Settore: | Normativa europea |
Materia: | 15. libera circolazione dei lavoratori e fondo sociale europeo |
Capitolo: | 15.2 fondo sociale europeo |
Data: | 07/07/2010 |
Numero: | 41 |
Sommario |
Art. 1. Oggetto |
Art. 2. Ambito di applicazione |
Art. 3. Definizioni |
Art. 4. Principio della parità di trattamento |
Art. 5. Azione positiva |
Art. 6. Costituzione di una società |
Art. 7. Protezione sociale |
Art. 8. Prestazioni di maternità |
Art. 9. Tutela dei diritti |
Art. 10. Indennizzo o risarcimento |
Art. 11. Organismi per la parità |
Art. 12. Integrazione di genere |
Art. 13. Diffusione delle informazioni |
Art. 14. Livello di protezione |
Art. 15. Relazioni |
Art. 16. Attuazione |
Art. 17. Abrogazione |
Art. 18. Entrata in vigore |
Art. 19. Destinatari |
§ 15.2.45 - Direttiva 7 luglio 2010, n. 41.
Direttiva n. 2010/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio sull’applicazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne che esercitano un’attività autonoma e che abroga la direttiva 86/613/CEE del Consiglio
(G.U.U.E. 15 luglio 2010, n. L 180)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 157, paragrafo 3,
vista la proposta della Commissione europea,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo [1],
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria [2],
considerando quanto segue:
(1) La
(2) Nella sua comunicazione del 1 marzo 2006 dal titolo "Tabella di marcia per la parità tra donne e uomini" la Commissione ha annunciato che, per migliorare la governance sulla parità tra i generi, essa intende riesaminare la legislazione dell’Unione vigente in materia esclusa dalla rifusione del 2005, al fine di aggiornarla, modernizzarla e rifonderla, se necessario. La
(3) Nelle sue conclusioni del 5 e 6 dicembre 2007 sui "Ruoli equilibrati di uomini e donne per l’occupazione, la crescita e la coesione sociale" il Consiglio ha invitato la Commissione a tener conto della necessità di rivedere, se necessario, la
(4) Il Parlamento europeo ha conseguentemente invitato la Commissione a rivedere la
(5) Il Parlamento europeo ha già espresso la sua posizione al riguardo nella sua risoluzione del 21 febbraio 1997 sulla situazione dei coniugi che partecipano alle attività dei lavoratori autonomi [4].
(6) Nella sua comunicazione del 2 luglio 2008 dal titolo "Agenda sociale rinnovata: opportunità, accesso e solidarietà nell’Europa del XXI secolo" la Commissione ha affermato la necessità di intraprendere un’azione in materia di disparità fra uomini e donne in ambito imprenditoriale e per migliorare inoltre l’armonizzazione della vita professionale con la vita privata.
(7) Vi sono già diversi atti normativi per l’attuazione del principio della parità di trattamento in rapporto al lavoro autonomo, in particolare la
(8) La presente direttiva fa salve le facoltà degli Stati membri di organizzare i rispettivi sistemi di protezione sociale. La competenza esclusiva degli Stati membri per quanto riguarda l’organizzazione dei rispettivi sistemi di protezione sociale comprende, fra l’altro, le decisioni relative all’istituzione, al finanziamento e alla gestione di detti sistemi e delle relative istituzioni, nonché il contenuto e l’erogazione delle prestazioni, il livello dei contributi e le condizioni di accesso.
(9) È opportuno che la presente direttiva si applichi ai lavoratori autonomi e ai loro coniugi o, se e nella misura in cui siano riconosciuti dal diritto nazionale, ai loro conviventi, qualora questi partecipino abitualmente, alle condizioni previste dalla legislazione nazionale, alle attività dell’impresa. Al fine di migliorare la situazione dei coniugi e, se e nella misura in cui siano riconosciuti dal diritto nazionale, dei conviventi dei lavoratori autonomi, è opportuno che il loro lavoro sia riconosciuto.
(10) La presente direttiva non dovrebbe applicarsi a questioni contemplate da altre direttive che attuano il principio della parità di trattamento tra uomini e donne, con particolare riguardo alla
(11) Per evitare la discriminazione basata sul sesso, la presente direttiva dovrebbe applicarsi sia nei confronti della discriminazione diretta che di quella indiretta. Le molestie e le molestie sessuali dovrebbero essere considerate alla stregua di discriminazioni ed essere pertanto proibite.
(12) La presente direttiva dovrebbe far salvi i diritti e gli obblighi derivanti dallo status coniugale o di famiglia, come definiti dalla legislazione nazionale.
(13) Il principio della parità di trattamento dovrebbe contemplare i rapporti tra i lavoratori autonomi e i terzi all’interno dell’ambito di applicazione della presente direttiva, ma non i rapporti tra i lavoratori autonomi e i loro coniugi o conviventi.
(14) Nell’ambito del lavoro autonomo l’applicazione del principio della parità di trattamento significa che non deve sussistere alcuna discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda, ad esempio, la creazione, la fornitura di attrezzature o l’ampliamento di un’impresa o l’avvio o l’ampliamento di ogni altra forma di attività autonoma.
(15) Ai sensi dell’articolo 157, paragrafo 4, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, gli Stati membri possono mantenere o adottare misure che prevedano vantaggi specifici diretti a facilitare l’esercizio di un’attività autonoma da parte del sesso sottorappresentato ovvero a evitare o compensare svantaggi nelle carriere professionali. In linea di principio, misure quali le azioni positive dirette a realizzare un’effettiva parità tra i generi non dovrebbero essere viste come una violazione del principio giuridico della parità di trattamento tra uomini e donne.
(16) Occorre garantire che le condizioni fissate per la costituzione di imprese tra coniugi o, se e nella misura in cui siano riconosciuti dal diritto nazionale, fra conviventi non siano più restrittive di quelle per la costituzione di una società tra altre persone.
(17) In considerazione della loro partecipazione alle attività dell’impresa familiare, i coniugi o, se e nella misura in cui siano riconosciuti dal diritto nazionale, i conviventi dei lavoratori autonomi, che hanno accesso a un sistema di protezione sociale dovrebbero avere il diritto di beneficiare della protezione sociale. Gli Stati membri dovrebbero essere chiamati ad adottare i provvedimenti necessari per organizzare detta protezione sociale conformemente al diritto nazionale. Spetta, in particolare, agli Stati membri decidere se applicare la protezione sociale su base obbligatoria o volontaria. Gli Stati membri possono stabilire che tale protezione sociale sia proporzionale alla partecipazione alle attività del lavoratore autonomo e/o al livello di contribuzione.
(18) La vulnerabilità economica e fisica delle lavoratrici autonome gestanti e delle coniugi gestanti e, se e nella misura in cui siano riconosciute dal diritto nazionale, delle conviventi gestanti di lavoratori autonomi impone che venga loro riconosciuto il diritto alle prestazioni di maternità. A condizione che siano rispettati i requisiti minimi della presente direttiva, gli Stati membri restano competenti per l’organizzazione di tali prestazioni, inclusa la definizione del livello di contributi e tutti gli accordi in merito a prestazioni e pagamenti. In particolare, essi possono determinare il periodo precedente e/o successivo al parto in cui è riconosciuto il diritto alle prestazioni di maternità.
(19) La durata del periodo durante il quale sono concesse le prestazioni di maternità alle lavoratrici autonome e alle coniugi o, se e nella misura in cui siano riconosciute dal diritto nazionale, alle conviventi di lavoratori autonomi, è analoga alla durata del congedo di maternità per le lavoratrici dipendenti attualmente in vigore a livello di Unione. Qualora la durata del congedo di maternità previsto per le lavoratrici dipendenti sia modificata a livello di Unione, la Commissione dovrebbe trasmettere al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione in cui valuta se debba essere modificata anche la durata delle prestazioni di maternità per le lavoratrici autonome nonché per le coniugi e conviventi di lavoratori autonomi di cui all’articolo 2.
(20) Per tenere conto delle specificità delle attività di lavoro autonomo, è opportuno garantire alle lavoratrici autonome e alle coniugi o, se e nella misura in cui siano riconosciute dal diritto nazionale, alle conviventi di lavoratori autonomi l’accesso ad ogni servizio di supplenza temporanea esistente che consenta loro interruzioni di attività in caso di gravidanza o per maternità, oppure ad ogni servizio sociale esistente a livello nazionale. L’accesso a tali servizi può costituire un’alternativa all’indennità di maternità oppure una parte di essa.
(21) È opportuno che le vittime di discriminazioni fondate sul sesso dispongano di mezzi appropriati di protezione legale. Per assicurare un livello più efficace di tutela, le associazioni, le organizzazioni e altre persone giuridiche dovrebbero avere la facoltà di avviare una procedura, secondo le modalità stabilite dagli Stati membri, per conto o a sostegno delle vittime, fatte salve le norme procedurali nazionali relative alla rappresentanza e alla difesa in giudizio.
(22) La protezione dei lavoratori autonomi e dei coniugi dei lavoratori autonomi e, se e nella misura in cui siano riconosciuti dal diritto nazionale, dei conviventi dei lavoratori autonomi, dalle discriminazioni fondate sul sesso dovrebbe essere rafforzata dall’esistenza in ciascuno Stato membro di uno o più organismi incaricati di analizzare i problemi in questione, studiare possibili soluzioni e fornire assistenza concreta alle vittime. L’organismo o gli organismi possono essere gli stessi responsabili a livello nazionale dell’attuazione del principio della parità di trattamento.
(23) La presente direttiva stabilisce prescrizioni minime e offre quindi agli Stati membri la possibilità di adottare o mantenere disposizioni più favorevoli.
(24) Poiché l’obiettivo dell’azione prevista, segnatamente di assicurare un elevato livello comune di protezione contro la discriminazione in tutti gli Stati membri, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque essere conseguito meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Art. 1. Oggetto
1. La presente direttiva stabilisce un quadro per l’attuazione negli Stati membri del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne che svolgono un’attività autonoma o che contribuiscono all’esercizio di un’attività autonoma, per gli aspetti che non sono disciplinati dalle direttive 2006/54/CE e 79/7/CEE.
2. L’attuazione del principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l’accesso a beni e servizi e la loro fornitura resta disciplinata dalla
Art. 2. Ambito di applicazione
La presente direttiva riguarda:
a) i lavoratori autonomi, vale a dire chiunque eserciti, alle condizioni previste dalla legislazione nazionale, un’attività lucrativa per proprio conto;
b) i coniugi di lavoratori autonomi o, se e nella misura in cui siano riconosciuti dal diritto nazionale, i conviventi di lavoratori autonomi non salariati né soci, che partecipino abitualmente, alle condizioni previste dalla legislazione nazionale, all’attività del lavoratore autonomo, svolgendo compiti identici o complementari.
Art. 3. Definizioni
Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:
a) "discriminazione diretta", situazione nella quale una persona è trattata meno favorevolmente in base al sesso di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra persona in una situazione analoga;
b) "discriminazione indiretta", situazione nella quale una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una situazione di particolare svantaggio le persone di un determinato sesso rispetto a persone dell’altro sesso, a meno che tali disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari;
c) "molestie", situazione nella quale si verifica un comportamento indesiderato connesso al sesso di una persona avente lo scopo o l’effetto di violare la dignità di tale persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo;
d) "molestie sessuali", situazione nella quale si verifica un comportamento indesiderato a connotazione sessuale, espresso in forma verbale, non verbale o fisica, avente lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una persona, in particolare attraverso la creazione di un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo.
Art. 4. Principio della parità di trattamento
1. Il principio della parità di trattamento significa che non è fatta alcuna discriminazione fondata sul sesso nei settori pubblico o privato, né direttamente né indirettamente, ad esempio per quanto riguarda la creazione, la fornitura di attrezzature o l’ampliamento di un’impresa o l’avvio o l’ampliamento di ogni altra forma di attività autonoma.
2. Nei settori contemplati dal paragrafo 1, le molestie e le molestie sessuali sono considerate come discriminazioni fondate sul sesso e sono pertanto vietate. Il rifiuto di tali comportamenti da parte della persona o la sua sottomissione ad essi non possono essere utilizzati per una decisione che interessi la persona in questione.
3. Nei settori contemplati dal paragrafo 1, l’ordine di discriminare una persona in base al sesso è da considerarsi discriminazione.
Art. 5. Azione positiva
Gli Stati membri possono mantenere o adottare misure ai sensi dell’articolo 157, paragrafo 4, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, allo scopo di assicurare l’effettiva e completa parità tra uomini e donne nella vita lavorativa, volte, ad esempio, a promuovere le iniziative imprenditoriali delle donne.
Art. 6. Costituzione di una società
Fatte salve le specifiche condizioni di accesso a talune attività che si applicano ad entrambi i sessi in modo eguale, gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le condizioni per la costituzione di una società tra coniugi, o tra conviventi se e nella misura in cui siano riconosciuti dal diritto nazionale, non siano più restrittive di quelle per la costituzione di una società tra altre persone.
Art. 7. Protezione sociale
1. Quando in uno Stato membro esiste un sistema di protezione sociale per i lavoratori autonomi, tale Stato membro adotta le misure necessarie a garantire che i coniugi e i conviventi di cui all’articolo 2, lettera b), possano beneficiare di una protezione sociale conformemente al diritto nazionale.
2. Gli Stati membri possono decidere se applicare la protezione sociale di cui al paragrafo 1 su base obbligatoria o volontaria.
Art. 8. Prestazioni di maternità
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie a garantire che alle lavoratrici autonome e alle coniugi e conviventi di cui all’articolo 2 possa essere concessa, conformemente al diritto nazionale, un’ indennità di maternità sufficiente che consenta interruzioni nella loro attività lavorativa in caso di gravidanza o per maternità per almeno 14 settimane.
2. Gli Stati membri possono decidere se concedere l’indennità di maternità di cui al paragrafo 1 su base obbligatoria o volontaria.
3. L’indennità di cui al paragrafo 1 è ritenuta sufficiente se assicura redditi almeno equivalenti a:
a) l’indennità che la persona interessata otterrebbe in caso di interruzione delle sue attività per motivi connessi al suo stato di salute; e/o
b) la perdita media di reddito o di profitto in relazione ad un periodo precedente comparabile, entro i limiti di un’eventuale massimale stabilito dalla legislazione nazionale; e/o
c) qualsiasi altra indennità connessa alla famiglia prevista dalla legislazione nazionale, entro i limiti di un eventuale massimale stabilito dalla legislazione nazionale.
4. Gli Stati membri adottano le misure necessarie a garantire che le lavoratrici autonome e le coniugi e le conviventi di cui all’articolo 2 abbiano accesso a qualsiasi servizio di supplenza temporaneo esistente o a qualsiasi servizio sociale esistente a livello nazionale. Gli Stati membri possono disporre che l’accesso a tali servizi costituisca un’alternativa all’indennità di cui al paragrafo 1 del presente articolo oppure una parte di essa.
Art. 9. Tutela dei diritti
1. Gli Stati membri provvedono affinché tutte le persone che ritengono di aver subito una perdita o un danno a seguito della mancata applicazione nei loro confronti del principio della parità di trattamento, possano accedere, anche dopo la cessazione del rapporto che si lamenta affetto da discriminazione, a procedimenti giudiziari o amministrativi, comprese, qualora gli Stati membri lo ritengano opportuno, le procedure di conciliazione, finalizzati al rispetto degli obblighi derivanti dalla presente direttiva.
2. Gli Stati membri provvedono affinché le associazioni, le organizzazioni o altre persone giuridiche che hanno, conformemente ai criteri stabiliti dalla rispettiva legislazione nazionale, un interesse legittimo a garantire che la presente direttiva sia rispettata, possano, per conto o a sostegno della persona offesa e con l’approvazione di quest’ultima, avviare qualsiasi procedimento giudiziario o amministrativo finalizzato al rispetto degli obblighi derivanti dalla presente direttiva.
3. I paragrafi 1 e 2 fanno salve le norme nazionali relative ai termini per la presentazione di ricorsi relativi al principio della parità di trattamento.
Art. 10. Indennizzo o risarcimento
Gli Stati membri introducono nel proprio ordinamento giuridico interno i provvedimenti necessari affinché la perdita o il danno subito dalla persona lesa a causa di una discriminazione fondata sul sesso sia realmente ed effettivamente indennizzato o risarcito secondo modalità da essi fissate, in modo dissuasivo e proporzionato rispetto alla perdita o al danno subito. Tali indennizzi o risarcimenti non sono limitati dalla fissazione a priori di un massimale.
Art. 11. Organismi per la parità
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie a garantire che uno o più organismi designati in conformità dell’articolo 20 della
2. Gli Stati membri provvedono affinché gli organismi di cui al paragrafo 1 abbiano, tra l’altro, le seguenti competenze:
a) fornire alle vittime di discriminazioni assistenza indipendente per dare seguito alle loro denunce per discriminazione, fatto salvo il diritto delle vittime e delle associazioni, delle organizzazioni e di altre persone giuridiche di cui all’articolo 9, paragrafo 2;
b) svolgere inchieste indipendenti in materia di discriminazione;
c) pubblicare relazioni indipendenti e formulare raccomandazioni su ogni questione connessa a tale discriminazione;
d) scambiare, al livello appropriato, le informazioni disponibili con gli organismi europei corrispondenti, come l’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere.
Art. 12. Integrazione di genere
Gli Stati membri tengono attivamente conto dell’obiettivo dell’uguaglianza tra uomini e donne in sede di elaborazione e attuazione delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative, nonché delle politiche ed attività nei settori che formano oggetto della presente direttiva.
Art. 13. Diffusione delle informazioni
Gli Stati membri provvedono affinché le disposizioni adottate a norma della presente direttiva, unitamente alle pertinenti disposizioni già in vigore in questo settore, siano portate con tutti i mezzi adeguati a conoscenza delle persone interessate in tutto il territorio nazionale.
Art. 14. Livello di protezione
Gli Stati membri possono introdurre o mantenere disposizioni più favorevoli alla tutela del principio della parità di trattamento tra uomini e donne rispetto a quelle contenute nella presente direttiva.
L’attuazione della presente direttiva non può in alcun caso costituire motivo di riduzione del livello di protezione contro la discriminazione già garantito dagli Stati membri nei settori contemplati dalla presente direttiva.
Art. 15. Relazioni
1. Gli Stati membri comunicano alla Commissione tutte le informazioni disponibili sull’applicazione della presente direttiva entro il 5 agosto 2015.
La Commissione redige una relazione di sintesi che presenta al Parlamento europeo e al Consiglio entro il 5 agosto 2016. Tale relazione dovrebbe tenere conto di ogni modifica giuridica concernente la durata del congedo di maternità per le lavoratrici dipendenti. Tale relazione è corredata, all’occorrenza, di proposte di modifica della presente direttiva.
2. La relazione della Commissione tiene conto delle posizioni delle parti interessate.
Art. 16. Attuazione
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 5 agosto 2012. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.
2. Ove giustificato da difficoltà particolari, gli Stati membri possono all’occorrenza usufruire di un periodo supplementare di due anni fino al 5 agosto 2014 al fine di conformarsi all’articolo 7, nonché al fine di conformarsi all’articolo 8 per quanto riguarda le coniugi e le conviventi di cui all’articolo 2, lettera b).
3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Art. 17. Abrogazione
La
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva.
Art. 18. Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Art. 19. Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì il 7 luglio 2010.
[1] GU C 228 del 22.9.2009, pag. 107.
[2] Posizione del Parlamento europeo del 6 maggio 2009 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale), posizione del Consiglio in prima lettura dell’ 8 marzo 2010 (GU C 123 E del 12.5.2010, pag. 5) e posizione del Parlamento europeo del 18 maggio 2010.
[3] GU L 359 del 19.12.1986, pag. 56.
[4] GU C 85 del 17.3.1997, pag. 186.
[5] GU L 6 del 10.1.1979, pag. 24.
[6] GU L 204 del 26.7.2006, pag. 23.
[7] GU L 373 del 21.12.2004, pag. 37.