§ 5.1.93 - D.P.G.R. 27 aprile 2007, n. 26/R.
Regolamento di attuazione dell’articolo 62 della legge regionale 3 gennaio 2005, n. 1 (Norme per il governo del territorio) in materia di [...]


Settore:Codici regionali
Regione:Toscana
Materia:5. assetto e utilizzazione del territorio
Capitolo:5.1 urbanistica e assetto del territorio
Data:27/04/2007
Numero:26


Sommario
Art. 1.  Oggetto.
Art. 2.  Ambito di applicazione.
Art. 3.  Indagini geologico-tecniche.
Art. 4.  Deposito delle indagini geologico-tecniche.
Art. 5.  Elaborati soggetti a deposito.
Art. 6.  Controllo delle indagini geologico-tecniche.
Art. 7.  Controllo obbligatorio.
Art. 8.  Controllo a campione.
Art. 9.  Esito del controllo.
Art. 10.  Adozione del piano strutturale, degli atti di governo del territorio e delle rispettive varianti.
Art. 11.  Approvazione del piano strutturale, degli atti di governo del territorio e delle rispettive varianti.
Art. 12.  Pubblicità.
Art. 13.  Collaborazione.
Art. 14.  Norma transitoria.


§ 5.1.93 - D.P.G.R. 27 aprile 2007, n. 26/R. [1]

Regolamento di attuazione dell’articolo 62 della legge regionale 3 gennaio 2005, n. 1 (Norme per il governo del territorio) in materia di indagini geologiche.

(B.U. 7 maggio 2007, n. 11).

 

Art. 1. Oggetto.

     1. Il presente regolamento disciplina, in attuazione dell’articolo 62 della legge regionale 3 gennaio2005, n. 1 (Norme per il governo del territorio):

     a) le direttive tecniche per le indagini atte a verificare la pericolosità del territorio sotto il profilo geologico, idraulico, la fattibilità delle previsioni e per la valutazione degli effetti locali e di sito in relazione all’obiettivo della riduzione del rischio sismico, di seguito indicate “indagini geologico-tecniche”;

     b) la procedura del deposito delle indagini geologicotecniche presso le strutture regionali competenti;

     c) le modalità del controllo delle indagini geologicotecniche di cui sopra.

 

     Art. 2. Ambito di applicazione.

     1. Le disposizioni del presente regolamento si applicano alle indagini geologico-tecniche da effettuare in sede di formazione:

     a) del piano strutturale e sue varianti;

     b) del regolamento urbanistico e sue varianti;

     c) del piano complesso d’intervento e sue varianti;

     d) dei piani attuativi e loro varianti;

     e) delle varianti ai piani regolatori generali vigenti.

 

     Art. 3. Indagini geologico-tecniche.

     1. Il comune, in sede di formazione, correda il piano strutturale con indagini geologico-tecniche dirette a verificare la pericolosità del territorio sotto il profilo geologico, idraulico e sismico in attuazione dei Piani di bacino, del Piano di indirizzo territoriale, dei Piani territoriali di coordinamento provinciali e correda gli altri atti di cui all’articolo precedente con indagini dirette ad individuare le condizioni che garantiscono la fattibilità degli interventi di trasformazione.

     2. Il comune non effettua nuove indagini geologicotecniche nei casi di:

     a) varianti che riguardano la mera riproposizione di vincoli urbanistici;

     b) varianti alla normativa e alle previsioni cartografiche che complessivamente non comportano incremento di volume o di superficie utile degli edifici e varianti di mera trascrizione su basi cartografiche aggiornate;

     c) varianti che comportano una riduzione di indici e/o superfici edificabili;

     d) varianti che non comportano cambiamenti delle condizioni di pericolosità o fattibilità.

     3. Le indagini geologico-tecniche di cui al comma 1 sono effettuate secondo le direttive tecniche contenute nell’allegato A del presente regolamento.

 

     Art. 4. Deposito delle indagini geologico-tecniche.

     1. Le indagini geologico-tecniche sono depositate a cura del comune presso l’Ufficio regionale per la tutela dell’acqua e del territorio (URTAT) competente che provvede all’acquisizione della documentazione e all’attribuzione del numero di deposito e iscrizione in apposito registro.

     2. La data di acquisizione della documentazione da parte dell’URTAT coincide con:

     a) la data di protocollo in caso di consegna a mano della documentazione da parte del comune;

     b) l’avviso di ricevimento postale in caso di invio tramite raccomandata;

     c) la data di protocollo, nel caso di invio tramite posta ordinaria.

     3. L’URTAT informa il comune della data di acquisizione della documentazione e del numero di deposito entro cinque giorni dalla data di acquisizione stessa.

 

     Art. 5. Elaborati soggetti a deposito.

     1. Sono soggetti a deposito in copia unica i seguenti elaborati:

     a) scheda per il deposito, compilata in ogni sua parte, datata, firmata e timbrata in originale dal responsabile del procedimento del comune e, ad esclusione dei casi in cui non si realizzano nuove indagini geologico-tecniche, dal tecnico incaricato delle indagini stesse, redatta secondo lo schema di cui all’Allegato 1 al presente regolamento salva diversa determinazione del comune;

     b) attestazione della compatibilità degli elaborati progettuali dello strumento della pianificazione territoriale e degli atti di governo del territorio alle indagini geologico-tecniche effettuate, rilasciata dai progettisti degli strumenti della pianificazione territoriale e degli atti di governo del territorio stessi, secondo il modulo di cui all’Allegato 2 al presente regolamento salva diversa determinazione del comune;

     c) certificazione dell’adeguatezza delle indagini geologico- tecniche effettuate alle direttive tecniche di cui al presente regolamento, datata, firmata e timbrata in originale da tecnico o tecnici incaricati delle indagini geologico- tecniche, ognuno per le proprie competenze, secondo il modulo di cui all’Allegato 3 al presente regolamento salva diversa determinazione del comune;

     d) elaborati di indagini geologico-tecniche, datati, firmati e timbrati in originale dal tecnico incaricato delle indagini stesse;

     e) parere rilasciato dall’Autorità di Bacino ove previsto dalle disposizioni del Piano di assetto idrogeologico;

     f) elaborati del piano strutturale e degli atti di governo del territorio da adottare, cui si riferiscono le indagini geologico- tecniche, con evidenziati gli ambiti interessati dagli atti stessi, datati, firmati e timbrati dal progettista incaricato, recanti il timbro del comune e la firma del responsabile del procedimento.

     2. Nel caso previsto dall’articolo 3, comma 2, il responsabile del procedimento deposita la certificazione dell’esenzione dall’effettuazione di nuove indagini geologico- tecniche e indica gli estremi del precedente deposito in relazione all’ambito interessato. La certificazione è datata, firmata e timbrata dal responsabile del procedimento del comune, secondo il modulo di cui all’Allegato 4 al presente regolamento salva diversa determinazione del comune.

 

     Art. 6. Controllo delle indagini geologico-tecniche.

     1. L’URTAT controlla il rispetto delle indagini geologico-tecniche effettuate dal comune alle direttive tecniche contenute nell’allegato A del presente regolamento.

     2. Il controllo è obbligatorio o a campione come disposto dagli articoli 7 e 8.

     3. L’URTAT invia al comune l’esito del controllo entro sessanta giorni dalla data di acquisizione della documentazione per le indagini geologico-tecniche soggette a controllo obbligatorio ed entro quarantacinque giorni dal sorteggio, di cui all’articolo 8 comma 1, per le indagini geologico-tecniche soggette a controllo a campione.

     4. Qualora l’URTAT riscontri l’incompletezza della documentazione di cui all’articolo 5 richiede al comune interessato, per una sola volta, le relative integrazioni entro i termini di cui al comma precedente e in tal caso i termini per l’esercizio del controllo decorrono nuovamente dalla data di presentazione delle integrazioni.

     5. Qualora il comune non integri la documentazione entro centottanta giorni dal ricevimento della richiesta, l’URTAT informa il comune dell’esito negativo del controllo e provvede all’archiviazione.

 

     Art. 7. Controllo obbligatorio.

     1. Sono soggette a controllo obbligatorio, per gli aspetti non oggetto del parere dell’Autorità di bacino, le indagini geologico-tecniche che si riferiscono ad uno dei seguenti strumenti o atti che il comune intende adottare:

     a) piani strutturali e regolamenti urbanistici;

     b) varianti ai piani strutturali, ai regolamenti urbanistici, ai piani regolatori generali vigenti, nonché piani complessi d’intervento e loro varianti, ove riguardanti aree classificate in “pericolosità molto elevata” e nel caso in cui:

     1) prevedano nuova viabilità;

     2) prevedano la realizzazione di nuovi edifici o l’ampliamento di edifici esistenti per superfici coperte complessive superiori a 50 mq;

     3) siano relative a previsioni alle quali, in attuazione del presente regolamento, viene attribuita “fattibilità limitata” dalle indagini geologico-tecniche allegate alla variante, ove previste, o dalle indagini geologico-tecniche già elaborate e depositate.

     c) piani attuativi o loro varianti che riguardino interventi classificati di “fattibilità limitata” dalle indagini geologico-tecniche allegate al regolamento urbanistico o al piano regolatore generale vigente o alla eventuale variante da adottarsi contestualmente.

 

     Art. 8. Controllo a campione.

     1. Le indagini geologico-tecniche depositate, con esclusione delle indagini geologico-tecniche soggette a controllo obbligatorio, sono sottoposte a controllo a campione, per gli aspetti non oggetto del parere dell’Autorità di bacino, con il metodo del sorteggio.

     2. Il sorteggio è effettuato almeno ogni trenta giorni, nella misura di una ogni dieci o frazione di dieci indagini geologico-tecniche non soggette a controllo obbligatorio depositate nel periodo corrispondente.

     3. Del sorteggio è redatto apposito verbale, vistato dal responsabile dell’URTAT, specificando che le indagini geologico-tecniche non estratte sono da considerarsi archiviate.

     4. L’URTAT trasmette copia del verbale entro 20 giorni dalla data del sorteggio ai comuni che hanno depositato indagini non soggette al controllo obbligatorio nel periodo interessato dal sorteggio.

 

     Art. 9. Esito del controllo.

     1. Nel caso che dal controllo risulti il rispetto delle indagini geologico-tecniche alle direttive tecniche contenute nell’allegato A del presente regolamento, l’URTAT dà comunicazione dell’esito positivo del controllo al comune interessato e alla provincia nei termini di cui all’articolo 6 e provvede all’archiviazione delle indagini geologico-tecnico depositate.

     2. Nel caso in cui dal controllo risulti il mancato rispetto delle indagini geologico-tecniche alle direttive tecniche contenute nell’allegato A del presente regolamento, l’URTAT dà comunicazione dell’esito negativo del controllo al comune interessato e alla provincia nei termini di cui all’articolo 6.

 

     Art. 10. Adozione del piano strutturale, degli atti di governo del territorio e delle rispettive varianti.

     1. Il comune procede all’adozione del piano strutturale, degli atti di governo del territorio e delle rispettive varianti dopo il ricevimento della comunicazione della data di acquisizione della documentazione e del numero di deposito da parte dell’URTAT.

     2. Il comune procede altresì all’adozione del piano strutturale degli atti di governo del territorio e delle rispettive varianti trascorsi cinque giorni dalla data di acquisizione della documentazione da parte dell’URTAT.

     3. Il comune dà atto della sussistenza di uno dei due casi indicati ai commi precedenti nella delibera di adozione.

 

     Art. 11. Approvazione del piano strutturale, degli atti di governo del territorio e delle rispettive varianti.

     1. La deliberazione di approvazione del piano strutturale, degli atti di governo del territorio e delle rispettive varianti dà atto dell’esito del controllo delle indagini geologico-tecniche, ovvero della decorrenza dei termini stabiliti dalla presente regolamento senza avere ricevuto da parte dell’URTAT richiesta di integrazioni, o del mancato sorteggio delle indagini geologico-tecniche depositate.

     2. La deliberazione di approvazione dello strumento della pianificazione territoriale e degli atti di governo del territorio contiene la motivazione del mancato adeguamento del comune ai rilievi sollevati dandone comunicazione all’URTAT.

     3. L’accoglimento, in sede di approvazione, di eventuali osservazioni che comportino la modifica delle classi di pericolosità o siano in contrasto con le condizioni di fattibilità previste in sede di adozione è preceduta dal deposito degli elaborati modificativi.

 

     Art. 12. Pubblicità.

     1. Le indagini geologico-tecniche costituiscono parte integrante degli strumenti della pianificazione territoriale e degli atti di governo del territorio cui si riferiscono e sono pubblicate contestualmente ai sensi dell’articolo 17 della l. r. 1/2005.

 

     Art. 13. Collaborazione.

     1. La Regione promuove e favorisce forme di collaborazione con le province, i comuni e le Autorità di bacino al fine di migliorare l’efficacia dell’azione amministrativa nella materia oggetto del presente regolamento.

 

     Art. 14. Norma transitoria.

     1. Le disposizioni di cui alla delibera della Giunta regionale del 20 ottobre 2003, n. 1030 continuano ad applicarsi alle indagini geologico-tecniche che risultano già depositate presso l’URTAT alla data di entrata in vigore del presente regolamento.

 

 

ALLEGATO A

DIRETTIVE PER LE INDAGINI GEOLOGICO-TECNICHE

 

     1. Disposizioni generali

     I Comuni, in sede di formazione del piano strutturale e degli atti di governo del territorio e loro rispettive varianti, devono effettuare indagini geologico-tecniche di supporto, verificando la pericolosità del territorio sotto il profilo geologico, idraulico e sismico, in attuazione del Piano di Indirizzo Territoriale, dei Piani Territoriali di Coordinamento Provinciali e nel rispetto dei Piani di Bacino che costituiscono riferimento essenziale, al fine di accertare i limiti ed i vincoli che possono derivare dalle situazioni di pericolosità riscontrate e di individuare le condizioni che garantiscono la fattibilità degli interventi di trasformazione.

     Per quanto attiene agli aspetti sismici, a seguito di quanto espresso nell’Ordinanza del Presidente Consiglio dei Ministri 20 marzo 2003 n. 3274 e successive modifiche ed integrazioni e nel Decreto Ministeriale del 14 settembre 2005 (Norme tecniche per le costruzioni) tutto il territorio regionale viene considerato sismico e distinto in differenti zone sismiche sulla base del differente grado di pericolosità sismica di base (Ordinanza del Presidente Consiglio dei Ministri 28 aprile 2006 n. 3519 e Deliberazione della Giunta Regionale Toscana n. 431 del 19 giugno 2006). Per quanto riguarda le modalità di modellazione geologica e caratterizzazione sismica dei terreni si rimanda al già citato D.M. del 14/09/05, mentre per ciò che attiene ai criteri e modalità di esecuzione delle indagini geognostiche, geotecniche e geofisiche si rimanda a quanto prescritto nelle Istruzioni Tecniche Regionali del Programma Valutazione Effetti Locali (VEL).

 

     2. Direttive per la formazione del Piano Strutturale e relative varianti

     Il Piano strutturale evidenzia e tiene conto dei fattori di pericolosità connessa alle caratteristiche fisiche del territorio, al fine di:

     - valutare le condizioni ed i limiti di trasformabilità,

     - garantire e mantenere condizioni di equilibrio idrogeologico,

     - recuperare situazioni di criticità esistenti.

     2.1 Contenuti delle indagini

     Le indagini per la predisposizione del piano strutturale si articolano in:

     a) Sintesi delle conoscenze

     b) Analisi ed approfondimenti

     c) Valutazioni di pericolosità

     A - Sintesi delle conoscenze

     Comprende la raccolta della documentazione relativa al quadro conoscitivo esistente e certificato come quello derivante dai Piani di Bacino, dal Piano di Indirizzo Territoriale, dai Piani Territoriali di Coordinamento provinciali, per inquadrare le problematiche ed i vincoli presenti sul territorio e sulla cui base effettuare le successive analisi ed elaborazioni.

     B - Analisi e approfondimenti

     Gli approfondimenti sono quelli ritenuti necessari per dare completezza, integrare ed aggiornare le conoscenze sugli aspetti geologici, strutturali, sismici, geomorfologici, idraulici, caratterizzanti l’intero territorio comunale.

     L’analisi deve consentire di individuare le problematiche presenti che sono di norma rappresentate in scala 1:10.000 con riferimento ai punti da B.1 a B.7.

     Per i centri abitati, per le unità territoriali organiche elementari (UTOE) potenzialmente interessate da previsioni insediative ed infrastrutturali, nonché per le aree che presentano situazioni geologicotecniche di complessa rappresentazione a scala 1:10.000, sono opportune scale di maggior dettaglio (1:5.000 o 1:2.000).

     B. 1 Elementi geologici e strutturali

     Le formazioni geologiche sono differenziate su base litostratigrafica ed è definito l’assetto strutturale delle unità tettoniche.

     L’elemento di base è la formazione che è cartografata con diversa simbologia per zone di effettivo affioramento e zone “interpretate” di ipotizzata estensione.

     Quando la complessità della zona lo richieda, per formazioni che comprendono sostanziali differenze litologiche sono distinte anche le unità di ordine inferiore (membro, strato).

     Sono anche cartografati i principali elementi strutturali quali fratture, faglie, sovrascorrimenti, pieghe, giacitura degli strati.

     Per i comuni classificati in zona sismica 2, 3s e 3, la caratterizzazione geologica finalizzata alla elaborazione di sezioni geologiche opportunamente distribuite ed orientate, è effettuata sulla base dei dati esistenti, tenendo presente che tali dati devono successivamente essere utilizzati per la individuazione delle Zone a Maggior Pericolosità Sismica Locale (ZMPSL).

     Nelle aree coperte da cartografia geologica regionale alla scala 1:10.000, è possibile utilizzare come base dello studio geologico tale elaborazione. Eventuali aggiornamenti e modifiche di tale cartografia sono comunque oggetto di un rilevamento geologico e motivati nella relazione. Nelle aree non coperte da cartografia geologica regionale è possibile:

     - fare riferimento a cartografie esistenti in scala non inferiore a 1:25.000 corredate da sezioni geologiche e da uno schema dei rapporti stratigrafici;

     - acquisire gli elementi di caratterizzazione geologica e strutturale mediante un rilevamento geologico eseguito alla scala di 1:10.000 corredato da sezioni geologiche e da uno schema dei rapporti stratigrafici, tenendo presenti le indicazioni e la simbologia utilizzata per la cartografia regionale.

     B. 2 Elementi litologico-tecnici

     Con riferimento ai centri abitati ed alle unità territoriali organiche elementari (UTOE) potenzialmente interessate da previsioni insediative e infrastrutturali e sulla base degli elementi geologici di cui al punto B.1 integrati dalla raccolta dei dati geotecnici, i vari litotipi presenti sono raggruppati in unità litotecniche che, indipendentemente dalla loro posizione stratigrafica e dai relativi rapporti geometrici, presentano caratteristiche tecniche comuni.

     Per i litotipi lapidei sono acquisite le informazioni relative alla litologia, alla stratificazione, al grado di fratturazione e di alterazione.

     Per le coperture sono acquisite le informazioni relative allo spessore ed al grado di cementazione e/o di consistenza/addensamento, con particolare riferimento ai terreni che presentano scadenti caratteristiche geotecniche quali quelli torbosi, limoso-argillosi, terreni con consistenti disomogeneità verticali e laterali, terreni granulari non addensati, terreni argillosi soggetti a fenomeno di ritiro e rigonfiamento.

     B. 3 Elementi per la valutazione degli aspetti geomorfologici

     Tenuto conto di eventuali e specifici indirizzi tecnici dettati dalla pianificazione di bacino, sono analizzati le forme ed i processi geomorfologici legati alla dinamica di versante ed alla dinamica fluviale valutandone il relativo stato di attività:

     - attivo (qualora siano presenti evidenze morfologiche di movimento che, non avendo esaurito la loro evoluzione, possono considerarsi recenti, riattivabili nel breve periodo con frequenza e/o con carattere stagionale);

     - quiescente (qualora siano presenti evidenze morfologiche che, non avendo esaurito la loro evoluzione, hanno la possibilità di riattivarsi);

     - inattivo (qualora gli elementi morfologici siano riconducibili a condizioni morfoclimatiche diverse dalle attuali o non presentino condizioni di riattivazione o di evoluzione).

     Nelle zone di versante sono in particolare approfonditi gli aspetti relativi ai fenomeni franosi.

     Per ogni frana è possibilmente evidenziata la zona di distacco, la zona di scorrimento (visibile o ipotizzata) e la zona di accumulo (se presente).

     Nelle zone di pianura sono in particolare approfonditi gli aspetti legati alle forme di erosione e di accumulo fluviale, lacustre, marino, eolico.

     Per quanto riguarda l’ambiente fluviale, sono evidenziati anche gli elementi antropici quali le opere di difesa idraulica, in quanto elementi in interazione diretta con la dinamica d’alveo.

     Per la simbologia da adottare nella legenda ed i criteri di rappresentazione dei dati, si può fare riferimento a quanto previsto per la Carta geomorfologica del territorio regionale.

     Nel caso in cui nel territorio indagato siano evidenziate aree con particolari problematiche di dissesto attivo che interessino direttamente, o per effetto indotto, elementi rilevanti esposti a rischio, centri urbani e unità territoriali organiche elementari (UTOE) potenzialmente interessate da previsioni insediative e infrastrutturali, occorre distinguere le seguenti zone:

     Zona 1- area in dissesto (riferita all’area caratterizzata da fenomeni attivi)

     Zona 2 - area di influenza (riferita all’area di possibile evoluzione del dissesto).

     L’area di possibile evoluzione del dissesto è valutata coerentemente con la tipologia del fenomeno e con le ipotesi cinematiche ad esso connesse.

     Per le frane a cinematica lenta come gli scorrimenti, gli scorrimenti-colata e le colate lente, le aree di possibile evoluzione possono essere generalmente limitate alle immediate vicinanze delle frane stesse.

     Per le frane a cinematica veloce (crolli, cadute massi, ribaltamenti, scivolamenti in roccia) le aree di possibile evoluzione possono comprendere le pareti rocciose o i tratti di versanti molto acclivi e le sottostanti aree di accumulo di detrito (coni detritici).

     Per le frane a cinematica rapida (colate di detrito o di terra) le aree di possibile evoluzione possono coincidere con gli impluvi di ordine inferiore.

     Per i comuni classificati in zona sismica 2, 3s e 3, i dati esistenti devono consentire una caratterizzazione geomorfologica finalizzata alla individuazione delle Zone a Maggior Pericolosità Sismica Locale (ZMPSL).

     B. 4 Elementi per la valutazione degli aspetti idraulici

     Vanno considerati gli elementi idrologico-idraulici necessari per caratterizzare la probabilità di esondazione dei corsi d'acqua ricompresi nel reticolo d'interesse della difesa del suolo come definito nei PAI approvati, ovvero come definito nel PIT, nonché le probabilità di allagamento per insufficienza di drenaggio in zone depresse.

     Tenuto conto degli indirizzi tecnici dettati dagli atti di pianificazione di Bacino, ed in coerenza con quanto dagli stessi previsto, vanno analizzati gli aspetti connessi alla probabilità di allagamento per fenomeni di

     - Inondazione da corsi d’acqua

     - Insufficienza di drenaggio

     Con riferimento alle esigenze di sicurezza idraulica e agli obiettivi posti in tal senso, poiché la propensione alla allagabilità comporta diverse condizioni d'uso del territorio sia per le nuove previsioni sia per l'attuazione di quelle esistenti, è necessario definire, almeno per le unità territoriali organiche elementari (UTOE) potenzialmente interessate da previsioni insediative e infrastrutturali, gli ambiti territoriali interessati da allagamenti in generale riferiti rispettivamente a TR ≤ 30 anni, 30 < TR ≤ 200 anni. In presenza di specifiche indicazioni dei PAI o in relazione ad esigenze di protezione civile possono essere definiti ambiti territoriali interessati da 200 < Tr ≤ 500 anni.

     Al di fuori delle unità territoriali organiche elementari (UTOE) potenzialmente interessate da previsioni insediative e infrastrutturali, in presenza di aree non riconducibili agli ambiti di applicazione degli atti di pianificazione di bacino e in assenza di studi idrologici idraulici, sono comunque definiti gli ambiti territoriali di fondovalle per i quali ricorrano notizie storiche di inondazione e gli ambiti di fondovalle posti in situazione morfologicamente sfavorevole, di norma a quote altimetriche inferiori a metri 2 sopra il piede esterno dell’argine o, in mancanza, sopra il ciglio di sponda.

     B. 5 Elementi per le valutazioni degli aspetti di dinamica costiera

     Vanno considerati gli elementi necessari per evidenziare le situazioni di criticità in atto e possibili, per processi di erosione della costa . Il riferimento è alle condizioni di equilibrio della linea di riva e dei sistemi dunali per verificare la sostenibilità delle trasformazioni tenuto conto degli obiettivi di sicurezza definiti negli atti di pianificazione e programmazione regionale (delle esigenze di sicurezza degli abitati, delle infrastrutture, dei sistemi ambientali ).

     Tenuto conto degli obiettivi di sicurezza e degli indirizzi tecnici regionali, di quelli eventualmente presenti negli atti di pianificazione di bacino, sono evidenziate le aree di demanio marittimo e quelle interessate dalla presenza di dune o di sedimenti di duna nonché i processi geomorfologici in atto lungo la linea di costa e le unità fisiografiche di riferimento.

     Per valutare gli effetti delle diverse trasformazioni e le eventuali misure correttive possono essere utilizzati gli elementi conoscitivi presenti nel PIT, negli atti di pianificazione regionale nonché quelli elaborati dalle Amministrazioni provinciali nell’ambito delle specifiche competenze.

     B. 6 Elementi per la valutazione degli aspetti idrogeologici

     Con particolare riferimento alle unità territoriali organiche elementari (UTOE) potenzialmente interessate da previsioni insediative e infrastrutturali, la ricostruzione dell’assetto idrogeologico (assetto strutturale e stratigrafico) è finalizzata alla individuazione dei corpi idrici sotterranei, alla definizione della loro configurazione, degli schemi della circolazione idrica sotterranea, delle eventuali interconnessioni tra acquiferi limitrofi e acque superficiali.

     A tal fine possono essere utilizzati gli elementi presenti nel PIT, negli atti di pianificazione regionale nonché i dati e gli elementi elaborati dalle Amministrazioni provinciali nell’ambito delle specifiche competenze.

     La ricostruzione è effettuata in maniera commisurata al grado di approfondimento ritenuto necessario ed alle caratteristiche idrogeologiche della parte di territorio studiata. Sono inoltre indicati gli eventuali disequilibri in atto anche conseguenti ad azioni antropiche sulla risorsa (subsidenza, modifiche morfologiche quali scavi o sbancamenti), nonché le potenziali situazioni di criticità (acquiferi di subalveo, zone di ricarica degli acquiferi).

     B. 7 Elementi per la valutazione degli effetti locali e di sito per la riduzione del rischio sismico

     Gli elementi prioritari da evidenziare per la valutazione degli effetti locali e di sito in relazione all’obiettivo della riduzione del rischio sismico, sono quelli utili alle successive fasi di caratterizzazione sismica dei terreni e di parametrizzazione dinamica riferite alla realizzazione o verifica dell’edificato.

     A tal fine, oltre all’acquisizione di ogni informazione esistente finalizzata alla conoscenza del territorio sotto il profilo geologico e geomorfologico di cui al par. B.1 e B.3, risulta indispensabile acquisire tutti gli elementi, laddove siano disponibili, per una ricostruzione e successiva rappresentazione del modello geologico-tecnico di sottosuolo, sia in termini di geometrie sepolte e di spessori delle litologie presenti, sia in termini di parametrizzazione dinamica del terreno principalmente in relazione alla misura diretta delle Vsh (velocità di propagazione delle onde di taglio polarizzate orizzontalmente), secondo le modalità e i criteri meglio specificati nelle Istruzioni Tecniche del Programma Valutazione degli Effetti Locali (VEL) a cui si rimanda.

     I Comuni interessati dal Programma VEL (comuni a maggior rischio sismico tra quelli classificati in zona 2), fanno riferimento alle conoscenze acquisite nell’ambito di tale progetto.

     Tutti questi elementi di conoscenza del territorio basati sulle informazioni esistenti, unitamente all’acquisizione degli elementi geologici e geomorfologici di cui ai punti B.1 e B.3, permettono l’individuazione delle Zone a Maggior Pericolosità Sismica Locale (ZMPSL), con le modalità indicate nelle presenti direttive.

     C - Valutazione di pericolosità

     Il territorio viene caratterizzato in funzione dello stato di pericolosità con l’ indicazione degli eventuali condizionamenti alla trasformabilità anche di tipo prescrittivo da assumere nella redazione del regolamento urbanistico.

     Attraverso le analisi e gli approfondimenti vengono caratterizzate aree omogenee dal punto di vista delle pericolosità e delle criticità rispetto agli specifici fenomeni che le generano, oltre ad essere integrate e approfondite quelle già individuate nei piani di bacino.

     Sono pertanto caratterizzate le aree a pericolosità geomorfologica ed idraulica, nonché le zone a maggior pericolosità sismica locale e le aree che presentano problematiche idrogeologiche e problematiche di dinamica costiera.

     E’ opportuno tenere distinta la pericolosità per fattori geomorfologici da quella per fattori idraulici attraverso cartografie che individuino le situazioni di pericolosità come di seguito riportate.

     C. 1 Aree a pericolosità geomorfologica

     Pericolosità geomorfologica molto elevata (G.4): aree in cui sono presenti fenomeni attivi e relative aree di influenza;

     Pericolosità geomorfologica elevata (G.3): aree in cui sono presenti fenomeni quiescenti; aree con indizi di instabilità connessi alla giacitura, all’acclività, alla litologia, alla presenza di acque superficiali e sotterranee, nonché a processi di degrado di carattere antropico; aree interessate da intensi fenomeni erosivi e da subsidenza;

     Pericolosità geomorfologica media (G.2): aree in cui sono presenti fenomeni franosi inattivi stabilizzati (naturalmente o artificialmente); aree con elementi geomorfologici, litologici e giaciturali dalla cui valutazione risulta una bassa propensione al dissesto;

     Pericolosità geomorfologica bassa (G.1): aree in cui i processi geomorfologici e le caratteristiche litologiche, giaciturali non costituiscono fattori predisponenti al verificarsi di movimenti di massa.

     C. 2 Aree a pericolosità idraulica

     Pericolosità idraulica molto elevata (I.4): aree interessate da allagamenti per eventi con Tr�30 anni.

     Fuori dalle unità territoriali organiche elementari (UTOE) potenzialmente interessate da previsioni insediative e infrastrutturali, in presenza di aree non riconducibili agli ambiti di applicazione degli atti di pianificazione di bacino e in assenza di studi idrologici e idraulici, rientrano in classe di pericolosità molto elevata le aree di fondovalle non protette da opere idrauliche per le quali ricorrano contestualmente le seguenti condizioni:

     a) vi sono notizie storiche di inondazioni

     b) sono morfologicamente in situazione sfavorevole di norma a quote altimetriche inferiori rispetto alla quota posta a metri 2 sopra il piede esterno dell’argine o, in mancanza, sopra il ciglio di sponda.

     Pericolosità idraulica elevata (I.3): aree interessate da allagamenti per eventi compresi tra 30<Tr ≤ 200 anni.

     Fuori dalle unità territoriali organiche elementari (UTOE) potenzialmente interessate da previsioni insediative e infrastrutturali, in presenza di aree non riconducibili agli ambiti di applicazione degli atti di pianificazione di bacino e in assenza di studi idrologici idraulici, rientrano in classe di pericolosità elevata le aree di fondovalle per le quali ricorra almeno una delle seguenti condizioni:

     a) vi sono notizie storiche di inondazioni

     b) sono morfologicamente in condizione sfavorevole di norma a quote altimetriche inferioririspetto alla quota posta a metri 2 sopra il piede esterno dell’argine o, in mancanza, sopra il ciglio di sponda.

     Pericolosità idraulica media (I.2): aree interessate da allagamenti per eventi compresi tra 200<Tr ≤ 500anni.

     Fuori dalle unità territoriali organiche elementari (UTOE) potenzialmente interessate da previsioni insediative e infrastrutturali, in presenza di aree non riconducibili agli ambiti di applicazione degli atti di pianificazione di bacino e in assenza di studi idrologici idraulici rientrano in classe di pericolosità media le aree di fondovalle per le quali ricorrano le seguenti condizioni:

     a) non vi sono notizie storiche di inondazioni

     b) sono in situazione di alto morfologico rispetto alla piana alluvionale adiacente, di norma a quote altimetriche superiori a metri 2 rispetto al piede esterno dell’argine o, in mancanza, al ciglio di sponda.

     Pericolosità idraulica bassa (I.1): aree collinari o montane prossime ai corsi d’acqua per le quali ricorrono le seguenti condizioni:

     a) non vi sono notizie storiche di inondazioni

     b) sono in situazioni favorevoli di alto morfologico, di norma a quote altimetriche superiori a metri 2 rispetto al piede esterno dell’argine o, in mancanza, al ciglio di sponda.

     C. 3 Aree con problematiche di dinamica costiera

     Sono evidenziate le aree in erosione e quelle interessate dalla presenza di sistemi dunali al fine di poter valutare gli effetti delle diverse trasformazioni del territorio e le eventuali necessarie misure correttive.

     Per tali aree, che non necessariamente e univocamente possono essere associate ad una determinata classe di pericolosità, sono comunque fornite indicazioni sugli eventuali condizionamenti alla trasformabilità, da disciplinare in maniera specifica nel regolamento urbanistico in funzione delle destinazioni previste.

     C. 4 Aree con problematiche idrogeologiche

     Sono evidenziate le aree che presentano situazioni sulle quali porre attenzione al fine di non generare squilibri idrogeologici.

     Particolare attenzione è posta anche alla individuazione delle aree in cui la risorsa idrica è esposta o presenta un basso grado di protezione (falda libera in materiali permeabili e prossima al piano campagna; aree di affioramento di terreni litoidi molto fratturati; aree interessate da acquiferi in materiali carbonatici a carsismo sviluppato).

     Per tali aree, che non necessariamente e univocamente possono essere associate ad una determinata classe di pericolosità, sono comunque fornite indicazioni sugli eventuali condizionamenti alla trasformabilità, da disciplinare in maniera specifica nel regolamento urbanistico in funzione delle destinazioni previste.

     C. 5 Aree a pericolosità sismica locale

     Dall’analisi e dalla valutazione integrata di quanto emerge dall’acquisizione delle conoscenze relative agli elementi esistenti di tipo geologico, geomorfologico e delle indagini geofisiche, geotecniche e geognostiche, laddove disponibili, secondo quanto specificato al par. B.7, sono evidenziate, sulla base del quadro conoscitivo desunto, le aree ove possono verificarsi effetti locali o di sito.

     La valutazione preliminare degli effetti locali o di sito ai fini della riduzione del rischio sismico consente di rappresentare:

     1. probabili fenomeni di amplificazione stratigrafica, topografica e per morfologie sepolte

     2. la presenza di faglie e/o strutture tettoniche

     3. i contatti tra litotipi a caratteristiche fisico-meccaniche significativamente differenti

     4. accentuazione della instabilità dei pendii

     5. terreni suscettibili a liquefazione e/o addensamento

     6. terreni soggetti a cedimenti diffusi e differenziali.

     Tale valutazione viene rappresentata nel piano strutturale attraverso la realizzazione della cartografia delle Zone a Maggior Pericolosità Sismica Locale (ZMPSL) che individua qualitativamente gli elementi in grado di generare i fenomeni di amplificazione locale ed instabilità dinamica.

     La redazione della carta delle Zone a Maggior Pericolosità Sismica Locale (ZMPSL) è realizzata secondo la legenda riportata nell’allegato 1 delle presenti direttive.

     L’elaborazione della carta delle Zone a Maggior Pericolosità Sismica Locale (ZMPSL) interessa tutti i comuni, tranne quelli classificati in zona sismica 4, ed è realizzata solo sui centri urbani maggiormente significativi che il Comune individua e perimetra secondo i criteri definiti nelle Istruzioni Tecniche del Programma VEL.

     E’ opportuno precisare, inoltre, che tutti gli effetti locali prodotti da eventi sismici e connessi ad aspetti stratigrafici, morfologici, geotecnici, strutturali, e meglio rappresentati nella cartografia delle Zone a Maggior Pericolosità Sismica Locale (ZMPSL), assumono una diversa rilevanza in funzione della sismicità di base del territorio comunale e della relativa accelerazione di ancoraggio dello spettro di risposta elastico (Decreto Ministeriale 14.9.2005).

     A tal proposito, nell’allegato 2 delle presenti direttive, sono indicati gli elementi della ZMPSL da prendere in considerazione e da approfondire per la redazione degli strumenti urbanistici in relazione alla Zona sismica di appartenenza. Inoltre, i suddetti elementi sono associati al grado di pericolosità sismica, dipendente dall’interazione tra ciascun elemento di pericolosità sismica locale e la sismicità di base, connessa alla Zona sismica di appartenenza del territorio comunale (Delibera di Giunta Regionale n. 431 del 19 giugno 2006).

     La sintesi delle informazioni derivanti dalle cartografie geologiche, geomofologiche e dalla carta delle Zone a Maggior Pericolosità Sismica Locale (ZMPSL) dovrà consentire di valutare le condizioni di pericolosità sismica dei centri urbani studiati secondo le seguenti graduazioni di pericolosità, per le quali si riportano tra parentesi i numeri di riferimento alla simbologia di cui all’allegato 1 delle presenti direttive:

     Pericolosità sismica locale molto elevata (S.4): aree in cui sono presenti fenomeni di instabilità attivi (1) e che pertanto potrebbero subire una accentuazione dovuta ad effetti dinamici quali possono verificarsi in occasione di eventi sismici; terreni soggetti a liquefazione dinamica (5) in comuni a media-elevata sismicità (zone 2);

     Pericolosità sismica locale elevata (S.3): aree in cui sono presenti fenomeni di instabilità quiescenti (2A) e che pertanto potrebbero subire una riattivazione dovuta ad effetti dinamici quali possono verificarsi in occasione di eventi sismici; zone potenzialmente franose o esposte a rischio frana (2B) per le quali non si escludono fenomeni di instabilità indotta dalla sollecitazione sismica; zone con terreni di fondazione particolarmente scadenti che possono dar luogo a cedimenti diffusi (4); terreni soggetti a liquefazione dinamica (5) in comuni a media-elevata sismicità (zone 3s); zone con possibile amplificazione sismica connesse a zone di bordo della valle e/o aree di raccordo con il versante (8); zone con possibile amplificazione per effetti stratigrafici (9, 10, 11) in comuni a media-elevata sismicità (zone 2 e 3s); zone di contatto tra litotipi con caratteristiche fisicomeccaniche significativamente diverse (12); presenza di faglie e/o contatti tettonici (13);

     Pericolosità sismica locale media (S.2): zone con fenomeni franosi inattivi (3); aree in cui è possibile amplificazione dovuta ad effetti topografici (6-7); zone con possibile amplificazione stratigrafica (9, 10, 11) in comuni a media sismicità (zone 3);

     Pericolosità sismica locale bassa (S.1): aree caratterizzate dalla presenza di formazioni litoidi e dove non si ritengono probabili fenomeni di amplificazione o instabilità indotta dalla sollecitazione sismica.

     Tale processo consentirà di evidenziare le situazioni di criticità sulle quali porre attenzione, al fine di effettuare una corretta pianificazione, da disciplinare in maniera specifica nel regolamento urbanistico in funzione delle destinazioni d’uso previste.

     2. 2 Elaborati delle indagini per il Piano Strutturale comunale e relative varianti

     Relazione La relazione illustra gli aspetti che concorrono alla definizione dell’assetto geologico tecnico del territorio come di seguito descritto:

     a) Inquadramento del territorio attraverso la documentazione relativa la quadro conoscitivo esistente che costituisce il riferimento di base per la predisposizione delle successive analisi ed elaborazioni

     b) Illustrazione degli elementi connessi agli aspetti geologici e strutturali, litologici, geomorfologi, idraulici, idrogeologici, sismici

     c) Descrizione dei passaggi analitici che hanno portato alla delimitazione cartografica delle aree di pericolosità e all’individuazione delle criticità riferite agli specifici fenomeni che le generano

     d) Indicazioni, sulla base delle situazioni di pericolosità e delle criticità riscontrate, sugli eventuali condizionamenti alla trasformabilità del territorio in termini di necessità di approfondimenti (progetti di messa in sicurezza o specifiche tipologie di indagine) da effettuarsi in fase di formazione del regolamento urbanistico.

     I condizionamenti alla trasformabilità possono essere recepiti anche in termini prescrittivi nell’ambito delle norme tecniche del Piano strutturale.

     Cartografie

     La relazione è corredata per i territori interessati dei seguenti elaborati cartografici:

     - Carta geologica

     - Carta litologico-tecnica

     - Carta geomorfologica

     - Carta delle aree allagabili

     - Carta della dinamica costiera

     - Carta idrogeologica

     - Carta delle Aree a pericolosità geomorfologica

     - Carta della Aree a pericolosità idraulica

     - Carta delle Aree con problematiche idrogeologiche

     - Carta delle Aree con problematiche di dinamica costiera

     - Carta delle Zone a Maggior Pericolosità Sismica Locale (ZMPSL)

     2. 3 Varianti al Piano Strutturale

     Per la predisposizione delle varianti si applicano le disposizioni previste per le indagini del Piano Strutturale in relazione agli ambiti interessati dalle varianti stesse.

 

     3. Direttive per la formazione del Regolamento Urbanistico e relative varianti

     Il Regolamento urbanistico, nel disciplinare l’attività urbanistica ed edilizia del territorio comunale,definisce le condizioni per la gestione degli insediamenti esistenti e per le trasformazioni degli assetti insediativi, infrastrutturali ed edilizi, in coerenza con il quadro conoscitivo e con i contenuti strategici definiti nel Piano strutturale, traducendo altresì in regole operative anche le prescrizioni dettate dai Piani di bacino.

     La trasformabilità del territorio è strettamente legata alle situazioni di pericolosità e di criticità rispetto agli specifici fenomeni che le generano e messe in evidenza a livello di Piano strutturale, ed è connessa ai possibili effetti (immediati e permanenti) che possono essere indotti dall’attuazione delle previsioni dell’atto di governo del territorio.

     Le condizioni di attuazione sono riferite alla fattibilità delle trasformazioni e delle funzioni territoriali ammesse, fattibilità che fornisce indicazioni in merito alle limitazioni delle destinazioni d’uso del territorio in funzione delle situazioni di pericolosità riscontrate, nonché in merito agli studi e alle indagini da effettuare a livello attuativo ed edilizio ed alle opere da realizzare per la mitigazione del rischio, opere che andranno definite sulla base di studi e verifiche che permettano di acquisire gli elementi utili alla predisposizione della relativa progettazione.

     Nel regolamento urbanistico sono inoltre disciplinate in maniera specifica le eventuali situazioni connesse a problematiche idrogeologiche o a variazioni della risposta sismica locale in funzione delle destinazioni previste.

     3.1 Condizioni di fattibilità

     Le condizioni di attuazione delle previsioni urbanistiche ed infrastrutturali possono essere differenziate secondo le seguenti categorie di fattibilità:

     Fattibilità senza particolari limitazioni (F1): si riferisce alle previsioni urbanistiche ed infrastrutturali per le quali non sono necessarie prescrizioni specifiche ai fini della valida formazione del titolo abilitativo all’attività edilizia.

     Fattibilità con normali vincoli (F2): si riferisce alle previsioni urbanistiche ed infrastrutturali per le quali è necessario indicare la tipologia di indagini e/o specifiche prescrizioni ai fini della valida formazione del titolo abilitativo all’attività edilizia.

     Fattibilità condizionata (F3): si riferisce alle previsioni urbanistiche ed infrastrutturali per le quali, ai fini della individuazione delle condizioni di compatibilità degli interventi con le situazioni di pericolosità riscontrate, è necessario definire la tipologia degli approfondimenti di indagine da svolgersi in sede di predisposizione dei piani complessi di intervento o dei piani attuativi o, in loro assenza, in sede di predisposizione dei progetti edilizi.

     Fattibilità limitata (F4): si riferisce alle previsioni urbanistiche ed infrastrutturali la cui attuazione è subordinata alla realizzazione di interventi di messa in sicurezza che vanno individuati e definiti in sede di redazione del medesimo regolamento urbanistico, sulla base di studi e verifiche atti a determinare gli elementi di base utili per la predisposizione della relativa progettazione.

     3.2 Fattibilità in relazione agli aspetti geomorfologici ed idraulici

     E’ opportuno distinguere la fattibilità in funzione delle situazioni di pericolosità riscontrate per fattori geomorfologici da quella per fattori idraulici, ai fini di una più agevole e precisa definizione delle condizioni di attuazione delle previsioni, delle indagini di approfondimento da effettuare a livello attuativo ed edilizio, delle opere necessarie per la mitigazione del rischio, nel rispetto delle disposizioni dei piani di bacino.

     3.2.1 Criteri generali di fattibilità in relazione agli aspetti geomorfologici

     Nelle situazioni caratterizzate da pericolosità geomorfologica molto elevata è necessario rispettare i seguenti criteri generali :

     a) non sono da prevedersi interventi di nuova edificazione o nuove infrastrutture che non siano subordinati alla preventiva esecuzione di interventi di consolidamento, bonifica, protezione e sistemazione;

     b) gli interventi di messa in sicurezza, definiti sulla base di studi geologici, idrogeologici e geotecnici, devono essere comunque tali da non pregiudicare le condizioni di stabilità nelle aree adiacenti, da non limitare la possibilità di realizzare interventi definitivi di stabilizzazione dei fenomeni franosi, da consentire la manutenzione delle opere di messa in sicurezza;

     c) in presenza di interventi di messa in sicurezza dovranno essere predisposti ed attivati gli opportuni sistemi di monitoraggio in relazione alla tipologia del dissesto;

     d) l’avvenuta messa in sicurezza conseguente la realizzazione ed il collaudo delle opere di consolidamento, gli esiti positivi del sistema di monitoraggio attivato e la delimitazione delle aree risultanti in sicurezza devono essere certificati.

     e) relativamente agli interventi per i quali sia dimostrato il non aggravio delle condizioni di instabilità dell’area, purché siano previsti, ove necessario, interventi mirati tutelare la pubblica incolumità, a ridurre la vulnerabilità delle opere esposte mediante consolidamento o misure di protezione delle strutture per ridurre l’entità di danneggiamento, nonché l’installazione di sistemi di monitoraggio per tenere sotto controllo l’evoluzione del fenomeno; della sussistenza delle condizioni di cui sopra deve essere dato atto nel procedimento amministrativo relativo al titolo abilitativo all’attività edilizia.

     Nelle situazioni caratterizzate da pericolosità geomorfologica elevata è necessario rispettare i seguenti principi generali:

     a) l’attuazione di interventi di nuova edificazione o nuove infrastrutture è subordinata all’esito di idonei studi geologici, idrogeologici e geotecnici finalizzati alla verifica delle effettive condizioni di stabilità ed alla preventiva realizzazione degli eventuali interventi di messa in sicurezza.;

     b) gli eventuali interventi di messa in sicurezza, definiti sulla base di studi geologici, idrogeologici e geotecnici, devono essere comunque tali da non pregiudicare le condizioni di stabilità nelle aree adiacenti, da non limitare la possibilità di realizzare interventi definitivi di stabilizzazione e prevenzione dei fenomeni, da consentire la manutenzione delle opere di messa in sicurezza.

     c) in presenza di interventi di messa in sicurezza dovranno essere predisposti ed attivati gli opportuni sistemi di monitoraggio in relazione alla tipologia del dissesto;

     d) l’avvenuta messa in sicurezza conseguente la realizzazione ed il collaudo delle opere di consolidamento, gli esiti positivi del sistema di monitoraggio attivato e la delimitazione delle aree risultanti in sicurezza, devono essere certificati;

     e) possono essere attuati quegli interventi per i quali venga dimostrato che non determinano condizioni di instabilità e che non modificano negativamente i processi geomorfologici presenti nell’area; della sussistenza di tali condizioni deve essere dato atto nel procedimento amministrativo relativo al titolo abilitativo all’attività edilizia.

     Nelle situazioni caratterizzate da pericolosità geomorfologia media le condizioni di attuazione sono indicate in funzione delle specifiche indagini da eseguirsi a livello edificatorio al fine di non modificare negativamente le condizioni ed i processi geomorfologici presenti nell’area.

     Nelle situazioni caratterizzate da pericolosità geomorfologia bassa possono non essere dettate condizioni di fattibilità dovute a limitazioni di carattere geomorfologico.

     3.2.2 Criteri generali di fattibilità in relazione agli aspetti idraulici

     Nelle situazioni caratterizzate da pericolosità idraulica molto elevata ed elevata è necessario rispettare i seguenti criteri generali :

     a) non sono da prevedersi interventi di nuova edificazione o nuove infrastrutture per i quali non sia dimostrabile il rispetto di condizioni di sicurezza o non sia prevista la preventiva o contestuale realizzazione di interventi di messa in sicurezza per eventi con tempo di ritorno di 200 anni;

     b) nelle aree che risultino soggette a inondazioni con tempi di ritorno inferiori a 20 anni sono consentite solo nuove previsioni per infrastrutture a rete non diversamente localizzabili, per le quali sarà comunque necessario attuare tutte le dovute precauzioni per la riduzione del rischio a livello compatibile con le caratteristiche dell’infrastruttura;

     c) gli interventi di messa in sicurezza, definiti sulla base di studi idrologici e idraulici, non devono aumentare il livello di rischio in altre aree con riferimento anche agli effetti dell’eventuale incremento dei picchi di piena a valle;

     d) relativamente agli interventi di nuova edificazione previsti nel tessuto insediativo esistente, la messa in sicurezza rispetto ad eventi con tempo di ritorno di 200 anni può essere conseguita anche tramite adeguati sistemi di autosicurezza, nel rispetto delle seguenti condizioni:

     - dimostrazioni dell’assenza o dell’eliminazione di pericolo per le persone e i beni

     - dimostrazione che gli interventi non determinano aumento delle pericolosità in altre aree;

     e) possono essere previsti interventi per i quali venga dimostrato che la loro natura è tale da non determinare pericolo per persone e beni, da non aumentare la pericolosità in altre aree e purché siano adottate, ove necessario, idonee misure atte a ridurne la vulnerabilità.

     f) della sussistenza delle condizioni di cui sopra deve essere dato atto anche nel procedimento amministrativo relativo al titolo abilitativo all’attività edilizia;

     g) fino alla certificazione dell’avvenuta messa in sicurezza conseguente la realizzazione ed il collaudo delle opere idrauliche accompagnata dalla delimitazione delle aree risultanti in sicurezza, non può essere rilasciata dichiarazione di abitabilità e di agibilità;

     h) deve essere garantita la gestione di quanto in essere tenendo conto della necessità di raggiungimento anche graduale di condizioni di sicurezza idraulica fino a Tr 200 per il patrimonio edilizio e infrastrutturale esistente e per tutte le funzioni connesse.

     Nelle situazioni caratterizzate da pericolosità idraulica media per gli interventi di nuova edificazione e per le nuove infrastrutture possono non essere dettate condizioni di fattibilità dovute a limitazioni di carattere idraulico. Qualora si voglia perseguire una maggiore livello di sicurezza idraulica, possono essere indicati i necessari accorgimenti costruttivi per la riduzione della vulnerabilità delle opere previste o individuati gli interventi da realizzare per la messa in sicurezza per eventi con tempo di ritorno superiore a 200 anni, tenendo conto comunque della necessità di non determinare aggravi di pericolosità in altre aree.

     Nelle situazioni caratterizzate da pericolosità idraulica bassa non è necessario indicare specifiche condizioni di fattibilità dovute a limitazioni di carattere idraulico.

     3.3 Criteri generali per le situazioni connesse a problematiche di dinamica costiera

     La disciplina delle aree di demanio marittimo e di quelle interessate da presenza di dune deve tenere conto della necessità di:

     - verificare preventivamente gli effetti di interventi effettuati lungo la linea di separazione fra il mare e la terra (portualità, sistemazione delle foci fluviali, difesa costiera intesa a correggere localmente fatti erosivi);

     - evitare interferenze con i sistemi dunali e con la loro evoluzione

     - definire le condizioni di utilizzazione delle coste rocciose.

     Nelle foci dei corsi d'acqua e nel litorale marittimo prospiciente, ogni intervento in grado di influire sul regime dei corsi d'acqua deve essere definito sulla base di idonei studi idrologici idraulici per tempo di ritorno di 200 anni opportunamente correlati con studi meteomarini e deve altresì tenere conto delle esigenze di riequilibrio del litorale.

     Della necessità di garantire equilibrio idrogeologico costiero si deve tenere conto nelle previsioni relative ad:

     - azioni a monte della fascia costiera con rilevante influenza sulla sua dinamica (sistemazioni idraulico-forestali, costruzione di sbarramenti di ritenuta, correzione degli alvei fluviali ed estrazione di inerti dagli stessi, urbanizzazione con conseguente impermeabilizzazione crescente del suolo);

     - interventi interessanti l'entroterra e suscettibili di accentuare fenomeni di salinizzazione e costipamento dei sedimenti anche in relazione a cospicui emungimenti di acque freatiche e alle bonifiche idrauliche.

     3.4 Criteri generali per le situazioni connesse a problematiche idrogeologiche

     Nei casi in cui la destinazione prevista possa incrementare una situazione di squilibrio in atto della risorsa idrica o generare situazioni di criticità, la sua attuazione è subordinata alla preventiva o contestuale esecuzione di interventi di eliminazione o mitigazione dello stato di rischio accertato o potenziale, tenuto conto della natura della trasformazione e delle attività ivi previste.

     L’attuazione può essere anche condizionata al rispetto di specifiche prescrizioni tese contenere i possibili rischi d’inquinamento.

     3.5 Criteri generali in relazione agli aspetti sismici

     Di seguito si riportano i criteri generali da rispettare e le condizioni di attuazione di fattibilità per le previsioni edificatorie limitatamente alle aree per cui è stata redatta una cartografia della Zone a Maggior Pericolosità Sismica Locale (ZMPSL) ed effettuata l’individuazione delle differenti situazioni di pericolosità sismica.

     Si specifica che, limitatamente alle aree in cui sono presenti fenomeni di instabilità connessi a problematiche geomorfologiche, si rimanda a quanto previsto dalle condizioni di fattibilità geomorfologica (paragrafo 3.2.1) e si sottolinea che le valutazioni relative alla stabilità dei versanti devono necessariamente prendere in considerazione gli aspetti dinamici relativi alla definizione dell’azione sismica.

     Per quanto riguarda le condizioni di fattibilità sismica sono individuati, sulla scorta delle informazioni ricavate dalla classificazione della pericolosità sismica locale ed in funzione delle destinazioni d’uso delle previsioni urbanistiche, le condizioni di attuazione delle opere anche attraverso una programmazione delle indagini da eseguire in fase di predisposizione dello strumento attuativo oppure dei progetti edilizi.

     Nello specifico, per le situazioni caratterizzate da pericolosità sismica locale molto elevata (S4), in sede di predisposizione del regolamento urbanistico dovranno essere valutati i seguenti aspetti:

     a) nel caso di aree caratterizzate da movimenti franosi attivi (1), oltre a rispettate le prescrizioni riportate nelle condizioni di fattibilità geomorfologica (paragrafo 3.2.1), devono essere realizzate opportune indagini geofisiche e geotecniche per la corretta definizione dell’azione sismica;

     b) per i Comuni in zona 2, nel caso di terreni di fondazione soggetti a liquefazione dinamica (5), devono essere prescritte adeguate indagini geognostiche e geotecniche finalizzate al calcolo del coefficiente di sicurezza relativo alla liquefazione dei terreni;

     Nelle situazioni caratterizzate da pericolosità sismica locale elevata (S3), in sede di predisposizione dei piani complessi di intervento o dei piani attuativi o, in loro assenza, in sede di predisposizione dei progetti edilizi dovranno essere valutati i seguenti aspetti:

     a) nel caso di aree caratterizzate da movimenti franosi quiescenti (2A) e a zone potenzialmente franose (2B), oltre a rispettate le prescrizioni riportate nelle condizioni di fattibilità geomorfologica (par. 3.2.1), devono essere realizzate opportune indagini geofisiche e geotecniche per la corretta definizione dell’azione sismica;

     b) nel caso di terreni di fondazione particolarmente scadenti (4) e, limitatamente alle zone 3s, per i terreni soggetti a liquefazione dinamica (5), devono essere prescritte adeguate indagini geognostiche e geotecniche finalizzate al calcolo del coefficiente di sicurezza relativo alla liquefazione dei terreni;

     c) nelle zone con possibile amplificazione sismica connesse al bordo della valle e/o aree di raccordo con il versante (8), deve essere prescritta una campagna di indagini geofisiche, opportunamente estesa ad un intorno significativo, che definisca in termini di geometrie la morfologia sepolta del bedrock sismico ed i contrasti di rigidità sismica (rapporti tra velocità sismiche in termini di Vsh delle coperture e del substrato);

     d) nei Comuni in zona 2 e 3s, nelle zone con possibile amplificazione stratigrafica (9-10-11), deve essere prescritta una campagna di indagini geofisica e geotecnica che definisca spessori, geometrie e velocità sismiche dei litotipi sepolti al fine di valutare l’entità del contrasto di rigidità sismica dei terreni tra alluvioni e bedrock sismico;

     e) in presenza di zone di contatto tra litotipi con caratteristiche fisico-meccaniche significativamente diverse (12) e in presenza di faglie e/o contatti tettonici (13), tali situazioni devono essere opportunamente chiarite e definite attraverso una campagna di indagini geofisica che definisca la variazione di velocità delle Vsh relative ai litotipo presenti e la presenza di strutture tettoniche anche sepolte;

     Nelle situazioni caratterizzate da pericolosità sismica media (S2) e da pericolosità sismica bassa (S1) non è necessario indicare condizioni di fattibilità specifiche per la fase attuativa o per la valida formazione del titolo abilitativo all’attività edilizia.

     3.6 Elaborati relativi alle indagini per il Regolamento Urbanistico e relative varianti

     Relazione

     Nella relazione è descritto il processo diagnostico condotto per determinare le diverse condizioni di fattibilità e sono altresì illustrati gli approfondimenti di indagine eseguiti a tal scopo come indicati a livello di Piano strutturale.

     Con specifico riferimento alla tipologia di fenomeno che ha determinato le condizioni di fattibilità, sono fornite precise indicazioni in merito alle indagini da effettuarsi prima della realizzazione degli interventi, nonché in merito alle tipologie costruttive e fondazionali più adeguate.

     Per quanto riguarda la realizzazione di eventuali opere di mitigazione, devono essere definiti, sulla base di idonei studi e verifiche, gli elementi utili per la predisposizione della relativa progettazione.

     Elaborati di supporto alla relazione

     Gli elaborati di supporto alla relazione possono essere costituiti da cartografie e/o schede tali comunque da consentire l’individuazione delle diverse situazioni di fattibilità, delle condizioni di attuazione degli interventi, così da permettere una loro agevole traduzione nelle norme tecniche del regolamento urbanistico.

     3.7 Varianti al Regolamento Urbanistico

     Per la predisposizione delle varianti si applicano le disposizioni previste per le indagini del regolamento urbanistico in relazione agli ambiti e alle previsioni delle varianti stesse.

     4. Direttive per la formazione dei Piani complessi di intervento e dei Piani attuativi

     Le indagini di supporto ai Piani complessi di intervento e ai Piani attuativi sono predisposte nel rispetto delle condizioni di fattibilità contenute nello strumento di piano da cui derivano e nel rispetto del presente regolamento.

     Tali piani sono pertanto corredati da una relazione di fattibilità contenente gli esiti degli approfondimenti di indagine, laddove siano stati indicati necessari nel regolamento urbanistico in relazione alle condizioni di fattibilità, ovvero indicazioni sulla tipologia delle indagini da eseguire e/o sui criteri e sugli accorgimenti tecnico-costruttivi da adottare, ai fini della valida formazione del titolo abilitativo all’attività edilizia.

     Laddove lo strumento di piano da cui derivano o il R.U. abbia subordinato la loro attuazione alla preventiva o contestuale esecuzione di interventi di mitigazione del rischio, la relazione deve contiene anche il progetto delle opere di sistemazione previste, con una descrizione dettagliata delle caratteristiche, delle dimensioni e degli effetti attesi, delle eventuali attività di monitoraggio e loro durata.

     La relazione deve dare atto che non sono intervenute modifiche rispetto al quadro conoscitivo di riferimento (assetto geomorfologico, idraulico, idrogeologico, sismico). In caso contrario è necessario procedere ad aggiornare tale quadro conoscitivo con riferimento alla porzione di territorio interessata dalle mutate condizioni di pericolosità.

     Lo studio adotta le metodologie di analisi e redazione cartografica contenute nelle presenti direttive e è condotto alla scala di redazione del piano attuativo.

     Per la predisposizione delle relative varianti si applicano le disposizioni di cui al presente articolo in relazione agli ambiti e alle previsioni delle stesse.

     5. Varianti ai Piani Regolatori Generali vigenti

     Per la predisposizione delle varianti ai piani regolatori vigenti si applicano le disposizioni relative alla pericolosità indicate per i piani strutturali e le disposizioni relative alla fattibilità indicate per i regolamenti urbanistici di cui alle presenti direttive.

 

     Allegato n. 1 alle direttive

     (Omissis)

 

     Allegato n. 2 alle direttive

     (Omissis)


[1] Abrogato dall'art. 17 del D.P.G.R. 25 ottobre 2011, n. 53/R, fermo restando quanto ivi previsto.