§ 4.4.1055 - D.G.R. 26 maggio 2004, n. 400 .
L.R. 28 aprile 2000, n. 83, art. 19. Direttive regionali concernenti le caratteristiche prestazionali e gestionali richieste per gli impianti di [...]


Settore:Codici regionali
Regione:Abruzzo
Materia:4. assetto e utilizzazione del territorio
Capitolo:4.4 tutela dell'ambiente
Data:26/05/2004
Numero:400

§ 4.4.1055 - D.G.R. 26 maggio 2004, n. 400 .

L.R. 28 aprile 2000, n. 83, art. 19. Direttive regionali concernenti le caratteristiche prestazionali e gestionali richieste per gli impianti di trattamento dei rifiuti urbani.

(B.U. 15 dicembre 2004, n. 39.)

 

La Giunta regionale

Vista la L.R. 28 aprile 2000, n. 83 avente per oggetto «Testo unico in materia di gestione dei rifiuti contenente l'approvazione del piano regionale di gestione dei rifiuti»;

Richiamato l'art. 19, della predetta legge regionale, avente per oggetto "Requisiti tecnici degli impianti", nel quale si dispone quanto segue:

«1. Al fine di conseguire gli obiettivi di progressiva riduzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti mediante la promozione dell'utilizzazione delle tecnologie più perfezionate a disposizione che non comportino costi eccessivi, realizzazione ed esercizio degli impianti, la Giunta regionale emana direttive vincolanti per l'esercizio delle funzioni amministrative relative all'approvazione dei progetti e al rilascio o al rinnovo delle autorizzazioni.

2. La Giunta regionale inoltre, per ciascuna tipologia degli impianti previsti dal piano provinciale, può definire specifiche tecniche inerenti i criteri progettuali e gestionali cui i soggetti titolari dovranno ottemperare, incluse le operazioni di monitoraggio ambientale durante l'esercizio e, per le discariche, i criteri per la redazione del piano per la chiusura e la gestione successiva alla chiusura.

3. I nuovi impianti sono ubicati nell'ambito delle zone previste dal piano provinciale di gestione dei rifiuti nell'osservanza dei criteri di localizzazione indicati dal piano regionale.

4. Entro sei mesi dall'entrata in vigore dei piani provinciali la Regione e le province, secondo le rispettive competenze adottano i provvedimenti di chiusura, di messa in sicurezza o di bonifica degli impianti localizzati in aree non idonee ai sensi del piano provinciale. Qualora detti impianti possano essere trasformati o riconvertiti al fine di renderli compatibili con le prescrizioni del piano provinciale la regione e le province, secondo le rispettive competenze, invitano il titolare a presentare il progetto di trasformazione o riconversione assegnandogli un termine non superiore a sei mesi. Nel caso in cui il titolare non ottemperi ovvero in caso di mancata approvazione del progetto, la regione o le province dispongono la chiusura, la messa in sicurezza o la bonifica degli impianti».

Dato atto che:

- con Delib.G.R. 7 ottobre 2003, n. 837/C questa Giunta ha licenziato la proposta di nuovo Piano Regionale di Gestione Rifiuti altresì sottoponendolo all'approvazione del Consiglio regionale;

- in ordine ai criteri di localizzazione, il nuovo Piano si ispira al principio di sicurezza intrinseca degli impianti che, attraverso l'adozione della miglior tecnologia di settore nelle fasi della progettazione, della realizzazione e dell'esercizio, garantisce la protezione della salute umana e dell'ambiente nelle aree interne ed esterne agli impianti, anche in territori caratterizzati dalla elevata presenza di vincoli morfologici, geografici, paesaggistici, antropici, etc., contribuendo d'altro lato a rendere possibile l'effettiva attuazione delle scelte di pianificazione;

- l'applicazione del principio in parola è altresì favorita dalla normativa di matrice comunitaria, tra cui la direttiva 1999/31/CE in materia di discariche, recentemente introdotta nell'ordinamento nazionale con il D.Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36;

Considerato che, al fine di rendere omogenea la disciplina sulla gestione dei rifiuti, è opportuno dettare dei criteri di sicurezza intrinseca anche per gli impianti di trattamento dei rifiuti diversi dalle discariche attualmente in fase di realizzazione e/o di esercizio ed alle loro varianti sostanziali già inoltrate per il rilascio delle previste autorizzazioni regionali, anche nei casi in cui non si sia concluso l'iter istruttorio previsto dalla vigente normativa in materia;

Visto l'allegato "A" al presente provvedimento, nel il quale si definiscono le caratteristiche prestazionali e gestionali richieste per gli impianti di trattamento dei rifiuti urbani, come meglio identificati qui di seguito:

A. IMPIANTI DI VALORIZZAZIONE DI FLUSSI PROVENIENTI DA RACCOLTA DIFFERENZIATA DI TIPO SECCO;

B. IMPIANTI DI TRATTAMENTO DEI RIFIUTI URBANI PROVENIENTI DA RACCOLTA DIFFERENZIATA;

C. IMPIANTI DI COMPOSTAGGIO DEL VERDE E DELLA F.O.R.S.U.;

Ritenuto di accogliere integralmente il contenuto del predetto allegato, per le motivazioni sopra riportate e, pertanto, di renderlo parte integrante e sostanziale alla presente deliberazione e di approvarlo al fine di dettare le direttive, a carattere vincolante, indicate in oggetto;

Dato atto che il Dirigente del Servizio Gestione Rifiuti della Direzione regionale Turismo Ambiente Energia ha espresso parere favorevole in ordine alla regolarità tecnico-amministrativa della procedura seguita e, altresì, in ordine alla legittimità del presente provvedimento;

Vista la legge 14 settembre 1999, n. 77 "Nome in materia di organizzazione e rapporti di lavoro della Regione Abruzzo"

A voti unanimi, espressi nelle forme di legge,

Delibera

 

 

1. di approvare il contenuto dell'allegato "A" al presente provvedimento, quale parte integrante e sostanziale, concernente «Caratteristiche prestazionali e gestionali richieste per gli impianti di trattamento dei rifiuti urbani»;

2. di stabilire che, ai sensi dell'art. 19 della L.R. 28 aprile 2000, n. 83 il presente provvedimento costituisce direttiva a carattere vincolante relativamente agli impianti di trattamento dei rifiuti, diversi dalle discariche indicati nel citato allegato "A", attualmente in fase di realizzazione e/o di esercizio, alle loro varianti sostanziali già inoltrate per il rilascio delle previste autorizzazioni regionali, anche nei casi in cui non si sia concluso l'iter istruttorio previsto dalla vigente normativa in materia;

3. di obbligare i titolari degli impianti esistenti, debitamente autorizzati, siano essi in fase di costruzione e/o di esercizio, rientranti nelle disposizioni di cui sopra, ad esclusione delle discariche per le quali è stata emanata la specifica disciplina di cui al D.Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36, devono presentare un piano di adeguamento conforme ai requisiti di sicurezza di cui al citato allegato entro sei mesi dalla richiesta che verrà appositamente diramata dall'Ufficio Gestione Rifiuti della Giunta Regionale; detti piani saranno esaminati e licenziati dalla Regione nelle forme adottate per le discariche in attuazione del D.Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36;

4. di disporre la pubblicazione integrale del presente provvedimento sul Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo.

 

 

Allegato "A"

Caratteristiche prestazionali e gestionali richieste per gli impianti di trattamento rifiuti urbani

La sicurezza intrinseca degli impianti di trattamento dei rifiuti viene assicurata:

a) dal rispetto delle prescrizioni e delle caratteristiche prestazionali minime durante le fasi di progettazione;

b) dall'osservanza delle procedure di corretta gestione durante le fasi di esercizio.

A) IMPIANTI DI VALORIZZAZIONE DI FLUSSI PROVENIENTI DA RACCOLTA DIFFERENZIATA DI TIPO SECCO

I materiali provenienti dalle raccolte differenziate devono essere generalmente sottoposti ad una fase di selezione prima di poter essere avviati al riciclaggio. La selezione ha due finalità distinte a seconda del tipo di raccolta differenziata considerata:

raccolte monomateriali: in questo caso lo scopo della selezione consiste nell'eliminazione di materiali erroneamente conferiti, al fine di perseguire i richiesti requisiti di purezza merceologica del singolo flusso;

raccolte multimateriali: la selezione consente la separazione delle frazioni secche raccolte in flussi distinti per le singole frazioni, oltre alla possibilità di eliminare i conferimenti impropri.

Tra le diverse tipologie di raccolte monomateriali, quella caratterizzata dalla maggior presenza di impurezze presenti è la raccolta delle bottiglie e dei flaconi in plastica.

La tendenza da parte degli utenti a conferire altri materiali plastici (ad es. film e vaschette per alimenti) porta facilmente a livelli di scarti del 20-30% sul totale del materiale raccolto. Inoltre, per un miglior collocamento nel mercato del recupero dei materiali raccolti è richiesta una separazione dei materiali plastici per tipo di polimero.

Per quanto riguarda la raccolta multimateriali si possono distinguere essenzialmente due diverse tipologie di impianto di trattamento, idonee rispettivamente alla selezione del multimateriale dei contenitori per liquidi (le frazioni presenti sono: vetro, plastica, alluminio e banda stagnata) e del multimateriale secco (carta, plastica, metalli, stracci).

A.1 CARATTERISTICHE TECNICHE E PRESIDI AMBIENTALI

La frazioni merceologiche interessate dalle raccolte differenziate multimateriale che devono essere separate sono le seguenti:

vetro

bottiglie e flaconi in plastica

lattine di alluminio

latrine in banda stagnata

ferro e alluminio

altri metalli

carta e cartone

Un impianto di selezione deve prevedere una combinazione di separazione manuale, effettuata lungo i nastri trasportatori e di dispositivi di separazione meccanica; gli impianti potranno essere dedicati alla separazione di tutti o di parte dei suddetti materiali in funzione della tipologia di raccolta differenziata attiva sul territorio.

A.2 Una classica linea di impianto per la selezione di contenitori per liquidi è costituita dalle seguenti fasi di separazione:

• separazione grossolana manuale

• vagliatura in tamburo rotante, a due o tre luci (ad es.: 100, 200 mm o 50, 150, 350 mm per ottenere la separazione in 3 o 4 flussi di materiali di diversa pezzatura, dei quali il flusso fine viene in genere scartato)

• separazione elettromagnetica su tutti i vari flussi

• separazione manuale sul flusso grosso

• separazione metalli non ferrosi sul flusso intermedio

• separazione meccanica (in genere tavola vibrante:) sui flussi intermedi per distinguere un flusso leggero cartaceo destinato a recupero e un flusso pesante di scarto o destinabile a termovalorizzazione (eventualmente dopo un trattamento con classificatore ad aria).

Questa configurazione di impianto può essere semplificata nel caso di selezione di materiali provenienti da raccolte differenziate che intercettino carta, plastiche, stracci e lattine; in questo caso si registra solitamente la presenza di una linea di separazione manuale lungo un nastro trasportatore ad una selezione dedicata all'intercettazione delle componenti metalliche (dispositivi di separazione meccanico).

I rendimenti degli impianti sono fortemente condizionati dalla qualità del materiale di ingresso: maggiore e la varietà dei materiali raccolti e maggiore è il rischio di contaminazione dei vari flussi e la complessità della selezione e quindi minore è l'efficienza del recupero.

Mediamente il rendimento di separazione oscilla su flussi misti fra il 75% e il 90%.

Gli impianti devono garantire la sicurezza dei lavoratori e la qualità dell'ambiente di lavoro; si evidenzia come le misure da adottare siano fortemente variabili in funzione della tipologia impiantistica, potendosi prevedere impianti a completa automazione come pure impianti con rilevante presenza di operatori.

Per garantire il contenimento degli impatti ambientali si dovrà prevedere:

• area di stoccaggio impermeabilizzata dei materiali da processare (in funzione della diversa tipologia dei materiali, potranno essere previste diverse sezioni di stoccaggio). Le superfici dovranno consentire, con reti e stoccaggi separati la raccolta ed il convogliamento delle acque da sversamenti e da dilavamento ed il loro successivo invio a trattamenti depurativi;

• captazione dell'aria dalle aree di lavorazione, soprattutto nel caso di operazioni di selezione effettuate manualmente e quindi in presenza di postazioni di lavoro fisse (l'aria va avviata a depolverazione); un'altra sezione dei trattamenti da cui può risultare necessario procedere all'aspirazione dell'aria di lavorazione è quella in corrispondenza delle operazioni di vagliatura;

• le polveri in uscita dalla filtrazione non potranno superare i 5 mg/Nmc;

• all'interno di tutti gli edifici chiusi dovrà essere assicurato un numero di ricambi orari minimo pari a 3;

• all'interno delle cabine di cernita manuale dovranno essere assicurati 10 ricambi/h;

• impermeabilizzazione delle superfici dedicate allo stoccaggio degli scarti di lavorazione;

• nel caso di stoccaggio all'esterno è obbligatorio prevedere reti separate per i flussi di acque meteoriche (acqua proveniente dai tetti direttamente nella rete fognaria delle acque bianche, acque provenienti dai piazzali in una vasca di stoccaggio delle acque di prima pioggia di volume pari a Sp=S*0,005 cioè il prodotto tra superficie dei piazzali asserviti espressa in mq. e 0,005 e cioè uno spessore pari ai prime cinque millimetri di acqua meteorica).

B) IMPIANTI DI TRATTAMENTO DEI RIFIUTI SOLIDI URBANI PROVENIENTI DA RACCOLTA INDIFFERENZIATA

(impianti di separazione secco/umido, preparazione cdr, compostaggio della frazione umida)

La composizione media del rifiuto urbano solido indifferenziato varia da provincia a provincia. In prima approssimazione si può prendere a base di riferimento la composizione media valida a livello della regione Abruzzo, che è rappresentata nella tabella sottostante.

 

Composizione merceologica media del rifiuto nella Regione Abruzzo: 

 

Organico 

42,80% 

Carta e cartone 

15,30% 

Legno e tessili 

6,10% 

Vetro 

8,50% 

Plastica 

16,60% 

Altro 

2,90% 

Metalli 

7,80% 

Tuttavia nella fase realizzativa degli impianti bisognerà fare riferimento ai dati specifici rilevati nella specifica provincia.

B.1 MODALITÀ DI CONFERIMENTO

In genere i rifiuti da trattate nell'impianto vengono trasportati mediante autocompattatori ribaltabili muniti di cassoni di lunghezza 8 m e con semirimorchi della capacità fino a 80 M3, altezza del mezzo 4 m, provenienti dalle stazioni di trasferimento. Il conferimento dei rifiuti avviene generalmente durante la mattinata, dall'inizio del turno di lavorazione alle ore 14.

Tenendo in considerazione le modalità della raccolta dei rifiuti, deve essere previsto che mezzi che addurranno i rifiuti indifferenziati all'impianto abbiamo frequenza variabile a seconda delle fasce orarie e che la capacità di accettazione oraria dell'impianto sia dimensionata sul periodo di massima frequenza di scarico degli automezzi.

B.2 DESCRIZIONE DEL PROCESSO

Il processo a cui sarà sottoposto il rifiutò indifferenziato si svilupperà in due fasi a cui corrispondono due sezioni dell'impianto: la sezione di selezione meccanica del rifiuto in ingresso e quella di trattamento biologico della frazione organica separata.

La sezione di selezione meccanica dovrà prevedere:

• la separazione meccanica della frazione organica umida del rifiuto indifferenziato;

• la separazione della frazione inorganica secca del rifiuto. La frazione secca successivamente troverà collocazione presso impianti di terzi per i seguenti utilizzi:

v recupero di energia presso termovalorizzatori;

v invio ad impianti di recupero per la produzione di CDR.;

v smaltimento in discarica;

• il recupero, tramite sistemi automatici, delle componenti ferrose e non ferrose presenti all'interno del rifiuto, il materiale recuperato sarà successivamente inviato a recuperatori specializzati;

• lo stoccaggio temporaneo ed il trasferimento di materiali ingombranti, separati nell'area di ricevimento dei rifiuti ad impianti di recupero o smaltimento autorizzati.

La sezione di trattamento biologico dovrà prevedere:

• L'assoggettamento della frazione organica separata ad un processo per la igienizzazione e stabilizzazione del materiale, il cui prodotto potrà essere successivamente inviato a:

v raffinazione per l'ottenimento di un materiale stabilizzato da utilizzare come recuperi ambientali;

v ricopertura giornaliera dei rifiuti in discarica;

v smaltimento in discarica.

B.3 POTENZIALITÀ ED OPERATIVITA' DELL'IMPIANTO.

La capacità annua di trattamento dell'impianto dovrà essere definita in base ai quantitativi annui da smaltire indicati dal Piano Regionale. L'impianto dovrà funzionare sei giorni alla settimana per complessivi 310 giorni all'anno. Il dimensionamento delle linee di processo dipende dalle modalità e dai tempi operativi dell'impianto e rappresenterà un compromesso tra un sudimensionamento dell'impianto, come avverrebbe in caso di operatività su di un unico turno, ed un ragionevole impiego di personale, nel caso di funzionamento su più turni. Oltre a ciò bisogna tener conto delle necessità di manutenzione e del tempo di permanenza dei rifiuti in ingresso, che non deve superare il giorno di conferimento.

In condizione di regolare funzionamento, le quantità conferite saranno interamente sottoposte a lavorazione durante il lavoro giornaliero, cosicché l'area di ricevimento possa essere lasciata sgombra e lavata alla fine della giornata, in questo modo si raggiunge un livello igienico più che accettabile, evitando generazione di odori molesti nell'ambiente interno.

B.4 DISPOSIZIONE DELL'IMPIANTO.

Il lay-out ottimale dell'impianto, dovrebbe assumere quali ipotesi di progetto i seguenti indirizzi:

• prevedere strade di accesso, di circolazione, sistema di pesatura e piazzali di manovra adeguatamente dimensionati in relazione all'affluenza dei mezzi di trasporto;

• mantenere fisicamente separate l'area di ricezione, quella di separazione meccanica e l'area dove avviene l'igenizzazione e la stabilizzazione della frazione organica, in considerazione delle diverse condizioni del processo di lavorazione del rifiuto;

• sezionare le diverse isole di trattamento in modo da assicurare un corretto funzionamento dei sistemi di aspirazione dell'aria dagli ambienti di lavoro con diversi valori di ricambio in relazione alla destinazione d'uso;

• realizzare tutte le fasi del processo in ambienti chiusi e mantenuti in leggera depressione in modo da evitare la diffusione nell'ambiente circostante di polveri e gas maleodoranti;

• prevedere, per quanto possibile, linee ridondanti indipendenti ed autonome in modo da assicurare il funzionamento a carico ridotto dell'impianto anche in caso di guasto ad una macchina;

• rendere accessibili le apparecchiature per manutenzione ordinaria e straordinaria senza intralciare o impedire il funzionamento delle altre e prevedere spazi ed attrezzature per consentire anche la sostituzione di macchine ingombranti;

• disporre di un adeguato sistema di ventilazione e di alimentazione dell'aria di processo come pure di un sistema di lavaggio e di biofiltrazione dell'aria espulsa che garantisca la massima eliminazione degli odori sgradevoli;

• prevedere sistemi di gestione e trattamento delle acque reflue, di processo, meteoriche in modo da evitare qualsiasi contaminazione dell'ambiente;

• prevedere l'impiantistica accessoria quale: alimentazione elettrica, impianto antincendio, sistema fognario, acqua potabile, aria compressa, laboratorio, officina, magazzino ed uffici;

• valutare la convenienza di avere spazi a disposizione per eventuali necessità di trattamenti addizionali (raffinazione, preparazione CDR, etc.)

• adottare le misure necessarie per rispettare i limiti previsti dalla legge per le emissioni acustiche dell'impianto.

B.5 CRITERI DI PROGETTAZIONE DELLA SEZIONE DI SELEZIONE MECCANICA

L'area di ricezione dei rifiuti, completamente chiusa ed attrezzata da un sistema d'accesso ad apertura e chiusura automatica che impedisca la fuoriuscita di effluenti gassosi, deve essere prevista per automezzi in ingresso di varie dimensioni, fino ai semirimorchi da 80 m3 con lunghezze fino a 13,5 m oltre la motrice e altezza 4 m.

L'area di ricevimento dove si scaricano i rifiuti sarà chiusa, pavimentata e coperta, dotata di sistemi di raccolta delle acque di percolazione. Per assicurare la perfetta impermeabilità delle pavimentazioni contro l'infiltrazione di percolati, sotto la pavimentazione sarà posta una adeguata geomembrana in PEAD, bentonica o similare.

La movimentazione dei rifiuti nell'area di ricevimento (ricevimento, deposito temporaneo, ripresa ed alimentazione delle linee di pretrattamento) avviene normalmente mediante pale meccaniche gommate in dotazione all'impianto, alle quali può eventualmente essere aggiunto un ragno caricatore, allo scopo di aiutare le pale nell'azione di caricamento delle linee di trattamento e nella rimozione degli ingombranti.

Le pale meccaniche saranno dotate di marmitta catalitica, cabina insonorizzata e climatizzata con filtri a tessuto e a carboni attivi sull'aria aspirata.

Lo scarico diretto in platea impedisce lo stoccaggio prolungato del rifiuto (massimo 1 giorno di deposito prima del trattamento); in particolare è raccomandabile evitare vi siano "zone morte" di accumulo, dove si possono innescare processi di fermentazione.

La rimozione di eventuali corpi ingombranti od indesiderati (es. bombole a gas, manufatti in legno, ecc.) presenti all'interno del RSU può venire effettuata manualmente dagli operatori.

Gli impianti di selezione meccanica dei rifiuti saranno progettati secondo processi semplici, comunemente basati sul fatto che le componenti che costituiscono il rifiuto urbano sono separabili in classi merceologiche in funzione della dimensione media dei componenti.

Poiché la frazione organica è caratterizzata da dimensione mediamente inferiori a quelle della componente inorganica, come nella maggior parte delle moderne realizzazioni, la separazione viene effettuata tramite un vaglio di selezione primaria, che determina la generazione di due flussi distinto: organico umido e frazione secca. I due flussi (frazione organica e frazione secca) sono più o meno "puliti" in relazione alle dimensioni dei fori del vaglio. È raccomandabile valutare la possibilità di disporre, all'ingresso del vaglio, di una sezione di vagliatura per raccogliere la parte più fine costituita da polveri ed inerti contenimenti un'alta percentuale di metalli pesanti, che così non verrà trasferita nel materiale stabilizzato.

Sui due flussi è effettuata la separazione dei materiali ferrosi che può avvenire prima della vagliatura oppure installando a valle sistemi di deferrizzazione operanti in parallelo direttamente su entrambi i flussi.

È raccomandabile l'installazione di apparecchiatura per la separazione dei metalli non ferrosi (principalmente alluminio) in funzione della composizione del rifiuto.

Un aspetto fondamentale risiede nella presenza di un trituratore in testa alle linee di trattamento.

Se da una parte l'inserimento di un trituratore diminuisce in qualche modo l'efficienza della successiva separazione, dall'altra consente una più elevata potenzialità di smaltimento. Inoltre, se non si procede alla pre-triturazione, le linee devono essere dimensionate per accettare pezzi di dimensioni rilevanti e comunque richiedono un meticoloso controllo in fase di alimentazione per evitare di avviare al trattamento corpi di dimensioni incompatibili con le caratteristiche delle linee, che provocherebbero frequenti disservizi.

La frazione umida selezionata è inviata con trasportatori a nastro nella sezione di biotrattamento.

La frazione prevalentemente secca, viene deferrizzata ed inviata, mediante trasporto a nastro, ad una pressa oleodinamica che ne aumenta la densità compattandola in appositi cassoni o in balle oppure, in alternativa, può essere conferita direttamente sui mezzi autoarticolati per il trasporto alla destinazione finale.

I materiali ferrosi, sono recuperati mediante deferizzatori elettromagnetici di tipo over-band che, posti possibilmente di testa sui trasportatori a nastro separano i materiali ferrosi presenti e li inviano su cassoni scarrabili per poi essere trasportati alla destinazione.

I criteri da impiegare nella progettazione possono essere così riassunti:

• tempo di permanenza rifiuti in ingresso: 1 giorno di conferimento;

• capacità di stoccaggio semilavorati:

frazione secca: 2 giorni di produzione

materiali ferrosi: 2 giorni di produzione.

L'ambiente sarà mantenuto in depressione rispetto all'esterno: da un impianto di aspirazione dell'aria che viene poi depolverata e deodorizzata.

B.6 SEZIONE DI TRATTAMENTO BIOLOGICO

Descrizione del Processo

La frazione organica stabilizzata ottenuta da separazione meccanica di rifiuti meccanizzati presenta delle caratteristiche analitiche e merceologiche intuitivamente peggiori rispetto a quella ottenuta dalla frazione organica da raccolta differenziata e da ciò consegue l'impossibilità di una sua piena valorizzazione in ambito agricolo. Il suo destino è dunque:

• quello dello smaltimento controllato (in tal caso il trattamento biologico si configura come trattamento pre-discarica in coerenza con quanto previsto dall'art. 5, comma 6, del D.Lgs. n. 22/1997 e dall'art. 6 della Dir. 99/31 CE sulle discariche recepita nel nostro Paese con la legge n. 36/2003);

• quello di utilizzo come materiale di ricopertura giornaliera dei rifiuti in discarica;

• quello dell'applicazione controllata in operazioni di recupero ambientale di siti compromessi.

Con la definizione di "trattamenti biologici" si intende il complesso delle operazioni, processi ed attività a carico di materiali biodegradabili di varia natura, che sfruttando le potenzialità degradative e di trasformazione da parte di sistemi biologici (essenzialmente legati all'attività di microrganismi decompositori), consentono una mineralizzazione delle componenti organiche maggiormente degradabili (processo definito anche come "stabilizzazione" della sostanza organica) l'igenizzazione per pastorizzazione della massa di rifiuti.

Scopo dei trattamenti biologici e quindi:

• raggiungere la stabilizzazione della sostanza organica (ossia la perdita di fermentescibilità) mediante la mineralizzazione delle componenti organiche più aggredibili, con produzione finale di acqua ed anidride carbonica e loro allontanamento dal sistema biochimico. Tale processo è inteso a garantire la compatibilità tra i prodotti finali e le ipotesi di impiego o la loro collocazione in ambito confinato (discarica). Un prodotto organico "stabile", infatti non produce più metabolici (intermedi di degradazione) ad effetto fitotossico, né consuma ossigeno (necessario per la trasformazione delle componenti organiche: "fresche"), sottraendo alle piante ed alla microflora del terreno; in discarica, il materiale organico stabilizzato non comporta massicci processi di degradazione anaerobica a carico delle componenti organiche facilmente degradabili di cui la sostanza organica "fresca" è invece ricca (non conseguente produzione di biogas e percolato ad elevata aggressività).

• conseguire la igienizzazione della massa; ciò consente di debellare i fitopatogeni presenti nei residui vegetali, impedendo che il composto ne diventi vettore nonché gli agenti patogeni umani veicolati presenti nei materiali di scarto (es.: fanghi civili);

• ridurre il volume e la massa dei materiali trattati al fine di renderne più agevole ed economico il trasporto e, nel caso di materiale da destinare a smaltimento in discarica, di ridurre il volume occupato rispetto ai rifiuti non trattati.

Il "trattamento biologico" è un processo:

aerobico (necessità di ossigeno per la mineralizzazione delle componenti a maggiore fermentescibilità, con conseguente stabilizzazione della biomassa), ed

esotermico (viene prodotto calore che va in certa misura allontanato dal sistema onde evitare il surriscaldamento della biomassa in eccesso rispetto ai valori ottimali di range delle temperature).

Tale processo può essere descritto e suddiviso in due fasi:

• Fase attiva (anche definita di "Biossidazione accelerata" o "ACT - active composting time"), in cui sono più intensi e rapidi i processi degradativi a carico delle componenti organiche maggiormente fermentescibili; in questa fase, che si svolge tipicamente in condizioni termofilc, si raggiungono elevate temperature, si palesa la necessità di drenaggio dell'eccesso di calore dal sistema e si ha una elevata richiesta di ossigeno necessario alle reazioni bio-chimiche;

• Fase di maturazione (o fase di curing) in cui si completano i fenomeni degradativi a carico delle molecole meno reattive ed in cui intervengono reazioni di trasformazione e polimerizzazione a carico delle stesse (con particolare riferimento alla lignina) che portano alla "sintesi" delle sostanze humiche. Sia le esigenze di drenaggio di calore che quella di adduzione di ossigeno al sistema sono minori rispetto alla fase attiva.

I fattori principali di controllo del processo, che garantiscono le ottimali condizioni di sviluppo della microflora e che consentono di accelerare le reazione di decomposizione-trasformazione, sono rappresentati da:

Concentrazione di ossigeno (ed il rapporto ossigeno/anidride carbonica); la permanenza della concentrazione di ossigeno a livelli superiori al 15% garantisce il perdurare delle condizioni di perfetta aerobiosi indispensabile per la accelerazione del metabolismo batterico aerobio; ciò a sua volta consente di ridurre od annullare i fenomeni putrefattivi (causa primaria di genesi di odori molesti); il flusso di aria deputato alla adduzione di ossigeno all'interno della massa di rifiuti in compostaggio garantisce contestualmente l'asportazione del calore in eccesso e (se necessario) l'allontanamento dell'eccesso di umidità sottoforma di vapore acqueo.

Temperatura: la temperatura si innalza come conseguenza del calore sviluppato dai processi degradativi; il suo accumulo nella massa dipende dall'equilibrio tra

v sviluppo di calore (legato alla fermentiscibilità degli scarti) e

v dispersione di calore (legato alla dimensione della massa ed, alla sua umidità dal momento che l'evaporazzione di acqua assorbe calore sia per l'innalzamento della temperatura dell'acqua stessa che per il suo passaggio allo stato di vapore).

Nella fase attiva, con biomasse non eccessivamente umide e cumuli di dimensioni adeguate, la temperatura può anche superare agevolmente i 70°C, garantendo in tal modo le condizioni necessarie per la igienizzazione del materiale (3 giorni a 55°C per la legislazione italiana); le condizioni termometriche ottimali per i processi di stabilizzazione sono invece quelle tendenzialmente mesofile (attorno a 40-45°C); per tale motivo è opportuno adottare sistemi di rimozione del calore in eccesso, utilizzando efficacemente i flussi d'aria naturali (per diffusione e convenzione) od indotti (sistemi di aerazione forzata della biomassa); in molti sistemi di processo la temperatura viene in realtà mantenuta attorno ai 50°C, per ricercare un compromesso tra le esigenze di asportazione del calore in eccesso (che richiederebbero flussi d'aria anche superiori), quelle di risparmio energetico e quelle di prevenzione dei disseccamenti precoci (che richiedono invece un abbassamento delle dimensioni dei flussi d'aria).

Umidità: è indispensabile per lo sviluppo microbico che risente fortemente sia di eccessi di umidità (con rischio di occupazione totale della porosità della biomassa da parte dell'acqua, e dunque di anaereobiosi del sistema) che di mancanza (che comporta la stasi dei processi degradativi). I valori ottimali dell'umidità della massa tendono a decrescere con il procedere dei processi di stabilizzazione e conseguentemente con il decremento delle attività biologiche a carico della massa in trasformazione. Il materiale iniziale deve invece presentare una umidità relativamente elevata per esaltare le funzioni di termoregolazione collegate alla evaporazione della stessa e evitare al contempo disseccamenti precoci. Nella tabella seguente vengono riportati - a titolo indicativo, e segnalando comunque la natura relativamente adattativa dei processi biologici - i range ottimali di umidità nelle diverse fasi del processo di biostabilizzazione.

 

Fasi 

Range ottimali di umidità 

 

Iniziale 

50-60% 

 

Intermedia 

40-45% 

 

Finale 

25-30% 

Nutrienti; sotto tale profilo è importante il ruolo giocato dal rapporto C/N, che esprime il rapporto tra le sostanze che forniscono ai microrganismi energia per le loro reazioni metaboliche (composti carboniosi) e materiali plastici per la loro moltiplicazione (composti azotati); il C/N ideale è compreso tra 25 e 30 unità, tenendo presente che ogni scostamento medio da questi valori porta a carenze o eccessi che condizionano fortemente le attività biologiche, determinando:

v una massiccia perdita di azoto (nel caso di valori bassi di C/N) o

v un rallentamento delle reazioni metaboliche, nel caso di valori alti di C/N.

In realtà gli impianti nascono ed operano per garantire il trattamento delle diverse biomasse: generate sul territorio e da cui viene programmata la sezione e l'avvio a compostaggio. Il controllo su questo parametro non rientra dunque in generale nella consuetudine operativa, pur aiutando l'interpretazione di certi fenomeni (es. difficoltà di avvio della fase termofile per alto C/N) laddove questi si presentino.

L'evoluzione della sostanza organica durante il compostaggio precoce sia quantitativamente, con una evidente riduzione volumetrica e ponderale, che qualitativamente, con una modificazione anche consistente delle caratteristiche chimiche della sostanza organica contenuta nel compost rispetto a quella originaria delle biomasse ad inizio trattamento. Dal punto di vista qualitativo la sostanza organica, una volta terminato il processo biologico, si presenta:

1. Stabile, cioè con processi degradativi di natura biologica alquanto rallentati; la misura della stabilità di una biomassa si può concretizzare attraverso la determinazione analitica di:

v contenuto residuo in sostanza Organica (od in Solidi Volatili)

v indici di respirazione statico o dinamico (legati alla attività metabolica residua)

v concentrazione di ammoniaca (legata alla persistenza di attività di degradazione e proteolisi in misura superiore a quelle di nitrificazione dell'ammoniaca);

2. Matura, cioè non presenta fenomeni di fitotossicità, misurabili con l'omonimo test;

3. Umidificata, cioè dotata opportunamente di molecole uniche (humus) originatesi da reazioni di umificazione a carico delle componenti della sostanza organica più recalcitranti alla mineralizzazione;

B.7 DEFINIZIONE DELLE NECESSITÀ DI PROCESSO

La frazione organica selezionata dall'operazione di vagliatura sarà trasferita con nastri trasportatori di portata adeguata all'area di biostabilizzazione, che deve essere dimensionata per una permanenza minima del materiale da trattare di 4 settimane in funzione del processo previsto.

In base a quanto specificato, durante il trattamento devono essere rispettati gli obiettivi di fondo costituiti:

• dal mantenimento della struttura del materiale grazie:

v all'eventuale possibilità di effettuare nell'alimentazione una miscelazione di matrici di buona consistenza e pezzatura (in particolare, materiali lignocellulosici);

v al rivoltamento periodico della massa (in particolare a prevenzione di fenomeni di compattazione per biomasse poco strutturate) con macchinari che possano funzionare in automatico, in modo da non richiedere la permanenza di personale nell'area, nonché

v alla sua collocazione in cumuli opportunamente dimensionati in automatico, con altezza attorno a 2,5 - 3 metri e larghezza variabile: le dimensioni eccessive determinano una più spiccata tendenza alla compattazione precoce;

Il significato precipuo del rivoltamento è quello della ricostituzione dello stato naturale e delle condizioni di conduttività all'aria, mentre la sua adozione esclusiva non consente di garantire i flussi d'aria necessari a mantenere aerobiosi e il drenaggio del calore in eccesso. In altri termini, l'effetto di ossigenazione e di dispersione del calore garantito dal rivoltamento è solo temporaneo. Il mantenimento di condizioni opportune di aerobiosi e di temperatura richiede l'intervento dei processi diffusivi e convettivi, ed in caso di loro insufficienza (per bassa porosità della massa o per alta velocità delle reazioni ossidative) l'adozione della aerazione forzata. È necessario, tuttavia, ricordare che i rivoltamenti devono essere un numero discreto in modo da non alterare le condizioni di umidità e di temperatura ottimali richieste dal processo nelle varie fasi;

• dalla necessità di garantire l'aerobiosi del processo. Sotto tale profilo, laddove i flussi, spontanei di aria indotti per diffusione e convenzione non sono in grado di bilanciare la velocità di consumo di ossigeno (correlata alla fermentescibilità della biomassa, e dunque massima nelle prime fasi del processo), bisogna intervenire con l'aerazione forzata della biomassa. Tale aerazione avviene, di norma insufflando o aspirando aria attraverso cunicoli predisposti sotto i cumuli;

• dalla ricerca di condizioni termometriche ottimali, necessarie alla massima velocizzazione delle attività microbiche (40-50°C) ed al conseguimento della pastorizzazione (3 giorni a 55°C per la legislazione italiana), senza dimenticare d'altronde l'obiettivo coordinato;

• della gestione controllo degli strumenti di governo del processo (aerazione forzata, sistemi di inumidimento, sistemi di abbattimento degli odori, ecc.) delle fasi critiche individuabili soprattutto in quelle iniziali.

È conveniente che i cumuli siano gestiti in automatico con continuità, con formazione del cumulo su una sezione di carico e traslazione progressiva, mediante meccanismi di rivoltamento con traslazione verso la sezione di scarico. Questa soluzione elimina gli spazi inutilizzati fra cumulo e cumulo, ma costringe ad adottare rivoltamenti a periodicità fissa e ad adozione di misure per coordinare le esigenze geometriche di predisposizione di nuovo spazio nella sezione di carico con le effettive esigenze di processo (il che può risultare operativamente ed economicamente più impegnativo). Tale soluzione presenta però l'enorme vantaggio di poter operare in automatico e di poter richiedere, quindi, la presenza di personale in un ambiente disagevole, che risulta particolarmente maleodorante, con alto tenore di umidità e temperature elevate.

Un altro vantaggio è costituto dalla possibilità di avere la formazione di cumuli omogenei a sezione costante, che permettono una uniforme diffusione dell'aria forzata.

B.8 DURATA DEL PROCESSO

La fase attiva presidiata, se distinta da quella di maturazione, deve avere una durata tale da garantire un prodotto in uscita con una sufficiente stabilità biologica rispettando in alternativa uno dei due valori seguenti:

v Indice respirometrico (I.R.) statico < 500 mg O2/kg.s.v. * h

v Indice respirometrico (I.R.) dinamico < 1000 mg O2/kg.s.v. * h

Nel caso di produzione di materiali stabilizzati per applicazioni controllate nel settore paesistico-ambientale, la fase precedente deve seguire una fase di maturazione tale da garantire il rispetto in alternativa di uno dei due valori seguenti:

v Indice respirometrico (I.R.) statico < 400 mg O2/kg.s.v. * h

v Indice respirometrico (I.R.) dinamico < 800 mg O2/kg.s.v. * h

B.9 DOTAZIONI TECNOLOGICHE, DIMENSIONAMENTO E PRESIDI AMBIENTALI

Il processo di biostabilizzazione deve avvenire all'interno di capannoni tamponati integralmente e mantenuti in leggera depressione. I macchinari di alimentazione della frazione organica, di generazione dei cumuli e di rivoltamento degli stessi devono poter operare in continuità e senza presidio, per cui devono essere dotarti di telecomando da sala comando. I macchinari, le strutture interne e gli impianti elettrici che equipaggiano la sezione di biostabilizzazione devono essere progettati con materiali e protezioni superficiali idonee a funzionare a lungo senza inconvenienti nell'atmosfera umida ed aggressiva esistente all'interno dei capannoni.

Deve essere prevista un'area di manutenzione dei macchinari, all'interno e all'esterno dei capannoni.

Se prevista all'interno dovrà disporre di adeguata ventilazione per permettere la permanenza del personale.

La sezione di biostabilizzazione dovrà inoltre disporre di:

• previsione, in fase attiva, della aerazione forzata della biomassa, per aspirazione e/o insufflazione;

• predisposizione di strumenti di controllo del processo, con dotazione almeno di sonde termometriche;

• predisposizione di sistemi per l'inumidamento periodico della biomassa, in particolare nella fase attiva.

B.10 GESTIONE DELLE ARIE ESAUSTE

Alfine di garantire l'annullamento delle molecole olfattive connesse all'immissione nell'ambiente delle arie aspirate dalle diverse sezioni, laddove viene previsto l'allestimento di edifici od ambienti chiusi, va previsto un impianto di trattamento nell'aria che comprenda:

• sezione ventilante di aspirazione, costituiti da due linee in parallelo dimensionate al 60% della portata massima;

• aspirazione e canalizzazione delle arie esauste per l'invio al sistema di abbattimento degli odori; le portate d'aria aspirate dai vari comparti operativi dovranno essere indicativamente pari a:

v zona di recizione e di preframmentazione: 4 vol/h;

v zona di vagliatura: 3 vol/h;

v carico e spedizione frazione secca: 3 vol/h;

v biostabilizzazione: 2 vol/h;

v maturazione finale, laddove allestite al chiuso: 2 vol/h;

v locali con presenza non episodica di addetti: 4 vol/h.

• riutilizzo preferenziale delle arie aspirate dalle sezioni di ricezione e pretrattamento per la ventilazione delle sezioni di biostabilizzazione e/o per l'insufflazione della biomassa; il bilancio complessivo tra arie immesse ed estratte dalle sezioni di compostaggio attivo deve comunque essere negativo, con saldo netto pari ad almeno 2 ricambi/ora;

• torre di lavaggio (scrubber ad umido), che elimina le polveri residue egli eventuali acidi organici presenti con acqua eventualmente addizionata a reattivi chimici;

• filtro biologico con letto in torba o materiale equivalente, adeguatamente dimensionato, per l'abbattimento del carico odorigeno delle arie da recapitare all'esterno; allo scopo di garantire un tempo di contatto di almeno 45". Il biofiltro dovrà essere dimensionato sulla base di un rapporto con il flusso orario di effluenti gassosi da trattare pari ad almeno 1 m3 di letto di biofiltrazione per ogni 80-100 Nm3/h di effluenti gassosi da trattare. Il biofiltro dovrà essere dotato di un sistema di umidificazione per mantenere le condizioni ottimali di processo (umidità compresa tra il 40% ed il 60%);

• costruzione modulare di biofiltro, con almeno 2 moduli singolarmente disattivabili per le manutenzioni ordinarie e straordinarie.

Le apparecchiature per il trattamento dell'aria aspirata dai reparti possono essere posizionate all'esterno degli edifici e le tubazioni dell'aria devono essere costituite in materiale idoneo alle condizioni di aggressività chimica del fluido convogliato.

L'efficienza dei sistemi di trattamento degli odori deve essere determinata secondo i principi della Olfattometria Dinamica riportati nel Draft CEN 064/e TC 264 WC2 «Odours».

Il valore limite da rispettare per tutti i punti campionati è pari a 300 Unità Odorimetriche / N3 (U.O./Nm3), tenendo conto degli interventi di confidenza statistica previsti dalla metodica citata.

B.11 IGIENE E SICUREZZA

Allo scopo di prevenire il rischio biologico di inalazione, da parte degli operatori, di polveri sospese e di aerosoli contenenti agenti patogeni, gli addetti al processo devono eseguire o presiedere alle operazioni di movimentazione, di rivoltamento, di triturazione e di raffinazione in mezzi cabinati dotati di appositi filtri o devono indossare mascherine antipolvere.

Il processo di bioconservazione, deve garantire la igienizzazione della biomassa, allo scopo di inattivare i patogeni eventualmente presenti nel materiale trattato. A tale scopo, la igienizzazione si intende conseguita quando ogni parte del materiale è stata soggetta per almeno 3 giorni ad una temperatura minima di 55°C.

L'impianto dovrà essere attrezzato per mantenere un adeguato livello di pulizia di strade e piazzali.

B.12 GESTIONE DELLE ACQUE REFLUE

Deve essere prevista l'impermeabilizzazione di tutte le zone operative (stoccaggio matrici, pretrattamenti, fase attiva, maturazione, post-trattamenti e stoccaggio del prodotto finito e degli scarti di lavorazione).

La gestione delle acque deve essere differenziata a seconda della provenienza delle stesse, come di seguito elencato.

Vengono forniti anche i criteri per il dimensionamento parametrico delle vasche di stoccaggio, se previste o necessarie. In caso di presenza di falda affiorante nell'area prescelta per l'intervento, va predisposta una doppia camera per la/e vasca/e di raccolta delle acque reflue. In alternativa, possono essere realizzate vasche fuori terra (es. in elementi prefabbricati), soluzione da preferire nel caso in cui lo spazio disponibile non costituisca fattore limitante.

B.13 ACQUE DI PROCESSO

Le acque derivanti dai processi spontanei di rilascio da parte delle biomasse in fase di stoccaggio iniziale o durante il processo (acqua di rilascio), devono essere prioritariamente riutilizzate per i processi di rinumidimento delle biomasse stesse. Qualora non vengano riutilizzate, tali acque devono essere trattate nel rispetto della normativa vigente in materia di scarichi (decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152) prima del loro recapito al sistema fognario o ad acque superficiali. Per le acque provenienti dalle prime fasi di gestione al chiuso di biomasse ad elevata fermentescibilità va previsto un riutilizzo esclusivamente nella fase attiva (in strutture chiuse) a causa del carattere fortemente odorigeno delle stesse.

Nel caso si provveda al riutilizzo delle acque di stoccaggio e di processo per l'inumidimento delle biomasse è richiesta la predisposizione di un sistema di contenimento avente una capacità minima tale da assicurare lo stoccaggio per un periodo compreso fra due successivi prelievi.

La capacità dell'invaso dedicato allo stoccaggio dei reflui, nel caso di riutilizzo nel processo, deve dunque avere dimensioni minime determinate secondo il seguente procedimento di carico:

C = R x Q x T : 1000

ove:

C = capacità dell'invaso in metri cubi

R = coefficiente di rilascio in litri/tonnellata * giorno; R deve assume valori minimi compresi fra 2 e 5, ove il valore minimo si applica ai processi con aerazione della biomassa per insufflazione, il valore massimo a quelli con aerazione per aspirazione. Per gli stoccaggi iniziali di biomasse a elevata umidità quali i fanghi di depurazione, le frazioni umide da raccolte differenziate o da selezione meccanica, prima della loro miscelazione con materiali di struttura, si applica il coefficiente 5

Q = quantità (in tonnellate) di biomasse in fase ACT al coperto a cui si applica il calcolo

T = tempo massimo (in giorni) di stoccaggio delle acque tra due interventi successivi di prelievo per l'inumidamento.

B.14 ACQUE DI PERCOLAZIONE SU PIAZZALI DI MATURAZIONE ALL'APERTO

Tali acque devono essere inviate a depurazione o riutilizzate per l'umidificazione della biomassa.

La capacità dell'invaso dedicato allo stoccaggio, nel caso di riutilizzo nel processo, deve essere dimensionato in relazione alla superficie dedicata allo stanziamento dei cumuli all'aperto e alla piovosità media annua della zona.

La capacità dell'invaso dedicato alla stoccaggio dei reflui, espressa in metri cubi, nel caso di riutilizzo nel processo, deve avere dimensioni minime determinate secondo il seguente procedimento di calcolo:

Q = S * (P:1000)/30,

ove:

S = superficie della zona di maturazione in mq,

P = piovosità media annua espressa in millimetri.

B.15 ACQUE METEORICHE

Le acque meteoriche delle aree esterne di transito e manovra (escluse le aree di maturazione nel caso di scarico in acque superficiali o sul suolo, devono avere una separazione delle acque di prima pioggia. Le acque di prima pioggia dei piazzali di solo transito e manovra possono essere inviate a depurazione o riutilizzate sulla biomassa. In questo caso è opportuno predisporre un sistema di disoleazione delle stesse previamente al riutilizzo.

La capacità dell'invaso dedicato allo stoccaggio, nel caso di riutilizzo nel processo, deve avere dimensioni minime determinate in relazione all'altezza delle precipitazioni di "prima pioggia".

Le acque meteoriche da gronde pluviali e le acque di seconda pioggia, possono essere destinate allo scarico, nel rispetto delle norme vigenti, o al riutilizzo per l'umidificazione della biomassa.

B.16 ACQUE NERE

Tali acque devono essere inviate al sistema fognario e/o trattate nel rispetto della normativa vigente.

B.17. CONTROLLO DEL PROCESSO E REGISTRAZIONE DATI

Per ogni ciclo di compostaggio il titolare dell'impianto è tenuto a registrare giornalmente tutte le fasi operative e a fornire annualmente alla sezione ARTA della Provincia territorialmente competente, la seguente documentazione:

• dimensione e sezione dei cumuli;

• diagramma delle temperature dei cumuli in funzione del tempo;

• tipo di aerazione utilizzata;

• numero e frequenza dei rivoltamenti effettuati;

• sistema di rivoltamento utilizzato;

• granulometria del compost ottenuto e caratterizzazione in funzione degli impieghi agronomici;

• analisi chimica del compost da inviare all'utilizzo;

• durata della maturazione in funzione della tipologia del materiale utilizzato e delle condizioni di impiego;

• rendicontazione dei quantitativi annui commercializzati di materiale compostato in uscita all'impianto di compostaggio, distinti per tipologia di utilizzo; fa eccezione la distribuzione frammentata a privati cittadini e limitarmene all'uso domestico del prodotto;

• relazione certificata da periti agrari, agronomi, agrotecnici, istituti agrari e istituti universitari che, per ciascuna tipologia di utilizzo, illustri le metodiche dell'impiego e i risultati ottenuti.

B.18 SPOGLIATOI DEL PERSONALE

In considerazione delle condizioni ambientali all'interno dell'impianto, gli spogliatoi del personale dovranno essere sdoppiati con l'interposizione del vano docce tra locale dove si smettono gli abiti da lavoro e locale dove si conservano gli abiti civili.

Infine dovrà essere prevista una gestione dei cambi degli indumenti da lavoro degli addetti in conformità delle norme vigenti.

C) IMPIANTI DI COMPOSTAGGIO DEL VERDE E DELLA FORSU

Impianti di trattamento e valorizzazione del rifiuto verde.

I materiali che possono essere trattati in questa tipologia di impianto sono i seguenti:

• sfalci;

• foglie che non provengano dallo spazzamento stradale;

• imballaggi in legno che non sia stato trattato con altre sostanze (colle, laminati plastici, ecc.)

• materiali ligneo cellulosici quali pallets e cassette in legno purché privi di pannelli truciolati o altri materiali indesiderati (ad esempio polistirolo e/o profilati in plastica);

• fanghi di depurazione di reflui civili;

• segature, trucioli, frammenti di legno di sughero;

• cortecce;

• rifiuti derivanti dalla silvicoltura;

• rifiuti vegetali derivanti da attività agroindustriali, scarti di legno non impregnati; rifiuti da giardino e parchi;

• legno non impregnato dalla raccolta differenziata;

• ceneri di combustione da sansa esausta;

• rifiuti tessili di origine vegetale;

• rifiuti tessili di origine animale;

• carta/cartone nelle forme usualmente commercializzate;

• fibra e fanghi di carta;

• frazione organica di rifiuti raccolta separatamente (FORSU).

Per tali impianti si applicano i principi generali di cui alla superiore sezione B relativamente alla frazione umida del rifiuto urbano (B.1, B.2, B.3 e B.4).

Relativamente alle operazioni di compostaggio, alle norme di sicurezza e di rispetto della disciplina ambientale occorre riferirsi alle superiori sezioni e cioè dalla sezione B.5 alla sezione B.18.