§ 3.11.7 - R.R. 10 giugno 1980, n. 2.
Disciplina e gestione dell'esercizio venatorio nella zona faunistica delle Alpi.


Settore:Codici regionali
Regione:Lombardia
Materia:3. sviluppo economico
Capitolo:3.11 caccia
Data:10/06/1980
Numero:2


Sommario
Art. 1.  Riserva alpina.
Art. 2.  Confini.
Art. 3.  Gestione Amministrativa.
Art. 4.  Distretti.
Art. 5.  Comitati di gestione tecnica.
Art. 6.  Compiti dei comitati di gestione tecnica.
Art. 7.  Contributi di gestione.
Art. 8.  Ammissione.
Art. 9.  Criteri di ammissione.
Art. 10.  Tesserino.
Art. 11.  Calendario.
Art. 12.  Addestramento dei cani.
Art. 13.  Caccia agli ungulati.
Art. 14.  Mezzi di caccia.
Art. 15.  Divieti e disposizioni particolari.
Art. 16.  Vigilanza.
Art. 17.  Sanzioni.
Art. 18.  Risarcimento danni.
Art. 19.  Controllo della fauna.
Art. 20.  Norme transitorie.


§ 3.11.7 - R.R. 10 giugno 1980, n. 2. [1]

Disciplina e gestione dell'esercizio venatorio nella zona faunistica delle Alpi.

(B.U. 24 giugno 1980, n. 24, 7° suppl. ord.).

 

Art. 1. Riserva alpina.

     1. Il territorio della zona Alpi della regione Lombardia, individuato in base alla consistente presenza della tipica fauna e vegetazione alpina, è costituito, ai sensi dell'art. 38 della legge regionale 31 luglio 1978, n. 47, in «riserva alpina di caccia» disciplinata dal presente regolamento, ai fini di una maggior tutela della caratteristica fauna di monte e di una equilibrata gestione dell'esercizio venatorio nel quadro della pianificazione regionale di cui all'art. 6 della legge regionale 31 luglio 1978, n. 47.

 

     Art. 2. Confini.

     1. La «riserva alpina» di cui all'articolo precedente comprende territori delle province di Bergamo, Brescia, Como, Sondrio e Varese, ed i relativi confini sono determinati, secondo le procedure di cui al 2° comma dell'art. 38 della legge regionale 31 luglio 1978, n. 47, entro un anno dalla definizione della carta delle vocazioni faunistiche della regione.

 

     Art. 3. Gestione Amministrativa.

     1. La gestione amministrativa della «riserva alpina» è affidata, per il territorio di competenza, alla rispettiva amministrazione provinciale che si avvale della consulta provinciale della caccia di cui all'art. 9 della legge regionale 31 luglio 1978, n. 47.

     2. Alle sedute della consulta provinciale della caccia sono invitati i presidenti dei comitati di gestione tecnica di cui al successivo art. 5 ogni qualvolta siano iscritti all'ordine del giorno argomenti inerenti la «riserva alpina».

     3. I contributi di gestione di cui al successivo art. 7 devono essere versati all'amministrazione provinciale competente che istituisce conti separati per ogni distretto.

     4. La provincia finanzia le spese di gestione di ogni singolo distretto della «riserva alpina» con un importo corrispondente al gettito per distretto dei contributi; detti importi sono integrati da una quota parte dei contributi regionali di cui all'art. 43 della legge regionale 31 luglio 1978, n. 47.

     5. Annualmente la provincia trasmette copia del consuntivo della gestione finanziaria della «riserva alpina» agli enti ed organismi interessati.

 

     Art. 4. Distretti.

     1. Le province, d'intesa con le comunità montane interessate, suddividono il territorio della «riserva alpina» di rispettiva competenza in «distretti venatori alpini», delimitati secondo confini naturali e individuati in modo che corrispondano, di norma, al territorio di ogni comunità montana compreso in zona Alpi, o di altre entità territoriali omogenee, comunali o intercomunali, anche in relazione a tradizioni locali o ad esigenze di ordine tecnico ed agro-faunistico.

     2. Detti distretti devono essere delimitati con tabelle esenti da tasse regionali, recanti la scritta «provincia di .... riserva alpina di caccia - distretto ....».

     3. Nell'ambito dei distretti la provincia, d'intesa con la comunità montana interessata, può istituire «zone di rifugio» della selvaggina dove è vietata ogni forma di esercizio venatorio, in modo che almeno un ottavo del territorio di ogni distretto sia inibito alla caccia, ivi comprese le zone dove la caccia stessa è già vietata ai sensi dell'art. 37, lett. b), della legge regionale 31 luglio 1978, n. 47.

 

     Art. 5. Comitati di gestione tecnica.

     1. Per ogni distretto il presidente della provincia nomina un comitato di gestione tecnica formato da:

     a) un componente designato dalla provincia;

     b) due componenti designati dalla comunità montana nel cui territorio ricade il distretto; qualora il distretto interessi il territorio di più comunità montane, detti componenti devono essere designati di comune accordo tra le comunità montane stesse;

     c) tre componenti designati dagli organi provinciali dell'associazione venatoria maggiormente rappresentativa a livello di distretto e riconosciuta ai sensi delle vigenti leggi;

     d) un componente designato dagli organi provinciali di ciascuna delle altre associazioni venatorie operanti a livello di distretto e riconosciute dalle vigenti leggi;

     e) un componente designato di comune accordo dalle associazioni naturalistiche operanti nel distretto;

     f) un componente designato di comune accordo dagli organi provinciali delle associazioni professionali agricole operanti nel distretto;

     g) un componente designato dalla consulta comprensoriale nel cui territorio ricade il distretto; qualora il distretto interessi il territorio di più comprensori, detti componenti devono essere designati di comune accordo tra i comprensori stessi.

     2. I componenti di cui alle lettere c) e d) non possono essere comunque inferiori a sei e devono essere designati, eccettuato un componente tra residenti nell'ambito del distretto. Anche quelli di cui alle lettere a), e), f) e g), devono risiedere nel distretto.

     3. Le designazioni di cui sopra devono pervenire al presidente della giunta provinciale entro quindici giorni dalla richiesta, trascorsi i quali il presidente stesso provvede alle nomine sulla scorta delle designazioni pervenute.

     4. La durata in carica di ciascun comitato di gestione tecnica corrisponde a quella effettiva del consiglio provinciale.

     5. Ogni comitato di gestione tecnica elegge tra i suoi componenti il proprio presidente ed il proprio segretario.

 

     Art. 6. Compiti dei comitati di gestione tecnica.

     1. La conduzione dei distretti è affidata ai rispettivi comitati di gestione tecnica che, in particolare, hanno i seguenti compiti:

     a) proporre alla comunità montana interessata i piani poliennali e annuali di intervento venatorio nel distretto; detti piani sono approvati dall'amministrazione provinciale competente;

     b) provvedere, in collaborazione con gli agenti venatori, a tutte le iniziative connesse con l'accertamento della consistenza faunistica del distretto, secondo le direttive contenute nel piano venatorio regionale di cui all'art. 6 della legge regionale 31 luglio 1978, n. 47;

     c) coordinare gli interventi previsti dalla regione nel quadro del controllo della fauna di cui all'art. 36 della legge regionale 31 luglio 1978, n. 47;

     d) formulare proposte all'amministrazione provinciale competente in ordine al piano di lancio della selvaggina e coordinare tutte le operazioni relative ai piani di immissione;

     e) formulare proposte all'amministrazione provinciale competente in ordine all'istituzione e alla modifica delle oasi di protezione, delle zone di ripopolamento e cattura, delle zone di rifugio, delle zone di addestramento cani e per gare cinofile;

     f) formulare proposte all'amministrazione provinciale competente in ordine agli interventi di cui all'ultimo comma del successivo art. 9;

     g) proporre all'amministrazione provinciale competente i piani di abbattimento della selvaggina stanziale, nonché gli interventi in relazione a quanto previsto dal 7° comma dell'art. 38 della legge regionale 31 luglio 1978, n. 47;

     h) assolvere tutte le funzioni di ordine consultivo e programmatorio che verranno loro richieste dalle province in ordine alla conduzione del distretto, oltre a quelle espressamente previste dal presente regolamento;

     i) proporre all'amministrazione provinciale competente i nominativi da iscrivere nell'albo degli accompagnatori per la caccia agli ungulati, di cui al successivo art. 13;

     l) proporre all'amministrazione provinciale competente il numero e la localizzazione degli appostamenti fissi da utilizzare da parte della stessa, sulla base delle effettive esigenze locali;

     m) gestire i fondi previsti dal 4° comma del precedente art. 3 secondo i piani poliennali ed annuali indicati dalla precedente lett. a).

 

     Art. 7. Contributi di gestione.

     1. L'ammissione alla caccia vagante nel territorio della «riserva alpina» è subordinata al pagamento per ogni distretto, di un contributo base di gestione di importo pari a quello fissato per la tassa di concessione regionale di abilitazione venatoria per fucile a due colpi di cui all'art. 44 della legge regionale 31 luglio 1978, n. 47.

     2. L'ammissione alla caccia vagante nelle zone di maggior tutela, ove istituite, alla caccia alla tipica selvaggina di monte e agli ungulati, è subordinata, per ogni distretto, al pagamento anche dei contributi aggiuntivi, stabiliti annualmente dalla giunta provinciale, fino ad un massimo di cinque volte il contributo base di cui al precedente comma, e in relazione ai programmi di gestione, per la caccia vagante nelle zone di maggior tutela e per la caccia a tetraonidi, coturnici e lepre bianca o per la caccia agli ungulati nell'intero distretto.

     3. I soci residenti nel distretto potranno contribuire alla gestione anche mediante prestazioni lavorative.

 

     Art. 8. Ammissione.

     1. Ogni cacciatore può essere ammesso all'esercizio della caccia vagante nel territorio di un distretto della «riserva alpina» di una sola provincia.

     2. La provincia, compatibilmente alla consistenza faunistica può concedere l'ammissione anche a un secondo distretto subordinandone l'accesso a norme limitative di tempo e di forma di caccia vagante, nonchè al pagamento dei contributi di gestione di cui al precedente art. 7.

     3. I cacciatori che intendono esercitare la caccia vagante nella «riserva alpina» devono presentare, entro il 31 maggio di ogni anno, domanda alla provincia nel cui territorio si trova il distretto prescelto, indicando anche il tipo di caccia che si intende esercitare.

     4. La provincia deve comunicare entro il 31 luglio ai richiedenti le decisioni in ordine alla domanda di ammissione.

 

     Art. 9. Criteri di ammissione.

     1. Il numero dei cacciatori ammessi alla caccia vagante nell'ambito del distretto è determinato dalla giunta provinciale, d'intesa con la comunità montana competente, anche agli effetti del disposto di cui al 7° comma dell'art. 17 della legge regionale 31 luglio 1978, n. 47, tenendo conto dei seguenti elementi:

     1) produttività faunistica del distretto;

     2) superficie territoriale del distretto;

     3) forme di caccia prescelte.

     2. La provincia concede l'ammissione a tutti i richiedenti residenti nel distretto stesso e riservando la possibilità di accesso anche ai non residenti secondo le seguenti priorità:

     - residenti nella provincia non meno del 13%;

     - residenti nella regione: non meno del 12%

     - residenti fuori regione: non meno del 12%.

     3. La provincia può altresì ridurre la pressione venatoria nel distretto limitando le giornate di caccia vagante a disposizione di ciascun cacciatore ammesso, modificando il punteggio venatorio previsto dall'art. 29 della legge regionale 31 luglio 1978, n. 47, vincolando il cacciatore alla scelta di determinate forme di caccia ed infine individuando nel distretto zone di minore e maggiore tutela con facoltà, per quest'ultime, di emanare particolari disposizioni limitative all'esercizio venatorio anche riguardo ai tempi e alle forme di caccia.

     4. A quota inferiore ai 1500 m. le zone di maggior tutela non possono superare il cinquanta per cento dell'area del distretto posta al di sotto di tale quota.

     5. Nelle zone di maggior tutela è ammesso a cacciare in forma vagante un cacciatore ogni 100 ettari e in quelle di minor tutela un cacciatore ogni 30 ettari, salvo disposizioni particolari delle province in accordo con le comunità montane interessate.

 

     Art. 10. Tesserino.

     1. Per esercitare la caccia vagante nel territorio della «riserva alpina» il cacciatore ammesso deve far apporre dalla provincia interessata l'annotazione sul tesserino regionale e deve essere munito, oltre che delle ricevute di versamento dei contributi di cui al precedente art. 7, anche dell'inserto aggiuntivo che costituisce parte integrante del tesserino regionale e che è predisposto e distribuito, per ogni distretto, dalla provincia di competenza.

 

     Art. 11. Calendario.

     1. La caccia vagante, nel territorio della «riserva alpina» è consentita dalla terza domenica di settembre alla quarta domenica di novembre, il mercoledì e la domenica, ad eccezione della caccia agli ungulati che è consentita, nel medesimo periodo, ma solo nella giornata di sabato, per non più di otto giorni annuali, salvo che si tratti di cacce di selezione.

     2. Qualora nell'ambito dei distretti le province istituiscano, ai sensi del 3° comma dell'art. 9 del presente regolamento, zone di maggiore e di minore tutela, in queste ultime, per la sola caccia alla selvaggina migratoria, vige il calendario venatorio annualmente formulato, secondo il disposto dell'art. 25, 9° comma, e dell'art. 26 della legge regionale 31 luglio 1978, n. 47, dalla giunta regionale per il territorio non compreso nella zona faunistica delle Alpi, con divieto assoluto di caccia oltre il 31 dicembre.

     3. Per la caccia da appostamento fisso nel distretto si applicano le disposizioni vigenti per la caccia al di fuori della zona faunistica delle Alpi.

     4. La caccia al capriolo e al cervo si chiude l'ultimo sabato di ottobre; quella al camoscio il secondo sabato di novembre.

     5. La caccia si chiude altresì al completamento dei piani di abbattimento della selvaggina stanziale, previsti per ogni singolo distretto.

 

     Art. 12. Addestramento dei cani.

     1. Salvo il disposto di cui all'art. 32, 2° comma, della legge regionale 31 luglio 1978, n. 47, l'addestramento dei cani, nel territorio della «riserva alpina» è consentito dall'ultima domenica di agosto alla seconda domenica di settembre nelle giornate di mercoledì e domenica, esclusivamente sui terreni boschivi o liberi da colture.

     2. E' vietato l'addestramento dei cani segugi nelle zone di maggior tutela, se istituite, e dove sono presenti gli ungulati.

 

     Art. 13. Caccia agli ungulati.

     1. Per il controllo dell'esercizio della caccia agli ungulati nella «riserva alpina», nonché per l'assistenza ai cacciatori, viene istituito, entro un anno dall'entrata in vigore del presente regolamento, presso ogni provincia l'albo degli accompagnatori per la caccia agli ungulati, nel quale vengono iscritti preferibilmente gli agenti venatori e le guardie forestali.

     2. Possono altresì essere iscritti all'albo degli accompagnatori, su proposta dei comitati di gestione di cui al precedente art. 5, tutti i cacciatori in possesso di licenza da almeno sei anni, i quali, previo esami presso una commissione istituita dall'amministrazione provinciale competente, dimostrino un'adeguata conoscenza delle caratteristiche e delle abitudini di vita degli ungulati e delle relative forme di caccia.

     3. Non possono essere iscritti all'albo coloro che abbiano violato leggi o disposizioni in materia venatoria negli ultimi sei anni.

     4. L'accompagnatore assiste il cacciatore e vigila sul corretto esercizio di detta forma specifica di caccia secondo quanto previsto dal presente regolamento e dalle leggi vigenti.

     5. Salvo che nella caccia di selezione, è vietata la caccia degli ungulati di età inferiore ai due anni e dei camosci le cui corna non sovrastino nettamente la punta delle orecchie dell'animale e comunque siano di lunghezza inferiore ai 20 centimetri misurati dalla base alla punta, nonché dei cervi e dei caprioli le cui corna non siano ben visibilmente biforcute.

 

     Art. 14. Mezzi di caccia.

     1. La caccia agli ungulati è consentita solo con fucile a canna rigata, a palla unica e a non più di due colpi.

     2. Salvo specifica autorizzazione della provincia, sentiti i competenti comitati di gestione tecnica, è sempre vietata la detenzione, il trasporto e l'uso dei fucili a canna rigata e a palla unica nei periodi, nei giorni e negli orari in cui non è consentita la caccia agli ungulati, se non smontati e tenuti nella custodia.

     3. Nei giorni destinati alla caccia dell'altra selvaggina, è vietata la detenzione e l'uso sul luogo di caccia di munizioni a palla unica o con pallini di calibro superiore ai 4 millimetri.

     4. Per i fucili combinati a due o a tre canne, dovranno essere rese inidonee all'uso, con apposito accorgimento tecnico, le canne che non possono essere utilizzate in quella giornata.

     5. E' vietato l'uso, la detenzione ed il trasporto dei fucili costruiti in modo da essere facilmente nascosti (calcio ripiegabile o estraibile o con canne di lunghezza inferiore ai 50 centimetri od ogni altro tipo di pistola-fuciletto).

     6. Nei periodi o nei giorni in cui è consentita la caccia al capriolo, al cervo e al camoscio, la provincia può vietare l'uso dei cani, fermo restando il divieto dell'uso dei cani da seguita.

 

     Art. 15. Divieti e disposizioni particolari.

     1. Nel territorio della «riserva alpina», oltre ai divieti espressamente previsti dalla legge regionale 31 luglio 1978, n. 47, è sempre vietato:

     a) esercitare all'interno di un distretto, senza la prescritta autorizzazione, qualsiasi forma di caccia fatta eccezione per quella di appostamento fisso autorizzato;

     b) esercitare nel distretto forme di caccia non corrispondenti al contributo di gestione versato;

     c) abbattere selvaggina stanziale da appostamenti fissi;

     d) attivare, nelle zone a maggior tutela, ove istituite, nuovi appostamenti fissi di caccia, oltre che mantenere in funzione, quelli che sono ubicati in località dove, a giudizio dei servizi tecnici venatori provinciali, arrechino pregiudizio alla tipica selvaggina di monte o comunque al di sopra del limite superiore degli insediamenti boschivi;

     e) esercitare la caccia da appostamento temporaneo, fatta eccezione per quella vagante, esercitata in forma d'attesa senza l'uso di richiami vivi;

     f) mettere in atto pasturazioni di qualsiasi genere per la selvaggina stanziale e per gli ungulati (saline, ecc.);

     g) usare il cane dopo la quarta domenica di novembre, salvo il cane da ferma per la caccia alla selvaggina migratoria nelle zone individuate dalla provincia in relazione a particolari tradizioni locali;

     h) usare il cane segugio in giorni diversi dal mercoledì e domenica o nelle località che la provincia può individuare all'interno delle zone di maggior tutela.

     2. Coloro che nel territorio della «riserva alpina» praticano esclusivamente la caccia da appostamento fisso e che quindi non sono muniti di quanto prescritto al precedente art. 10, devono effettuare il percorso da e per l'appostamento con il fucile smontato o nel fodero, come pure tutti i cacciatori nei periodi di divieto di caccia vagante.

     3. Nell'ambito della «riserva alpina», è facoltà delle province regolamentare l'uso, da parte dei cacciatori, dei veicoli a motore per l'accesso alle zone di caccia.

 

     Art. 16. Vigilanza.

     1. Le amministrazioni provinciali devono garantire un'adeguata vigilanza in ogni distretto, avvalendosi di guardie volontarie autorizzate ai sensi delle leggi di P.S. ed appartenenti alle associazioni venatorie e protezionistiche nazionali riconosciute, oltre che dei propri agenti e di ogni altra guardia prepostavi ai sensi dell'art. 4 della legge regionale 31 luglio 1978, n. 47.

 

     Art. 17. Sanzioni.

     1. In caso di violazione alle norme in materia di caccia ed a quelle contenute nel presente regolamento, il trasgressore è punito con le sanzioni di cui all'art. 41 della legge regionale 31 luglio 1978, n. 47.

     2. In particolare per la violazione delle lettere a) e b) del precedente art. 15, si applica la sanzione di cui all'art. 41, 1° comma, lett. c), della legge regionale 31 luglio 1978, n. 47.

     3. Con provvedimento del presidente della provincia competente o dell'assessore da lui delegato, viene altresì irrogata al trasgressore la preclusione all'esercizio venatorio nell'intera «riserva alpina», fino ad un massimo di tre anni.

     4. La violazione del disposto di cui all'art. 15, lett. c), del presente regolamento comporta la revoca definitiva dell'autorizzazione di appostamento fisso.

 

     Art. 18. Risarcimento danni.

     1. La cattura e l'abbattimento abusivi di selvaggina stanziale comporta il risarcimento danni a favore della provincia competente per le spese di gestione, nelle seguenti misure:

     a) L. 30.000: per ogni fagiano, starna o pernice;

     b) L. 100.000: per ogni lepre comune;

     c) L. 200.000: per ogni coturnice delle Alpi, gallo forcello, pernice bianca e lepre bianca;

     d) L. 1.000.000: per ogni ungulato, gallo cedrone e per le altre specie stanziali non cacciabili.

     2. La selvaggina di cui al precedente comma catturata o abbattuta abusivamente viene sequestrata e messa a disposizione della provincia che provvederà alla sua destinazione.

 

     Art. 19. Controllo della fauna.

     1. Al fine di tutelare e salvaguardare la tipica fauna alpina anche nel rispetto delle consuetudini e tradizioni locali, ogni amministrazione provinciale può, anche su indicazione dei comitati tecnici di gestione, proporre alla regione, per le varie forme di caccia, tempi e modi diversi in relazione anche a quanto previsto dall'art. 36 della legge regionale 31 luglio 1978 n. 47, nonchè particolari disposizioni limitative all'esercizio venatorio.

 

     Art. 20. Norme transitorie.

     1. Fino all'attuazione di quanto previsto dall'art. 2 del presente regolamento, vale quanto disposto dall'art. 38, 4° e 5° comma, della legge regionale 31 luglio 1978 n. 47 ed il territorio della «riserva alpina» è delimitato dai confini della zona faunistica delle Alpi attualmente in essere.

     2. Nei limiti di tempo di cui al precedente comma, gli attuali comparti A» e «B», ove istituiti, corrispondono alle zone rispettivamente di maggiore e minore tutela di cui al presente regolamento.

 

 

 


[1] Abrogato dall'art. 5 della L.R. 22 febbraio 2010, n. 11.