§ 86.11.4a - Circolare 12 dicembre 1989, n. 33.
Trasferimento per cure in ambito comunitario. Art. 22 del regolamento CEE n. 1408/71.


Settore:Normativa nazionale
Materia:86. Sanità
Capitolo:86.11 sanità pubblica
Data:12/12/1989
Numero:33

§ 86.11.4a - Circolare 12 dicembre 1989, n. 33. [1]

Trasferimento per cure in ambito comunitario. Art. 22 del regolamento CEE n. 1408/71.

(G.U. 10 gennaio 1990, n. 7)

 

     Con note n. 1000/618.4/443 del 7 marzo 1981, n. 1000/618.4/1378 del 31 luglio 1981 e n. 1000/VI/3490 del 6 maggio 1982 sono state emanate direttive sull'applicazione dell'art. 22 - paragrafo 1, lettera c), punto i) - del regolamento CEE n. 1408/71, concernente l'autorizzazione a recarsi in uno dei Paesi della Comunità europea per ricevere prestazioni sanitarie.

     L'esperienza acquisita nella gestione, unitamente alle unità sanitarie locali, dei trasferimenti per cure in ambito comunitario suggerisce una sostanziale revisione dell'attuale sistema autorizzatorio per renderlo più rispondente alle esigenze assistenziali e al progressivo aumento del flusso migratorio.

     Le problematiche connesse ai trasferimenti per cure all'estero sono state affrontate dal Consiglio superiore di sanità e dal Consiglio sanitario nazionale in occasione dell'esame dello schema di provvedimento sui criteri per fruire, in forma indiretta, di prestazioni assistenziali presso centri di altissima specializzazione all'estero, previsto dall'art. 3 della legge 23 ottobre 1985, n. 595; il predetto provvedimento (decreto ministeriale 3 novembre 1989) è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 273 del 22 novembre 1989.

     Anche se i trasferimenti per cure in ambito comunitario non rientrano fra quelli di cui alla richiamata legge n. 595 del 1985, lo scrivente Ministero ritiene che i principi della disciplina contenuta nel decreto ministeriale 3 novembre 1989, sui quali hanno convenuto sia il Consiglio superiore di sanità sia il Consiglio sanitario nazionale, debbano essere estesi anche ai trasferimenti presso strutture della CEE.

     L'estensione dei predetti principi ai trasferimenti in ambito comunitario non è finalizzata a perseguire una ingiustificata limitazione dei flussi migratori, ma a razionalizzare e governare il fenomeno.

     Si è consapevoli, infatti, che, fino a quando non saranno riorganizzati i servizi ospedalieri nazionali e gli stessi non garantiranno per alcune specialità prestazioni tempestive e standards assistenziali comparabili con quelli degli altri Paesi della Comunità, lo strumento eccezionale del trasferimento per cure all'estero non può essere soggetto, nei casi in cui è imposto da carenze obiettive del sistema ospedaliero nazionale, a limitazioni.

     Peraltro, la recente giurisprudenza della Corte costituzionale in materia di prestazioni che il Servizio sanitario nazionale non è in grado di erogare conferma, sia pure indirettamente, il diritto dello assistito alla prestazione all'estero qualora non sia altrimenti ottenibile in Italia.

     In base al potere che i regolamenti CEE riconoscono in materia alle autorità competenti di ciascun Paese, lo scrivente Ministero, con le richiamate ministeriali del 1981 e 1982, ha limitato la possibilità di autorizzare i trasferimenti per cure ai soli casi o forme di assistenza, particolarmente rilevanti sotto il profilo sanitario, presso centri di alta specializzazione e per prestazioni che non siano altrimenti ottenibili in Italia tempestivamente od adeguatamente.

     Il predetto orientamento è conforme sia allo spirito della disciplina comunitaria sia ai principi desumibili dalla vigente legislazione nazionale.

     Il rilevato progressivo aumento del flusso migratorio non impone, pertanto, una modifica di detto orientamento, ma una più organica e puntuale disciplina al fine di razionalizzare il fenomeno limitando le attuali disfunzioni.

     Con le suddette direttive ministeriali le unità sanitarie locali erano state invitate a compiere, prima di autorizzare il trasferimento, tutti i necessari accertamenti per verificare la sussistenza dei presupposti richiesti per l'autorizzazione ed era stato, in particolare, prescritto che il sanitario, incaricato di esprimere il definitivo parere sull'accoglimento o meno della domanda, dovesse redigere al riguardo una breve relazione motivata.

     Dall'analisi delle autorizzazioni concesse si è rilevato, da una parte, che la necessità della prestazione all'estero è certificata, nella quasi totalità dei casi, dal medico di famiglia o da uno specialista libero professionista e, dall'altra, che la relazione motivata si sostanzia, di norma, nella mera riaffermazione della necessità del trasferimento.

     Dalle segnalazioni dei consolati italiani all'estero e delle stesse strutture sanitarie straniere si è, poi, rilevato che, nella maggior parte dei casi, il trasferimento non è preceduto dai necessari, ed in alcuni casi essenziali, preventivi contatti ed accordi con la struttura estera prescelta con conseguenti rilevanti disfunzioni e inconvenienti per l'ammissione alle prestazioni e gravissimi disagi per gli assistiti.

     Oltre alle predette disfunzioni, il mancato coordinamento tra i centri di cura italiani e quelli esteri comporta, anche, oneri finanziari aggiuntivi per lo Stato (es. alcuni esami ed accertamenti possono essere effettuati in Italia, previe intese con la struttura estera, ed alcune cure possono essere proseguite in Italia senza protrarre inutilmente il ricovero).

     Si sono, infine, constatate difficoltà di interpretazione delle istruzioni ministeriali, già impartite, con conseguenti discordanze nelle procedure adottate, che hanno dato luogo ad impugnative a livello giurisdizionale oltre che amministrativo, nonchè a comportamenti non omogenei nel rilascio delle autorizzazioni fra le varie regioni e fra le unità sanitarie locali della stessa regione.

     Per superare, o quanto meno ridurre, le disfunzioni rilevate, questo Ministero ritiene che sia essenziale:

     A) Attribuire alla responsabilità di una struttura sanitaria di alta specialità (Centro regionale di riferimento) l'accertamento della sussistenza dei presupposti, che legittimano l'autorizzazione da parte dell'unità sanitaria locale competente al trasferimento all'estero e ogni altra valutazione di natura tecnico-sanitaria connessa al trasferimento per cure all'estero.

     Così come già previsto dal decreto ministeriale 3 novembre 1989, attuativo dell'art. 3 della legge 23 ottobre 1985, n. 595, la regione, in relazione alle varie patologie, deve individuare una o più strutture sanitarie alle quali demandare la funzione di centro regionale di riferimento ai fini dei trasferimenti per cure in ambito CEE.

     La costituzione dei centri regionali di riferimento è diretta ad assicurare, da una parte, unità di indirizzi e omogeneità di comportamento in tutto il territorio nazionale ed a soddisfare, dall'altra, l'esigenza più volte rappresentata dai consolati italiani competenti e dalle stesse strutture estere, di un referente sanitario in Italia della struttura estera per limitare le disfunzioni nell'erogazione delle prestazioni e i disagi per gli assistiti.

     B) Onerare la struttura, individuata come centro regionale di riferimento, dei contatti, diretti o indiretti tramite il consolato italiano competente, con la struttura estera prescelta al fine di concordare tempi e modi delle prestazioni e dei ricoveri nonchè le eventuali indagini di diagnostica strumentale e di laboratorio che possono essere eseguite prima della partenza dell'Italia e il successivo prosieguo delle cure al rientro in Italia.

     C) Fornire a coloro che sono stati autorizzati a recarsi all'estero, prima della partenza, tutte le informazioni di carattere anche non sanitario (adempimenti amministrativi; sistemazione alberghiera dei familiari accompagnatori ecc.) attraverso anche appositi opuscoli informativi per gli Stati a più elevata migrazione sanitaria (Francia-Belgio).

     D) Istituire, nelle località estere ove è più rilevante il fenomeno della migrazione sanitaria, appositi centri di riferimento, dipendenti dai consolati italiani e gestiti direttamente o indirettamente dagli stessi.

     Detti centri di riferimento all'estero assicureranno il collegamento fra il centro regionale di riferimento o gli assistiti e la struttura estera di ricovero, la collaborazione agli adempimenti amministrativi nonchè l'assistenza all'ammalato, prima e durante il ricovero, ed ai familiari accompagnatori.

 

     Oltre alle suesposte iniziative per superare le attuali disfunzioni, una ulteriore esigenza, che lo scrivente Ministero ritiene non essere più disattesa, è l'estensione della disciplina comunitaria per i trasferimenti per cure alle categorie attualmente non tutelate dai regolamenti e, cioè, agli invalidi civili, agli invalidi di guerra, ai pensionati sociali, agli assistiti ex art. 63 della legge n. 833/1978, ecc.

     Come è noto, i regolamenti CEE di sicurezza sociale per i lavoratori migranti si applicano solo ai lavoratori (dipendenti o autonomi e liberi professionisti); tutti gli altri cittadini, esclusi dall'ambito personale di applicazione dei regolamenti, sono esclusi dai benefici previsti dai regolamenti; non possono, cioè, fra l'altro, ottenere l'autorizzazione a trasferirsi per cure in uno dei Paesi CEE (assistenza diretta).

     Al fine di assicurare in ambito comunitario un organico e unitario sistema di erogazione delle prestazioni e la parità di trattamento fra tutti gli assistiti, con decreto legge 25 novembre 1989, n. 382 (art. 1, nono comma) i benefici previsti dall'art. 22 del regolamento CEE n. 1408/71 (cure urgenti in caso di temporaneo soggiorno; trasferimento per cure) sono stati estesi alle categorie attualmente escluse con decorrenza dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.

     Conseguentemente, se il Parlamento approverà la predetta disposizione, a partire dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, i trasferimenti per cure in ambito comunitario a favore dei cittadini, italiani e degli Stati membri della CEE, iscritti al Servizio sanitario nazionale, dovranno essere tutti disposti, salvo quelli in strutture non convenzionate con la istituzione estera competente, in base alla normativa dell'art. 22 del regolamento CEE n. 1408/71.

Si fa presente che i regolamenti CEE possono applicarsi esclusivamente ai cittadini dei Paesi membri della CEE, agli apolidi e ai profughi residenti in uno dei predetti Paesi.

     Pertanto, nei confronti dei cittadini di Paesi extra CEE, che, in base a disposizioni di legge o accordi internazionali, sono equiparati, ai fini dell'assistenza sanitaria, ai cittadini italiani (per es. stranieri con attività lavorativa in Italia ecc.), le prestazioni all'estero, limitate comunque ai trasferimenti per cure in centri di altissima specializzazione, continueranno ad essere assicurate, in forma indiretta, ai sensi delle disposizioni regionali attuative del richiamato decreto ministeriale 3 novembre 1989.

     Si fa presente che i cittadini di Paesi extra CEE assistiti ex art.63 della legge n. 833/78 (assicurazione volontaria al Servizio sanitario nazionale), non hanno diritto alle prestazioni all'estero, atteso che non possono usufruire nè della normativa dei regolamenti CEE (riservata ai cittadini dei Paesi membri della CEE e ai profughi e agli apolidi) nè di quella regionale attuativa del decreto ministeriale 3 novembre 1989 (riservata ai cittadini italiani ed a quelli che godono della parità di trattamento in base alla legge o ad accordi internazionali).

     Tutto ciò premesso e considerato, allo scopo di razionalizzare i trasferimenti per cure in ambito comunitario ed assicurare omogeneità di comportamento in tutto il territorio nazionale, lo scrivente Ministero ritiene di fornire le seguenti direttive che sostituiscono a tutti gli effetti quelle a suo tempo emanate.

 

     Si premette che, ai sensi dell'art. 22 del regolamento n. 1408/71, così come modificato con i regolamenti CEE n. 2793 del 1981 e n. 2000 del 1983 le unità sanitarie locali possono autorizzare un proprio assistito a recarsi in un altro Stato membro per ricevere le cure sanitarie di cui necessita (trasferimento per cure).

     A tali fini l'interessato deve munirsi dell'apposito modulario CEE (mod. E112) rilasciato dall'unità sanitaria locale di appartenenza; gli oneri sostenuti sono addebitati direttamente al Ministero della sanità dall'istituzione estera competente.

     Le cure sono erogate a cura dell'istituzione estera competente "secondo le disposizioni della legislazione che essa applica, come se l'interessato fosse ad essa iscritto".

     L'assistito italiano, autorizzato al trasferimento per cure, ha, quindi, diritto alle prestazioni autorizzate con le stesse modalità e limiti previsti dalle istituzioni estere per i propri assistiti; in concreto le prestazioni sono erogate gratuitamente o con il pagamento di una eventuale quota di partecipazione (ticket).

     Prestazioni che possono essere autorizzate.

     La richiamata normativa comunitaria riconosce al Ministero della sanità un ampio potere di apprezzamento nell'accordare o rifiutare le autorizzazioni al trasferimento per cure.

     In base al predetto potere di apprezzamento questo Ministero ritiene di individuare le prestazioni per le quali le unità sanitarie locali possono autorizzare il trasferimento all'estero nelle prestazioni di cui all'art. 3, quinto comma, della legge n. 595/1985 e, cioè, nelle prestazioni di diagnosi, cura e riabilitazione (ivi comprese eventuali protesi ed endoprotesi) richiedenti specifiche professionalità del personale, non comuni procedure tecniche o curative o attrezzature ad avanzata tecnologia, che non siano ottenibili tempestivamente o adeguatamente presso i presidi e i servizi pubblici o convenzionati con il Servizio sanitario nazionale.

     E' considerata "prestazione non ottenibile tempestivamente in Italia" la prestazione per la quale le strutture pubbliche o convenzionate con il Servizio sanitario nazionale richiedono un periodo di attesa incompatibile con l'esigenza sanitaria di assicurare con immediatezza la prestazione stessa senza compromettere gravemente lo stato di salute dell'assistito ovvero precludere la possibilità dell'intervento.

     E' considerata "prestazione non ottenibile in forma adeguata alla particolarità del caso clinico" la prestazione che richiede, in relazione al peculiare caso clinico, specifiche professionalità ovvero procedure tecniche o curative non praticate ovvero attrezzature non presenti nelle strutture pubbliche o convenzionate con il Servizio sanitario nazionale.

     In sostanza le prestazioni che possono essere autorizzate sono, quindi, quelle di competenza dei presidi e servizi di alta specialità italiani, nonchè quelle individuate con decreto del Ministro della sanita su proposta del Consiglio sanitario nazionale, ai sensi dell'art. 2, secondo comma, del decreto ministeriale 3 novembre 1989, attuativo dell'art. 3 della legge n. 595 del 1985.

     Nelle more dell'individuazione delle prestazioni erogabili ai sensi del richiamato art. 2, secondo comma, del decreto ministeriale 3 novembre 1989, possono essere autorizzate le prestazioni che, in base alla valutazione del centro regionale di riferimento, ove costituito, ovvero alla valutazione di una stuttura specialistica ospedaliera, pubblica o convenzionata, si ritiene rientrino fra quelle di cui ai suesposti criteri.

     Prestazioni che non rientrano nell'ambito della disciplina comunitaria.

     Le prestazioni che possono essere autorizzate sono esclusivamente quelle assicurate dalle istituzioni estere competenti tramite i propri servizi ed i presidi pubblici e privati convenzionati con le istituzioni stesse.

     Le prestazioni usufruite in strutture private non convenzionate con l'istituzione estera competente e quelle usufruite nelle stesse strutture pubbliche in regime libero-professionale non rientrano nell'ambito di applicazione della normativa comunitaria; pertanto dette prestazioni sono a carico diretto degli assistiti, salvo quanto previsto dal decreto ministeriale 3 novembre 1989.

     I trasferimenti per cure, autorizzati in base alla normativa comunitaria (mod. E112), riguardano, cioè, solo le prestazioni che l'istituzione estera eroga in forma diretta ai propri assistiti nelle strutture pubbliche o private convenzionate.

     Restano, pertanto, a carico dell'assistito le spese sostenute per:

     1) onorari corrisposti a sanitari che abbiano svolto la propria opera in regime libero-professionale anche se in costanza di ricovero nella struttura per la quale è stato autorizzato il trasferimento;

     2) tickets previsti dalla legislazione locale;

     3) spese per il viaggio, anche se in autoambulanza, e per l'accompagnatore;

     4) spese di soggiorno in attesa di ricovero (soggiorno che per gli aspiranti al trapianto spesso si protrae per più settimane in attesa che venga reperito l'organo da trapiantare);

     5) spese di conforts alberghiero eventualmente sopportate durante la degenza (telefono, TV, stanza singola, ecc.) se oggetto di tariffazione separata.

     Le spese di natura strettamente sanitaria (precedenti punti 1, 2 e 3), che l'istituzione estera non rimborsa in base alla normativa CEE, possono essere prese in considerazione per il parziale rimborso, in forma indiretta, ai sensi della normativa regionale per l'assistenza in forma indiretta all'estero attuativa del decreto ministeriale 3 novembre 1989.

     Limitatamente ai trasferimenti per cure nei Paesi CEE, l'assistenza in forma indiretta di competenza regionale può configurarsi, infatti, rispetto a quella di competenza dello Stato:

     come sostitutiva per i cittadini ai quali non può essere estesa la normativa comunitaria;

     come aggiuntiva per le prestazioni non erogate in regime convenzionale (prestazioni in strutture private, prestazioni libero-professionali, ecc.) nonchè per le spese non rimborsate (spese di viaggio, tickets, ecc.).

     Fermo restando i criteri per l'erogazione delle prestazioni assistenziali all'estero, in forma indiretta e con oneri a carico delle unità sanitarie locali, di cui al decreto ministeriale 3 novembre 1989, lo scrivente Ministero esprime l'avviso che gli interventi sostitutivi in favore dei cittadini esclusi dai benefici della normativa comunitaria dovrebbero essere tali da assicurare agli assistiti - autorizzati, in base al richiamato decreto, a trasferirsi in uno dei Paesi CEE per cure - un trattamento complessivo analogo a quello garantito dai regolamenti alle categorie protette. A tali fini le regioni possono utilizzare la facoltà di deroga prevista dal terzo comma dell'art. 7 del decreto ministeriale 3 novembre 1989.

     Per quanto concerne gli interventi aggiuntivi alla assistenza erogata in base alla normativa comunitaria, ossia concorsi negli oneri posti a carico dell'assistito dalla legislazione locale (es. spese per prestazioni libero-professionali, tickets, ecc.) lo scrivente Ministero esprime l'avviso che la facoltà di cui al quarto comma dell'art. 7 del decreto ministeriale 3 novembre 1989 possa essere esercitata solo in casi particolarmente rilevanti sotto il profilo sanitario e finanziario.

     Infatti, la deroga al principio desumibile dalla normativa comunitaria (l'assistito ha diritto esclusivamente alle prestazioni che l'istituzione del luogo assicura ai propri assistiti) ha evidente carattere eccezionale. La deroga è, quindi, possibile solo se le spese che complessivamente restano a carico dell'assistito sono tali da compromettere le condizioni economiche del nucleo familiare dell'assistito stesso.

     In tale ipotesi rientra, per esempio, un eventuale concorso nelle spese sanitarie disposto in favore degli assistiti, sottoposti a trapianto di fegato in alcuni Paesi CEE (es. il Belgio), i quali debbono, come è noto, far fronte direttamente ad oneri di decine di milioni per tickets relativi all'intervento e per il trasporto aereo urgente presso il centro trapianti (spese sanitarie) nonchè per il soggiorno, in alcuni casi di mesi, nella località estera dei familiari (spese non sanitarie).

     I predetti concorsi straordinari potranno essere concessi con decorrenza dalla data di cui all'art. 11 del decreto ministeriale 3 novembre 1989. Fino alla predetta data eventuali concorsi potranno essere disposti in base alla vigente normativa regionale.

     Centro di riferimento regionale.

     Così come previsto dall'art. 3 del decreto ministeriale 3 novembre 1989 sulle prestazioni presso centri di altissima specializzazione all'estero, lo scrivente Ministero ritiene che la valutazione della sussistenza dei presupposti sanitari, che legittimano l'autorizzazione al trasferimento per cure in ambito CEE, debba essere rimessa ad una apposita struttura sanitaria individuata dalla regione, con funzioni di centro di riferimento regionale.

     Conformemente a quanto previsto dal richiamato decreto 3 novembre 1989, si ritiene, altresì, che le predette funzioni di centro di riferimento debbano essere svolte dai presidi e dai servizi di alta specialità, allorchè saranno individuati in attuazione dell'art. 5 della legge 23 ottobre 1985, n. 595, o da strutture analoghe site nel proprio territorio o, se necessario, in regione limitrofa, nonchè, limitatamente alle prestazioni che non rientrano fra quelle di competenza dei predetti presidi e servizi, da apposite commissioni sanitarie costituite, per ogni branca specialistica, dalla regione a livello regionale e composte da personale medico di qualifica apicale dei presidi ospedalieri e dei policlinici universitari.

     Fino a quando il Piano sanitario nazionale e i piani sanitari delle regioni e delle province autonome non avranno stabilito i presidi e servizi di alta specialità, in attuazione del richiamato art. 5 della legge n. 595, le funzioni di centro di riferimento dovranno essere svolte, per ogni branca specialistica, dal presidio ospedaliero o dal policlinico universitario all'uopo individuato dalla regione ovvero da una apposita commissione sanitaria costituita dalla regione a livello regionale e composta da personale medico di qualifica apicale delle strutture ospedaliere e universitarie.

     Per quanto concerne in particolare il settore dei trapianti di organo le funzioni di centro di riferimento devono, comunque, essere svolte dai presidi attualmente autorizzati ai relativi trapianti.

     Qualora in ambito regionale non vi siano presidi autorizzati al trapianto, le regioni provvederanno ad individuare il presidio di una regione limitrofa al quale attribuire dette funzioni.

     Si richiama la particolare attenzione dei presidenti delle giunte regionali e degli assessori regionali alla sanità sulla esigenza di una tempestiva attivazione dei centri di riferimento in questione con precedenza per le patologie per le quali, a livello regionale, è più rilevante il flusso di richieste di trasferimenti all'estero.

     Ove ritenuto necessario od opportuno, la regione può istituire, per la stessa branca specialistica, più centri a livello regionale, garantendo, in tal caso, il necessario coordinamento tra gli stessi al fine di assicurare omogeneità di comportamenti.

     Il centro di riferimento, individuato dalla regione, è l'unico organo legittimato a valutare la sussistenza dei presupposti necessari per ottenere l'autorizzazione al trasferimento per cure, anche se la competenza al rilascio della relativa modulistica CEE (mod. E112) resta di competenza dell'unità sanitaria locale.

     Nei casi in cui l'unità sanitaria locale non ritenesse di adeguarsi al parere favorevole o negativo espresso dal centro di riferimento, il relativo provvedimento dovrà essere adeguatamente motivato.

     Il centro di riferimento regionale, oltre che esprimere il parere sulla sussistenza dei presupposti che legittimano il trasferimento all'estero, dove curare, direttamente o tramite i centri di riferimento all'estero che saranno istituiti dai consolati italiani, i collegamenti con la struttura estera prescelta per concordare, fra l'altro, prima del trasferimento, tempi e modalità del ricovero e, successivamente alla dimissione e al rientro in Italia dell'assistito, gli eventuali controlli o proseguimenti di cure.

     Il centro di riferimento regionale - prima di esprimere il proprio avviso riguardo alla impossibilità di eseguire tempestivamente o adeguatamente la prestazione sul territorio nazionale - deve interpellare, se necessario, le strutture ospedaliere pubbliche o convenzionate con il Servizio sanitario nazionale, ubicate anche al di fuori della regione di competenza, che possono essere in grado di eseguire la prestazione richiesta.

     Il centro di riferimento regionale deve fornire a coloro che sono stati autorizzati al trasferimento tutte le informazioni necessarie, anche di carattere non sanitario, connesse al trasferimento stesso.

     Per evidenti motivi di opportunità e uniformità di comportamento, la funzione di centro regionale di riferimento in materia di trasferimenti per cure ai sensi dei regolamenti CEE sarà, di norma, attribuita al centro già competente in materia di trasferimenti per cure di competenza regionale ai sensi dell'art. 3 della legge n. 595 del 1985.

     Nelle more della costituzione dei centri regionali di riferimento, le unità sanitarie locali demanderanno la valutazione della sussistenza dei presupposti necessari per concedere l'autorizzazione ad una struttura specialistica ospedaliera, pubblica o convenzionata.

     Centri di riferimento all'estero.

     Il non regolato afflusso di assistiti italiani in alcune strutture dei Paesi CEE (per es. nel 1987 negli ospedali pubblici di Parigi sono stati ricoverati 9.374 assistiti italiani; all'Institut Gustave Roussy di Villejuif - Parigi: 3.662; al Centro Eduard Herriot di Lione: 1.042) comporta spesso per le stesse strutture estere gravissime disfunzioni che finiscono per ricadere sugli assistiti, determinano maggiori oneri finanziari per lo Stato e pongono ai consolati italiani problemi assistenziali non risolvibili.

     Limitatamente alle località estere ove più rilevante è l'afflusso degli assistiti italiani (Parigi e dintorni, Lione, Marsiglia, Bruxelles) è intendimento del Ministero della sanità di costituire, d'intesa con il Ministero degli affari esteri, centri di riferimento per l'assistenza agli ammalati che si recano nelle predette località per cure ed ai familiari accompagnatori. I primi centri saranno costituiti, in via sperimentale, nella zona di Parigi.

     I centri saranno diretti da personale medico.

     Detti centri, la cui ubicazione e recapito anche telefonico saranno tempestivamente comunicati non appena attivati, possono essere contattati dai centri regionali di riferimento per utte le esigenze sanitarie o amministrative connesse al trasferimento all'estero. I centri saranno dotati, ove possibile, di telefax per la eventuale trasmissione della documentazione sanitaria e amministrative connessa al trasferimento.

     Ai centri di riferimento all'estero potranno rivolgersi anche gli assistiti direttamente o tramite i propri medici.

     I centri avranno, tra l'altro, il compito di: assicurare, se richiesto, il collegamento fra il centro regionale di riferimento e la struttura estera di propria competenza al fine anche di orientare, se necessario, verso il presidio la cui specializzazione è più attinente al tipo di malattia; assicurare l'assistenza amministrativa prima, durante e dopo il ricovero per gli adempimenti con la struttura prescelta e la cassa mutua competente;

     seguire l'ammalato durante tutta la degenza (es. interpretariato; contatti con il personale sanitario);

     assicurare il mantenimento dei contatti con le strutture e i medici esteri dopo il rientro in Italia per la eventuale prosecuzione delle cure;

     assicurare assistenza ai familiari, che accompagnano l'ammalato, nei contatti con il congiunto ricoverato, con la struttura e con i medici curanti nonchè, se possibile, nella sistemazione alberghiera e in quant'altro fosse necessario.

     Procedure per l'autorizzazione al trasferimento per cure.

     L'interessato, o chi per esso, deve presentare domanda all'unità sanitaria locale di appartenenza corredata dalla proposta di un medico specialista nonchè dall'ulteriore documentazione eventualmente prescritta da disposizioni regionali.

     La proposta del medico specialista deve essere adeguatamente motivata in ordine all'impossibilità di fruire delle prestazioni in Italia tempestivamente o in forma adeguata al caso clinico.

     L'istanza o la proposta del medico deve contenere l'indicazione della struttura estera prescelta per la prestazione.

     L'unità sanitaria locale provvede, secondo modalità stabilite dalla regione, alla trasmissione della domanda e della documentazione al centro di riferimento regionale territorialmente competente.

     Il centro di riferimento, valutata la sussistenza dei presupposti sanitari per usufruire delle prestazioni richieste (impossibilità di fruirle tempestivamente ovvero in forma adeguata alla particolarità del caso clinico) presso la struttura estera, comunica all'unità sanitaria locale competente il proprio parere motivato in ordine all'autorizzazione richiesta.

     L'unità sanitaria locale, acquisito il parere del centro, provvede o meno al rilascio dell'autorizzazione (mod. E112) dandone comunicazione al centro predetto.

     Qualora l'unità sanitaria locale ritenga di determinarsi in maniera difforme da quella del centro, il provvedimento di diniego o di rilascio del mod. E112 deve essere adeguatamente motivato.

     Nei casi in cui il centro di riferimento regionale si identifica con una struttura a gestione diretta dell'unità sanitaria locale, l'autorizzazione o meno al trasferimento è data direttamente dal centro stesso.

     Deroghe alle procedure.

     Le regioni possono, nel rispetto della normativa comunitaria, modificare le suesposte procedure al fine soprattutto di semplificare gli adempimenti, fermo restando, in ogni caso, che la valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti per ottenere l'autorizzazione deve essere rimessa al centro di riferimento regionale e che l'unità sanitaria locale, ove non ritenga di adeguarsi alle valutazioni del centro, deve adeguatamente motivare il proprio dissenso.

     In caso di gravità ed urgenza nonchè in caso di ricovero in ospedale ubicato in una regione diversa da quella di appartenenza, l'unità sanitaria locale o il centro di riferimento (se il centro si identifica con una struttura a gestione diretta dell'unità sanitaria locale), nel cui territorio è presente l'assistito, può autorizzare direttamente le prestazioni all'estero, dandone tempestiva comunicazione all'unità sanitaria locale competente.

     Si prescinde dalla preventiva autorizzazione per le prestazioni di comprovata eccezionale gravità ed urgenza. In tali casi l'unità sanitaria locale può, previa valutazione della sussistenza dei presupposti da parte del centro di riferimento, rilasciare a posteriori il mod. E112, su richiesta dell'interessato o della istituzione estera, ovvero procedere, al rientro dell'assistito in Italia, al rimborso delle spese sostenute, secondo le tariffe di rimborso applicate dall'istituzione estera competente, ai sensi dell'art. 34 del regolamento CEE n. 574/72.

 

     Con successiva circolare saranno dati gli indirizzi necessari per l'acquisizione, da parte dei centri di riferimento regionali e delle unità sanitarie locali, dei dati statistici relativi alle autorizzazioni al trasferimento per cure in ambito CEE sulla base anche di schede informative predisposte dal Ministero.

     Fino a quando non saranno dati i predetti indirizzi le unità sanitarie locali o i centri di riferimento regionali (nei casi in cui il centro rilascia direttamente l'autorizzazione) continueranno ad inviare al Ministero copia della autorizzazione al trasferimento per cure unitamente alla relazione tecnica in base alla quale il trasferimento è stato autorizzato.

 

     Le suesposte direttive si applicano, per la parte compatibile e limitatamente ai soggetti tutelati, anche ai trasferimenti per cure in Paesi extra CEE autorizzati in base alle vigenti convenzioni internazionali di reciprocità.

 

     Le province autonome di Trento e di Bolzano attueranno, negli ambiti territoriali di competenza, le presenti direttive secondo i propri ordinamenti statutari.

 

     La sempre maggiore complementarità e integrazione a livello europeo delle strutture sanitarie dei singoli Paesi accentuerà nei prossimi anni il fenomeno della migrazione sanitaria.

     La revisione dell'attuale sistema autorizzatorio è, quindi, necessaria ed urgente nell'interesse degli assistiti e a tutela dell'immagine del nostro Paese all'estero.

     Si pregano, pertanto, gli organi regionali in indirizzo ed, in particolare, gli assessori regionali e provinciali alla sanità di assicurare la massima collaborazione per gli aspetti di competenza e di portare a conoscenza delle unità sanitarie locali le presenti direttive, verificandone la puntuale osservanza.


[1] Emanata dal Ministro della sanità.