Settore: | Codici regionali |
Regione: | Lombardia |
Materia: | 2. sviluppo sociale |
Capitolo: | 2.2 assistenza sociale |
Data: | 08/03/1995 |
Numero: | 1439 |
§ 2.2.41 - Del. C.R. 8 marzo 1995, n. 1439.
Deliberazione del Consiglio Regionale 8 marzo 1995, n. V/1439. Progetto- obiettivo anziani per il triennio 1995/1997.
(B.U. 13 maggio 1995, n. 19 - 4° suppl. straord.).
(Omissis)
IL CONSIGLIO REGIONALE DELLA LOMBARDIA
Vista la normativa nazionale di riferimento alle attività di tutela della salute degli anziani, in particolare:
- la
- la
- il progetto obiettivo Tutela della salute degli anziani approvato a stralcio del piano sanitario nazionale con risoluzione delle commissioni affari sociali della camera ed igiene e sanità del senato il 30 gennaio 1992;
- le linee guida relative al progetto obiettivo Tutela della salute degli anziani di cui alla nota ministeriale n. 13745 del 7 agosto 1992;
- la
- il d.p.r. 1 marzo 1994 Approvazione del piano sanitario nazionale per il triennio 1994/1996;
Considerata la normativa regionale di riferimento alle attività coinvolte nel progetto obiettivo anziani, ed in particolare:
- la
- il piano socio-assistenziale 1988/1990 (d.c.r. 871 del 23 dicembre 1987);
- le successive proroghe del P.S.A. al 31 gennaio 1995, ed in particolare le d.c.r. 122 del 12 febbraio 1991, d.c.r. 535 del 25 giugno 1992, nonchè l'ulteriore proroga di cui alla d.g.r. n. 6391 del 31 gennaio 1995;
- la l.r. Norme per il riordino del servizio socio-sanitario regionale, approvata dal consiglio regionale in data 8 febbraio 1995;
Atteso che con la sopracitata d.c.r. n. 122 del 12 febbraio 1991, come riconfermato con la d.c.r. n. 535 del 25 giugno 1992, il consiglio regionale, nell'aggiornare il periodo di validità del P.S.A. 1988/1990, impegnava la giunta regionale a predisporre nell'ambito del piano regionale socio-assistenziale per il triennio successivo, ad un'anticipazione dello stesso, il progetto obiettivo anziani;
In attuazione delle specifiche deliberazioni del consiglio regionale nella materia:
- o.d.g. 145 del 25 giugno 1992;
- mozione 335 del 15 dicembre 1993;
- mozione 391 del 21 dicembre 1993;
Vista la proposta della giunta regionale di cui alla deliberazione n. 64264 del 21 febbraio 1995;
Dato atto che sulla citata proposta sono stati acquisiti dalla giunta regionale i pareri favorevoli del comitato tecnico scientifico per la programmazione socio-assistenziale, delle segreterie regionali dei sindacati pensionati CGIL, CISL, UIL dell'ANCI e dell'URPL;
Udita la relazione della III commissione consiliare
Delibera
1) di approvare il Progetto obiettivo anziani per il triennio 1995/1997 allegato alla presente deliberazione di cui costituisce parte integrante e sostanziale;
2) di disporre che lo stesso sia pubblicato nel Bollettino Ufficiale della regione Lombardia.
PROGETTO OBIETTIVO ANZIANI
Triennio 1995/1997
Indice:
1 METODOLOGIA E CONTENUTI DEL PROGETTO OBIETTIVO
1.1 Presupposti e motivazioni generaLi.
1.2 La metodologia di definizione.
1.3 Le concretizzazioni operative.
2 LA TUTELA DELLA SALUTE DELLA PERSONA ANZIANA: UNA NUOVA CULTURA
2.1 Riconoscimento della rilevanza della condizione anziana.
2.2 La tutela della salute della persona anziana
2.3 Obiettivi metodologici e strumentali
2.4 Obiettivi sostanziali
3 LE COERENZE CON IL QUADRO Dl RIFERIMENTO PROGRAMMATORIO E NORMATIVO.
3.1 ll Livello Nazionale
3.2 ll livello Regionale
4 LA PROGRAMMAZIONE REGIONALE PER IL TRIENNIO 95/97
4.1 Un sistema a rete.
4.2 ll modello a rete dell'assistenza agli anziani
4.3 Obiettivi per il triennio 1995/1997
4.4 Indici di fabbisogno assunti ed indici di dotazione corrispondenti
4.5 Standard gestionali e strutturali
4.6 L'adozione del regime convenzionale nelle R.S.A.
5 LA FORMAZIONE DEGLI OPERATORI
5.1 Prima formazione ed aggiornamento per gli operatori dell'area anziani
5.2 Sperimentazioni formativo gestionali
6 L'OSPEDALIZZAZIONE DELL'ANZIANO
7 LE RISORSE FINANZIARIE
---------------------------------
1.1 PRESUPPOSTI E MOTIVAZIONI GENERALI.
L'opportunità di elaborare uno specifico progetto nasce dalla valutazione
della necessità di ripensare la condizione anziana in termini non
settoriali e parziali, sottolineandone - al contrario - la rilevanza
all'interno del contesto sociale. Ci si riferisce in particolare:
all'aumento della popolazione anziana ed al contemporaneo calo della natalità che sempre più connotano il fenomeno dell'invecchiamento come fenomeno emergente della modernizzazione delle società più sviluppate e avanzate;
all'aumento dell'indice di vecchiaia e dell'indice di dipendenza, nonché alla progressiva femminilizzazione della popolazione anziana quali fenomeni di assoluta e crescente importanza per il ruolo che assumono nel campo dei consumi, della previdenza, del lavoro dell'assistenza sanitaria e sociale;
alla valutazione del ruolo del tutto marginale e passivo assegnato finora dalle politiche sociali agli anziani, le cui problematiche sono state affrontate in modo settoriale; non esiste una dimensione anziana di intervento specifico ed autonomo, ma la stessa viene affrontata come parte dei problemi più generali legati alla casa, alla sanità, alla previdenza, al lavoro, all'assistenza;
alla necessità di superare queste settorialità attraverso una ricomposizione unitaria che superi i limiti delle problematiche socio- assistenziali e sanitarie, non per negarle, ma per porre attenzione a tutte le sfaccettature della dimensione "anziani", viste nei collegamenti reciproci, valutando anche le trasformazione "qualitative" in atto;
alla necessità sempre più avvertita dalle istituzioni di meglio definire il proprio ruolo e le proprie funzioni di rappresentanza degli interessi della collettività. Ciò non soltanto nei termini di contenimento delle emergenze con interventi riparatori e sostitutivi, ma soprattutto attraverso azioni di prevenzione e di contrasto dei fenomeni di emarginazione ed espulsione dei soggetti più fragili ed a rischio del tessuto sociale.
L'analisi delle attività e degli interventi finora realizzati in campo socio-sanitario pone in luce lo sforzo compiuto dalle istituzioni, anche se a volte, con caratteri assistenzialisti, per offrire prestazioni migliori e più qualificate alla fascia degli anziani emarginati ed a rischio e con problemi di salute e di reddito.
L'opportunità quindi di definire uno specifico progetto obiettivo nasce dalla consapevolezza che l'universo "anziani" sia poco conosciuto e compreso in relazione alle condizioni di vita, ai bisogni materiali, sociali, culturali, di relazione ed affettività dei soggetti che lo compongono e dalla conseguente necessità:
di approfondire le conoscenze e le valutazioni sulle molteplicità di bisogni, risorse, richieste che il mondo degli anziani è in grado di esprimere e mettere in campo;
di orientare e suggerire indirizzi per la programmazione complessiva delle politiche rivolte agli anziani, mobilitando e corresponsabilizzando attorno ad obiettivi concreti e condivisi - sia i comparti pubblici interessati e coinvolti che la società civile, il privato solidaristico, le associazioni, i cittadini.
Altro elemento di fondo che giustifica il ricorso al Progetto Obiettivo è l'assunzione dell'integrazione socio-sanitaria come obiettivo strumentale da perseguire, come un mezzo attraverso il quale è possibile ottenere risposte più efficaci ai bisogni che ogni persona esprime in modo unitario, ma l'efficacia del sistema d'offerta dei servizi non può che dipendere dalla sua capacità di essere un insieme integrato e coordinato capace di evitare diseconomie, sprechi, sovrapposizioni d'interventi.
Ne consegue che la metodologia d'approccio del Progetto Obiettivo risulta
essere la più corretta nell'attuale congiuntura nella quale da un lato è
obbligatorio misurarsi con risorse sempre più limitate, di cui è necessario
ottimizzare l'utilizzo, dall'altro la Regione intende assicurare nuovo
impulso e sviluppo alle politiche socio-sanitarie nell'area degli anziani.
Gli interventi regionali, nel quinquennio appena trascorso, hanno
privilegiato l'ammodernamento e la riqualificazione del polo d'intervento
rappresentato dalle risposte residenziali ai bisogni degli anziani
parzialmente e/o totalmente non autosufficienti (interventi che devono
proseguire vista la percentuale di strutture ancora non a standard), ma
hanno anche contemporaneamente avviato un processo di potenziamento e
sviluppo dei servizi domiciliari alternativi al ricovero.
Il Progetto Obiettivo Anziani nel corso del prossimo triennio attiverà il
modello a rete nell'assistenza agli anziani ponendo come prioritario il
potenziamento dei servizi e delle prestazioni diurne e domiciliari, con una
stretta interrelazione tra gli interventi sanitari, socio-assistenziali e
socio-assistenziali di rilievo sanitario.
Devono inoltre essere perseguite sinergie con altri comparti che concorrono
ad ostacolare le possibili cause di emarginazione degli anziani.
La realtà dei servizi in molte Aziende U.S.S.L. e Comuni lombardi è già del
resto orientata in tal senso e richiede che da parte regionale vi siano
orientamenti e indirizzi organizzativi e gestionali precisi.
Il Progetto Obiettivo costituisce uno strumento di indirizzo, per gli Enti
Locali, gli enti pubblici ed il privato sociale perchè assumano politiche
comuni per l'anziano, aventi come fine il mantenimento del miglior livello
possibile di qualità della vita.
1.2 LA METODOLOGIA Dl DEFINIZIONE.
La metodologia per la definizione del Progetto Obiettivo Anziani 95-97
della Regione Lombardia ha dovuto e voluto uniformarsi alle regole di
metodo emanate a livello nazionale:
- dal quadro dei riferimenti normativi costituito dalla Legge 595/85;
- dal Progetto obiettivo Anziani del gennaio 1992;
- dal Piano Sanitario Nazionale del luglio 1993;
- dalle integrazioni a tale quadro definite dal Ministero della Sanità e costituite dalle linee guida per la definizione e dalle schede per il monitoraggio del P. O. Anziani.
Sono stati altresì mantenuti come riferimento del presente progetto i provvedimenti e gli atti regionali predisposti sul tema:
- D.G.R. 52085/90. "Linee di indirizzo delle politiche regionali nell'area degli anziani".
- D.G.R. 26504/92. "Linee guida per la predisposizione del P. O. Anziani".
- D.C.R. n. 0998 del 15.12.1993
- D.G.R. 48808/94 Progetto Obiettivo Anziani Triennio 1994/96
Tali riferimenti metodologici consentono di definire il P. O. Anziani nelle
sue componenti costitutive interne e permettono altresì di considerarlo
parte integrante del Secondo Piano Socio Assistenziale e nel contempo un
atto di programmazione regionale socio assistenziale integrata.
1.3 LE CONCRETIZZAZIONI OPERATIVE
Il P.O. Anziani per il triennio 1995/97 sviluppa "La tutela della salute
dell'anziano" a partire da una nuova cultura geriatrica assunta quale
quadro di riferimento della politica lombarda in questo settore e prevede:
l'aggiornamento conoscitivo del contesto di riferimento comprendente
- la conoscenza della condizione anziana
- la conoscenza del quadro legislativo e programmatorio nazionale e
regionale
- la conoscenza dei servizi esistenti
- la conoscenza delle risorse disponibili;
la scelta del sistema a rete quale modello organizzativo;
l'insieme degli sviluppi della rete dei servizi per adeguarla alle esigenze della popolazione anziana:
- il potenziamento dei servizi e delle prestazioni territoriali e domiciliari;
- il proseguimento del sostegno alla riqualificazione gestionale e strutturale delle residenze;
- lo sviluppo dell'"ospedalizzazione a domicilio" deve intendersi in un sistema a rete complementare a nuove forme di organizzazione dell'A.D.I. che consentano un raccordo tra l'ospedale ed il territorio;
la definizione organica delle prescrizioni vincolanti nel prossimo triennio;
la formazione degli operatori, l'avvio di sperimentazioni formativo gestionali mirate (nursing-teaching home).
La valutazione del reale fabbisogno di posti letto (p.l.) di geriatria, di ospedalizzazione a domicilio, di riabilitazione oltre che l'espansione di attività di day-hospital nel P.O.A. richiamata per sottolinearne l'importanza e la complementarietà rispetto agli altri sviluppi della rete dei servizi dovrà essere prevista nel Piano di razionalizzazione della rete ospedaliera.
2. LA TUTELA DELLA SALUTE DELLA PERSONA ANZIANA: UNA NUOVA CULTURA.
2.1 Riconoscimento della rilevanza della condizione anziana.
2.2 La tutela della salute della persona anziana: una nuova cultura
2.3 Obiettivi metodologici e strumentali:
2.3.1 l'integrazione socio-sanitaria
2.3.2 il ruolo del volontariato e del privato sociale
2.3.3 lo sviluppo della riabilitazione
2.3.4 la non "rimozione" della cronicità
2.3.5 il superamento degli squilibri del sistema di offerta
2.3.6 la distrettualizzazione degli interventi
2.4 Obiettivi sostanziali
2.4.1 la prevenzione
2.4.2 la riabilitazione
2.1 RICONOSCIMENTO DELLA RILEVANZA DELLA CONDIZIONE ANZIANA.
La rilevanza della condizione anziana può essere considerata oggi un dato
acquisito anche per il rilievo che assumono le tendenze demografiche in
atto del paese:
un tasso di senilizzazione del 20% ed una speranza di vita alla nascita di 80 anni indicano che un quinto della popolazione è costituito da ultra sessantacinquenni ed un quinto di ogni esistenza individuale è vissuta dopo tale età.
Cessa pertanto, sia a livello soggettivo che sociale, la marginalità della condizione anziana, non più circoscritta a pochi longevi e non più percepibile come breve stagione finale dell'esistenza.
La presenza di un numero maggiore di anziani nella società, e la loro aumentata capacità di testimoniare la realtà della loro condizione, hanno contribuito ad evidenziare:
- quanto sia sempre più necessario distinguere fra soggetti (anziani, vecchi, e grandi vecchi) e spostare avanti nel tempo la coincidenza tra età cronologica ed uscita dal ciclo produttivo/riproduttivo;
- quanto sempre meno si debba proporre l'equazione anziano = costo per le politiche sociali, perchè si rende evidente che molti, anche dopo i 65 anni, possono e debbono essere considerati risorse per le politiche sociali e per l'economia.
Il permanere comunque di un carattere di "fragilità" di quelle componenti della popolazione anziana (anziani non autosufficienti, vecchi e grandi vecchi) per le quali deve essere garantito un alto grado di tutela sociale ed alle quali deve essere garantito il massimo di sicurezza. Ciò in quanto:
- le stesse cause che provocano l'invecchiamento della popolazione bassa natalità e diminuzione della mortalità (oltreché la diversa distribuzione tra i due sessi della speranza di vita), - inducono contemporaneamente femminilizzazione e solitudine della condizione anziana.
- Le modificazioni della struttura e dell'organizzazione familiare rendono critica la condizione anziana perchè tendono a far scomparire per molti anziani il sostegno della famiglia: ossia della principale e spesso ancora esclusiva agenzia erogatrice dell'assistenza.
La senilizzazione della popolazione rende molto accentuata, all'interno della struttura economica, la polarizzazione tra popolazione attiva e anziani usciti dal sistema produttivo.
Tra i pensionati, riveste un significato particolare il sottoinsieme dei percettori di pensioni assistenziali, proprio perchè le risorse erogate nei loro confronti misurano il sostegno al reddito proveniente dalle politiche di protezione sociale.
Permane, e purtroppo aumenta, la correlazione tra vecchiaia e malattia, tra vecchiaia e dipendenza.
Si mantiene elevata la correlazione tra invalidità e vecchiaia. Il 75% degli invalidi totali riconosciuti dalle Commissioni sanitarie è costituito da ultra settantacinquenni.
Della popolazione dei grandi invalidi il 76,6% è costituito da donne sole.
Rimane - e non riesce ad essere sufficientemente compensata dal nostro sistema pensionistico - la correlazione tra vecchiaia e povertà che aggiunge alla non autosufficienza funzionale la non autosufficienza economica. Ed è anche sul bisogno economico che si fondano domande improprie di istituzionalizzazione.
Il nuovo ruolo sociale degli anziani
Le ricerche e le analisi sociali per definire chi siano gli anziani, fanno frequentemente ricorso a modelli diversi che vanno dall'uscita dal ciclo produttivo o comunque dall'età del pensionamento, alla perdita di abilità funzionali derivanti dal deterioramento dello stato psico-fisico; dall'appartenenza della terza generazione alla perdita della capacità di procreare, ecc.
Tutte queste possibili definizioni hanno comunque in comune le caratteristiche della processualità attraverso la quale avviene la transizione all'età anziana.
Tale approccio appare sempre più riduttivo anche se non si può sottovalutare l'invecchiamento generale della popolazione e la crescita dei grandi vecchi che senza dubbio conducono a considerare la popolazione anziana come fascia debole, esposta a rischio di emarginazione, necessitante di interventi di protezione a tutela sanitaria e sociale più frequente e complessa.
Una riflessione sul corretto ruolo degli anziani nell'attuale momento deve partire dalla considerazione che "gli anziani" fanno registrare una compresenza di più condizioni e ruoli e che la dimensione graduale delle capacità vitali consente comunque, e sempre più consentirà in futuro, margini di autonomia e ruoli peculiari di cui tener conto nella programmazione degli interventi e nella scelta delle strategie da attivare e delle politiche da perseguire.
Per l'identificazione dei ruoli innovativi che gli anziani possono assumere nel prossimo futuro è necessario tenere conto degli andamenti demografici previsti, della struttura e organizzazione familiare, dei redditi, dei modelli di comportamento economico, dei consumi, dei rapporti con l'organizzazione dei servizi, in particolare quelli sanitari e sociali.
Anziani e nuova struttura ed organizzazione della famiglia.
Le modificazioni nella struttura e organizzazione familiare verificatesi a
partire dagli anni '60 con il passaggio da una famiglia patriarcale ad una
nucleare, hanno avuto una diretta influenza sul cambiamento del ruolo degli
anziani nella società; in particolare si è assistito ad una progressiva
perdita di status sociale.
Queste modificazioni non sembrano però aver inciso in modo determinante
sulle funzioni solidaristiche e di mutuo aiuto della famiglia, che ancora
oggi rappresenta il perno per l'assistenza ai componenti deboli.
Infatti, in presenza di una struttura familiare di riferimento, il ricorso
al ricovero è estremamente contenuto, a dimostrazione della sostanziale
"tenuta" della famiglia in generale e del ruolo di cura e protezione svolto
in particolare dalla donna, soggetto deputato al "prendersi cura" degli
altri familiari in difficoltà.
Ciò di norma avviene sia attraverso capacità di risposte interne al nucleo,
sia attraverso la capacità di attivare quelle reti informali che
rappresentano per la famiglia un sostegno irrinunciabile, sia mediando tra
stato di bisogno e necessità di intervento esterno dei servizi. Rimane
infine insostituibile la capacità della famiglia di soddisfare i bisogni
affettivi e relazionali.
Per questo vi deve essere non solo il riconoscimento della sua funzione
sociale, ma soprattutto l'attivazione di un'adeguata politica di promozione
e di sostegno che con una nuova organizzazione dei servizi la rafforzi e le
consenta di continuare a svolgere questo ruolo. E' necessario inoltre che,
come recentemente ha stabilito una sentenza della Corte Costituzionale, si
riconosca il valore sociale ed economico del lavoro familiare.
Questo ruolo della famiglia nei confronti dei componenti anziani è tuttavia
solo un lato della medaglia perchè in realtà i cambiamenti riscontrati nel
vivere sociale hanno determinato e determinano anche cambiamenti
nell'interazione familiare.
Molti anziani, soprattutto la fascia di "anziani giovani", giocano un ruolo
fondamentale all'interno dell'organizzazione familiare consentendo a molte
donne di poter proseguire l'attività lavorativa pur in presenza di uno o
più bambini o di familiari in difficoltà.
Questo ruolo degli anziani nel sostenere l'organizzazione delle famiglie
giovani, è sicuramente allargabile, per la flessibilità con cui può essere
assunto, a servizi non limitati al singolo ambito familiare e può essere
considerato uno dei ruoli "innovativi" degli anziani.
Gli anziani ed il lavoro.
Si è sottolineato in precedenza come uno dei paradigmi più utilizzati per
definire l'età anziana sia quello legato alla fuoriuscita dal ciclo
produttivo, facendo coincidere gli anziani con i pensionati o con l'età
pensionabile. Questo principio produttivistico è attualmente messo in
discussione almeno come fascia di età di riferimento se non come
conseguente marginalità di chi dalla produzione fuoriesce.
Per un altro verso l'aumento del reddito pensionistico, liberando molti
anziani dalla necessità di integrare le entrate con lavori anche part-time
ed artigianali, ha sicuramente favorito il progressivo costante aumento
degli anziani che dedicano parte consistente del proprio tempo a
prestazioni volontarie; il volontariato organizzato, unitariamente a
prestazioni di self-help che caratterizzano molte delle attività degli
anziani (si pensi, ad esempio, ai servizi ricreativi e sociali
autogestiti), sembra essere una delle risposte più significative alla
domanda di assumere ruoli attivi e significativi nella società.
La possibilità che gli anziani possono essere impegnati in lavori
socialmente utili è una delle meno frequentemente utilizzate, ma può essere
approfondita e praticata con risultati significativi e soddisfacenti se le
procedure burocratiche previste si semplificano e l'organizzazione dei
servizi diventa più flessibile.
Anziani, redditi e consumi.
Come già in precedenza affermato, la condizione anziana è una realtà
determinata dalla compresenza in essa di gruppi sociali diversamente
connotati . Resta comunque forte la possibilità che l'entrata nella terza
età si accompagni e comporti il rischio della povertà o quanto meno della
diminuzione del reddito e della conseguente riduzione della qualità della
vita.
Non sono però marginali comportamenti della popolazione anziana che in base
al reddito pregresso, agli investimenti fatti, al possesso dell'abitazione
(che per molti anziani rappresenta la meta finale del processo di risparmio
di tutta la vita, conquistato magari con l'impegno della liquidazione di
fine rapporto di lavoro), si collocano ben al di sopra della soglia della
povertà e possono essere considerati risorse e non costi per il sistema
sociale.
Ricerche specifiche recenti hanno però dimostrato che gli anziani, scarsi
consumatori di beni e servizi, sono consumatori di prestazioni e servizi
sanitari in misura percentualmente superiore alla media; certo per la ovvia
appartenenza allo strato di popolazione che ha maggiori problemi di salute,
ma anche per una maggiore disponibilità di reddito.
Si tratta di indicazioni di non poco conto in fase di programmazione delle
politiche socio-sanitarie, poiché rendono evidente la necessità di
mantenere misure di tutela e di garanzia per le fasce di popolazione
anziana a minor reddito.
2.2 LA TUTELA DELLA SALUTE DELLA PERSONA ANZIANA: UNA NUOVA CULTURA.
Il P.O.A. stabilisce obiettivi sostanziali e metodologici che permettono la
rimozione ed il controllo degli aspetti negativi specifici della condizione
di persona anziana per tutelarne costantemente il pieno sviluppo.
Questa finalità che ispira la nuova cultura geriatrica deve portare a
sviluppare con coerenza politiche sociali capaci di rimuovere tutti quegli
"ostacoli" (si pensi alla perdita dell'autosufficienza, alla
marginalizzazione, alla solitudine, ecc.) che limitano il diritto
fondamentale alla salute intesa come stato di benessere fisico, psichico e
sociale. Un diritto che la Costituzione riconosce alla persona
indipendentemente dalle sue condizioni personali e sociali e di cui occorre
tenere conto in modo specifico per una fascia così rilevante della
popolazione.
2.3 OBIETTIVI METODOLOGICI E STRUMENTALI
2.3.1 L'integrazione Socio-sanitaria
L'integrazione socio-sanitaria è uno strumento per mezzo del quale è
possibile ottenere risposte più efficaci ai bisogni che ogni persona
esprime in modo unitario (v. P.S.A. 88/90, cap. 4); favorisce cioè
metodologicamente un approccio globale ai bisogni della persona.
In questo senso occorre essere estremamente avvertiti del fatto che
l'integrazione socio-sanitaria va prioritariamente riconosciuta nella
domanda e successivamente realizzata nei sistemi di offerta.
L'età geriatrica è una condizione la cui tutela richiede obbligatoriamente
e contestualmente:
compresenza dei tre momenti specifici di intervento (sanitario, socio- assistenziale e socio-assistenziale di rilievo sanitario);
primato del momento preventivo e riabilitativo sul momento terapeutico;
interdisciplinarietà degli approcci necessari;
continuità, monitoraggio e verifica nel tempo degli interventi (fino alla tutela della cronicità);
particolarità del rapporto operatore-utente: coinvolgimento del paziente nel processo decisionale e terapeutico che lo riguarda, rinnovamento della pratica medica in termini umanistici, elevata incidenza del ricorso ad una molteplicità di soggetti gestori (pubblici, del privato sociale).
L'obbligata presa d'atto del fatto che anche la tutela della salute dell'anziano impone l'integrazione socio-sanitaria rende conseguente il particolare modo di organizzare le risposte.
L'offerta di servizi integrati per gli anziani deve programmarsi e costituirsi:
secondo la modalità organizzativa del progetto obiettivo;
coinvolgendo i diversi referenti degli interventi sanitari, socio- assistenziali e socio-assistenziali di rilievo sanitario (l'Azienda U.S.S.L., i comuni, a cui la L. 142/90 attribuisce la titolarietà delle funzioni socio-assistenziali, il privato sociale),
garantendo la complementarità e la presenza contestuale delle tre diverse reti d'offerta (servizi residenziali, territoriali diurni ed ambulatoriali, domiciliari),
assicurando la sinergia tra i livelli d'intervento di base e specialistici (distrettualizzazione degli interventi con forte supporto del livello zonale),
integrando tutte le risorse disponibili: strutturali, finanziarie, professionali ed umane.
Per quanto attiene la coerenza con il livelli internazionali, l'assunzione della "integrazione socio-sanitaria", quale obiettivo metodologico della tutela della salute degli anziani, è coerente con la strategia elaborata dall'ufficio europeo dell'O.M.S..
Tra le implicazioni dell'integrazione socio-sanitaria alcune acquistano un particolare significato nell'economia e nelle prospettive del P.O. Anziani.
2.3.2 ll ruolo del volontariato e del privato sociale
Il mutato quadro normativo conseguente all'entrata in vigore delle Leggi
142/90, 241/90, 266/91, 381/91 e 502/92 ha confermato, ampliandole, le
scelte normative anticipate dall'ordinamento regionale in tema di
partecipazione delle comunità locali e dei soggetti sociali alla
programmazione e gestione dei servizi alla persona.
Norme regionali attuative hanno confermato tali scelte (LL.RR. 16/93 e
22l93).
I decreti di riordino del sistema sanitario ed in particolare l'art. 14 del
D. Lgs.vo 502/92 hanno sottolineato gli aspetti dell'attività delle
organizzazioni rappresentative degli utenti, degli operatori del S.S.N. e
delle Organizzazioni di Volontariato volti a realizzare le forme di
partecipazione effettiva e di tutela dei diritti dei cittadini.
Il privato sociale, ed in esso in particolar modo il volontariato, ha
perciò piena titolarità a partecipare ai momenti di programmazione, di
gestione, di controllo e verifica delle attività socio-sanitarie.
Debbono essere pertanto previste forme di accesso a pieno titolo alla
gestione dei servizi socio-sanitari con la garanzia di adeguate risorse,
sia per gli oneri sostenuti nella attività assistenziale di carattere
gestionale o strutturale, che per gli oneri derivanti dalla attività di
formazione.
Su questo tema fondamentale per le politiche socio-sanitarie occorre
preliminarmente procedere ad una chiarificazione terminologica che risulti
capace di distinguere il volontariato, che integra gratuitamente le
prestazioni offerte nella rete dei servizi, dal privato sociale che
gestisce segmenti dell'offerta dei beni e servizi in una logica, senza fini
di lucro, di esposizione dei costi.
Pur non sottovalutando la notevole valenza delle motivazioni etico sociali
che accomunano il volontariato ed il privato sociale, nel Progetto
Obiettivo Anziani viene opportunamente distinto:
- il sostegno al volontariato (regolato dalla Legge Regionale istitutiva del Registro);
- il sostegno al privato sociale al quale vengono garantite risorse sia per gli oneri sostenuti nell'attività assistenziale, sia per gli oneri derivanti dall'adeguamento dei servizi ai prescritti standard regionali, gestionali e strutturali.
2.3.3 Lo sviluppo della riabilitazione
Lo sviluppo della riabilitazione:
- passa dall'integrazione tra recupero fisico e recupero psichico, fra riabilitazione e riattivazione; in ambito geriatrico a tutt'oggi questo approccio è suddiviso in competenze fisiatriche e dell'educatore e dell'animatore;
- deve rifarsi ad obiettivi di recupero, mantenimento e reinserimento che assumono validità se riferiti al contesto sociale di appartenenza dell'utente.
Al fine di superare gli attuali limiti dell'assistenza all'anziano nell'integrazione socio-sanitaria è necessario un continuo adattamento degli obiettivi e dei programmi nel rispetto delle attese e del rapporto costo-benefici.
La riabilitazione e/o riattivazione costituiscono un frammento importante nelle tappe che caratterizzano i programmi di recupero dello stato di salute globale; è impensabile focalizzare programmi settoriali di recupero funzionale avulsi da progetti elaborati attraverso valutazioni multidimensionali. Occorre superare le tecniche di recupero funzionale che sottostimano la dominanza di stati emotivo-affettivi dell'anziano. Pertanto lo sviluppo della riabilitazione deve essere inteso come un "continuum integrato" di riabilitazione sociale e riabilitazione medica:
delle diverse fasi della riabilitazione (intensiva post-acuta, post- acuta di mantenimento e di reinserimento),
dei diversi riferimenti di ognuna delle fasi del processo riabilitativo ai presidi opportuni: ospedali, residenze sanitarie (I.D.R. ex art. 26), residenze socio-sanitarie (R.S.A.); servizi territoriali (ambulatoriali e diurni), servizi domiciliari;
dei diversi soggetti istituzionali sinergicamente coinvolti: aziende del S.S.N., Enti Locali (Regione, Province, Comuni, II.PP.A.B.), privato sociale.
2.3.4 La non "rimozione" della cronicità
La rimozione di una dimensione "scomoda" della vita che caratterizza la nostra cultura, rischia di determinare una programmazione che rimuove la cronicità.
Si deve tenere presente che i rischi ed i limiti legati alla cronicità non sono solo di ordine assistenziale e sanitario, che le aspettative dell'anziano, soprattutto quando affetto da patologie croniche, assumono caratteri affettivi, di accoglimento e di ascolto.
Questi aspetti, che sono propri dei familiari, troppo spesso vengono sovrapposti a qualità professionali; è necessario prevedere un coinvolgimento della famiglia per una collaborazione diretta e sistematica sia a domicilio come in altre istituzioni per evitare di favorire situazioni di delega o di deresponsabilizzazione.
Il sistema sanitario nazionale per effetto del suo doppio squilibrio interno (culturale ed organizzativo) ha evitato di affrontare appropriatamente il problema dei trattamenti non limitati nel tempo e sostitutivi della famiglia: ha negato il problema della residenzialità, socialmente e sanitariamente tutelata, dei cronici.
Dalla constatazione che l'ospedale per acuti rappresenta un luogo di trattamento improprio della cronicità deve derivare la conseguente capacità e decisione di sostenere la famiglia che si fa carico di questo bisogno di realizzare in misura adeguata i luoghi "propri" di riferimento per tale condizione.
La scelta operata dalla Regione Lombardia a favore di un sistema integrato con la definizione delle quote forfettarie, la realizzazione di strutture protette, il consolidamento dei servizi già avviati di A.D.I. e l'avvio di forme anche sperimentali di A.D.I. in relazione con le reti informali di supporto, va in questa direzione e deve essere ulteriormente potenziata.
Solo l'esplicito riconoscimento dell'integrazione socio-sanitaria come
orizzonte qualificante il nostro modello di civiltà disegna il continuum
completo ed integrato in cui collocare efficacemente la prevenzione e la
riabilitazione della cronicità.
Nel nuovo contesto dell'integrazione socio-sanitaria si colloca la
possibilità di affrontare patologie cronico-invalidanti come, ad esempio,
l'assistenza alle demenze e tra queste alla malattia di Alzheimer (v. Piano
Triennale di Sperimentazione).
2.3.5 Il superamento degli squilibri del sistema d'offerta
Una delle principali ragioni d'essere del progetto obiettivo anziani
risiede nell'assoluta necessità di mettere in sintonia le nuove
caratteristiche della domanda di prestazioni necessarie alla popolazione
anziana con il sistema, e le singole componenti costitutive, dell'offerta
di servizi per la terza età.
Ricostruire un incrocio razionale tra domanda ed offerta in materia di
assistenza socio-sanitaria dell'anziano vuol dire prioritariamente
correggere gli squilibri che fino ad oggi hanno caratterizzato, ed ancora
caratterizzano, il nostro sistema sanitario e assistenziale.
L'assunzione del riequilibrio, quale valore-obiettivo del progetto
obiettivo anziani, garantisce l'approccio culturale efficace per correggere
alcune "distorsioni storiche" degli interventi per gli anziani:
La latitanza
In conseguenza della non percezione della rilevanza dell'età geriatrica,
delegata sia pure non esplicitamente alla famiglia, le politiche socio-
sanitarie hanno a lungo considerato marginale tale condizione ed hanno
collocato gli interventi ad essa rivolti lungo l'asse
significatività/irrilevanza sul secondo estremo più che sul primo. Tale
collocazione viene riequilibrata con il progetto obiettivo anziani che
sancisce e determina un forte sviluppo ed un coordinamento degli interventi
rivolti agli ultra sessantacinquenni.
L'istituzionalizzazione
Per molto tempo l'assistenza agli anziani si è mantenuta "monotonica", in
grado cioè di offrire agli anziani, sostanzialmente, quasi esclusivamente
ricoveri in ospedali o in ospizi. Lo sviluppo notevole dei servizi
territoriali diurni e domiciliari oltre alle risposte abitative protette
consente, anche a questo secondo livello, di riequilibrare il sistema
d'offerta.
L'ospedalizzazione
La sanitarizzazione dell'assistenza agli anziani ha trovato a lungo la sua
manifestazione più evidente nelle modalità e nei contenuti del ricovero
ospedaliero degli anziani che si è spesso connotato come "improprio": sia
per lo sradicamento e la spersonalizzazione che comportava, sia per il
mancato rispetto della specificità geriatrica dell'assistenza erogata negli
ospedali.
Tale modalità impropria di assistenza trova correttivi efficaci nella
razionalizzazione della rete ospedaliera che si adegua ai bisogni dei
malati anziani assicurando un adeguato sviluppo alle divisioni di
geriatria, alle riabilitazioni ed alle attività rese in regime di degenza
diurna.
L'assistenzialismo
Simmetricamente speculare alla sanitarizzazione, questa distorsione
dell'assistenza socio-sanitaria dell'anziano ha a lungo caratterizzato il
nostro sistema di offerta, modificando nel tempo le sue manifestazioni. Da
un'assistenza iniziale che interveniva a sostegno di anziani "inabili al
lavoro" e indigenti si è passati ad una assistenza che, prendendo atto che
l'età geriatrica spesso associata alla cronicità richiede anche prestazioni
di rilievo sanitario, assume, sia a livello concettuale che operativo,
I'integrazione socio-sanitaria ed i suoi presidi di riferimento.
La dequalificazione gestionale e strutturale delle residenze per anziani
Tradizionalmente la componente più fragile della popolazione anziana, costituita dai non autosufficienti, ha trovato risposta ai suoi bisogni nelle strutture di ricovero extra ospedaliere (istituite in Lombardia - ben prima dell'intervento delle politiche sociali nazionali
dall'associazionismo e dal solidarismo della società civile e religiosa oltreché dalla sensibilità degli enti locali).
La rete delle case di riposo Lombarde ha assolto una funzione che ancora oggi la rende insostituibile.
Nelle circa 500 unità, delle quali 423 accedono al Fondo Sanitario, di cui tale rete è costituita, la qualità deve essere costantemente perseguita attraverso le due direttrici da tempo definite dalla Regione Lombardia:
- la riqualificazione gestionale che continuerà a procedere attraverso il
sostegno che le risorse del fondo sanitario regionale garantiranno al
processo di adeguamento agli standard di personali definiti nel primo Piano
Socio Assistenziale ed aggiornati con il presente Progetto obiettivo.
Con l'adeguamento agli standard programmatori gestionali la classe delle
residenze della Regione Lombardia (nelle sue due tipologie: strutture
protette e case di riposo) legittima e concretizza la sua appartenenza al
sistema socio-sanitario ed il suo carattere sanitario-assistenziale.
Ciò in quanto le quantità, i profili, le qualità professionali dei suoi
operatori sono in grado di offrire agli ospiti non autosufficienti, totali
o parziali, il grado di tutela sanitaria e socio-assistenziale a loro
indispensabile. Sono inoltre in grado di garantire le attività di supporto
assistenziale ed educativo capaci di consentire il contrasto delle
involuzioni, la socializzazione e l'inserimento.
- la riqualificazione strutturale continua a perseguire l'obiettivo
fondamentale di consentire a tutta l'infrastruttura sociale della Lombardia
il passaggio da ricovero a residenza di raggiungere gli standard
strutturali previsti nella programmazione regionale.
Il riequilibrio territoriale
L'obiettivo era già stato previsto dal primo P.S.A. e considerato non
realizzabile in tempi brevi a causa della sua complessità. Per la carenza
di dotazione di posti letto che ancora si registra in alcune zone è
necessario riconfermare un'azione programmatoria riequilibratrice.
2.3.6 La distrettualizzazione degli interventi
La nuova cultura dell'assistenza agli anziani vuole caratterizzarsi
rispetto alle precedenti non solo per la centralità dell'utente ma anche e
soprattutto per la volontà di diventare "servizio" a cui subordina le sue
scelte organizzative.
Coerentemente a questo approccio, l'assistenza socio-sanitaria
dell'anziano, per essere realmente servizio sociale, deve
territorializzarsi, e avvicinarsi il più possibile alle residenze dei suoi
utenti.
Ma la territorializzazione dell'assistente socio-sanitaria dell'anziano
deve trovare un suo nuovo radicamento organizzativo che dia senso e
razionalità allo "andare incontro" ai bisogni dell'anziano, che dia
efficacia, efficienza, possibilità di controllo delle prestazioni e dei
loro risultati..
In questo senso il modo ottimale di territorializzare l'assistenza è quello
di distrettualizzarla.
Individuiamo nel Distretto Socio-Sanitario un'articolazione organizzativo
funzionale della Azienda U.S.S.L. finalizzata a realizzare un elevato
livello di integrazione tra i diversi servizi che erogano le prestazioni
sanitarie, socio-assistenziali e socio-assistenziali di rilievo sanitario,
in modo da consentire una risposta coordinata e continuativa ai bisogni
socio-sanitari della popolazione.
Il nuovo assetto territoriale delle Aziende U.S.S.L. Lombarde, sancito
dalla L.R. 15/9/93 n. 28, ha ampliato notevolmente gli ambiti territoriali
delle 44 unità socio sanitarie che sostituiscono le precedenti 85 U.S.S.L.
Ciò rende a maggior ragione l'istituzione dei distretti un momento
indispensabile per una razionale strutturazione dell'offerta.
L'integrazione tra i diversi servizi, il supporto fornito al medico di
famiglia, la conseguente possibilità di adottare o di potenziare forme di
assistenza integrative rispetto all'attività ospedaliera possono consentire
una sensibile riduzione della domanda di ricoveri ospedalieri con
conseguenti minori costi umani ed economici.
Le tipologie di attività che trovano un'ideale collocazione a livello
distrettuale e per le quali il distretto rappresenta la sede operativa di
raccordo, sono:
il supporto all'attività del medico di famiglia;
le attività preventive di informazione e di educazione sanitaria rese nei consultori geriatrici esistenti;
l'assistenza domiciliare integrata (A.D.I.) per l'erogazione coordinata e continuativa di prestazioni sanitarie e socio assistenziali da parte di diverse figure professionali fra loro funzionalmente integrate. L'A.D.I. può rappresentare una risposta assistenziale efficace ed efficiente nei confronti di persone disabili in conseguenza di forme morbose acute o croniche così come di pazienti che necessitino di trattamenti palliativi, purché tecnicamente trattabili a domicilio. L'A.D.I. si caratterizza quale modalità di integrazione e coordinamento di attività di prevalente livello territoriale;
le sperimentazioni, coordinate con l'ospedale, di ospedalizzazione domiciliare, per consentire l'erogazione di trattamenti che richiedano la disponibilità di competenze professionali di livello ospedaliero, ma che siano tecnicamente erogabili al domicilio del paziente;
la gestione coordinata degli accessi ai servizi attraverso:
- la possibilità per l'utente di vedere definite le procedure
amministrative a livelli decentrato;
- la disponibilità decentrata di punti di prelievo per indagini chimico-
cliniche.
Il distretto infine costituisce di norma il punto di localizzazione
ottimale delle U.V.G. territoriali.
La ridefinizione ed il potenziamento dei distretti previsto nella L.R.
28/93 e nella L.C.R. 0223 (trasmessa al Commissario di Governo) risponde
inoltre alla volontà di rispettare e valorizzare, attraverso una
partecipazione diretta alla programmazione, quanto la Legge 142/90
riconosce agli Enti Locali in tema di funzioni socio-assistenziali.
Si ritiene inoltre che proprio nell'organizzazione dei servizi socio-
sanitari su base distrettuale si possano sperimentare forme di
collaborazione tra realtà pubbliche e di privato sociale, reti formali e
reti informali.
2.4 OBIETTIVI SOSTANZIALI
2.4.1 La prevenzione
Uno dei principali obiettivi assunti dall'O.M.S. in Europa riguarda
l'aumento della vita attesa.
Appare però evidente che la longevità non può essere considerata un
indicatore di successo sufficiente delle politiche socio-sanitarie.
La speranza di vita attiva è un indicatore più fedele dello stato di salute
della popolazione.
In questo senso l'obiettivo principale dell'assistenza socio-sanitaria
dell'anziano diventa quello di ridurre la percentuale di persone anziane
dipendenti e, nella fascia degli anziani non autosufficienti, ridurre il
numero di coloro che non possono restare nel proprio domicilio.
La quota di persone anziane dipendenti, non autonome, non è
indissolubilmente legata ad un'età specifica, ma si modifica storicamente.
L'andamento della autonomia/dipendenza alle varie età è caratteristicamente
non lineare, ma a "gradini". La percentuale di popolazione anziana
totalmente non autosufficiente passa dal 5.1% dei sessantenni all'8.7% dei
settantenni, ma balza al 23.3% tra gli ottantenni.
Tale andamento consente di individuare età-soglia, età critiche
dell'autonomia, all'interno delle quali individuare i soggetti ai quali
deve prioritariamente rivolgersi la prevenzione della salute dell'anziano:
coloro cioè che non sono ancora nella fase di dipendenza, ma che si trovano
abbastanza vicini da doversene preoccupare.
L'oggetto della prevenzione è quindi il mantenimento, lo sviluppo e la
promozione dell'autonomia della popolazione anziana, la relazione diretta
con la qualità della vita più che la sua sola durata.
Mantenere il più a lungo possibile il maggior numero di anziani nella
condizione di autonomia, garantire al più alto numero di anziani una vita
qualitativamente attiva, è anche l'unica possibilità che hanno le politiche
sociali di non cadere nella spirale dell'aumento inarrestabile della
necessità di cure.
Tale fatto è ormai evidente nelle aree urbane, laddove l'affannosa rincorsa
ai posti letto rende manifesta l'insostenibilità degli investimenti
economici e sanitari necessari a predisporre, per le quote di anziani resi
disabili e dipendenti dall'assenza di prevenzione, soluzioni tanto costose
quanto portatrici di infelicità e sofferenza.
Aggredire la non autosufficienza che può essere prevenuta significa
risparmiare disagi sociali e risorse per le non autosufficienze e le
necessità che ancora non possiamo prevenire.
Infatti, nonostante il miglioramento complessivo delle condizioni di
salute, resta rilevante la quota di vecchi e grandi vecchi destinati ad una
condizione di cronicità sostanzialmente senza possibili e prevedibili
rimedi.
Condurranno a tale esito una serie di condizioni patologiche a fronte delle
quali dovrà essere scontata un'impotenza preventiva e terapeutica ed alle
quali proprio per questo dovrà essere riservata e garantita un'assistenza
adeguata quale unica forma d'intervento possibile.
In questo senso giocheranno un ruolo particolarmente incisivo le demenze (e
tra queste ii morbo di Alzheimer), le malattie celebro-vascolari, le
malattie degenerative (neurologiche, osteoarticolari, degli organi di
senso), le malattie cardio-respiratorie croniche.
Svolgeranno un ruolo analogo - anche se meno rilevante dal punto di vista
quantitativo - le malattie croniche del giovane e dell'adulto.
Quest'area di cronicità, indotta da patologie non prevenibili o non
risolvibili terapeuticamente, costituirà il problema centrale del
finanziamento dei servizi, renderà critico il rapporto tra costi e risorse
disponibili e farà emergere il rischio concreto (si veda l'accesso alla
dialisi in alcuni paesi) che l'età cronologica costituisca il solo,
arbitrario, criterio di limitazione dell'assistenza sanitaria.
A fronte di tutto ciò, la prevenzione in età geriatrica assume un ruolo
ancor più necessitante ed appaiono ancor più evidenti le sue connessioni
con l'integrazione socio-sanitaria ed il rapporto con il privato sociale
presente nella fase di programmazione oltre che di gestione.
La possibilità di agire con efficacia sul fronte della prevenzione
presuppone e rende necessaria una buona e aggiornata conoscenza della
popolazione anziana, delle diverse specifiche componenti che la
caratterizzano e delle modificazioni che concretamente interessano ciascuna
di esse.
Conseguentemente a tale esigenza sarà istituito, un sistema informativo,
per il monitoraggio della popolazione anziana, attraverso un'Azione
Programmata tra Regione e Amministrazioni Provinciali.
Per una appropriata prevenzione in età senile fondamentale è l'educazione
sanitaria.
Non tanto la diagnosi precoce o gli screening di massa per l'individuazione
di soggetti a rischio, ma piuttosto la diffusione:
- di conoscenze il più possibile precise della situazione individuale dello
stato funzionale;
- di didattiche specifiche volte alla modifica dei comportamenti; - di un
nuovo senso di responsabilità nei confronti della propria salute, capace di
tradursi in stili di vita appropriati.
L'esigenza di una vera educazione alla salute rende necessario un radicale
cambiamento della relazione tra operatori socio-sanitari e cittadini, al
fine di consentire la partecipazione del paziente al processo decisionale
che lo riguarda.
La presenza del paziente in tale processo non è solo uno dei momenti più
qualificanti della "umanizzazione della medicina e dell'assistenza" ma
serve a bilanciare la tendenza degli attuali operatori a far coincidere
arbitrariamente la quantità degli interventi con la qualità degli stessi
(interventismo medico, iperprescrizione di farmaci e di accertamenti
diagnostici, situazione di accanimento terapeutico).
Una corretta educazione sanitaria agisce positivamente sui costi delle
politiche sociali non solo a livello della prevenzione dei danni, ma anche
in quanto contribuisce a contenere gli interventi non necessari, riduce i
danni iatrogeni, controlla che venga costantemente mantenuto l'orientamento
alla qualità della cura.
2.4.2 La Riabilitazione
Da troppo tempo gli esercizi di pianificazione sanitaria del nostro paese
denunciano la posizione ancillare dei momenti della prevenzione e della
riabilitazione rispetto alla preponderanza del momento della cura e della
terapia.
Tale denuncia però non è ancora riuscita a riequilibrare efficacemente il
sistema d'offerta e a garantire il necessario sviluppo della riabilitazione
sociale e della medicina riabilitativa.
Appare evidente che, sul mancato sviluppo della riabilitazione, ha giocato
una sua concezione ora riduttiva ora impropriamente estensiva, per cui, a
seconda del momento, è stata confinata negli stretti ambiti di qualche
specialità medica od impropriamente estesa ad una molteplicità delle
stesse; oppure, ancora, assunta come fase dell'intervento solo successiva
alla cura e non, più propriamente, anche come fase preventiva della
disabilità, quindi della cura, in tal modo sanitarizzando interventi
assistenziali o desanitarizzando, quando non deospedalizzando, interventi
sanitari e/o ospedalieri.
La medicina riabilitativa è l'insieme degli interventi senza i quali,
individui in compromesse condizioni di salute e comunque con disabilità di
vario grado, rischierebbero un tardivo ed incompleto recupero funzionale se
non la perdita irreversibile delle funzioni compromesse.
In altri termini è l'insieme dei provvedimenti che evitano l'aggravamento
della limitazione funzionale (complicanze non obbligate della patologia
primaria; e consentono un recupero - anche parziale - della funzione
compromessa, sia mediante la ripresa delle capacità individuali, sia a
seguito dell'acquisizione di nuove competenze da parte del paziente, sia
per mezzo di interventi o strumenti sostitutivi o ausiliari.
La medicina riabilitativa mira pertanto a prevenire, ridurre o compensare
la disabilità.
Ma nei confronti della disabilità l'ambiente sociale, culturale, fisico,
costruiscono continuamente barriere che, se non contrastate ed abolite,
trasformano la disabilità in svantaggio sociale creando, colpevolmente, il
portatore di handicap.
La medicina riabilitativa trova ii suo complemento necessario nella
cosiddetta riabilitazione sociale, il cui obiettivo è l'eliminazione delle
barriere fisiche, psichiche, culturali e sociali che ostacolano, quando non
impediscono, il pieno recupero e l'integrazione sociale del paziente,
tramutando la disabilità in handicap.
Appare evidente che negli stessi suoi presupposti disciplinari la
riabilitazione è indefinibile al di fuori dell'integrazione socio-
sanitaria.
Le attività di riabilitazione possono uscire dalla marginalità subordinata
nella quale sono state relegate solo assumendo l'orizzonte più generale
dell'integrazione socio-sanitaria.
Ma questa precondizione da sola non consentirebbe lo sviluppo della
medicina riabilitativa e della riabilitazione sociale, non sarebbe
sufficiente a garantire la crescita di queste componenti della tutela della
salute che sono importanti per il complesso della popolazione, ma che nella
terza età diventano i fattori essenziali e spesso esclusivi della difesa
dell'autosufficienza, degli interventi di recupero e rieducazione
funzionale, delle possibilità di reinserimento sociale.
Occorre pertanto che il superamento dei settorialismi si accompagni e
coincida con una concezione globale ed organica della medicina
riabilitativa ed una conduzione conseguente di tutte le attività ad essa
correlate.
Lo schema che segue visualizza sinteticamente tale quadro organico e rende
evidenti le corrispondenze obbligate e gli incroci necessari delle
variabili caratteristiche della riabilitazione:
i suoi principi, ambiti, livelli;
le sue fasi, durate, modalità di conduzione;
le sue unità e presidi propri di riferimento.
3 LE COERENZE CON IL QUADRO Dl RIFERIMENTO PROGRAMMATORIO E NORMATIVO
3.1 Il livello nazionale:
3.1.1 Coerenze con la riforma delle autonomie locali e riordino della disciplina in materia sanitaria
3.1.2. Coerenze con il Piano Sanitario Nazionale ed il relativo Progetto Obiettivo Tutela della salute degli Anziani
3.2 ll livello regionale:
3.2.1 Programmazione socio-assistenziale nell'area degli anziani.
3.1 IL LIVELLO NAZIONALE
3.1.1 COERENZE CON LA RIFORMA DELLE AUTONOMIE LOCALI E RIORDINO DELLA
DISCIPLINA IN MATERIA SANITARIA.
Il Progetto Obiettivo Anziani tiene conto del processo di riforma
contestuale delle autonomie locali (L. 142/90) e della Sanità (D. Lgs.
502/92 modificato con D. Lgs. 517/93, di seguito denominati Decreti di
riordino del Servizio Sanitario Nazionale).
In coerenza con il quadro programmatorio e normativo nazionale e regionale,
il P.O. Anziani della Regione Lombardia vuole essere uno strumento
programmatico teso a migliorare concretamente l'estensione e la qualità
dell'assistenza agli anziani.
Il riordino della disciplina in materia Sanitaria avviato dai Decreti di
riordino ha coinciso con la regionalizzazione e l'aziendalizzazione del
Servizio Sanitario Nazionale che ha comportato, tra l'altro, la
trasformazione della U.S.S.L. da struttura tecnico-operativa
dell'associazione dei comuni in Azienda, dotata di Personalità giuridica
pubblica, di piena autonomia, monocraticamente diretta da un direttore
generale, erogatrice/venditrice di servizi e prestazioni sanitarie proprie.
Inoltre il riordino della disciplina in materia socio-assistenziale di
rilievo sanitario e socio-assistenziale avviatosi in Regione Lombardia con
la L.C.R. 0223/95 "Norme per il riordino del Servizio Socio-Sanitario
Regionale" privilegia il livello di gestione delle materie su indicate in
capo alle Aziende U.S.S.L. con modalità di organizzazione e forme di
relazione con gli Enti gestori dei servizi propri della normativa
regionale.
L'attuazione delle politiche socio-sanitarie in generale, e di quelle per
la tutela della salute degli anziani in particolare, rende necessario
raccordare le azioni dell'Azienda U.S.S.L. con quelle del comune nella fase
programmatoria, di realizzazione delle opere necessarie, di gestione dei
servizi socio-sanitari.
3.1.2 COERENZE CON IL PIANO SANITARIO NAZIONALE ED IL RELATIVO PROGETTO
OBIETTIVO TUTELA DELLA SALUTE DEGLI ANZIANI.
Il Piano Sanitario Nazionale, approvato e promulgato con D.P.R. 1 marzo
1994 ed i Decreti di riordino, approvati e promulgati con D. Lgs. 502/92,
modificato con D. Lgs. 517/93, rappresentano, in correlazione con la Legge
142/90, le fondamenta portanti del nuovo assetto del Sistema socio-
sanitario regionale.
L'ambito normativo entro il quale si colloca il Piano Sanitario Nazionale è
definito dai Decreti di riordino del Servizio Sanitario Nazionale, i quali
dettano un modello organico di programmazione sanitaria caratterizzato dai
seguenti elementi:
riferimento dell'attività programmatoria agli obiettivi di tutela della salute individuati a livello internazionale;
esplicitazione dei vincoli costituiti dagli obiettivi della programmazione socio-economica nazionale e dalla entità del finanziamento assicurato al Servizio Sanitario Nazionale;
definizione precisa delle competenze centrali e regionali in materia di programmazione sanitaria.
Le competenze programmatorie attribuite allo Stato, che si estrinsecano nel Piano Sanitario Nazionale, sono orientate a definire:
gli obiettivi strategici del Servizio Sanitario Nazionale, il cui perseguimento garantisce, da un lato, la coerenza tra le linee di indirizzo della programmazione sanitaria nazionale e gli orientamenti programmatori internazionali e, dall'altro, la capacità di rispondere alle modificazioni del quadro epidemiologico;
i livelli uniformi di assistenza sanitaria, che rappresentano il contenuto ordinario delle attività esercitate dal Servizio Sanitario Nazionale, in quanto esplicitano l'insieme delle prestazioni alle quali il Servizio stesso garantisce uguali opportunità di accesso per i cittadini;
un sistema di verifica del conseguimento degli obiettivi definiti e della congruità delle risorse consumate rispetto alle attività erogate.
Le Regioni, conseguentemente, definiscono:
i modelli organizzativi dei servizi sanitari, tenendo conto della specifica tipologia della domanda presente nel territorio e delle modalità per migliorare l'accessibilità ai servizi da parte dei cittadini;
i criteri per la distribuzione delle risorse tra le singole aziende, tenendo conto delle priorità definite in sede di programmazione sanitaria nazionale e regionale, delle necessità di riequilibrio territoriale, nonché della esigenza gestionale delle aziende stesse e del sistema nel suo complesso;
le modalità per l'attuazione dei controlli sui livelli di efficacia e di efficienza conseguiti dalle singole aziende e dall'intero sistema regionale.
Le Regioni autonomamente definiscono:
i livelli di assistenza per le prestazioni socio-assistenziali a rilievo sanitario di cui al D.P.C.M. 8.8.85 e socio-assistenziali in collaborazione con gli Enti Locali titolari della competenza primaria.
Il presente Progetto Obiettivo Anziani della Regione Lombardia è definito
in coerenza con gli esercizi pianificatori nazionali, più specificatamente
con i loro successivi momenti attuativi:
Piano Sanitario Nazionale (atto d'intesa tra Stato e Regioni, approvato il 25.11.1993)
Progetto obiettivo nazionale: "Tutela della salute degli Anziani" (Risoluzioni approvate il 30 gennaio 1992 - a stralcio del Piano Sanitario Nazionale - dalle Commissioni: Affari Sociali della Camera, Igiene e Sanità del Senato)
Monitoraggio del Progetto Obiettivo Anziani ("Scheda di rilevazione sulla realizzazione del Progetto Obiettivo" - "Relazione sullo stato di attuazione del Progetto Obiettivo al 31.12.1993)
Linee Guida sulle residenze sanitarie assistenziali (Ministero della Sanità/SCPS 31 marzo 1994)
Linee Guida sugli Istituti e Centri per il recupero e la riabilitazione funzionale (Ministero della Sanità/SCPS 30 aprile 1994)
Linee Guida relative al Progetto Obiettivo Anziani (Ministero della Sanità/SCPS 7 agosto 1992)
D.P.C.M. 8 agosto 1985 ("Atto di indirizzo e coordinamento in materia di attività a rilievo sanitario con quelle socio-assistenziali")
Con l'emanazione del D.P.R. 1 marzo 1994 "Approvazione del Piano Sanitario
Nazionale per il triennio 1994-1996", sono stabiliti, in conformità con
quanto previsto dall'art. 1, comma 1, dei Decreti di riordino del Servizio
Sanitario Nazionale, i livelli di assistenza da assicurare in condizioni di
uniformità su tutto il territorio nazionale.
la definizione di tali livelli - intesi come l'insieme delle attività e delle prestazioni sanitarie che debbono essere erogate dal S.S.N. - è materia che risente più di altre della transizione da un sistema centralistico ad uno a responsabilità condivise tra Stato e Regioni.
Da un lato, infatti, appare marcata la finalità di garantire ai cittadini
uguali opportunità di accesso e assicurare il soddisfacimento di una soglia
minima di domanda di prestazioni sanitarie. Per altro verso, la indicazione
dei livelli si cala in contesti regionali molto diversi per cultura,
caratteristiche socio-economiche, dotazioni strutturali, competenze
tecnico-scientifiche, capacità gestionali nel settore sanitario.
D'altra parte le stesse Regioni sono inoltre titolate ad integrare con
proprie risorse aggiuntive i livelli, definendo i modelli organizzativi
mediante i quali la domanda di prestazioni può essere soddisfatta.
Spetta alla funzione programmatoria regionale definire le modalità
organizzative per il perseguimento degli obiettivi secondo l'ordine di
priorità definito dal Piano Sanitario Nazionale ed, in funzione delle
specifiche esigenze del territorio, distribuire le risorse in relazione
alle modalità organizzative adottate.
In tale contesto trova ridefinizione la disciplina per gli interventi
socio-assistenziali di rilievo sanitario, i cui oneri finanziari gravano,
in tutto o in parte, sul Fondo Sanitario Regionale, di cui al D.P.C.M.
8.8.1985.
In particolare l'assistenza socio-sanitaria dell'anziano trova riferimento
specifico:
nel macro-livello 3 "Assistenza specialistica semi-residenziale e territoriale", ed in particolare, nel livello analitico 3.2.4. "erogazione delle prestazioni di cui all'art. 26 della L. 833/78 in regime ambulatoriale e semi-residenziale anche in favore di anziani";
nel macro-livello 5 "Assistenza residenziale sanitaria a non autosufficienti e lungodegenti stabilizzati".
3.2.IL LIVELLO REGIONALE
3.2.1 PROGRAMMAZIONE SOCIO ASSISTENZIALE NELL'AREA DEGLI ANZIANI Il Piano Socio Assistenziale vigente è stato approvato con D.C.R n. 871 del 23.12.1987.
Alla fine del suo triennio di validità [88/90] esso e stato prorogato con cinque successivi provvedimenti:
la prima volta, con la D.C.R n. 122 del 12.2.1991, la sua validità e stata protratta fino al giugno 1992;
la seconda volta, con la D.C.R n. 535 del 25.6.1992, la scadenza veniva prorogata al giugno 1993;
la terza volta, con la D.C.R. n. 997 del 15.12.1993, la scadenza veniva prorogata al 30.06.1994;
la quarta volta, con la
la quinta volta con D.C.R. n. V/1425 del 07.03.1995.
Nello specifico dell'assistenza agli anziani, la legge di riordino 1/86 ed il relativo primo piano socio assistenziale, hanno avviato cinque processi estremamente importanti:
- la standardizzazione gestionale e strutturale delle unità di offerta;
- il rilascio delle autorizzazioni al funzionamento, delegato alle
provincie;
- l'esercizio delle attività di vigilanza attribuito alle U.S.S.L.;
- la fissazione di indici di fabbisogno e di indici di piano;
- il sostegno alla riqualificazione strutturale e gestionale delle
residenze.
A) La definizione degli standard.
Un punto qualificante (ed originale nel contesto della manovra
programmatoria dei pochi piani socio assistenziali del nostro paese) è
stata la definizione degli standard gestionali e strutturali delle unità di
offerta residenziali e territoriali.
Gli standard nel primo P.S.A risultavano diversificati e graduati nel tempo
in modo da poter scandire ii progressivo avvicinamento alla situazione a
regime, assunta come obiettivo di piano.
Tale processo graduale partiva dalla fase iniziale di possesso dello
standard di autorizzazione al funzionamento, passava per la fase intermedia
di possesso dello standard di idoneità al convenzionamento, si concludeva
con la fase finale di raggiungimento dello standard programmatorio.
Degli standard venivano inoltre fissati i valori all'inizio ed alla fine
del triennio di validità del P.S.A..
La standardizzazione sopra richiamata ha consentito la classificazione
univoca dei presidi del sistema socio-assistenziale, socio-assistenziale di
rilievo sanitario, nonché la loro articolazione in classi e tipologie.
Standardizzazione graduata e classificazione univoca hanno reso infine
possibile un processo di allocazione delle risorse in partite correnti del
Fondo Sanitario Regionale che realizzava gli obiettivi del P.S.A., in
quanto faceva dipendere l'entità dei contributi riconosciuti ad ogni
singolo gestore dalla distanza misurata ogni anno a consuntivo tra standard
prescritti e standard posseduti.
Anche per effetto di tale meccanismo di incentivazione, è sul terreno della
riqualificazione rispetto agli standard gestionali delle residenze che sono
stati raggiunti i più significativi successi della manovra di piano.
A ciò ha contribuito non soltanto il meccanismo incentivante, ma anche, e
soprattutto, la quantità di risorse finanziarie con le quali la Regione
Lombardia ha sostenuto gli oneri gestionali nelle strutture protette e
nelle case di riposo.
4 LA PROGRAMMAZIONE REGIONALE PER IL TRIENNIO 1995/1997
4.1 Un sistema a rete
4.2 Il modello a rete dell'assistenza agli anziani.
4.2.1 L'Unità di Valutazione Geriatrica
4.2.2 i servizi domiciliari
4.2.3 i servizi territoriali
4.2.4 i servizi residenziali
4.2.5 le residenze sanitarie
4.3 Obiettivi per il triennio 1995/97
4.3.1 obiettivi specifici nell'area della prevenzione
4.3.2 obiettivi specifici nell'area dei servizi alternativi al ricovero
4.3.3 Piano Alzheimer
4.3.4 ridefinizione della rete delle R.S.A.
4.3.5 le residenze assistenziali
4.4 Indici di fabbisogno assunti ed indici di dotazione corrispondenti. 4.5 Standard gestionali e strutturali.
4.5.1 la definizione degli standard
4.5.2 Le autorizzazioni al funzionamento
4.6 L'adozione del regime convenzionale nelle R.S.A..
4.6.1 schema tipo di convenzione tra USSL e Enti gestori pubblici o privati
4.1 UN SISTEMA A RETE
E' ormai acquisizione comune che sia necessario affrontare i problemi socio-sanitari nell'ambiente di vita delle persone in difficoltà, in modo che, il sistema delle cure si configuri come ampia rete di sostegno in un insieme di aiuti formali ed informali aventi la caratteristica di una comunità di appoggio.
Le ricerche sociologiche hanno evidenziato che la salute psico-fisico- sociale è positivamente correlata alla densità, alla significatività ed alla funzionalità delle reti informali in cui le persone vivono. L'insieme dei servizi formali e informali deve essere pertanto concepito come "community care" e quest'ultima deve essere pensata e praticata come linea o criterio direttivo di politica sociale considerata non un risultato spontaneo, ma un oggetto di precise politiche sociali, sanitarie, formative e di sostegno:
- privilegiare lo sviluppo di servizi domiciliari e di servizi diurni e di appoggio che consentano alle persone di vivere nelle loro famiglie;
- elevare la qualità degli interventi mediante un'appropriata valutazione
dei bisogni ed una migliore competenza per la "gestione del caso";
- promuovere lo sviluppo del privato sociale accanto a servizi pubblici e
garantire la qualità complessiva degli interventi.
Implicazioni operative
Se la politica socio-sanitaria deve essere intesa come politica della
comunità locale, l'attività di programmazione deve mutare ed orientarsi ad
emancipare una "caring society". Deve pertanto agire da "ordinatore
generale" evitando di individuare come gestore esclusivo del servizio
l'ente pubblico ritenendolo il depositario di una risposta globale.
Infatti il ruolo del privato sociale non può essere pensato come residuale
o puramente integrativo, ma come scelta strategica preventiva del bisogno.
La soluzione dei problemi delle persone svantaggiate richiederà una visione
sempre meno dipendente dallo Stato, meno burocratica, in grado di elaborare
ed organizzare un sistema di collaborazione fra reti formali ed informali
orientato alla persona e dimensionato alla sua situazione familiare.
4.2 IL MODELLO A RETE DELL'ASSISTENZA AGLI ANZIANI
In un "sistema a rete" l'organizzazione dei servizi socio-sanitari per la
terza e quarta età deve prevedere:
l'integrazione tra sociale e sanitario;
la valutazione scientifica e multidimensionale (condotta dalle U.V.G.) del bisogno assistenziale quale criterio esclusivo di governo degli accessi di un anziano al sistema dei servizi e di governo della mobilità tra le diverse unità della rete;
la complessità e la compresenza delle diverse possibili risposte ai bisogni degli anziani: i servizi domiciliari, i servizi territoriali, i servizi residenziali.
Pur definendo in modo organico ed esaustivo l'insieme dei servizi necessari alla popolazione anziana, nel modello a rete viene necessariamente rispettata una gerarchia d'intervento che privilegia la risposta ai bisogni delle componenti più fragili e più a rischio.
Conseguentemente è stata assunta come prioritaria l'assistenza continuativa rivolta agli anziani totalmente o parzialmente non autosufficienti, con pluripatologie ad alto rischio di perdita dell'autosufficienza ed in età avanzata (ultra 75enni).
L'assetto organizzativo del modello a rete, considerato riferimento e vincolo per le organizzazioni dei servizi previsti dal P.O.A., asseconda la complessità dell'approccio derivante dall'interdisciplinarietà degli interventi diretti a contrastare i fattori che possono colpire l'anziano, condizionandone in modo e grado diverso l'autonomia.
Potendo derivare la non autosufficienza da problemi di varia natura: fisica, psichica, socio-economica e ambientale, il modello assistenziale non può prescindere da interventi tesi a garantire, al tempo stesso, la specificità e la globalità degli interventi, l'integrazione socio- sanitaria, l'integrazione delle competenze e dei diversi livelli di assistenza, la continuità dell'assistenza.
4.2.1 L'unità di valutazione geriatrica.
Il progetto-obiettivo individua nell'Unità di Valutazione Geriatrica (U.V.G.) lo strumento per la valutazione globale del singolo caso e la definizione del programma preventivo, curativo e riabilitativo diretto a garantire la continuità terapeutica ed assistenziale necessaria all'anziano non autosufficiente.
In questo senso le U.V.G. non costituiscono uno strumento esclusivamente valutativo, ma uno strumento operativo di decisione e di monitoraggio dei piani di intervento.
Appare fondamentale nell'attuale fase istitutiva delle U.V.G. assumere e mantenere un rigoroso approccio funzionalistico che faccia discendere: le modalità organizzative, la composizione, la localizzazione dell'U.V.G. dai fini di cui è strumento e dalle funzioni che deve assolvere.
Fonte di legittimazione dell'esistenza dell'U.V.G. è la sua capacita di
saper condurre una valutazione multidimensionale (V.M.D.) della condizione
anziana.
Tratto distintivo dell'U.V.G. è la peculiarità della sua metodologia che
affianca al tradizionale metodo clinico gli strumenti scientifici della
V.M.D.
Il possesso del know-how necessario alla V.M.D costituisce requisito
irrinunciabile per la attivazione di queste unità, perchè solo questa
capacità consente l'assolvimento della funzione assegnata alla U.V.G.
all'interno del modello a rete dei servizi:
identificazione e soluzione dei bisogni dell'anziano con problematiche sanitarie o socio-assistenziali o socio-assistenziali di rilievo sanitario . Selezionare, secondo criteri precisi di V.M.D., gli anziani che hanno bisogno di assistenza continuativa; decidere, in base alle esigenze, i piani di intervento conseguenti, gli accessi alle opzioni più opportune fra ospedalizzazione domiciliare, ADI, SAD, day-hospital geriatrico o riabilitativo, Centri Diurni Integrati, Centri Diurni, I.D.R., R.S.A.;
governare, monitorando opportunamente i piani di intervento, la mobilità all'interno della rete dei servizi, disponendo i trasferimenti necessari ed opportuni con l'esplicito assenso degli interessati;
migliorare la diagnosi e la terapia;
mantenere ed incrementare lo stato funzionale con particolare riguardo alle situazioni di confine;
assicurare e scambiare consulenza con le divisioni ospedaliere per problemi rilevanti concernenti anziani ricoverati.
Coerentemente e conseguentemente alla funzione assegnata all'U.V.G. devono essere affrontati e risolti i problemi dell'organizzazione, della composizione e della localizzazione dell'U.V.G.:
è costituita attraverso un accordo tra l'Azienda U.S.S.L. ed i comuni del territorio anche ai fini di cui all'art. 61 della L.R. 1/86; il Direttore Sociale della Azienda U.S.S.L. individua il componente della U.V.G. incaricato di svolgere funzioni di coordinamento della stessa.
l'Unità di Valutazione Geriatrica è un'équipe multidisciplinare: composta da personale sanitario e psicosociale che sia in grado di affrontare tutti i problemi valutativi, terapeutico-riabilitativi, socio- assistenziali dell'anziano utente;
il numero di U.V.G. istituite in ognuna delle 44 U.S.S.L. lombarde risponde alle esigenze di garantire di norma la disponibilità alla scala distrettuale;
i criteri di individuazione dei chiamati a comporre l'équipe multidisciplinari U.V.G. derivano essenzialmente dalla loro capacità di assolvere la funzione assegnata (possesso delle tecniche di V.M.D.) e dall'opportunità che l'U.V.G. risulti non solo "rappresentativa" sul versante valutativo ma anche sul versante del trattamento cooptando opportunamente personale (medico, tecnico, infermieristico, sociale) proveniente dalle unità di offerta (R.S.A., C.D. ecc.).
Le modalità di partecipazione alle valutazioni dei singoli casi da parte dei gestori dei servizi offerti sul territorio (interessati dagli specifici piani di intervento alla valutazione ed alla programmazione dei singoli casi) saranno definite nelle Linee Guida attuative del presente P.O.A.;
La localizzazione delle U.V.G. risponde anch'essa a criteri di funzionalità. L'équipe deve operare in strutture dotate di autonomia funzionale per poter garantire l'intensità di trattamento e la continuità dell'assistenza.
La sede dell'U.V.G. deve essere collocata in luoghi che massimizzino l'accessibilità degli utenti anziani e la necessaria integrazione con gli altri servizi offerti nella U.S S.L. (l'autonomia funzionale non deve coincidere con la separatezza).
E' considerato prioritario l'obiettivo di istituire l'U.V.G. in tutte le Aziende U.S.S.L. entro la fine del 1995.
I Consultori Geriatrici già istituiti presenti nel territorio del Comune di Milano, al fine di una migliore individuazione del servizio offerto, potranno svolgere la funzione di U.V.G..
In una fase di transizione, ed ai fini di una corretta trasformazione, è necessario riconoscere ed attribuire ai consultori geriatrici già operanti sul territorio le funzioni dell'U.V.G..
Anche al fine di consentire al personale dell'U.V.G. di operare sulla base di una metodologia corretta e uniforme su tutto il territorio regionale, si provvederà, già a partire dal corrente esercizio, al finanziamento di specifici corsi di formazione professionale tramite il ricorso agli stanziamenti appostati nel Bilancio Regionale.
4.2.2 Servizi Domiciliari
Le cure domiciliari (S.A.D.; A.D.I.; S.D.)
Costituiscono la modalità privilegiata ed ottimale dell'assistenza socio- sanitaria degli anziani e ad esse è opportuno ricorrere ogni volta che se ne diano le condizioni e per tutto il tempo possibile.
Le diverse modalità organizzative con le quali si assicurano agli anziani cure erogate a domicilio si distinguono in base alla diversa e necessaria intensità degli interventi sanitari, socio-assistenziali e socio- assistenziali di rilievo sanitario, quindi dei relativi operatori. I diversi moduli organizzativi delle cure domiciliati si dispongono nel modo seguente lungo la direttrice: bassa intensità - alta intensità di presenza sanitaria.
Servizio Assistenza Domiciliare (S.A.D.)
Accessi domiciliari programmati del medico di fiducia
Assistenza Domiciliare Integrata (A.D.I.)
Spedalizzazione Domiciliare (S.D.)
Alle diverse intensità delle presenze sanitarie (medici, medici specialisti, infermieri, terapisti della riabilitazione) risultano correlate:
le caratteristiche delle utenze proprie dei diversi moduli (dall'anziano a rischio di perdita dell'autosufficienza del SAD, all'anziano non autosufficiente bisognoso di assistenza continuativa dell'A.D.I., all'anziano ammalato al quale garantire a domicilio la tutela sanitaria erogata in una divisione di medicina generale attraverso la SD);
i tassi di fruizione possibili per ciascun modulo. (Quote anche elevate di anziani possono fruire del SAD, mentre la SD risulta circoscritta a casistiche e condizioni domiciliari necessariamente selezionate limitate).
Anche al fine di prevedere l'integrazione di servizi di natura domiciliare con la rete delle unità d'offerta residenziali e territoriali gli Enti Pubblici competenti potranno prevedere il convenzionamento per la gestione dei servizi domiciliari con le unità d'offerta presenti sul territorio.
Attivazione dei servizi di Assistenza Domiciliare Integrata (A.D.I.).
Baricentro innovativo delle cure domiciliari è l'Assistenza Domiciliare
Integrata: sistema integrato di interventi domiciliari in favore di
soggetti aventi necessità di un'assistenza socio-sanitaria continuativa,
così da consentire agli stessi di rimanere il più possibile nel proprio
ambito di vita e di relazione.
Si ritiene adeguato istituire il Servizio ADI entro la fine del triennio in
ogni Distretto socio-sanitario ed allo stesso concorrono le Aziende
U.S.S.L. ed i Comuni, garantendo secondo competenza gli interventi
sanitari, socio-assistenziali e socio-assistenziali di rilievo sanitario
sulla base di programmi concordati.
In particolare, l'A.D.I. garantisce, in relazione ai bisogni dell'utente,
un insieme di prestazioni mediche, infermieristiche, riabilitative, socio-
assistenziali, rese a domicilio, nel rispetto di standard minimi di
prestazione, in forma integrata e secondo piani individuali programmati.
Sono destinatari del servizio di A.D.I. quei soggetti che manifestano
esigenze e stati di bisogno multipli che per gravità e per impegno
assistenziale richiesto non abbisognano di trattamenti e soluzioni a
livello residenziale, quali il ricovero ospedaliero, in R.S.A., o in day-
hospital o anche a livello domiciliare quale l'ospedalizzazione a
domicilio.
Tra i criteri preferenziali per la presa in carico dell'utenza non
autosufficiente o parzialmente non autosufficiente, particolare attenzione
va posta alle persone dimesse o dimissibili dalle strutture ospedaliere
agli anziani terminali ed alle persone a rischio di ricovero.
Il servizio di A.D.I. deve rispondere alle esigenze di anziani aventi
necessità sanitarie di assistenza continuativa; poiché lo stato di bisogno
può essere anche di tipo sociale, a livello del modello organizzativo
complessivo vanno ricercate le opportune intese con i S.A.D. gestiti dai
Comuni, onde evitare che vengano attivate sullo stesso territorio due
sovrapposte reti di servizio. A seguito di sperimentazioni A.D.I. condotte
nel triennio 1992/94, anche al fine di raccordarle con i servizi S.A.D.,
verranno successivamente definite le linee di indirizzo.
Le figure professionali che compongono il servizio A.D.I. per gli
interventi socio-sanitari a favore degli anziani sono: per la componente
sanitaria il medico di medicina generale e l'infermiere professionale, per
la componente socio-assistenziale l'assistente sociale e l'ausiliario
socio-assistenziale.
A questo nucleo di persone, in base alle necessità, si possono aggiungere
il terapista della riabilitazione, il medico specialista, lo psicologo.
Il coordinamento degli interventi può essere realizzato da una figura che
avrà anche il compito di mantenere i collegamenti con gli altri servizi
socio-sanitari territoriali e residenziali (soprattutto al fine di una
uniformità dei sistemi di valutazione, ecc.).
I principali interventi di carattere sanitario riguardano:
assistenza medica (erogata dal medico di base) sia ambulatoriale che domiciliare;
assistenza infermieristica (per somministrazioni terapeutiche, medicazioni, rilevazioni parametri vitali, prelievi di materiali per esami, ecc.);
prestazioni medico-specialistiche;
interventi di riabilitazione e di recupero funzionale.
I principali interventi di carattere sociale riguardano:
consulenza e sostegno sociale;
cura diretta alla persona per lo svolgimento delle attività quotidiane;
somministrazione pasti, prestazioni di lavanderia, stireria, ecc.;
proposte di sostegno economico;
sostegno psicologico per le persone e per le famiglie.
I piani di ADI in atto a favore degli anziani non autosufficienti debbono
sempre meglio individuare gli elementi indispensabili al loro corretto
funzionamento, affrontando preliminarmente il problema dell'integrazione
dell'A.D.I. con gli altri servizi geriatrici.
L'A.D.I., infatti, è solo uno dei possibili servizi di risposta ai bisogni
dell'anziano: essa, in rapporto alle condizioni psico-fisiche del soggetto,
al tipo di dipendenza ed all'entità dei supporto familiare, risulterà di
elezione in molti casi, ma sarà impraticabile in altri.
Per il buon fine della sperimentazione dell'A.D.I. in itinere per gli
interventi nell'area degli anziani, debbono assicurarsi:
una effettiva integrazione tra i servizi sanitari, socio-assistenziali e socio-assistenziali di rilievo sanitario, avvalendosi allo scopo degli strumenti previsti dagli artt. 24 e 27 della Legge 142/90, così come previsto dalla L.C.R. 0223/95 "Norme per il riordino del servizio Socio- Sanitario Regionale".
In questo modo si potrebbe garantire un'erogazione integrata di prestazioni di tipo sanitario e di tipo sociale, evitando interventi parziali;
l'uso di strumenti di valutazione multidimensionale della non autosufficienza, attraverso i quali l'U.V.G. garantisce di:
- stabilire quali soggetti necessitano effettivamente di assistenza
continuativa da rendere al domicilio;
- verificare il fabbisogno assistenziale del singolo in modo da ottimizzare
il piano individualizzato di assistenza;
la pre-individuazione delle dimensioni dell'utenza potenziale e dell'utenza assistibile dell'A.D.I. La scarsità delle risorse obbliga a questo indispensabile momento di programmazione delle attività. Le diverse condizioni di assistenza continuativa debbono essere valutate non solo soggettivamente ma anche globalmente. Ciò consente di predefinire gerarchie di bisogni alle quali subordinare la scelta degli interventi attivabili.
In una visione programmatorio che sottolinea la presenza della rete formale
ed informale è da rilevare il ruolo ed il valore sociale del "lavoro
familiare". Esso si sostanzia principalmente, per quanto riguarda l'area
anziani, in assistenza domiciliare per la cura delle persone anziane
presenti nella famiglia.
Anche in riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale (gennaio
1995), si definiranno forme di supporto e riconoscimento del valore
sociale-economico di questo fondamentale ed insostituibile sostegno ai
bisogni dell'anziano. Ciò potrà essere realizzato anche attraverso un
servizio SAD che ridefinisca la sua organizzazione comprendendo le reti
informali.
4.2.3 Servizi Territoriali
IL CENTRO DIURNO INTEGRATO E IL CENTRO DIURNO
Il Centro Diurno (C.D.) e il Centro Diurno Integrato (C.D.I.) si
qualificano come servizi che operano in regime diurno in grado di fornire
un reale supporto a situazioni precarie in alternativa al ricovero a tempo
pieno.
La differenziazione tra C.D.I. e C.D. è data dalla erogazione o meno di
prestazioni a rilievo sanitario presso la struttura.
Essi offrono un supporto alle attività di Assistenza Domiciliare; al tempo
stesso, se localizzati presso una struttura residenziale, possono
rappresentare una modalità di apertura all'esterno e di integrazione col
territorio.
Utenti dei Centri Diurni possono essere persone a vario livello di
dipendenza, dal soggetto autosufficiente con problematiche di ordine
prevalentemente sociale e psicologico alla persona del tutto dipendente il
cui nucleo familiare necessita di periodi di sollievo.
I Centri offrono agli utenti una serie di interventi prevalentemente di
natura socio-assistenziale (assistenza diretta nelle attività quotidiane,
di sostegno psicologico, di animazione e di socializzazione) ed interventi
sanitari complementari (infermieristici, medico-geriatrici, riabilitativi).
Centro Diurno Integrato
Interventi socio-assistenziali
- aiuto nelle attività della vita quotidiana
- attivazione psichica, fisica e sociale
- supporti a nuclei in difficoltà
- erogazione servizi: segretariato sociale, mensa, lavanderia, bagni
assistiti, chiropodia, ecc.
Interventi sanitari di supporto
- assistenza infermieristica
- fisioterapia di mantenimento
- consulenza geriatrica
Centro Diurno
Interventi socio-assistenziali
- aiuto nelle attività della vita quotidiana
- attivazione psichica, fisica e sociale
- supporti a nuclei in difficoltà
- erogazione servizi; segretariato sociale, mensa, lavanderia, bagni
assistiti, ecc.
Fondamentale al buon funzionamento del Centro è un adeguato servizio di
trasporto, che garantisca quotidianamente l'accesso degli utenti.
Si confermano per il C.D. e per il C.D.I. i requisiti strutturali già
previsti dal vigente P.S.A. per il C.D..
Per il C.D.I., tuttavia, si indicano i seguenti standard che, considerata
la fase sperimentale, non sono da ritenersi vincolanti.
1. Requisiti Generali
Il Centro Diurno Integrato deve essere attivato preferibilmente all'interno
di Residenze Sanitarie Assistenziali al fine di utilizzare spazi e servizi
esistenti; in ogni caso si rimanda a tale tipologia per quanto attiene ai
requisiti generali della struttura, la sua localizzazione e accessibilità,
gli spazi di collegamento, gli impianti, gli elementi costruttivi, gli
arredi e attrezzature e gli eventuali spazi esterni.
2. Capacità Ricettiva
Si indica in 10 il numero minimo consigliato di utenti per attivare il
servizio.
3. Articolazione degli spazi
Il Centro Diurno Integrato è articolato sui seguenti spazi:
- locali polifunzionali
- sala da pranzo
- locali per il riposo
- palestra
- ambulatorio
- servizi igienici
a) Locali polifunzionali
Devono essere previsti uno o più locali, eventualmente intercomunicanti, da
destinare a soggiorno, attività di socializzazione e animazione con una
superficie minima procapite di mq. 1,5 per utente.
b) Sala da pranzo
Deve essere previsto un locale per il pranzo con superficie minima di mq.
1,5 per utente. Se il C.D.I. viene attivato all'interno di una residenza
sanitaria assistenziale può essere utilizzato un locale pranzo già
esistente, sempre nel rispetto della superficie minima procapite di mq. 1,5
per utente sia del Centro Diurno Integrato che della Residenza Sanitaria
Assistenziale.
c) Locali per il riposo
Deve essere previsto uno spazio dove gli utenti possano riposare. Tale
spazio può essere individuato o in un locale con tale e unica destinazione
(arredato ad es. con poltrone reclinabili) o in un locale polifunzionale
(arredato ad es. con lettini a scomparsa).
d/e) Palestra e ambulatorio
Devono essere previsti una palestra per la riabilitazione e un ambulatorio.
Tali spazi devono possedere le medesime caratteristiche di quelli previsti
per le Residenze Sanitarie Assistenziali e nel caso in cui il Centro Diurno
Integrato sia interno a una Residenza Sanitaria Assistenziale possono
essere coincidenti con quelli della R.S.A..
f) Servizi igienici
Deve essere previsto un blocco di servizi igienici comprendente almeno due
servizi igienici per utenti disabili con dimensioni minime di m. 1,80 x
1,80 e un locale per i bagni assistiti. Tale locale deve essere attrezzato
con una vasca da bagno isolata su tre lati, appoggiata cioè solo con una
delle testate corte alla parete, o in alternativa con box doccia per
disabili.
4. Standard gestionali programmatori |
Figura Professionale Rapporto Personale/utenti |
Responsabile |
Medico 6 ore la settimana |
Terapista riabilitazione 1/50 |
Infermiere 1/50 |
Ausiliario socio-assistenziale 1/10 |
Animatore 1/60 |
Con successivo provvedimento la Regione determinerà i contributi per gli
oneri gestionali dei C.D.I. in riferimento agli standard gestionali sopra
riportati.
4.2.4 Servizi Residenziali
Le residenze sanitario-assistenziali.
La R.S.A. rappresenta la collocazione residenziale dell'anziano non
autosufficiente quando non può essere più assistito a domicilio e non
presenta patologie acute o necessità riabilitative tali da richiedere il
ricovero in ospedale o in residenza sanitaria (I.D.R.).
La R.S.A. fa parte della rete dei servizi territoriali di primo livello e
rientra, nell'area dei servizi socio-assistenziali di rilievo sanitario di
cui agli artt. 1 e 6 del D.P.C.M. 8.8.85.
Per una sua corretta organizzazione gestionale è, infatti, indispensabile
che le attività che vi si svolgono siano adeguatamente integrate con il
complesso degli interventi sanitari e socio-assistenziali di competenza
delle Aziende U.S.S.L. e degli Enti Locali.
Con il presente Progetto Obiettivo viene individuato un unico standard
strutturale per tutte le residenze sanitario-assistenziali che il primo
P.S.A. aveva normato in maniera diversificata.
Ai fini del governo della, necessariamente non breve, fase di transizione
durante la quale la rete delle residenze adeguerà i suoi edifici allo
standard programmatorio, il P.O. Anziani definisce nel successivo paragrafo
i requisiti strutturali minimi che consentono alle residenze esistenti di
ottenere l'autorizzazione al funzionamento.
In modo analogo vengono definiti, per il triennio 95/97, gli standard
gestionali il cui possesso tutela e garantisce l'erogazione dell'assistenza
necessaria agli anziani ospiti delle R.S.A. La definizione dello standard
gestionale è strettamente collegata alla disponibilità primaria sul F.S.R.
per la copertura delle quote forfettarie per le prestazioni a rilievo
sanitario.
4.2.5 Le Residenze Sanitarie
Riabilitazione extra-ospedaliera ex art. 26 Legge 833/78
L'art. 26 della legge 833/78 prevede che le prestazioni sanitarie dirette
al recupero funzionale e sociale dei soggetti affetti da minorazioni
fisiche, psichiche o sensoriali - dipendenti da qualunque causa, siano
erogate direttamente dalle Aziende U.S.S.L. attraverso i propri servizi e
che, solo qualora ciò non sia possibile, le Aziende vi provvedano tramite
convenzioni con Istituti esistenti nella Regione e dotati dei requisiti
previsti dalla legge stessa.
Questa ultima modalità (con l'eccezione di soli tre presidi a gestione
diretta) è attualmente la norma nella Regione Lombardia, in quanto agli
Istituti di riabilitazione convenzionati è oggi affidata larga parte del
soddisfacimento delle prestazioni rivolte ai "soggetti affetti da
menomazioni fisiche, psichiche, sensoriali, dipendenti da qualunque causa".
La completa cessazione delle funzioni ospedaliere o la disattivazione di
ampie componenti volumetriche di presidi, a seguito dell'attuazione del
Piano di Riordino, lascia aperta la possibilità di un diretto intervento
gestionale da parte delle Aziende U.S.S.L. secondo le previsioni del citato
art. 26, con recupero e pressochè completa conservazione in esercizio di
strutture che altrimenti, ove non alienabili, sarebbero destinate al
degrado.
In alcuni casi, tale conversione soddisfa aspettative di specifico
servizio, in aree che ne sono attualmente sprovviste anche in termini
convenzionati.
In altre situazioni si realizzerà invece una concreta possibilità di
complementarietà rispetto al volume di attività ora svolta dal sistema
convenzionato.
Le attuali esigenze di residenzialità sanitaria assistita con finalità
riabilitative, risultano prevalentemente collocate in ambito geriatrico e
nel campo della disabilità psichica; su questi settori di intervento viene
concentrata la destinazione d'uso delle riconversioni dei presidi dismessi.
Tale opzione ribadisce la saldatura tra esigenze specifiche del Progetto
Obiettivo Anziani e modalità di conduzione del processo di riordino della
rete ospedaliera.
Se dall'orizzonte generale della riabilitazione, e di tutte le disabilità
ad essa riferibili, si passa allo specifico della riabilitazione in età
geriatrica (ed alle sue alte correlazioni tra esigenze di trattamenti
specifici e prolungati fino alla riabilitazione di mantenimento della
cronicità progressivamente invalidante) appare evidente come il luogo
privilegiato della riabilitazione geriatrica sia costituito dalla rete dei
presidi extra ospedalieri, ossia dagli I.D.R. ex art. 26 gestiti
direttamente, o convenzionati.
E' in tale sede che vanno condotte:
le riabilitazioni post acute intensive con durata media dei trattamenti di 20 giorni ed articolazione in riabilitazioni geriatriche specialistiche (cardiologica, oncologica, neurologica e pneumologica);
le riabilitazioni di reinserimento con durata media dei trattamenti di 60 giorni, alle quali riferire in modo privilegiato le patologie neurologiche (demenze, esiti di ictus, parkinson).
Altrettanto evidente appare il fatto che la rete di erogazione più opportuna della riabilitazione geriatrica di mantenimento (alla quale riferire pazienti che richiedano trattamenti prolungati di contrasto dell'ulteriore perdita di autosufficienza) è costituita dalle residenze sanitario assistenziali.
La Regione, nel triennio di validità del P.O.A., procederà alla riclassificazione delle strutture raccordando gli standard gestionali delle residenze sanitarie (I.D.R.) e sanitario assistenziali (R.S.A.) così da superare eventuali reciproche incoerenze con i relativi esiti per gli aspetti finanziari.
Al fine di migliorare l'intervento riabilitativo in fase intensiva post- acuta, la Regione - come proposto nel successivo cap. 5 - attiverà iniziative di formazione rivolte agli operatori sanitari presenti nelle strutture anche ai fini di una loro riconversione all'esercizio delle funzioni riabilitative.
4.3 OBIETTIVI PER IL TRIENNIO 95/97
Nel contesto generale del progetto obiettivo anziani, per il primo triennio di attuazione, si assumono i seguenti obiettivi specifici.
4.3.1 Obiettivi specifici nell'area della prevenzione.
a) Tutelare il diritto degli anziani a mantenere i propri interessi personali e culturali, a conservare le abilità acquisite nel tempo, esercitandole e/o orientandole nei limiti dell'interesse, della disponibilità e delle capacità. Come tale l'obiettivo investe l'intera popolazione anziana, indicando, per il complesso delle politiche sociali a favore dell'anziano, l'esigenza di salvaguardare e di promuoverne sempre tutte le dimensioni della persona, nel rispetto della sua soggettività, identità ed unità.
A tal fine da parte degli Enti Locali dovranno essere orientati e potenziati i servizi culturali, espressivi, ricreativi e sportivi di cui ogni comunità locale si è dotata. Dovrà essere favorita la disponibilità e la capacità dell'anziano di dar vita o di concorrere nelle gestione di servizi a favore della comunità stessa. Soprattutto deve trovare riconoscimento sociale la possibilità per l'anziano di continuare, sia pure in termini più flessibili, un'attività lavorativa consona alle attitudini, alle abilità acquisite, agli interessi presenti ed alle capacità.
Si citano, a titolo di esempio, le già note attività di sorveglianza (dei
parchi, dei musei, ecc.), la conduzione di piccoli appezzamenti di terreno,
ma anche attività integrative dei servizi di aiuto domiciliare in
collegamento con gli operatori S.A.D.
Nei presidi socio-sanitari deve essere prevista una mirata animazione, a
partire dagli interessi individuali e collettivi degli anziani, spaziando
su tutte le dimensioni della personalità ed utilizzando le risorse presenti
sul territorio.
Gli enti locali sono soggetti istituzionalmente referenti per la
progettazione delle singole attività e iniziative.
Il comparto socio-assistenziale regionale è chiamato in causa per gli
interventi di propria competenza e per le unità di offerta che
interagiscono nei progetti, e cioè per i Centri Diurni per anziani
autosufficienti nonchè i C.D.I. per anziani non autosufficienti.
Gli standard strutturali e gestionali di tali centri sono definiti al
precedente paragrafo 4.2.3.
E' opportuno qui sottolineare che i Centri Diurni realizzati a livello
locale dai singoli comuni o da altri enti, quali le case di riposo per
anziani, si caratterizzano per la presenza di spazi di aggregazione e di
autogestione unita spesso ad altre attività, quali l'assistenza
domiciliare, i bagni assistiti, alcune prestazioni riabilitative, ecc; è
obiettivo del comparto sociale promuoverne la diffusione a livello locale,
mediante il sostegno finanziario per la loro realizzazione.
b) tutelare il diritto degli anziani a rimanere nel proprio ambiente familiare e sociale.
La tutela di questo fondamentale diritto degli anziani trova risposta principalmente mediante l'attivazione di tre strumenti essenziali: potenziando la rete dei mini alloggi ottenibili con quote ricavate dagli insediamenti di edilizia residenziale pubblica, attuando la rete dei mini alloggi protetti ed infine attuando i servizi di assistenza domiciliare (S.A.D.), incluso il telesoccorso.
E' evidente che il primo punto è di competenza degli enti locali, il secondo ed il terzo devono invece vedere le attive compartecipazioni della Regione attraverso i suoi comparti sanitario e socio-assitenziale.
Mini alloggi protetti.
La Legge Regionale 1/86, all'articolo 74, precisa il compito degli enti
locali volto a promuovere, tra l'altro, la realizzazione di mini alloggi
per anziani bisognosi di vivere in ambiente protetto e collegato alla rete
degli altri servizi sanitari e socio-assistenziali esistenti sul
territorio.
La programmata costruzione di detti alloggi può avvenire in parte
nell'ambito della ristrutturazione dei centri storici, anche per consentire
continuità abitativa agli anziani ivi residenti, in parte attraverso
programmi che potranno essere realizzati da enti pubblici e privati, anche
collegati a strutture protette e case di riposo, in modo da garantire agli
utenti di tali alloggi tutti i servizi alberghieri, socio-assistenziali e
sanitari che le strutture già garantiscono ai propri utenti.
E' obiettivo della Regione promuoverne la diffusione anche attraverso il
sostegno finanziario per investimenti che il Progetto deve mobilitare.
Servizi di assistenza domiciliare per anziani e disabili.
Il presente Progetto assume lo sviluppo dei servizi domiciliari come punto
prioritario e qualificante del secondo triennio di piano, all'interno di
una rete più complessiva di servizi territoriali alternativi al ricovero.
Il potenziamento del servizio deve prevedere:
la prosecuzione del potenziamento dei servizi esistenti, già avviata con i progetti presentati dalle Aziende U.S.S.L. all'interno della programmazione delle risorse finanziarie;
c) garantirsi un buon livello di conoscenza della condizione anziana e delle sue modificazioni, attraverso il Sistema Informativo per il monitoraggio della popolazione anziana attivato dall'Azione Programmata tra Regione e Amministrazioni Provinciali.
4.3.2 Obiettivi specifici nell'area dei servizi alternativi al ricovero.
a) diffusione dei Centri Diurni Integrati indirizzati ad utenti gravemente o totalmente non autosufficienti, per supportare le famiglie che mantengono tali anziani al loro interno. Le sperimentazioni, già avviate, hanno consentito di focalizzare le caratteristiche più salienti del servizio tese a:
farsi carico di quelle situazioni divenute troppo impegnative per il S.A.D., non in grado, per le sue stesse caratteristiche organizzative, di garantire la necessaria intensità e continuità degli interventi;
offrire agli utenti tutte le prestazioni socio-assistenziali e sanitarie normalmente erogate dalle strutture residenziali, ma soltanto in regime di ricovero diurno; garantire alle famiglie un sostegno reale ed i necessari momenti di sollievo.
L'analisi delle sperimentazioni ha evidenziato che la soluzione più idonea per i servizi in regime diurno consiste nella loro realizzazione in annessione a strutture residenziali per un duplice ordine di motivi:
se localizzato presso una struttura residenziale, il centro diurno integrato rappresenta una preziosa modalità di apertura all'esterno e di integrazione con il territorio anche della stessa struttura residenziale, promuovendone una decisa polivalenza operativa ed una stretta integrazione con la realtà circostante. In questa logica il centro diurno a fianco di altri interventi (ricoveri temporanei programmati, nuclei di appartamenti protetti, ecc.) rappresenta uno degli aspetti qualificanti;
la localizzazione in una struttura già esistente consente anche un abbattimento dei costi ed una sua migliore fruibilità da parte dell'utenza in quanto, per la sua attivazione, è possibile utilizzare sia spazi propri della struttura già esistente, sia personale già operante, consentendo anche un orario di apertura più consono alle esigenze degli utenti e delle loro famiglie.
b) sviluppo dei servizi domiciliari
Il perseguimento degli obiettivi specifici nell'area dei servizi alternativi al ricovero mediante l'attivazione dei servizi domiciliari sarà perseguita attraverso:
la prosecuzione del potenziamento dei servizi esistenti, già avviata con i progetti presentati dalle Aziende U.S.S.L. all'interno della programmazione delle risorse finanziarie;
l'estensione dell'utenza indirizzando il servizio anche a favore di bisogni diversi da quelli attualmente serviti.
Obiettivo generale e fondamentale resta comunque l'attivazione del processo di autonomia psico-fisica e sociale con la finalità di evitare il ricorso ai ricoveri impropri.
Per la realizzazione di tale obiettivo generale, una valenza fondamentale è attribuita all'ausiliario socio-assistenziale.
4.3.3 Piano Alzheimer: adeguamento delle unità del modello a rete alle esigenze degli anziani affetti da sindromi demenziali.
Le malattie degenerative del sistema nervoso centrale, ed in particolare le demenze, sono le patologie neurologiche dell'età geriatrica più frequenti e più catastrofiche nelle conseguenze.
Nei loro confronti, per di più, non sono prevedibili - nel medio periodo possibilità di intervento preventivo terapeutico.
All'interno dei limiti di questa situazione il "PIANO ALZHEIMER" (v. Sperimentazione gestionale della rete regionale di servizi per anziani affetti da "Alzheimer" Decreto Ministeriale 22 marzo 1994) si propone come positiva soluzione rispetto al problema - affrontabile nell'immediato - della ottimizzazione dell'intervento assistenziale.
Costituisce obiettivo del programma speciale la sperimentazione di un modello gestionale della rete dei servizi per l'assistenza ai soggetti affetti dal morbo di "Alzheimer", fondato sul coordinamento regionale di strutture e servizi di primo, secondo e terzo livello per garantire interventi domiciliari e residenziali qualitativamente elevati. La durata è di 36 mesi ed il finanziamento complessivo previsto da parte del Ministero della Sanità è di lire 23 miliardi.
Il Nucleo di Coordinamento ed il Comitato Scientifico previsti dalla Convenzione Regione-Ministero della Sanità garantiscono l'attivazione e la valutazione dei Nuclei Alzheimer nelle R.S.A., già istituiti ai sensi della D.G.R. 64515/95 e da istituire nei prossimi anni secondo le prescrizioni del Piano Regionale.
4.3.4 Ridefinizione della rete delle residenze sanitario-assistenziali
a) aggiornamento degli standard.
Viene abbandonata a livello strutturale la differenziazione tra i due
moduli delle residenze sanitario-assistenziali lombarde che, in base al
primo P.S.A., vedevano distinti gli standard strutturali delle strutture
protette per non autosufficienti totali dagli standard strutturali delle
case di riposo per non autosufficienti parziali.
Per le nuove costruzioni a partire dal 1995 la classe residenza sanitario-
assistenziale è caratterizzata dall'unicità dello standard strutturale già
prescritto nel primo P.S.A. per le strutture protette, fatta eccezione per
la capacità ricettiva minima che viene ridotta a 40 posti letto.
Ai fini dell'autorizzazione al funzionamento le nuove strutture devono
possedere lo standard programmatorio di cui alle tabelle a pagg. 64-67.
Per le strutture preesistenti all'entrata in vigore del P.S.A., lo standard
di riferimento per poter funzionare è quello previsto nella tabella a pag.
70; tali strutture devono possedere i requisiti indicati e dovranno
raggiungere, via via nel tempo, lo standard programmatorio unico, in
conformità alle indicazioni che la Regione darà.
Per le suddette strutture che non hanno ancora i requisiti per il
funzionamento, si applicano le disposizioni previste nella D.G.R. n. 36369
del 18.05.1993, che stabiliscono la metodologia per un programma di
adeguamento.
La capacità ricettiva minima di dette strutture già funzionanti viene
fissata in 20 p.l..
Per le strutture esistenti con situazioni particolarmente complesse,
qualora risulti tecnicamente impossibile il totale adeguamento agli
standard programmatori, la Regione si attiverà di intesa con gli Enti
interessati per individuare le modalità di superamento delle difficoltà
esistenti ostative all'avvio del Piano di ristrutturazione di cui alla
citata D.G.R. n. 36369.
Con ciò, dal punto di vista strutturale la R.S.A. diventa una risposta
residenziale unica alla quale afferiscono i diversi gradi di non
autosufficienza (totale e/o parziale); viene invece mantenuta, all'interno
della classe residenze sanitario-assistenziali, la diversificazione degli
standard gestionali tra i due moduli: struttura protetta e casa di riposo.
b) Miglioramento quali/quantitativo delle prestazioni sociali e sanitarie rese dalle strutture attraverso il raggiungimento dello standard programmatorio riferito alle figure sanitarie, la riqualificazione- aggiornamento professionale degli operatori socio-assistenziali ed il potenziamento delle funzioni di animazione da garantire all'interno di ogni struttura operando su due versanti:
continuare e potenziare la formazione degli ausiliari socio- assistenziali, prevedendo per il personale di nuova assunzione il vincolo del possesso della relativa qualifica;
aumentare progressivamente le quote di prestazioni e funzioni di animazione da garantirsi agli ospiti da parte degli operatori professionali suddetti con i contenuti precedentemente esplicitati che le strutture devono assicurare agli ospiti.
4.3.5 Le residenze assistenziali.
A partire dal 1995 la casa albergo va considerata:
quale soluzione puramente alloggiativa, con caratteristiche di temporaneità nel soggiorno e con localizzazione in località prevalentemente turistiche;
esclusivamente rivolta ad ospiti totalmente autosufficienti, che la scelgono come alternativa al proprio alloggio.
Vale la pena di soffermarsi sul fatto che le case albergo, pensate come soluzione ai problemi alloggiativi di anziani totalmente autosufficienti, sono una risposta ad un bisogno di una piccola minoranza di persone e vanno gestite con flessibilità, sia per quanto riguarda i periodi di permanenza degli anziani, sia per l'organizzazione interna.
Risulta pertanto superata la necessità di fissare indici di fabbisogno per le case albergo.
4.4 INDICI Dl FABBISOGNO ASSUNTI ED INDICI Dl DOTAZIONE CORRISPONDENTI.
Al fine della determinazione degli indici di fabbisogno delle diverse unità
di offerta della rete dei servizi alla popolazione anziana è
preliminarmente necessario ribadire i diversi livelli di competenza degli
Atti di programmazione e delle relative fonti.
Infatti, il P.O.A. deve necessariamente limitarsi, in carenza del Piano
Sanitario Regionale e del Piano di Riordino della rete Ospedaliera, alla
definizione degli indici di fabbisogno dei servizi che più gli sono propri:
- le R.S.A.
- l'A.D.I.
Gli stessi dovranno essere comunque definiti in coerenza con quanto
previsto dal Piano Sanitario Nazionale e dal relativo P.O. Tutela della
Salute degli Anziani.
Per quanto concerne le R.S.A. si ritiene necessaria la revisione degli
indici di fabbisogno in precedenza individuati e praticati dal
programmatore regionale e locale fissando un indice di fabbisogno
complessivo di posti letto nelle R.S.A. pari al 3.5%, calcolato sulla
corrispondente popolazione ultrasessantacinquenne.
Entrano in tale indice anche i p.l. per Casa Albergo presenti nelle
strutture miste per anziani non autosufficienti. Con il presente P.O.A.
tali p.l. vengono riconvertiti per gli anziani non autosufficienti secondo
modalità stabilite dalla Regione, in ogni caso entro il periodi di validità
del Progetto. Rimane in ogni caso obiettivo prioritario il riequilibrio
della dotazione dei p.l. nelle zone carenti.
All'interno di tale indice complessivo, si consente al programmatore della
Azienda USSL di utilizzare per le quote di posti letto corrispondenti agli
anziani N.A.T. un indice con range 2% - 2,5% in ragione delle particolarità
locali e attribuendo la differenza agli anziani N.A.P..
Si ritiene infine necessario precisare che, per quanto attiene gli ospiti
autosufficienti, presenti in una struttura "mista" (con presenza di più
tipologie di ospiti), nell'arco del triennio di riferimento del P.O.A,
salvo eccezionali e motivate situazioni di emergenza e per ospitalità
brevi, si dovranno individuare le modalità più corrette di trattamento e di
supporto per evitare gli eventuali ricoveri degli autosufficienti così da
ottenere la destinazione della ricettività delle strutture protette e delle
case di riposo ai loro utenti propri.
Per quanto attiene ai servizi di A.D.I. ci si dovrà riferire ad un indice
di fabbisogno pari al 3,5% della popolazione anziana residente
ultrasessantacinquenne, da conseguirsi entro il termine di validità del
P.O.A. assicurando priorità di finanziamento per le Aziende U.S.S.L. che
ancora non hanno raggiunto tale indice di fabbisogno.
4.5 STANDARD GESTIONALI E STRUTTURALI.
4.5.1 La definizione degli standard
Come già rilevato nel capitolo 4.4 in riferimento alla fissazione degli
indici di fabbisogno si deve ribadire come la carenza di un organico Piano
di riordino ospedaliero e del Piano Sanitario Regionale non permettano la
fissazione in un Progetto seppur integrato degli standard relativi a tutte
le unità di offerta del sistema precedentemente illustrate.
Anche in questo caso, in coerenza con gli obiettivi di Piano
precedentemente espressi, si concentrerà l'attenzione sulle unità di
offerta che più delle altre rappresentano i luoghi dell'integrazione socio-
sanitaria. Nello specifico, particolare attenzione deve porsi alle unità di
offerta già rappresentate dalle Strutture protette e dalle Case di Riposo
ed in questo piano riassunte nell'unica definizione di R.S.A..
In coerenza alle motivazioni espresse nel paragrafo precedente vengono
assunti - per quanto attiene lo standard strutturale unico - i valori
espressi dalle Tabelle da pag. 64 a pag. 67 che li descrivono
analiticamente.
Per quanto concerne lo standard gestionale, nella cui definizione permane
la differenziazione tra i diversi servizi prestati (Struttura Protetta,
Casa di Riposo) si prevede, in coerenza con gli obiettivi di
programmazione, il mantenimento degli standard fin qui prescritti e vigenti
nelle Tabelle alle pagg. 68 e 69.
STANDARD STRUTTURALI DELLE R.S.A. PER ANZIANI |
|
---------------------------------------------------------------- |
CARATTERISTICHE STANDARD REGIONALE |
Normativa tecnica ex PSA. |
88/90 D.C.R. 871/87 |
|
|
1 METODOLOGIA PROGETTUALE - Progettazione di massima |
- Studio di fattibilità |
- Progettazione esecutiva |
2 RELAZIONE CON ALTRE TIPOLOGIE |
DI RESIDENZE: |
- con le residenze sanitarie |
- con le residenze - con servizi sanitari di |
assistenziali base |
|
- con servizi di |
riabilitazione |
3 IDENTIFICAZIONI FUNZIONI - Le strutture protette sono |
residenze collettive che |
forniscono interventi di |
protezione assistenziale o |
abitativa nonchè interventi |
sanitari e riabilitativi |
4 DURATA DELLA RESIDENZA - fino alla ospitalità |
permanente |
5 IDENTIFICAZIONE OSPITI - Anziani in condizioni di |
gravi deficit o totalmente |
non autosufficienti e anziani |
portatori di patologie |
psichiatriche in n° max del |
10% numero totale ospiti |
6 CRITERI LOCALIZZAZIONE - definiti (v. P.S.A.) |
RESIDENZA |
7 CRITERI DI ARTICOLAZIONE - La struttura è articolata |
DELLA RESIDENZA in: |
spazi collettivi; |
spazi di collegamento; |
servizi generali; |
nuclei abitativi. |
- Nuclei abitativi. |
Insieme di spazi individuali |
(camera da letto e servizi |
igienici) e semicollettivi |
(servizi igienici comunitari, |
locale pranzo e locale |
soggiorno) a carattere |
peculiarmente residenziale. |
ad ogni piano possono essere |
previsti uno o più nuclei |
abitativi e in nessun caso un |
nucleo abitativo può essere |
distribuito su due piani. |
|
8 CAPACITA' RICETTIVA GLOBALE - Nuove realizzazioni minimo |
40 p.l. max 150 p.l. |
Per strutture già funzionanti |
su autorizzazione previa |
verifica condizioni, minimo |
20 p.l.; max 250/300 p.l. |
- Reparto protetto di una |
casa di riposo: n° dei p.l. |
non inferiore a 15 |
9 SUPERFICIE TOTALE UTILE - non definita |
FUNZIONALE PER OSPITE |
|
10 ARTICOLAZIONE DELL'AREA |
ABITATIVA |
|
10.1 NUCLEO |
|
- Capacità del Nucleo - 30 p.l. nelle nuove |
costruzioni. |
Non superiore a 45 p.l. e non |
inferiore a 12/15 p.l. nelle |
ristrutturazioni |
|
- Articolazioni in camere - Da 2, 3 o 4 p.l.; da 1 p.l. |
una camera a ogni 30 p.l., da |
destinare solo a utenti |
bisognosi di isolamento o in |
stato terminale. |
|
- Superficie delle camere - Superfici minime delle |
camere da letto: |
mq. 10 per la camera a 1 |
letto; |
mq. 16 per le camere a 2 |
letti; |
mq. 22 per le camere a 3 |
letti; |
mq. 28 per le camere a 4 |
letti; |
|
- Servizi igienici delle 1 ogni 4 utenti |
camere nelle nuove costruzioni |
collegato con camere da letto |
tramite antibagno. |
|
- dimensioni minime di metri |
1,80 per 2,20 nelle nuove |
costruzioni. |
|
10.2 SERVIZI DI NUCLEO |
|
- Servizi assistenziali |
|
- locale di servizio medico, |
dimensioni min. mq. 9 con |
annesso servizio igienico |
|
- locale ripostiglio |
|
- locale biancheria sporca |
|
- bagno assistito 1 ogni 15 |
p.l. ed ad ogni piano, |
attrezzato con una vasca da |
bagno isolata su tre lati. |
|
- Servizi alberghieri di - locale soggiorno: |
nucleo superficie di almeno mq. 1,5 |
per ogni ospite del nucleo. |
|
- cucinino: superficie minima |
|
11 ARTICOLAZIONE DEGLI AMBIENTI |
DI VITA COLLETTIVA |
|
- Servizi alberghieri - Ingresso e piattaforme di |
distribuzione |
Superficie minima 6 (lato |
minore non inferiore a mt. |
2). |
|
- Spazio di accoglimento |
ingresso e centralino |
telefonico. |
|
- Uffici: attività di |
direzione amministrative, |
segreteria assistenza sociale |
localizzati in prossimità |
dell'atrio e dotati di |
servizi igienici |
|
- Servizi sanitari - ambulatorio: superficie |
minima di mq. 20 per visite e |
medicazioni. |
Preferibilmente al piano |
terreno ed in prossimità |
della palestra con spazio di |
attesa e servizio igienico. |
|
- palestra di riabilitazione |
per la fisiokinesiterapia: |
superficie di almeno 60 mq.; |
lunghezza del lato minore non |
inferiore a mt. 6. |
|
- Servizi generali - cucina |
|
- guardaroba |
|
- lavanderia e stireria (se |
il servizio non è appaltato |
all'esterno) |
|
- spogliatoi con servizi |
igienici per il personale |
|
- locali per servizi tecnici |
|
- camera mortuoria |
|
- depositi |
|
12 SISTEMA SEGNALETICO - Ogni piattaforma di |
distribuzione deve essere |
dotata di tabella segnaletica |
dei percorsi e degli ambienti |
de essa raggiungibili (vedi |
art. 8 |
|
- Attrezzature e di |
comunicazione (citofoni |
campanelli) idonee a |
segnalare agli operatori o a |
chiunque sia addetto al |
controllo degli utenti le |
richieste di aiuto o di |
assistenza. |
13 REQUISITI TECNOLOGICI |
|
- Caratteristiche - temperatura interna bagni |
igrotermiche 24°C restanti spazi per |
ospiti 22°C |
|
- Caratteristiche - non definite |
illuminotecniche |
14 DOTAZIONI IMPIANTISTICHE - Elettrico. |
|
- Sollevamento verticale |
montalettighe. |
|
- Antincendio. |
|
- Citofonico di segnalazione. |
|
- Impianto ossigeno. |
15 ELEMENTI COSTRUTTIVI - porta: larghezza minima 85 |
cm. |
-------------------------------------------------------------------- |
|
|
STANDARD GESTIONALE DELLE RESIDENZE SANITARIO - ASSISTENZIALI PER |
ANZIANI TOTALMENTE NON AUTOSUFFICIENTI |
|
|
STRUTTURE PROTETTE |
-------------------------------------------------------------------------- |
FIGURA AUTORIZZAZIONE AL IDONEITA' AL STANDARD |
PROFESSIONALE FUNZIONAMENTO CONVENZIONAMENTO PROGRAMMATORIO ex |
DCR n. V/122/91 |
|
Operato Minuti Operato Minuti Operato Minuti |
ri/uten settima ri/uten settima ri/uten settima |
ti n./ ti n./ospi ti n./ospi |
ospite te te |
|
Responsabile 1 - 1 - 1 - |
|
Medico 1/90 19 1/60 28 1/60 28 |
|
Riabilitatore 1/80 21 1/70 24 1/60 28 |
|
Infermiere 1/24 70 1/18 94 1/15 112 |
|
Ausiliario 1/6 280 1/3 561 1/2,5 674 |
socio |
assistenziale |
|
Animatore - - 1/100 17 1/100 17 |
|
Standard 390 724 859 |
globale di |
assistenza |
|
-------------------------------------------------------------------------- |
N.B. Lo standard per l'autorizzazione al funzionamento vale per le |
strutture private, mentre per le strutture pubbliche lo standard |
per l'autorizzazione al funzionamento coincide con lo standard per |
l'idoneità al convenzionamento |
|
|
STANDARD GESTIONALE DELLE RESIDENZE SANITARIO - ASSISTENZIALI PER |
ANZIANI PARZIALMENTE NON AUTOSUFFICIENTI |
|
CASE DI RIPOSO |
|
|
-------------------------------------------------------------------------- |
FIGURA AUTORIZZAZIONE AL IDONEITA' AL STANDARD |
PROFESSIONALE FUNZIONAMENTO CONVENZIONAMENTO PROGRAMMATORIO ex |
DCR n. V/122/91 |
|
Operato Minuti Operato Minuti Operato Minuti |
ri/utenti settima ri/uten settima ri/uten settima |
n./ ti n./ospi ti n./ospi |
ospite te te |
|
Responsabile 1 - 1 - 1 - |
|
Medico 1/150 11 1/120 14 1/120 14 |
|
Riabilitatore 1/80 21 1/60 28 1/50 34 |
|
Infermiere 1/50 34 1/35 48 1/35 48 |
|
Ausiliario 1/10 168 1/8 210 1/5 337 |
socio |
assistenziale |
|
Animatore - - 1/100 17 1/100 17 |
|
Standard 234 317 450 |
globale di |
assistenza |
-------------------------------------------------------------------------- |
|
N.B. Lo standard per l'autorizzazione al funzionamento vale per le |
strutture private, mentre per le strutture pubbliche lo standard |
per l'autorizzazione al funzionamento coincide con lo standard per |
l'idoneità al convenzionamento |
|
|
REQUISITI STRUTTURALI PER IL RILASCIO DELL'AUTORIZZAZIONE AL FUNZIONAMENTO |
DELLE RESIDENZE SANITARIO ASSISTENZIALI ED ASSISTENZIALI ESISTENTI |
|
strutture protette, case di riposo (per anziani non autosufficienti;) |
|
Per le nuove residenze, i cui lavori di costruzione sono iniziati dopo |
l'entrata in vigore del primo P.S.A., sono richiesti gli standard |
strutturali programmatori prescritti. |
|
Per le strutture esistenti valgono i requisiti sotto elencati. |
|
-------------------------------------------------------------- |
VARIABILI DI RIFERIMENTO STANDARD PRESCRITTI |
-------------------------------------------------------------- |
1 SICUREZZA ED IGIENICITA' |
EDIFICIO |
- statica dell'edificio SI |
- rispetto regolamenti locali SI |
di igiene |
- rispetto norme di sicurezza SI |
impianti |
2 IMPIANTO DI SOLLEVAMENTO |
(per strutture a più piani) ASCENSORE |
3 DOTAZIONE SPAZI RESIDENZIALI |
- superficie camere da 1 letto mq 10 |
- superficie camere da 2 letti mq 14 |
- superficie per ogni letto mq 6 |
aggiuntivo |
- numero max ospiti per camera 8 |
4 DOTAZIONE SERVIZI SANITARI |
- Ambulatorio SI |
5 DOTAZIONE SERVIZI IGIENICI 1 ogni 8 ospiti |
-------------------------------------------------------------- |
L'adeguamento ai requisiti strutturali deve essere completato con i tempi e
le modalità previste dalla DGR n. 36369 del 18.5.93 "variazione dei termini
e delle procedure per l'autorizzazione al funzionamento" e dalla D.C.R. n.
V/1254 del 22.11.1994 che ha prorogato il termine per l'ottenimento
dell'autorizzazione al funzionamento al 31.12.1995.
L'adeguamento agli standard di dotazione degli spazi residenziali può
essere raggiunto con la diminuzione della capacità ricettiva.
4.5.2 Le autorizzazioni al Funzionamento
Nello specifico orizzonte del P.O. Anziani va ricordato che la L.R. 1/86
all'art. 50 ha delegato alle Amministrazioni Provinciali il rilascio delle
autorizzazioni al funzionamento e definito quali unità delle rete dei
servizi siano da sottoporre all'autorizzazione al funzionamento; va
sottolineato che la L.C.R. n. 0223/95 "Norme per il riordino del Servizio
Socio-Sanitario Regionale" conferma la delega in ordine alle autorizzazioni
al funzionamento alle Amministrazioni Provinciali.
Le procedure per il rilascio delle autorizzazioni al funzionamento,
previste nel primo P.S.A. e modificate con D.G.R. V/36369 del 18 maggio
1993 e
alle Amministrazioni Provinciali la verifica contestuale del possesso degli
standard gestionali e degli standard strutturali.
Il processo di autorizzazione ha subito un notevole rallentamento,
prevalentemente determinato dalla scelta del P.S.A. di comprendere tra i
requisiti per l'autorizzazione anche quelli strutturali, tra i quali il
rispetto delle norme di carattere generale emanate da organi diversi da
quello regionale, a cui competono le relative certificazioni. Le difficoltà
maggiori delle strutture attengono infatti proprio ai requisiti strutturali
richiesti per "l'immediato", ivi compresa la relativa certificazione
tecnica. Poichè il ritardo nella presentazione della certificazione è non
infrequentemente imputabile agli organi tenuti al rilascio della stessa (si
pensi, per esempio, alla licenza d'uso dei Comuni, ai certificati dei
VV.FF., ecc.), si deve prevedere una forma di autocertificazione
sostitutiva con validità provvisoria. Ulteriori ostacoli sono poi connessi
alle difficoltà economiche derivanti dalle costose ristrutturazioni cui
sono tenute talune strutture ai fini del raggiungimento dei requisiti
richiesti.
D'altra parte l'elevatissimo numero di strutture, nonchè la vetustà di non
poche tra esse, ha reso assai problematico il raggiungimento dell'obiettivo
di un compiuto e generalizzato adeguamento strutturale entro i termini
rigidamente prefissati in via generale ed ha obbligato ad una modifica dei
criteri e delle procedure per l'autorizzazione al funzionamento stabiliti
inizialmente (D.G.R. V/36369 del 18.5.93 e D.C.R. V/1254 del 22.11.94).
A seguito di tali modifiche, l'adeguamento al complesso dei requisiti
strutturali, con l'obiettivo finale di raggiungere lo standard
programmatorio, è considerato un processo che potrà richiedere anche tempi
medio-lunghi in rapporto alla specificità dei problemi di ciascuna
struttura.
Dall'analisi dei provvedimenti autorizzativi si rileva un progressivo
adeguamento in corso. Per favorire tale processo il P.O.A. conferma
l'obiettivo, già contenuto nel primo P.S.A., di sostenere la
riqualificazione delle strutture esistenti (v. cap. 7 "Risorse
finanziarie").
4.6 L'ADOZIONE DEL REGIME CONVENZIONALE NELLE R.S.A.
Il primo P.S.A., nell'individuare le funzioni da svolgere obbligatoriamente
a livello zonale, prescriveva che appartenevano a tale contesto:
in generale l'esercizio delle funzioni socio-assistenziali ed a rilievo sanitario connesse con le funzioni sanitarie la cui titolarità è della Azienda U.S.S.L.;
più specificamente, nell'area anziani, gli interventi necessari agli anziani non autosufficienti e tra questi quelli attuati nelle strutture protette e nelle case di riposo gestite dalla Azienda U.S.S.L. direttamente o in regime convenzionale.
Conseguentemente a tale volontà programmatoria, nel P.S.A. venivano definiti e graduati nel tempo gli standard di idoneità al convenzionamento.
La legislazione regionale, sia a livello della normativa in materia di
organizzazione e funzionamento delle U.S.S.L. (L.R. 39/80 modificata dalla
L. R. 62/80 - art. 17, 18) che a livello della normativa riguardante la
riorganizzazione e programmazione dei servizi socio-assistenziali (L.R.
1186 art. 52), forniva e fornisce il quadro legislativo necessario e
sufficiente all'introduzione del regime convenzionale nelle residenze per
anziani non autosufficienti.
Molteplici sono state le cause che hanno fino ad oggi impedito di
concretizzare tale volontà della legislazione e della programmazione, in
particolare la complessità del processo di adeguamento strutturale e
funzionale necessario ai fini dell'autorizzazione al funzionamento, tra
queste ha giocato un ruolo non marginale la mancata definizione dello
"schema tipo regionale di convenzione" al quale dovevano conformarsi tutte
le singole convenzioni zonali, stante la prescrizione del 111° comma
dell'art. 52 della L.R. 1/86.
Il Progetto Obiettivo Anziani 95/97 assume come non ulteriormente
rinviabile l'adozione del regime convenzionale nelle residenze per anziani
non autosufficienti e rimuove uno degli ostacoli alla sua introduzione
attraverso la definizione dello schema tipo regionale contenuto nel
seguente paragrafo.
La scelta di procedere alla stipula delle convenzioni tra Azienda U.S.S.L.
ed i gestori delle residenze per anziani è avvalorata dai seguenti
elementi:
l'Obbligo di dare attuazione alle prescrizioni della legge regionale di riordino 1/86 e del primo P.S.A.;
la possibilità di procedere a tale adempimento all'interno del quadro di coerenze nazionali e regionali analiticamente descritto nel terzo capitolo del presente P.O. Anziani ed in relazione ai ruoli assumibili dall'Azienda U.S.S.L.;
la constatazione del fatto che, in materia di gestione delle residenze per anziani, la dialettica tra i livelli istituzionali coinvolti (Regione, Comuni, Amministrazioni Provinciali) ha subito evoluzioni estremamente significative che vedono progressivamente decrescere il sostegno finanziario degli enti locali progressivamente integrato dalle risorse provenienti, tramite le Aziende USSL, dal Fondo Sanitario.
Il sistema di convenzionamento dovrà consentire la razionalizzazione degli accessi così come il regolamento di accesso ai servizi, che la Regione si impegna ad approvare in tempi brevi, dovrà tutelare l'equifruizione dei servizi, al fine di garantire parità di diritti nell'accesso ai servizi attraverso criteri di prenotazione e liste di attesa controllabili.
4.6.1 SCHEMA TIPO DI CONVENZIONE TRA AZIENDE U.S.S.L. ED ENTI GESTORI
PUBBLICI O PRIVATI Dl R.S.A. (Articolo 52 3° Comma L.R. 1/86)
Le Aziende U.S.S.L., al fine di assicurare agli anziani non autosufficienti
non assistibili al proprio domicilio le prestazioni ed i servizi socio-
assistenziali di rilievo sanitario erogabili nelle residenze sanitario-
assistenziali (R.S.A.), secondo quanto previsto dalle vigenti normative
regionali in ordine ai rapporti contrattuali con le strutture eroganti
prestazioni socio-assistenziali di rilievo sanitario, si avvalgono delle
prestazioni rese da residenze convenzionate secondo quanto previsto dalla
legge.
Tutte le convenzioni stipulate dalle Aziende U.S.S.L. per entrare in vigore
debbono essere redatte in conformità al presente schema tipo, debbono
essere deliberate dalle Aziende U.S.S.L. di ubicazione delle R.S.A.
convenzionate e debbono essere autorizzate dalla Giunta Regionale con atti
deliberativi che ne consentano l'imputazione parziale degli oneri sul
F.S.R..
Tali convenzioni debbono essere prioritariamente stipulate con enti
pubblici gestori di R.S.A. e con enti ed organismi privati senza scopo di
lucro.
L'anno ....................addì ......................del mese di |
......................................... |
|
TRA |
|
L'Azienda U.S.S.L. n° .....di .................................con |
sede a............... |
In via ....................n ° ..................con codice |
fiscale .......................................... |
|
legalmente rappresentata pro tempore dal Sig. |
..................................................... |
|
E |
|
L'Ente ....................................con sede a ........... |
................................................................. |
In via ............. n ° .....................con codice fiscale |
........................ |
legalmente rappresentata dal Sig. |
.................................................................. |
........ autorizzato alla stipula del presente atto con |
provvedimento n ° .... in data ......... |
|
PREMESSO |
|
1 ) che la convenzione viene stipulata dall'Azienda U.S.S.L. di |
ubicazione della residenza per anziani non autosufficienti; |
|
2) che l'Azienda U.S.S.L. n°...................................di |
........................................ha approvato in data |
............con delibera n° ......................il programma |
attuativo di zona del P.S.A. per il triennio .............previsto |
dall'articolo 34 della L.R. 1/86; |
|
3) che la definizione della presente convenzione appare elemento |
essenziale, nell'ambito del predetto programma attuativo, per una |
compiuta realizzazione degli obiettivi e degli interventi della |
programmazione zonale e locale, tra i quali rientrano le |
prestazioni ed i servizi a favore di anziani non autosufficienti |
parziali e totali; |
|
4) che l'Azienda U.S.S.L. n° ....di ..................intende |
avvalersi dell'Ente .................... nell'attuazione |
delle attività socio-sanitarie integrate a favore di anziani del |
proprio territorio; |
|
5) che l' Ente |
.................................................................. |
a) ha ottenuto per la struttura che convenziona l'autorizzazione |
al funzionamento per un totale di ......posti letto di cui |
.....NAT, ......NAP, ....AUTOSUFFICIENTI con provvedimento n° |
...del ................; ovvero |
è in attesa della conclusione dell'iter relativo al provvedimento |
sovracitato avendo presentato all'Amministrazione Provinciale |
DOMANDA Dl AUTORIZZAZIONE ......................; |
b) possiede gli standard di convenzionamento previsti dal P.S.A. |
regionale, come evincibile: |
- dai locali di cui alle allegate planimetrie; |
- dalle attrezzature tecniche risultanti dall'elenco |
allegato; |
- dal personale addetto di cui all'allegato prospetto |
nominativo distinto per qualifiche professionali; |
6) che con il presente atto, sottoscritto dai contraenti, |
deliberato dall'ente responsabile dei servizi di zona dell'Azienda |
USSL .......................... e che dovrà essere autorizzato con |
apposita deliberazione della Giunta Regionale, si affida |
all'..................la gestione convenzionata dei seguenti |
volumi di attività: |
|
------------------------------------------------------------------ |
MODULI CAPACITA' VOLUMI DI ATTIVITA' |
ORGANIZZATIVI RICETTIVA CONVENZIONATI |
DI RIFERIMENTO ESIST.(p.l.) |
POSTI RESIDENZ.|GIORNATE ANNUE |
|
STRUTTURA |
PROTETTA |
(ospiti NAT) |
|
CASA DI |
RIPOSO (ospiti |
NAP) |
------------------------------------------------------------------ |
7) che con il presente atto, sottoscritto dai contraenti, |
deliberato dall'Azienda U.S.S.L., L'Ente pone a disposizione una |
quota percentuale nell'ordine del .....[5%] di posti al fine di |
consentire ricoveri a tempo determinato per sostegno familiare; |
8) che gli oneri derivanti dal costo della permanenza nelle |
strutture protette e nelle case di riposo ubicate sul territorio |
della Regione Lombardia sono sostenuti: |
- con il contributo regionale; |
- con la retta corrisposta dai singoli ospiti o, dagli |
obbligati al mantenimento ai sensi dell'art. 433 e seguenti del |
Codice Civile o, nei casi di cui all'art. 61 della L.R. 1/86, dai |
loro comuni di residenza; |
- con i proventi dell'entrate (patrimoniali od altra natura) |
degli enti gestori qualora esistano e statutariamente ne sia |
prevista tale destinazione; |
9) che la Regione Lombardia provvede ogni anno con proprio atto |
deliberativo, sentiti gli Enti interessati a determinare, a valere |
sul Fondo Sanitario Regionale: |
9.1 l'entità del contributo giornaliero riconosciuto ai |
gestori in base alle corrispondenze tra standard prescritti e |
standard posseduti; |
9.2 la ripartizione del contributo giornaliero regionale tra |
quota destinata a sostenere gli oneri dei gestori e l'eventuale |
quota destinata ad abbassare le rette sostenute dagli ospiti, o |
dagli obbligati al mantenimento, o dai loro comuni di residenza. |
10) La Regione Lombardia, con il necessario coinvolgimento delle |
rappresentanze degli Enti Locali e degli Enti Gestori, effettuerà |
annualmente l'analisi dei costi di gestione delle residenze che |
consentirà l'individuazione delle fasce di oscillazione entro le |
|
quali si collocano gli oneri globali derivanti dal livello base di |
assistenza garantito in ogni singola R.S.A.. Tale determinazione |
dei costi costituirà - con le modalità che verranno specificate |
nelle Linee Guida attuative del P.O.A. per il triennio 1995/97 - |
il riferimento utile ai processi di razionale determinazione sia |
dei contributi erogati dal F.S.R. sia delle rette che saranno |
concordate tra Enti Gestori, Enti Locali ed utenti. |
Tutto ciò premesso
SI CONVIENE E SI STIPULA
quanto segue:
ART. 1 - INDIVIDUAZIONE R.S.A. CONVENZIONATA
Nell'ambito della programmazione zonale delle attività socio-assistenziali
e socio-sanitarie integrate a favore di anziani l'Azienda U.S.S.L..di
.............................. si avvale delle prestazioni
dell'Ente....................... convenzionando n° ..... posti NAT e
n°..... NAP sulla complessiva capacità autorizzata di ......... posti.
ART. 2 - OBBLIGHI DEI GESTORI
L'Ente ..................... garantisce le prestazioni avvalendosi delle
strutture, attrezzature, servizi e personale individuati in dettaglio in
allegato, l'elenco del personale dovrà essere nominativo e distinto per
qualifiche professionali.
L'Ente ....................formalmente si obbliga:
a) a perseguire nel periodo di validità della convenzione, e con riferimento alle scadenze indicate dagli organismi competenti, gli adeguamenti resi necessari dagli standard nelle entità, modi e tempi prescritti. Si obbliga altresì ad adempiere alle ulteriori prescrizioni tecniche, previste dalla normativa regionale vigente; b) ad adeguarsi alle procedure di ammissione previste nei successivi specifici articoli;
c) ad avvalersi di personale avente i necessari requisiti professionali, nei cui confronti - se dipendente - si impegna ad applicare una disciplina contrattuale collettiva attinente alla materia socio- assistenziale e/o sanitaria e comunque rispettosa delle norme, principi e criteri vigenti in materia di diritto del lavoro;
d) a realizzare effettive forme di partecipazione nella gestione dei servizi secondo le modalità indicate nel successivo articolo 9;
e) a consentire l'accesso del volontariato per specifiche attività integrative in conformità alle normative regionali vigenti;
f) a stipulare a favore degli assistiti (ove già non sussista una polizza regionale) idonea assicurazione al fine di coprire i rischi da infortuni subiti o provocati a terzi durante l'espletamento delle attività oggetto della convenzione;
g) ad assicurare agli ospiti, con oneri interamente a suo carico, l'assistenza medica e farmaceutica di base, con la conseguente cancellazione degli ospiti dagli elenchi dei rispettivi medici di fiducia e l'adozione del codice relativo;
h) ad assicurare agli anziani ricoverati, che si trovino nella condizione di aventi diritto all'assistenza protesica sancita dal D.M. 28/12/92, la fornitura degli ausili per incontinenti codificati e prezzati nella famiglia 101, assumendo interamente a proprio carico gli oneri di tale fornitura e garantendo il rispetto delle qualità e quantità prescritte;
i) a redigere e mantenere aggiornate le cartelle cliniche ed i piani di intervento degli ospiti;
l) a rispettare le prescrizioni e le procedure contenute nell'allegato A, che costituisce parte integrante della presente convenzione;
m) a determinare ogni anno la retta da richiedere agli anziani residenti ed ai loro familiari tenuti al sostentamento, od al loro comune di residenza nel caso di bisogno nel rispetto dei vincoli di cui al punto 10) delle premesse alla presente convenzione.
Il mancato adempimento di tali obblighi condiziona il permanere in essere della presente convenzione, dando facoltà alla Azienda U.S.S.L. stipulante di procedere, a sua discrezione, alla sospensione ed alla risoluzione della convenzione stessa con le modalità previste dal successivo articolo 12.
ART. 3 - PROCEDURE Dl AMMISSIONE
a) Proposta di ricovero
L'invio alla residenza per anziani non autosufficienti convenzionata è
proposto dal medico di fiducia dell'assistito o dalle unità operative
responsabili del caso dell'Azienda U.S.S.L. di residenza dell'anziano. La
proposta di ricovero può essere prospettata solo in caso di sussistenza
delle seguenti due condizioni:
- dipendenza psico-fisica dell'anziano;
- impossibilità di permanenza al proprio domicilio anche a causa della situazione familiare e socio-ambientale.
Tale impossibilità deve sussistere anche a seguito dell'eventuale ricorso ai servizi dell'assistenza domiciliare integrata (ADI).
Le proposte di ricovero devono essere accompagnate da dettagliata relazione che evidenzi:
- la diagnosi clinica;
- le notizie anamnestiche e le indicazioni relative alle terapie precedentemente praticate;
- le motivazioni cliniche, assistenziali e riabilitative della proposta di ricovero;
- la durata del ricovero nella residenza identificata nell'eventualità di ricoveri per sostegno familiare (di cui al punto 7 delle premesse).
b) Valutazione della proposta di ricovero
L'U.V.G. dell'Azienda U.S.S.L. di residenza dell'anziano o in casi
eccezionali l'Unità Operativa Interna della struttura procede direttamente
o su base documentale, ad una valutazione multidimensionale (V.M.D.) delle
condizioni di non autosufficienza dell'anziano da ricoverare.
Il ricovero è sempre subordinato all'assenso espresso dal soggetto,
informato sugli obiettivi del trattamento e sulle regole di cui si richiede
il rispetto, fermo restando il diritto di scelta dell'utente secondo quanto
previsto dall'art. 10 della L.R. 1/86.
Per quanto riguarda le competenze della U.V.G. al fine dei ricoveri in
R.S.A. laddove non risultassero ancora istituite, la valutazione della
proposta di ricovero deve comunque essere effettuata da un medico
specialista designato, con apposito atto formale, dalla Azienda U.S.S.L..
c) Impegnativa per i ricoveri
L'Azienda U.S.S.L. di residenza dell'anziano, valutata la proposta di
ricovero formulata dall'U.V.G. o dall'U.O.I. della struttura, provvede
all'emissione dell'impegnativa a copertura della quota sanitaria (sulla
base delle esigenze prospettate nella relazione, multidimensionalmente
valutate) indicando altresì nei casi di cui all'art. 61 della L.R. 1/86,
sulla stessa, il Comune impegnato a corrispondere la quota socio-
assistenziale.
Nella eventualità di invio della proposta di ricovero da parte dell'U.V.G.
l'Azienda U.S.S.L. provvede ad una valutazione della stessa in
collaborazione con il responsabile sanitario della struttura, sempre che lo
stesso non sia componente della U.V.G..
Nell'eventualità di invio della proposta di ricovero da parte dell'U.O.I.
della struttura l'Azienda U.S.S.L. provvede a comunicare la stessa
all'U.V.G. per una verifica dell'impegnativa emessa.
Nell'eventualità di ricovero extra-zonale l'Azienda U.S.S.L. di residenza
dell'anziano richiede all'Azienda U.S.S.L. di ubicazione della struttura
ricoverante l'emissione dell'impegnativa entro tre giorni dalla data della
richiesta.
d) Modalità di ricovero
La R.S.A. ricoverante esegue il ricovero dandone comunicazione entro 24 ore
nell'eventualità di ricovero extrazonale sia all'Azienda U.S.S.L. di
ubicazione della struttura che all'Azienda U.S.S.L. di residenza
dell'anziano. Il responsabile sanitario della R.S.A., dopo un periodo di
osservazione e primo trattamento del soggetto - non superiore a 15 giorni -
può motivatamente, se necessario, richiedere una valutazione congiunta con
l'Azienda U.S.S.L. di residenza dell'anziano sulla opportunità della
permanenza.
In caso di accettazione alla scadenza dei 15 giorni, il responsabile
sanitario provvede a trasmettere il piano personalizzato di intervento e
trattamento all'Azienda U.S.S.L. di residenza dell'anziano, la quale ha
facoltà di formulare osservazioni sullo stesso.
Tale piano di intervento dovrà specificare, sulla base della dettagliata
relazione che ha accompagnato la proposta e l'impegnativa al ricovero, ed
in accordo con l'U.V.G., le prestazioni dirette al contrasto delle
possibili ulteriori perdite di autosufficienza.
Esso dovrà prevedere il coinvolgimento dell'utente, della famiglia,
dell'U.V.G. dell'Azienda U.S.S.L. di residenza dell'anziano.
Le U.V.G. dovranno valutare con cadenza periodica: le condizioni
psicofisiche dei residenti, le modalità di conduzione e gli effetti dei
piani di intervento.
e) Criteri di riferimento per le ammissioni
Nei casi di obbligo di scelta tra richieste di ricovero contemporanee e non
ugualmente soddisfacibili, ai fini dell'emissione dell'impegnativa,
dovranno essere assunti vincolativamente i seguenti criteri:
- la maggiore gravità e urgenza;
- la migliore possibilità di mantenere una accessibilità (sostanziale e quindi non necessariamente coincidente con la semplice distanza chilometrica) tra la residenza convenzionata e le residenze della famiglia, della comunità di appartenenza, della unità operativa da cui il caso dipende;
- il rispetto di quanto previsto nello Statuto dell'Ente.
f) L'effettuazione del ricovero è comunque subordinata all'ottenimento da
parte dell'Ente ricoverante delle impegnative per il pagamento delle rette
di cui all'art. 2, lettera m).
ART. 4 - VERIFICHE
L'Azienda U.S.S.L. che ha emesso l'impegnativa potrà disporre accertamenti
e verifiche, nel rispetto delle normative regionali vigenti sullo stato di
attuazione del piano di intervento e, più in generale, in merito
all'attuazione delle prestazioni erogate ai propri assistiti.
ART. 5 - CARTELLA CLINICA
L'R.S.A., dal giorno dell'ammissione e per tutta la durata della degenza,
provvede a redigere per ogni ospite la cartella clinica la cui adozione e
la cui regolare tenuta costituiscono obbligo per ogni gestore.
ART. 6 - DIMISSIONI
Le dimissioni dei soggetti ricoverati sono decise dall'organo dell'Azienda
U.S.S.L. che ha valutato la proposta di ricovero (U.V.G. o medico
specialista designato) in accordo con il responsabile della struttura
convenzionata ed i familiari. Tale decisione sarà subordinata alla
congiunta esistenza delle sottoelencate condizioni:
- qualora vengano meno le motivazioni socio-sanitarie che rendono necessario il suo ricovero;
- sia stata individuata operativamente la soluzione idonea (ai fini della tutela della salute e della salvaguardia della continuità terapeutica, se necessaria) alla quale trasferire l'anziano dopo la dimissione.
Per quanto riguarda i ricoveri di sostegno familiare, di cui al punto 7 della premessa, le dimissioni verranno comunque effettuate alla scadenza del tempo previsto.
La residenza convenzionata deve infine notificare immediatamente all'Azienda U.S.S.L. e al comune di residenza dell'anziano ed alla propria Azienda U.S.S.L. di ubicazione, l'avvenuta dimissione.
Il ricovero dell'anziano in ospedale e il suo successivo rientro nella R.S.A. dovranno essere segnalati all'Azienda U.S.S.L. di ubicazione e a quella di residenza dell'assistito medesimo.
E' fatta salva la possibilità delle strutture ricoveranti di procedere a dimissioni in caso di rilevante e persistente inadempienza degli obblighi economici assunti.
ART. 7 - PARTECIPAZIONE ALLA PROGRAMMAZIONE ZONALE
L'Ente gestore della struttura ha diritto di partecipare ai momenti di programmazione zonale dell'Azienda U.S.S.L. per la politica degli interventi a favore di anziani nei modi e forme riconosciuti dalla legislazione regionale.
Le Aziende U.S.S.L. sono tenute ad informare l'Ente gestore convenzionato sulle iniziative di formazione e di aggiornamento degli operatori socio- assistenziali ai vari livelli promosse dalle stesse o dalla Regione, riconoscendo all'Ente stesso il diritto di inviare propri dipendenti a tali iniziative.
ART. 8 - PARTECIPAZIONE DEGLI UTENTI
L'Ente Gestore della struttura si impegna a garantire le più idonee modalità di partecipazione - degli utenti, dei familiari, delle Organizzazioni Sindacali più rappresentative, degli organismi di volontariato - alle attività della residenza ed al suo controllo nel rispetto e nei limiti di quanto previsto dalla legge regionale 48/88.
ART. 9 - CONTRIBUTI REGIONALI ALLE R.S.A. CONVENZIONATE
Con le procedure di cui ai punti 8 e 9 della premessa della presente
convenzione, la Giunta Regionale ogni anno provvede a determinare, sentite
le associazioni rappresentative degli enti gestori, il contributo regionale
a carico del Fondo Sanitario Regionale.
Tali contributi, determinati pro die e pro capite, rimangono immutati per
l'intero anno.
ART. 10 - RETTE NELLE R.S.A. CONVENZIONATE
La determinazione delle fasce di costo dei livelli dell'assistenza resa
nelle R.S.A. - ottenuta con le modalità e le procedure contenute nelle
Linee Guida di cui al punto 10 della premessa - costituirà riferimento
utile alla determinazione delle rette esposte dagli Enti Gestori agli
utenti ed ai Comuni. Tali rette determinate pro-die e pro-capite rimarranno
immutate per ogni intero anno convenzionato.
ART. 11 - DURATA - VARIAZIONI - RINNOVO - DISDETTA
La presente convenzione ha la durata di 3 anni ed entra in vigore il
................. Nell'arco del triennio di validità possono essere
introdotte variazioni dei valori delle attività convenzionate, concordate
tra le parti contraenti, deliberate dall'Azienda U.S.S.L. e sottoposte ad
autorizzazione regionale. Trascorsi tre anni, previa verifica delle
modalità, contenuti e risultati della convenzione, essa potrà essere
riconfermata ovvero aggiornata per un uguale periodo con nuovo atto.
La presente convenzione può essere disdetta con esplicite motivazioni da
una delle due parti contraenti almeno 3 mesi prima della scadenza naturale
con lettera raccomandata con avviso di ritorno, salvo quanto previsto per
il caso di risoluzione anticipata. In caso di mancato rinnovo della
convenzione gli utenti rimarranno comunque in assistenza alle condizioni in
atto, finché l'Azienda U.S.S.L. non avrà provveduto a garantire agli
stessi, altri adeguati interventi di assistenza.
ART. 12 - INADEMPIENZE
Eventuali inadempienze in merito ai contenuti della convenzione vanno
reciprocamente contestate per iscritto e con fissazione del termine per la
loro rimozione.
Trascorso inutilmente detto termine, le parti hanno facoltà di sospensione
o di recesso.
In particolare, per quanto attiene l'Azienda U.S.S.L. tale facoltà può
essere esercitata soprattutto in presenza di:
- significative variazioni del livello assistenziale e/o mancato adeguamento degli standard prefissati secondo gli obblighi assunti;
- deficienze ed irregolarità nella conduzione della struttura tali da pregiudicare le finalità della convenzione e compromettere la regolare esecuzione.
Per quanto attiene la struttura tale facoltà può essere esercitata per mancata erogazione dei contributi a carico del Fondo Sanitario Regionale da parte dell'Azienda U.S.S.L..
In caso di ingiustificato ritardo, superiore a 2 mesi, da parte dell'Azienda U.S.S.L. nel pagamento delle quote contributive già versate dalla Regione, competono all'Ente gestore gli interessi moratori, a carico dell'Azienda U.S.S.L. stessa, determinati sulla base del tasso ufficiale di sconto maggiorato di due punti.
ART. 13 - CONTROVERSIE
Per ogni controversia che possa verificarsi in ordine all'adempimento della presente convenzione, l'esame della controversia stessa è demandato, visti gli articoli 806 e seguenti del Codice di Procedura Civile, al giudizio di un collegio arbitrale.
Il collegio è composto dal Presidente del T.A.R. o Magistrato da lui designato che lo presiede e da un rappresentante di ciascuna delle parti contraenti.
Il lodo è pronunciato nel termine di tre mesi dalla data di costituzione del collegio.
ART. 14 - REGISTRAZIONE
La presente convenzione sarà registrata a cura dell'Azienda USSL di ubicazione dell'Ente secondo le procedure previste dalla legge. Le spese di bollo e di registrazione sono a carico dell'ente gestore convenzionato.
Luogo e data della stipula
Firma dei contraenti:
ALLEGATO A
RILEVAZIONE ANNUALE DELLE UNITA'
La rilevazione effettuata tramite la scheda introdotta con la DGR V/1456 del 26 ottobre 1990 è effettuata a consuntivo che censisce, per ogni anno, la situazione esistente così come si è data nei 12 mesi dell'anno di riferimento. Ai fini del calcolo della corrispondenza con gli standard gestionali prescritti, sono computabili solo ed esclusivamente le unità di personale i cui oneri sono totalmente sostenuti dal gestore o che prestino a titolo gratuito la loro attività e che quindi non risultino né parzialmente né indirettamente già sostenuti dal fondo sanitario. Sempre ai fini della determinazione dello standard posseduto e conseguentemente del contributo spettante, i dati trasmessi con le schede di rilevazione debbono essere riferiti solo ed esclusivamente al personale ed agli utenti della residenza censita in modo da non risultare confusi - soprattutto nel caso non infrequente di gestione unica di più moduli - con utenti ed unità di personale già contabilizzate. Costituisce eccezione a tale disposizione la rilevazione del personale operante in servizi centralizzati, quale il Servizio di riabilitazione e rieducazione funzionale, la cui composizione in ogni caso deve garantire lo standard complessivo.
I legali rappresentanti delle strutture garantiscono la completezza e la veridicità delle informazioni trasmesse compilando le rispettive schede di rilevazione e facendole pervenire alle rispettive Aziende U.S.S.L. di ubicazione ed alla Regione.
DETERMINAZIONE DEI CONTRIBUTI GIORNALIERI
In materia di attività sanitarie o a rilievo sanitario (non gestite direttamente dalle Aziende U.S.S.L., ma erogate agli utenti da strutture convenzionate o riferite al fondo sanitario), la Giunta Regionale - sulla base delle determinazioni della programmazione socio-sanitaria - ha adottato sin dalla DGR 45253/89 il criterio generale di far corrispondere l'entità dei finanziamenti concessi agli standard di assistenza garantiti agli utenti.
Tale criterio generale è stato declinato nei presidi del sistema socio- sanitario (residenze per anziani e disabili, centri diurni per handicappati), corrispondendo ai gestori contributi forfettari per le prestazioni a rilievo sanitario da essi fornite ai loro utenti in regime di compartecipazione alla spesa.
L'entità di tali contributi è stata determinata dalla distanza misurata ogni anno e in ogni struttura - tra standard gestionali prescritti e standard gestionali effettivamente posseduti.
DETERMINAZIONE REGIONALE DELLE ASSEGNAZIONI
La determinazione dell'entità dei contributi regionali da erogare ai gestori delle residenze per anziani è una competenza regionale che viene ogni anno esercitata con due distinti provvedimenti della Giunta regionale:
- un primo provvedimento di assegnazione provvisoria;
- un secondo provvedimento di assegnazioni definitive che recepisce gli eventuali ricorsi alle prime assegnazioni che ognuno degli enti interessati ha la possibilità di presentare.
Entrambi i provvedimenti sono pubblicati sul bollettino ufficiale della Regione Lombardia e spediti direttamente - ad ogni singolo gestore, agii amministratori straordinari, ed ai dirigenti di servizio di ogni singola Azienda U.S.S.L. proprio per consentire, attraverso i ricorsi, la correzione di eventuali assegnazioni improprie.
La Regione determina l'entità del contributo spettante ad ogni singola struttura finanziabile, sulla base della unità di personale che hanno prestato servizio in quella struttura nell'arco dei 12 mesi dell'anno precedente.
Tale standard di personale posseduto è rendicontato ogni anno a consuntivo, dal legale rappresentante della struttura per mezzo delle schede che - non a caso - debbono essere trasmesse contestualmente alla Regione ed all'Azienda U.S.S.L. di ubicazione.
I contributi regionali sono assegnati forfettariamente.
Essi coprono l'insieme delle prestazioni sanitarie ed a rilievo sanitario garantite dalle unità di personale di riferimento degli standard e non sono erogabili per parti.
L'assegnazione regionale è il prodotto del numero di posti letto, ammessi al finanziamento, per 365 giorni di degenza annua, per il contributo giornaliero assegnato.
Essa pertanto copre l'indice di saturazione massimo dei posti letto.
VERIFICA ZONALE DELLE PRIME ASSEGNAZIONI REGIONALI
Ogni singola Azienda U.S.S.L., nell'ambito delle sue più generali funzioni
di vigilanza - esercitate dagli uffici appositamente istituiti dal
legislatore regionale - provvede anche ad assolvere gli obblighi specifici
di "Vigilanza e controllo sugli standard gestionali" che devono risultare
veritieri e coerenti alle dichiarazioni del legale rappresentante contenute
nelle schede, oltreché mantenersi inalterati per tutto l'anno di ogni
esercizio.
L'eventuale scoperta da parte delle Aziende U.S.S.L. di divergenze tra
dichiarazioni rese dal legale rappresentante nella scheda annuale e realtà
dell'assistenza assicurata agli ospiti nei 12 mesi consuntivati, comporta
per l'ente responsabile dei servizi di zona tre comportamenti obbligati:
a) l'analisi delle cause di tale erronea dichiarazione alla luce dell'eventualità che essa possa configurare comportamenti di competenza della magistratura;
b) l'immediata segnalazione alla Regione delle variabili esatte individuate dalla vigilanza, per consentire la conseguente modificazione del contributo regionale spettante a quella struttura;
c) la eventuale sospensione della corresponsione delle anticipazioni trimestrali (la cui entità come noto corrisponde almeno al 80% del contributo annuale) nel caso che esse risultassero sovradimensionate a causa della scorretta rendicontazione.
Appare evidente da quanto sovra esposto che una conduzione attenta delle attività di vigilanza previene facilmente l'eventualità di una impropria assegnazione regionale. Non dovrebbe difatti risultare difficile alle Aziende U.S.S.L. ed ai loro uffici di vigilanza verificare la veridicità delle dichiarazioni sul personale presente nell'anno di rendicontazione, nell'intervallo che di norma intercorre tra la trasmissione alle Aziende U.S.S.L. della scheda da parte dei legali rappresentanti e l'approvazione della delibera regionale di prima assegnazione. Risulta comunque evidente che l'eventuale individuazione di divergenze tra standard posseduti e standard dichiarati non può tradursi nella semplice ed unilaterale deliberazione dell'Azienda USSL che eroghi al gestore contributi inferiori a quelli assegnati dalla Regione. La diminuzione del contributo può discendere soltanto da una delibera di rideterminazione regionale del nuovo contributo spettante alla struttura, in quanto solo tale atto consente:
a) anche alla Regione di verificare l'esistenza, le motivazioni e le eventuali indicazioni della divergenza tra dichiarato e verificato,
b) solo alla Regione di correggere l'entità degli importi assegnati alla USSL evitando che si costituisca contemporaneamente una soggettiva situazione di "rendita" per l'Azienda USSL (che verrebbe a trovarsi nella condizione di lucrare la differenza tra importi ricevuti ed importi erogato) e sovradimensionamento delle disponibilità di bilancio per questo settore di attività.
EROGAZIONE ZONALE DEI CONTRIBUTI ASSEGNATI
Le Aziende U.S.S.L. di ubicazione delle residenze erogano ai gestori la quota dell'assegnazione regionale ricevuta, corrispondente alle giornate di degenza effettivamente fruite dagli anziani regolarmente rendicontate dai gestori per mezzo dei "registri trimestrali" introdotti con la DGR V/1456 del 26 ottobre 1990.
Stante l'impossibilità di realizzare un indice di saturazione generalizzato del 100%, l'erogazione zonale è di norma inferiore all'assegnazione regionale.
Le Aziende U.S.S.L. di ubicazione delle residenze adotteranno per l'erogazione dei contributi assegnati le seguenti modalità:
- trasferiranno ai gestori, a titolo di anticipazione, quote trimestrali pari almeno al 80% dell'importo annuo assegnato per ciascuna struttura;
- procederanno al saldo scadenza trimestrale, sulla base della rendicontazione puntuale delle giornate di degenza effettivamente erogate da ogni singola struttura;
- trasmetteranno annualmente alla Giunta Regionale un conto consuntivo dal quale emerga con chiarezza per ogni esercizio la relazione tra somme assegnate e somme effettivamente erogate ai gestori.
RUOLI SPECIFICI DELLE AZIENDE USSL Dl UBICAZIONE NEI CONFRONTI DELLE RESIDENZE SANITARIO-ASSISTENZIALI PER ANZIANI
All'interno delle funzioni generali assegnate agli enti responsabili dei servizi di zona dalla normativa vigente, le attività di ricovero degli anziani non autosufficienti impongono responsabilità e controlli in materia di:
- erogazione delle assegnazioni regionali che devono avvenire secondo le modalità vigenti e sulla base delle giornate di degenza effettivamente fruite, esposte nei registri trimestrali;
- possesso degli standard gestionali che devono risultare veritieri e coerenti alle dichiarazioni del legale rappresentante contenute nelle schede, oltreché mantenersi inalterati per tutto l'anno di ogni esercizio;
- determinazione e modifica eventuale - attraverso delibera del Direttore Generale - del numero dei posti letto ammessi a finanziamento, per ciascun tipo di destinazione (NAT, NAP);
- cancellazione dagli elenchi dei rispettivi medici di fiducia degli anziani ricoverati nelle strutture, laddove l'entità del contributo assegnato comporti per il gestore l'obbligo di assicurare a sue spese l'assistenza sanitaria di base medica e farmaceutica;
- tenuta delle cartelle cliniche;
- verifica del rispetto degli obblighi del gestore di cui all'art. 2.
VARIAZIONI DEL NUMERO Dl POSTI RESIDENZIALI CONVENZIONATI
L'Azienda U.S.S.L. con proprio atto deliberativo può richiedere alla
Regione variazioni del numero dei posti residenziali per specifica
destinazione (NAT, NAP) convenzionati. Tali variazioni debbono essere
esplicitamente riferite - in coerenza o in difformità motivata - alle
prescrizioni dei piani zonali in materia di utilizzo degli indici di
fabbisogno, ed alla prescrizione delle amministrazioni provinciali in
materia di autorizzazioni al funzionamento ed al convenzionamento.
RICORSI E CONSEGUENTI RICHIESTE Dl RETTIFICA DELLE ASSEGNAZIONI
I legali rappresentanti degli enti gestori delle residenze che ritenessero
di dover sottoporre a rettifica i dati sulla base dei quali sono state
effettuate le assegnazioni dei contributi, possono presentare alla Giunta
Regionale documentate e circostanziate richieste di modifica dei contributi
assegnati. Tali richieste dovranno pervenire entro e non oltre il 90°
giorno successivo alla data di approvazione della delibera regionale di
assegnazione dei contributi forfettari.
Tali ricorsi possono evidentemente riguardare soltanto le variabili in base
alle quali avvengono le assegnazioni regionali di ogni anno e cioè il
numero di posti letto per destinazione convenzionati e le unità di
personale presenti e censite con la rendicontazione a consuntivo.
Le variazioni degli standard di personale avvenute nel corso dell'anno
della prima assegnazione concorreranno a determinare il contributo per
l'anno successivo, ma non potranno essere assunte come legittimazioni di
ricorso avverso la delibera di prima assegnazione.
COMPUTO DELLE GIORNATE Dl DEGENZA
Ai fini della corresponsione degli oneri derivanti dalle degenze
convenzionate, vanno calcolate soltanto le giornate di effettiva degenza
rendicontate a consuntivo.
La giornata di accettazione e la giornata di dimissione vanno considerate
come un'unica giornata di degenza.
Per il periodo di assenza vanno conteggiate come unica presenza la giornata
di uscita e la giornata di rientro e come assenze le giornate tra esse
comprese.
Non costituiscono assenza i periodi inferiori ai 15 giorni che non
interrompono il programma di intervento motivati da rientri in famiglia o
per ricoveri ospedalieri.
Il computo delle giornate di degenza prescinde dall'orario di entrata e di
uscita nella giornata di riferimento.
5 LA FORMAZIONE DEGLI OPERATORI.
5.1 Prima formazione ed aggiornamento per gli operatori della area anziani.
5.2 Sperimentazioni formativo-gestionali: le "Teaching Nursing Home".
5.1 PRIMA FORMAZIONE ED AGGIORNAMENTO PER GLI OPERATORI DELLA AREA ANZIANI.
Il Progetto Obiettivo Anziani prevede la disponibilità di figure
professionali con competenze finalizzate al soddisfacimento efficace dei
bisogni degli anziani e sottolinea la necessità che questo personale sia
specificamente ed adeguatamente formato.
Le soluzioni parlamentari individuano tra gli obiettivi prioritari del
P.O.A. quello di "una formazione adeguata di tutto il personale che deve
essere costantemente aggiornato sulla evoluzione dei bisogni da
soddisfare".
Di tale esigenza quantitativa e qualitativa devono farsi carico, in prima
istanza, tutte le agenzie deputate alla prima formazione (Università,
Scuole Professionali) e contestualmente i servizi che forniscono le
risposte ai bisogni sanitari degli anziani.
A questo proposito, le linee guida del P.O.A. indicano le U.V.G. come veri
e propri centri di formazione, poiché al loro interno esistono le figure
professionali necessarie e viene adottata, come specifica modalità di
lavoro, la metodologia dell'interdisciplinarietà.
Perciò l'U.V.G. potrebbe fornire il substrato culturale comune a tutti gli
operatori, mediante l'approccio multidimensionale ai problemi della salute
dell'anziano.
Un altro ambito privilegiato per la formazione degli operatori geriatrici
si ispira al modello americano della "Teaching Nursing Home" che prevede il
completamento della formazione geriatrica degli operatori a tutti i livelli
all'interno delle residenze sanitario-assistenziali.
Infatti, l'assistenza all'anziano ammalato cronico e non autosufficiente
costituisce una delle grandi sfide per un'organizzazione moderna ed umana
dell'assistenza sanitaria.
Il processo formativo dovrà interessare tutti gli operatori coinvolti
nell'équipe interdisciplinare, dal medico di medicina generale allo
specialista in geriatria, dall'infermiere professionale al terapista della
riabilitazione, dall'assistente sociale all'ausiliario socio-assistenziale,
con la finalità non solo di approfondire le conoscenze tecnico-pratiche, ma
anche di acquisire le capacità di un'approccio ai problemi dell'anziano
realmente interdisciplinare in collaborazione con gli operatori di
differente professionalità.
Personale medico.
Il medico di medicina generale ricopre il ruolo primario di assistenza
continuativa all'anziano sul territorio e partecipa attivamente alle cure
domiciliari integrate.
Perciò è di fondamentale importanza la formazione e l'aggiornamento
continuo del medico di medicina generale che deve mantenersi in stretto
collegamento con lo specialista geriatra.
A questo proposito vanno sviluppati corsi di aggiornamento obbligatori
organizzati dalle Aziende U.S.S.L. per i medici convenzionati con contenuti
gerontologico-geriatrici.
Infermiere professionale.
L'infermiere professionale è una figura centrale nei servizi sanitari
rivolti all'anziano ammalato, sia territoriali che residenziali.
Purtroppo, durante il corso di studi la preparazione gerontologica-
geriatrica è spesso carente sia sotto il profilo teorico che pratico.
E' perciò opportuno promuovere una formazione a più ampio contenuto
geriatrico sia presso le Scuole regionali per infermieri professionali che
nei corsi universitari per Diploma Universitario in Scienze
Infermieristiche.
Si suggerisce l'opportunità di istituire la figura dell'infermiere
specializzato in geriatria.
E' inoltre necessario che i servizi che provvedono assistenza all'anziano
(A.D.I., U.V.G., U.O.I., R.S.A, C.D.I.) organizzino a livello di Azienda
U.S.S.L., in accordo tra di loro, programmi strutturati di formazione
continua.
Assistenti sociali e terapisti della riabilitazione.
Per queste figure professionali non è previsto uno specifico percorso di
approfondimento delle conoscenze gerontologico-geriatriche durante il corso
di studi.
E' quindi necessario un programma di formazione per i nuovi assunti nei
servizi per gli anziani ed il coinvolgimento di questi operatori nei
programmi di formazione continua delle équipe interdisciplinari.
Personale ausiliario.
L'ausiliario specializzato (ausiliario socio-assistenziale) è una figura di
rilievo nel lavoro di équipe per l'anziano ammalato.
Nell'assistenza domiciliare, in particolare, gli ausiliari hanno notevole
autonomia operativa negli interventi di aiuto domestico ed alla persona.
Perciò è fondamentale la preparazione di questi operati, affinché le
prestazioni specifiche diventino l'occasione per stimolare, motivare,
sostenere, incoraggiare l'anziano ad attivare le capacità residue.
Familiari e volontariato.
I "caregivers" informali (familiari, vicini e volontari) rappresentano una
risorsa indispensabile nell'assistenza all'anziano, sia al domicilio che
nelle istituzioni.
La loro marginalizzazione, in particolare nell'A.D.I., o la loro non
preparazione può far fallire anche i più complessi programmi di intervento,
o renderli comunque inapplicabili; il loro coinvolgimento nei programmi di
assistenza è perciò prioritario.
Vanno quindi previsti programmi di educazione dei familiari in relazione
alle specifiche necessità degli utenti anziani.
Inoltre la formazione specifica del volontariato costituisce un dovere
primario, perchè la rete dei servizi all'anziano possa contare su un
appoggio fattivo e utile da parte del tessuto sociale.
5.2 SPERIMENTAZIONI FORMATIVO-GESTIONALI: LE "TEACHING NURSING HOME".
Il contenuto principale dell'assistenza all'anziano, soprattutto
all'anziano cronico non autosufficiente, è costituito dal nursing
riabilitativo condotto, dopo le fasi acute, in residenze extra-ospedaliere,
nei servizi territoriali, o nei servizi domiciliari.
Per la formazione degli operatori dell'area anziani è opportuno utilizzare
il modello Teaching Nursing Home americana che prevede di completare la
loro formazione all'interno di strutture residenziali per anziani presenti
sul territorio.
Ciò costituirebbe anche un incentivo per la qualificazione del personale ed
il miglioramento dell'assistenza all'interno delle strutture stesse.
6 L'OSPEDALIZZAZIONE DELL'ANZIANO:
geriatria, riabilitazione, day hospital
Ospedalizzazione dell'Anziano
La soluzione dei problemi, che hanno fino ad oggi negativamente connotato
il ricovero improprio in ospedale della popolazione anziana, è una delle
dimensioni di riferimento del complessivo processo di riordino al quale al
Regione Lombardia sottopone la propria rete ospedaliera.
Tale processo costituisce, come immediatamente percepito dall'opinione
pubblica, il momento cruciale della fase di transizione dal vecchio assetto
del sistema sanitario a quello nuovo, che dovrà assumere in attuazione del
Servizio Sanitario Nazionale dei Decreti di riordino.
Per quanto attiene la rete ospedaliera - il polo forte, preponderante, a
volte esclusivo del sistema sanitario - deve essere definita l'esigenza
indiscussa di abbandono definitivo della logica dello sviluppo espansivo e
l'adozione di una prospettiva di riordino secondo una logica di
razionalizzazione dell'esistente, che elimini attività ospedaliere
improprie.
Ciò viene ottenuto facendo riferimento ad un "nuovo ospedale" capace di
adeguarsi anche alle specifiche esigenze della popolazione anziana secondo
le linee di riordino approvate dal Consiglio Sanitario Nazionale il 6
luglio 1993 che esplicitamente prevedono:
l'organizzazione - ai sensi della Legge 412/91 - dell'ospedale per aree funzionali, tra queste l'area medica alla quale appartiene, insieme ad altre 18, l'unità operativa di geriatria;
la specializzazione dell'ospedale che comporta l'impossibilità di riferire ad esso trattamenti prolungati di lungodegenza che devono essere invece riferiti a presidi extra-ospedalieri;
la territorializzazione dell'ospedale garantita dalla presenza obbligatoria di day-hospital in quantità pari al 10% dei posti letto di dotazione ordinaria;
il raccordo con l'insieme delle unità costitutive il modello a rete dell'assistenza agli anziani garantito dalle UNITA' di VALUTAZIONE GERIATRICA per la realizzazione delle dimissioni programmate ed il conseguente trasferimento - deciso dalla valutazione multi dimensionale - verso altre unità residenziali (IDR, RSA), verso i servizi territoriali, verso i diversi livelli d'intensità delle cure domiciliari (HD, ADI, SAD, C.D.I.).
Il riordino della rete ospedaliera, nel costruire un punto di equilibrio tra razionalizzazione e sviluppo, tutela anche il momento significativo e qualificante dell'integrazione socio-sanitaria ai suoi due livelli:
l'integrazione tra i diversi settori della sanità (rete del territorio/presidi ospedalieri- prevenzione/cura/riabilitazione);
l'integrazione tra gli ambiti della sanità e dell'assistenza per "ricucire" e saldare gli interventi di confine e contigui affinché l'unicità della persona trovi riscontro fedele nel sistema dei servizi socio sanitari.
Per quanto attiene l'integrazione tra i diversi settori della sanità, la saldatura tra Piano di riordino della rete ospedaliera e Progetto Obiettivo Anziani potrà consentire di definire:
attività ospedaliere di riabilitazione, previste in relativa espansione, all'interno di una complessiva operazione di riduzione del numero totale dei posti letto, con differenziazione in:
- attività destinate al precoce intervento nell'immediata post-acuzie;
- attività destinate ai trattamenti prolungati in presidi eminentemente
deputati all'intervento riabilitativo;
attività ospedaliere di geriatria specificamente rivolte all'anziano;
attività di day-hospital ed ambulatoriali, che sono destinate ad essere prima e diretta interfaccia tra ospedale e territorio (con particolare riferimento alla medicina di base) e che, anche con i necessari interscambi di specialisti con i poliambulatori extra-ospedalieri, vengano a costituire una rete potenziata, complessivamente capace di contenere inutili e costosi ingiustificati accessi alla degenza.
Per quanto attiene invece l'integrazione tra i sottosistemi sanitario ospedaliero e sanitario extra-ospedaliero e l'integrazione tra questi due ed il complessivo sistema socio assistenziale, il processo di riordino della rete ospedaliera adeguerà a tale esigenza il "riuso degli ospedali dismessi".
RIABILITAZIONE OSPEDALIERA ED EXTRAOSPEDALIERA
L'attuale dotazione complessiva di posti letto riabilitativi nel settore pubblico è ampiamente sottodimensionata [0,29 per 1000 ab.] rispetto alle previsioni normative [0,5 per 1000 ab. comprensivo di pubblico e privato]. Essa risulta inoltre disomogeneamente distribuita nel territorio regionale in quanto il "range" è compreso infatti tra 0,006 posti letto per 1000 abitanti di Milano città e Milano provincia e 1,97 p.l. per 1000 abitanti della provincia di Sondrio.
Il dato si ripercuote negativamente sulla possibilità di recupero e di attivo inserimento negli ambienti di vita o di lavoro di soggetti di varie età "con stati di handicap residuali" (sopratutto anziani come entità di problema e giovani per gravità di possibili esiti invalidanti). Esso determina inoltre, in termini di efficienza ospedaliera, un tendenza al prolungato improprio e costoso stazionamento dei pazienti in attesa di interventi riabilitativi, in unità operative di degenza per acuti.
Particolarmente interessati da tale fenomeno sono settori ad alta
specializzazione quali la neurochirurgia e la cardiochirurgia, ma anche più
diffusamente le ortopedie-traumatologie ed in genere le specialità di base
ed intermedie.
Nel caso, ad esempio, della neurochirurgia, la carenza di letti attrezzati
per riabilitazione, accanto alla ridotta, ed in alcuni casi inesistente,
dotazione di neuro-rianimazioni, causa un intasamento delle degenze pur in
presenza di una dotazione di posti letto decisamente superiore a standard
accettati a livello europeo ed internazionale.
La via d'uscita da tale impasse poggia sulla più ampia realizzazione di due
diverse e complementari modalità di gestione del problema:
l'attivazione - presso gli ospedali dotati della più vasta gamma delle specialità, con presenza anche di "superspecialità" - di un modulo di degenza contenuto nell'ordine di 10-15 p.l., da ricavare all'interno dei volumi esistenti, per riabilitazione intensiva ospedaliera. Tale modulo, affidato in gestione all'esistente Servizio di recupero e rieducazione funzionale, si deve avvalere - per garantire uno spettro di intervento multidisciplinare - dell'attiva opera di consulenza intraospedaliera degli specialisti interessati (neurochirurgo, cardiologo, ortopedico, ecc.). Tale intervento dovrà risultare massimizzato, concentrato in un breve tempo (dell'ordine di pochi giorni), in modo da consentire la dimissione del paziente per l'affido ai servizi ambulatoriali o territoriali, od il suo trasferimento in un presidio ad hoc.
Trasformazione in presidi ospedalieri di riabilitazione degli ospedali già avviati in tal senso.
Tali presidi operano nel campo post-intensivo, con previsione media della durata della degenza superiore alle precedenti unità, ma sempre nell'ordine del prevedibile per questa classe di ospedali (in medi 1-2 mesi). Tali presidi accolgono pazienti dalle unità di riabilitazione intensiva, come pure accettano direttamente dal territorio casi di competenza ospedaliera, ma non direttamente successivi ad eventi con grado di acuzie tale da rendere necessario il passaggio attraverso la fase "intensiva". In tali presidi le funzioni riabilitative sono svolte, oltre che dal servizio di recupero e rieducazione funzionale, dalle U.O. delle specialità che, ove già esistenti e rivolte agli acuti, si riconvertono in senso riabilitativo in attuazione del presente piano, secondo lo schema seguente
-------------------------------------------------------------- |
U.O ESISTENTE U.O. RICONVERTITA |
Medicina Generale Med. riabilitativa multidisciplinare |
Cardiologia Cardiologia riabilitative |
Broncopneumologia Broncopneumologia riabilitativa |
Neurologia Neurologia riabilitativa |
Geriatria Geriatria riabilitativa |
-------------------------------------------------------------- |
Anche nel caso delle U.O. di tipo multidisciplinare potranno essere
previsti moduli (da non considerare U.O.) contraddistinti da indirizzi
diversi: cardiologico, broncopneumologico, neuromotorio, motorio.
In ogni caso la modalità fondamentale di organizzazione delle funzioni
riabilitative deve essere rappresentata dal Dipartimento, destinato a
riunificare funzionalmente U.O. di degenza e Servizi di diagnosi e cura
coinvolti.
GERIATRIA
Il fenomeno demografico dell'invecchiamento della popolazione rende
necessario un ripensamento sulle scelte operate nel corso degli anni 70/80
che portarono alla soppressione delle esistenti U.O. ospedaliere ed alla
loro trasformazione in medicine generali.
Paradossalmente, proprio nel periodo in cui iniziava a manifestarsi il
"boom della senilizzazione" - che portava in primo piano le problematiche
della popolazione anziana e le loro dimensioni qualitative e quantitative
gli anziani venivano a trovarsi di fronte ad una ridotta offerta di servizi
ospedalieri mirati sulle loro peculiari esigenze.
Tale situazione si è a volte avverata anche in reparti, come quelli di
degenza riabilitativa, dei quali gli anziani dovrebbero essere gli utenti
preferenziali.
La specificità della patologia dell'anziano (forme croniche, spesso
multiple, su cui vanno ad inserirsi fatti acuti, frequente presenza di
stati invalidanti, coesistenza di esigenze riabilitative e di complesse
problematiche sociali) fa ritenere superata la posizione di diniego, a
forti connotazioni ideologiche, alla geriatria in quanto degenza che
sarebbe di per sé emarginante.
A maggior ragione, rende obbligato tale superamento, la constatazione che
ormai il 35% dei posti letto di medicina risultano quotidianamente occupati
da pazienti anziani di 75 anni e oltre.
In relazione al processo di potenziamento delle U.O. di geriatria si
ritiene opportuno richiamare alcuni contenuti delle "linee guida per il
Progetto Obiettivo Anziani" contenute nella nota ministeriale n. 13745 del
07.08.92:
"l'esistenza delle divisioni di geriatria appare opportuna anche per lo studio e la sperimentazione di protocolli e metodologie di intervento terapeutico, preventivo e riabilitativo, finalizzati a contrastare la perdita dell'autosufficienza ed a favorire il recupero almeno parziale";
"la divisione di geriatria opportunamente trasformata può essere la sede più appropriata per il trattamento intensivo (durata 10 giorni), nella fase di acuzie, degli anziani non autosufficienti affetti da polipatologie o degli anziani affetti da patologie ad alto rischio invalidante. Al di là di questi casi, resta fermo che l'assistenza ospedaliera debba avvenire, a prescindere dall'età dei pazienti, nei normali reparti medici o chirurgici, a seconda della patologia acuta che ne determina il ricovero".
Nella consapevolezza che con le disposizioni regionali in materia di
riordino degli ospedali verranno create le condizioni necessarie, ma non
sufficienti, al rilancio ed alla riqualificazione della geriatria
ospedaliera, viene sancito il fatto che le U.O. ospedaliere di geriatria
debbono concorrere alla costituzione della rete regionale delle Unità di
Valutazione Geriatrica e come tali rappresentare un elemento costante
nell'indirizzo, a livello territoriale, dell'assistenza "globale"
all'anziano.
All'interno della rete delle geriatrie lombarde saranno attivate
(attraverso opportuni e specifici investimenti di risorse ed attenti
monitoraggi dei risultati conseguiti) U.V.G. di secondo livelli per la
valutazione multidimensionale delle casistiche complesse che richiedono
osservazione intensiva, collettiva seppure limitata a pochi giorni, in
regime residenziale.
Analoghe U.V.G. saranno realizzate con gli stessi criteri nella rete extra
ospedaliera degli istituti di riabilitazione geriatrica.
OSPEDALE DIURNO
Nell'economia dell'assistenza geriatrica, nell'ottica propria del progetto
obiettivo anziani, un elemento altrettanto fondamentale dello sviluppo e
della qualificazione della geriatria e della riabilitazione è dato dai
risultati che il riordino della rete ospedaliera potrà ottenere sul
versante delle attività di day-hospital.
La destinazione del 10% della dotazione complessiva di posti letto ad
attività di assistenza diurna potrà contribuire a rendere concreta e
credibile la trasformazione dell'istituzione ospedale, il suo migliore
inserimento nel contesto territoriale, la sua aderenza ai bisogni dei
cittadini, la sua umanizzazione.
Ma in aggiunta a ciò, con le misure di riordino relative al day-hospital
vengono liberate, senza costi aggiuntivi, notevoli risorse per una modalità
di intervento fondamentale sia a livello generale che nello specifico
dell'assistenza geriatrica:
a livello generale, per l'importante ruolo che i day-hospital possono svolgere in favore dei pazienti in fase sub-acuta, sia per ottenere dimissioni precoci protette, sia come alternativa ad un ricovero improprio;
nello specifico geriatrico, in quanto per caratteristiche e dimensioni, il day-hospital è luogo appropriato, aperto sul territorio, per il monitoraggio dei bisogni degli anziani e per la verifica dell'adeguatezza delle risposte assistenziali date e dei risultati terapeutico-riabilitativi ottenuti.
7 LE RISORSE FINANZIARIE
La definizione dei finanziamenti disponibili e delle loro modalità di utilizzo costituisce l'elemento ultimo ma indispensabile della predisposizione di uno strumento di natura programmatoria.
Le finalità e gli obiettivi, attuati attraverso gli interventi che ne conseguono pongono necessariamente il tema dei costi per la loro realizzazione ed il reperimento delle risorse disponibili.
E' pertanto opportuno affrontare il problema non solo in termini esclusivi di spesa pregressa o spesa storica ma anche in termini di programmazione.
L'impegno finanziario della Regione Lombardia nel corso degli ultimi anni
nell'area degli anziani, è certamente stato notevole a testimonianza della
particolare considerazione rivolta a quest'area.
A titolo di esempio, considerando il solo bilancio 1994, si evidenziano
alcuni stanziamenti particolarmente significativi effettuati con risorse a
carico del bilancio regionale e destinati alle attività attinenti all'area
anziani:
1 ) 40 miliardi per l'adeguamento delle quote a carico del Fondo Sanitario Regionale per le attività a rilievo sanitario svolte nelle strutture protette e nelle case di riposo;
2) 36 miliardi per progetti di assistenza domiciliare integrata presentati dalle USSL:
3) ulteriori 20 miliardi deliberati con l'assestamento di bilancio 94 per l'assistenza domiciliare (SAD);
4) 120 miliardi in conto capitale per il FRISL iniziativa anziani, principale strumento di riconversione e ristrutturazione.
Nelle pagine che seguono si presentano sia i finanziamenti riservati alla spesa sostenuta nel quadriennio 1992-1995 (distintamente per la parte corrente e per la parte in capitale) sia i finanziamenti riservati alla spesa prevista, a carico della Regione, nel successivo triennio 1995-1997.
(si omettono le tabelle).