§ 98.1.35128 - Circolare 22 gennaio 1996, n. 18 .
Interruzione dei termini prescrizionali. Circolare n. 262 del 13 ottobre 1995. Chiarimenti.


Settore:Normativa nazionale
Data:22/01/1996
Numero:18

§ 98.1.35128 - Circolare 22 gennaio 1996, n. 18 .

Interruzione dei termini prescrizionali. Circolare n. 262 del 13 ottobre 1995. Chiarimenti.

 

Emanata dall'Istituto nazionale previdenza sociale.

 

 

Ai Dirigenti Centrali e periferici 

 

Ai Coordinatori generali, centrali 

 

e periferici dei rami professionali 

 

Ai Primari Coordinatori generali 

 

e Primari Medico legali 

e, p.c.: 

Al Presidente 

 

Ai Consiglieri di amministrazione 

 

Ai membri del Consiglio di 

 

indirizzo e vigilanza 

 

Ai Presidenti dei Comitati regionali 

 

Ai Presidenti dei Comitati provinciali 

 

 

A seguito della emanazione della circolare indicata in oggetto concernente l'introduzione dei più brevi termini prescrizionali stabiliti, come è noto, dall'art. 3, comma 9 e 10 della legge del 8 agosto 1995, n. 335, alcune Sedi hanno manifestato delle perplessità in ordine alla efficacia di alcuni atti volti ad interrompere il corso della prescrizione.

Al riguardo si ritiene opportuno fornire le seguenti puntualizzazioni.

a) Soggetti abilitati a compiere atti interruttivi della prescrizione

Per un principio generale di diritto, l'atto inteso ad esigere l'adempimento di un obbligo giuridico deve necessariamente provenire da uno dei soggetti del rapporto dal quale l'obbligo scaturisce. Il rapporto previdenziale si instaura tra datore di lavoro ed ente previdenziale a beneficio del lavoratore che, rispetto a tale rapporto è soltanto il soggetto a cui favore si produrranno gli effetti del rapporto stesso. Di conseguenza soltanto a carico dell'Ente e del datore di lavoro sussiste l'obbligo di compiere l'atto inteso a pretendere l'osservanza dell'obbligo stesso.

In conseguenza di quanto sopra esposto si ritiene che i verbali dell'Ispettorato del lavoro che contengano prescrizioni in materia di contributi previdenziali e assistenziali non interrompono i termini prescrizionali in quanto tali atti, come sopra detto, devono necessariamente provenire dal creditore e cioè dall'Istituto. È pertanto necessario che le Sedi non appena venuti a conoscenza dei suddetti verbali pongano in essere i relativi atti interruttivi della prescrizione.

A chiarimento dei quesiti rivolti al riguardo si fa presente che la suddetta conclusione non è in contrasto con quanto affermato nella richiamata circolare n. 262 del 1995 nella parte in cui si dice che i processi verbali redatti dall'Ispettorato del lavoro, relativamente alle omissioni contributive indicate nei verbali stessi devono ritenersi inizio di una procedura per il recupero del credito e che di conseguenza non si rendeva necessario in tal caso un atto interruttivo da parte dell'Istituto. Infatti la suddetta affermazione è stata inserita nella circolare n. 262 del 1995 solo per illustrare, con un esempio, il criterio dettato dall'art 3 comma 10 della legge n. 335 del 1995 che, come è noto, ha stabilito la possibilità di applicazione della precedente normativa in materia di termini prescrizionali quando fosse iniziata, prima dell'entrata in vigore della richiamata legge n. 335 del 1995, una procedura per il recupero del credito contributivo. In conclusione, al di fuori della suddetta normativa, resta il criterio di carattere generale che richiede la necessità di un atto interruttivo della prescrizione da parte dell'Istituto in caso di verbali redatti dall'Ispettorato del lavoro.

b) Impossibilità di esercitare il diritto di credito

Altro chiarimento che è stato richiesto in merito all'argomento in questione riguarda l'affermazione, contenuta nella richiamata circolare n. 262 del 1995, secondo la quale l'impedimento da parte del debitore all'esercizio del diritto di credito dell'Istituto impedisce il corso della prescrizione. In particolare è stato chiesto in quali casi possa ravvisarsi tale fattispecie.

Al riguardo deve innanzitutto premettersi che l'Istituto ha un autonomo potere di accertamento dei propri crediti contributivi e che di conseguenza non può ricorrere l'ipotesi di cui sopra è cenno quando l'Istituto stesso ha la possibilità di accertare il proprio credito.

Non può pertanto ricorrere l'ipotesi in questione nel caso di evasione contributiva totale o parziale o anche nel caso di "lavoro nero" e cioè di lavoratori non iscritti neppure al libro paga o matricola.

Si ritiene invece che l'ipotesi di cui sopra è cenno possa ravvisarsi, per quanto riguarda la contribuzione dovuta da artigiani ed esercenti attività commerciali, nell'ipotesi in cui il reddito venga denunciato parzialmente o totalmente al fisco e non all'INPS.

Per quanto riguarda invece le aziende si ritiene che l'ipotesi possa concretizzarsi nel caso in cui i datori di lavoro non abbiano denunciato la propria attività con dipendenti, non risultino iscritti negli appositi albi e non si siano, neppure, muniti dei regolamentari libri paga e matricola.

In questo caso infatti l'Istituto si trova nella impossibilità di esercitare il proprio diritto di credito neanche ricorrendo al proprio autonomo potere di accertamento, essendo dolosamente occultata la stessa attività dell'azienda.

Si ritiene infine che possa ravvisarsi un altro caso di impedimento all'esercizio del diritto di credito, quando il datore di lavoro si rifiuta di esibire i libri paga e matricola agli ispettori dell'Istituto, necessari per effettuare il controllo sulla regolarità degli adempimenti contributivi dell'azienda.

Appare infatti evidente che il predetto atteggiamento da parte del datore di lavoro non renda possibile all'Istituto l'esercizio del proprio diritto di credito e che esso di conseguenza impedisca il corso della prescrizione del credito contributivo.

Al riguardo è opportuno sottolineare che, affinché tale effetto interruttivo si verifichi, è necessario che il rifiuto del datore di lavoro di esibire i libri contabili risulti regolarmente "verbalizzato" dall'Ispettore di vigilanza in sede di accesso ispettivo.

c) Riconoscimento del debito. Presentazione dei modd. O1/M.

È stato chiesto se la presentazione dei modd. O1/M da parte dei datori di lavoro possa interrompere il corso della prescrizione relativamente ai periodi contributivi indicati nei modelli stessi.

Al riguardo si deve premettere che come precisato nella circolare n. 335 del 1995 sopra citata, l'interruzione dei termini prescrizionale può avvenire oltre che per atto del creditore anche attraverso il riconoscimento del debito da parte del debitore. Nella richiamata circolare è stato fatto presente che tale ipotesi si verifica quando il debitore presenta il rendiconto mensile, modd. DM/M10, totalmente o parzialmente insoluto.

Anche la presentazione all'INPS da parte dei datori di lavoro dei modelli O1/M concretizza un'altra ipotesi di riconoscimento del debito .Infatti anche in tale fattispecie con la presentazione del modello, il debitore indicando le retribuzioni corrisposte al dipendente ed affermando che su tali somme sono dovuti i contributi di legge, riconosce il proprio debito contributivo nei confronti dell'Istituto, e quindi interrompe i termini di prescrizione. Non si ritiene al riguardo che ostacoli tale effetto della presentazione dei suddetti modelli la circostanza che il debito contributivo, non è direttamente indicato, in quanto esso è comunque certo e quantificabile con elementari operazioni di calcolo.

d) Denuncia del lavoratore. Decorrenza della prescrizione

Altro quesito riguarda l'individuazione della "denuncia" del lavoratore, richiesta, come è noto, dall'art. 9 lett. a) della legge n. 335 del 1995 per poter applicare per quanto riguarda la contribuzione dovuta al Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti o ad altre gestioni pensionistiche obbligatorie la prescrizione decennale invece di quella ordinaria quinquennale.

È stato in particolare chiesto se la dichiarazione rilasciata dal lavoratore nel corso di un accertamento ispettivo, dalla quale risulti una retribuzione corrisposta al lavoratore inferiore a quella denunciata ai fini contributivi, possa o meno valere, ai fini di cui sopra è cenno, come denuncia del lavoratore che possa consentire ai sensi del richiamato comma 9 dell'art. 3 della legge n. 335 del 1995 l'applicazione della prescrizione decennale.

Al riguardo si osserva che il legislatore con la disposizione richiamata abbia voluto fare una eccezione alla generale prescrizione quinquennale introdotta, per proteggere il lavoratore che spontaneamente denunci l'inadempimento contributivo nei propri confronti del datore di lavoro, concedendo un termine più ampio di prescrizione dei contributi dovuti al Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti.

Si ritiene pertanto che il suddetto effetto in quanto eccezione non può che essere legato ad una denuncia formale del lavoratore (possibilmente da redigere sul mod. Vig.1) diretta ad informare l'Istituto Previdenziale dell'esistenza di una omissione contributiva, parziale o totale.

Va da sé che tale denuncia formale può essere sottoscritta dal lavoratore anche durante lo svolgimento dell'ispezione a seguito dei chiarimenti forniti al dipendente dall'Ispettore di vigilanza.

Sempre nell'ipotesi di denuncia del lavoratore è stato chiesto se nella determinazione del periodo prescrizionale, nel caso in cui l'inadempienza contributiva sia rilevabile dal lavoratore solo a seguito di mancata presentazione dei modd. O1/M, si debba far riferimento alla data di presentazione della denuncia (O3/M) ovvero alla scadenza legale del debito contributivo.

Al riguardo si ritiene opportuno ricordare che il corso della prescrizione può essere interrotto solo da un atto del creditore (v. precedente punto a) e cioè nel caso di specie da un atto dell'Istituto che chieda il pagamento del proprio credito contributivo. Non rileva pertanto ai fini del corso della prescrizione il momento in cui il lavoratore sia venuto a conoscenza dell'inadempienza del proprio datore di lavoro in quanto il diritto di credito contributivo deve essere azionato sempre dall'Istituto. In conclusione nella determinazione del termine di prescrizione (decennale o quinquennale) deve farsi riferimento alla data di scadenza delle singole denunce contributive.

e) Pagamento di un acconto o del saldo dei soli contributi

È stato richiesto se il pagamento effettuato a in acconto o a saldo di un debito contributivo, effettuato spontaneamente dall'azienda e riferito ad un debito già denunciato all'INPS abbia un effetto interruttivo della prescrizione relativamente al residuo credito per contributi e oneri accessori.

Al riguardo si fa presente che l'adempimento parziale o totale di una obbligazione non può che essere inteso come riconoscimento della stessa salvo il caso in cui il debitore, nell'effettuare il pagamento in pendenza di un ricorso amministrativo o giudiziario circa l'esistenza dell'obbligo contributivo si riservi esplicitamente il diritto di ripetizione a procedimento concluso.

In conseguenza di quanto sopra precisato si deve ritenere che dalla data del pagamento ricominci a decorrere un nuovo termine prescrizionale per il residuo debito per contributi e relativi accessori.

f) Sentenza ottenuta in un giudizio in cui l'Istituto non è stato parte in causa

È stato chiesto se nell'ipotesi di una sentenza di condanna del datore di lavoro alla corresponsione di retribuzione a favore di un dipendente emessa a seguito di un giudizio in cui l'Istituto non è stato parte in causa la prescrizione dei contributi dovuti all'Istituto sulle retribuzioni oggetto della sentenza possa considerarsi interrotta a seguito dell'instaurazione del procedimento giudiziario.

Ciò in considerazione di quanto affermato nella citata circolare n. 262 del 1995 secondo la quale la denuncia presentata ad un autorità diversa dall'Istituto costituisce inizio di procedimento teso al recupero contributivo.

Al riguardo si fa presente che, come già detto, il criterio, valido per individuare le partite per le quali applicare il regime transitorio ai sensi del comma 10, dell'art. 3 della legge n. 335 del 1995, non può essere applicato nel caso di specie, per le ragioni illustrate al precedente punto a). Di conseguenza qualora il giudizio si sia svolto esclusivamente tra il datore di lavoro e il lavoratore e non sussistano agli atti di sede precedenti atti interruttivi riferiti all'inadempienza di cui trattasi, il recupero contributivo potrà interessare solo i periodi non prescritti al momento della richiesta di accredito.

g) Sanzioni amministrative

È stato chiesto se le sanzioni amministrative richieste con il procedimento previsto dalla legge n. 689 del 1981 ricadano o meno nella disciplina della citata legge n. 335 del 1995 e in particolare se debba essere accettato un pagamento spontaneo di sanzioni amministrative prescritte.

Al riguardo, va considerato che la legge n. 689 del 1981 che modifica il sistema penale, prevede la prescrizione quinquennale per tutte le somme dovute per le violazioni in essa contemplate e richiama le norme ordinarie per la disciplina per l'interruzione dei termini.

Per effetto di tale richiamo si ritiene di poter sostenere che l'avvenuta prescrizione vada eccepita dal debitore e che quindi, il pagamento fatto a titolo di sanzione amministrativa resti acquisito a tale titolo.

Il Direttore generale

Trizzino