§ 98.1.36037 - Circolare 13 giugno 1996, n. 228 .
Parere n. 365 del 1996 - Sez. II° del Consiglio di Stato: n. 365 - Commissione Speciale Pubblico Impiego. Riferimento quesito concernente [...]


Settore:Normativa nazionale
Data:13/06/1996
Numero:228

§ 98.1.36037 - Circolare 13 giugno 1996, n. 228 .

Parere n. 365 del 1996 - Sez. II° del Consiglio di Stato: n. 365 - Commissione Speciale Pubblico Impiego. Riferimento quesito concernente l'accollo degli oneri sostenuti da dipendenti statali (in particolare da Capi d'istituto) assolti in procedimenti penali.

 

Emanata dal Ministero per la pubblica istruzione.

 

 

Al Gabinetto del Ministro 

 

Sede 

 

Alla Direzione generale del Personale e degli  

 

AA.GG. ed Amministrativi 

 

Sede 

 

Alla Direzione generale dell'istruzione Elementare  

 

Sede 

 

Alla direzione generale dell'Istruzione Classica  

 

Scient. E Mag.le 

 

Sede 

 

Alla direzione generale dell'Istruzione Tecnica 

 

Sede 

 

Alla Direzione generale dell'Istruzione Professionale  

 

Sede 

 

All'Ispettorato Istruzione Artistica 

 

Sede 

 

All'Ispettorato Istruzione Artistica 

 

Sede 

 

Al Servizio Scuola Materna 

 

Sede 

 

All'Uff. Studi e Programmazione 

 

Sede 

 

Alla direzione generale dell'Istruzione Secondaria di  

 

I grado 

 

Sede 

 

Alla Direzione generale dell'Istruzione Media non  

 

Statale 

 

Sede 

 

All'Ispettorato per l'Educazione Fisica e sportiva  

 

Sede 

 

Alle Segreterie Tecniche dell'Ufficio per i servizi  

 

Ispettivi 

 

Sede 

 

Alle Sovrintendenze scolastiche regionali  

 

Loro Sedi 

 

Ai Provveditorati agli studi 

 

Loro Sedi 

 

Al Sovrintendente scolastico per la Provincia di  

 

Trento 

 

Al Sovrintendente scolastico per la Provincia di  

 

Bolzano 

 

All'Intendente scolastico per la Scuola in Lingua  

 

Tedesca Bolzano 

 

All'Intendente scolastico per la Scuola località  

 

Ladine Bolzano 

 

 

Questo Ministero ha chiesto al Consiglio di Stato un parere in ordine al problema dell'accollo degli oneri sostenuti per la difesa da parte di dipendenti statali (in particolare da Capi d'Istituto), assolti in procedimenti penali.

Il parere dell'Alto Consesso - Commissione Speciale Pubblico Impiego - è stato reso nell'adunanza del 6 maggio 1996.

Nel trasmettere copia integrale del testo, indicato in oggetto si richiama l'attenzione sulla particolare rilevanza del parere che riguarda nello specifico i presidi degli istituti scolastici dotati di personalità giuridica ma che, per le argomentazioni svolte dallo stesso Consiglio di Stato, si riferisce al dipendente pubblico in generale.

Il Direttore generale: Capo

 

 

Allegato

Consiglio di Stato 

 

Commissione speciale Pubblico Impiego 

 

Adunanza del 6 maggio 1996 

 

n. Sezione II 

 

n. 365 

 

 

4/1996 

Oggetto Ministro della pubblica istruzione. Quesito concernente l'accollo degli oneri sostenuti da dipendenti statali (in particolare da Capi di Istituto) accolti in procedimenti penali.

La commissione speciale

Vista la relazione in data 19 dicembre 1995, trasmessa con nota prot. n. 12662/A/3/A, di pari data, con la quale il Ministero della pubblica istruzione, Direzione generale dell'istruzione professionale, chiede il parere del Consiglio di Stato in ordine all'argomento indicate in oggetto;

Esaminati gli atti ed udito il relatore;

Premesso:

Riferisce l'Amministrazione di aver consultato l'Avvocatura generale dello Stato in ordine alla possibilità di porre a carico del bilancio di un Istituto professionale di Stato gli oneri per la difesa, prestata da liberi professionisti, in favore del preside e del coordinatore amministrativo di tale istituto, indagati per il reato di cui all'art. 323, c.p., in un procedimento definito con archiviazione da parte del G.I.P., su conforme richiesta del P.M.

La richiesta di parere veniva posta in correlazione alla circostanza che i due interessati erano stati oggetto di indagine per atti commessi in servizio e per causa di servizio e che i medesimi non potevano godere del gratuito patrocinio né, stante la natura del reato, della difesa da parte dell'Avvocatura dello Stato.

Nel manifestare la propria propensione per una soluzione in senso affermativo del problema in questione, il Ministero prospettava, tra l'altro, che l'onere del rimborso potesse venire posto a carico del Ministero di grazia e giustizia.

Con nota del 19 marzo 1994, l'Avvocatura generale dello Stato ha anzitutto espresso parere negativo per quanto concerne l'ipotesi di un accollo dell'onere stesso al Ministero di grazia e giustizia, se non nelle ipotesi in cui sussista una responsabilità, giuridicamente apprezzabile sotto il profilo risarcitorio, dei magistrati procedenti.

L'Avvocatura ha altresì espresso parere negativo in ordine alla eventualità di porre a carico del bilancio dell'Amministrazione le spese processuali dei dipendenti indagati, sottolineando in particolare il principio della personalità della responsabilità penale, posto dall'art. 27 della Costituzione, e facendo salve solo le ipotesi in cui disposizioni di legge o di contrattazione collettiva prevedano detta assunzione di spesa a carico del bilancio dell'Amministrazione, allorché l'indagato o l'imputato vengano definitivamente prosciolti da ogni addebito penale.

L'Avvocatura, infine, ha ritenuto di mettere in evidenza la possibilità di rivalsa nei confronti del terzo denunziante, quando nella denunzia (o equipollente) siano ravvisabili elementi di dolo o colpa.

Nella relazione suindicata il Ministero della pubblica istruzione fa presente di ritenere necessario un ulteriore approfondimento della questione anzidetta, tenendo anche conto della evoluzione del quadro normativo processuale, per evitare che - nell'ambito di una società in cui le amministrazioni pubbliche si collocano sempre più frequentemente sullo stesso piano del privato cittadino - coloro i quali rappresentano l'autorità pubblica, esercitandone le relative funzioni, siano costretti a subire singolarmente ed irrimediabilmente oneri finanziari rilevanti, in conseguenza di azioni giudiziarie intraprese nei loro confronti per i più svariati motivi; e ciò senza considerare che tali oneri si aggiungono ai gravi disagi personali evidentemente conseguenti da tali situazioni conflittuali, suscettibili tra l'altro di riverberarsi, oltre che sulla persona del singolo, funzionario, anche sulla credibilità della stessa istituzione che il funzionario formalmente rappresenta.

Il Ministero richiama, quindi, le disposizioni di cui al R.D. 30 ottobre 1993, n. 1611, relative alle funzioni demandate in materia all'Avvocatura dello Stato; richiama altresì i principi costituzionali sulla responsabilità penale e sul diritto di difesa.

Sottolinea, poi, che il nuovo Codice di procedura penale, approvato con D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447, ha ridefinito la qualità dell'imputato (art. 60), ha esteso i diritti e le garanzie dell'imputato alla persona sottoposta alle indagini preliminari (art. 61); ha ribadito che "l'imputato ha diritto di nominare non più di due difensori di fiducia" (art. 96, comma 1); ha previsto la figura del difensore di ufficio (art. 97) e il patrocinio dei non abbienti (art. 98) per assicurare e garantire comunque il diritto di difesa.

Ricorda, in particolare, che il citato nuovo Codice, disciplinando la fase delle "indagini preliminari", ha previsto la nomina e l'assistenza del difensore (art. 364) sin da tale momento, come pure nell'ambito del giudizio abbreviato, dell'applicazione della pena su richiesta delle parti, del giudizio direttissimo e del giudizio immediato; situazioni tutte nelle quali il soggetto ha diritto ad una assistenza legale piena e tempestiva, non in vista di una mera garanzia formale, ma in termini di strettissima collaborazione fiduciaria tra indagato e difensore, implicante sempre il diritto alla scelta ed alla nomina di un difensore di fiducia.

Partendo, dunque, dalla riaffermazione della inviolabilità, in ogni momento e nella sua accezione più ampia, del diritto di difesa e della impossibilità per il pubblico dipendente di avvalersi in ogni situazione della difesa da parte dell'Avvocatura dello Stato, il Ministero riferente mette in particolare evidenza che, pur in presenza di una responsabilità penale di tipo personale, non si può non considerare che per il dipendente statale (ed in specie per il dipendente che, come il preside di una istituzione scolastica, abbia non solo un rapporto di dipendenza organica, ma sia anche il legale rappresentante dell'istituzione stessa) l'Amministrazione ha non solo l'interesse, ma anche il dovere che vengano assicurate le migliori condizioni di difesa nei confronti di addebiti penali relativi alla persona del dipendente, per atti compiuti nell'esercizio di pubbliche funzioni, in relazione ai possibili gravi pregiudizi derivanti, per la medesima Amministrazione, da una eventuale condanna.

Da ciò, argomenta il Ministero che se l'Amministrazione pubblica trae comunque vantaggio dalla attività difensiva espletata dal proprio dipendente, ed in ispecie dal soggetto che la rappresenta, ad essa Amministrazione dovrebbero conseguentemente farsi carico le spese di difesa sostenute dai predetti soggetti, nelle ipotesi di archiviazione degli atti da parte del G.I.P., di sentenza di non luogo a procedere, ecc., quando gli interessati vedano riconosciuta la propria totale estraneità dal punto di vista penale rispetto a fatti di servizio, posti in essere in nome e per conto dell'istituzione di appartenenza, salvi naturalmente i necessari riscontri sulla congruità della parcella da liquidare.

Nel rappresentare quanto sopra, l'Amministrazione della pubblica istruzione chiede il parere del Consiglio di Stato in proposito.

Considerato:

1 - Il quesito posto al Consiglio di Stato dal Ministero della pubblica istruzione riguarda, in particolare, la possibilità che l'Amministrazione (nella specie: una istituzione scolastica dotata di autonomia amministrativa) proceda al rimborso delle spese sostenute per la propria difesa da pubblici dipendenti (nella specie: il preside ed il coordinatore amministrativo del menzionato organismo), sottoposti a procedimento penale, per addebiti inerenti all'esercizio delle attività d'ufficio, nelle ipotesi di archiviazione degli atti da parte del G.I.P., di sentenza di non luogo a procedere, ecc., quando gli interessati vengano infine totalmente prosciolti e riconosciuti esenti da ogni responsabilità sul piano penale.

Osserva, peraltro, il Consiglio che la soluzione dei problemi posti dall'Amministrazione richiede l'esame di questioni di principio che debbono prescindere dal caso particolare, sia per quanto riguarda le strutture amministrative presso le quali il pubblico dipendente presti servizio, che per quanto riguarda l'autorità giudiziaria ed il tipo di pronuncia che segnino la conclusione della vicenda processuale del medesimo pubblico dipendente; ciò in quanto non si rinvengono ragioni di alcun genere per le quali potrebbe riconoscersi l'esistenza di un regime speciale per le fattispecie in concreto prospettate dal Ministero della pubblica istruzione.

In altri termini, la risposta al quesito non può che ricondursi alla soluzione del problema di carattere generale relativo alla possibilità di rimborso, o comunque di accollo, da parte dell'Amministrazione pubblica, anche quando ciò non sia previsto espressamente dalla legge, delle spese di giudizio sostenute dal dipendente per fatti inerenti all'esercizio delle funzioni attribuitegli, a seguito del definitivo proscioglimento, sotto il profilo della responsabilità penale, del detto interessato.

2 - Ritiene il Collegio che al quesito in esame possa darsi soluzione in termini positivi, non apparendo una simile conclusione in alcun modo preclusa dal principio posto dall'art. 27, comma 1, della Costituzione, secondo cui "La responsabilità penale è personale", come invece affermato nel surricordato parere reso in data 19 marzo 1994 dalla Avvocatura Generale dello Stato.

La difesa nel giudizio penale del pubblico dipendente, invero, non risponde soltanto ad esigenze di protezione dell'interesse personale del medesimo, ma va raccordata anche a precise ragioni di adeguata tutela della Pubblica Amministrazione, tanto per la salvaguardia della integrità della sua immagine, quanto per la necessità di limitare in tutti i modi i potenziali danni patrimoniali a carico dell'Amministrazione, sotto il profilo della responsabilità civile, in base ai principi dettati dall'art. 28 della Costituzione e dalla norme attuative di tali principi, di cui all'art. 28 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, approvato con D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3.

Sembra dunque logico concludere, che, proprio in relazione a tali aspetti del problema, viene prevista dal vigente ordinamento la possibilità che il dipendente pubblico venga difeso in giudizio dall'Avvocatura dello Stato, anche in sede penale; e sulla legittimità di tali norme non sembra siano prospettabili dubbi di sorta, essendosi espressamente rilevato, dalla Corte Costituzionale, che lo Stato difendendo il dipendente difende anche se stesso,. perché in tal maniera lo Stato si tutela, in forma preventiva, in rapporto alla responsabilità civile cui è tenuto per le azioni da quello compiute in violazione di diritti di terzi (Corte Cost. sentenza n. 233 del 1974).

3 - Nella medesima prospettiva vanno poi collocate pure le norme di varie leggi relative a particolari settori del pubblico impiego (cfr., ad esempio, art. 41 del D.P.R. 20 maggio 1987, n. 270, riguardante il personale del Servizio sanitario nazionale; art. 19 del D.P.R. 16 ottobre 1979, n. 509, relativo al personale degli enti pubblici di cui alla legge 20 marzo 1975, n. 70; art. 20 del D.P.R. 4 agosto 1990, n. 335, concernente il personale del comparto delle aziende e delle amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo) che prevedono espressamente l'assunzione a carico dell'Amministrazione delle spese per il patrocinio legale del dipendente, ovvero il loro rimborso, per cause concernenti fatti connessi all'espletamento dei doveri di ufficio.

Anche tali disposizioni, infatti, non possono in alcun modo essere intese come una deroga al principio della personalità della responsabilità penale, ma semmai come una riaffermazione dell'anzidetta coincidenza degli interessi facenti capo, nelle fattispecie considerate, al dipendente inquisito ed all'Amministrazione di appartenenza.

È per questa ragione, quindi, che dette disposizioni particolari precisano sempre che non deve riscontrarsi un conflitto di interessi con l'Amministrazione, slava la ulteriore specificazione, nei casi in cui l'Amministrazione abbia anticipato le spese per la difesa del dipendente, che le spese in parola debbono essere da quest'ultimo rimborsate, nel caso di condanna definitiva per dolo o colpa grave relativi a fatti commessi nell'adempimento delle funzioni pubbliche di pertinenza.

4 - D'altra parte, le regole sopra illustrate appaiono in effetti rispondenti alla esigenza di salvaguardare anche un altro fondamentale principio previsto dalla Costituzione, ossia quello dettata dall'art. 27, comma 2, relativo alla presunzione di innocenza dell'imputato e dell'indagato, per cui solo a seguito di una pronuncia definitiva del competente organo giudiziario, e quindi in un momento successivo all'insorgere della vertenza giudiziaria, può stabilirsi in maniera irrefutabile se sussistano o meno preclusioni per l'effettivo accollo, da parte dell'ente pubblico, delle spese di giudizio sostenute dal dipendente.

È interessante notare, riguardo al detto problema che pure l'Avvocatura dello Stato, con la nota sopra richiamata, sottolinea che la delicatezza della valutazione (di pertinenza dell'Amministrazione e della stessa Avvocatura) circa la sussistenza o meno della opportunità di assumere la difesa del pubblico dipendente, è accentuata dal fatto che neppure il titolo del reato (ad esempio inerente a presunte violazioni dei doveri dell'ufficio) può essere sempre preso come elemento ostativo per accordare la difesa in parola, occorrendo sempre compiere valutazioni sul merito delle singole fattispecie concrete.

Trattasi, pertanto, di un apprezzamento caratterizzato da profili di lata discrezionalità; non va dimenticato, tuttavia, che le determinazioni conclusive in proposito costituiscono, comunque, provvedimenti di natura amministrativa come tali anch'esse assoggettati, da un lato, a tutte le norme che disciplinano l'esercizio delle funzioni pubbliche, e, dall'altro, al sindacato di legittimità dinanzi ai competenti organi giurisdizionali (cfr. Corte Cost. sentenza n. 233 del 1974, già sopra richiamata).

5 - Resta il fatto che, sia perché non venga concessa, per qualsivoglia motivo, la difesa dell'Avvocatura erariale, sia perché si tratti di dipendente appartenente a categorie per le quali non sussistono previsioni particolari del tipo sopra ricordato, è frequente l'ipotesi che - come nel caso oggetto del quesito in esame - il pubblico dipendente sia messo nella condizione di dover sostenere spese verosimilmente assai elevate (soprattutto in relazione agli emolumenti a lui spettanti) per la difesa in giudizio per fatti dell'ufficio, senza che si trovi modo di rimborsare tali spese, nonostante il pieno proscioglimento dell'interessato; e ciò per la difficoltà di individuare gli esatti presupposti amministrativi di una simile soluzione.

In realtà, da tutti gli elementi sopra riferiti, emerge che, nel vigente ordinamento, le carie norme che, in maniera frammentaria e non sistematica, consentono espressamente - ma solo in talune ipotesi - di accordare ai pubblici dipendenti la tutela giudiziale di cui si tratta, non si presentano come disposizioni di tipo eccezionale e derogatorio rispetto ad una regola generale preclusiva o, quanto meno, restrittiva in materia.

Come affermato dalla giurisprudenza di questo Consiglio, che va senz'altro condivisa, le disposizioni in parole, che consentono come varie modalità l'assunzione delle spese legali da parte dello Stato e di enti pubblici, costituiscono piuttosto la espressione di un principio generalissimo e fondamentale dell'ordinamento amministrativo, in base al quale è consentito all'Amministrazione di intervenire a contribuire alla difesa del suo dipendente, imputato in un processo penale, sempre che, naturalmente, sussista un suo diretto interesse in proposito, da riconoscersi in tutti i casi in cui l'imputazione riguardi una attività svolta in diretta connessione con i fini dell'ente e sia in definitiva imputabile all'ente stesso (Cons. Stato sez. V 22 dicembre 1993 n. 1392).

In coerenza con il criterio su enunciato deve opportunamente ancora precisarsi che, in ogni caso, l'ammissione al beneficio di cui si tratta resta pur sempre condizionata dalla effettiva mancanza di una qualsiasi conflitto di interessi tra l'Amministrazione ed il dipendente, da valutarsi alla stregua della statuizione definitiva di proscioglimento della competenze autorità giudiziaria, e ciò non solo sotto il profilo della responsabilità penale in ordine ai fatti addebitati al dipendente medesimo (che deve essere comunque espressamente esclusa dalla pronuncia del giudice), ma anche sotto altri profili, che siano riscontrabili in riferimento ai fatti medesimi, in ordine ai quali deve essere ugualmente esclusa pure una eventuale responsabilità di tipo disciplinare od amministrativo, per mancanze attinenti al compimento dei doveri dell'ufficio.

6 - Anche in sede consultiva, d'altronde, questo Consiglio ha avuto modo di pronunciarsi recentemente su una fattispecie analoga a quella in discussione (relativa alla richiesta di rimborso delle spese del giudizio penale a carico del commissario di aziende in amministrazione controllata) giungendo ad una soluzione ugualmente positiva (cfr. parere Sez. III n. 69/96 del 13 febbraio 1996).

Pur se tale soluzione ha trovato il proprio fondamento essenziale nei principi dettati dalle norme del codice civile in materia di società (e precisamente nell'art. 1720, comma 2, secondo cui "Il mandante deve risarcire i danni che il mandatario ha subiti a causa dell'incarico"), norme formalmente estranee alle questioni oggetto del quesito in esame, deve comunque osservarsi che trattasi pur sempre di disposizioni ispirate ad un principio generale dell'ordinamento, relativo al divieto di "locupletatio cum aliena iactura" espresso in numerose norme del codice, e di cui l'art. 2041 costituisce disposizioni di chiusura.

Ed è del tutto evidente che, una volta assodato l'interesse dell'Amministrazione ad una effettiva tutela giudiziale del proprio dipendente, ricorrendone i necessari presupposti, la attribuzione esclusiva dei relativi oneri al medesimo dipendente si porrebbe in definitiva in netto contrasto anche con le ricordate norme generali volte a salvaguardare ciascun soggetto dai danni conseguenti all'arricchimento conseguito, senza causa, da terzi soggetti, pubblici o privati che siano.

7 - Può aggiungersi, infine, in ordine all'ammontare del rimborso delle spese di giudizio sostenute dal dipendente, che - come del resto già sottolineato dal Ministero riferente - queste devono sempre essere limitate alle spese legali ammesse dalla legge e, poiché il vigente Codice di procedure penale all'art. 96, comma 1, ricordato in premessa, consente all'imputato di affidare la difesa a non più di due difensori, l'onere relativo non potrà che essere commisurato al limite predetto; tali spese, inoltre, dovranno risultare congrue ed adeguate all'importanze dell'attività svolta, alla luce delle apposite valutazioni da effettuarsi in proposito: e detto compito non potrà che essere demandato all'Ordine degli Avvocati e dei Procuratori, che apporrà il proprio visto sulla parcella del legale o dei legali che l'interessato avrà cura di indicare.

p.q.m.

Esprime il parere nei sensi di cui in motivazione.

Visto il Presidente: (firma illeggibile) 

 

Per estratto dal verbale 

Il segretario (firma illeggibile)