficiente per ottenere un risultato positivo su animali che presentano segni clinici di peste suina classica.
L’uso dei test ELISA per l’individuazione dell’antigene è raccomandato su campioni di animali che presentino segni clinici o lesioni patologiche della malattia. Questo metodo non è adatto alle indagini su singoli animali. Sono campioni idonei i leucociti, il siero, il sangue non coagulato, nonché sospensioni degli organi citati al punto 1, prelevati da suini in cui si sospetta un’infezione da peste suina classica [1].
Il test ELISA può essere eseguito in un giorno, per mezzo di apparecchi automatici. Il principale vantaggio è quello di poter trattare un gran numero di campioni in breve tempo. Si raccomanda di utilizzare le tecniche ELISA che hanno dato risultati soddisfacenti su materiale di riferimento. Tuttavia, tutti i sistemi ELISA attualmente in commercio sono meno sensibili dell’isolamento del virus su coltura cellulare e la loro sensibilità è nettamente migliore su campioni ematici di suinetti che di suini adulti.
[1] Sono disponibili in commercio vari test ELISA per l’antigene della PSC, convalidati con diversi tipi di campioni.
B. Isolamento del virus
1. L’isolamento del virus è basato sull’incubazione di materiale campione su colture cellulari sensibili di origine suina. Se il virus della peste suina classica è presente nel campione, esso si riproduce per replicazione nelle cellule fino a raggiungere una quantità rilevabile mediante immunocolorazione delle cellule infette con anticorpi coniugati. Sono necessari anticorpi specifici della peste suina classica per poter effettuare una diagnosi differenziale rispetto ad altri Pestivirus.
2. I campioni da preferirsi per l’isolamento del virus della peste suina classica sono i leucociti, il plasma o l’insieme del sangue, provenienti da campioni di sangue non coagulato, oppure gli organi di cui al punto A.1.
3. L’isolamento del virus è un metodo particolarmente adatto all’analisi di campioni prelevati da un ristretto numero di animali, mentre si presta meno alla sorveglianza di massa. Si tratta di un procedimento che richiede un notevole apporto di manodopera e occorrono almeno tre giorni per ottenere dei risultati. Per poter rilevare un’esigua quantità di virus nel campione possono essere necessari altri due passaggi su coltura cellulare. Ciò significa che il risultato finale sarà disponibile soltanto dopo una decina di giorni. I campioni in autolisi possono essere citotossici per la coltura cellulare e quindi limitarne l’uso.
4. Si raccomanda di procedere all’isolamento del virus anche qualora la peste suina classica sia già stata confermata da altri metodi. L’isolamento del virus è da utilizzarsi come test di riferimento per la conferma di risultati positivi precedentemente ottenuti con i metodi ELISA-antigene, PCR o FAT, o colorazione indiretta con perossidasi.
Gli isolati del virus della peste suina classica così ottenuti servono per la caratterizzazione del virus, in particolare per la tipizzazione genetica e l’epidemiologia molecolare.
5. Tutti gli isolati del virus della peste suina classica provenienti da tutti i focolai primari, da casi primari in suini selvatici o da casi insorti nei macelli o nei mezzi di trasporto devono essere sottoposti a tipizzazione genetica presso un laboratorio nazionale di riferimento negli Stati membri o presso un altro laboratorio autorizzato dallo Stato membro in questione, o presso il laboratorio comunitario di riferimento, conformemente alla sezione E.
In ogni caso, questi isolati di virus devono essere immediatamente inviati al laboratorio comunitario di riferimento per essere conservati nella collezione di virus.
C. Individuazione del genoma del virus
1. La reazione a catena della polimerasi (PCR) è utilizzata per individuare il genoma del virus in campioni di sangue, tessuti od organi. Piccoli frammenti di RNA virale sono trascritti in frammenti di DNA che la PCR ingrandisce in modo da ottenere quantità rilevabili. Poiché questo test rivela soltanto una sequenza del genoma virale, la PCR può dare un risultato positivo anche in assenza di virus infettivo (per esempio su tessuti in autolisi o su campioni prelevati da animali convalescenti).
2. La PCR può essere praticata su un ristretto numero di campioni accuratamente selezionati da animali sospetti o su materiale proveniente da feti abortiti. Può essere il metodo più adatto per le carcasse di cinghiali, se è in atto un processo di autolisi e l’isolamento del virus è divenuto impossibile a causa della citotossicità.
3. Il materiale campione idoneo ad una diagnosi mediante PCR è costituito dagli organi già citati per l’isolamento del virus o da sangue non coagulato.
4. La PCR può essere completata nel giro di 48 ore. Essa richiede apposite apparecchiature di laboratorio, locali separati e personale qualificato. Un vantaggio di questo metodo è che non occorre replicare in laboratorio le particelle virali infettive. Il test è altamente sensibile, ma possono verificarsi facilmente contaminazioni che portano a risultati falsamente positivi. Sono perciò necessarie rigorose procedure di controllo. Alcuni metodi sono specifici ai Pestivirus anziché alla peste suina classica e quindi richiedono ulteriori test di conferma, come la sequenziazione del prodotto della PCR.
D. Valutazione dei risultati degli esami virologici
1. I test virologici sono essenziali per la conferma della peste suina classica.
L’isolamento del virus va considerato come il test virologico di riferimento e deve essere utilizzato come prova di conferma, ove necessario. Questo test è particolarmente raccomandato quando un risultato positivo ottenuto con FAT, ELISA o PCR non si accompagna all’osservazione di segni clinici o lesioni tipiche della malattia, o in qualsiasi altro caso dubbio.
Tuttavia, un focolaio primario di peste suina classica è confermato quando sono stati osservati segni clinici o lesioni nei suini esaminati e almeno due prove per l’individuazione dell’antigene o del genoma hanno dato risultati positivi.
Un focolaio secondario di peste suina classica è confermato quando, oltre a constatarsi una correlazione epidemiologica tra un focolaio o un caso confermato, sono stati osservati segni clinici o lesioni nei suini esaminati ed una prova per l’individuazione dell’antigene o del genoma ha dato risultato positivo.
Un caso primario di peste suina classica in suini selvatici è confermato dopo l’isolamento del virus o se almeno due prove per l’individuazione dell’antigene o del genoma hanno dato risultati positivi. Ulteriori casi di peste suina classica in suini selvatici, per i quali è stata stabilita una correlazione epidemiologica con casi già confermati in precedenza, sono confermati se una prova per l’individuazione dell’antigene o del genoma ha dato risultato positivo.
2. Una prova per l’individuazione dell’antigene o del genoma può dare risultato positivo se è stata effettuata con anticorpi o iniziatori specifici del virus della peste suina classica. Se la prova non è specifica alla peste suina classica, ma soltanto ai Pestivirus, occorre ripeterla con reagenti specifici alla peste suina classica.
E. Tipizzazione genetica degli isolati del virus della peste suina classica
1. La tipizzazione genetica degli isolati del virus della peste suina classica si ottiene determinando la sequenza nucleotidica di sezioni del genoma virale, più precisamente di parti specifiche del segmento 5’ non codificante e/o del gene della glicoproteina E2. La somiglianza di tali sequenze con quelle già ottenute da precedenti isolati di virus può indicare se i focolai della malattia sono causati o meno da ceppi nuovi o già riconosciuti. Si possono così confermare o respingere le ipotesi sulle vie di trasmissione basate sull’indagine epidemiologica.
La tipizzazione genetica degli isolati del virus della peste suina classica è particolarmente importante per determinare l’origine della malattia. Tuttavia, una stretta correlazione tra virus provenienti da focolai diversi non dimostra con assoluta certezza l’esistenza di un nesso epidemiologico diretto.
2. Se non è possibile effettuare in breve tempo la tipizzazione del virus presso un laboratorio nazionale di riferimento o in qualsiasi altro laboratorio autorizzato per la diagnosi della peste suina classica, si deve inviare al più presto possibile il campione originale dell’isolato del virus al laboratorio comunitario di riferimento.
I dati relativi alla tipizzazione e alla sequenziazione del virus della peste suina classica in possesso dei laboratori autorizzati devono essere trasmessi al laboratorio comunitario di riferimento per essere immessi nella base di dati gestita da questo laboratorio.
Le informazioni contenute in questa base dati devono essere messe a disposizione di tutti i laboratori nazionali di riferimento degli Stati membri. Tuttavia, ai fini della pubblicazione sulla stampa specializzata, su richiesta del laboratorio in questione, il laboratorio comunitario di riferimento garantisce la riservatezza di questi dati fino alla loro pubblicazione.
Capitolo VII
Principi e applicazioni delle prove sierologiche e valutazione dei risultati
A. Principi basilari e utilità diagnostica
1. Nei suini infetti da peste suina classica, gli anticorpi sono generalmente rilevabili in campioni di siero a partire dalla seconda o terza settimana dopo l’infezione. Nei suini guariti dalla malattia, si possono rilevare anticorpi neutralizzanti protettivi ancora per diversi anni o addirittura per tutta la vita dell’animale. Sporadicamente, sono presenti anticorpi anche negli animali gravemente ammalati in fase terminale. In taluni suini affetti dalla forma cronica della malattia, gli anticorpi possono apparire per qualche giorno alla fine del primo mese d’infezione.
I suini che hanno contratto l’infezione in utero possono essere immunotolleranti nei confronti del virus omologo della peste suina classica e non produrre anticorpi specifici. Nondimeno, nei primi giorni di vita sono riscontrabili anticorpi di origine materna. L’emivita degli anticorpi materni in suinetti sani non viremici è di circa due settimane. È poco probabile che gli anticorpi della peste suina classica constatati in suinetti di più di tre mesi di età siano di origine materna.
2. La ricerca di anticorpi contro il virus della peste suina classica in campioni di siero o di plasma viene condotta a sostegno della diagnosi nelle aziende sospette, per stabilire l’età dell’infezione in caso di focolaio confermato e a fini di sorveglianza e osservazione. L’utilità dei test sierologici è peraltro limitata ai fini dell’accertamento della peste suina classica in un’azienda con un’infezione recente.
Alcuni suini sieropositivi con un titolo di neutralizzazione basso possono essere indicativi di un’infezione recente (da due a quattro settimane). Al contrario, molti suini con titolo di neutralizzazione elevato indicano che il virus è presente nell’azienda da oltre un mese. L’ubicazione dei suini sieropositivi nell’azienda fornisce utili indicazioni sul modo in cui il virus è penetrato all’interno di quest’ultima.
I risultati dei test sierologici devono essere comunque valutati attentamente alla luce del quadro clinico, virologico ed epidemiologico complessivo, nel quadro dell’indagine che dev’essere condotta in presenza di un focolaio sospetto o confermato di peste suina classica a norma dell’articolo 8 della
B. Test sierologici raccomandati
1. La prova di neutralizzazione del virus (VNT) e l’ELISA sono le tecniche da preferirsi per la diagnosi sierologica della peste suina classica.
La qualità e l’efficienza della diagnosi sierologica realizzata dai laboratori nazionali di riferimento devono essere periodicamente controllate nel quadro della prova comparativa tra laboratori organizzata dal laboratorio comunitario di riferimento.
2. La VNT si basa sulla determinazione dell’attività virus-neutralizzante degli anticorpi presenti nel campione di siero, espressa in riferimento ad un limite di neutralizzazione del 50%.
Una quantità costante di virus della peste suina classica viene incubata a 37 °C con siero diluito. A scopo di screening i sieri vengono inizialmente diluiti a 1/10. Quando è necessaria una titolazione completa, si preparano diluizioni doppie del siero partendo da 1/2 o 1/5. Ogni diluizione è mescolata con un volume uguale di sospensione di virus contenente 100 dosi infettive (CTID 50).
Dopo incubazione, la miscela viene inoculata in colture cellulari incubate per 3-5 giorni. Dopo questo periodo di incubazione, le colture cellulari vengono fissate ed un’eventuale replicazione del virus nelle cellule infette può essere rilevata con un sistema di immunomarcatura. Si possono usare sia la prova degli anticorpi neutralizzanti perossidasi-coniugati, sia quella d’immunofluorescenza-neutralizzazione (NIF).
I risultati della VNT sono espressi come reciproco della diluizione iniziale di siero, a cui corrisponde mancanza di replicazione virale (assenza di marcatura specifica) nella metà delle colture cellulari inoculate (limite del 50%). Il punto di estinzione viene calcolato a metà tra due livelli di diluizione. Il sistema di diluizione finale si basa sulla diluizione effettiva del siero durante la reazione di neutralizzazione, cioè dopo aggiunta del virus ma prima dell’aggiunta della sospensione cellulare.
3. La VNT è la prova più sensibile e sicura per individuare gli anticorpi contro il virus della peste suina classica. Essa è pertanto raccomandata per l’esame sierologico di un singolo animale o nell’ambito di una mandria. Questa prova può tuttavia rivelare una neutralizzazione incrociata ad opera di anticorpi specifici alle infezioni da Pestivirus dei ruminanti nei suini.
La VNT per l’individuazione di anticorpi dei virus della diarrea virale bovina e della "border desease" si basa sugli stessi principi sopra enunciati e serve alla diagnosi differenziale della peste suina classica.
4. Per le prove di neutralizzazione si devono utilizzare ceppi di Pestivirus conformi a quanto raccomandato dal laboratorio comunitario di riferimento.
5. Sono state messe a punto varie tecniche ELISA che impiegano anticorpi monoclonali specifici e che sono riconducibili a due categorie: ELISA competitivo o bloccante, ed ELISA non competitivo.
Il primo di questi due metodi (ELISA competitivo o bloccante) si basa generalmente su anticorpi monoclonali. Se il campione di siero contiene anticorpi contro il virus della peste suina classica, il legame tra un determinato anticorpo monoclonale coniugato alla perossidasi e l’antigene del virus sarà inibito, con conseguente attenuazione del segnale.
Nell’ELISA non competitivo, il legame tra gli anticorpi del siero e l’antigene del virus viene misurato direttamente mediante anticorpi anti-suino coniugati alla perossidasi.
6. I laboratori nazionali devono procedere a regolari controlli di qualità concernenti la sensibilità e la specificità di ciascun lotto di ELISA, ricorrendo alla serie di sieri di riferimento forniti dal laboratorio comunitario di riferimento.
Questa serie comprende:
- sieri di suini nella fase incipiente dell’infezione da peste suina classica (meno di 21 giorni dall’infezione),
- sieri di suini convalescenti (più di 21 giorni dall’infezione),
- sieri di suini infetti da Pestivirus dei ruminanti.
Le tecniche ELISA utilizzate per la diagnosi della peste suina classica devono riconoscere tutti i sieri di riferimento dei suini convalescenti. Tutti i risultati ottenuti con i sieri di riferimento devono essere riproducibili. Si raccomanda inoltre che esse individuino tutti i sieri positivi della fase incipiente e rivelino un minimo di reazioni incrociate con i sieri di suini infetti da Pestivirus dei ruminanti.
I risultati ottenuti con i sieri di riferimento dei suini in fase incipiente forniscono un’indicazione circa la sensibilità dell’ELISA.
7. Le prove ELISA sono considerate meno sensibili della VNT, sicché si raccomanda di utilizzarle come metodo di screening a livello di mandria. Esse richiedono, tuttavia, un’attrezzatura meno specializzata e possono essere eseguite più rapidamente della VNT, grazie ai sistemi automatizzati di cui dispongono.
Le tecniche ELISA devono permettere d’identificare tutte le infezioni da peste suina classica in fase di convalescenza e devono essere quanto più possibile esenti da interferenze con possibili reazioni incrociate provocate da anticorpi dei Pestivirus dei ruminanti.
C. Interpretazione dei risultati degli esami sierologici e diagnosi differenziale rispetto alle infezioni da Pestivirus dei ruminanti (BVDV e BDV)
1. Fatte salve le disposizioni dell’articolo 4, paragrafo 3, lettera a) o dell’articolo 7, paragrafo 2, della
I campioni già prelevati in questa azienda devono essere sottoposti ad una nuova prova VNT mediante titolazione finale comparativa degli anticorpi neutralizzanti del virus della peste suina classica e dei Pestivirus dei ruminanti.
2. Se le prove comparative evidenziano anticorpi dei Pestivirus dei ruminanti, mentre sono assenti o compaiono in misura nettamente inferiore (meno del triplo) gli anticorpi della peste suina classica, il sospetto riguardo a quest’ultima malattia è eliminato, a meno che non sussistano altri motivi per mantenere in vigore nell’azienda interessata le misure previste all’articolo 4, paragrafo 2, della
3. Se le prove comparative rivelano, in più di un suino, un titolo di neutralizzazione del virus uguale o superiore a 10 ND50 e se questo titolo è uguale o superiore a quelli degli altri Pestivirus, l’autorità competente conferma la peste suina classica, a condizione che nell’azienda in questione siano stati riscontrati indizi epidemiologici della malattia.
4. Fatto salvo il disposto dell’articolo 4, paragrafo 3, della
- rimangano in applicazione le misure di cui all’articolo 4, paragrafo 2 della
- vengano condotte quanto prima possibile ulteriori indagini intese a confermare o ad escludere la presenza di peste suina classica, conformemente al capitolo IV.
5. Se, tuttavia, le ulteriori indagini di cui al punto 4 non consentono di escludere la peste suina classica, si procederà a nuovi prelievi di campioni ematici a fini di esame sierologico dopo che siano trascorse almeno due settimane dai precedenti controlli.
Nel quadro di questo nuovo campionamento, i suini già selezionati ed esaminati saranno nuovamente campionati a fini di esame sierologico comparativo rispetto ai campioni precedenti, onde rilevare un’eventuale sieroconversione verso la peste suina classica o verso i Pestivirus dei ruminanti.
Se dopo questi nuovi esami non è ancora possibile confermare la peste suina classica, le misure di cui all’articolo 4 della
Capitolo VIII [1]
Test discriminatori in caso di vaccinazione di emergenza
A. Principi basilari
1. È possibile utilizzare un test discriminatorio sierologico ELISA (“test discriminatorio”) per distinguere i suini vaccinati con vaccini marcatori, che inducono la produzione di anticorpi unicamente nei confronti della glicoproteina E2 del virus della peste suina classica, dai suini che sono stati infettati dal virus di tipo selvatico di tale epizoozia. Tale prova è intesa a individuare gli anticorpi contro la glicoproteina Erns del virus della peste suina classica. Essa è basata sul principio che gli animali non infetti vaccinati con i vaccini marcatori producono unicamente anticorpi contro la glicoproteina E2 del virus della peste suina classica, mentre gli animali infettati dal virus selvatico reagiscono e producono anticorpi anche nei confronti di altri antigeni del virus.
Questa prova discriminatoria è sensibile e specifica [2]. Tuttavia, anche i suini che sono stati infettati da Pestivirus diversi da quelli della peste suina classica, come i virus della diarrea virale bovina e della “border disease”, reagiscono positivamente alla glicoproteina Erns. Inoltre, la sensibilità del test non è perfetta, in quanto alcuni animali vaccinati con marcatori e poi infettati possono non risultare positivi a detta glicoproteina.
Secondo i dati attualmente disponibili, la prova discriminatoria non è attendibile per l'analisi di campioni di siero proveniente da suini selvatici.
2. Il test discriminatorio è una prova di immunoassorbimento enzimatico bloccante in fase liquida. I campioni da sottoporre a test sono incubati su piastre per microtitolazione già ricoperte di anticorpi monoclonali anti-Erns e di un quantitativo determinato di antigene Erns. Qualsiasi anticorpo specifico per la Erns si lega con il quantitativo determinato di antigene Erns della soluzione, formando un complesso antigene/anticorpo che non reagisce agli anticorpi anti-Erns sulla piastra per microtitolazione. Dopo aver lavato le piastre per eliminare il materiale libero, si aggiunge un coniugato anti-Erns marcato con perossidasi che si lega all'antigene Erns del complesso formato con gli anticorpi sulla superficie della piastra per microtitolazione. Si rimuove il coniugato libero mediante lavaggio e si aggiunge un substrato cromogeno. Il grado di reazione colorimetrica ottenuto è inversamente proporzionale al quantitativo di anticorpi specifici della Erns presente nel campione. Se quest'ultimo non contiene anticorpi (campione negativo) gran parte del quantitativo determinato di antigene Erns che è stato aggiunto può legarsi agli anticorpi anti-Erns che si trovano sulla superficie della piastra e dar luogo ad una forte reazione colorimetrica.
Il risultato è ottenuto paragonando la densità ottica (DO) nei pozzetti che contengono i campioni di prova con quella dei pozzetti che contengono i campioni di controllo negativi e positivi.
B. Orientamenti per l'utilizzazione del test discriminatorio nell'ambito di una vaccinazione di emergenza con un vaccino marcatore nelle aziende suinicole a norma dell'articolo 19 della
Il test discriminatorio è inteso a verificare la presenza o l'assenza del virus della peste suina classica in una popolazione di suini vaccinati con un vaccino marcatore. Dai dati disponibili risulta che detto test può essere utilmente impiegato a tal fine su base di allevamento, ma non consente di escludere con certezza che singoli capi siano infettati dal virus della peste suina classica. In particolare, quando la vaccinazione riguarda suini adulti, la specificità della prova discriminatoria può non risultare sufficiente per distinguere i suini vaccinati con marcatore da quelli infetti. Tuttavia, se i risultati sono incerti, i suini in questione devono essere macellati o uccisi in modo non crudele, conformemente alla
Questi aspetti devono essere tenuti in debita considerazione nello stabilire una strategia per la vaccinazione di emergenza con vaccini marcatori e nell'interpretare i risultati di un'indagine sul virus della peste suina classica in una popolazione vaccinata con un marcatore.
La procedura per il campionamento e l'analisi dei suini vaccinati, prima della revoca delle restrizioni da applicare nella zona sottoposta a vaccinazione conformemente all'articolo 19 della
I particolari relativi alla procedura per il campionamento e le analisi sono pertanto stabiliti nel piano per la vaccinazione di emergenza da presentare alla Commissione conformemente all'articolo 19, paragrafo 3, della
Capitolo IX
Requisiti minimi di sicurezza da rispettare nei laboratori competenti per la peste suina classica
1. I requisiti minimi esposti nella tabella 1 devono essere rispettati in tutti i laboratori nei quali viene manipolato, anche in quantità minima, il virus della peste suina classica, come prescritto per i test di isolamento e di neutralizzazione del virus. Tuttavia, gli esami post mortem, il trattamento dei tessuti preparatorio al FAT e le prove sierologiche con un antigene inattivato richiedono condizioni meno rigorose, essendo sufficienti a questo scopo elementari misure d’igiene, disinfezione dopo le manipolazioni ed eliminazione sicura dei tessuti e dei sieri.
2. I requisiti supplementari indicati nella tabella 1 devono essere rispettati in tutti i laboratori nei quali si procede ad una moltiplicazione del virus su larga scala.
3. I requisiti indicati nella tabella 2 devono essere rispettati in tutti i laboratori nei quali vengono effettuati esperimenti su animali in presenza del virus della peste suina classica.
4. In ogni caso, tutte le riserve di virus della peste suina classica devono essere conservate in luogo sicuro, siano esse liofilizzate o surgelate. Si raccomanda di non utilizzare i congelatori e i frigoriferi per altri virus diversi da quello della peste suina classica, né per altri materiali che non abbiano attinenza con la diagnosi della peste suina classica. Ciascuna provetta deve essere chiaramente etichettata e le riserve di virus devono essere accuratamente registrate, unitamente alle date e ai risultati dei controlli di qualità. Verranno registrati anche i virus che vengono aggiunti alla riserva, indicandone l’origine, nonché i virus che vengono ceduti ad altri laboratori.
5. Si raccomanda di strutturare l’unità di biosicurezza in cui viene manipolato il virus della peste suina classica in modo che sia circondata da spazi non destinati alla manipolazione del virus bensì adibiti alla preparazione dei recipienti e dei terreni, alla preparazione e manutenzione di colture cellulari non infette, al trattamento dei sieri e agli esami sierologici (ad eccezione dei metodi che impiegano il virus vivo), nonché ai vari servizi amministrativi.
TABELLA 1
Principi di sicurezza biologica applicabili ai laboratori di diagnosi
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Requisiti supplementari |
Requisiti minimi |
Ambiente generale |
Pressione atmosferica normale Doppio filtraggio HEPA dell’aria emessa Locali riservati, adibiti esclusivamente alle procedure di diagnosi della peste suina classica |
Pressione atmosferica normale Locali riservati il cui uso è limitato alle procedure prestabilite |
Indumenti da laboratorio |
Cambio completo all’entrata Indumenti da laboratorio da indossare unicamente nell’unità di manipolazione del virus della peste suina classica Guanti da utilizzare una sola volta per tutte le manipolazioni di materiale infetto Indumenti sterilizzati prima dell’asporto dall’unità o lavati all’interno dell’unità |
Speciali indumenti esterni da indossare unicamente nell’unità di manipolazione del virus della peste suina classica Guanti da utilizzare una sola volta per tutte le manipolazioni di materiale infetto Indumenti esterni sterilizzati prima dell’asporto dall’unità o lavati all’interno dell’unità |
Controllo del personale |
Accesso all’unità riservato nominativamente agli addetti ai lavori Lavaggio e disinfezione delle mani all’uscita dall’unità Vietato al personale di avvicinarsi a suini per 48 ore dopo aver lasciato l’unità |
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Attrezzatura |
Vano a sicurezza biologica (classe I o II) per tutte le manipolazioni di virus vivi. (Il vano dev’essere provvisto di doppio filtraggio HEPA dell’aria) L’insieme dell’apparecchiatura necessaria per le procedure di laboratorio dev’essere disponibile all’interno dei locali riservati |
TABELLA 2
Condizioni di biosicurezza per i locali destinati agli animali da sperimentazione
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Requisiti |
Ambiente generale |
Ventilazione controllata a pressione negativa Doppio filtraggio HEPA dell’aria emessa Dispositivo di fumigazione/disinfezione completa alla fine dell’esperimento Trattamento (chimico o termico) di tutti gli effluenti per inattivare il virus della pesca suina classica |
Indumenti da laboratorio |
Cambio completo all’entrata Guanti da utilizzare una sola volta per tutte le manipolazioni Indumenti sterilizzati prima dell’asporto dall’unità o lavati all’interno dell’unità |
Controllo del personale |
Accesso all’unità riservato nominativamente agli addetti ai lavori Doccia completa all’uscita dall’unità Vietato al personale di avvicinarsi a suini per 48 ore dopo aver lasciato l’unità |
Attrezzatura |
L’insieme dell’apparecchiatura necessaria per le operazioni su animali dev’essere disponibile all’interno dell’unità Sterilizzazione di tutti i materiali all’asporto dall’unità o, in caso di campioni di origine animale, doppio imballaggio in recipiente ermetico disinfettato in superficie per il trasporto verso il laboratorio competente per la pesca suina classica |
Animali |
Abbattimento di tutti gli animali prima dell’uscita dall’unità, esami post mortem da effettuarsi all’interno della zona di biosicurezza e incenerimento delle carcasse al termine degli esami |
[1] Capitolo così sostituito dall’art. 1 della
[2] Conformemente ai risultati di uno studio condotto dal laboratorio di riferimento comunitario per la peste suina classica e dai laboratori nazionali per tale epizoozia, la sensibilità del test di discriminazione è all'incirca del 94 % mentre la specificità è del 98 % circa.