§ 3.2.125 - L.R. 16 novembre 2007, n. 59.
Norme contro la violenza di genere.


Settore:Codici regionali
Regione:Toscana
Materia:3. servizi sociali
Capitolo:3.2 assistenza sociale
Data:16/11/2007
Numero:59


Sommario
Art. 1.  Principi
Art. 2.  Finalità
Art. 2 bis.  Comitato di coordinamento ed elenco dei centri antiviolenza
Art. 3.  Costituzione della rete
Art. 4.  Attività di prevenzione.
Art. 5.  Sostegno e soccorso alle vittime della violenza
Art. 6.  Centri antiviolenza
Art. 7.  Centro di coordinamento presso le aziende ospedaliero-universitarie e aziende USL
Art. 8.  Case rifugio e soluzioni abitative temporanee
Art. 9.  Formazione
Art. 10.  Modifiche all’articolo 40 della l.r. 41/2005
Art. 11.  Clausola valutativa
Art. 12.  Copertura finanziaria e aggiornamento degli strumenti di programmazione


§ 3.2.125 - L.R. 16 novembre 2007, n. 59.

Norme contro la violenza di genere.

(B.U. 26 novembre 2007, n. 39)

 

Art. 1. Principi

1. La Regione Toscana riconosce che ogni tipo di violenza di genere, psicologica, fisica, sessuale ed economica, ivi compresa la minaccia di tali atti, la persecuzione, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che nella vita privata, costituisce una violazione dei diritti umani fondamentali alla vita, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità, all’integrità fisica e psichica e costituisce un’autentica minaccia per la salute ed un ostacolo al godimento del diritto a una cittadinanza sicura, libera e giusta.

 

     Art. 2. Finalità

1. La Regione, in conformità a quanto previsto dall’articolo 59 della legge regionale 24 febbraio 2005, n. 41 (Sistema integrato di interventi e servizi per la tutela dei diritti di cittadinanza sociale), promuove attività di prevenzione della violenza di genere e garantisce adeguata accoglienza, protezione, solidarietà, sostegno e soccorso alle vittime di maltrattamenti fisici, psicologici, economici, di persecuzioni, di stupro, di molestie sessuali, o alle vittime di minaccia di tali atti, indipendentemente dal loro stato civile o dalla loro cittadinanza.

 

     Art. 2 bis. Comitato di coordinamento ed elenco dei centri antiviolenza [1]

1. Per supportare la Giunta nel perseguimento delle finalità di cui all’articolo 2, è istituito un Comitato regionale di coordinamento sulla violenza di genere.

2. Il Comitato è composto da:

a) il Presidente della Giunta regionale, che lo presiede, o suo delegato;

b) i componenti della Giunta regionale competenti in materia di pari opportunità, sociale, sanità, sicurezza, istruzione e lavoro;

c) la Presidente della Commissione regionale Pari opportunità;

d) la Consigliera regionale di parità;

e) il legale rappresentante, o suo delegato, di ciascuno dei centri antiviolenza della Toscana aventi i requisiti di cui all'intesa tra il Governo e la Conferenza unificata sancita il 27 novembre 2014;

f) due rappresentanti designati, anche congiuntamente, da ANCI e UPI.

3. Il Comitato è validamente costituito con l'individuazione di almeno la metà più uno dei componenti.

4. Con deliberazione della Giunta regionale sono stabilite le modalità di funzionamento del Comitato.

5. La deliberazione di cui al comma 4 può prevedere che il Comitato sia integrato, anche successivamente alla sua costituzione, con le rappresentanze di altri soggetti istituzionali coinvolti nelle azioni di prevenzione e contrasto alla violenza di genere.

6. Per supportare la Giunta nel perseguimento delle finalità di cui all’articolo 2 è istituito l'elenco regionale dei centri antiviolenza e delle case rifugio operanti sul territorio regionale.

7. Possono iscriversi all'elenco di cui al comma 6 i centri antiviolenza e le case rifugio in possesso dei requisiti di cui all'Intesa del 27 novembre 2014, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n.131 (Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3) tra il Governo e le Regioni, le Province autonome di Trento e di Bolzano e le autonomie locali, relativa ai requisiti minimi dei centri antiviolenza e delle case rifugio, prevista dall'articolo 3, comma 4, del decreto del Presidente del consiglio dei ministri del 24 luglio 2014.

8. L'iscrizione all'elenco è condizione indispensabile per poter ricevere contributi pubblici regionali.

9. L'elenco è aggiornato annualmente. Con deliberazione della Giunta regionale sono disciplinate le modalità e i conseguenti adempimenti per l’iscrizione e la cancellazione dall'elenco e per il suo aggiornamento.

 

     Art. 3. Costituzione della rete

1. Al fine di perseguire le finalità di cui all’articolo 2, la Regione sostiene e incentiva la costituzione di una rete di relazioni tra i comuni, le province, le aziende ospedaliero-universitarie, le aziende unità sanitarie locali (USL), le società della salute, l’ufficio scolastico regionale e gli uffici scolastici provinciali, le forze dell’ordine, gli uffici territoriali del Governo-prefetture, la magistratura, i centri antiviolenza presenti sul territorio che abbiano nei propri statuti tali finalità.

2. La rete ha lo scopo di favorire procedure omogenee e di attivare l’immediato intervento dei soggetti di cui al comma 1, su base provinciale, zonale-distrettuale.

3. La Regione adotta linee guida e di indirizzo contro la violenza di genere mediante gli strumenti di programmazione di cui alla l.r. 41/2005 e promuove intese e protocolli per l’attuazione di interventi omogenei tra i soggetti della rete.

4. Le province promuovono il coordinamento territoriale dei soggetti della rete anche al fine della definizione di progetti integrati da presentare ai sensi dell’articolo 4, comma 2.

5. L’ assistenza e la protezione da parte dei soggetti della rete è attivata su richiesta della vittima, rivolta anche ad un solo soggetto della rete.

 

     Art. 4. Attività di prevenzione.

1. La Regione sostiene, ai sensi della legge regionale 16 agosto 2001, n. 38 (Interventi regionali a favore delle politiche locali per la sicurezza della comunità toscana), anche in collaborazione con i soggetti della rete di cui all’articolo 3, comma 1, progetti finalizzati a promuovere nelle scuole e nelle famiglie l’educazione al rispetto nella relazione tra i sessi, al rispetto dell’identità sessuale, religiosa e culturale, alla non violenza come metodo di convivenza civile.

2. La Regione promuove e sostiene progetti antiviolenza, presentati secondo le modalità ed i criteri definiti nel piano integrato sociale regionale di cui alla l.r. 41/2005.

3. I progetti di cui al comma 2 sono proposti, anche di concerto tra loro, da:

a) enti locali singoli o associati;

b) associazioni iscritte all’albo del volontariato, della promozione sociale, organizzazioni non lucrative di utilità sociale ovvero cooperative sociali che gestiscono i centri antiviolenza e che hanno tra i propri scopi essenziali la lotta alla violenza, come definita all’articolo 1.

 

     Art. 5. Sostegno e soccorso alle vittime della violenza

1. La rete di cui all’articolo 3 garantisce un collegamento costante tra i soggetti che la costituiscono al fine di assicurare alla vittima della violenza il soccorso in ogni fase, presso le strutture ospedaliere o presso le aziende USL, l’intervento dei servizi sociali, l’accoglienza, il sostegno e la protezione presso centri antiviolenza presenti sul territorio o presso case rifugio.

2. Al fine di garantire un’assistenza adeguata, i soggetti della rete formulano progetti personalizzati che offrono alla vittima ed ai suoi familiari un percorso di uscita dalla violenza compreso il reinserimento sociale, lavorativo, abitativo.

 

     Art. 6. Centri antiviolenza

1. I centri antiviolenza sono gestiti autonomamente da associazioni operanti nella Regione e iscritte agli albi del volontariato o della promozione sociale, da organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) e da altre forme organizzative come cooperative sociali che abbiano come finalità la prevenzione e la lotta alla violenza di genere ed il sostegno e la protezione delle vittime e dei minori.

2. Al fine di garantire le attività di cui al comma 1, il centro dispone di personale adeguatamente formato sui temi della violenza.

3. I centri antiviolenza forniscono servizi di ascolto e di sostegno alle vittime di violenza e, in particolare:

a) colloqui preliminari di valutazione e rilevazione del pericolo e per fornire le prime indicazioni utili;

b) colloqui informativi di carattere legale;

c) affiancamento, su richiesta delle vittime, nella fruizione dei servizi pubblici e privati, nel rispetto dell’identità culturale e della libertà di scelta di ognuna di esse;

d) sostegno al cambiamento e al rafforzamento dell’autostima anche attraverso gruppi autocentrati;

e) percorsi personalizzati di uscita dal disagio e dalla violenza, tendenti a favorire nuovi progetti di vita e di autonomia. 4. I centri antiviolenza svolgono le seguenti attività:

a) iniziative culturali e sociali di prevenzione, di informazione, di sensibilizzazione e di denuncia in merito al problema della violenza di genere, anche in collaborazione con enti, istituzioni, associazioni e privati;

b) raccolta di dati relativi all’utenza dei centri antiviolenza stessi e delle case rifugio di cui all’articolo 8.

 

     Art. 7. Centro di coordinamento presso le aziende ospedaliero-universitarie e aziende USL

1. Le aziende ospedaliero-universitarie e le aziende USL per i presidi ospedalieri e per i consultori, assicurano, per quanto di competenza, l’attivazione di almeno un centro di coordinamento per i problemi della violenza di genere su ogni zona.

2. Il centro di coordinamento:

a) garantisce l’immediato intervento di personale sanitario adeguatamente formato per l’accoglienza, l’assistenza e la cura delle vittime della violenza; l’assistenza richiesta assicura oltre agli interventi per la cura della vittima, l’adeguata effettuazione di esami, prelievi e refertazione, che possano essere utilmente prodotti come prove della violenza in una eventuale fase giudiziaria;

b) garantisce la valutazione e l’attivazione immediata di un intervento multidisciplinare sulla vittima, al fine di assicurare assistenza sotto i molteplici aspetti socio-sanitari necessari e la conseguente presa in carico ai sensi della l.r. 41/2005;

c) ha l’obbligo di attivare la rete di protezione della vittima di cui all’articolo 3, al fine di assicurare l’immediata predisposizione di azioni e servizi necessari.

 

     Art. 8. Case rifugio e soluzioni abitative temporanee

1. Le case rifugio, gestite dai centri antiviolenza, sono luoghi protetti, ad indirizzo segreto, dove le vittime della violenza, sole o con figli minori, sono accolte e protette; sono strutture di ospitalità temporanea per salvaguardare l’incolumità fisica e psichica della vittima volte a garantire insieme alla residenza, in ogni caso di carattere temporaneo, un progetto personalizzato complessivo teso all’inclusione sociale delle vittime.

2. La rete di cui all’articolo 3, in conformità a quanto previsto all’articolo 4, nell’ambito dei progetti sostenuti dalla Regione, garantisce alle vittime della violenza protezione in case rifugio.

3. La rete attiva l’inserimento delle vittime in case rifugio ricadenti in diverso ambito provinciale, al fine di assicurare protezione ed anonimato.

4. La rete assicura, inoltre, la disponibilità di strutture alloggiative temporanee, individuali e collettive, nelle quali sono ospitate le vittime che, passato il pericolo, necessitano comunque di un periodo limitato di tempo per rientrare nella precedente abitazione o per raggiungere l’autonomia abitativa.

 

     Art. 9. Formazione

1. La Regione e le province, nell’ambito della disciplina vigente in materia di formazione, promuovono iniziative e moduli formativi collegati alla realizzazione della rete di relazioni di cui all’articolo 3, con particolare riguardo alla formazione congiunta tra operatori sanitari, operatori degli enti locali, dei centri antiviolenza, operatori delle forze dell’ordine, della magistratura e degli uffici territoriali del Governo-prefetture.

 

     Art. 10. Modifiche all’articolo 40 della l.r. 41/2005

1. All’articolo 40 della l.r. 41/2005, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

“4 bis Presso l’osservatorio è istituita una apposita sezione denominata osservatorio regionale sulla violenza di genere.

4 ter L’osservatorio regionale sulla violenza di genere realizza il monitoraggio sulla violenza attraverso la raccolta, l’elaborazione e l’analisi dei dati forniti dai centri antiviolenza, dai servizi territoriali e dai soggetti aderenti alla rete territoriale; analizza i dati al fine di realizzare una sinergia tra i soggetti coinvolti per sviluppare la conoscenza delle problematiche relative alla violenza di genere e per armonizzare le varie metodologie di intervento adottate nel territorio.

4 quater L’osservatorio regionale sulla violenza di genere si avvale degli osservatori provinciali di cui al comma 3.”.

 

     Art. 11. Clausola valutativa

1. A partire dal secondo anno dall’entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale riferisce al Consiglio regionale, entro il primo semestre di ciascun anno, sull’attuazione della legge stessa e sui risultati ottenuti in termini di promozione dell’attività di prevenzione della violenza di genere e di adeguata accoglienza, protezione, solidarietà, sostegno e soccorso alle vittime di cui all’articolo 2, comma 1. 2. A tal fine la Giunta regionale trasmette annualmente alla commissione consiliare competente la documentazione relativa all’attività di monitoraggio e di analisi svolta ai sensi dell’articolo 40, comma 4 ter della l.r. 41/2005, così come introdotto dall’articolo 10 della presente legge, integrandola con le seguenti informazioni:

a) linee guida e di indirizzo contro la violenza di genere adottate;

b) intese e protocolli di intervento omogenei di cui all’articolo 3, comma 1, promossi e adottati;

c) azioni intraprese per la costituzione della rete di relazioni tra gli enti di cui all’articolo 2, comma 2;

d) elenco e descrizione dei progetti presentati e attivati ai sensi dell’articolo 4;

e) attivazione dei centri di coordinamento per i problemi della violenza di genere ed interventi svolti;

f) interventi formativi promossi di cui all’articolo 9.

3. La relazione indica inoltre gli elementi che permettono di valutare gli effetti generali prodotti dalla legge, con particolare riferimento a quelli relativi all’andamento quantitativo e qualitativo delle tipologie di violenza di cui all’articolo 1 ed agli esiti degli interventi compiuti al fine di favorire:

a) la crescita, a partire dalle giovani generazioni e dalle famiglie, della consapevolezza e del rispetto del valore della relazione tra i sessi, dell’identità sessuale, religiosa e culturale, della non violenza come metodo di convivenza civile;

b) il rafforzamento della cultura e della pratica della solidarietà per le persone vittime della violenza.

 

     Art. 12. Copertura finanziaria e aggiornamento degli strumenti di programmazione

1. La copertura finanziaria degli interventi previsti dalla presente legge è assicurata con le risorse stanziate e disponibili relative all’attuazione della l.r. 38/2001, della deliberazione del Consiglio regionale 16 febbraio 2005, n. 22 (Piano sanitario regionale 2005-2007), della legge regionale 24 febbraio 2005, n. 40 (Disciplina del servizio sanitario regionale), della deliberazione del Consiglio regionale 31 ottobre 2007, n. 113 (Piano integrato sociale regionale), della l.r. 41/2005.

2. La Giunta regionale propone all’approvazione del Consiglio regionale, entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, gli atti necessari all’adeguamento dei vigenti strumenti di programmazione al fine di renderli coerenti con le previsioni della presente legge anche per l’individuazione delle risorse di cui al comma 1.


[1] Articolo inserito dall'art. 9 della L.R. 27 dicembre 2017, n. 77.