§ 5.5.96 - D.P.G.R. 26 luglio 2011, n. 33/R.
Regolamento di attuazione della legge regionale 12 gennaio 1994, n. 3 (Recepimento della legge 11 febbraio 1992, n. 157 "Norme per la protezione [...]


Settore:Codici regionali
Regione:Toscana
Materia:5. assetto e utilizzazione del territorio
Capitolo:5.5 caccia e pesca
Data:26/07/2011
Numero:33


Sommario
Art. 1.  Definizione dell’Ambito territoriale di caccia (ATC)
Art. 2.  Comitato di gestione dell’ATC
Art. 3.  Composizione del comitato di gestione dell’ATC e regole generali di funzionamento
Art. 4.  Modalità di svolgimento delle attività dell’ATC
Art. 5.  Progetti finalizzati al raggiungimento degli obiettivi del piano annuale di gestione provinciale
Art. 6.  Procedure per lavori, forniture e servizi nell’ATC
Art. 7.  Gestione finanziaria dell’ATC
Art. 8.  Indice di densità venatoria
Art. 9.  Ammissione dei cacciatori agli ATC
Art. 10.  ATC di residenza venatoria e modalità di iscrizione (articolo 13 ter l.r. 3/1994)
Art. 11.  Ulteriori ATC e modalità di iscrizione
Art. 12.  Iscrizione ad un ATC di residenza venatoria diverso da quello dell’anno precedente
Art. 13.  Cacciatori provenienti da altre regioni
Art. 14.  Ridefinizione degli ATC
Art. 15.  Caccia in mobilità dei cacciatori toscani
Art. 16.  Mobilità dei cacciatori che hanno optato per la caccia da appostamento fisso
Art. 17.  Mobilità dei cacciatori non residenti in Toscana
Art. 18.  Sistema regionale di prenotazione e ulteriori norme per la mobilità venatoria
Art. 19.  Zone di protezione (articolo 14 l.r. 3/1994)
Art. 20.  Oasi di protezione
Art. 21.  Zone di ripopolamento e cattura
Art. 22.  Costituzione delle zone di ripopolamento e cattura
Art. 23.  Gestione delle zone di ripopolamento e cattura
Art. 24.  Cattura e rilascio dei capi nelle zone di ripopolamento e cattura
Art. 25.  Verifiche sul funzionamento delle zone di ripopolamento e cattura e divieti
Art. 26.  Centri pubblici di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale
Art. 27.  Zone di rispetto venatorio
Art. 28.  Centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale
Art. 29.  Costituzione delle aziende faunistico venatorie
Art. 30.  Programma di conservazione e di ripristino ambientale
Art. 31.  Piano annuale di assestamento e prelievo
Art. 32.  Recinzioni
Art. 33.  Immissioni e conferimenti alla provincia
Art. 34.  Esercizio dell’attività venatoria nelle aziende faunistico venatorie
Art. 35.  Aziende faunistico venatorie in ambienti palustri
Art. 36.  Esercizio del controllo nelle aziende faunistico venatorie
Art. 37.  Verifica degli abbattimenti
Art. 38.  Vigilanza interna alle aziende
Art. 39.  Costituzione delle aziende agrituristico venatorie
Art. 40.  Programma di ripristino ambientale
Art. 41.  Piano economico e di gestione
Art. 42.  Esercizio della caccia nelle aziende agrituristico venatorie
Art. 43.  Immissioni e conferimenti alla provincia
Art. 44.  Esercizio del controllo nelle aziende agrituristico venatorie
Art. 45.  Verifica degli abbattimenti
Art. 46.  Vigilanza interna alle aziende (articolo 21 l.r. 3/1994)
Art. 47.  Aree per l’addestramento, l’allenamento e le gare dei cani
Art. 48.  Costituzione delle aree per l’addestramento, l’allenamento e le gare per cani
Art. 49.  Regolamento di gestione
Art. 50.  Esercizio dell’attività e conferimenti alla provincia
Art. 51.  Esercizio del controllo e vigilanza venatoria
Art. 52.  Aree sottratte alla caccia programmata
Art. 53.  Disciplina degli allevamenti di fauna selvatica
Art. 54.  Allevamenti di fauna selvatica per fini di ripopolamento
Art. 55.  Detenzione e allevamento di fauna selvatica autoctona a fini ornamentali, amatoriali e per il mantenimento di tradizioni locali (articolo 40 l.r. 3/1994)
Art. 56.  Allevamenti di uccelli da utilizzare come richiami vivi
Art. 57.  Uccelli utilizzabili come richiami vivi
Art. 58.  Modalità di trasporto, di utilizzo e di detenzione degli uccelli da richiamo per l’attività venatoria e per la partecipazione a mostre e fiere
Art. 59.  Impianti per la cattura dei richiami vivi
Art. 60.  Posizione degli impianti di cattura
Art. 61.  Tipologia degli impianti di cattura
Art. 62.  Convenzioni per la gestione degli impianti di cattura ed esame di idoneità del personale addetto
Art. 63.  Protocolli di gestione
Art. 64.  Personale addetto alla gestione degli impianti di cattura
Art. 65.  Modalità di gestione degli impianti di cattura
Art. 66.  Contingente catturabile a fini di richiamo
Art. 67.  Cessione degli uccelli catturati a fini di richiamo
Art. 68.  Comodato e cessione dei richiami di cattura
Art. 69.  Registrazione dei richiami di cattura
Art. 70.  Relazione della provincia sulla gestione degli impianti di cattura
Art. 71.  Rimborso delle spese di gestione degli impianti di cattura ai titolari delle convenzioni
Art. 72.  Vigilanza sull’attività negli impianti di cattura
Art. 73.  Appostamenti fissi (articolo 34 l.r. 3/1994)
Art. 74.  Appostamenti temporanei
Art. 75.  Zone di impianto degli appostamenti
Art. 76.  Distanze fra gli appostamenti fissi
Art. 77.  Distanze degli appostamenti temporanei e per la caccia in forma vagante
Art. 78.  Appostamenti complementari
Art. 79.  Norme generali sulle distanze degli appostamenti
Art. 80.  Distanze degli appostamenti dalle aree di divieto di caccia
Art. 81.  Autorizzazioni per gli appostamenti fissi
Art. 82.  Validità delle autorizzazioni per gli appostamenti fissi
Art. 83.  Distanze per il recupero dei capi feriti e l’allenamento e addestramento dei cani
Art. 84.  Accesso all’interno degli appostamenti fissi
Art. 85.  Uso di richiami negli appostamenti
Art. 86.  Densità sostenibile degli ungulati
Art. 87.  Delimitazione dei territori per la gestione degli ungulati
Art. 88.  Territori non vocati alla presenza del cinghiale e degli altri ungulati
Art. 89.  Compiti dell’ATC per la gestione faunistico venatoria degli ungulati (articolo 28 bis l.r. 3/1994)
Art. 90.  Piano di gestione e prelievo degli ungulati
Art. 91.  Gestione degli ungulati nelle aziende faunistico venatorie e nelle aziende agrituristico venatorie
Art. 92.  Piani straordinari di gestione e controllo degli ungulati
Art. 93.  Potere sostitutivo
Art. 94.  Ripopolamenti, immissioni e detenzione
Art. 95.  Requisiti per l’esercizio della caccia al cinghiale
Art. 96.  Recupero dei capi feriti
Art. 97.  Controlli sui capi abbattuti
Art. 98.  Caccia al cinghiale nei distretti degli ATC
Art. 99.  Requisiti per l’esercizio della caccia di selezione a cervidi e bovidi
Art. 100.  Caccia di selezione a cervidi e bovidi
Art. 101.  Finalità
Art. 102.  Comprensorio e organi di gestione
Art. 103.  Commissione di coordinamento
Art. 104.  Commissione tecnica
Art. 105.  Strumenti di gestione delle popolazioni
Art. 106.  Piano poliennale di gestione
Art. 107.  Programma annuale operativo
Art. 108.  Organizzazione del prelievo
Art. 109.  Distribuzione dei prelievi nelle aziende faunistico venatorie
Art. 110.  Modalità di prelievo
Art. 111.  Esame di abilitazione all’esercizio venatorio
Art. 112.  Abilitazione all’esercizio della caccia di selezione di cervidi e bovidi
Art. 113.  Abilitazione per il controllo della fauna selvatica e altre abilitazioni
Art. 114.  Istanze, dichiarazioni e comunicazioni.
Art. 115.  Norme transitorie
Art. 116.  Abrogazioni


§ 5.5.96 - D.P.G.R. 26 luglio 2011, n. 33/R. [1]

Regolamento di attuazione della legge regionale 12 gennaio 1994, n. 3 (Recepimento della legge 11 febbraio 1992, n. 157 "Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio").

(B.U. 29 luglio 2011, n. 37)

 

Preambolo

 

La Giunta regionale

 

Visto l’art. 117, comma sesto della Costituzione;

 

Visto l’articolo 42, dello Statuto;

 

Vista la legge regionale 12 gennaio 1994, n. 3 (Recepimento della legge 11 febbraio 1992, n. 157 "Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio");

 

Visto il parere del Comitato tecnico di direzione espresso nella seduta del 12 maggio 2011;

 

Visti il parere della competente struttura di cui all’articolo16, comma 4 del Regolamento interno della Giunta regionale Toscana 15 novembre 2010 n. 2;

 

Vista la preliminare deliberazione di adozione dello schema di regolamento del 23 maggio 2011, n. 429 “Regolamento di attuazione della legge regionale 12 gennaio 1994, n. 3 (Recepimento della legge 11 febbraio 1992, n. 157 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”)”;

 

Visto il parere favorevole della II commissione consiliare, espresso nella seduta del 28 giugno 2011;

 

Visto il parere favorevole del Consiglio delle autonomie locali, espresso nella seduta del 21 giugno 2011;

 

Visto l’ulteriore parere della competente struttura di cui all’articolo 16, comma 4 del Regolamento interno della Giunta regionale Toscana 15 novembre 2010, n. 2;

 

Vista la deliberazione della Giunta regionale 18 luglio 2011, n. 609;

 

 

Considerato quanto segue:

 

Per quanto concerne il titolo I (Gestione e accesso agli ambiti territoriali di caccia), capo I (Gestione degli ambiti territoriali di caccia) e capo II (Accesso agli ambiti territoriali di caccia)

1. Al fine di garantire l’uniformità nelle modalità di nomina e di funzionamento dei comitati di gestione degli ambiti territoriali di caccia nonché nello svolgimento delle proprie attività sono definite specifiche norme organizzative di dettaglio;

2. Per garantire un’equilibrata distribuzione dei cacciatori sul territorio regionale sono definiti criteri per il controllo della densità venatoria e regole per l’iscrizione agli ambiti territoriali di caccia (ATC) e per lo svolgimento della mobilità venatoria sia da parte dei cacciatori residenti che non residenti in Toscana.

Per quanto concerne il titolo II (Istituti faunistici, istituti faunistico venatori e aree sottratte alla caccia programmata), capo I (Oasi di protezione e zone di protezione lungo le rotte di migrazione dell’avifauna), capo II (Zone di ripopolamento e cattura) e capo III (Centri pubblici di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale) e capo IV (Zone di rispetto venatorio)

3. Per la realizzazione delle finalità ambientali proprie degli istituti faunistici pubblici stabiliti dalla legge si prevedono regole per la costituzione e regole gestionali anche al fine di assicurare un’uniforme disciplina di dettaglio sul territorio. In particolare, la necessità di implementare a pieno gli obiettivi previsti nella programmazione regionale e provinciale ha portato a stabilire che gli istituti hanno durata corrispondente al piano faunistico venatorio provinciale e possono essere riconfermati.

4. Al fine di garantire la corretta applicazione del principio stabilito dalla legge per cui durante la stagione venatoria la gestione degli ungulati deve riguardare l’intero territorio regionale, anche se soggetto a regime di protezione e di vincolo, si ribadisce, nella disciplina di ogni istituto l’onere delle province di garantire il mantenimento delle densità sostenibili di ungulati e l’equilibrio compatibile tra le popolazioni animali presenti, le produzioni agricole e l’ambiente esercitando le forme di gestione e controllo previste dalla legge;

Per quanto concerne il titolo II, capo V (Centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale), capo VI (Aziende faunistico venatorie), capo VII (Aziende agrituristico venatorie), capo VIII (aree per l’addestramento, l’allenamento e le gare per cani)

5. Per la realizzazione delle finalità proprie degli istituti faunistici e faunistico venatori privati previsti dalla legge si prevedono regole per la costituzione e regole gestionali di dettaglio anche al fine di assicurare un’uniforme disciplina sul territorio. In particolare, l’esigenza di stabilire modalità uniformi per la richiesta di autorizzazione e per la produzione della documentazione a corredo della domanda sono dettate specifiche disposizioni ispirate alla semplificazione amministrativa.

6. La necessità di implementare a pieno gli obiettivi gestionali previsti nella programmazione regionale e provinciale per questi istituti ha portato a stabilire che gli stessi hanno durata corrispondente al piano faunistico venatorio provinciale e possono essere riconfermati.

Per quanto concerne il titolo II, capo IX (Aree sottratte alla caccia programmata)

7. La definizione dei criteri da osservare per l’accoglimento delle domande di esclusione di aree dal territorio soggetto a caccia programmata risponde alla necessità di consentire la completa realizzazione degli obiettivi programmati a livello regionale e provinciale;

Per quanto concerne il titolo III (Detenzione e allevamento di fauna selvatica), capo I (Allevamento di fauna selvatica)

8. Per garantire una gestione uniforme degli allevamenti di fauna selvatica sul territorio regionale che non pregiudichi in alcun modo il benessere degli animali allevati sono definite regole di dettaglio relative al rilascio delle autorizzazioni, alle modalità gestionali, al trasporto degli animali allevati e al loro utilizzo come richiami vivi di caccia;

Per quanto concerne il titolo IV (Cattura di uccelli a scopo di richiamo), capo I (Cattura di uccelli a scopo di richiamo)

9. Al fine di garantire un’uniformità nell’autorizzazione e nella gestione degli impianti di cattura si indicano specifiche norme tecniche di dettaglio;

Per quanto concerne il titolo V (Appostamenti) capo I (Appostamenti)

10. L’appostamento fisso di caccia rappresenta una specifica modalità di esercizio venatorio autorizzato dalle province. E’ necessario dettare disposizioni per la realizzazione delle diverse tipologie di appostamenti, per il rilascio delle autorizzazioni e per il loro utilizzo da parte dei cacciatori. In particolare, al fine di tutelare la sicurezza nell’esercizio venatorio vengono stabilite le distanze minime da osservare per la costruzione degli appostamenti e per l’esercizio delle altre forme di caccia nei pressi degli appostamenti stessi;

Per quanto concerne il titolo VI (Gestione faunistico venatoria e modalità di prelievo degli ungulati), capo I (Regole generali per la gestione faunistico venatoria degli ungulati), capo II (Caccia al cinghiale), capo III (Prelievo selettivo degli altri ungulati) e capo IV (Gestione faunistico venatoria del cervo appenninico)

11. Per garantire l’applicazione uniforme delle disposizioni legislative inerenti la gestione faunistico venatoria degli ungulati è necessario dettare norme di dettaglio riguardanti gli strumenti di programmazione e di gestione indicati dalla legge anche con riferimento alle diverse tipologie di territorio. In particolare, per garantire un’efficace applicazione del principio gestionale volto a mantenere le densità interspecifiche di ungulati sul territorio, si specificano le modalità di determinazione delle suddette densità sostenibili a livello locale. Per chiarire il concetto di gestione non conservativa da adottare nelle aree non vocate alla presenza del cinghiale e degli altri ungulati si precisa che in queste aree la densità deve essere pari a zero.

12. Al fine di assicurare il rispetto di modalità uniformi di esercizio venatorio su tutto il territorio regionale si indicano specifiche regole da osservare nella caccia al cinghiale in battuta e nella caccia di selezione a cervidi e bovidi. Per quanto riguarda la gestione venatoria del cervo appenninico la disciplina tiene conto della necessità di gestire la popolazione in modo unitario nonostante le divisioni amministrative del territorio. A tal fine le norme sono state coordinate a livello interregionale con la Regione Emilia Romagna; Per quanto concerne il titolo VII (Abilitazioni venatorie e per il controllo faunistico) capo I (Abilitazioni all’esercizio venatorio) e capo II (Abilitazione all’esercizio delle altre abilitazioni) e capo III (Altre abilitazioni)

13. Al fine di assicurare livelli uniformi di preparazione e titoli abilitativi validi su tutto il territorio regionale si indicano norme di dettaglio inerenti i programmi didattici, gli esami e i requisiti di accesso dei candidati per il conseguimento di tutte le tipologie di abilitazione venatoria previste dalla legge.

14. di accogliere il parere favorevole della II commissione consiliare - Agricoltura - e di adeguare conseguentemente il testo, ad eccezione della proposta di eliminare l’eventuale indennità a favore del presidente del comitato di gestione dell’ATC (articolo 3, comma 11) in quanto, considerate le competenze e le responsabilità di cui è titolare, è opportuno lasciare alle province la possibilità di prevedere un’indennità, fermo restando il rispetto della disciplina nazionale e regionale vigente.

 

Approva il presente regolamento

 

Titolo I

GESTIONE E ACCESSO AGLI AMBITI TERRITORIALI DI CACCIA (ATC)

 

Capo I

GESTIONE DEGLI AMBITI TERRITORIALI DI CACCIA (ATC)

 

Art. 1. Definizione dell’Ambito territoriale di caccia (ATC)

(articolo 11 l.r. 3/1994)

1. In ogni comprensorio di cui all’ articolo 6 bis della legge regionale 12 gennaio 1994, n. 3 (Recepimento della legge 11 febbraio 1992, n. 157 "Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio"), l’Ambito territoriale di caccia (ATC) rappresenta la porzione di territorio agro-silvo-pastorale che residua dalla presenza sullo stesso degli istituti e delle strutture di cui all’ articolo 6 bis, comma 4 della l.r. 3/1994 , e non è soggetta ad altra destinazione.

 

     Art. 2. Comitato di gestione dell’ATC

(articolo 11 l.r. 3/1994)

1. Il comitato di gestione approva uno statuto contenente norme sul proprio funzionamento in conformità ad uno statuto base predisposto in sede di coordinamento degli ATC di cui all’articolo 13 quater della l.r. 3/1994.

2. Lo statuto è approvato con il voto favorevole della maggioranza dei componenti il comitato.

3. Una copia dello statuto è trasmessa alla provincia.

 

     Art. 3. Composizione del comitato di gestione dell’ATC e regole generali di funzionamento

(articolo 11 l.r. 3/1994)

1. Il comitato di gestione dell’ATC è composto da dieci membri, di cui:

a) tre appartenenti a strutture delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, ove presenti in forma organizzata sul territorio del comprensorio;

b) tre appartenenti alle associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale, ove presenti in forma organizzata sul territorio del comprensorio;

c) due appartenenti alle associazioni di protezione ambientale presenti nel Consiglio nazionale per l’ambiente, ove presenti in forma organizzata sul territorio del comprensorio;

d) due designati dalla provincia, con il criterio del voto limitato.

2. I membri del comitato di cui al comma 1, lettere a), b) e c) sono scelti tra la generalità dei proprietari o conduttori di fondi inclusi nell’ATC, tra i cacciatori iscritti, tra gli ambientalisti residenti nel comprensorio e individuati tra gli appartenenti alle rispettive organizzazioni ed associazioni.

3. La provincia, sulla base dei nominativi indicati dagli organismi di cui al comma 1, procede alla nomina dei membri del comitato. In caso di mancato accordo sulle designazioni, la provincia, entro sessanta giorni dalla richiesta, nomina i membri secondo la rappresentatività espressa dalle organizzazioni e associazioni.

4. In caso di impossibilità della nomina di tutti i componenti, il comitato s’intende validamente insediato con la nomina di almeno sei membri.

5. I membri del comitato di gestione non possono essere nominati più di tre volte.

6. I componenti del comitato di gestione decadono in caso di assenza ingiustificata ad almeno tre riunioni o di revoca della designazione da parte dell’organizzazione o associazione di riferimento.

7. In caso di dimissioni volontarie o di decadenza di un componente del comitato di gestione, la provincia provvede alla sua sostituzione. 8. Il comitato resta in carica per tutta la durata del piano regionale agricolo e forestale (PRAF) di cui all’articolo 7 della l.r. 3/1994 e viene rinnovato entro sessanta giorni dall’adozione del nuovo piano.

9. I lavori del comitato possono essere svolti anche in commissioni composte da alcuni membri del comitato.

10. Alle riunioni del comitato o delle commissioni possono essere invitati soggetti esterni.

11. Il comitato di gestione dell’ATC nomina al suo interno un presidente, un vicepresidente ed un segretario.

12. La provincia determina l’importo del gettone di presenza per la partecipazione alle riunioni del Comitato di gestione e delle commissioni, l’eventuale indennità per il presidente del comitato di gestione nonché l’entità dei rimborsi per le spese di viaggio e di missione tenuto conto di quanto stabilito in sede di coordinamento degli ATC di cui all’articolo 13 quater della l.r. 3/1994.

 

     Art. 4. Modalità di svolgimento delle attività dell’ATC

(articolo 11 l.r. 3/1994)

1. Per lo svolgimento delle attività di cui all’articolo 12 della l.r. 3/1994 l’ATC acquisisce le necessarie competenze tecnico-scientifiche, mediante apposite convenzioni. Può inoltre dotarsi di personale amministrativo in numero non superiore a due unità a tempo pieno o equivalenti in part-time in caso di impossibilità di avvalersi di personale provinciale.

2. Gli atti approvati dal comitato di gestione, nonché i verbali delle riunioni, sono consultabili, su richiesta, da chiunque vi abbia interesse ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi).

3. La documentazione di cui al comma 2, con riferimento a ciascun anno di gestione, è inviata in copia conforme all’originale dal comitato di gestione alla provincia contestualmente alla presentazione del rendiconto.

4. Il comitato di gestione dell’ATC garantisce idonee forme di pubblicità dei principali provvedimenti approvati, compresi quelli di carattere economico, anche mediante pubblicazione on-line.

5. In caso di impossibilità di funzionamento del comitato, il presidente ne dà comunicazione alla provincia per i provvedimenti conseguenti.

 

     Art. 5. Progetti finalizzati al raggiungimento degli obiettivi del piano annuale di gestione provinciale

(articolo 11 l.r. 3/1994)

1. I progetti finalizzati al raggiungimento degli obiettivi del piano annuale di gestione provinciale devono essere presentati alla provincia entro il 30 settembre dell’anno antecedente a quello in cui se ne prevede la realizzazione.

2. L’approvazione da parte della provincia dei progetti finalizzati è condizione per la formale assunzione dell’impegno di spesa a carico degli esercizi interessati.

 

     Art. 6. Procedure per lavori, forniture e servizi nell’ATC

(articolo 11 l.r. 3/1994)

1. Per l’esecuzione di lavori e la fornitura di beni e servizi il comitato di gestione dell’ATC agisce nel rispetto delle vigenti norme in materia di appalti pubblici per lavori, forniture e servizi, favorendo, ove possibile, forme di gestione associata.

2. Il comitato di gestione dell’ATC può istituire e regolamentare un fondo economale per le spese minute di funzionamento.

3. Il presidente, o altro soggetto delegato dal comitato, provvede a verificare la regolarità della fornitura o del servizio. Nel caso siano riscontrate irregolarità, difetti qualitativi o differenze quantitative provvede all’immediata contestazione per iscritto alla controparte e alla liquidazione del corrispettivo solo per la parte non contestata.

 

     Art. 7. Gestione finanziaria dell’ATC

(articolo 11 l.r. 3/1994)

1. Il comitato di gestione dell’ATC redige e approva, sulla base delle indicazioni e dei limiti fissati dalla provincia, il bilancio di previsione, il bilancio consuntivo e il rendiconto delle spese dell’ATC.

2. L’anno finanziario coincide con l’anno solare.

3. Le entrate dell’ATC sono classificate nelle seguenti categorie:

a) quote versate dai cacciatori iscritti all’ATC;

b) eventuale finanziamento della provincia quale contributo per le spese di funzionamento, in proporzione al numero dei cacciatori iscritti;

c) finanziamento della provincia per i progetti approvati e finalizzati al raggiungimento degli obiettivi del piano annuale di gestione provinciale;

d) finanziamento della provincia quale contributo per la prevenzione dei danni arrecati alle produzioni agricole dalla fauna selvatica e dall’esercizio venatorio;

e) altri finanziamenti e contributi;

f) donazioni ed erogazioni volontarie.

4. Le spese per il funzionamento dell’ATC non possono superare il 35 per cento del totale delle risorse disponibili, sono classificate ed hanno separata imputazione a seconda che riguardino le seguenti categorie:

a) spese per prestazioni professionali;

b) spese per il funzionamento organizzativo dell’ATC;

c) spese di gestione, quali quelle per l’acquisizione e l’utilizzazione di strumenti e mezzi tecnici; d) spese per i componenti il comitato di gestione.

5. Almeno il 30 per cento dei proventi derivanti delle quote di iscrizione all’ATC deve essere utilizzato per operazioni di riequilibrio faunistico volto al ripopolamento e alla reintroduzione di galliformi e lagomorfi.

6. Entro il 31 marzo di ogni anno il comitato di gestione dell’ATC trasmette alla provincia il bilancio preventivo, il bilancio consuntivo, il rendiconto delle spese relative all’esercizio finanziario chiuso al 31 dicembre dell’anno precedente e una relazione specifica relativa agli interventi svolti con i fondi di cui al comma 3, lettera a).

7. In caso di inadempienza la provincia invita il comitato a presentare la documentazione entro i successivi quindici giorni. Decorso tale termine la provincia dispone la sospensione dell’erogazione dei finanziamenti in corso, nonché il rimborso di quelli già erogati, fatte salve le eventuali altre azioni per la tutela dell’interesse dell’amministrazione.

8. Al rendiconto deve essere allegata la relazione del sindaco revisore.

9. Qualora l’erogazione degli stati di avanzamento di un progetto interessi più esercizi, le attività relative devono essere rendicontate per la parte di spesa relativa all’anno di riferimento.

10. Almeno una volta all’anno il comitato di gestione promuove incontri sul territorio con i cacciatori iscritti, i proprietari e conduttori dei fondi al fine di presentare gli strumenti di gestione approvati e/o in fase di approvazione.

11. Per ogni ATC è nominato dalla provincia un sindaco revisore dei conti scelto fra gli iscritti nel registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero di grazia e giustizia, i cui compiti e doveri sono definiti dal codice civile.

12. Il sindaco revisore percepisce un’indennità non superiore a quella percepita dai revisori dei conti degli enti dipendenti dalla Regione Toscana.

 

Capo II

ACCESSO AGLI ATC

 

     Art. 8. Indice di densità venatoria

(articolo 13 ter l.r. 3/1994)

1. Il rapporto cacciatore/superficie agro-silvo-pastorale del comprensorio espressa in ettari è fissato in 1/13, tenuto conto delle esigenze di riequilibrio delle presenze venatorie.

2. Per il territorio dell’Isola d’Elba l’indice di densità di cui al comma 1 è riferito alla sola superficie destinata alla caccia.

 

     Art. 9. Ammissione dei cacciatori agli ATC

(articolo 13 ter l.r. 3/1994)

1. In sede di coordinamento degli ATC di cui all’articolo 13 quater della l.r. 3/1994 sono stabiliti i criteri da osservare per la determinazione delle quote di iscrizione all’ambito nel rispetto del tetto massimo stabilito con deliberazione della Giunta regionale ai sensi dell’articolo 13 ter della l.r. 3/1994.

2. I comitati di gestione possono attuare con gli ATC contigui forme di gestione concordata finalizzata anche all’interscambio dei cacciatori.

3. I comitati di gestione possono sottoscrivere con ATC di altre regioni accordi di reciprocità per l’interscambio dei cacciatori.

4. I comitati di gestione forniscono alla competente struttura della Giunta regionale le informazioni inerenti i cacciatori iscritti e tutti gli altri dati sulla gestione faunistica e venatoria del territorio a caccia programmata di competenza nei tempi e con le modalità richieste dalla stessa.

 

     Art. 10. ATC di residenza venatoria e modalità di iscrizione (articolo 13 ter l.r. 3/1994) [2]

1. Ogni cacciatore ha diritto ad un proprio ambito territoriale di caccia denominato, una volta accordata l’iscrizione, ATC di residenza venatoria.

2. La prima iscrizione all’ATC di residenza venatoria avviene su domanda del cacciatore all’ATC prescelto ed è convalidata con il pagamento della relativa quota.

3. Salvo quanto previsto all’articolo 12, ogni anno l’iscrizione all’ATC di residenza venatoria è confermata con il pagamento della quota di iscrizione, che deve essere effettuato entro il 15 maggio.

4. L’ATC garantisce l’iscrizione ad un numero di cacciatori determinato sulla base dell’indice di densità stabilito all’articolo 8.

5. Nel caso in cui le richieste di iscrizione all’ATC superino il numero dei cacciatori ammissibili in base all’indice di densità di cui all’articolo 8, comma 1, il comitato di gestione redige una graduatoria dei richiedenti sulla base dei seguenti requisiti, per ciascuno dei quali è attribuito uno specifico punteggio, e procede per sorteggio in caso di parità:

a) residenza nei comuni toscani ad alta densità venatoria, individuati sulla base di una densità abitativa pari o superiore ad un cittadino residente ogni 1.000 metri quadrati e con un rapporto tra superficie agro-silvo-pastorale e numero di cacciatori residenti uguale o inferiore a 2 ettari per cacciatore (punti 5);

b) residenza nella provincia in cui è compreso l’ATC (punti 5).;

c) residenza in comuni toscani confinanti con il comprensorio nel quale è ricompreso l’ATC (punti 5);

d) nascita in un comune ricadente nel comprensorio nel quale è ricompreso l’ATC (punti 1);

e) sede lavorativa in un comune ricadente nel comprensorio nel quale è ricompreso l’ATC (punti 5).

6. All’ATC di residenza venatoria sono ammessi di diritto, anche in deroga all’indice di densità di cui all’articolo 8, comma 1:

a) i cacciatori che hanno la residenza anagrafica in uno dei comuni del comprensorio. I cacciatori residenti nel comune di Firenze hanno diritto all’iscrizione in un ATC tra quelli presenti nella provincia di Firenze;

b) i proprietari o conduttori di fondi inclusi nel comprensorio e aventi superficie non inferiore a 3 ettari. In questi casi alla domanda deve essere allegata la certificazione registrata attestante il titolo di godimento e l’estensione del fondo. Non costituiscono titoli idonei gli atti di comodato a titolo gratuito e i contratti di affitto rilasciati a più richiedenti, se non corrispondenti ad un numero di ettari pari ad almeno tre per ciascuno dei contraenti;

c) i cacciatori residenti nel comune di Firenze nell’ATC della provincia prescelto.

7. La caccia anticipata alla selvaggina migratoria, prevista dall’ articolo 30, comma 6 della l.r. 3/1994, può essere esercitata esclusivamente nell’ATC di residenza venatoria.

 

     Art. 11. Ulteriori ATC e modalità di iscrizione

(articolo 13 ter l.r. 3/1994)

1. Ogni cacciatore può chiedere l’iscrizione ad ATC diversi da quello di residenza venatoria, denominati ulteriori ATC.

2. Il comitato di gestione dell’ATC accoglie le domande di cui al comma 1 nel rispetto dell’indice di densità di cui all’articolo 8, subordinatamente all’accoglimento delle richieste di iscrizione come residenza venatoria [3].

3. Nel caso in cui l’ATC risulti saturo in riferimento all’indice di densità di cui all’articolo 8, il comitato di gestione può accogliere le domande di iscrizione per l’esercizio in via esclusiva della caccia al cinghiale in battuta o della caccia di selezione.

4. Il comitato di gestione accoglie le domande sulla base delle data di presentazione delle domande stesse.

5. Ogni anno l’iscrizione all’ulteriore ATC è confermata con il pagamento della quota di iscrizione che deve essere effettuata entro il 15 maggio. I pagamenti effettuati dopo il 15 maggio non sono validi se non autorizzati dall’ATC con apposita vidimazione.

6. L’iscrizione all’ulteriore ATC è comprovata dal possesso della ricevuta di pagamento della quota di iscrizione effettuata entro il 15 maggio con bollettino postale prestampato oppure con bollettino non prestampato, ma vidimato dall’ATC.

7. Le giornate di caccia effettuate negli ulteriori ATC sono annotate sul tesserino venatorio negli appositi spazi.

 

     Art. 12. Iscrizione ad un ATC di residenza venatoria diverso da quello dell’anno precedente

(articolo 13 ter l.r. 3/1994)

1. Ogni anno, nel periodo compreso tra il 1° e il 31 marzo, i cacciatori possono richiedere l’iscrizione ad un ATC di residenza venatoria diverso da quello dell’anno precedente.

2. L’iscrizione all’ATC prescelto è accordata dal comitato di gestione, nel rispetto dell’indice di cui all’articolo 8, comma 1.

3. I cacciatori non accolti ai sensi del comma 2 si intendono riassegnati all’ATC di provenienza, ovvero sono legittimati, entro il 1° maggio, a richiedere l’iscrizione in altro ATC non saturo. In tal caso l’iscrizione all’ATC prescelto è accordata dal comitato entro il 10 maggio.

 

     Art. 13. Cacciatori provenienti da altre regioni

(articolo 13 ter l.r. 3/1994)

1. I cacciatori provenienti da altre regioni possono chiedere l’iscrizione ad un solo ATC della Toscana.

2. L’iscrizione ad un ATC della Toscana come residenza venatoria presuppone la rinuncia all’ATC di residenza della propria Regione e consente la caccia in mobilità di cui all’articolo 17.

3. Tenuto conto degli accordi di reciprocità tra la Regione Toscana e le altre regioni, ogni ATC garantisce l’ammissione ad un numero di cacciatori non residenti in Toscana pari al 4 per cento del totale dei cacciatori ammissibili sulla base dell’indice di cui all’articolo 8, comma 1.

4. Nel caso in cui l’ATC risulti saturo in riferimento all’indice di densità di cui all’articolo 8, comma 1, il comitato di gestione dell’ATC può aumentare il numero di cacciatori ammissibili fino al 4 per cento da utilizzare negli accordi diretti con ATC di altre Regioni.

5. Il comitato di gestione può derogare alla percentuale di cui al comma 3 e al comma 4 per i cacciatori che intendono esercitare in via esclusiva la caccia al cinghiale in battuta.

6. Le domande di iscrizione dei cacciatori provenienti da altre regioni sono presentate al comitato di gestione dell’ATC prescelto nel periodo compreso tra il 1° e il 30 aprile. Il comitato decide in merito all’iscrizione in base ai seguenti criteri, per ciascuno dei quali è attribuito uno specifico punteggio, e procede per sorteggio in caso di parità:

a) nascita in un comune ricadente nel comprensorio in cui è ricompreso l’ATC (punti 4);

b) sede lavorativa in un comune ricadente nel comprensorio in cui è ricompreso l’ATC (punti 5);

c) residenza in comune confinante con l’ATC (punti 3);

d) diritto di proprietà, anche del coniuge e di parenti fino al secondo grado, su immobili di civile abitazione e su fondi inclusi nel comprensorio (punti 3). In questi casi alla domanda deve essere allegata la certificazione registrata attestante il titolo. 7. I cacciatori residenti nella Repubblica di San Marino, sulla base dei rapporti di reciprocità derivanti dalla convenzione Italo-Sanmarinese in materia di caccia, nonché i cacciatori residenti negli Stati dell’Unione europea sono equiparati ai cacciatori provenienti da altre regioni italiane.

 

     Art. 14. Ridefinizione degli ATC

(articolo 13 ter l.r. 3/1994)

1. Le province al fine di una più efficace programmazione e gestione del territorio possono procedere alle riperimetrazioni dei comprensori ritenute opportune mediante la modifica del piano faunistico venatorio provinciale vigente.

2. Nei casi in cui la ridefinizione dei comprensori comporti un aumento del numero degli ATC, i cacciatori già iscritti all’ATC originario hanno diritto all’iscrizione ad uno degli ATC derivati per suddivisione, e conservano la facoltà di caccia sull’intero territorio dell’ATC originario, senza ulteriori oneri, per la durata della stagione venatoria in corso o per quella successiva.

 

     Art. 15. Caccia in mobilità dei cacciatori toscani

(articolo 13 ter l.r. 3/1994)

1. Dal 1° ottobre al termine della stagione venatoria i cacciatori residenti in Toscana possono esercitare la caccia in mobilità al cinghiale in battuta e alla selvaggina migratoria da appostamento per un massimo di venti giornate in ATC diversi da quelli a cui risultano iscritti.

2. La caccia al cinghiale in battuta e la caccia alla selvaggina migratoria da appostamento effettuate ai sensi del comma 1 non agiscono sull’indice di densità di cui all’articolo 8.

3. Ogni cacciatore può acquistare presso l’ATC e previo pagamento di una quota stabilita con la deliberazione della Giunta regionale di cui all’articolo 18, un pacchetto di cinque giornate da utilizzare per la caccia vagante alla selvaggina migratoria e alla selvaggina stanziale, esclusi gli ungulati, valido solo per la stagione venatoria in cui è stato acquistato.

4. Il pacchetto di cui al comma 3 è utilizzabile a partire dal 1° ottobre in ATC della Toscana diversi da quelli in cui il cacciatore è iscritto utilizzando il sistema regionale di prenotazione venatoria di cui all’articolo 18.

5. I Comitati di gestione degli ATC possono prevedere, nel rispetto dell’indice di densità venatoria di cui all’articolo 8, pacchetti di giornate di caccia utilizzabili per forme specifiche di caccia e solo nel territorio di competenza dell’ATC stesso.

6. I proventi derivanti dal pagamento delle quote di cui al comma 3 sono ripartiti fra gli ATC in base alle prenotazioni effettuate secondo le modalità stabilite dalla competente struttura della Giunta regionale.

7. Per la caccia vagante alla selvaggina migratoria e alla selvaggina stanziale esclusi gli ungulati il sistema regionale di prenotazione venatoria di cui all’articolo 18 consente l’accesso giornaliero ad un numero di cacciatori pari alla differenza dei cacciatori ammissibili sulla base dell’indice di densità fissato all’articolo 8 e il totale dei cacciatori iscritti. E’ comunque garantito in tutti gli ATC l’accesso a un numero di cacciatori pari al 2 per cento dei cacciatori ammissibili.

8. Tutte le giornate di caccia in mobilità devono essere segnate sul tesserino venatorio regionale.

 

     Art. 16. Mobilità dei cacciatori che hanno optato per la caccia da appostamento fisso

(articolo 13 ter l.r. 3/1994)

1. I cacciatori che hanno optato per la caccia da appostamento fisso in via esclusiva possono esercitare tale attività in un ATC diverso da quello di residenza venatoria, senza necessità di provvedere ad ulteriori iscrizioni, a partire dal primo giorno utile di caccia.

2. I cacciatori di cui al comma 1 non agiscono sull’indice di densità di cui all’articolo 8 e hanno una riduzione del 50 per cento della quota di iscrizione fissata dagli ATC ai sensi dell’articolo 13 ter, comma 4, della l.r. 3/1994.

3. I cacciatori di cui al comma 1 possono svolgere dieci giornate di caccia alla selvaggina migratoria da appostamento temporaneo negli ATC toscani a partire dal 1° ottobre. Le giornate di caccia in mobilità devono essere segnate sul tesserino venatorio regionale.

 

     Art. 17. Mobilità dei cacciatori non residenti in Toscana

(articolo 13 ter l.r. 3/1994)

1. A partire dal 1° ottobre di ogni anno è consentito ai cacciatori non residenti in Toscana, con il sistema regionale di prenotazione di cui all’articolo 18 e tenuto conto degli accordi fra la Regione Toscana e le altre regioni, in particolare con quelle confinanti, l’accesso giornaliero per la caccia alla migratoria da appostamento o per la caccia agli ungulati, secondo le norme di cui al titolo VI.

2. La caccia in mobilità di cui al comma 1 non è consentita ai cacciatori iscritti ad un ATC toscano, salvo l’ipotesi di iscrizione come residenza venatoria.

3. Il numero massimo giornaliero dei cacciatori ammissibili non può essere superiore al 5 per cento del numero complessivo dei cacciatori ammissibili in ogni ATC in base all’indice di densità di cui all’articolo 8, comma 1.

4. La Giunta regionale, nell’ambito degli accordi di cui al comma 1 ed a condizione che questi garantiscano analoghi trattamenti per i cacciatori toscani, fissa annualmente le quantità, le modalità di accesso, le forme di caccia e le quote di partecipazione.

5. I cacciatori non residenti in Toscana richiedono l’attribuzione del codice personale per l’accesso al sistema regionale di prenotazione venatoria di cui all’articolo 18 tramite collegamento informatico all’apposito sito web regionale. I codici personali assegnati sono validi anche per le stagioni venatorie successive. I cacciatori registrati nel sito web regionale provvedono all’aggiornamento dei propri dati anagrafici e recapiti personali.

 

     Art. 18. Sistema regionale di prenotazione e ulteriori norme per la mobilità venatoria

(articolo 13 ter l.r. 3/1994)

1. La Giunta regionale stabilisce con propria deliberazione le modalità di accesso al sistema regionale di prenotazione venatoria e le ulteriori norme necessarie per l’esercizio alla mobilità venatoria sul territorio regionale.

 

Titolo II

ISTITUTI FAUNISTICI, ISTITUTI FAUNISTICO

VENATORI E AREE SOTTRATTE ALLA CACCIA PROGRAMMATA

 

Capo I

OASI DI PROTEZIONE E ZONE DI PROTEZIONE LUNGO

LE ROTTE DI MIGRAZIONE DELL’AVIFAUNA

 

     Art. 19. Zone di protezione (articolo 14 l.r. 3/1994)

1. I confini delle zone di protezione lungo le rotte di migrazione dell’avifauna devono coincidere possibilmente con elementi geografici facilmente individuabili e tali da consentire un’efficace gestione e vigilanza.

2. Le zone di protezione lungo le rotte di migrazione dell’avifauna hanno durata corrispondente al piano faunistico venatorio provinciale e possono essere riconfermate.

3. La gestione delle zone di protezione poste lungo le rotte di migrazione dell’avifauna è affidata alla provincia che può avvalersi del concorso di associazioni culturali, ambientaliste, venatorie e agricole con le quali può stipulare apposite convenzioni. Per la realizzazione degli interventi gestionali programmati si privilegiano forme associate di proprietari e conduttori di fondi inclusi.

4. Nel piano faunistico venatorio provinciale sono indicati gli obiettivi gestionali da perseguire mediante specifici piani annuali.

5. Ai sensi dell’articolo 28 bis, comma 5, della l.r. 3/1994 le province garantiscono il mantenimento delle densità sostenibili di ungulati. Le province garantiscono altresì l’equilibrio compatibile fra le popolazioni animali presenti, le produzioni agricole e l’ambiente esercitando le forme di controllo di cui all’articolo 37 della l.r. 3/1994.

 

     Art. 20. Oasi di protezione

(articolo 15 l.r. 3/1994)

1. Le oasi di protezione di cui all’articolo 15 della l.r. 3/1994 sono individuate su superfici idonee o apprestabili al rifugio, alla riproduzione e alla sosta delle specie migratorie, nonché all’insediamento, incremento e irradiamento naturale della piccola selvaggina stanziale.

2. Le oasi sono dislocate preferibilmente su terreni di proprietà demaniale e all’interno del sistema regionale delle aree protette, tenuto conto delle linee di migrazione, privilegiando, ove esistenti, le aree già indicate anche a livello internazionale e in parte già acquisite nel novero degli ambiti da proteggere.

3. La provincia istituisce le oasi tenendo conto della realtà produttiva del territorio, come destinazione d’uso di superfici con peculiarità ambientali e floristiche. Qualora le oasi interessino paesaggi con usi agro-silvo-pastorali estensivi, devono rappresentare strumenti per la difesa della natura insieme alla difesa del paesaggio tradizionale. Nel caso in cui interessino paesaggi con utilizzazioni agricole intensive, le oasi rappresentano una riserva parziale per la salvaguardia e il recupero di determinate componenti naturali.

4. Le oasi di protezione hanno durata corrispondente al piano faunistico venatorio provinciale e possono essere riconfermate.

5. La gestione delle oasi di protezione è affidata alla provincia che può avvalersi del concorso di associazioni culturali, ambientaliste, venatorie e agricole con le quali può stipulare apposite convenzioni. Per la realizzazione degli interventi gestionali programmati si privilegiano forme associate di proprietari e conduttori di fondi inclusi.

6. In caso di opposizione ai sensi dell’articolo 15, comma 7, della l.r. 3/1994 la provincia provvede in merito all’utilizzazione delle superfici interessate al fine del perseguimento degli obiettivi faunistici programmati. Fino a tale determinazione su queste superfici è preclusa l’attività venatoria.

7. Ai sensi dell’articolo 28 bis, comma 5, della l.r. 3/1994 le province garantiscono il mantenimento delle densità sostenibili di ungulati. Le province garantiscono altresì l’equilibrio compatibile fra le popolazioni animali presenti, le produzioni agricole e l’ambiente esercitando le forme di controllo di cui all’articolo 37 della l.r. 3/1994.

 

Capo II

ZONE DI RIPOPOLAMENTO E CATTURA

 

     Art. 21. Zone di ripopolamento e cattura

(articolo 16 l.r. 3/1994)

1. Le zone di ripopolamento e cattura, oltre che per le finalità indicate all’articolo 16, comma 1, della l.r. 3/1994, sono istituite anche per la salvaguardia, la sosta durante la migrazione, lo sviluppo e la riproduzione di soggetti appartenenti a specie migratrici, anche attraverso il miglioramento delle caratteristiche ambientali del territorio.

2. La superficie delle zone di ripopolamento e cattura deve essere tale da salvaguardare la possibilità di riproduzione delle popolazioni animali selvatiche ospitate al loro interno ed il mantenimento della qualità dell’ambiente.

3. I confini delle zone di ripopolamento e cattura devono coincidere possibilmente con elementi geografici facilmente individuabili e comunque tali da consentire un’adeguata vigilanza e gestione.

4. Le zone di ripopolamento e cattura hanno la durata corrispondente alla validità del piano faunistico venatorio provinciale e possono essere riconfermate.

5. Le zone di ripopolamento e cattura possono essere istituite per l’incremento di almeno una delle seguenti specie selvatiche: lepre, fagiano, starna, pernice rossa.

6. Nel piano faunistico venatorio provinciale sono indicati gli obiettivi gestionali e le fondamentali prescrizioni tecniche gestionali.

7. Fermo restando quanto disposto dall’articolo 63, comma 9, della l.r. 3/1994 la rimozione delle tabelle perimetrali deve avvenire almeno trenta giorni prima dell’inizio della stagione venatoria.

 

     Art. 22. Costituzione delle zone di ripopolamento e cattura

(articolo 16 l.r. 3/1994)

1. Le zone di ripopolamento e cattura perseguono gli obiettivi gestionali specifici previsti nel piano faunistico venatorio provinciale.

2. L’atto di costituzione deve indicare le modalità di gestione dell’istituto. All’atto di costituzione devono essere allegati: a) planimetria in scala 1:10.000 riportante i confini della zona di ripopolamento e cattura;

b) cartografia 1:2.000 catastale;

c) relazione tecnica descrittiva dell’area sulla quale si intende costituire la zona di ripopolamento e cattura comprensiva del piano di gestione quinquennale delle attività che si intendono effettuare, dell’indicazione di almeno una specie di indirizzo che si intende produrre, degli interventi di miglioramento ambientale articolati per piani annuali e del programma di gestione delle specie selvatiche che si intendono produrre.

3. In caso di opposizione ai sensi dell’articolo 16, comma 2, della l.r. 3/1994 la provincia, provvede in merito all’utilizzazione delle superfici interessate al fine del perseguimento degli obiettivi faunistici programmati. Fino a tale determinazione su queste superfici è preclusa l’attività venatoria.

 

     Art. 23. Gestione delle zone di ripopolamento e cattura

(articolo 16 l.r. 3/1994)

1. Per la gestione delle zone di ripopolamento e cattura le province possono anche stipulare specifiche convenzioni con l’ATC competente per territorio.

2. La commissione di verifica e controllo di cui all’articolo 16, comma 3, della l.r. 3/1994 verifica il regolare svolgimento delle attività gestionali ed invia alla provincia report periodici.

3. Per la realizzazione degli interventi programmati l’organismo di gestione si avvale prioritariamente dei proprietari e conduttori dei fondi inclusi e degli agricoltori, singoli o associati, con i quali può stipulare apposite convenzioni.

4. L’organismo di gestione delle zone di ripopolamento e cattura deve fornire alla provincia, entro e non oltre il 30 marzo di ogni anno, i seguenti documenti relativi alla gestione della stessa:

a) relazione tecnica consuntiva della gestione nella quale sono riportati in cartografia gli interventi di miglioramento ambientale effettuati per la realizzazione del piano annuale;

b) comunicazione del numero di animali catturati;

c) bilancio finanziario preventivo di gestione;

d) piano annuale di gestione, con l’indicazione degli interventi di miglioramento ambientale che s’intende attuare da riportarsi anche in cartografia;

e) dati relativi alla stima del quantitativo di capi appartenenti alle specie in indirizzo presenti dopo l’effettuazione delle catture;

f) bilancio finanziario consuntivo di gestione;

g) ogni altra informazione ritenuta necessaria al fine della verifica dell’effettivo raggiungimento degli obiettivi programmati.

5. All’interno delle zone di ripopolamento e cattura l’immissione di selvaggina è autorizzata dalla provincia.

6. All’interno delle zone di ripopolamento e cattura non sono consentite gare cinofile fatta eccezione per gare di livello internazionale, nazionale e regionale promosse dall’Ente Nazionale della Cinofilia Italiana (ENCI) o da altre associazioni cinofile o venatorie riconosciute a livello nazionale e senza abbattimento di fauna selvatica.

7. Le gare cinofile di cui al comma 6 possono essere autorizzate dalla provincia solo in tempo di divieto di caccia e fuori dal periodo 10 aprile – 15 luglio, previo consenso dei proprietari o conduttori dei terreni interessati e con l’adozione delle necessarie misure di salvaguardia della fauna selvatica e delle produzioni agricole.

8. In caso di epizoozie, l’organismo di gestione è tenuto ad informare dell’insorgenza sanitaria la provincia e l’Azienda USL competente per territorio, entro tre giorni dall’accertamento di tale evento. La provincia tempestivamente informa le Università, gli Istituti scientifici o gli organismi di cui all’articolo 2, comma 3, della l.r. 3/1994. L’organismo di gestione è inoltre tenuto al rispetto delle misure di profilassi e prevenzione eventualmente prescritte dai suddetti enti.

9. Ai sensi dell’articolo 28 bis, comma 5, della l.r. 3/1994 le province garantiscono il mantenimento delle densità sostenibili di ungulati. Le province garantiscono altresì l’equilibrio compatibile fra le popolazioni animali presenti, le produzioni agricole e l’ambiente esercitando le forme di controllo di cui all’articolo 37 della l.r. 3/1994.

10. La provincia assicura un adeguato coordinamento della vigilanza anche attraverso il proprio personale.

 

     Art. 24. Cattura e rilascio dei capi nelle zone di ripopolamento e cattura

(articolo 16 l.r. 3/1994)

1. Entro il 1° dicembre di ogni anno l’organismo di gestione deve far pervenire alla provincia la relazione tecnica sulla stima del numero di capi appartenenti alle specie di indirizzo presenti prima delle catture ed il programma di cattura.

2. Le tecniche da impiegare per la stima delle popolazioni animali selvatiche presenti all’interno delle zone di ripopolamento e cattura devono essere indicate nel piano faunistico venatorio provinciale.

3. L’organismo di gestione deve comunicare alla provincia almeno dieci giorni prima dell’inizio delle operazioni di cattura, il programma delle operazioni stesse, indicante anche i giorni e le località.

4. I capi catturati, prima del rilascio, devono essere marcati con anelli o contrassegni forniti dalla provincia, nel rispetto di modalità operative definite dalla provincia.

5. I capi catturati sono immessi nel territorio secondo piani predisposti dall’ATC in condizioni utili al loro ambientamento. Per particolari situazioni la provincia può utilizzare fino ad un massimo del 20 per cento degli animali catturati per l’incremento faunistico di altri istituti pubblici.

 

     Art. 25. Verifiche sul funzionamento delle zone di ripopolamento e cattura e divieti

(articolo 16 l.r. 3/1994)

1. La provincia effettua ogni anno controlli sulle zone di ripopolamento e cattura, allo scopo di verificarne la funzionalità. Nel corso dei sopralluoghi viene accertata la realizzazione degli interventi di miglioramento ambientale previsti dal piano di gestione annuale e sono stimate le popolazioni animali selvatiche in indirizzo presenti.

2. In caso di mancato raggiungimento degli obiettivi programmati la provincia provvede ad effettuare le necessarie modificazioni delle strategie gestionali.

 

Capo III

CENTRI PUBBLICI DI RIPRODUZIONE DI FAUNA SELVATICA ALLO STATO NATURALE

 

     Art. 26. Centri pubblici di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale

(articolo 17 della l.r. 3/1994)

1. I centri pubblici di riproduzione di fauna selvatica sono istituti faunistici destinati alla ricostituzione di popolazioni autoctone nonché allo studio e alla sperimentazione di metodi e tecniche di gestione degli eco-sistemi agricoli e forestali con particolare riguardo alla riproduzione allo stato naturale di uccelli e mammiferi appartenenti alla fauna stanziale non ungulata nonché alla salvaguardia, la sosta durante la migrazione e lo sviluppo e la riproduzione della fauna migratrice.

2. I capi appartenenti alle popolazioni stanziali possono essere prelevati per il ripopolamento ed immessi sul territorio in tempi e condizioni utili al loro ambientamento.

 

Capo IV

ZONE DI RISPETTO VENATORIO

 

     Art. 27. Zone di rispetto venatorio

(articolo 17 bis l.r. 3/1994)

1. Nel piano faunistico venatorio provinciale sono indicati gli obiettivi gestionali e le fondamentali prescrizioni tecniche gestionali.

2. Le zone di rispetto venatorio di cui all’articolo 17 bis della l.r. 3/1994 hanno una durata massima corrispondente alla validità del piano faunistico venatorio provinciale e possono essere riconfermate.

3. La gestione delle zone di rispetto venatorio è affidata all’ATC che provvede alla predisposizione di piani annuali di gestione finalizzati al perseguimento delle finalità programmate.

4. La provincia autorizza l’immissione di selvaggina in apposite strutture di ambientamento.

5. Ai sensi dell’articolo 28 bis della l.r. 3/1994 le province garantiscono il mantenimento delle densità sostenibili di ungulati. Le province garantiscono altresì l’equilibrio compatibile fra le popolazioni animali presenti, le produzioni agricole e l’ambiente esercitando le forme di controllo di cui all’articolo 37 della l.r. 3/1994.

 

Capo V

CENTRI PRIVATI DI RIPRODUZIONE DI FAUNA

SELVATICA ALLO STATO NATURALE

 

     Art. 28. Centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale

(articolo 18 l.r. 3/1994)

1. La provincia autorizza i centri privati di riproduzione della fauna selvatica agli imprenditori agricoli richiedenti nel rispetto del piano faunistico venatorio provinciale.

2. L’autorizzazione ha validità corrispondente al piano faunistico venatorio provinciale.

3. La domanda di autorizzazione di centro privato di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale deve essere presentata corredata dei seguenti documenti:

a) mappa catastale dei terreni che si intendono vincolare con elenco particellare che rechi indicazione, per ogni singola particella, dell’estensione, della qualità colturale, del proprietario e del conduttore, salvo che le stesse informazioni non siano già presenti nel fascicolo aziendale istituito presso l’Agenzia Regionale Toscana per le Erogazioni in Agricoltura (ARTEA);

b) atti comprovanti il titolo di proprietà e conduzione dei terreni, salvo che le stesse informazioni non siano già presenti nel fascicolo aziendale istituito presso ARTEA;

c) atti da cui risulti il consenso dei proprietari e conduttori ad entrare a far parte del centro di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale. Il consenso è vincolante per la durata dell’autorizzazione;

d) proposta di piano produttivo quinquennale in cui indicare quantità e qualità delle specie che si intendono produrre, le tecniche di produzione e l’eventuale contenimento di specie concorrenti. Le specie che si intendono produrre sono da individuare in via esclusiva fra le seguenti: lepre, starna, coturnice, pernice rossa, fagiano.

4. La provincia acquisisce d’ufficio le informazioni di cui al comma 3, lettere a) e b) dal fascicolo aziendale istituito presso ARTEA, ove presenti.

5. Il titolare del centro privato di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale deve presentare alla provincia un piano annuale di gestione.

6. I centri di produzione allo stato naturale sono tenuti alla registrazione di tutte le operazioni di immissione, cattura e cessione dei capi in un apposito registro secondo le modalità definite dalla provincia.

 

Capo VI

AZIENDE FAUNISTICO VENATORIE

 

     Art. 29. Costituzione delle aziende faunistico venatorie

(articolo 20 l.r. 3/1994)

1. La domanda di autorizzazione di cui all’articolo 20, comma 1, della l.r. 3/1994 è presentata alla provincia competente per territorio corredata dei seguenti documenti:

a) mappa catastale dei terreni che si intendono vincolare con elenco particellare che rechi indicazione, per ogni singola particella, dell’estensione, della qualità colturale, del proprietario e del conduttore, salvo che le stesse informazioni non siano già presenti nel fascicolo aziendale istituito presso l’ARTEA;

b) atti comprovanti il titolo di proprietà e di conduzione dei terreni, salvo che le stesse informazioni non siano già presenti nel fascicolo aziendale istituito presso ARTEA;

c) atti da cui risulti il consenso dei proprietari e conduttori dei terreni ad entrare a far parte dell’azienda, vincolante per tutta la durata dell’autorizzazione, con le indicazioni necessarie a identificare i terreni stessi;

d) atto da cui risulta da parte di tutti gli interessati l’individuazione di un titolare formalmente delegato a rappresentare l’Azienda faunistico venatoria nei confronti della provincia; in tale atto devono essere determinati i poteri ad esso assegnati e le norme per la sua sostituzione;

e) proposta di programma di conservazione e di ripristino ambientale con l’indicazione delle specie da produrre per il conseguimento delle finalità dell’istituto.

2. La provincia acquisisce le informazioni di cui al comma 1, lettere a) e b) dal fascicolo aziendale istituito presso ARTEA, ove presenti.

3. La costituzione dell’azienda faunistico venatoria può essere autorizzata quando il consenso dei proprietari e conduttori sia equivalente ad almeno il 95 per cento della superficie totale. Nei territori inclusi, corrispondenti all’eventuale massimo del 5 per cento residuo, vige il divieto assoluto di caccia e operano le garanzie e le procedure di rimborso dei danneggiamenti arrecati alla produzione agricola dalla selvaggina cacciabile. Tutti gli oneri derivanti sono a carico dell’azienda.

4. L’autorizzazione è rilasciata prioritariamente agli imprenditori agricoli professionali di cui alla legge regionale 25 luglio 2007, n. 45 (Norme in materia di imprenditore ed imprenditrice agricoli e di impresa agricola) e agli altri imprenditori agricoli singoli o associati.

5. Contestualmente all’autorizzazione la provincia approva il piano di conservazione e di ripristino ambientale.

6. L’autorizzazione di azienda faunistico venatoria ha validità corrispondente alla validità del piano faunistico venatorio provinciale.

7. Entro sessanta giorni dalla pubblicazione del PRAF di cui all’articolo 7 della l.r. 3/1994 gli interessati possono presentare alla provincia domanda di nuova autorizzazione.

8. In caso di domanda di autorizzazione presentata per l’istituzione di aziende faunistico venatorie già autorizzate nella precedente programmazione, qualora nessuna modificazione sia stata apportata ai confini, è sufficiente allegare alla nuova domanda una dichiarazione sostitutiva di atto notorietà ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445

(Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa) relativamente alla documentazione di cui al comma 1, lettere a), b), c) e d).

9. Le disposizioni di cui al comma 8 si applicano anche in caso di modifiche dell’assetto proprietario dei fondi interessati dall’azienda faunistico venatoria relativamente alla documentazione non variata e già in possesso della provincia.

10. In caso di rilascio di autorizzazione di cui al comma 8, non possono essere apportate modifiche dei confini dell’azienda faunistico venatoria derivanti dalla successiva costituzione di nuovi istituti faunistici o faunistico venatori.

11. In caso di scadenza del piano faunistico venatorio provinciale durante la stagione venatoria, l’attività venatoria all’interno dell’azienda è comunque garantita fino al termine della stagione venatoria stessa.

 

     Art. 30. Programma di conservazione e di ripristino ambientale

(articolo 20 l.r. 3/1994)

1. Il programma di conservazione e di ripristino ambientale di cui all’articolo 20, comma 10, della l.r. 3/1994 deve indicare:

a) descrizione delle caratteristiche del territorio su cui viene a costituirsi l’azienda;

b) cartografia tematica sull’uso del suolo;

c) scelta delle specie in indirizzo fra quelle indicate all’articolo 20, comma 3, della l.r. 3/1994, sulla base della valutazione delle caratteristiche dell’ambiente;

d) stima delle specie animali selvatiche stanziali presenti in azienda effettuata secondo le specifiche tecniche indicate dalla provincia e tenuto conto delle caratteristiche ambientali presenti;

e) progetto di recupero e valorizzazione ambientale con l’indicazione degli impianti e delle colture per i selvatici, delle tecniche colturali idonee alla salvaguardia dei selvatici adottate e dell’eventuale reimpianto di vegetazione naturale;

f) piano di assestamento e di prelievo relativo alla prima annualità.

2. Le aziende faunistico venatorie, previa autorizzazione della provincia, possono allevare selvaggina per il ripopolamento dell’azienda stessa.

 

     Art. 31. Piano annuale di assestamento e prelievo

(articolo 20 l.r. 3/1994)

1. Il piano annuale di assestamento e prelievo di cui all’articolo 20, comma 8, della l.r. 3/1994 deve essere presentato alla provincia entro il 30 marzo per tutte le specie e, per gli ungulati, entro il 30 aprile.

2. Il piano annuale di assestamento e prelievo contiene:

a) stima delle specie stanziali presenti in azienda, con particolare riferimento a quelle in indirizzo, effettuate secondo metodologie uniformi su tutto il territorio indicate dalla provincia;

b) quantificazione delle immissioni di selvaggina previste;

c) piano di prelievo;

d) interventi di recupero e valorizzazione ambientale individuati cartograficamente;

e) periodo previsto per la caccia al cinghiale, al muflone, al daino e al cervo in strutture recintate;

f) numero, tipologia e localizzazione degli appostamenti fissi di caccia.

3. Il piano di prelievo può prevedere:

a) una quantità di prelievi non superiore al 50 per cento dei capi immessi o presenti nel caso previsto all’articolo 33, comma 2;

b) la cattura o il prelievo venatorio di specie selvatiche stanziali, cacciabili ai sensi dell’articolo 18 della l. 157/1992, anche diverse da quelle per le quali è stata rilasciata l’autorizzazione.

c) per le specie ungulate fuori dai recinti, una quota di prelievi pari a quella fissata dal comitato di gestione dell’ATC per il territorio del distretto confinante con l’azienda e comunque adeguato a garantire la densità sostenibile definita ai sensi dell’articolo 28 bis della l.r. 3/1994.

4. Il piano annuale di assestamento e prelievo è approvato dalla provincia entro sessanta giorni dal ricevimento.

5. Entro il 31 luglio di ogni anno il titolare dell’autorizzazione può proporre modifiche al piano annuale di assestamento e prelievo.

 

     Art. 32. Recinzioni

(articolo 20 l.r. 3/1994)

1. Le aziende faunistico venatorie non possono avere recinzioni perimetrali tali da impedire il libero passaggio della piccola selvaggina stanziale.

2. Per il raggiungimento delle finalità proprie delle aziende le province possono autorizzare la costruzione di recinzioni, distanti almeno 100 metri dai confini, per la produzione di selvaggina da destinare al ripopolamento dell’azienda stessa. In tali recinti la caccia è vietata.

3. Possono inoltre essere autorizzate recinzioni di ampiezza massima pari al 20 per cento della superficie dell’azienda e non inferiore a 50 ettari, destinate alla caccia al cinghiale, al muflone, al daino e al cervo all’interno dei quali, fatta eccezione per la volpe, ogni altra forma di caccia è vietata nei periodi di utilizzazione.

4. Le recinzioni di cui ai comma 2 e 3 non devono permettere la fuoriuscita degli animali immessi. La fuga di animali derivante da incuria o inadeguatezza delle recinzioni è considerata immissione di fauna non autorizzata.

 

     Art. 33. Immissioni e conferimenti alla provincia

(articolo 20 l.r. 3/1994)

1. Fatti salvi gli adempimenti della fase di primo impianto, le immissioni di selvaggina, comprese le specie costituenti l’indirizzo faunistico, sono autorizzate dalla provincia nel piano annuale di assestamento e prelievo.

2. Le province stabiliscono nel piano faunistico venatorio provinciale le quantità di fagiani che le aziende faunistico venatorie devono immettere in appositi recinti di ambientamento e le densità delle popolazioni di fagiani che devono essere presenti in azienda al fine di essere esonerati dall’obbligo di immissione.

3. Le immissioni di selvaggina diversa dal fagiano sono autorizzate entro limiti tali da non danneggiare i livelli di presenza e incremento delle specie costituenti l’indirizzo faunistico.

4. Le immissioni devono essere effettuate secondo modalità concordate con la provincia.

5. Le operazioni di immissioni devono essere comunicate alla provincia con un preavviso di almeno cinque giorni e possono essere effettuate nel periodo compreso fra la sospensione dell’attività venatoria all’interno dell’azienda e il 31 agosto di ogni anno. Nel caso in cui ricorrano condizioni climatiche sfavorevoli o si verifichino epizoozie le province possono disporre deroghe al termine del 31 agosto. In caso di evento localizzato il titolare dell’autorizzazione dà comunicazione alla provincia, la quale, a seguito di accertamento, provvede in merito.

6. Alla provincia deve essere conferita una quota corrispondente al 10 per cento della quantità di fauna immessa annualmente, in alternativa la provincia può richiedere l’equivalente valore in denaro. La competente struttura della Giunta regionale stabilisce i parametri di riferimento per la determinazione dell’equivalente valore in denaro [4].

 

     Art. 34. Esercizio dell’attività venatoria nelle aziende faunistico venatorie

(articolo 20 l.r. 3/1994)

1. Ai sensi dell’articolo 20, comma 8, della l.r. 3/1994, l’attività venatoria nelle aziende faunistico venatorie è consentita ai soli soggetti autorizzati, nelle giornate indicate nel calendario venatorio, nel rispetto delle disposizioni normative vigenti e secondo le previsioni del piano annuale di assestamento e prelievo di cui all’articolo 31.

2. Nelle aziende faunistico venatorie che realizzano gli obiettivi del piano annuale di assestamento e prelievo è consentito esercitare la caccia alla selvaggina migratoria secondo le norme del calendario venatorio, nel rispetto di una densità non superiore ad un cacciatore ogni 80 ettari. I permessi non possono avere durata inferiore alla mezza giornata.

3. Nelle aziende il titolare dell’autorizzazione può consentire gare cinofile, nonché l’allenamento e l’addestramento dei cani.

 

     Art. 35. Aziende faunistico venatorie in ambienti palustri

(articolo 20 l.r. 3/1994)

1. Al fine di proteggere e favorire la conservazione degli ambienti palustri di rilevante valore naturale, la provincia può autorizzare la costituzione di aziende faunistico venatorie in ambienti palustri anche quando la superficie umida o palustre non costituisca la parte prevalente del territorio, in ogni caso tale superficie non deve essere complessivamente inferiore a 40 ettari e deve presentare carattere di continuità.

2. Nelle aziende faunistico venatorie in ambienti palustri la caccia è consentita fino alle ore 14.

3. Nel programma di conservazione e di ripristino ambientale devono essere previsti interventi di conservazione degli habitat e di eventuale ripristino quali: creazione di canali sussidiari di convoglio e di scolo delle acque, controllo dell’inquinamento e dello sviluppo della vegetazione, ripulitura dei fondali per il mantenimento di un adeguato livello medio delle acque per la sosta e l’alimentazione degli uccelli acquatici o limicoli, creazione di invasi per i periodi di siccità e realizzazione di apprestamenti per favorire la nidificazione.

4. Nel piano annuale di assestamento e prelievo deve essere indicato:

a) il numero di cacciatori giornalieri in rapporto alla capacità dell’ambiente e in ogni caso non più di un cacciatore per 10 ettari di superficie allagata, tenuto conto di quanto disposto all’articolo 34;

b) i giorni di caccia settimanali fissati dal titolare dell’autorizzazione;

c) l’individuazione di un’area di divieto di caccia che non deve essere inferiore al 30 per cento della superficie della zona umida compresa nell’azienda faunistico venatoria;

d) gli appostamenti, che non possono essere in numero superiore ad uno ogni 30 ettari di superficie allagata, e la loro tipologia.

 

     Art. 36. Esercizio del controllo nelle aziende faunistico venatorie

(articolo 20 l.r. 3/1994)

1. I controlli delle province sulle aziende faunistico venatorie attengono al rispetto delle prescrizioni indicate nell’autorizzazione, alla verifica della realizzazione di quanto previsto nei piani annuali e pluriennali di riferimento e sono finalizzati ad accertare l’effettivo perseguimento degli obiettivi gestionali previsti.

2. In caso di irregolarità o di mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati la provincia fissa un termine per provvedere.

3. Delle operazioni di immissione, abbattimento e cattura esercitate nell’azienda deve essere tenuta nota in apposito registro a disposizione della provincia competente. Nelle aziende consorziate è autorizzata la tenuta di più registri aventi le caratteristiche del registro generale. In tal caso sul registro generale sono riepilogati entro il 20 marzo di ogni anno i dati contenuti nei singoli registri dei consorziati.

4. La revoca o la sospensione dell’autorizzazione di cui all’articolo 22, comma 1, della l.r. 3/1994 possono essere adottati anche nei confronti di singoli consorziati.

 

     Art. 37. Verifica degli abbattimenti

(articolo 20 l.r. 3/1994)

1. All’interno delle aziende faunistico venatorie ogni cacciatore deve essere munito di permesso numerato su cui annotare i capi abbattuti al termine della giornata venatoria. Gli esiti di caccia devono essere annotati nel registro di cui all’articolo 36, comma 3, nelle quarantotto ore successive.

2. Nel caso di battute di caccia al cinghiale e al fagiano il permesso di cui al comma 1 è rilasciato solo al responsabile della battuta e deve avere allegato l’elenco dei partecipanti. Nell’elenco dei partecipanti sono indicati anche eventuali addetti al caricamento delle armi.

 

     Art. 38. Vigilanza interna alle aziende

(articolo 20 l.r. 3/1994)

1. La vigilanza venatoria nelle aziende faunistico venatorie deve essere assicurata da almeno una guardia a disposizione dell’azienda stessa. Deve comunque essere assicurata la presenza di una guardia ogni 500 ettari o frazione superiore a 250 ettari.

 

Capo VII

AZIENDE AGRITURISTICO VENATORIE

 

     Art. 39. Costituzione delle aziende agrituristico venatorie

(articolo 21 l.r. 3/1994)

1. La domanda di autorizzazione di cui all’articolo 21, comma 1, della l.r. 3/1994 è presentata alla provincia competente per territorio corredata dei seguenti documenti:

a) mappa catastale dei terreni che si intendono vincolare con elenco particellare che rechi indicazione, per ogni singola particella, dell’estensione, della qualità colturale, del proprietario e del conduttore, salvo che le stesse informazioni non siano già presenti nel fascicolo aziendale istituito presso l’ARTEA;

b) atti comprovanti il titolo di proprietà e di conduzione dei terreni, salvo che le stesse informazioni non siano già presenti nel fascicolo aziendale istituito presso ARTEA;

c) atti da cui risulti il consenso dei proprietari e conduttori dei terreni ad entrare a far parte dell’azienda vincolante per tutta la durata dell’autorizzazione, con le indicazioni necessarie a identificare i terreni stessi; d) atto da cui risulta da parte di tutti gli interessati l’individuazione di un titolare formalmente delegato a rappresentare l’azienda agrituristico venatoria nei confronti della provincia; in tale atto devono essere determinati i poteri ad esso assegnati e le norme per la sua sostituzione;

e) proposta di programma di ripristino ambientale e di piano economico e di gestione.

2. La provincia acquisisce le informazioni di cui al comma 1, lettere a) e b) dal fascicolo aziendale istituito presso ARTEA, ove presenti.

3. La costituzione è consentita quando il consenso dei proprietari e conduttori sia equivalente ad almeno il 95 per cento della superficie totale. Nei territori inclusi, corrispondenti all’eventuale massimo del 5 per cento residuo, vige il divieto assoluto di caccia e operano le garanzie e le procedure di rimborso dei danneggiamenti arrecati alla produzione agricola dalla selvaggina cacciabile. Tutti gli oneri derivanti sono a carico dell’azienda.

4. L’autorizzazione è rilasciata prioritariamente agli imprenditori agricoli professionali di cui alla l.r. 45/2007 e agli altri imprenditori agricoli singoli o associati.

5. Contestualmente all’autorizzazione la provincia approva il programma di ripristino ambientale dove sono specificati gli obiettivi gestionali.

6. L’autorizzazione di azienda agrituristico venatoria ha validità corrispondente alla validità del piano faunistico venatorio provinciale.

7. Entro sessanta giorni dalla pubblicazione del PRAF di cui all’articolo 7 della l.r. 3/1994 gli interessati possono presentare alla provincia domanda di nuova autorizzazione.

8. In caso di domanda di autorizzazione presentata per l’istituzione di aziende agrituristico venatorie già autorizzate nella precedente programmazione, qualora nessuna modificazione sia stata apportata ai confini è sufficiente allegare alla nuova domanda una dichiarazione sostitutiva di atto notorietà ai sensi dell’articolo 47 del d.p.r. 445/2000 relativamente alla documentazione di cui al comma 1, lettere a), b), c) e d).

9. Le disposizioni di cui al comma 8 si applicano anche in caso di modifiche dell’assetto proprietario dei fondi interessati dall’azienda agrituristico venatoria relativamente alla documentazione non variata e già in possesso della provincia.

10. In caso di rilascio di autorizzazione di cui al comma 8, non possono essere apportate modifiche dei confini dell’azienda agrituristico venatoria derivanti dalla successiva costituzione di nuovi istituti faunistici o faunistico venatori.

11. In caso di scadenza del piano faunistico venatorio provinciale durante la stagione venatoria, l’attività venatoria all’interno dell’azienda è comunque garantita fino al termine della stagione venatoria stessa.

 

     Art. 40. Programma di ripristino ambientale

(articolo 21 l.r. 3/1994)

1. Il programma di ripristino ambientale di cui all’articolo 21, comma 10, della l.r. 3/1994 deve indicare gli obiettivi da perseguire nonchè:

a) le specie di selvaggina appartenenti alla fauna autoctona che si intende immettere, abbattere ed eventualmente produrre;

b) il quantitativo di ore lavorative previsto per lo svolgimento delle attività faunistico venatorie;

c) gli ordinamenti colturali attuali e le eventuali modificazioni e miglioramenti ambientali in conseguenza della nuova attività intrapresa;

d) le potenzialità che si intendono attivare;

e) la tipologia degli eventuali impianti di allevamento e stabulazione;

f) le eventuali strutture ricettive;

g) le attività di complemento alla caccia che si intendono intraprendere;

h) eventuali progetti di recupero e valorizzazione ambientale.

 

     Art. 41. Piano economico e di gestione

(articolo 21 l.r. 3/1994)

1. Il piano economico e di gestione di cui all’articolo 21, comma 10 della l.r. 3/1994 deve essere presentato alla provincia entro il 30 aprile di ogni anno e contiene l’indicazione delle immissioni da effettuare, i prelievi, le operazioni di miglioramento ambientale, nonché il consuntivo dell’attività svolta nella precedente stagione venatoria. Eventuali modifiche o integrazioni del piano sono autorizzate dalla provincia entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta.

 

     Art. 42. Esercizio della caccia nelle aziende agrituristico venatorie

(articolo 21 l.r. 3/1994)

1. Ai sensi dell’articolo 21, comma 7 della l.r. 3/1994, l’attività venatoria nelle aziende agrituristico venatorie è consentita alle persone autorizzate esclusivamente su selvaggina proveniente da allevamento, ad eccezione della caccia agli ungulati, alle specie predatrici e opportunistiche di cui all’articolo 21, comma 8 della l.r. 3/1994, durante tutta la stagione venatoria ad eccezione dei giorni di martedì e venerdì.

2. Nelle aziende agrituristico venatorie è vietata la caccia alla selvaggina migratoria ad eccezione del germano reale e della quaglia provenienti da allevamento.

3. Nelle aziende agrituristico venatorie il titolare dell’autorizzazione può consentire gare cinofile, nonché l’allenamento e addestramento dei cani.

 

     Art. 43. Immissioni e conferimenti alla provincia

(articolo 21 l.r. 3/1994)

1. Ad eccezione degli ungulati, i capi immessi devono provenire da allevamento e devono appartenere a specie selvatiche proprie della fauna nazionale.

2. L’azienda agrituristico venatoria è tenuta al conferimento alla provincia del 10 per cento del totale dei capi abbattuti, per le aziende che abbattono più di 3.000 capi, o che utilizzano capi prodotti in azienda, la percentuale è ridotta al 5 per cento. In alternativa la provincia può richiedere l’equivalente valore in denaro. La competente struttura della Giunta regionale stabilisce i parametri di riferimento per la determinazione dell’equivalente valore in denaro [5]

 

     Art. 44. Esercizio del controllo nelle aziende agrituristico venatorie

(articolo 21 l.r. 3/1994)

1. I controlli delle province sulle aziende agrituristico sono finalizzati alla verifica dell’effettivo perseguimento degli obiettivi gestionali programmati e attengono al rispetto di quanto previsto nell’autorizzazione e nei piani di riferimento.

2. In caso di irregolarità o di mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati la provincia fissa un termine per provvedere.

3. Delle operazioni di immissione, abbattimento e cattura esercitate nell’azienda deve essere tenuta nota in apposito registro a disposizione della provincia competente. Nelle aziende consorziate è autorizzata la tenuta di più registri aventi le caratteristiche del registro generale. In tal caso sul registro generale sono riepilogati entro il 20 marzo di ogni anno i dati contenuti nei singoli registri dei consorziati.

4. La revoca o la sospensione dell’autorizzazione di cui all’articolo 22, comma 1, della l.r. 3/1994 possono essere adottati anche nei confronti di singoli consorziati.

 

     Art. 45. Verifica degli abbattimenti

(articolo 21 l.r. 3/1994)

1. All’interno delle aziende agrituristico venatorie ogni cacciatore deve essere munito di permesso numerato su cui annotare i capi abbattuti al termine della giornata venatoria. Gli esiti di caccia devono essere annotati nel registro di cui all’articolo 44, comma 3, nelle quarantotto ore successive.

2. Nel caso di battute di caccia al cinghiale e al fagiano il permesso di cui al comma 1 è rilasciato solo al responsabile della battuta e deve avere allegato l’elenco dei partecipanti. Nell’elenco dei partecipanti sono indicati anche eventuali addetti al caricamento delle armi.

 

     Art. 46. Vigilanza interna alle aziende (articolo 21 l.r. 3/1994)

1. La vigilanza venatoria nelle aziende agrituristico venatorie deve essere assicurata da almeno una guardia a disposizione dell’azienda stessa. Deve comunque essere assicurata la presenza di una guardia ogni 500 ettari o frazione superiore a 250 ettari.

 

Capo VIII

AREE PER L’ADDESTRAMENTO,

L’ALLENAMENTO E LE GARE DEI CANI

 

     Art. 47. Aree per l’addestramento, l’allenamento e le gare dei cani

(articolo 24 l.r. 3/1994)

1. Ai sensi dell’articolo 24 della l.r. 3/1994, le aree per l’addestramento, l’allenamento e le gare dei cani si distinguono in:

a) aree per l’addestramento, l’allenamento e le gare dei cani senza abbattimento;

b) aree per l’addestramento, l’allenamento e le gare dei cani con abbattimento.

 

     Art. 48. Costituzione delle aree per l’addestramento, l’allenamento e le gare per cani

(articolo 24 l.r. 3/1994)

1. La domanda di autorizzazione per la costituzione delle aree per l’addestramento, l’allenamento e le gare per cani di cui all’articolo 24 della l.r. 3/1994 deve essere presentata alla provincia corredata dai seguenti documenti:

a) mappa catastale dei terreni che si intendono vincolare con elenco particellare che rechi indicazione, per ogni singola particella, dell’estensione, della qualità colturale, del proprietario e del conduttore, salvo che le stesse informazioni non siano già presenti nel fascicolo aziendale istituito presso l’ARTEA;

b) atti comprovanti il titolo di proprietà e di conduzione dei terreni, salvo che le stesse informazioni non siano già presenti nel fascicolo aziendale istituito presso ARTEA;

c) atti da cui risulti il consenso dei proprietari e conduttori dei terreni ad entrare a far parte dell’area per l’addestramento, l’allenamento e le gare per cani vincolante per tutta la durata dell’autorizzazione, con le indicazioni necessarie a identificare i terreni stessi;

d) atto da cui risulta da parte di tutti gli interessati l’individuazione di un titolare formalmente delegato a rappresentare l’area per l’addestramento, l’allenamento e le gare per cani nei confronti della provincia; in tale atto devono essere determinati i poteri ad esso assegnati e le norme per la sua sostituzione;

e) proposta di regolamento di gestione.

2. La provincia acquisisce le informazioni di cui al comma 1, lettere a) e b) dal fascicolo aziendale istituito presso ARTEA, ove presenti.

3. L’autorizzazione è rilasciata prioritariamente a associazioni venatorie o cinofile, agli imprenditori agricoli professionali di cui alla l.r. 45/2007 e gli altri imprenditori agricoli singoli o associati.

4. Nel caso di area ricadente in azienda agrituristico venatoria il titolare dell’azienda agrituristico venatoria stessa è tenuto comunque alla presentazione della domanda di autorizzazione in cui specificare tempi e modalità di esercizio, corredata dalla sola planimetria catastale.

5. L’autorizzazione di area per l’addestramento, l’allenamento e le gare per cani ha validità corrispondente al piano faunistico venatorio provinciale. La provincia può rilasciare autorizzazioni temporanee per l’attività di addestramento, allenamento e gare dei cani senza abbattimento di selvaggina.

6. Entro sessanta giorni dalla pubblicazione del PRAF di cui all’articolo 7 della l.r. 3/1994 gli interessati possono presentare alla provincia domanda di nuova autorizzazione.

7. In caso di domanda di autorizzazione presentata da soggetti già titolari di autorizzazione nella precedente programmazione, qualora nessuna modificazione sia stata apportata ai confini, è sufficiente allegare alla nuova domanda una dichiarazione sostitutiva di atto notorietà ai sensi dell’articolo 47 del d.p.r. 445/2000 relativamente alla documentazione di cui al comma 1, lettere a), b), c) e d).

8. Le disposizioni di cui al comma 7 si applicano anche in caso di modifiche dell’assetto proprietario dei fondi interessati dall’area per l’addestramento, l’allenamento e le gare per cani relativamente alla documentazione non variata e già in possesso della provincia.

 

     Art. 49. Regolamento di gestione

(articolo 24 l.r. 3/1994)

1. Il regolamento di gestione indica:

1) le specie di selvaggina appartenenti alla fauna autoctona che si intende immettere ed eventualmente abbattere;

2) tempi e modalità di utilizzazione dell’area;

3) gli obiettivi gestionali da raggiungere.

2. In caso di variazione dei tempi e delle modalità di esercizio il responsabile deve presentare alla provincia il nuovo regolamento di gestione per l’approvazione.

 

     Art. 50. Esercizio dell’attività e conferimenti alla provincia

(articolo 24 l.r. 3/1994)

1. Le autorizzazioni per l’accesso alle aree per l’addestramento, l’allenamento e le gare dei cani con abbattimento devono essere annotate in un apposito registro.

2. Nelle aree per l’addestramento, l’allenamento e le gare per cani con abbattimento ricadenti all’interno di aziende agrituristico venatorie le aree di abbattimento possono essere frazionate.

3. Nelle aree per l’addestramento, l’allenamento e le gare dei cani con abbattimento durante la stagione venatoria, l’abbattimento può essere esercitato solo su fauna d’allevamento di cui all’articolo 24, comma 7bis, della l.r. 3/1994, appositamente immessa, e su una superficie non superiore a 100 ettari. Tale limite non si applica in occasione di prove cinofile regionali, nazionali e internazionali promosse dalle associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale e dall’ENCI.

4. Nel caso di attività svolta con uso di cani da tana questa deve essere svolta su percorsi appositamente predisposti, con l’uso di specie selvatiche d’allevamento e secondo le indicazioni dell’ENCI.

5. Le immissioni di selvaggina sono effettuate a discrezione del responsabile. I soggetti immessi devono provenire da allevamenti e devono appartenere a specie selvatiche proprie della fauna toscana, fatta eccezione per la quaglia. Nel caso di immissioni di cinghiali in recinti di addestramento la superficie recintata non può essere inferiore ai 10 ettari; solo per l’addestramento dei cuccioli di età non superiore ai diciotto mesi e dei cani di piccola taglia possono essere autorizzati recinti con superficie inferiore a 10 ettari secondo le disposizioni ENCI.

6. Delle operazioni di immissione e di abbattimento deve essere tenuta nota nel registro di cui al comma 1.

7. Deve essere conferita alla provincia una quota corrispondente al 10 per cento della quantità di fauna immessa annualmente, escluse le quaglie. In alternativa la provincia può richiedere l’equivalente valore in denaro.

 

     Art. 51. Esercizio del controllo e vigilanza venatoria

(articolo 24 l.r. 3/1994)

1. Le province provvedono al controllo sull’attività delle aree per l’addestramento, l’allenamento e le gare per cani.

2. Nelle aree addestramento cani la vigilanza venatoria è effettuata da una guardia di cui all’articolo 51 della l.r. 3/1994 a disposizione dell’area o dal titolare della stessa in possesso di decreto di guardia giurata volontaria.

 

CAPO IX

AREE SOTTRATTE ALLA CACCIA PROGRAMMATA

 

     Art. 52. Aree sottratte alla caccia programmata

(articolo 25 l.r. 3/1994)

1. Le richieste di esclusione dei fondi rustici dalla gestione programmata della caccia di cui all’articolo 25 della l.r. 3/1994 sono accolte qualora non contrastino con l’attuazione del piano faunistico venatorio provinciale.

2. Le richieste di esclusione sono ammissibili nei seguenti casi:

a) superfici di terreno di ampiezza e caratteristiche ambientali tali da consentire l’effettivo svolgimento di un’azione di tutela e salvaguardia della fauna selvatica e non inferiori a 100 ettari. Tale estensione può essere raggiunta col concorso di fondi appartenenti a proprietari e conduttori confinanti: è ammessa la deroga a tale limite solo per territori interessati da ecosistemi di particolare pregio faunistico e naturale, che non siano sostanzialmente alterati dalla presenza o dall’attività dell’uomo;

b) superfici di terreno nelle quali vengano condotti programmi sperimentali di allevamento e coltivazione attuati con finanziamenti pubblici finalizzati alla ricerca scientifica ed all’innovazione tecnologica;

c) luoghi nei quali vengono svolte attività di rilevante interesse economico e sociale. I motivi della richiesta devono essere adeguatamente documentati in ordine all’entità, frequenza e periodicità del danno e del disturbo dichiarati.

 

Titolo III

DETENZIONE E ALLEVAMENTO DI FAUNA SELVATICA

 

Capo I

ALLEVAMENTO DI FAUNA SELVATICA

 

     Art. 53. Disciplina degli allevamenti di fauna selvatica

(articoli 39, 40 e 41 l.r. 3/1994)

1. La domanda di autorizzazione o la comunicazione di cui agli articoli 39, 40 e 41 della l.r. 3/1994, deve indicare:

a) la tipologia di allevamento prescelta;

b) la localizzazione dell’allevamento;

c) l’elenco delle specie che si intendono allevare;

d) le tecniche di allevamento che si intendono adottare;

e) le strutture in dotazione all’allevamento.

2. Il titolare dell’allevamento di cui agli articoli 39, 40 e 41 della l.r. 3/1994 deve tenere un registro vidimato dalla provincia e a disposizione del personale di vigilanza per eventuali controlli.

3. Nel registro sono indicati:

a) il numero di riproduttori e loro origine;

b) la natalità;

c) la mortalità;

d) le cessioni, con l’indicazione del nome dell’acquirente;

e) gli eventi patologici significativi;

f) i controlli sanitari ed amministrativi eseguiti.

4. Per la lepre in recinto i dati di cui al comma 3, lettere b) e c) possono non essere indicati.

5. In caso di cessione a terzi dei soggetti allevati, all’acquirente deve essere rilasciata una ricevuta-certificato di provenienza su modulo numerato. Il modulo, compilato in duplice copia (una per l’allevatore e una per l’acquirente), deve sempre riportare la specie e il numero di capi ceduti, il nominativo dell’acquirente e gli estremi dell’autorizzazione dell’allevamento. In caso di cessione di uccelli appartenenti all’avifauna autoctona deve essere riportato anche il numero dell’anello identificativo [6].

6. Le strutture in dotazione all’allevamento devono essere idonee ad impedire la fuoriuscita dei capi allevati. La fuga di animali allevati derivante da incuria e/o inadeguatezza delle strutture utilizzate è considerata immissione di fauna non autorizzata.

 

     Art. 54. Allevamenti di fauna selvatica per fini di ripopolamento

(articolo 39 l.r. 3/1994)

1. Gli allevamenti di fauna selvatica per fini di ripopolamento sono destinati alla produzione di specie tipiche nazionali per uso venatorio.

2. Gli allevamenti di fauna selvatica per fini di ripopolamento sono segnalati lungo il confine delle recinzioni perimetrali, secondo le modalità dell’ articolo 26 della l.r. 3/1994 , con tabelle che recano la scritta "Allevamento di fauna selvatica a scopo di ripopolamento - Divieto di caccia".

3. Gli allevamenti di fauna selvatica per fini di ripopolamento che hanno una superficie recintata inferiore ai 3 ettari possono avere una fascia di rispetto di 100 metri, nella quale è vietata la caccia vagante.

4. Negli allevamenti di fauna selvatica per fini di ripopolamento:

a) devono essere utilizzate specifiche strutture ed impianti di allevamento;

b) deve essere mantenuta una densità di capi limitata, secondo i rapporti minimi fissati dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca (ISPRA) e di seguito indicati:

1) per il fagiano: dai trenta ai sessanta giorni d’età 0,5 metri quadri/capo, oltre i sessanta giorni d’età 1 metro quadro/capo;

2) per le pernici: dai trenta ai sessanta giorni d’età 0,25 metri quadri/capo, oltre i sessanta giorni d’età 1 metro quadro/capo;

3) per le lepri in recinto: 100 metri quadri/capo;

4) per gli ungulati in recinto: 5.000 metri quadri/capo.

5. L’allevamento per fini di ripopolamento di tutte le specie selvatiche è soggetto alle disposizioni previste dalla normativa vigente in materia sanitaria.

6. Tutti i capi ungulati devono essere marcati con contrassegni numerati inamovibili approvati dalla provincia e registrati prima della cessione sul registro di cui all’articolo 53 comma 2, sul quale sono riportati gli estremi del modello 4 del decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954, n. 320 (Regolamento di polizia veterinaria).

7. Gli allevamenti per fini di ripopolamento di ungulati sono localizzati preferibilmente su terreni permeabili, non proclivi al dissesto e sono dotati di recinzioni per evitare la fuoriuscita degli animali. La provincia può definire specifiche caratteristiche tecniche delle recinzioni con riferimento alle diverse specie ungulate.

8. La fauna selvatica degli allevamenti per fini di ripopolamento è venduta accompagnata da idonea certificazione sanitaria rilasciata dall’Azienda unità sanitaria locale (azienda USL) di competenza.

 

     Art. 55. Detenzione e allevamento di fauna selvatica autoctona a fini ornamentali, amatoriali e per il mantenimento di tradizioni locali (articolo 40 l.r. 3/1994) [7]

1. La detenzione di fauna selvatica autoctona a fini ornamentali, amatoriali e per il mantenimento di tradizioni locali è soggetta ad autorizzazione della provincia.

2. Coloro che intendono esercitare l’attività di allevamento di uccelli appartenenti a specie selvatiche autoctone devono essere iscritti ad una associazione ornitologica nazionale o comunitaria legalmente costituita. L’eventuale perdita di tale requisito o l’iscrizione ad altra associazione ornitologica deve essere tempestivamente comunicata alla provincia. L’autorizzazione decade in caso di omessa iscrizione o mancato rinnovo dell’iscrizione all’associazione ornitologica prescelta.

3. Coloro che intendono esercitare l’attività di allevamento di uccelli appartenenti a specie selvatiche autoctone devono provvedere ad identificare i pullus con anello inamovibile e numerato non oltre il decimo giorno dalla nascita. E’ fatta eccezione per i pullus degli anatidi che devono essere inanellati non oltre il sessantesimo giorno dalla nascita.

4. Gli anelli utilizzabili sono forniti all’allevatore dall’associazione ornitologica di appartenenza. Ogni anello deve indicare la sigla dell’associazione, il numero di matricola dell’allevatore, la lettera di indicazione del diametro dell’anello, il numero progressivo e l’anno di nascita del soggetto.

5 Negli allevamenti di fauna selvatica autoctona a fini amatoriali, ornamentali e per il mantenimento di tradizioni locali non possono essere allevate specie ungulate e, in caso di allevamento di specie cacciabili, non possono essere detenuti più di dieci riproduttori per ogni specie salvo quanto previsto al comma 6.

6. La detenzione di riproduttori di specie cacciabili in numero superiore a dieci deve essere espressamente autorizzata dalla provincia per specifiche e documentate finalità di selezione della specie a fini espositivi.

7. Oltre che per le finalità specifiche dell’allevamento, i soggetti allevati, accompagnati da idonea certificazione sanitaria rilasciata dalla Azienda USL di competenza, possono essere utilizzati, previa autorizzazione dell’ATC e della provincia, anche per il ripopolamento.

8. Tutti gli uccelli allevati appartenenti alle specie selvatiche possono essere esposti nelle fiere e per le manifestazioni canore purché identificati mediante anello inamovibile e numerato.

 

     Art. 56. Allevamenti di uccelli da utilizzare come richiami vivi

(articolo 40 l.r. 3/1994)

1. Negli allevamenti di uccelli utilizzabili come richiami vivi possono essere allevate solo le specie di cui all’articolo 57.

2. I soggetti riproduttori devono essere dotati di anello inamovibile e numerato.

3. I pullus devono essere inanellati non oltre il decimo giorno dalla nascita con anello inamovibile numerato. E’ fatta eccezione per i pullus degli anatidi che devono essere inanellati non oltre il sessantesimo giorno dalla nascita.

4. La tipologia di anello inamovibile e numerato da utilizzare per l’identificazione dei pullus deve essere approvata dalla provincia. Ogni anello deve indicare la provincia, la sigla o il numero di identificazione dell’allevatore e il numero progressivo assegnato all’uccello.

 

     Art. 57. Uccelli utilizzabili come richiami vivi

(articolo 40 l.r. 3/1994)

1. Sono utilizzabili come richiami vivi gli uccelli appartenenti alle seguenti specie selvatiche: allodola, alzavola, canapiglia, cesena, codone, colombaccio, cornacchia grigia, fischione, folaga, gazza, ghiandaia, germano reale, marzaiola, merlo, mestolone, moretta, moriglione, pavoncella, tordo bottaccio e tordo sassello. Sono inoltre utilizzabili le forme domestiche del piccione e dell’anatra [8].

2. Tutti gli uccelli allevati appartenenti alle specie di cui al comma 1, purché identificati mediante anello inamovibile e numerato, possono essere utilizzati come richiami da caccia ed esposti nelle fiere e nelle manifestazioni canore. L’obbligo dell’anello identificativo inamovibile e numerato non sussiste per le forme domestiche del piccione e dell’anatra.

3. La provincia provvede a registrare nel sistema informativo regionale tutti gli uccelli da richiamo di cattura detenuti dai cacciatori e tutte le successive variazioni secondo le regole stabilite dalla competente struttura della Giunta regionale [9].

4. Tutte le variazioni riguardanti la detenzione di uccelli da richiamo devono essere comunicate dal cacciatore alla provincia di competenza entro trenta giorni.

 

     Art. 58. Modalità di trasporto, di utilizzo e di detenzione degli uccelli da richiamo per l’attività venatoria e per la partecipazione a mostre e fiere

(articolo 40 l.r. 3/1994)

1. Il trasporto, l’utilizzo e la detenzione degli uccelli da richiamo per l’attività venatoria e per la partecipazione a mostre e fiere sono effettuati:

a) per le specie allodola e per le altre specie di analoghe dimensioni, con gabbie tradizionali di legno o di materiale plastico, lunghe 20 centimetri, larghe 15 centimetri, alte 20 centimetri e aventi il fondo formato anche da barrette metalliche. Ciascuna gabbia può contenere un solo esemplare;

b) per le specie merlo, cesena, tordo bottaccio, tordo sassello e per le altre specie di analoghe dimensioni, con gabbie tradizionali di legno o di materiale plastico aventi gli spigoli arrotondati, lunghe 30 centimetri, larghe 25 centimetri, alte 25 centimetri e aventi il fondo formato anche da barrette metalliche. Ciascuna gabbia può contenere un solo esemplare;

c) per le specie pavoncella e colombaccio, con ceste o cassette, aventi il tetto in tela, la dimensione rapportata al numero dei soggetti trasportati e l’altezza non inferiore a 40 centimetri.

d) per le specie ghiandaia, gazza, cornacchia grigia e per le altre specie di analoghe dimensioni, con gabbie tradizionali di legno o di materiale plastico aventi gli spigoli arrotondati, lunghe 40 centimetri, larghe 40 centimetri, alte 40 centimetri e aventi il fondo formato anche da barrette metalliche. Ciascuna gabbia può contenere un solo esemplare.

2. Per il trasporto delle specie di cui al comma 1, lettere a) e b) possono essere utilizzate anche ceste o cassette aventi tetto in tela, la dimensione rapportata al numero di soggetti trasportati e l’altezza non inferiore a 25 centimetri. Ogni cesta o cassetta non deve contenere più di dieci soggetti.

3. Il trasporto degli animali domestici utilizzabili come richiami può avvenire anche in sacche di materiale morbido e flessibile che consentano una buona areazione e che mantengono gli animali in condizioni di oscurità e di limitata mobilità.

 

Titolo IV

CATTURA DI UCCELLI A SCOPO DI RICHIAMO

 

Capo I

CATTURA DI UCCELLI A SCOPO DI RICHIAMO

 

     Art. 59. Impianti per la cattura dei richiami vivi

(articolo 34 l.r. 3/1994)

1. L’attività di cattura di uccelli finalizzata alla costituzione del patrimonio dei richiami vivi è effettuata esclusivamente negli impianti autorizzati dalla Regione.

2. L’autorizzazione dell’impianto è rilasciata esclusivamente alla provincia richiedente previo parere dell’ISPRA.

 

     Art. 60. Posizione degli impianti di cattura

(articolo 34 l.r. 3/1994)

1. Gli impianti di cattura sono collocati preferibilmente in aree soggette a divieto di caccia.

2. Gli impianti collocati in zone non vietate alla caccia devono avere intorno ad essi una zona di protezione con divieto di caccia di almeno 300 metri. Nel caso di impianti ricadenti all’interno di aziende faunistico venatorie il divieto riguarda solo la selvaggina migratoria. Il divieto deve essere segnalato a cura delle province con l’apposizione di tabelle recanti la scritta: "Provincia di ... - Impianto di cattura - Divieto di caccia". In caso di impianti ricadenti all’interno di aziende faunistico venatorie la tabella deve specificare il divieto di caccia solo per la selvaggina migratoria.

3. In presenza di particolari condizioni ambientali, logistiche e morfologiche che lo consentono, possono essere accordate deroghe al divieto di cui al comma 2, da concordare con l’ISPRA sulla base di specifiche motivazioni ed idonea documentazione. In ogni caso la zona di protezione non può essere inferiore ai 200 metri dall’impianto.

 

     Art. 61. Tipologia degli impianti di cattura

(articolo 34 l.r. 3/1994)

1. Gli impianti di cattura si suddividono in fissi e mobili, a reti verticali e a reti orizzontali.

2. Gli impianti di cattura a reti verticali utilizzano reti a tramaglio o di tipo mist-net.

3. Gli impianti di cattura a reti orizzontali utilizzano reti semplici e possono essere muniti per il loro funzionamento soltanto di dispositivi a scatto, attivati manualmente o meccanicamente.

4. Le reti di cui ai commi 2 e 3 devono essere costituite da doppio filo ritorto e avere dimensioni non inferiori a 20 millimetri per l’allodola, non inferiori a 32 millimetri per i turdidi e non inferiori a 50 millimetri per pavoncella e colombaccio. Nel caso di impianti per la cattura contemporanea di uccelli di taglia diversa si utilizza la rete con maglia adatta per la specie più piccola.

 

     Art. 62. Convenzioni per la gestione degli impianti di cattura ed esame di idoneità del personale addetto

(articolo 34 l.r. 3/1994)

1. Le province per la gestione degli impianti di cattura possono stipulare apposite convenzioni con i soggetti che abbiano ottenuto l’idoneità ad esercitare l’attività di cattura dall’ISPRA.

2. Le convenzioni sono stipulate sulla base dei protocolli di gestione di cui all’articolo 63 prioritariamente con i proprietari degli impianti.

3. L’esame di idoneità ad esercitare attività di cattura è effettuato dall’ ISPRA presso la propria sede o presso una sede individuata dalla Regione o dalla provincia e concordata con l’Istituto stesso.

4. I soggetti interessati a sostenere l’esame di idoneità per la cattura di uccelli a fini di richiamo presentano una domanda entro il 31 dicembre alla provincia in cui intendono operare. La provincia, entro il 31 gennaio dell’anno successivo, trasmette all’ ISPRA le istanze ricevute per la predisposizione del calendario degli esami di idoneità.

 

     Art. 63. Protocolli di gestione

(articolo 34 l.r. 3/1994)

1. I protocolli di gestione degli impianti contengono indicazioni di dettaglio, da riportare nelle rispettive schede tecniche predisposte su modello fornito dall’ISPRA, relative a:

a) denominazione e localizzazione dell’impianto su cartografia in scala 1:25.000;

b) tipologia dell’impianto quali il roccolo, la bresciana o bressana, il copertone, il paretaio, la prodina;

c) struttura dell’impianto fisso o mobile;

d) tipologia della rete quali tramaglio, mist-net, reti semplici orizzontali;

e) dimensioni delle maglie delle reti impiegate;

f) individuazione su cartografia in scala indicativa 1:100 delle strutture per la stabulazione degli uccelli catturati e degli eventuali alloggiamenti del personale;

g) indicazione del numero dei richiami vivi utilizzati nell’impianto;

h) lunghezza e larghezza totale delle reti utilizzate in metri lineari; nel caso di impianti con reti orizzontali le dimensioni sono calcolate a reti chiuse; nel caso di impianti misti sono indicate separatamente le misure delle reti verticali e di quelle orizzontali;

i) individuazione del personale addetto alla gestione dell’impianto;

j) indicazione del periodo di attività dell’impianto;

k) eventuali modalità di controllo da parte della provincia e dell’ISPRA sull’attività dell’impianto;

l) modalità di disattivazione delle reti alla cessazione giornaliera dell’attività.

 

     Art. 64. Personale addetto alla gestione degli impianti di cattura

(articolo 34 l.r. 3/1994)

1. Il numero minimo di personale addetto al funzionamento di un impianto di cattura è:

a) due operatori negli impianti a reti verticali con più di 130 metri lineari di rete e negli impianti a reti orizzontali con più di una coppia di reti, nonché negli impianti misti che usano contemporaneamente reti verticali e orizzontali;

b) un operatore negli impianti di dimensioni inferiori a quelle di cui alla lettera a), in quelli in cui la dimensione lineare delle reti verticali in attività viene temporaneamente ridotta a non più di 130 metri e negli impianti a reti orizzontali che limitano in modo temporaneo l’attività ad una sola coppia di reti.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 possono essere derogate in caso di specifica autorizzazione da parte dell’ ISPRA.

3. Ogni operatore può gestire più impianti, purché ciò non avvenga contemporaneamente ma in periodi o giorni diversi.

4. Per la gestione degli impianti i titolari di convenzione possono detenere fino a ottanta uccelli, con un massimo di venti uccelli di cattura per specie.

5. Per ogni impianto è consentito l’utilizzo di un numero di richiami pari a quaranta unità, con un massimo di venti unità di cattura per specie.

6. Negli impianti con reti orizzontali possono essere usate al massimo due coppie di reti.

 

     Art. 65. Modalità di gestione degli impianti di cattura

(articolo 34 l.r. 3/1994)

1. L’attività di cattura si svolge da un’ora prima del sorgere del sole al tramonto. Nelle ore notturne le reti devono essere rese inidonee alla cattura.

2. Gli operatori addetti all’impianto, affiancati da coadiutori autorizzati dalla provincia, devono controllare le reti almeno ogni ora e più frequentemente in caso di condizioni atmosferiche avverse; l’operatore può chiudere le reti qualora le condizioni atmosferiche mettano in pericolo l’incolumità dei soggetti catturati.

3. Gli operatori devono tenere nel casello dell’impianto un raccoglitore contenente:

a) il registro progressivo giornaliero degli esemplari catturati, ceduti o morti;

b) il registro del riepilogo giornaliero degli esemplari catturati nel quale sono annotati gli uccelli catturati con indicazione della sigla e del numero riportato nella fascetta di marcatura, gli uccelli catturati deceduti e gli uccelli inanellati ricatturati;

c) il registro personale cessioni;

d) il registro dei richiami;

e) il modulo di segnalazione di ricattura di uccelli inanellati.

4. Nel caso di cattura di uccelli già inanellati per lo studio delle migrazioni l’operatore dell’impianto provvede alla lettura della dicitura riportata sull’anello, riportandola su apposito modulo, che invia all’ ISPRA dandone notizia alla provincia. Effettuate le rilevazioni i soggetti sono liberati.

5. I richiami utilizzati nell’impianto non possono essere accecati, mutilati o legati per le ali. Analoghe prescrizioni valgono per gli zimbelli, il cui uso è consentito a condizione che siano semplicemente imbracati.

6. La struttura e la gestione dei locali di stabulazione degli uccelli catturati devono essere idonee ad assicurare le necessarie condizioni igienico-

sanitarie quali ventilazione, temperatura, umidità, pulizia e disinfestazione periodica.

 

     Art. 66. Contingente catturabile a fini di richiamo

(articolo 34 l.r. 3/1994)

1. La competente struttura della Giunta regionale, previo parere dell’ISPRA e sulla base delle liste di prenotazione per la cessione dei richiami vivi di cui all’articolo 67, comma 9, stabilisce annualmente il contingente catturabile suddiviso per specie e per impianto, ripartendo il quantitativo fra le varie province sulla base del numero e delle tipologie degli impianti autorizzati.

2. L’attività di cattura è interrotta al raggiungimento del quantitativo stabilito per ogni singola specie.

 

     Art. 67. Cessione degli uccelli catturati a fini di richiamo

(articolo 34 l.r. 3/1994)

1. Tutti i soggetti catturati devono essere inanellati con anello inamovibile e numerato subito dopo la cattura e registrati.

2. La vendita a qualsiasi titolo degli uccelli di cattura utilizzabili a fini di richiamo è vietata.

3. I richiami di cattura possono essere ceduti con le modalità indicate nei commi 6, 7 e 8.

4. Le richieste dei richiami vivi di cattura, comprese quelle relative a soggetti da sostituire perché non idonei, conformi al modello-tipo predisposto dalla competente struttura della Giunta regionale, sono presentate dai cacciatori alla provincia di residenza entro il 20 maggio di ogni anno.

5. Le richieste di cui al comma 4 hanno validità annuale e possono essere ripresentate negli anni successivi.

6. La provincia predispone, entro il 31 maggio di ogni anno, liste di prenotazione per la cessione dei richiami vivi, accordando, in ogni caso, priorità nella cessione ai cacciatori che hanno optato per l’esercizio venatorio in via esclusiva da appostamento fisso ai sensi dell’ articolo 28, comma 3, lettera b) della l.r. 3/1994.

7. La cessione avviene previo versamento su apposito conto corrente intestato alla provincia dell’importo fissato annualmente per ciascuna specie dalla struttura competente della Giunta regionale.

8. La cessione dei soggetti catturati è di norma effettuata presso il luogo di stabulazione degli impianti di cattura dalle ore diciotto alle ore venti; comunque ed in via eccezionale non prima delle ore quindici, ad opera dell’operatore.

9. Entro il 31 maggio di ogni anno la provincia trasmette copia delle liste di cui al comma 6 alla competente struttura della Giunta regionale per la determinazione del contingente di uccelli da catturare.

 

     Art. 68. Comodato e cessione dei richiami di cattura

(articolo 34 l.r. 3/1994)

1. I cacciatori che detengono richiami di cattura possono cederli in comodato gratuito ad altri cacciatori.

2. I cacciatori che detengono richiami di cattura, qualora cessino l’attività venatoria o modifichino l’opzione di caccia, possono cederli ad altri cacciatori. In caso di decesso del detentore dei richiami, la cessione può avvenire ad opera di uno degli eredi.

 

     Art. 69. Registrazione dei richiami di cattura

(articolo 34 l.r. 3/1994)

1. La provincia provvede a registrare nel sistema informativo regionale la cessione dei richiami di cattura e tutte le successive variazioni secondo quanto previsto all’articolo 57.

 

     Art. 70. Relazione della provincia sulla gestione degli impianti di cattura

(articolo 34 l.r. 3/1994)

1. Al termine della stagione di cattura la provincia, sulla scorta dei dati risultanti dai registri forniti con apposita nota dal titolare della convenzione, redige una relazione sull’attività svolta da ogni singolo impianto e la invia all’ ISPRA e alla Regione entro il 31 gennaio dell’anno successivo. Nella relazione sono indicati:

a) la denominazione dell’impianto;

b) il periodo di apertura dell’impianto;

c) il numero di giornate effettive di attività dell’impianto;

d) il quantitativo delle catture previste per ciascun impianto, suddiviso per specie;

e) il quantitativo delle catture effettuate in ciascun impianto, suddiviso per specie;

f) il numero di uccelli morti per cause accidentali, suddiviso per specie;

g) il numero di uccelli catturati accidentalmente non appartenenti alle specie autorizzate;

h) i controlli effettuati ed eventuali infrazioni rilevate;

i) la data dell’eventuale chiusura anticipata dell’impianto e le relative motivazioni;

j) altre informazioni giudicate rilevanti o richieste dalla Regione, anche a fini statistici.

 

     Art. 71. Rimborso delle spese di gestione degli impianti di cattura ai titolari delle convenzioni

(articolo 34 l.r. 3/1994)

1. La provincia provvede a rimborsare ai titolari delle convenzioni le spese di gestione dell’impianto.

2. Il rimborso è onnicomprensivo ed è pari al corrispettivo dell’importo delle quote di cessione dei soggetti catturati e consegnati.

 

     Art. 72. Vigilanza sull’attività negli impianti di cattura

(articolo 34 l.r. 3/1994)

1. Alla vigilanza sulle attività negli impianti di cattura provvedono i soggetti di cui all’ articolo 51 della l.r. 3/1994 .

 

Titolo V

APPOSTAMENTI

 

Capo I

APPOSTAMENTI

 

     Art. 73. Appostamenti fissi (articolo 34 l.r. 3/1994)

1. Costituiscono appostamento fisso di caccia tutti quei luoghi destinati alla caccia di attesa caratterizzati da un’apposita preparazione del sito e dai necessari manufatti. Sono altresì considerati appostamenti fissi le botti in cemento o legno.

2. Gli appostamenti fissi si distinguono in:

a) appostamento fisso alla minuta selvaggina;

b) appostamento fisso per colombacci costituito da un capanno principale collocato a terra o su alberi o traliccio artificiale con lunghezza massima di 15 metri;

c) appostamento fisso per palmipedi e trampolieri costituito da un capanno collocato in acqua, in prossimità dell’acqua, sul margine di uno specchio d’acqua o terreno soggetto ad allagamento;

d) appostamento fisso per palmipedi e trampolieri su lago artificiale realizzato mediante idonee arginature e sistemazioni idraulico-agrarie che consentono l’allagamento artificiale di un sito altrimenti asciutto. I laghi artificiali non sono consentiti nelle aree palustri naturali individuate dalla provincia e sono provvisti di tabelle lungo gli argini perimetrali.

 

     Art. 74. Appostamenti temporanei

(articolo 34 l.r. 3/1994)

1. Costituiscono appostamento temporaneo di caccia, con o senza l’uso di richiami, tutti i momentanei e superficiali apprestamenti di luoghi destinati all’attesa della selvaggina, effettuati utilizzando di norma capanni in tela o altro materiale artificiale o vegetale, che non comportino alcuna modifica di sito e non presentino alcun elemento di persistenza.

2. Sono altresì considerati appostamenti temporanei le zattere e le altre imbarcazioni, purché saldamente e stabilmente ancorate durante l’esercizio venatorio.

3. Per la costruzione degli appostamenti temporanei può essere utilizzata vegetazione spontanea, esclusivamente arbustiva o erbacea, purché appartenente a specie non tutelate dalla normativa vigente ed è vietato utilizzare materiale fresco proveniente da colture arboree sia agricole che forestali e da piante destinate alla produzione agricola.

4. Gli appostamenti temporanei devono essere rimossi a cura dei fruitori al momento dell’abbandono.

5. Gli appostamenti per la caccia di selezione agli ungulati sono sempre considerati appostamenti temporanei, non sono soggetti alle disposizioni di cui agli articoli 77 e 80 e possono essere lasciati in essere con il consenso del proprietario o del conduttore del fondo [10].

 

     Art. 75. Zone di impianto degli appostamenti

(articolo 34 l.r. 3/1994)

1. Le province nel piano faunistico venatorio individuano le zone in cui sono collocabili gli appostamenti fissi.

2. Le province possono altresì individuare zone in cui non possono essere collocati gli appostamenti di cui all’articolo 74 per la caccia alla selvaggina migratoria.

3. Agli appostamenti fissi, già costituiti alla data di entrata in vigore della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), non si applica, fino al termine della fruizione continuativa da parte di un unico titolare di autorizzazione, quanto indicato al comma 1.

 

     Art. 76. Distanze fra gli appostamenti fissi

(articolo 34 l.r. 3/1994)

1. Nella costruzione di appostamenti fissi deve essere sempre rispettata la distanza minima di 200 metri da altri appostamenti fissi salvo le seguenti eccezioni:

a) gli appostamenti fissi ai colombacci di cui all’articolo 73, comma 2, lettera b) devono essere costruiti ad almeno 700 metri da appostamenti dello stesso tipo. Tale distanza può essere ridotta dalla provincia fino a 350 metri per la gestione di particolari territori;

b) gli appostamenti fissi per palmipedi e trampolieri di cui all’articolo 73, comma 2, lettera c) devono essere costruiti ad almeno 400 metri da appostamenti fissi dello stesso tipo. Tale distanza può essere ridotta dalle province fino a 200 metri per la gestione di particolari territori;

c) gli appostamenti fissi per palmipedi e trampolieri di cui all’articolo 73, comma 2, lettera d) devono essere costruiti ad almeno 400 metri da appostamenti fissi dello stesso tipo.

 

     Art. 77. Distanze degli appostamenti temporanei e per la caccia in forma vagante

(articolo 34 l.r. 3/1994)

1. Gli appostamenti temporanei devono rispettare la distanza minima di 80 metri da qualsiasi altro appostamento temporaneo.

2. La provincia può ridurre a 50 metri la distanza di cui al comma 1 per la gestione di particolari territori.

3. Gli appostamenti temporanei devono rispettare la distanza minima di 100 metri dagli appostamenti fissi di cui all’articolo 73, comma 2, lettere a) e b) e di 200 metri dagli appostamenti fissi di cui all’articolo 73, comma 2, lettere c) e d). Le province possono portare a 200 metri le distanze previste per gli appostamenti fissi di cui all’articolo 73, comma 2, lettere a) e b) per la gestione di particolari territori o l’esercizio di particolari forme di caccia.

4. La distanza di 200 metri dagli appostamenti fissi deve essere comunque rispettata in caso di appostamenti temporanei che utilizzino richiami vivi [11].

5. Le distanze di cui al comma 3 si applicano, limitatamente ai periodi di utilizzazione degli appostamenti fissi, per la caccia in forma vagante alla selvaggina migratoria, fatta eccezione per la beccaccia.

 

     Art. 78. Appostamenti complementari

(articolo 34 l.r. 3/1994)

1. Le province possono autorizzare l’impianto di due appostamenti complementari agli appostamenti fissi per colombacci di cui all’articolo 73, comma 2, lettera b) compresi in un raggio di 35 metri dall’appostamento principale.

2. Le province possono autorizzare l’impianto di due appostamenti complementari agli appostamenti fissi per palmipedi e trampolieri nei laghi artificiali di cui all’articolo 73, comma 2, lettera d) se la superficie del lago artificiale è inferiore a 5 ettari. Se la superficie del lago artificiale è superiore a 5 ettari la provincia può autorizzare l’impianto fino ad un massimo di quattro appostamenti complementari. Gli appostamenti complementari agli appostamenti fissi per palmipedi e trampolieri nei laghi artificiali di cui all’articolo 73, comma 2, lettera d) devono rispettare la distanza di 80 metri dall’appostamento principale e dagli altri complementari.

 

     Art. 79. Norme generali sulle distanze degli appostamenti

(articolo 34 l.r. 3/1994)

1. Le distanze fra appostamenti sono misurate, ridotte all’orizzontale, dal centro del capanno principale o dal bordo dei laghi artificiali.

2. Nella fascia di confine con altre regioni la cui normativa preveda distanze fra appostamenti diverse da quelle previste nel presente regolamento, le autorizzazioni sono rilasciate applicando la distanza minore fra quelle previste dalle normative delle regioni interessate.

3. Le distanze fra appostamenti collocati in province toscane diverse sono quelle definite dal presente regolamento senza tener conto di eventuali provvedimenti provinciali di riduzione delle distanze stesse.

4. Le disposizioni di cui all’articolo 76 non si applicano agli appostamenti autorizzati prima dell’entrata in vigore del presente regolamento.

 

     Art. 80. Distanze degli appostamenti dalle aree di divieto di caccia

(articolo 34 l.r. 3/1994)

1. Nella costruzione di appostamenti fissi deve essere rispettata una distanza non inferiore a 400 metri dalle aree di divieto di caccia.

2. La provincia può diminuire fino a 200 metri la distanze di cui al comma 1.

3. Gli appostamenti temporanei devono rispettare una distanza non inferiore a 100 metri dalle aree di divieto di caccia.

4. Le distanze di cui ai commi 1, 2 e 3 non si applicano ai fondi chiusi, alle zone di rispetto venatorio, alle foreste demaniali, ai divieti speciali di caccia istituiti ai sensi dell’ articolo 33 della l.r. 3/1994 , ai divieti di caccia che non hanno come fine la tutela e la salvaguardia della fauna selvatica e ai divieti di caccia posti in regioni confinanti [12].

5. La distanza di cui al comma 1 non si applica in caso di appostamenti fissi preesistenti alla istituzione delle aree di divieto.

 

     Art. 81. Autorizzazioni per gli appostamenti fissi

(articolo 34 l.r. 3/1994)

1. Nella richiesta di autorizzazione per gli appostamenti fissi e per gli eventuali appostamenti complementari deve essere dichiarata la disponibilità dei luoghi in cui si colloca l’appostamento stesso.

2. Le province autorizzano appostamenti fissi in numero non superiore a quello rilasciato nell’annata venatoria 1989/1990. Gli appostamenti fissi e gli eventuali appostamenti complementari sono soggetti al pagamento della tassa di concessione regionale.

3. Le richieste di nuove autorizzazioni devono essere presentate alla provincia nel periodo compreso tra il 1° e il 31 marzo di ogni anno.

4. Entro il 30 giugno la provincia comunica, a mezzo lettera raccomandata, agli interessati l’eventuale motivato non accoglimento della richiesta. In caso di trasmissione telematica, all’interessato è data comunicazione all’indirizzo elettronico previamente comunicato, per mezzo di posta elettronica certificata o delle altre soluzioni tecnologiche previste dalla normativa nazionale e regionale in materia di amministrazione digitale. Trascorso il termine senza che all’interessato sia pervenuta alcuna comunicazione, la domanda si ritiene accolta.

5. Le province rilasciano prioritariamente l’autorizzazione ai cacciatori che hanno optato per la forma di caccia da appostamento fisso ai sensi dell’articolo 28, comma 3, lettera b) della l.r. 3/1994 privilegiando gli ultrasessantenni e i disabili.

6. I cacciatori in possesso dell’opzione di caccia di cui all’ articolo 28, comma 3, lettera c) della l.r. 3/1994, possono essere titolari di un solo appostamento fisso per tutto il territorio regionale collocato nell’ATC di residenza venatoria o in un ulteriore ATC.

7. I cacciatori in possesso dell’opzione di caccia di cui all’articolo 28, comma 3, lettera b) della l.r. 3/1994 possono essere titolari di appostamenti fissi in qualunque ATC toscano. Solo i cacciatori residenti in Toscana possono essere titolari di appostamenti fissi in ATC ai quali non sono iscritti.

8. L’autorizzazione all’appostamento fisso deve essere esibita al personale di vigilanza dal titolare o in assenza del titolare dai cacciatori presenti nell’appostamento.

9. Il titolare deve esporre nel capanno principale e negli eventuali capanni complementari, le tabelle rilasciate dalla provincia recanti la scritta "Appostamento fisso di caccia n....".

10. L’autorizzazione può essere trasferita dal titolare ad altra persona iscritta nell’elenco dei frequentatori dell’appostamento da almeno un anno, con priorità per gli ultrasessantenni e i disabili, previa richiesta scritta alla provincia competente.

11. Le disposizioni di cui al comma 6 non si applicano alle autorizzazioni preesistenti al momento dell’entrata in vigore della legge regionale 23 febbraio 2005, n.34 (Modifiche alla legge regionale 12 gennaio 1994, n. 3 - Recepimento della legge 11 febbraio 1992, n.157 -"Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio) relativamente ai soli appostamenti fissi per colombacci.

11 bis. La richiesta di nuova collocazione di un appostamento autorizzato deve essere presentata alla provincia. Entro sessanta giorni dal ricevimento della richiesta, la provincia comunica al richiedente, a mezzo lettera raccomandata, l’eventuale motivato non accoglimento della richiesta. In caso di trasmissione telematica, all’interessato è data comunicazione all’indirizzo elettronico previamente comunicato, per mezzo di posta elettronica certificata o delle altre soluzioni tecnologiche previste dalla normativa nazionale e regionale in materia di amministrazione digitale. Trascorso il termine senza che all’interessato sia pervenuta alcuna comunicazione, la domanda si ritiene accolta [13].

12. Per finalità statistiche le province realizzano, su cartografia in scala 1:25.000, il catasto degli appostamenti fissi da inviare ogni anno alla Regione secondo le modalità che saranno stabilite dalla competente struttura della Giunta regionale.

 

     Art. 82. Validità delle autorizzazioni per gli appostamenti fissi

(articolo 34 l.r. 3/1994)

1. Dopo il primo anno di validità dell’autorizzazione per gli appostamenti fissi, il titolare dell’autorizzazione, entro il 28 febbraio, deve pagare la tassa di concessione regionale a titolo di conferma annuale dell’appostamento e inviare l’attestazione di pagamento alla provincia.

2. Le autorizzazioni per l’appostamento fisso decadono:

a) in caso di modificazione abusiva della dislocazione del capanno autorizzato;

b) in caso di dichiarazioni mendaci in ordine a quanto previsto all’articolo 81;

c) in caso di mancato pagamento della tassa di concessione regionale entro il termine di cui al comma 1;

d) in caso di sopravvenuta indisponibilità del terreno in cui è ubicato l’appostamento.

3. La decadenza dell’autorizzazione è pronunciata dalla provincia previa diffida.

4. In caso di decadenza le successive richieste di autorizzazione devono essere considerate a tutti gli effetti come nuove autorizzazioni.

5. In caso di cessazione dell’attività, di decadenza o revoca dell’autorizzazione, tutti i capanni e le eventuali strutture aggiuntive devono essere smantellate a cura del titolare dell’autorizzazione secondo le modalità e i tempi stabiliti dalla provincia.

 

     Art. 83. Distanze per il recupero dei capi feriti e l’allenamento e addestramento dei cani

(articolo 34 l.r. 3/1994)

1. I titolari di autorizzazione di appostamento fisso di cui all’articolo 73, comma 2, lettere a), b) e c), i cacciatori da loro autorizzati e i cacciatori che esercitano la caccia da appostamento temporaneo possono procedere al recupero degli animali feriti con l’uso del fucile per un raggio di 50 metri dal capanno, purché si tratti comunque di area soggetta a caccia programmata.

2. I titolari di autorizzazione di appostamento fisso di cui all’articolo 73, comma 2, lettera d) e i cacciatori da loro autorizzati all’uso dello stesso possono procedere al recupero degli animali feriti con l’uso del fucile all’interno della superficie allagata e lungo il perimetro dell’argine di contenimento del lago [14].

3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano ai cacciatori che hanno optato ai sensi dell’articolo 28, comma 3, lettera b) della l.r. 3/1994 e ai cacciatori che hanno optato ai sensi dell’articolo 28, comma 3, lettera c) nei periodi in cui è vietata la caccia vagante o in caso di esercizio venatorio in ATC nei quali non sono iscritti.

4. E’ vietato l’allenamento e l’addestramento dei cani ad una distanza inferiore a 50 metri dagli argini di contenimento dei laghi artificiali con appostamento ai sensi dell’articolo 73, comma 2, lettera d) o 100 metri dal centro del capanno in caso di appostamenti di cui all’articolo 73, comma 2, lettera c).

 

     Art. 84. Accesso all’interno degli appostamenti fissi

(articolo 34 l.r. 3/1994)

1. Il titolare dell’autorizzazione per appostamento fisso comunica alla provincia competente per territorio l’elenco dei frequentatori dell’appostamento.

2. Solo in presenza del titolare dell’appostamento o di un iscritto nell’elenco dei frequentatori di cui al comma 1 è consentito l’accesso negli appostamenti fissi ad altri cacciatori con armi proprie.

3. I cacciatori che hanno optato per la forma di caccia di cui all’articolo 28, comma 3, lettera b) della l.r. 3/1994 possono frequentare tutti gli appostamenti fissi anche in assenza del titolare dell’autorizzazione purché in possesso del consenso scritto alla frequentazione.

 

     Art. 85. Uso di richiami negli appostamenti

(articolo 34 l.r. 3/1994)

1. Negli appostamenti fissi in cui sia presente un cacciatore con opzione ai sensi dell’articolo 28, comma 3, lettera b) della l.r. 3/1994 non possono essere complessivamente usati più di quaranta richiami vivi, con il limite di non più di dieci di cattura per ciascuna specie. Il limite quantitativo non si applica alle forme domestiche.

2. Negli appostamenti fissi in cui siano presenti esclusivamente cacciatori con opzione ai sensi dell’articolo 28, comma 3, lettera c) della l.r. 3/1994 e negli appostamenti temporanei non possono essere complessivamente usati più di quindici richiami vivi, di cui non più di dieci di cattura. Il limite quantitativo non si applica alle forme domestiche.

3. Negli appostamenti fissi possono essere utilizzati, incluse le forme domestiche, solo i richiami specifici della tipologia di riferimento fatta eccezione per gli appostamenti fissi per palmipedi e trampolieri di cui all’articolo 73, comma 2, lettere d) nei quali possono essere usati anche richiami vivi appartenenti alla specie allodola, e per gli appostamenti fissi per la minuta selvaggina di cui all’articolo 73, comma 2, lettera a) nei quali possono essere usati anche richiami vivi appartenenti alla specie pavoncella.

4. Gli uccelli di allevamento appartenenti alle specie acquatiche possono rimanere nelle voliere di mantenimento interne all’impianto anche in ore notturne, purché le voliere siano collocate con un lato sull’argine o a distanza non superiore a 10 metri dallo stesso; il lato della voliera più lontano dall’argine non può essere a distanza superiore a 30 metri dall’argine stesso. In caso di più capanni autorizzati, gli uccelli consentiti possono essere detenuti in un’unica voliera.

5. Durante il periodo di vigenza di provvedimenti che limitano o vietano l’uso di richiami vivi appartenenti all’ordine dei caradriformi e degli anatidi, negli appostamenti fissi per palmipedi e trampolieri di cui all’articolo 73, comma 2, lettere a), c) e d) è consentita l’utilizzazione a fini di richiamo del piccione domestico.

 

Titolo VI

GESTIONE FAUNISTICO VENATORIA E MODALITA’

DI PRELIEVO DEGLI UNGULATI

 

Capo I

REGOLE GENERALI PER LA GESTIONE FAUNISTICO

VENATORIA DEGLI UNGULATI

 

     Art. 86. Densità sostenibile degli ungulati

(articolo 28 bis l.r. 3/1994)

1. Per densità sostenibile interspecifica di ungulati di cui all’articolo 28 bis della l.r. 3/1994 si intende la massima densità raggiungibile a livello locale dall’insieme delle popolazioni di ungulati presenti senza che si determinino danni di rilievo alle coltivazioni, alle piantagioni e alle altre specie animali. Nella determinazione della densità sostenibile interspecifica a livello locale occorre tener conto delle diverse caratteristiche colturali, dei sistemi agricoli presenti e della presenza di altre specie selvatiche sul territorio di riferimento.

2. Nelle aree di cui all’articolo 28 bis, comma 4, la densità sostenibile di ungulati è pari a zero.

 

     Art. 87. Delimitazione dei territori per la gestione degli ungulati

(articolo 28 bis l.r. 3/1994)

1. Per la gestione degli ungulati la provincia, sentiti gli ATC, individua nel piano faunistico venatorio provinciale i territori vocati.

2. Le province attuano la gestione degli ungulati individuando un’unità di gestione per ogni popolazione presente sul territorio. L’unità di gestione può comprende i distretti di gestione, definiti dagli ATC, gli istituti faunistici pubblici e privati e le aree a divieto di caccia ai sensi della l.r. 3/1994.

3. Le superfici per la gestione del cinghiale devono essere ricomprese entro la delimitazione individuata nel PRAF.

4. Per la caccia al cinghiale il comitato di gestione dell’ATC, sentiti i cacciatori di cinghiale iscritti, individua per ogni distretto zone di caccia o aree di battuta. Negli ATC confinanti ove i confini amministrativi non consentono l’individuazione adeguata delle aree di battuta, i comitati di gestione possono accordarsi per regolamentarne l’utilizzazione e la gestione.

 

     Art. 88. Territori non vocati alla presenza del cinghiale e degli altri ungulati

(articolo 28 bis l.r. 3/1994)

1. Nei territori non vocati alla presenza del cinghiale e degli altri ungulati la provincia predispone i programmi di gestione e di controllo di cui all’articolo 28 bis, comma 4 della l.r. 3/1994 da attuare in ogni periodo dell’anno. I programmi di gestione e di controllo fissano i tempi, le modalità, gli obiettivi da conseguire, le azioni necessarie per la prevenzione dei danni alle coltivazioni agricole e ai boschi e per la salvaguardia della piccola selvaggina e le scadenze di verifica.

2. I programmi di gestione e di controllo di cui all’articolo 28 bis, comma 4, della l.r. 3/1994 sono parte integrante del piano di gestione e prelievo degli ungulati di cui all’articolo 28 bis, comma 3, della l.r. 3/1994.

3. Nel caso in cui la provincia provveda all’attuazione dei programmi di gestione e di controllo su cervidi e bovidi avvalendosi dei cacciatori deve essere riconosciuta priorità a coloro che hanno effettuato l’opzione di cui all’articolo 28, comma 3, lettera d) della l.r. 3/1994.

 

     Art. 89. Compiti dell’ATC per la gestione faunistico venatoria degli ungulati (articolo 28 bis l.r. 3/1994)

1. Per la gestione faunistico venatoria degli ungulati il comitato di gestione dell’ATC svolge, in particolare, i seguenti compiti:

a) redige il piano di gestione sulla base delle indicazioni della provincia;

b) organizza, per ciascuna specie, censimenti o stime annuali delle popolazioni;

c) individua un responsabile per ciascun distretto di gestione;

d) assegna ad ogni distretto di gestione un numero adeguato di cacciatori iscritti all’ATC, abilitati alla caccia di selezione a cervidi e bovidi e alla caccia in battuta al cinghiale e ripartisce fra loro i capi abbattibili individuati nei piani di prelievo, provvedendo, qualora risulti necessario, alla formulazione di graduatorie;

e) individua modalità, localizzazione e tempi di effettuazione dei prelievi, nel rispetto della normativa vigente;

f) stabilisce l’ammontare del contributo da pagare per la partecipazione alla caccia di selezione a cervidi e bovidi e alla caccia al cinghiale, da parte dei cacciatori non iscritti;

g) cura l’allestimento e la gestione dei punti di raccolta e controllo dei capi abbattuti, nonché le modalità di comunicazione e controllo delle uscite di caccia. Per la caccia al cinghiale l’organizzazione dei punti di raccolta è di norma affidata alle singole squadre;

h) redige e invia alla provincia, entro il 31 marzo di ogni anno, una relazione sulle attività di gestione svolte.

 

     Art. 90. Piano di gestione e prelievo degli ungulati

(articolo 28 bis l.r. 3/1994)

1. Per la predisposizione del piano annuale di gestione e prelievo degli ungulati di cui all’articolo 28 bis, comma 3, della l.r. 3/1994, la provincia stabilisce tempi e modalità operative a cui gli ATC ed i titolari e/o responsabili di tutti gli istituti faunistici e faunistico venatori presenti sul territorio devono attenersi.

2. Il piano annuale di gestione e prelievo deve garantire il raggiungimento e il mantenimento della densità fissata ai sensi dell’articolo 28 bis della l.r. 3/1994.

3. Il piano annuale di gestione e prelievo è approvato dalla provincia sentite le organizzazioni professionali agricole della zona e comprende:

a) il piano di assestamento e prelievo redatto per ogni specie;

b) gli interventi per la prevenzione dei danni;

c) le altre azioni utili al controllo della presenza e della localizzazione delle specie ungulate.

4. Il piano di gestione e prelievo fissa, per ogni distretto, gli oneri a carico dei cacciatori per il risarcimento di eventuali danni causati dalla mancata realizzazione del piano stesso ed altre eventuali misure conseguenti il mancato raggiungimento degli obiettivi gestionali programmati.

5. Per la realizzazione del piano di gestione e prelievo la provincia stabilisce un contributo a carico dei cacciatori iscritti alle squadre di caccia al cinghiale o alla caccia di selezione a cervidi e bovidi.

 

     Art. 91. Gestione degli ungulati nelle aziende faunistico venatorie e nelle aziende agrituristico venatorie

(articolo 28 bis l.r. 3/1994)

1. Nelle aziende faunistico venatorie le attività di gestione degli ungulati sono attuate dal titolare dell’autorizzazione secondo specifici piani di abbattimento approvati dalla provincia entro il 15 luglio di ogni anno.

2. Nelle aziende agrituristico-venatorie la provincia, previa intesa con il titolare dell’autorizzazione e con l’ATC, può approvare piani di prelievo degli ungulati finalizzati al raggiungimento e al mantenimento delle densità di cui all’articolo 28 bis della l.r. 3/1994 e da attuare nel corso della stagione venatoria.

3. I censimenti delle popolazioni di ungulati nelle aziende faunistico venatorie e nelle aziende agrituristico venatorie sono svolti sotto il controllo della provincia, secondo le indicazioni uniformi a tutta l’unità di gestione.

4. Nelle aziende faunistico venatorie e nelle aziende agrituristico venatorie il prelievo selettivo di cervidi e bovidi può essere eseguito anche da:

a) cacciatori non iscritti ai registri provinciali per la caccia di selezione, purché accompagnati da persona in possesso dei requisiti di cui all’articolo 99;

b) cacciatori muniti di abilitazione conseguita in altre regioni d’Italia.

5. I cervidi e i bovidi abbattuti all’interno delle aziende faunistico venatorie e delle aziende agrituristico venatorie devono essere registrati e bollati con contrassegni numerati.

6. Nelle aziende faunistico venatorie e nelle aziende agrituristico venatorie la caccia al cinghiale può essere esercitata sia in forma singola che in battuta, prescindendo dal possesso dei requisiti di cui all’articolo 95.

 

     Art. 92. Piani straordinari di gestione e controllo degli ungulati

(articolo 28 bis l.r. 3/1994)

1. Qualora le forme ordinarie di gestione non abbiano consentito di raggiungere o mantenere le densità sostenibili ai sensi dell’articolo 28 bis della l.r. 3/1994 per ciascuna specie di ungulati, in relazione al territorio ed ai singoli distretti, con conseguente incremento dei danni alle coltivazioni agricole e/o ai boschi, le province approvano piani straordinari di gestione e/o specifici provvedimenti di controllo ai sensi dell’articolo 37 della l.r. 3/1994.

2. I piani straordinari di gestione sono approvati entro trenta giorni dal momento dell’accertamento dei presupposti di cui al comma 1, devono essere adeguati a garantire l’effettivo perseguimento delle finalità programmate ed indicare modalità e tempi per la realizzazione.

3. La provincia può autorizzare i proprietari o i conduttori dei fondi muniti di licenza per l’esercizio venatorio ad effettuare direttamente gli abbattimenti di cinghiali, indicando le necessarie modalità operative.

4. Negli istituti di cui all’articolo 6 bis, comma 4, lettere a), b), c) e d) della l.r. 3/1994 i piani straordinari di gestione e/o gli specifici provvedimenti di controllo sono attuati dagli agenti provinciali o, sotto il loro coordinamento, dai proprietari o conduttori dei fondi muniti di licenza per l’esercizio venatorio, dagli agenti previsti dall’ articolo 51 della l.r. 3/1994 e dai cacciatori abilitati ai sensi dell’articolo 37 della l.r. 3/1994. Nelle zone di ripopolamento e cattura i piani hanno l’obiettivo della totale eliminazione del cinghiale.

5. Nelle aziende faunistico venatorie, agrituristico-venatorie e nelle aree per l’addestramento dei cani gli interventi di controllo e limitazione sono realizzati dal titolare dell’autorizzazione, avvalendosi dei soggetti di cui all’articolo 37 della l.r. 3/1994. Qualora gli interventi di controllo non siano stati realizzati entro i termini previsti dall’autorizzazione provinciale, la provincia li effettua direttamente e ne addebita il costo alla struttura privata.

6. Nelle aree protette, con particolare riferimento a quelle di cui alla legge regionale 11 aprile 1995, n. 49 (Norme sui parchi, le riserve naturali e le aree naturali protette di interesse locale), gli interventi di controllo e limitazione sono realizzati dalla provincia direttamente qualora l’ente gestore sia inadempiente oppure in caso in cui le forme ordinarie di gestione non abbiano consentito il raggiungimento o il mantenimento delle densità sostenibili.

7. Per l’attuazione dei piani straordinari di gestione e/o degli specifici provvedimenti di controllo delle popolazioni di cervidi e bovidi, qualora la provincia intenda avvalersi dei soggetti di cui all’ articolo 37, comma 4, della l.r 3/1994, deve autorizzare in via prioritaria i cacciatori che hanno optato ai sensi dell’ articolo 28, comma 3, lettera d) della l.r. 3/1994.

 

     Art. 93. Potere sostitutivo

(articolo 28 bis l.r. 3/1994)

1. In caso di mancato raggiungimento degli obiettivi gestionali previsti nel piano faunistico venatorio provinciale relativamente al controllo faunistico delle popolazioni di ungulati e al contenimento dei danni alle coltivazioni agricole, la Regione verifica l’adozione dei piani straordinari di cui all’articolo 28 bis, comma 7, per l’avvio delle procedure di cui all’articolo 28, comma 8 della l.r. 3/1994.

 

     Art. 94. Ripopolamenti, immissioni e detenzione

(articolo 28 bis l.r. 3/1994)

1. L’immissione di ungulati nel territorio regionale al di fuori dei casi previsti all’articolo 38 della l.r. 3/1994 e delle aree recintate di cui agli articoli 20, 21, 24 39 e 41 della l.r. 3/1994, può avvenire, sentito l’ATC, esclusivamente su autorizzazione motivata della provincia, previo parere della competente struttura della Giunta regionale.

2. E’ vietata la detenzione di ungulati ad eccezione dei seguenti casi comunque autorizzati dalla provincia:

a) allevamenti di selvaggina di cui agli articoli 39 e 41 della l.r. 3/1994;

b) aree per l’addestramento dei cani di cui all’ articolo 24 della l.r. 3/1994;

c) aziende faunistico venatorie ed aziende agrituristico venatorie di cui agli articoli 20 e 21 della l.r. 3/1994, esclusivamente in aree recintate; in queste aree è consentito anche l’abbattimento dei capi eventualmente riprodotti;

d) centri di recupero della fauna selvatica.

 

Capo II

CACCIA AL CINGHIALE

 

     Art. 95. Requisiti per l’esercizio della caccia al cinghiale

(articolo 28 bis l.r. 3/1994)

1. Sono abilitati alla gestione faunistico venatoria del cinghiale:

a) i cacciatori abilitati all’esercizio venatorio a seguito di superamento dell’esame di cui all’ articolo 29, comma 7 della l.r. 3/1994;

b) i cacciatori iscritti, alla data del 31 dicembre 1995, nei registri provinciali relativi alle squadre di caccia al cinghiale in battuta;

c) i cacciatori, privi dei requisiti di cui alle lettere a) e b), in possesso di attestato di frequenza rilasciato dalle associazioni venatorie per la partecipazione a corsi di formazione e specializzazione relativi alle norme di comportamento e di sicurezza per la caccia al cinghiale in battuta;

d) i conduttori di cani da traccia e/o da limiere abilitati dalla provincia.

2. La provincia riconosce la validità delle abilitazioni conseguite in regioni diverse dalla Regione Toscana previa verifica dell’equipollenza del titolo posseduto.

 

     Art. 96. Recupero dei capi feriti

(articolo 28 bis l.r. 3/1994)

1. Fermo restando che i capi feriti in azione di caccia vengono recuperati dai cacciatori stessi con i propri mezzi, il comitato di gestione dell’ATC e la provincia organizzano forme di recupero dei capi feriti avvalendosi dei soggetti di cui all’articolo 95, comma 1, lettera d) individuati dalla provincia.

2. La provincia determina le modalità da osservare in fase di recupero dei capi feriti sul territorio di competenza anche in periodi a divieto di caccia.

3. Durante le operazioni di recupero i conduttori di cani da traccia utilizzano cani qualificati in prove di lavoro riconosciute dalle associazioni competenti e possono utilizzare armi con o senza ottica di puntamento.

4. Il conduttore del cane da traccia, in presenza di personale di vigilanza dell’istituto o con il suo consenso, può effettuare il recupero anche all’interno di aree a gestione privata o poste in divieto di caccia.

 

     Art. 97. Controlli sui capi abbattuti

(articolo 28 bis l.r. 3/1994)

1. Le province stabiliscono forme, modi e tempi per il controllo dei capi abbattuti.

2. Per lo svolgimento di particolari programmi di ricerca, su richiesta della provincia o del comitato di gestione dell’ATC, il cacciatore è tenuto a presentare il capo abbattuto ad uno dei punti di raccolta e controllo individuati dal comitato stesso per le necessarie verifiche, misurazioni biometriche o prelievi sanitari.

3. Per il monitoraggio sanitario della specie cinghiale, i responsabili dei distretti di gestione devono collaborare, ove richiesto, con le competenti Aziende USL con le modalità stabilite dalle competenti strutture della Giunta regionale.

 

     Art. 98. Caccia al cinghiale nei distretti degli ATC

(articolo 28 bis l.r. 3/1994)

1. La caccia al cinghiale è esercitata in battuta salvo quanto indicato all’articolo 91, comma 6, e nei programmi di cui all’articolo 88, comma 2.

2. Il periodo, le giornate e gli orari della caccia al cinghiale in battuta sono stabiliti dall’ATC, tenuto conto di quanto fissato dal calendario venatorio regionale e in modo tale da garantire lo svolgersi delle altre forme di caccia.

3. La caccia al cinghiale è esercitata dai cacciatori abilitati e iscritti all’apposito registro provinciale.

4. La caccia in battuta al cinghiale si effettua con cacciatori riuniti in squadre composte da almeno quaranta iscritti. Ogni cacciatore può iscriversi ad una sola squadra in Toscana. Presso ogni provincia e ATC è istituito il registro delle squadre di caccia al cinghiale.

5. Le battute possono essere effettuate con la presenza di almeno diciotto iscritti alla squadra. Il parametro minimo di partecipanti per effettuare le battute può essere raggiunto anche con la presenza di cacciatori ospiti in possesso dell’opzione di cui all’ articolo 28, comma 3, lettera d) della l.r. 3/1994. La provincia in caso di mancata collaborazione delle squadre agli interventi di prevenzione dei danni può sospenderle dall’attività.

6. Le province, sentiti gli ATC, possono aumentare il numero degli iscritti alle squadre e modificare il numero dei partecipanti alle battute per il raggiungimento di specifici obiettivi gestionali.

7. Le province, constatata tramite l’ATC l’impossibilità di raggiungere il numero minimo di iscrizioni alla squadra, promuove l’unificazione di più squadre esistenti possibilmente operanti nel medesimo distretto.

8. Alle battute di caccia al cinghiale possono partecipare, in qualità di ospiti, anche cacciatori non in possesso dei requisiti di cui all’articolo 95 e non iscritti alla squadra.

9. Entro il 31 maggio di ogni anno i responsabili delle squadre comunicano all’ATC l’elenco dei cacciatori iscritti alla squadra e il nominativo del responsabile delle battute.

10. L’ATC assegna le aree di battuta alle squadre di cui al comma 4 secondo le disposizioni provinciali. I metodi di assegnazione delle aree di battuta sono i seguenti: sorteggio giornaliero, rotazione programmata e assegnazione diretta.

11. L’eventuale assegnazione diretta delle aree di battuta alle squadre presuppone l’accordo dei tre quarti dei partecipanti alle battute nella precedente stagione venatoria, con arrotondamento al numero intero superiore. Le province possono sospendere l’assegnazione diretta, con conseguente assegnazione fatta giornalmente per sorteggio, in caso di mancata realizzazione del piano annuale di gestione nel distretto o in caso di aumento dei danni rispetto all’anno precedente.

12. Nella caccia in battuta al cinghiale sono utilizzabili:

a) fucile a canna liscia caricato con munizioni a palla unica;

b) armi a canna rigata di calibro non inferiore a 5,6 millimetri, con bossolo a vuoto di altezza non inferiore a 40 millimetri. È altresì ammesso l’uso di fucili a due o tre canne;

c) arco di potenza non inferiore a 50 libbre standard AMO, con allungo di 28 pollici e frecce dotate di punta a lama semplice o multipla non inferiore a 25 millimetri;

d) apparecchi radio ricetrasmittenti, esclusivamente a fini di sicurezza. 13. I partecipanti alla caccia al cinghiale in battuta non possono portare cartucce a munizione spezzata. I battitori e i bracchieri possono portare cartucce caricate a salve.

14. Il responsabile della battuta deve compilare, prima dell’inizio della battuta, la scheda delle presenze, e a fine battuta la scheda di abbattimento. Le schede rilasciate dall’ATC devono essere riconsegnate all’ATC stesso entro quindici giorni dal termine del periodo di caccia.

15. Il numero delle squadre iscritte al registro provinciale non può essere superiore al numero delle squadre iscritte nella stagione venatoria 2010/2011.

 

Capo III

PRELIEVO SELETTIVO DEGLI ALTRI UNGULATI

 

     Art. 99. Requisiti per l’esercizio della caccia di selezione a cervidi e bovidi

(articolo 28 bis l.r. 3/1994)

1. La caccia di selezione a cervidi e bovidi è esercitata dai cacciatori abilitati e iscritti nell’apposito registro provinciale.

 

     Art. 100. Caccia di selezione a cervidi e bovidi

(articolo 28 bis l.r. 3/1994)

1. I cacciatori che non hanno effettuato l’opzione di caccia ai sensi dell’ articolo 28, comma 3 lettera d), della l.r. 3/1994 possono iscriversi ad un solo distretto ed effettuare la caccia di selezione alle sole specie di cervidi e bovidi in esso gestite secondo le disposizioni provinciali. Le province possono prevedere nei propri regolamenti iscrizioni a distretti destinati alla gestione del cervo e del muflone.

2. La caccia di selezione è esercitata, secondo le norme definite dalla provincia, esclusivamente in forma individuale, con i sistemi della cerca e dell’aspetto, senza l’uso dei cani e con l’esclusione di qualsiasi forma di battuta.

3. Il comitato di gestione dell’ATC assegna ad ogni distretto i cacciatori di selezione abilitati privilegiando coloro che hanno effettuato l’opzione ai sensi dell’ articolo 28, comma 3, lettera d) della l.r. 3/1994 in proporzione al numero dei capi prelevabili, della superficie e delle caratteristiche ambientali del distretto e delle effettive esigenze gestionali. Ogni cacciatore abilitato deve essere assegnato ad un distretto. Nel piano faunistico venatorio regionale sono indicati i criteri per la determinazione della saturazione dei distretti per la caccia al capriolo.

4. Il comitato di gestione può riservare una quota non superiore al 30 per cento di cervidi e bovidi, abbattibili con la caccia di selezione, anche a cacciatori non iscritti all’ATC e non abilitati, purché accompagnati da personale abilitato [15].

5. Per la caccia di selezione sono utilizzabili esclusivamente armi a canna rigata a caricamento singolo manuale o a ripetizione semiautomatica, di calibro non inferiore a 5,6 millimetri, con bossolo a vuoto di altezza non inferiore a 40 millimetri. È altresì ammesso l’uso di fucili a due o tre canne, con l’obbligo dell’uso esclusivo della canna rigata. Qualsiasi arma utilizzata per il prelievo selettivo deve essere munita di ottica di puntamento.

6. Le province possono disciplinare la caccia di selezione con l’uso dell’arco.

7. Su ogni capo di cervidi e bovidi abbattuto il cacciatore deve apporre un contrassegno numerato, rilasciato dall’ATC, prima di rimuoverlo dal luogo di abbattimento.

8. Il cacciatore di cervidi e bovidi entro quindici giorni dal termine del periodo di caccia deve inviare all’ATC la scheda di abbattimento rilasciata dall’ATC stesso e compilata per ciascun capo abbattuto.

9. Con riferimento al recupero dei capi feriti e ai controlli sui capi abbattuti si applica quanto previsto agli articoli 96 e 97.

 

Capo IV

GESTIONE FAUNISTICO VENATORIA DEL CERVO APENNINICO

 

     Art. 101. Finalità

(articolo 28 bis l.r. 3/1994)

1. La gestione faunistico venatoria del cervo appenninico ha come scopo la conservazione nel tempo della specie nonché il mantenimento delle caratteristiche naturali delle popolazioni in termini di struttura demografica.

2. La gestione faunistico venatoria del cervo appenninico si realizza attraverso programmi e metodi che considerano in modo unitario le popolazioni, nonostante le suddivisioni amministrative del territorio dalle stesse occupato.

 

     Art. 102. Comprensorio e organi di gestione

(articolo 28 bis l.r. 3/1994)

1. Per ciascuna popolazione presente sul territorio viene individuato un comprensorio geografico e amministrativo di gestione corrispondente all’areale distributivo complessivo della popolazione stessa, da aggiornare annualmente.

2. I confini dei comprensori sono definiti su indicazione della commissione tecnica di cui all’articolo 104.

3. I comprensori sono suddivisi in distretti di gestione che rappresentano la base minima territoriale per una razionale attività gestionale compreso il prelievo.

4. Per ciascun comprensorio vengono individuate una commissione di coordinamento e una commissione tecnica.

 

     Art. 103. Commissione di coordinamento

(articolo 28 bis l.r. 3/1994)

1. La commissione di coordinamento viene nominata dalla Regione con provvedimento del dirigente responsabile del settore competente in materia. Nella commissione di coordinamento sono rappresentate le regioni, le province interessate territorialmente, gli enti di gestione delle aree protette nazionali e regionali di cui alla legge 6 dicembre 1991 n. 394 (Legge quadro sulle aree protette) inclusi nel territorio, gli ATC interessati territorialmente e l’ISPRA.

2. La commissione nomina al proprio interno un presidente ed un segretario e può richiedere, quando ne ravvisi la necessità, la partecipazione di altri soggetti interessati a determinati aspetti gestionali. La commissione inoltre può chiedere alle organizzazioni professionali agricole la nomina di un rappresentante per le tematiche relative all’interazione con le attività agricole.

3. La commissione di coordinamento ha i seguenti compiti:

a) fornire alla commissione tecnica gli indirizzi per la predisposizione del piano poliennale di gestione e del programma annuale operativo, tenuto conto delle indicazioni contenute negli strumenti di pianificazione e programmazione regionali e provinciali;

b) adottare il piano poliennale di gestione che viene recepito dalle province nel proprio piano faunistico venatorio provinciale.

 

     Art. 104. Commissione tecnica

(articolo 28 bis l.r. 3/1994)

1. La commissione tecnica è composta da un tecnico faunistico nominato da ciascuna delle province ricadenti nel comprensorio di gestione, sentiti gli ATC, e da un rappresentante dell’ISPRA. Qualora nel comprensorio sia compreso il territorio di un parco nazionale l’ente di gestione può nominare un proprio tecnico.

2. La provincia nomina il tecnico faunistico di cui al comma 1 tenuto conto delle indicazioni dell’ISPRA sui requisiti professionali minimi che devono essere posseduti dai componenti delle commissioni tecniche per la gestione del cervo.

3. Ciascun tecnico, nel territorio di competenza, oltre a curare i rapporti di natura tecnica con i diversi soggetti coinvolti nella gestione del cervo, indirizza e coordina le attività previste nel programma annuale operativo provvedendo anche all’elaborazione dei dati.

4. La commissione tecnica ha il compito di:

a) predisporre la proposta di piano poliennale di gestione;

b) predisporre il programma annuale operativo che viene approvato dalle province;

c) definire e curare le procedure tecniche ed organizzative per la realizzazione degli interventi di gestione;

d) curare i rapporti di natura tecnica con i soggetti coinvolti nella realizzazione degli obiettivi di gestione;

e) consegnare alla commissione di coordinamento una relazione annuale sull’attività svolta, sugli obiettivi raggiunti e sulle problematiche riscontrate.

 

     Art. 105. Strumenti di gestione delle popolazioni

(articolo 28 bis l.r. 3/1994)

1. Gli strumenti di gestione delle popolazioni di cervo appenninico sono il piano poliennale di gestione e il programma annuale operativo.

2. Il piano poliennale di gestione è lo strumento di programmazione per la gestione faunistico venatoria nell’ambito di ciascun comprensorio.

3. Il programma annuale operativo è lo strumento che indica le attività gestionali necessarie per il raggiungimento degli obiettivi previsti dal piano poliennale di gestione.

 

     Art. 106. Piano poliennale di gestione

(articolo 28 bis l.r. 3/1994)

1. La gestione faunistico venatoria della popolazione di cervo nell’ambito di ciascun comprensorio si realizza con l’attuazione di un piano poliennale di gestione.

2. Nel piano poliennale di gestione sono definiti:

a) gli obiettivi della gestione a breve, medio e lungo termine finalizzati alla conservazione della specie in un rapporto di compatibilità con le attività agro-silvo-pastorali;

b) gli interventi diretti ed indiretti da realizzarsi sulla popolazione in rapporto con il territorio ospite;

c) l’organizzazione della gestione faunistica e venatoria nel comprensorio tenuto conto dei regolamenti provinciali.

 

     Art. 107. Programma annuale operativo

(articolo 28 bis l.r. 3/1994)

1. La commissione tecnica, sulla base dei contenuti del piano poliennale di gestione e della relazione annuale relativa all’attività svolta, tenuto conto degli obiettivi raggiunti e delle problematiche riscontrate, propone il programma annuale operativo alla commissione di coordinamento che ne valuta la corrispondenza al piano poliennale di gestione.

2. Il programma annuale operativo contiene:

a) l’individuazione cartografica e l’aggiornamento dell’areale riproduttivo e annuale della popolazione;

b) l’individuazione dei distretti di gestione, delle zone e sub-zone di prelievo, suddivisi per singola provincia e di dimensione sub-provinciale;

c) le attività necessarie alla valutazione della consistenza e della struttura della popolazione;

d) il programma delle analisi previste per valutare le condizioni sanitarie e le caratteristiche biometriche della popolazione;

e) i tempi e i metodi di raccolta dei dati inerenti l’impatto della specie sulle attività antropiche ivi compresi i dati relativi agli incidenti stradali;

f) l’organizzazione della gestione faunistico venatoria dei distretti di gestione;

g) la definizione cartografica e progettuale degli interventi previsti di miglioramento ambientale e di prevenzione dei danni alle produzioni agricole;

h) l’eventuale piano di prelievo venatorio;

i) gli eventuali interventi di cattura.

3. Nel programma annuale operativo vengono individuati, d’intesa con gli ATC, i soggetti responsabili delle attività previste nonché definiti le modalità e i tempi per la realizzazione delle attività stesse.

 

     Art. 108. Organizzazione del prelievo

(articolo 28 bis l.r. 3/1994)

1. Il prelievo venatorio del cervo appenninico è effettuato secondo le modalità definite con riferimento al prelievo selettivo e alle operazioni ad esso collegate ed è organizzato in modo unitario nell’ambito di ciascun comprensorio.

2. Il prelievo è ripartito nei distretti e nelle zone di caccia in funzione delle esigenze gestionali.

3. Il prelievo è organizzato dall’ATC ed è ripartito, tenuto conto dell’unitarietà del comprensorio, tra i distretti di gestione sulla base della superficie e della consistenza numerica di cervi presente nei distretti stessi.

4. Nell’ambito di ciascuna provincia sono individuati dall’ATC punti di raccolta e controllo finalizzati agli accertamenti della corrispondenza tra classe assegnata e capo abbattuto e ai rilevamenti biometrici e sanitari. Nei punti di controllo operano rilevatori biometrici addetti al controllo dei capi abbattuti.

5. La gestione faunistico venatoria si basa sull’attività dei cacciatori di cervo appenninico abilitati dalla provincia [16].

6. Ciascun cacciatore abilitato al prelievo del cervo appenninico può iscriversi ad un solo distretto di gestione regionale.

7. La gestione faunistico venatoria del cervo appenninico deve essere economicamente autosufficiente. I comitati di gestione degli ATC possono richiedere ai cacciatori che partecipano alla gestione un contributo commisurato alle spese di gestione ed di organizzazione.

 

     Art. 109. Distribuzione dei prelievi nelle aziende faunistico venatorie

(articolo 28 bis l.r. 3/1994)

1. L’assegnazione di una quota di capi da prelevare alle aziende faunistico venatorie e alle aziende agrituristico venatorie rientra nel piano di prelievo del distretto in cui ricade l’azienda ed è subordinata allo svolgimento di tutte le attività di gestione previste per il distretto stesso come censimenti, miglioramenti ambientali, verifica dei capi abbattuti.

2. I capi abbattuti devono pervenire ai punti di controllo utilizzati nel distretto di gestione.

 

     Art. 110. Modalità di prelievo

(articolo 28 bis l.r. 3/1994)

1. Il prelievo dei soggetti previsti dal programma annuale operativo può essere eseguito esclusivamente con fucile a colpo singolo o a ripetizione manuale con una o più canne rigate avente calibro non inferiore ai 7 millimetri, o 270 millesimi di pollice dotato di ottica di puntamento.

 

Titolo VII

ABILITAZIONI VENATORIE E PER IL CONTROLLO FAUNISTICO

 

Capo I

ABILITAZIONE ALL’ESERCIZIO VENATORIO

 

     Art. 111. Esame di abilitazione all’esercizio venatorio

(articolo 29, comma 12, l.r. 3/1994)

1. La provincia stabilisce le regole per il funzionamento della commissione esaminatrice per il rilascio dell’attestato di abilitazione all’esercizio venatorio di cui all’ articolo 29 della l.r. 3/1994.

2. I componenti la commissione ricevono un compenso, definito dalla provincia, per la partecipazione ad ogni seduta della commissione.

3. In caso di assenza ingiustificata i membri della commissione decadono. In caso di dimissioni o di decadenza di un membro della commissione la provincia provvede entro trenta giorni alla nomina di un nuovo commissario.

4. La domanda di ammissione all’esame di abilitazione è indirizzata alla provincia competente per territorio.

5. Possono essere ammessi all’esame i cittadini che abbiano compiuto il diciottesimo anno di età residenti anagrafici o domiciliati nella provincia.

6. L’esame è articolato in una prova scritta collettiva ed in un colloquio orale con prova pratica di riconoscimento delle specie animali selvatiche e dell’uso delle armi.

7. Per la validità della prova scritta è sufficiente la presenza del presidente e del segretario della commissione.

8. Per la validità dei colloqui individuali devono essere presenti tutti i componenti della commissione o i loro supplenti.

9. La prova scritta verte su venticinque quesiti individuati tra quelli approvati dalla competente struttura della Giunta regionale, suddivisi per materia nel modo seguente: sei di legislazione venatoria, quattro di zoologia applicata alla caccia con particolare riferimento alla conservazione e gestione della fauna selvatica, quattro di armi e munizioni da caccia, quattro di tutela della natura e principi di salvaguardia delle coltivazioni agricole, quattro di norme di pronto soccorso e comportamento in sicurezza nell’esercizio venatorio, tre di caccia al cinghiale. Il numero massimo di errori consentiti per l’ammissione del candidato alla prova orale è tre.

10. La prova orale, da tenersi in forma pubblica, comporta la valutazione complessiva dell’idoneità del candidato da parte del presidente e della commissione, valutata nell’insieme delle materie con particolare riferimento agli aspetti faunistico venatori e alla sicurezza.

11. I candidati non riconosciuti idonei alla prova scritta, o che non hanno superato la prova orale per la seconda volta consecutiva, possono accedere ad una nuova sessione d’esame non prima che siano decorsi due mesi. In tal caso il candidato deve presentare una nuova domanda di ammissione.

12. L’esame abilita anche alla caccia al cinghiale in battuta ai sensi dell’articolo 95.

13. La competente struttura della Giunta regionale fornisce alle province indicazioni sui programmi e sul materiale didattico da utilizzare in sede di esame.

 

Capo II

ABILITAZIONE ALL’ESERCIZIO DELLA CACCIA DI SELEZIONE

 

     Art. 112. Abilitazione all’esercizio della caccia di selezione di cervidi e bovidi

(articolo 29, comma 12, l.r. 3/1994)

1. La provincia nomina una commissione esaminatrice per l’abilitazione alla caccia di selezione di cervidi e bovidi e ne disciplina le regole di funzionamento.

2. I componenti la commissione possono ricevere un compenso, definito dalla provincia, per la partecipazione ad ogni seduta.

3. In caso di assenza ingiustificata i membri della commissione decadono. In caso di dimissioni o di decadenza di un membro della commissione la provincia provvede entro trenta giorni alla nomina di un nuovo commissario.

4. La domanda di ammissione all’esame di abilitazione è indirizzata alla provincia competente.

5. Possono essere ammessi all’esame di abilitazione alla caccia di selezione i cacciatori in possesso dell’abilitazione all’esercizio venatorio. L’eventuale organizzazione di corsi di preparazione all’esame di abilitazione può essere affidata alle associazioni venatorie. Per la partecipazione ai corsi di preparazione può essere richiesto un contributo finanziario.

6. L’esame di abilitazione alla caccia di selezione prevede una prova scritta, una prova orale comprendente la verifica della capacità di riconoscimento delle specie e una prova di maneggio dell’arma e di tiro al poligono.

7. Le prove d’esame riguardano le seguenti materie:

a) legislazione di riferimento;

b) ecologia, biologia e gestione delle specie;

c) gestione venatoria, armi e munizioni;

d) norme di comportamento in sicurezza.

8. La prova scritta verte su quesiti a risposta multipla tra quelli approvati dalla competente struttura della Giunta regionale: venti quiz relativi alle nozioni di carattere generale e cinque quiz specifici per ciascuna specie. Per essere ammessi alla prova orale il candidato deve aver risposto in modo esatto ad almeno l’80 per cento dei quiz.

9. La prova orale, da tenersi in forma pubblica, comporta la valutazione complessiva dell’idoneità del candidato alla caccia di selezione delle specie considerate.

10. I programmi didattici relativi agli esami di cui al comma 1 sono stabiliti dalla Regione sulla base delle indicazioni dell’ ISPRA.

11. Le abilitazioni all’esercizio della caccia di selezione di cervidi e bovidi hanno validità su tutto il territorio regionale. 12. La provincia riconosce la validità di abilitazioni alla caccia di selezione conseguite in regioni diverse dalla Regione Toscana previa verifica e attestazione dell’equipollenza del titolo posseduto.

 

Capo III

ALTRE ABILITAZIONI

 

     Art. 113. Abilitazione per il controllo della fauna selvatica e altre abilitazioni

(articoli 37, comma 4, e 28 bis l.r. 3/1994)

1. Almeno una volta all’anno la provincia assicura lo svolgimento dei corsi di abilitazione al controllo della fauna selvatica di cui all’articolo 37, comma 4, della l.r. 3/1994.

2. I corsi di abilitazione per il controllo delle specie storno, tortora orientale dal collare e piccione di città di cui all’articolo 37, comma 4bis della l.r. 3/1994 sono organizzati dalla provincia sulla base di programmi concordati fra le province toscane e la competente struttura della Giunta regionale.

3. Almeno una volta all’anno la provincia assicura lo svolgimento dei corsi di formazione relativi alle norme di comportamento in sicurezza per la caccia al cinghiale in battuta di cui all’articolo 4 bis della legge regionale 10 giugno 2002, n. 20 (Calendario venatorio e modifiche alla legge regionale 12 gennaio 1994, n. 3 – Recepimento della legge 11 febbraio 1992, n. 157 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”).

4. I corsi di abilitazione dei conduttori di cani da traccia sono organizzati dalla provincia sulla base di programmi concordati dalla competente struttura della Giunta Regionale e dall’ENCI.

5. La domanda di ammissione ai corsi di abilitazione è indirizzata alla provincia competente.

6. Possono essere ammessi ai corsi i cacciatori in possesso dell’abilitazione all’esercizio venatorio da almeno un anno. 7. Per l’organizzazione dei corsi di abilitazione di cui al presente articolo la provincia può avvalersi della collaborazione delle associazioni venatorie. Per la partecipazione ai corsi può essere richiesto un contributo finanziario.

8. Le abilitazioni rilasciate dalla provincia sono valide su tutto il territorio regionale.

9. La provincia riconosce la validità delle abilitazioni conseguite in regioni diverse dalla Regione Toscana previa verifica dell’equipollenza del titolo posseduto.

 

Titolo VIII

NORME TRANSITORIE E FINALI

 

Capo I

NORME TRANSITORIE E FINALI

 

     Art. 114. Istanze, dichiarazioni e comunicazioni.

1. Le dichiarazioni, le istanze e le comunicazioni previste nel presente regolamento possono avvenire anche in via telematica con modalità conformi a quanto previsto dalla normativa nazionale e regionale in materia di amministrazione digitale.

 

     Art. 115. Norme transitorie

1. A partire dalla stagione venatoria 2014/2015 le immissioni di fagiani, pernici e starne nel territorio a caccia programmata e nel territorio interessato dalle aziende faunistico venatorie sono consentite esclusivamente con capi allevati secondo quanto previsto nei disciplinari di qualità riconosciuti e approvati dalla Commissione consultiva regionale di cui all’articolo 10 bis della l.r 3/1994.

2. A partire dalla stagione venatoria 2014/2015, le immissioni di fagiani di cui all’articolo 33, comma 2, non possono essere inferiori a due capi ogni ettaro.

3. In caso di nuova autorizzazione di azienda faunistico venatoria che aveva il capriolo quale specie in indirizzo, la provincia deve prevedere un periodo di almeno tre anni per il raggiungimento pieno degli obiettivi gestionali previsti in relazione alle specie in indirizzo prescelte.

4. Fino al 31 dicembre 2012 la provincia può disciplinare diversamente il termine previsto all’articolo 82, comma 1 per la conferma annuale dell’appostamento fisso.

5. [Le province organizzano la ricognizione dei richiami di allevamento detenuti dai cacciatori residenti nel proprio territorio secondo quanto previsto dall’articolo 57, comma 3 entro il 31 dicembre 2012 avvalendosi, se necessario, delle associazioni venatorie] [17].

6. Le autorizzazioni dei centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale, delle aziende faunistico venatorie, delle aziende agrituristico venatorie e delle aree per l’addestramento, l’allenamento e le gare per cani, in corso alla data di entrata in vigore del presente regolamento, decadono alla data di scadenza dei piani faunistico venatori provinciali vigenti.

 

     Art. 116. Abrogazioni

1. Dalla data di entrata in vigore del presente regolamento sono abrogati:

a) il regolamento emanato con decreto del Presidente della Giunta regionale 25 febbraio 2004, n. 13/R (Testo Unico dei regolamenti di attuazione della legge regionale 12 gennaio 1994, n. 3 “recepimento della legge 11 febbraio 1992, n. 157 – Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”);

b) il regolamento emanato con decreto del Presidente della Giunta regionale 16 dicembre 2008, n. 65/R (Regolamento per la gestione faunistico venatoria del cervo appenninico).

2. Dalla data di entrata in vigore del presente regolamento cessano di aver applicazione le norme della deliberazione del Consiglio regionale 12 luglio 1994, n. 292 (Indirizzi regionali di programmazione faunistico venatoria).


[1] Abrogato dall'art. 98 del D.P.G.R. 5 settembre 2017, n. 48/R.

[2] Articolo così sostituito dall'art. 1 del D.P.G.R. 17 settembre 2012, n. 51/R.

[3] Comma così sostituito dall'art. 2 del D.P.G.R. 17 settembre 2012, n. 51/R.

[4] Comma così modificato dall'art. 3 del D.P.G.R. 17 settembre 2012, n. 51/R.

[5] Comma così modificato dall'art. 4 del D.P.G.R. 17 settembre 2012, n. 51/R.

[6] Comma così sostituito dall'art. 5 del D.P.G.R. 17 settembre 2012, n. 51/R.

[7] Articolo così sostituito dall'art. 6 del D.P.G.R. 17 settembre 2012, n. 51/R.

[8] Comma così modificato dall'art. 7 del D.P.G.R. 17 settembre 2012, n. 51/R.

[9] Comma così modificato dall'art. 7 del D.P.G.R. 17 settembre 2012, n. 51/R.

[10] Comma così sostituito dall'art. 8 del D.P.G.R. 17 settembre 2012, n. 51/R.

[11] Comma così sostituito dall'art. 9 del D.P.G.R. 17 settembre 2012, n. 51/R.

[12] Comma così modificato dall'art. 10 del D.P.G.R. 17 settembre 2012, n. 51/R.

[13] Comma inserito dall'art. 11 del D.P.G.R. 17 settembre 2012, n. 51/R.

[14] Comma così modificato dall'art. 12 del D.P.G.R. 17 settembre 2012, n. 51/R.

[15] Comma così modificato dall'art. 13 del D.P.G.R. 17 settembre 2012, n. 51/R.

[16] Comma così modificato dall'art. 14 del D.P.G.R. 17 settembre 2012, n. 51/R.

[17] Comma abrogato dall'art. 15 del D.P.G.R. 17 settembre 2012, n. 51/R.