Settore: | Normativa europea |
Materia: | 1. agricoltura |
Capitolo: | 1.5 polizia sanitaria e igiene |
Data: | 26/05/2003 |
Numero: | 422 |
Sommario |
Art. 1. |
Art. 2. |
Art. 3. |
§ 1.5.E88 - Decisione 26 maggio 2003, n. 422.
Decisione n. 2003/422/CE della Commissione recante approvazione di un manuale di diagnostica della peste suina africana. (Testo rilevante ai fini del SEE).
(G.U.U.E. 11 giugno 2003, n. L 143).
LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea,
vista la
considerando quanto segue:
(1) È necessario definire, a norma della
(2) Ai sensi della direttiva precitata, il laboratorio comunitario di riferimento per la peste suina africana coordina, in consultazione con la Commissione, i metodi impiegati dagli Stati membri per la diagnosi di questa malattia, tra l'altro organizzando periodicamente dei test comparativi e fornendo reagenti normalizzati a livello comunitario.
(3) Il virus della peste suina africana non è considerato pericoloso per la salute umana.
(4) Sono stati messi a punto dei test di laboratorio che permettono di diagnosticare rapidamente la peste suina africana.
(5) L'esperienza acquisita negli ultimi anni in fatto di lotta contro la peste suina africana ha permesso di definire i procedimenti più adatti per il prelievo dei campioni e i criteri per la valutazione dei risultati degli esami di laboratorio ai fini di una diagnosi corretta della malattia in circostanze diverse.
(6) Risulta pertanto opportuno approvare il manuale che definisce tali procedure e criteri.
(7) I laboratori diagnostici nazionali devono essere autorizzati a modificare i test di laboratorio riconosciuti o ad impiegare test diversi, a condizione che questi dimostrino di avere sensibilità e specificità equivalenti.
(8) Le misure previste dalla presente decisione sono conformi al parere del comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali,
HA ADOTTATO LA SEGUENTE DECISIONE:
1. È approvato il manuale di diagnostica della peste suina africana che figura in allegato.
2. Gli Stati membri provvedono affinché la diagnosi della peste suina africana sia confermata in conformità delle procedure diagnostiche, dei metodi per il prelievo di campioni e dei criteri per la valutazione dei risultati degli esami di laboratorio definiti nel manuale e sulla base dei seguenti elementi:
a) rilevamento di segni clinici della malattia e di lesioni post mortem dovute alla stessa;
b) individuazione del virus, dell'antigene o del genoma in campioni di tessuti, organi, sangue o escreti di suino;
c) rivelazione di una reazione di un anticorpo specifico in campioni ematici.
3. In deroga al disposto del paragrafo 2, i laboratori diagnostici nazionali citati nell'allegato IV della
La sensibilità e la specificità di questi test modificati o alternativi devono essere valutate nel corso dei periodici test comparativi organizzati dal laboratorio comunitario di riferimento per la peste suina africana.
La presente decisione si applica con effetto a decorrere dal 1° luglio 2003.
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.
ALLEGATO
MANUALE DI DIAGNOSTICA DELLA PESTE SUINA AFRICANA
Capitolo I
Introduzione, obiettivi e definizioni
1. Al fine di garantire l'uniformità delle procedure diagnostiche della peste suina africana (di seguito designata con la sigla «PSA»), il presente manuale stabilisce:
a) orientamenti e requisiti minimi in materia di procedure diagnostiche, metodi per il prelievo di campioni e criteri per la valutazione dei risultati degli esami clinici e post mortem e delle prove di laboratorio ai fini di una corretta diagnosi della PSA (1);
b) i requisiti minimi in materia di biosicurezza e le norme di qualità che devono essere osservate dai laboratori di diagnosi della PSA e per il trasporto dei campioni;
c) gli esami di laboratorio da effettuarsi ai fini della diagnosi della PSA e le tecniche di laboratorio che devono essere utilizzate per la tipizzazione genetica degli isolati del virus della PSA.
2. Il presente manuale è destinato prevalentemente alle autorità competenti per la lotta contro la PSA. Per questo motivo, esso non contiene descrizioni particolareggiate delle tecniche di laboratorio, ma insiste soprattutto sui principi e le applicazioni dei test e sulla valutazione dei relativi risultati.
3. Ai fini del presente manuale, oltre alle definizioni di cui all'articolo 2 della
a) «azienda sospetta»: qualunque azienda nella quale si trovino uno o più suini sospetti di infezione da virus della PSA, ovvero un'azienda che ha avuto contatti ai sensi dell'articolo 2, lettera k), della
b) «sottounità epidemiologica» o «sottounità»: un edificio, luogo o terreno adiacente, nel quale gruppi di suini appartenenti ad un'azienda si trovano frequentemente a contatto diretto o indiretto gli uni con gli altri, pur restando separati da altri suini della stessa azienda;
c) «suini in contatto»: i suini che, nel corso dei precedenti 21 giorni, sono stati a contatto immediato con uno o più animali sospetti di infezione da virus della PSA.
(1) Il numero di campioni da prelevare per le prove di laboratorio sarà determinato, tra l'altro, in funzione della sensibilità delle prove che si intende effettuare. Se la sensibilità del test non è molto elevata, si utilizzerà un numero di animali maggiore di quello indicato nel manuale.
Capitolo II
Descrizione della PSA con particolare riferimento alla diagnosi differenziale
A. INTRODUZIONE
1. La PSA è provocata da un DNA-virus con involucro, appartenente al genere Asfivirus della famiglia Asfarviridae. I ceppi virali della PSA presentano diversa virulenza, benché non siano identificabili sierotipi differenti.
2. Il virus della PSA è assai stabile nelle escrezioni dei suini infetti, nelle carcasse di suino, nonché nelle carni suine fresche e in taluni prodotti a base di carni suine. Per ottenerne l'inattivazione nell'ambiente devono essere utilizzati idonei disinfettanti.
3. La principale via naturale d'infezione dei suini in Europa è quella oronasale, per contatto diretto o indiretto con suini infetti o tramite ingestione di mangime contaminato. Tuttavia, nelle zone in cui esistono vettori (2), la trasmissione attraverso questi ultimi contribuisce in larga misura alla persistenza e alla propagazione del virus. La PSA può diffondersi anche per contatto indiretto con materiali contaminati e tramite insetti pungenti che trasportano meccanicamente il virus. La malattia può essere trasmessa anche attraverso lo sperma di verri infetti.
4. Il periodo d'incubazione nei singoli animali varia da cinque a quindici giorni, ma, in condizioni reali, i sintomi clinici possono evidenziarsi in un allevamento solo varie settimane dopo l'introduzione del virus, o anche più se si tratta di un ceppo virale attenuato.
5. Si verificano forme acute, subacute e croniche della PSA, differenziabili essenzialmente per la virulenza del virus.
6. La viremia persiste per 40-60 giorni nei suini clinicamente guariti dall'infezione, i quali diventano a loro volta portatori del virus. Il virus della PSA è stato isolato in suini portatori fino a sei mesi dopo l'infezione.
(2) Cfr. la definizione di «vettore» all'articolo 2, lettera r), della
B. FORMA ACUTA
1. L'insorgere di febbre alta (oltre 40 °C) è generalmente il primo segno clinico della malattia, accompagnato da depressione, perdita di appetito, respirazione affannata e difficile, secrezioni dalle narici e dagli occhi. I suini manifestano movimenti scoordinati e si stringono insieme. Le scrofe possono abortire in qualsiasi stadio della gravidanza. Alcuni suini possono manifestare vomito e costipazione, altri invece diarrea sanguinolenta. Si evidenziano congestioni o emorragie sottocutanee, in particolare alle estremità e sulle orecchie. La morte, talvolta preceduta da coma, sopraggiunge da uno a sette giorni dopo la comparsa dei segni clinici. Il tasso di morbilità e di mortalità può raggiungere il 100 % in un'azienda.
I risultati dell'esame post mortem rivelano una tipica sindrome emorragica, con congestione generalizzata della carcassa, presenza di sangue nelle cavità toracica e addominale, milza ingrossata di colore scuro, linfonodi emorragici somiglianti a grumi di sangue, specialmente i linfonodi renali e gastroepatici, emorragie petecchiali nei reni, nelle piramidi corticali e midollari e nella pelvi renale, sulle membrane sierose dell'addome, sulle mucose gastrointestinali, nel cuore, sull'epicardio e sull'endocardio, nonché idrotorace ed emorragie petecchiali della pleura.
2. La forma acuta della peste suina classica offre di solito un quadro clinico e patologico molto simile a quello della peste suina africana. Le eventuali emorragie cutanee e sulle orecchie, facilmente rilevabili, fanno sospettare la presenza di peste suina classica o africana in forma acuta. Poche altre malattie provocano lesioni di questo tipo.
L'eventualità di una forma acuta di peste suina africana deve essere presa in considerazione anche nei casi sospetti di erisipela, sindrome riproduttiva e respiratoria dei suini, avvelenamento da cumarina, porpora emorragica, sindrome da deperimento organico progressivo, sindrome da dermatite e nefropatia, salmonellosi o pasteurellosi, o qualsiasi altra sindrome enterica o respiratoria accompagnata da febbre, che non risponda ai trattamenti antibiotici.
C. FORME SUBACUTE
Le forme subacute della PSA sono più comuni nelle zone endemiche. L'infezione subacuta è caratterizzata da febbre fluttuante, depressione e polmonite. La morte può essere causata da collasso cardiaco. Le lesioni sono simili a quelle della forma acuta, ma attenuate. Sono caratteristiche di queste forme ampie emorragie nei linfonodi, nei reni, nella milza, congestione ed edema polmonare e, in certi casi, polmonite interstiziale.
D. FORME CRONICHE
Le forme croniche della PSA sono rare. In queste forme si possono osservare infezioni batteriche secondarie. Poiché i segni clinici della PSA cronica sono piuttosto atipici, la diagnosi differenziale dev'essere effettuata in riferimento a molte altre malattie. L'aumento della temperatura corporea non si verifica necessariamente in ogni animale, ma nell'insieme di un'azienda infetta si registra febbre almeno in un certo numero di capi.
Tra i sintomi clinici della PSA cronica si annoverano problemi respiratori, aborti, artrite, ulcerazioni croniche della pelle o necrosi, dissimili dal quadro clinico tipico delle infezioni da PSA. Le lesioni sono minime o affatto assenti. I risultati dell'esame istopatologico rivelano linfonodi e milza ingrossati, pleurite e pericardite fibrinosa e polmonite infiltrata. Sono state rilevate anche necrosi caseosa focale e mineralizzazione del polmone.
Capitolo III
Orientamenti sui principali criteri da seguire per il
riconoscimento di un'azienda come azienda sospetta di PSA
1. La decisione di riconoscere un'azienda come «azienda sospetta» va presa sulla base delle seguenti constatazioni, criteri e motivi:
a) dati clinici e patologici osservati nei suini. Gli elementi da prendere in considerazione sono essenzialmente:
- febbre con morbosità e mortalità in suini di ogni età,
- febbre con sindrome emorragica; emorragie petecchiali ed ecchimosi, specialmente nei linfonodi, nei reni, nella milza (che appare ingrossata e scura, particolarmente nelle forme acute) e nella vescica, nonché ulcerazioni sulla cistifellea;
b) risultanze epidemiologiche. Si prenderanno in considerazione soprattutto le seguenti circostanze:
- contatti diretti o indiretti con un'azienda risultata infetta dal virus della PSA,
- fornitura di suini successivamente rivelatisi infetti dal virus della PSA,
- inseminazione artificiale di scrofe con sperma di origine sospetta,
- contatti diretti o indiretti con suini selvatici appartenenti ad una popolazione soggetta a PSA,
- suini allevati in libertà in una regione in cui sono presenti suini selvatici infetti da PSA,
- suini nutriti con rifiuti alimentari probabilmente non trattati in modo tale da inattivare il virus della PSA,
- eventuale esposizione all'infezione attraverso persone entrate nell'azienda, mezzi di trasporto, ecc. provenienti da aziende infette o sospette di essere infette dal virus della PSA,
- eventuale presenza di vettori nella zona in cui è situata l'azienda.
2. In ogni caso, un'azienda deve essere considerata come «azienda sospetta» quando il quadro clinico o patologico giustifichi un sospetto di peste suina classica, peraltro non confermato dalle indagini cliniche, epidemiologiche e di laboratorio, né siano stati identificati nell'azienda in questione altri focolai di malattia o agenti patogeni.
Capitolo IV
Procedure di esame e campionamento
A. ORIENTAMENTI E PROCEDURE PER L'ESAME CLINICO ED IL PRELIEVO DI CAMPIONI SU SUINI NELLE AZIENDE SOSPETTE
1. Gli Stati membri provvedono affinché nelle aziende sospette vengano effettuati gli opportuni esami clinici, prelievi di campioni e ricerche di laboratorio per confermare o escludere la presenza di PSA, secondo gli orientamenti e le procedure di seguito indicati ai punti da 2 a 6.
A prescindere dall'adozione delle misure di cui all'articolo 4, paragrafo 2, della
In tutti gli altri casi di sospetta infezione da virus della PSA in uno o più suini, devono essere adottate, nell'azienda interessata, le misure di cui all'articolo 4, paragrafo 2, della
Gli orientamenti e le procedure di cui ai seguenti punti da 2 a 6 si applicano, mutatis mutandis, anche in presenza di un sospetto di PSA in un macello o in un mezzo di trasporto.
2. Quando un veterinario ufficiale visita un'azienda sospetta al fine di confermare o escludere la PSA, egli deve:
- verificare i registri, se disponibili, relativi alla produzione e allo stato sanitario dell'azienda; ispezionare ciascuna sottounità dell'azienda per selezionare i capi da sottoporre ad esame clinico.
L'esame clinico deve comprendere la misurazione della temperatura corporea e interessa in primo luogo i seguenti suini o gruppi di suini:
- suini malati o anoressici,
- suini introdotti da poco nell'azienda in provenienza da focolai confermati o da altre origini sospette,
- suini alloggiati in sottounità nelle quali sono recentemente entrati visitatori esterni che hanno avuto contatti immediati e recenti con suini sospetti o infetti da PSA o altri contatti particolarmente rischiosi con una potenziale fonte virale della PSA,
- suini già sottoposti a campionamento e ad esame sierologico per l'individuazione della PSA, qualora i risultati di tali esami non permettano di escludere la presenza della malattia, nonché suini in contatto,
- suini recentemente guariti da una malattia.
Se, durante l'ispezione condotta nell'azienda sospetta, non vengono trovati suini o gruppi di suini rispondenti alle caratteristiche di cui sopra, l'autorità competente, fatte salve le altre misure eventualmente applicate nell'azienda in questione a norma della
- svolgere ulteriori esami nell'azienda in questione conformemente al seguente punto 3, oppure
- prelevare dai suini dell'azienda campioni di sangue da analizzare in laboratorio. In questo caso, si devono seguire a titolo indicativo le procedure descritte al punto 5 e al punto F.2, oppure
- adottare o mantenere in vigore le misure di cui all'articolo 4, paragrafo 2, della
- escludere il sospetto di PSA.
3. Ogni volta che viene fatto riferimento al presente paragrafo, l'esame clinico nell'azienda sospetta dev'essere effettuato su animali scelti a caso nelle sottounità che presentano un rischio reale o sospetto d'introduzione del virus della PSA.
Il numero minimo di suini da esaminare nelle suddette sottounità dev'essere sufficiente a rivelare un tasso di prevalenza della malattia del 10 % con un'affidabilità del 95 %.
4. Se in un'azienda sospetta vengono trovati suini morti o moribondi, si procederà ad un'esame post mortem, preferibilmente su un minimo di cinque di questi animali e in particolare quelli:
- che prima del decesso manifestavano segni evidenti di malattia,
- con febbre alta,
- appena morti.
Se questi esami non evidenziano lesioni che possano rivelare la presenza di PSA ma, a causa della situazione epidemiologica, sono ritenute necessarie ulteriori indagini, in tal caso:
- si deve procedere ad un esame clinico secondo le modalità di cui al punto 3 e al prelievo di campioni ematici secondo il punto 5, nella sottounità in cui si trovavano i suini morti o moribondi, e
- si possono eseguire esami post mortem su 3 o 4 suini in contatto, particolarmente se questi presentano segni clinici.
Indipendentemente dalla presenza o dall'assenza di lesioni potenzialmente imputabili a PSA, devono essere prelevati campioni di organi o tessuti dai suini sottoposti ad esame post mortem, a fini di esame virologico secondo quanto disposto al capitolo V, parte B, punto 1. Detti campioni vanno prelevati di preferenza da suini appena morti.
L'autorità competente provvede affinché, nello svolgimento degli esami post mortem:
- vengano prese le necessarie precauzioni e misure d'igiene per prevenire la diffusione di malattie, e
- i suini moribondi vengano abbattuti in maniera umana, in conformità della
5. Se in un'azienda sospetta vengono rilevati ulteriori segni clinici o lesioni riconducibili alla PSA, ma l'autorità competente ritiene che tali indizi non siano sufficienti a confermare un focolaio di PSA e siano pertanto necessarie analisi di laboratorio, si dovrà procedere al prelievo di campioni ematici dai suini sospetti e da altri capi in ciascuna delle sottounità in cui si trovano suini sospetti, rispettando la procedura di seguito indicata:
a) il numero minimo di campioni da prelevare per gli esami sierologici in ciascuna sottounità dev'essere sufficiente a rivelare un tasso di sieroprevalenza del 10 % con un'affidabilità del 95 %;
b) il numero di campioni da prelevare per gli esami virologici dev'essere conforme alle istruzioni impartite dall'autorità competente, la quale terrà conto della gamma di esami che possono essere effettuati, della sensibilità delle prove di laboratorio che verranno utilizzate e della situazione epidemiologica.
6. Se, dopo l'ispezione condotta nell'azienda sospetta, non vengono rilevati segni clinici o lesioni riconducibili alla PSA, ma l'autorità competente ritiene necessarie ulteriori prove di laboratorio per escludere l'eventualità di PSA, si seguirà a titolo orientativo la procedura di campionamento descritta al punto 5.
B. PROCEDURA DI CAMPIONAMENTO NELL'AZIENDA IN CASO DI ABBATTIMENTO DI SUINI IN SEGUITO ALLA CONFERMA DELLA MALATTIA
1. Quando in un'azienda si procede all'abbattimento di suini in seguito alla conferma di un focolaio di PSA conformemente all'articolo 5, paragrafo 1, lettera a), della
2. Il numero minimo di suini da campionare in ciascuna sottounità dev'essere sufficiente a rivelare un tasso di sieroprevalenza del 10 % con un'affidabilità del 95 % (1).
Si devono altresì prelevare campioni per gli esami virologici conformemente alle istruzioni impartite dall'autorità competente, la quale terrà conto della gamma di esami che possono essere effettuati, della sensibilità delle prove di laboratorio che verranno utilizzate e della situazione epidemiologica.
Nelle zone in cui è stata precedentemente dimostrata la presenza di vettori infetti dal virus della PSA, devono essere raccolti anche idonei campioni di zecche molli a fini di prove virologiche, secondo le istruzioni dell'autorità competente e in conformità con l'allegato III della
3. Tuttavia, in caso di focolai secondari, l'autorità competente può decidere di derogare ai punti 1 e 2 di cui sopra e stabilire un'altra procedura di campionamento, tenendo conto dei dati epidemiologici già disponibili sull'origine e sul modo d'introduzione del virus nell'azienda, nonché della propagazione potenziale della malattia dall'azienda interessata.
(1) Tuttavia, se è stata applicata la deroga prevista all'articolo 6, paragrafo 1, della
C. PROCEDURA DI CAMPIONAMENTO IN CASO DI ABBATTIMENTO DI SUINI COME MISURA PREVENTIVA IN UN'AZIENDA SOSPETTA
1. Quando in un'azienda sospetta si procede all'abbattimento di suini a titolo preventivo, conformemente all'articolo 4, paragrafo 3, lettera a), o all'articolo 7, paragrafo 2, della
2. Il campionamento interessa in primo luogo:
- i suini che presentano segni o lesioni post mortem riconducibili alla PSA e i suini in contatto con questi,
- altri suini che potrebbero aver avuto contatti rischiosi con animali infetti o sospetti o di cui si sospetta un contagio con il virus della PSA. Questi suini devono essere campionati secondo le istruzioni dell'autorità competente, la quale tiene conto della situazione epidemiologica.
Inoltre, si deve effettuare un campionamento casuale su animali di ciascuna delle sottounità dell'azienda (2). In questo caso, il numero minimo di campioni da prelevare per gli esami sierologici in ciascuna sottounità dev'essere sufficiente a rivelare un tasso di sieroprevalenza del 10 % con un'affidabilità del 95 %.
Il tipo di campioni da prelevare per gli esami virologici e la prova da effettuare devono essere conformi alle istruzioni dell'autorità competente, la quale terrà conto della gamma di esami che possono essere effettuati, della sensibilità delle prove e della situazione epidemiologica.
(2) Se, tuttavia, l'autorità competente ha limitato l'abbattimento preventivo alla sola parte dell'azienda in cui si trovavano i suini sospetti d'infezione o di contagio con il virus della PSA, a norma dell'articolo 4, paragrafo 3, lettera a), della
D. PROCEDURE DI CONTROLLO E CAMPIONAMENTO PRELIMINARI ALL'AUTORIZZAZIONE DI TRASFERIRE SUINI DA AZIENDE SITUATE IN ZONE DI PROTEZIONE O DI SORVEGLIANZA E IN CASO DI ABBATTIMENTO DI DETTI SUINI (ARTICOLI 10 E 11 DELLA DIRETTIVA 2002/60/CE)
1. Fatto salvo il disposto dell'articolo 11, paragrafo 1, lettera f), secondo comma, della
- nelle 24 ore precedenti il trasferimento dei suini, e
- conformemente alle disposizioni di cui al punto A.2.
2. Se i suini devono essere trasferiti ad un'altra azienda, oltre alle indagini di cui al precedente punto 1, occorre svolgere un esame clinico dei suini presenti in ciascuna sottounità in cui si trovano gli animali da trasferire, comprendente la misurazione della temperatura corporea in un campione di animali.
Il numero minimo di suini da esaminare nelle suddette sottounità dev'essere sufficiente a rivelare un tasso di prevalenza della malattia del 10 % con un'affidabilità del 95 %.
3. Se i suini saranno trasferiti ad un macello, ad uno stabilimento di trasformazione o ad altro luogo per esservi abbattuti, oltre alle indagini di cui al precedente punto 1, occorre svolgere un esame clinico dei suini presenti in ciascuna sottounità in cui si trovano gli animali da trasferire. Se i suini in questione hanno più di tre o quattro mesi di età, l'esame deve comprendere la misurazione della temperatura in un campione di animali.
Il numero minimo di suini da esaminare nelle suddette sottounità deve essere sufficiente a rivelare un tasso di prevalenza della malattia del 20 % con un'affidabilità del 95 %.
4. Al momento dell'abbattimento degli animali di cui al punto 3, si devono prelevare campioni ematici per prove sierologiche e campioni di sangue o di organi quali tonsille, milza o linfonodi per prove virologiche dai suini provenienti da ciascuna delle sottounità dell' azienda dalle quali i suini sono stati trasferiti.
Il numero minimo di campioni da prelevare in ciascuna sottounità dev'essere sufficiente a rivelare un tasso di sieroprevalenza o di prevalenza del virus del 10 % con un'affidabilità del 95 %.
Il tipo di campioni da prelevare e la prova da effettuare devono essere conformi alle istruzioni dell'autorità competente, la quale terrà conto della gamma di esami che possono essere effettuati, della sensibilità delle prove e della situazione epidemiologica.
5. Tuttavia, se durante o dopo l'abbattimento si rilevano segni clinici o lesioni post mortem riconducibili alla PSA, si applicano, in deroga al precedente punto 4, le modalità di campionamento esposte nella sezione C.
6. La deroga di cui all'articolo 10, paragrafo 5, e all'articolo 11, paragrafo 4, della
E. PROCEDURE DI CONTROLLO E CAMPIONAMENTO NEL QUADRO DEL RIPOPOLAMENTO DI UN'AZIENDA
1. In caso di reintroduzione di suini in un'azienda a norma dell'articolo 13, paragrafo 3, della
- i campioni ematici devono essere prelevati non prima di 45 giorni dopo la reintroduzione dei suini,
- in caso di reintroduzione di suini sentinella, si devono prelevare con scelta casuale campioni ematici per prove sierologiche da un numero di capi sufficiente a rivelare un tasso di sieroprevalenza del 10 % con un'affidabilità del 95 % in ciascuna sottounità dell'azienda,
- in caso di ripopolamento totale, si devono prelevare con scelta casuale campioni ematici per prove sierologiche da un numero di capi sufficiente a rivelare un tasso di sieroprevalenza del 20 % con un'affidabilità del 95 % in ciascuna sottounità dell'azienda.
2. in caso di reintroduzione di suini in un'azienda a norma dell'articolo 13, paragrafo 4, della
- i campioni ematici devono essere prelevati non prima di 45 giorni dopo la reintroduzione dei suini,
- in caso di reintroduzione di suini sentinella, si devono prelevare con scelta casuale campioni ematici per prove sierologiche da un numero di capi sufficiente a rivelare un tasso di sieroprevalenza del 5 % con un'affidabilità del 95 % in ciascuna sottounità dell'azienda,
- in caso di ripopolamento totale, si devono prelevare con scelta casuale campioni ematici per prove sierologiche da un numero di capi sufficiente a rivelare un tasso di sieroprevalenza del 10 % con un'affidabilità del 95 % in ciascuna sottounità dell'azienda.
Successivamente, la procedura descritta sopra al terzo trattino dev'essere ripetuta non prima di 60 giorni dopo il ripopolamento totale.
3. Dopo la reintroduzione dei suini, l'autorità competente provvede affinché, in qualunque caso di malattia o di decesso dei suini dell'azienda per cause ignote, i suini in questione siano immediatamente esaminati per la ricerca della PSA.
Tali disposizioni si applicano fino alla completa revoca delle restrizioni previste dall'articolo 13, paragrafo 3, lettere a) e b), e paragrafo 4 della
F. PROCEDURA DI CAMPIONAMENTO NELLE AZIENDE SITUATE NELLA ZONA DI PROTEZIONE PRIMA DELLA REVOCA DELLE RESTRIZIONI
1. Affinché le misure di cui all'articolo 10 della
- sia effettuato un esame clinico secondo la procedura descritta nella sezione A, punti 2 e 3,
- siano prelevati campioni ematici per le prove sierologiche secondo quanto disposto al seguente punto 2.
2. Il numero minimo di campioni ematici da prelevare in ciascuna sottounità dev'essere sufficiente a rivelare un tasso di sieroprevalenza del 10 % con un'affidabilità del 95 %.
Tuttavia, la deroga di cui all'articolo 10, paragrafo 5, e all'articolo 11, paragrafo 4, della
G. PROCEDURA DI CAMPIONAMENTO NELLE AZIENDE SITUATE NELLA ZONA DI SORVEGLIANZA PRIMA DELLA REVOCA DELLE RESTRIZIONI
1. Affinché le restrizioni di cui all'articolo 11 della
Inoltre, devono essere prelevati campioni ematici per esame sierologico:
- in qualsiasi altra azienda in cui il campionamento sia ritenuto necessario dall'autorità competente,
- in tutti i centri di raccolta dello sperma.
2. Quando vengono prelevati campioni ematici per le prove sierologiche in aziende situate nella zona di sorveglianza, il numero di campioni da prelevare dev'essere conforme a quanto disposto al punto F.2, prima frase.
Tuttavia, la deroga di cui all'articolo 10, paragrafo 5, e all'articolo 11, paragrafo 4, della
H. PROCEDURE DI SORVEGLIANZA SIEROLOGICA E CAMPIONAMENTO NELLE ZONE IN CUI SI SOSPETTA O È STATA CONFERMATA LA PRESENZA DI PSA NEI SUINI SELVATICI
1. In caso di sorveglianza sierologica dei suini selvatici in zone con presenza sospetta o confermata di PSA, è opportuno definire previamente la dimensione e il territorio geografico della popolazione bersaglio da sottoporre a campionamento, in modo da poter stabilire il numero di campioni che devono essere prelevati. La dimensione del campione dev'essere determinata in funzione del numero stimato di animali viventi e non degli animali abbattuti dai cacciatori.
2. Se non si dispone di dati sulla densità e l'entità della popolazione, occorre definire l'area geografica entro la quale dev'essere effettuato il campionamento, tenendo conto della presenza costante di suini selvatici e dell'esistenza di barriere naturali o artificiali atte ad impedire massicci e continui spostamenti di animali. Se tali condizioni non si verificano o se il territorio è particolarmente esteso, è consigliato delimitare zone di campionamento di circa 200 km2, abitate solitamente da una popolazione di circa 400-1 000 cinghiali.
3. Fatto salvo il disposto dell'articolo 15, paragrafo 2, lettera c), della
4. Il prelievo di campioni a fini di esame virologico da suini selvatici abbattuti o trovati morti dev'essere eseguito secondo le modalità descritte nel capitolo V, punto B.1.
Se è giudicata necessaria una sorveglianza virologica sui cinghiali abbattuti, questa deve interessare in primo luogo gli animali di età inferiore a un anno.
5. Tutti i campioni da inviare al laboratorio devono essere scortati dal questionario menzionato all'articolo 16, paragrafo 3, lettera h), della
Capitolo V
Procedure e criteri generali per il prelievo e il trasporto dei campioni
A. PROCEDURE E CRITERI GENERALI
1. Prima di procedere al prelievo di campioni in un'azienda sospetta, occorre stendere una mappa dell'azienda, indicando le sottounità epidemiologiche.
2. Quando si ritiene che potrebbe essere necessario un secondo prelievo, tutti i suini campionati devono essere marchiati con uno speciale contrassegno, in modo da essere facilmente riconoscibili per il secondo prelievo.
3. Tutti i campioni vanno inviati al laboratorio scortati dagli appositi formulari, secondo le modalità fissate dall'autorità competente. Questi formulari devono specificare l'anamnesi dei suini campionati ed i segni clinici o le lesioni post mortem osservati.
Se si tratta di suini allevati in aziende, si devono indicare chiaramente l'età, la categoria e l'azienda di origine di ciascun animale campionato. Si raccomanda di annotare l'ubicazione di ciascun animale campionato e il relativo contrassegno.
B. PRELIEVO DI CAMPIONI A FINI DI PROVE VIROLOGICHE
1. I campioni più idonei al rilevamento del virus, dell'antigene o del genoma della PSA su animali morti o eutanasiati sono i tessuti delle tonsille, dei linfonodi (gastroepatici, renali, sottomandibolari e retrofaringei), della milza, dei reni e dei polmoni (1). Nel caso di carcasse in autolisi, il campione più adatto è costituito da un osso lungo intero o dallo sterno.
2. Devono essere prelevati campioni di sangue anticoagulato e/o coagulato da suini che presentano febbre o altri sintomi di malattia, in conformità con le istruzioni dell'autorità competente.
(1) Si raccomanda di prelevare campioni anche dall'ileo, in quanto possono essere utili per la diagnosi della peste suina classica.
C. TRASPORTO DEI CAMPIONI
1. Si raccomanda che i campioni prelevati:
- siano debitamente identificati,
- siano trasportati e conservati in recipienti ermetici,
- siano mantenuti freschi a temperatura di frigorifero; tuttavia, se si prevede che i campioni impiegheranno più di 48 ore per giungere al laboratorio, si dovrà prendere contatto con quest'ultimo per ottenere istruzioni circa la temperatura più adatta durante il trasporto,
- siano consegnati al laboratorio al più presto possibile,
- siano conservati in un imballaggio refrigerato con blocchi refrigeranti o ghiaccio secco,
- i campioni di tessuto o di organi siano posti in recipienti separati, sigillati ed etichettati e poi sistemati in recipienti più grandi, avvolti da una quantità sufficiente di materiale assorbente per proteggerli da eventuali danni e assorbire il liquido che dovesse fuoriuscire,
- ove possibile, siano trasportati direttamente al laboratorio da personale qualificato, in breve tempo e con le dovute precauzioni.
2. Sull'esterno dell'imballaggio deve essere indicato chiaramente l'indirizzo del laboratorio destinatario e apposta in modo visibile la seguente dicitura:
Materiale patogeno di origine animale. Deperibile. Fragile. Da aprirsi soltanto all'interno di un laboratorio competente per la peste suina africana.
3. Il laboratorio al quale sono destinati i campioni dev'essere informato a tempo debito del loro arrivo.
4. In caso di trasporto aereo di campioni destinati al laboratorio comunitario di riferimento per la PSA (1), l'imballaggio dev'essere etichettato in conformità con la regolamentazione IATA.
(1) Il laboratorio comunitario di riferimento è autorizzato a ricevere campioni diagnostici e isolati del virus della PSA da qualsiasi altro Stato membro. Se il campione è di provenienza extracomunitaria, una copia del permesso d'importazione può essere richiesta al laboratorio prima del trasporto e inserita in una busta che verrà incollata esternamente sull'imballaggio.
Capitolo VI
Principi e applicazioni delle prove virologiche e valutazione dei risultati
A. INDIVIDUAZIONE DELL'ANTIGENE DEL VIRUS
1. Test di immunofluorescenza diretta (DIFT)
Il principio di questo test consiste nell'individuare al microscopio l'antigene virale su strisci o sottili criosezioni di materiale organico prelevato da suini in cui si sospetta un'infezione da PSA. Gli antigeni intracellulari sono individuati grazie ad anticorpi specifici legati a FIT (2). Nel citoplasma delle cellule infette appaiono corpi inclusi o granuli fluorescenti.
Gli organi adatti a questo test sono i reni, la milza e vari linfonodi. Per i suini selvatici i cui organi non sono disponibili o hanno subito autolisi, può essere utilizzato anche uno striscio di midollo osseo.
Questa prova può essere eseguita in due ore. Poiché i campioni di organi possono essere prelevati soltanto da animali morti, la sua applicazione a fini di screening è limitata.
Si tratta di un test altamente sensibile per i casi di PSA acuta. Per le forme subacute o croniche, il DIFT presenta una sensibilità di appena il 40 % circa, probabilmente a causa della presenza di complessi antigene-anticorpo che bloccano la reazione con l'anticorpo legato al virus della PSA. L'affidabilità del risultato può essere ridotta da una colorazione dubbia, in particolare se il test viene eseguito senza la debita esperienza o se gli organi utilizzati hanno subito autolisi.
2. ELISA per l'individuazione dell'antigene
L'antigene del virus può essere rilevato anche con le tecniche ELISA, anche se questo metodo è raccomandato solo per le forme acute della malattia a causa della sua scarsa sensibilità in presenza di complessi antigene-anticorpo. La sensibilità dell'antigene ELISA dovrebbe essere sufficiente per ottenere un risultato positivo su animali che presentano segni clinici di PSA acuta. In ogni caso, si raccomanda di utilizzare questo test unicamente per controlli a livello di allevamento e in concomitanza con un'altra prova virologica.
(2) Fluorescina isotiocianato.
B. ISOLAMENTO E IDENTIFICAZIONE DEL VIRUS CON IL TEST DI EMOASSORBIMENTO (HAD)
1. L'isolamento del virus è basato sull'inoculazione di materiale campione su colture cellulari sensibili di origine suina, monociti e macrofagi. I campioni da preferirsi per l'isolamento del virus della PSA sono i leucociti o l'insieme del sangue, provenienti da campioni di sangue non coagulato, oppure gli organi di cui al punto A.1. Se il virus della PSA è presente nel campione, esso si riproduce per replicazione nelle cellule, producendo un caratteristico effetto citopatico nelle cellule infette.
2. Grazie alla sua elevata sensibilità e specificità, la tecnica HAD è raccomandata per l'identificazione di isolati del virus della PSA. Il test HAD si fonda sulla capacità del virus della PSA di riprodursi nei macrofagi del suino e di provocare emoassorbimento in presenza di eritrociti di suino. Intorno ai macrofagi infetti si sviluppa una caratteristica «rosetta» di eritrociti. Tuttavia, alcuni ceppi del virus della PSA raccolti sul campo possono non dare luogo ad emoassorbimento, pur producendo l'effetto citopatico. Questi ceppi possono essere identificati specificamente con il test DIF sui sedimenti delle colture cellulari o mediante PCR.
3. L'isolamento del virus è un metodo particolarmente adatto all'analisi di campioni prelevati da un ristretto numero di animali, mentre si presta meno alla sorveglianza di massa. Si tratta di un procedimento che richiede un notevole apporto di manodopera e occorrono da uno a tre giorni per ottenere dei risultati. Per poter rilevare un'esigua quantità di virus nel campione possono essere necessari altri due passaggi su coltura cellulare. Ciò significa che il risultato finale sarà disponibile soltanto dopo una decina di giorni. I campioni in autolisi possono essere citotossici per la coltura cellulare e quindi di utilità limitata.
4. Il test HAD per l'isolamento e l'identificazione del virus è raccomandato come test di riferimento a fini di conferma dei risultati positivi precedentemente ottenuti mediante ELISA, PCR o DIFT. È altresì raccomandato quando la PSA è già stata confermata con altri metodi, particolarmente in caso di focolaio primario o di caso primario.
Gli isolati del virus della PSA nei macrofagi di suino possono essere utilizzati per la caratterizzazione del virus e l'epidemiologia molecolare.
5. Tutti gli isolati del virus della PSA provenienti da tutti i focolai primari, da casi primari in suini selvatici o da casi insorti nei macelli o nei mezzi di trasporto devono essere caratterizzati presso un laboratorio nazionale di riferimento negli Stati membri o presso un altro laboratorio autorizzato dallo Stato membro in questione, o presso il laboratorio comunitario di riferimento, conformemente alla sezione E.
In ogni caso, questi isolati di virus devono essere immediatamente inviati al laboratorio comunitario di riferimento per essere conservati nella collezione di virus.
C. INDIVIDUAZIONE DEL GENOMA DEL VIRUS
1. La reazione a catena della polimerasi (PCR) è utilizzata per individuare il genoma del virus in campioni di sangue, siero, tessuti od organi. La PCR ingrandisce piccoli frammenti di DNA virale in modo da ottenere quantità rilevabili. Un'ampia gamma di isolati appartenenti a tutti i genotipi noti di virus, compresi i virus non emoassorbenti e gli isolati poco virulenti, possono essere rilevati mediante iniziatori provenienti da zone particolarmente ben conservate del genoma. Poiché questo test rivela soltanto una sequenza del genoma virale, la PCR può dare un risultato positivo anche in assenza di virus infettivo (per esempio su tessuti in autolisi o su campioni prelevati da animali convalescenti o da animali guariti e diventati clinicamente normali).
2. La PCR può essere praticata su un ristretto numero di campioni accuratamente selezionati da animali sospetti. Questo metodo è particolarmente raccomandato per campioni di organi che risultano citotossici e quindi non si prestano all'isolamento del virus (per esempio campioni prelevati da suini selvatici).
3. Il materiale campione idoneo alla PCR è costituito dagli organi già citati per l'isolamento del virus e da siero. Possono essere analizzati con la PCR anche omogenati di zecche.
4. Questa prova può essere eseguita in un giorno. Essa richiede apposite apparecchiature di laboratorio, locali separati e personale qualificato. Un vantaggio di questo metodo è che non occorre replicare in laboratorio il virus infettivo. Il test PCR è altamente sensibile, ma possono verificarsi facilmente contaminazioni che portano a risultati falsamente positivi. Sono perciò necessarie rigorose procedure di controllo.
D. TEST VIROLOGICI RACCOMANDATI E VALUTAZIONE DEI RISULTATI
I test virologici sono essenziali per la conferma della PSA.
L'isolamento del virus e il test HAD vanno considerati come i test virologici di riferimento e devono essere utilizzati come prova di conferma, ove necessario. Questi test sono particolarmente raccomandati quando un risultato positivo ottenuto con DIF, ELISA o PCR non si accompagna all'osservazione di segni clinici o lesioni tipiche della malattia, o in qualsiasi altro caso dubbio.
Tuttavia, un focolaio primario di PSA è confermato quando sono stati osservati segni clinici o lesioni nei suini esaminati e almeno due prove per l'individuazione dell'antigene, del genoma o dell'anticorpo hanno dato risultati positivi su campioni prelevati dallo stesso animale sospetto.
Un focolaio secondario di PSA è confermato quando, oltre a constatarsi una correlazione epidemiologica tra un focolaio o un caso confermato, sono stati osservati segni clinici o lesioni nei suini esaminati ed una prova per l'individuazione dell'antigene, del genoma o dell'anticorpo ha dato risultato positivo.
Un caso primario di PSA in suini selvatici è confermato dopo l'isolamento del virus o se almeno due prove per l'individuazione dell'antigene, del genoma o dell'anticorpo hanno dato risultati positivi. Ulteriori casi di PSA in suini selvatici, per i quali è stata stabilita una correlazione epidemiologica con casi già confermati in precedenza, sono confermati se una prova per l'individuazione dell'antigene, del genoma o dell'anticorpo ha dato risultato positivo.
E. CARATTERIZZAZIONE GENETICA DEGLI ISOLATI DI VIRUS DELLA PSA
1. La caratterizzazione genetica degli isolati del virus della PSA si ottiene determinando i profili dell'enzima di restrizione e le sequenze nucleotidiche di sezioni del genoma virale. La somiglianza di tali profili o sequenze con quelli già ottenuti da precedenti isolati di virus può indicare se i focolai della malattia sono causati da virus che rispondono a modelli molecolari europei o africani.
La caratterizzazione genetica degli isolati del virus della PSA è estremamente importante per approfondire le attuali conoscenze sull'epidemiologia molecolare della PSA e sulla variazione genetica dei virus. I dati molecolari consentono di classificare nuovi isolati e forniscono ragguagli sulla loro possibile origine.
2. Se non è possibile effettuare in breve tempo la caratterizzazione molecolare del virus presso un laboratorio nazionale o in qualsiasi altro laboratorio autorizzato per la diagnosi della PSA, si deve inviare al più presto possibile il campione originale dell'isolato di virus al laboratorio comunitario di riferimento.
I dati ricavati dall'analisi dell'enzima di restrizione e dalla sequenziazione degli isolati del virus della PSA in possesso dei laboratori autorizzati devono essere trasmessi al laboratorio comunitario di riferimento per essere immessi nella base di dati gestita da questo laboratorio.
Le informazioni contenute in questa base dati devono essere messe a disposizione di tutti i laboratori nazionali di riferimento degli Stati membri. Tuttavia, ai fini della pubblicazione sulla stampa specializzata, su richiesta del laboratorio in questione, il laboratorio comunitario di riferimento garantisce la riservatezza di questi dati fino alla loro pubblicazione.
Capitolo VII
Principi e applicazioni delle prove sierologiche e valutazione dei risultati
A. PRINCIPI BASILARI E UTILITÀ DIAGNOSTICA
1. L'individuazione dell'anticorpo specifico della PSA è raccomandata nelle forme subacute e croniche, nonché per i controlli su larga scala e nell'ambito di programmi di eradicazione della PSA, per diversi motivi:
i) il suino infetto produce rapidamente anticorpi. Nei suini infetti da PSA, gli anticorpi sono generalmente rilevabili in campioni di siero a partire da 7-10 giorni dopo l'infezione;
ii) non esistono vaccini contro la PSA. Ciò significa che gli anticorpi specifici della PSA sono indotti esclusivamente da un'infezione provocata dal virus della malattia; e
iii) la reazione prolungata degli anticorpi. Nei suini guariti dalla malattia, si possono rilevare anticorpi specifici in gran numero ancora per parecchi mesi o addirittura per tutta la vita dell'animale.
Nelle prime dieci settimane di vita del suinetto sono riscontrabili anticorpi specifici di origine materna. L'emivita degli anticorpi materni nei suinetti è di circa tre settimane. È poco probabile che gli anticorpi della PSA riscontrati in suinetti di più di tre mesi di età siano di origine materna.
2. La ricerca di anticorpi contro il virus della PSA in essudati di siero o di plasma provenienti dagli organi viene condotta a sostegno della diagnosi nelle aziende sospette, per stabilire la data di introduzione dell'infezione in caso di focolaio confermato e a fini di sorveglianza e osservazione.
L'ubicazione dei suini sieropositivi nell'azienda fornisce utili indicazioni sul modo in cui il virus della PSA è penetrato all'interno di quest'ultima.
I risultati dei test sierologici devono essere comunque valutati attentamente alla luce del quadro clinico, virologico ed epidemiologico complessivo, nel quadro dell'indagine che dev'essere condotta in presenza di un focolaio sospetto o confermato di PSA a norma dell'articolo 8 della
B. TEST SIEROLOGICI RACCOMANDATI
1. L'ELISA, il test di immunofluorescenza indiretta (IIFT) e il test d'immunotrasferimento (IB) sono le tecniche da preferirsi per la conferma sierologica della PSA.
La qualità e l'efficienza della diagnosi sierologica realizzata dai laboratori nazionali di riferimento devono essere periodicamente controllate nel quadro della prova comparativa tra laboratori organizzata dal laboratorio comunitario di riferimento.
2. L'ELISA è il metodo più affidabile e utile per esami sierologici su vasta scala. Esso si basa sulla ricerca di anticorpi contro il virus della PSA legati alle proteine virali adese ad una fase solida mediante aggiunta di proteina A coniugata con un enzima che, reagendo con il substrato adatto, presenta una vistosa colorazione.
3. I laboratori nazionali devono procedere a regolari controlli di qualità concernenti la sensibilità e la specificità di ciascun lotto di reagenti ELISA, ricorrendo alla serie di sieri di riferimento forniti dal laboratorio comunitario di riferimento. Questa serie comprende:
- sieri di suini nella fase incipiente dell'infezione da PSA (meno di 17 giorni dall'infezione),
- sieri di suini convalescenti (più di 17 giorni dall'infezione).
Le tecniche ELISA utilizzate per la diagnosi sierologica della PSA devono riconoscere tutti i sieri di riferimento dei suini convalescenti. Tutti i risultati ottenuti con i sieri di riferimento devono essere riproducibili. Si raccomanda che siano individuati anche tutti i sieri positivi della fase incipiente. I risultati ottenuti con i sieri di riferimento dei suini in fase incipiente forniscono un'indicazione circa la sensibilità dell'ELISA.
4. L'IIFT è una tecnica rapida ad elevata sensibilità e specificità per il rilevamento degli anticorpi specifici della PSA sia nei sieri che negli essudati di tessuti. Si basa sul riconoscimento degli anticorpi della PSA che legano ad un monostrato di cellule MS infette con un virus adatto della PSA. La reazione anticorpo-antigene è rivelata da una proteina A marcata con fluorescina. I campioni positivi presentano una fluorescenza specifica nelle vicinanze del nucleo delle cellule infette.
Una rapida e attendibile conferma della malattia può essere ottenuta applicando congiuntamente i metodi DIFT e IIFT per esaminare campioni di organi, sangue ed essudati prelevati da animali che presentano segni clinici della PSA.
5. L'IB è una tecnica altamente sensibile e specifica basata sull'impiego di strisce di nitrocellulosa contenenti proteine virali come antigene. La reazione anticorpo-antigene è evidenziata mediante aggiunta di una proteina A coniugata con perossidasi e di un idoneo substrato. Questa tecnica è particolarmente utile per esaminare i sieri che non danno risultati concludenti con il test ELISA.
Capitolo VIII
Requisiti minimi di sicurezza da rispettare nei laboratori competenti per la PSA
1. I requisiti specificati nella tabella 1 devono essere rispettati in tutti i laboratori in cui il virus della PSA viene amplificato per replicazione in colture cellulari. Tuttavia, gli esami post mortem, il trattamento dei tessuti preparatorio al DIFT o alla PCR e le prove sierologiche con un antigene inattivato richiedono condizioni meno rigorose, essendo sufficienti a questo scopo elementari misure d'igiene, disinfezione dopo le manipolazioni ed eliminazione sicura delle carcasse, dei tessuti e dei sieri, nonché il rispetto dei requisiti minimi della tabella 1.
2. I requisiti indicati nella tabella 2 devono essere rispettati in tutti i laboratori nei quali vengono effettuati esperimenti su animali con il virus della PSA.
3. Tutte le riserve di virus della PSA devono essere conservate in luogo sicuro, siano esse liofilizzate o surgelate. Ciascuna provetta deve essere chiaramente etichettata e le riserve di virus devono essere accuratamente registrate, unitamente alle date e ai risultati dei controlli di qualità. Si devono registrare anche i virus che vengono aggiunti alla riserva, indicandone l'origine, nonché i virus che vengono ceduti ad altri laboratori.
4. Si raccomanda di strutturare l'unità di biosicurezza in cui viene manipolato il virus della PSA in modo che sia circondata da spazi non destinati alla manipolazione del virus, bensì adibiti alla preparazione dei recipienti e dei terreni, alla preparazione e manutenzione di colture cellulari non infette, al trattamento dei sieri e agli esami sierologici (ad eccezione dei metodi che impiegano il virus vivo), nonché ai vari servizi amministrativi.
Tabella 1
Principi di sicurezza biologica da applicarsi nei laboratori di diagnosi
|
Requisiti minimi |
Requisiti supplementari |
Ambiente generale |
Pressione atmosferica normale. Locali riservati il cui uso è limitato alle procedure prestabilite. |
Pressione atmosferica normale. Un solo filtraggio HEPA dell'aria emessa. Locali riservati, adibiti esclusivamente alle procedure di diagnosi della PSC o della PSA. Trattamento (chimico o termico) di tutti gli effluenti per inattivare il virus della PSA. |
Indumenti da laboratorio |
Speciali indumenti esterni da indossare unicamente nell'unità di manipolazione del virus della PSA. Guanti da utilizzare una sola volta per tutte le manipolazioni di materiale infetto. Indumenti esterni sterilizzati prima dell'asporto dall'unità o lavati all'interno dell'unità. |
Cambio completo all'entrata. Speciali indumenti da indossare all'interno del laboratorio unicamente nell'unità di manipolazione del virus della PSA. Guanti da utilizzare una sola volta per tutte le manipolazioni di materiale infetto. Indumenti sterilizzati prima dell'asporto dall'unità o lavati all'interno dell'unità. |
Controllo del personale |
Accesso all'unità riservato nominativamente agli addetti ai lavori. Lavaggio e disinfezione delle mani all'uscita dall'unità. Vietato al personale di avvicinarsi a suini per 48 ore dopo aver lasciato l'unità. |
Accesso all'unità riservato nominativamente agli addetti ai lavori. Lavaggio e disinfezione delle mani all'uscita dall'unità. Vietato al personale di avvicinarsi a suini per 48 ore dopo aver lasciato l'unità. |
Attrezzatura |
Vano a sicurezza biologica (classe I o II) per tutte le manipolazioni di virus vivi. Il vano dev'essere provvisto di doppio filtraggio HEPA dell'aria. L'insieme dell'apparecchiatura necessaria per le procedure di laboratorio dev'essere disponibile all'interno dei locali riservati. |
Tabella 2
Requisiti di sicurezza biologica da applicarsi nei locali in cui si svolgono esperimenti su animali
|
Requisiti |
Ambiente generale |
Ventilazione controllata a pressione negativa. Un solo filtraggio HEPA dell'aria emessa. Dispositivo di fumigazione/disinfezione completa alla fine dell'esperimento. Trattamento (chimico o termico/incenerimento) di tutti gli effluenti per inattivare il virus della PSA. |
Indumenti da laboratorio |
Cambio completo all'entrata. Indumenti sterilizzati prima dell'asporto dall'unità o lavati all'interno dell'unità. |
Controllo del personale |
Accesso all'unità riservato nominativamente agli addetti ai lavori. Lasciare gli indumenti all'interno dell'unità prima della doccia. Doccia completa all'uscita dall'unità. Vietato al personale di avvicinarsi a suini per 48 ore dopo aver lasciato l'unità. |
Attrezzatura |
L'insieme dell'apparecchiatura necessaria per le operazioni su animali dev'essere disponibile all'interno dell'unità. Sterilizzazione di tutti i materiali all'asporto dall'unità o, in caso di campioni di origine animale, doppio imballaggio in recipiente ermetico disinfettato in superficie per il trasporto verso il laboratorio competente per la PSA. |
Animali |
Abbattimento di tutti gli animali prima dell'uscita dall'unità, esami post mortem da effettuarsi all'interno della zona di biosicurezza e incenerimento delle carcasse al termine degli esami. |